Amore, Amaro 5u2233

Rosmery Zucconelli

Amore, Amaro

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Indice dei contenuti

Capitolo 1 Capitolo 2 Capitolo 3 Capitolo 4 Capitolo 5 Capitolo 6 Capitolo 7 Capitolo 8 Capitolo 9 Capitolo 10 Capitolo 11 Capitolo 12 Capitolo 13 Capitolo 14 Capitolo 15 Capitolo 16 Capitolo 17 Capitolo 18

Capitolo 19 Capitolo 20 Capitolo 21 Capitolo 22 Capitolo 23 Capitolo 24 Capitolo 25 Capitolo 26 Capitolo 27

Prologo

Rosina, una ragazzina di 14 anni, il suo destino viene deciso dalla mano di sua madre. Giocando si innamora di due ragazzi, contemporaneamente. Il destino non le da tregua. Le scelte fatte nel ato, la raggiungono ancora dopo trenta anni. Una telefonata fa si che si innesca ancora i ricordi, sopratutto quella frase indimenticabile.

AMORE , AMARO

Capitolo 1

Mi chiamo Rosina, derivo da una famiglia semplice, mio padre era un trattorista, il suo lavoro era la terra. Mia madre accudiva i sette figli messi al mondo, cinque femmine e due maschi. Al mio quattordicesimo compleanno, i miei genitori mi fecero per regalo un motorino, (motociclo) ) cosi quando mio fratello più grande “ Manuele “ andava in giro con la sua motocross, assieme ad altri amici, anche io avevo il mio mezzo per spostarmi, senza che salissi in motocross con qualche altro amico. Avevo quattordici anni, ma volevo di già entrare nel mondo del lavoro, anche se mio padre diceva che era troppo presto per andare a lavorare. Io testona, non ascoltai e cosi mi misi alla ricerca. Trovai lavoro in una fabbrica di maglieria, nel paese stesso, ero così contenta finalmente guadagnavo qualche soldino. Il proprietario della fabbrica mi chiese… << Sai cucire a macchina? << Si, me la cavo abbastanza bene, ho imparato qualcosa con la macchina da cucire di mia madre. Bene; mi disse. Mi diede da provare subito in quel’istante un maglione con da cucire sopra due tasche, provai, ne fu soddisfatto e entusiasta è cosi mi diede subito il lavoro. Arrivai a casa a piedi con il sacco sulla bicicletta pieno di maglioni da cucire in esse le tasche. Il mio primo lavoro. Durante la settimana, la lavatrice di mia madre fece capricci, cosi telefonò a un elettricista per il guasto, il giorno seguente si presentarono due uomini, cioè uno era un uomo, l’altro un ragazzo di venti anni. Mentre io eseguivo il lavoro ai maglioni, il ragazzo più giovane ò davanti alla stanza di cui mi trovavo, mi vide. Poco dopo mia madre venne da me e disse.. << Rosina, vai a prendere il pane è quasi mezzogiorno. << Ok, mi vado a cambiare d’abito.

Salii ai piani superiori, per cosi cambiarmi d’abito, ritornando da basso, il ragazzo di nome Marietto mi guardò facendomi un sorriso, poi chiese a mia madre.. << Ma! quella ragazza è una gemella, ho visto l’altra che cuciva dei maglioni, lavoro di maglie e poi questa. << No! è sempre la stessa, si è cambiata d’abito per andare a fare una commissione. << Pensavo due gemelle, come si chiama? << Chi mia figlia? Rosina. Quando entrai in cucina per prendere i soldi che mia madre preparò sul tavolo, rividi Marietto, mi misi a sorridere, quel grosso nasone che aveva, stonava nel il suo volto, era un po’ goffo, la sigaretta accesa tra le dita, mentre sistemava i fili della corrente, il suo collega lo prendeva in giro, gli diceva.. << Dai! Marietto, diglielo che ti piace, invitala ad uscire. << No! no, suo padre mi risponderà di no, non vuole. Me ne andai, quando ritornai a casa mia madre disse; << Quel ragazzo mi ha chiesto se eri una delle gemelle, non s’è accorto che eri sempre tu. << Che stupido, ha la faccia da cretino, ma che vuole. La domenica era fatta per alzarsi presto dal letto, fare colazione, fare le faccende domenicali e poi andare a messa. Finita la messa subito diritti a casa. Io e le altre mie sorelle più piccole, andavamo ogni domenica alla chiesa, cioè non sempre, ma la scusa era quella per uscire, semplicemente eggiavamo per il paese, magari andando per ultimi minuti in chiesa per farci vedere che ceravamo anche noi, caso mai qualche vecchietta spiona raccontava tutto a mia madre. La domenica pomeriggio era dedicata, dopo aver lavato i piatti a turno tra sorelle, che dalla quale una sorella minore inventava sempre qualcosa per non lavare mai i

piatti, cioè lei Marilena, si faceva venire sempre il mal di pancia ogni volta, si chiudeva in bagno è il tempo ava, più ci si stava in casa, meno si stava a eggio, cosa si poteva fare in questo caso? Anche se ci dava fastidio questo giochetto fatto da Marilena, dovevamo lavarli noi altre, i piatti, pur di uscire presto, il tempo a disposizione erano solo tre ore, non oltre altrimenti si sentiva la solita storiella…( la prossima volta non uscite per tre ore, ma per due…ecc… bla..bla…bla.) Il pomeriggio ci si infilava al cinema, oppure in giro per il paese con altri amici della stessa età, oppure a volte con il motorino che mi regalò mio padre, per il mio compleanno, andavo in compagnia con mio fratello Manuele e i suoi amici di motocross, a vedere delle gare di moto, svolte nei paesini vicini. Mi ricordo che una domenica pomeriggio mentre ero in camera per prepararmi per uscire con le mie sorelle, sentii una moto entrare nel cortile e fermarsi sotto casa mia, mi affacciai dalla finestra per vedere chi era, Manuele aveva tanti amici con la moto, affacciandomi rividi quel brutto nasone di Marietto, rimasi appoggiata sul davanzale della finestra, volevo capire che diavolo faceva a casa mia, vidi uscire Manuele, parlarono e risero, cose da ragazzi credo. Finito di prepararmi scesi giù per le scale, nel mentre Marietto e mio fratello entrarono in casa, Lui, mi guardò e disse ( Ciao ) gli risposi ( Ciao ). Manuele lo chiamò in cucina, non so per cosa, c’era mio padre seduto a tavola che si fumava una sigaretta, mia madre faceva il caffè. Dissi; << Noi andiamo. Siamo pronte. << Alle cinque a casa, non un minuto di più. Capito? << Va bene. Ciao. Uscimmo dalla casa, mi girai a dar un sguardo a quel nasone di Marietto, mi guardava facendo finta di nulla. Mi misi a ridere. Durante la settimana, Manuele disse che la domenica in arrivo, c’era una gara di motocross in un paese chiamato Monte Valenza in Piemonte, se volevo andare anch’io, dissi di si, però doveva dire alla mamma che si stava fuori un po’ di più di tre ore, ci pensò lui a dire tutto, cosi facemmo. Arrivata la domenica il rombo di alcune moto entrano in cortile, mio fratello aveva radunato alcuni amici, di cui Lui, quando furono tutti pronti per partire, io con il mio motorino. Disse;

<< Sali con me, in moto, ti porto io. << No! io ho la mia moto. << Ti portavo io, ma se non vuoi.. << No! non voglio, pensa per te. Ci avviammo verso questo posto, strada facendo, certamente io non andavo veloce come loro con quelle moto, però me la cavavo ugualmente, non ero troppo distante dal gruppo. Lungo il percorso, più volte Marietto venne vicino per far si che non stavo troppo indietro, anche perché il posto destinato non lo conoscevo. Mio fratello e gli altri tiravano in velocità con la loro moto cross. Già, Marietto incominciò a farmi la corte, gli piacevo e a me non dispiaceva questo, mi sentivo un po’ sciocca, ma all’idea di avere un ragazzo mi attirava, anche se Lui non era il principe azzurro che mi aspettavo di incontrare nella mia vita amorosa, aveva non so cosa…era un ragazzo che a modo suo ti comunicava che gli piacevi, ma più delle volte ti ci scambiava per un ragazzo. Si comportava con me come ai suoi amici maschi, mi dava fastidio perché io ero una ragazza, una giovane fanciulla. E lui era cosi deficiente, non aveva una misura, trattava tutti alla stessa misura.

Ragazzi che vogliono fare i grandi uomini. L’ignoranza giovanile, la non esperienza, più da parte mia che alla sua. La voglia di diventare grandi, di gestire la propria vita, anche a spese proprie. L’inizio di una storia, quella storia che si porta sulle spalle per tutta la vita.

Forse dimenticandola, forse scordandone nella propria mente, soffocando i dolori nel proprio respiro, rimanendo nel cuore. Continuando la vita…. In bianco e nero.

Capitolo 2

Era estate, le giornate erano calde e meravigliosamente belle. Avevo un ragazzo, ( non proprio, diciamo) ogni volta che Marietto veniva a casa mia, con la scusa di mio fratello, cercava sempre in qualche modo di parlare con me, anche se io ero ancora poco convinta di averlo come fidanzato, l’idea era allettante ma non volevo fare la fine della mia amica che abitava nello stesso cortile, porta accanto, fidanzata in casa è non poteva uscire più se non cera il suo fidanzato, no..no…io non volevo a questo livello, perciò gli dissi; << Senti, io non mi fidanzo con te, voglio divertirmi, voglio uscire…. << Io vado da tuo padre e gli dico che ti voglio come fidanzata e cosi vedremo. << Prima proviamo. Se va, ok, ci fidanziamo. Ma non adesso è presto. << No. no…perché aspettare. Accidenti non volevo questo, io dovevo decidere, non mio padre, ero troppo, troppo giovane per un serio fidanzamento, lo vidi, prima a parlare con mia madre, non riuscii a capire cosa le stava dicendo, so solo che mi incavolai di brutto, quel giorno litigai con Marietto gli dissi di andarsene che non lo volevo, non mi piaceva, poi …. << Vattene.. non ti voglio, non osarti a dire qualsiasi cosa a mio padre, io decido su di me capito? Vatteneeee… << Io invece ti voglio, ho parlato con tua madre, voglio fidanzarmi con te, domani sera vengo a chiedere la tua mano, a tua padre. << OOOOhhh….No! Non osarti fare questo, capito, poi noi non ci siamo mai baciati e se non mi piaci? Non voglio un fidanzato che non mi piace. << Sei tu che non mi vuoi baciare, proviamo adesso ti piacerà. Non vuoi fare

mai niente, un bacio, no! Scopare, no! Io ho voglia.. << Ma che me frega. Un bacio. Una scopata. Ma sei maniaco schifoso, tira pippe, ma vattene via scemo. Va..va da mammina tua.

Ero arrabbiatissima, cosi nera e furiosa, accidenti come cavolo facevo a fermarlo. Mia madre, dovevo parlare con mia madre, ma poi dico, come era possibile che lei aveva deciso tutto senza parlarne con me, sentire, ascoltare i miei sentimenti. << Mamma io non voglio che Marietto parli con il papà. << Per cosa? << Per cosa, lo sai vuole chiedere la mia mano, io non lo voglio non mi piace. << Stasera viene. Io a tuo padre, ho già detto qualcosa, siete giovani, non è che vi sposate domani. << Sposate?? Io non voglio sposarmi e tanto meno lui. Se dice qualcosa, io scappo da casa, guarda che lo faccio. << Non fare la stupida è di buona famiglia, hanno case e i soldi non gli mancano. Farai la signora. Ascoltai le parole che uscirono dalla bocca di mia madre, non mi parve vero pensava di sistemarmi con un benestante, incredibile, pensava alla casa! I soldi!? Non pensava alla mia felicità, pensava tutt’altro. Non mi chiese se ero felice con LUI, non me lo chiese mai. Non mi chiese mai se avevo dei progetti futuri, cosa mi sarebbe piaciuto diventare, cosa fare da grande, i miei desideri, nulla, mai una domanda del genere. Mi sentivo venduta in quell’istante, la rabbia per mia madre prese il soppravvento, la odiai per il resto della vita per quello che mi stava preparando, il mio destino era il destino che manovrò lei, sapevo che non c’era nulla da fare, non avrebbe cambiato idea, il parere di mio padre era solo simbolico, lei aveva scelto per me.

ai tutta la notte sveglia, piangevo, non volevo che la mia felicità, la mia vita fosse scelta da mano dall’altri, le idee in testa mi frullarono come il vento, dovetti cercare di pensare come gestire il mio futuro, giocare una carta vincente con la mia vita pur di uscire dalla famiglia, tra lacrime e dolore, mi venne in mente come fare, giocare le carte contro la mia volontà. Il giorno seguente, non potevo, non riuscivo guardare in volto mia madre, la odiavo del male che mi stava causando, ma se questo lei voleva allora ok, lasciai che Marietto chiedesse la mia mano. Alla sera dopo cena, arrivò. Ero in stanza del lavoro, cucivo le tasche, non gli andai nemmeno incontro a Lui, anzi chiusi la porta per non vederlo are, le mie sorelle erano, alcune contente, alcune no, capirono cosa mi stava facendo mia madre e per loro non era giusto ma non potevano dire niente, non si poteva parlare. arono quasi due ore, quando la porta della cucina si apri, venne fuori Marietto, in volto era più rosso lui che un cesto di fragole mature, mi venne vicino, io ero seduta davanti alla macchina da cucire con un maglione sulle ginocchia, lo guardai senza dire nulla, il suo volto diceva già abbastanza per due, dietro lui usci mia madre battendo le mani dicendo… << Tanti auguri, Rosina e Marietto sono fidanzati in casa. << Che schifo, sarà lui fidanzato da solo, con me no di certo. ( dissi) Volli andare in cucina per vedere il volto di mio padre e se mi diceva qualcosa. Quando entrai, non disse nulla, fumava la sua sigaretta, capii per l’ennesima volta che era stata mia madre a combinare tutto. Mia madre stappò una bottiglia di spumante per festeggiare il beato fidanzamento. Marietto era impacciato, come del resto tutti, ed io mi sentivo una preda. Da quel giorno litigai sempre con mia madre, non la sopportavo più. Cercai un altro lavoro fuori, non più da fare in casa, per starle il più lontana possibile. Ogni giorno Marietto ò a casa mia per vedermi, non volevo stare sempre in casa, così incominciai a giocare le mie carte, giocavo con l’amore e con l’odio, gli feci capire che mi stavo innamorando di lui e che volevo starle sempre più vicino, il mio gioco iniziò bene, incominciai ad uscire sempre più spesso, con o senza di lui. Trovai un nuovo lavoro in un magazzino di abbigliamento con vendita al minuto, lasciai il lavoro a maglia e iniziai con il lavoro dell’abbigliamento.

Con il titolare iniziai anche ad andare scegliere le stoffe in vari magazzini del Piemonte, Lombardia, e in Liguria, mi divertivo, uscivo al mattino ad ritornavo alla sera dopo le otto, il lavoro mi piaceva molto, anche se mia madre ci metteva sempre la sua linguaccia per dire sempre qualcosa che non andava per lei, però quando portavo a casa i soldi non si lamentava mai, li teneva tutti ed io ero sempre con qualche spicciolo. Un giorno mi sono resa conto che non avevo nemmeno due lire per comprarmi le calze o quant’altro per me stessa e no! mi dissi, ora basta, adesso è troppo, decisi di darle quel che sembrava il stipendio giusto, il resto di mance o straordinari non gli e le diedi più, nascosi i miei risparmi, insaputa di lei, dissi che il padrone a volte mi regalava una maglietta o una gonnellina, perciò scontava cosi. ò un anno. Il fidanzamento continuò come si vuol dire.

Le prime esperienze lavorative. L’amore incompreso, l’arroganza, le pretese, le opinioni, tutto ebbe inizio. I viaggi di lavoro, per non pensare, per non decidere, per non capire, per non piangere. Per fuggire……

Capitolo 3

Conobbi altri suoi amici, di cui erano anche amici di mio fratello, in giro con la moto ci si andava qualche volta. Come sempre un giorno Marietto disse a mio fratello Manuele.. << Manuele, sabato sera andiamo tutti al Globo, ( una discoteca) a Vercelli. << Come ci andiamo. La macchina chi c’è la? << La macchina c’è la Giovanni il mio collega, ci porta lui. Portiamo anche Rosina. Ero contenta finalmente si andava a ballare, quello che mia madre non voleva, ma questa volta non poteva dire nulla, ero fidanzata e andavo con il mio “ fidanzato”. Mi venne un idea, presi la palla al balzo, eehh… dissi a mio fratello senza che Marietto sentisse. << Manuele, porta con noi sabato un tuo amico, uno che viene sempre in moto con te. < Quale? Sono tanti. << Quello alto, quello che si mette sempre la camicia bianca, ha la moto rossa. << Claudio? Uno dei fratelli? << Si Claudio, proprio lui, non dire niente a Marietto o alla mamma, stai zitto voglio vedere una cosa. << Se poi si arrabbia? << Se si arrabbia peggio per lui, chi se ne frega ….

Claudio era un ragazzo del Veneto trasferito con tutta la famiglia, erano quattro fratelli e due sorelle, la madre, orfani di padre, quel ragazzo mi piaceva, mi attraeva e quando lo vedevo il mio cuore sembrava suonare una melodia dolce e armoniosa, una sensazione bella, mai dimenticata, rimasta nel mio cuore per sempre, che con Marietto non cera. Ogni tanto si trovava nel gruppo con mio fratello e li lo vidi, feci sempre finta di nulla ma dal primo giorno cioè avevo sedici anni la prima volta che lo vidi, da li in poi, entrò nel mio cuore in segreto. Forse ora era il momento di capire fino a che punto fosse importante per me. Il sabato sera, puntuale come sempre, Marietto arrivò con il suo collega Giovanni in auto, io e mio fratello salimmo, uscendo dal cortile mio fratello disse.. << Dobbiamo fermarci al bar un attimo. << Devi prendere qualcosa? ( chiesi facendo finta di nulla) << Si, devo vedere uno, un momento. << Ma chi è, dai facciamo tardi. ( disse Marietto) Giovanni si fermò davanti al solito bar degli amici, mio fratello scese dall’auto e entrò nel bar. Avevo il cuore che galoppava a mille, ero seduta ai sedili dietro con Lui, quando vedo Claudio uscire dal bar con mio fratello, il mio cuore fece un botto sembrava esplodere, ma feci finta di nulla non si doveva far capire. Disse.. << Che cosa vuole quello, che viene con noi.. << E’ un amico di Manuele, cosa vuoi? Non può portare chi vuole adesso. ( risposi) << No! Ma staremo stretti. ( rispose ) << Puoi scendere, allora! ( dissi) La portiera dell’auto si apri e Claudio salì dietro con noi, come avevo chiesto a

mio fratello. Marietto era contrariato è incominciò a fare il bullo. ( il cretino importante ) Io ero seduta vicino al finestrino, lui in mezzo e vicino Claudio, strada facendo si scherzava, si parlava di corse, di moto ecc…ad un certo punto Marietto si avvicinò con le sue labbra alle mie voleva baciarmi, voleva marchiare il suo territorio, ( come i cani marchiano con la loro urina, il proprio territorio ) Una regola, io ero sua, sua di proprietà. Fece lo sbaglio più grosso della sua vita, non accettai, non mi feci baciare, anche perché non gli lo permisi mai di farlo, eravamo “ fidanzati “ da un anno ma non lo baciai MAI e mai facemmo l’amore, non volevo essere toccata da lui, il fidanzamento non era stata una mia scelta, così scelsi io il momento, giusto. Facendo questa mossa per far vedere che ero di sua proprietà, innescò in me la voglia di fare l’amore con Claudio, anche se era una cosa” forse” sbagliata. La sera si ò allegra, mi divertii molto, qualche chiacchierata, sguardi sotto occhio, qualche ballo con Marietto, e qualche con Giovanni. Claudio era timido, cosi non mi fece ballare. Il giorno seguente, mi svegliai felice, sentivo che da li in poi le cose per me andavano diversamente, tutto era bello, il mio segreto era bello, stava nascendo una cosa grande, forse un grande amore, o forse una cosa più grande di me. La sera prima mi accorsi che Claudio mi guardava con occhi diversi è quando alla fine della serata mi salutò dandomi una carezza con il palmo della mano rovesciata, sentii il suo tremare e i nostri occhi si baciarono allo sguardo, capii che mi amava come io amavo lui, in silenzio. Ero molto giovane, una ragazzina, ma! penso che mi scontrai con l’Amore, con la lettera A maiuscola, anche se si dice che il vero amore arriva dopo i

trenta’anni, beh! penso invece che l’amore, quando sfreccia al cuore, non guarda età. Al pomeriggio della domenica, io e le mie sorelle ci recammo al cinema, come film cera G. Travolta, eravamo negli anni ottanta. Strada facendo incontrammo Betti la sorella minore di Claudio, era in compagnia di sue amiche, per il paese. Le chiesi.. << Ciao Betti, dove vai di bello, vieni con noi al cinema? << No! vado in giro con le mie amiche. State dentro tutto il tempo del film? << Si c’è un bel film, G. Travolta, la febbre del sabato sera. Poi corriamo a casa. Entriamo è già tardi. Ciao Betti. Entrammo al cinema. Il film era bello, ma io con la mente ero altrove, dissi alle mie sorelle… << Vado a prendere le patatine, ne volete? Usci dal video salone, mi recai al piccolo bar interno, dietro cerano delle grandi vetrate che si vedeva fuori, mentre aspettavo che il cameriere arrivasse mi girai di spalle per vedere fuori e vedo un ragazzo appoggiato alla moto girato di schiena, mi avvicino al vetro e picchietto, si gira, era Claudio. Cosa faceva li? Lo salutai con la mano, facendogli il gesto, cosa fai ? Mi salutò, dicendomi.. << Esci. << Non posso ci sono le mie sorelle. Mi fece un cenno dicendomi aspetta, entrò lui, venne verso di me. Gli chiesi… << Cosa fai qui aspetti qualcuno? << Si te. Aspettavo te. << Come ahi fatto a sapere dove ero…Ora capisco la Betti. << E venuta a casa con le sue amichette e mi ha detto che

ti ha visto qui, vieni via, andiamo a fare un giro, ti voglio parlare, voglio stare con te. Noi due soli. << Non posso, ci sono le mie sorelle dentro, poi magari lo raccontano in casa e io non esco più, come faccio? << Ti posso vedere domani? << Dove? e poi se lo viene a sapere Marietto? << Io non dico niente a quello là. Vedi tu poi. << Dai! Ci vediamo domani, pomeriggio, vengo fino a casa tua, per un’ora, poi scappo al lavoro.

Ritornai a sedermi vicino alle mie sorelle, ero così felice che fosse venuto lui da me. Ero cosi agitata, e innamorata di quel ragazzo, con modi dolci e gentili, cosi fragile ma nello stesso momento, forte. Sentivo le mie gambe tremare, una sensazione mai provata per un ragazzo, forse perché era il pensiero di quell’amore che stava per prendere il volo? Forse perché era un nostro segreto? Non so quale forse, ma so solamente che era una bella tremarella d’amore. Il film finì, ritornammo a casa, non vedevo l’ora che arrivasse il domani, quel domani che portò a un grande amore, il nostro amore. Non dormii la notte, feci a botte con il cuscino, non trovavo la posizione giusta per addormentarmi, le lancette dell’orologio sembravano rallentare, quell’ora sembrava un eternità. Ma poi i miei occhi hanno fatto, clic, si sono addormentati con il sorriso.

L’amore. L’Amore con” A” maiuscola.

Battere cosi forte il cuore. Il suo profumo. Le sue parole sussurrate, in un giorno di felicità. L’orologio che si fermò… forse sapeva la Nostra, ora?

Capitolo 4

Il mattino dopo mi svegliai presto dovetti andare con il mio titolare a Spinetta Marengo un paese in Piemonte, per ritirare delle gonne che si erano ordinate. Fatta colazione aspettai fuori dal portone di casa mia che asse il mio titolare a prendermi. Strada facendo, gli parlai, gli chiesi quando lui si innamorò cosa sentiva, come faceva capire se era vero amore. Rispose che il vero amore ancora lo doveva incontrare, ma si era innamorato parecchie volte. Ma, una volta sola si era trovato in una situazione strana è quella volta era per sua moglie, il suo cuore sobbalzava ogni qual’volta che la incontrava. Il suo pensiero era sempre rivolto a essi, la voglia di stare sempre con lei, tutto era cosi meraviglioso. Dopo avermi detto tutte queste belle parole, mi chiese cosa succedeva nel mio cuore, se con Marietto andava tutto bene, sapeva del nostro “fidanzamento” perché abitavano vicino e tutti sapevano di tutti, come al solito nessuno si faceva gli affari propri. Quest’uomo era una tomba quando si raccontava qualcosa e così mi sfogai un po’. Raccontai il fidanzamento stabilito da mia madre e l’amore che non provavo per Marietto, ma era forse solamente tramontato in bene e nulla più, forse avevo trovato l’amore in un altro ragazzo, mi guardò e disse… << Cara ragazza, sei giovane goditi la vita. Ama chi vuoi, non dare retta a altri che si illudono di fare il meglio per te. Se colui ti fa stare bene, allora buttati non avere paura. Amalo.

Aveva ragione, non dovevo tirarmi indietro aspettando che altri prendessero il mio destino in mano. Stemmo fuori per il lavoro fino dopo pranzo, perciò il rientro per casa si fece tardi, il mio titolare fece una telefonata a mia madre dicendogli che eravamo ancora fuori e saremo rientrati nel pomeriggio tardi di

non preoccuparsi di nulla, del resto non era la prima volta che si faceva tardi. Ritornammo verso le quattro del pomeriggio, fini la giornata. Così dovetti andare a casa? No! Mia madre non sapeva se io ero di già tornata, quindi andai da Claudio, con la mia bicicletta presi la via della campagna e raggiunsi Claudio. Abitava in una cascina in campagna non troppo distante dal paese, circa dieci minuti in bicicletta. Raggiunto la sua casa, lo vidi seduto sul scalino di pietra davanti alla sua porta d’ingresso, mi aspettava. Quando mi vide arrivare, si alzò, mi guardava come…non so descrivere come, ma sentivo il suo cuore battere a mille, in lontananza, sentivo il suo tremore, la sua felicità nel vedermi. << Ciao Rosina… << Ciao Claudio. Pensavi che non fossi venuta? << Non sapevo se c’è la vessi fatta, sono le quattro e mezza. Come fai per il lavoro? << Oggi ho finito prima, siamo andati a ritirare degli ordini, quindi, sono qui. Se non vuoi me ne vado via… Venne vicino, mi guardò e mi strinse a lui, era cosi caldo, così dolce, così star bene, mi disse… << Ti aspettavo da tanto tempo, non speravo più, credevo che non ti importava niente di me. << Cosa dici, perché? Cosa vuoi dire? << Sono….è un anno che ti aspetto, sai perché non venivo più tanto a casa tua con la scusa di Manuele? << Ecco perché prima venivi spesso, poi non ti ho visto per un bel po’, cosa è successo? << Ti ricordi l’ultima volta che sono venuto a casa tua e siamo andati a Monte Valenza?

<< Cosa è successo? << Prova chiedere a Marietto il perché? << Ora dimmelo tu cosa è successo all’ora, perché non ti ho più visto? << Un paio di giorni prima, io e Marietto abbiamo parlato di te, gli ho detto che mi piacevi molto e volevo dirtelo, ma lui ha detto che eri sua e che ti aveva già chiesto di fidanzarti con lui. Eri d’accordo. Cosi mi sono fatto da parte, ho pianto, non ho vergogna di dirlo. Ho pianto, sofferto molto. << Cosa! Non è vero. Che stronzo, non è vero non avevamo nessun accordo, ma poi ah fatto tutto con mia madre. Io non lo voglio, faccio finta di si per uscire e divertirmi. Ero furiosa ero stata ingannata ancora e ancora, la mia testa era piena di brutti pensieri, di delusioni, di amarezza, di disgusto, ero stanca di tutte queste menzogne, queste scelte fatte da altri del mio destino, il destino che mi preparò ad una prova devastante segnata per sempre. ai due ore di tranquillità con Claudio, mi fece vedere i suoi cavalli, ne era apionato, parlammo di animali e altro. Vide che ero triste e furiosa, cercò di farmi sorridere, non mi diede nessun bacio o cercò chissà cosa, fece il galantuomo. Ritornai a casa, non mangiai, andai subito in camera mia, piansi tutta la notte. Volevo fuggire, volevo svegliarmi in altro mondo, ma purtroppo il mio mondo era questo. Nei giorni seguenti cercai di non vedere Marietto, ogni scusa era buona, ma sua madre mi invitò a pranzo a casa sua, una donna berbera, dura, egoista e cattiva, mai incontrata nella mia vita, fino all’ora. Non le andavo a genio, il suo pensiero fisso in quella capoccia dura era che io le potavo via non il figlio, ma lo stipendio mensile. Che vergogna, i soldi non le mancavano, stavano bene, una bella villa dove vivevano, in più in montagna un’altra casa e altre in eredità. Per lei, le ragazzine erano tutte zoccolette, compresa sua figlia Simona. Sembrava una santerellina ma poi nella notte fonda saltava giù dalla finestra, al primo piano per andare con i maschietti a far sesso e durante il giorno era la più santa dei santi. Mi ricordo

ancora che il pranzo era a base di… minestra di ortiche e coniglio arrosto, mi venne da vomitare quando mi si presentò davanti questo pasto, dissi che mi era venuto un gran mal di testa e che avevo la nausea, presi anche una pastiglia che avevo in borsetta, sebbene non ne avevo bisogno, era una aspirina, male non mi fece. Andai fuori nel giardino a sedermi un po’ mentre finivano il pranzo, girai l’angolo della villa dove continuava il giardino e vidi delle gabbie, mi avvicinai pensando che cerano dei conigli dentro, invece vidi dei poveri gatti che alla mia vista chiedevano aiuto, miagolarono, rimasi con la bocca aperta, non riuscivo a respirare, il mio pensiero tornò sul coniglio arrosto che vidi sul piatto, che da coniglio non aveva proprio l’aspetto, non sapevo cosa fare se aprire le gabbie facendo scappare i poveri gatti, fare la domanda o far finta di nulla? Non era da me stare zitta davanti ad una cosa così grande. Quando finirono di pranzare, Marietto venne fuori e.. << Senti….ma cosa fanno dei gatti nelle gabbie? << Zitta, non dire niente, mia madre non vuole che si sappia, non andare dietro. << Cosa! Voi uccidete dei poveri gatti e li mangiate? Schifosi, mi fate schifo mangia gatti, poveri gattini, altro che coniglio, assassini vergognatevi non verrò più qui a mangiare. << I bresciani mangiano i gatti è una tradizione, sono buoni come i conigli, la carne è bianca, cosa c’è di male? << Voglio andarmene, vado via…vado via.

Me ne andai via, tornai a casa subito, mia madre mi vide arrivare presto è chiese cosa era successo. Ero sconvolta. Le raccontai cosa avevo scoperto è non ne volevo più sapere di loro tutti. Arrivò Marietto e spiegò cosa era successo, cosa normale per loro, mia madre gli raccontò che per me i gatti e tutti gli altri animali erano sacri, non accettavo fatto a loro del male in nessun caso. Ero furiosa e quindi era meglio che mi lasciasse tranquilla fino a che mi ò. Per loro Bresciani, era normale, raccontò Lui, ma per me non era normale, quindi andai su tutte le furie. Ero talmente arrabbiata e disgustata quel giorno, penso che i suoi vicini di casa

abbiano sentito cosa si mangiavano. Alcuni giorni dopo, capii il perché non cerano gatti in quella strada, e se caso mai se ne vedevano qualcuno, poi pufff…. Sparivano. Gnammmm…..

Le sorprese dietro il vento, quel vento che soffiò sul male, sul’odio, su il disgusto. L’invidia, l’ignoranza, la diffidenza….

Capitolo 5

Ogni giorno andai al lavoro e qualche volta mi incontrai con Claudio a casa sua, si parlava si scherzava, ci si stava abbracciati sul divano, raccontandoci le nostre storie fantasiose, fino a che un giorno ci si baciò, un bacio di sfuggita semplice, ci guardammo per capire se entrambi lo volevamo questo bacio, si era arrivato il momento del bacio. Avevo paura, non avevo ancora fatto sesso, ero ancora vergine, lo volevo fare con Claudio, ma non era arrivato il momento giusto e lui lo sapeva e mi rispettava, mi diceva; ( Quando sarai pronta tu. ) ò due settimane, Marietto ritornò a casa mia, cercò di parlare con me di tutt’altro. Seduti sul divano a vedere un film, mi abbracciò, lo lasciai fare, finito il film mia madre e le mie sorelle andarono a dormire lasciandoci da soli, il televisore , la luce spenta, il suo braccio ad abbracciarmi, incominciò a baciarmi e sussurrando paroline dolci, mi lasciai andare un po’, anche perché volevo capire questo amore cosa era in fondo. Fare all’amore tutti ne parlano di una cosa bella. Marietto incominciò ad allungarsi un po’ troppo, sembrava un polipo, i suoi tentacoli li sentivo da per tutto, mi diceva… ansimando.. << Toccami, toccami…senti.. Si, io toccavo, sentivo li in mezzo alle sue cosce, era tutto gonfio, non sapevo cosa fare, lui si tirò giù la cerniera e fuoriuscì il suo pene, era tutto così appiccicoso, dissi.. << Che schifo, cose? che puzza. Lui ansimava stava godendo, il maiale. Quando finì, mi disse che quel “coso” serviva per far sesso. Scoppiai a ridere e dissi.. << E tutto li, se questo e far sesso io ne faccio a meno.

<< No, non è così devi partecipare anche tu. << No, no non voglio sapere niente, basta zitto. << Se tu me lo meni, su e giù..è magari gli dai un bacetto.. << Puzza via. Che schifo. No… no…via.. bacetto? Che devo baciare quel coso li che piscia… prurrrrrr che schifo…

Quello che era successo, in fondo era iniziato male, è cosi facendo non capii nulla dell’amore fino a che…. Quando se ne andò via, pensai che diavolo era successo, che sesso era. Dovevo parlare con qualcuno che se ne intendeva e che mi potesse fare scuola. Mi venne in mente un signore che conobbi tramite la mia famiglia, mia madre andava a far spesa al mercato il mercoledì mattina. Una bancarella di gastronomia, era gestita da un uomo e un ragazzo, vendevano formaggi e salumi, l’uomo mi era sempre stato simpatico, poi aveva più di cinquant’anni, era attraente, forse in lui c’era qualcosa che mi poteva aiutare. Un mercoledì mattina andai al mercato da sola, di solito andavo in compagnia con le mie sorelle, ma quella volta volli andare da sola, al bancone del formaggio, l’uomo che mi interessava non cera, chiesi al ragazzo… << Ciao, solo stamattina? << Ciao, no c’è. È al bar per un caffè. Ti servo io se vuoi. << No, non ho bisogno, forse arriva mia madre più tardi, vado ciao. Andai al bar di fronte, dalla vetrata vidi che l’uomo che cercavo era li dentro che prendendo un caffè, parlava con altri uomini, gli feci un cenno di saluto, mi rispose, aspettai fuori, quando uscì, mi disse.. << Ciao! Chi aspetti? << Aspettavo te.

<< Non poteva darti quello che ti serviva, sco. << Ho bisogno di parlarti di una cosa. << Dimmi pure. << Non qui, ho bisogno di parlarti di una cosa seria. << Allora vieni a casa mia oggi, cosi ci parlerai di cosa si tratta. << E’ meglio che tua moglie non sappia nulla. << Mi devo preoccupare? La cosa è seria. << Dimmi quando posso. << Va bene, facciamo domenica mattina verso le undici, mia moglie va da sua sorella alla mattina e non torna fino alla tredici.

Finalmente ero riuscita ad avere un appuntamento con quest’uomo di nome Luigi. All’idea di avere delle spiegazioni e della scuola da un così affascinante uomo, mi sentivo i globuli rossi ballare il tango nelle vene. Non parlai con nessuno di tutto questo mai. La domenica mattina io e le mie sorelle uscimmo per andare alla messa, strada facendo però dissi a loro che mi dovevo incontrare con Marietto per starci un po’ insieme, ( bugia) così le mandai alla messa. Ed io presi la via per la casa di Luigi. Arrivata poco distante vidi che stava uscendo dal portone l’auto della moglie, aspettai in lontananza che andasse via, poi mi avvicinai è suonai al suo citofono, mi aprì, entrai. L’entrata principale era al salone, tutto così cupo, buio, i tendoni tirati per far si che non entrasse troppo sole, mi fece sedere sul divano, poco distante anche lui. << Allora cosa c’è di tanto urgente, dimmi tutto. << Volevo sapere come si fa a fare sesso. Rimase zittito, mi guardò, si grattò la nuca è mi rispose..

<< Ma! che accidenti vuoi dire, che ancora non lo ahi fatto? << No! ancora no, non glie lo mollata, sono ancora vergine, già! << Pensavo dopo un anno che qualcosa avreste già fatto, tu e Marietto. << Lui vuole. Abbiamo provato. Solo uno schifo. Era tutto bagnato, mi dicono che è così bello…ma!?

Certo era un po’ in imbarazzo l’uomo, ma io dovevo uscire da quella casa con l’esperienza, o al meno saper qualcosa, il giusto per iniziare. Chiesi se mi poteva far vedere qualcosa, lo so che era una domanda un po’ troppo….. ma insomma io volevo sapere accidenti. Con pazienza mi disse… << Quello che si farà qui dentro oggi non deve assolutamente uscire, intesi? Altrimenti mi rovini.

Mica ero scema come pensava, certo che non dissi mai nulla a nessuno. Lui fu un maestro per me, mi insegnò tutto che misi in atto subito il giorno dopo. Mi insegnò per prima i beati preliminari, sia per la donna che per l’uomo, primo o, certamente non si poteva andare oltre, io ero ancora vergine è minorenne, non osò toccarmi oltre, mi bastò per capire l’inizio, poi il percorso come mi raccontò, venne da solo. La mia idea era fare l’amore con Claudio, ma non potevo, il gioco era ancora in atto. Il lunedì pomeriggio, fuori dal portone della ditta dove lavoravo, trovai ad aspettarmi Marietto, voleva che andassimo a fare una eggiata, un giro con l’auto sua, già! Io avevo sedici anni, lui vent’uno, la sua mamma gli comprò un auto, una cinquecento. Dissi.. << Dove, andiamo? << Andiamo al fiume ti faccio vedere un posto bello. Mi portò veramente in un bel posto, cera una piccola casca, con un angolo di spiaggia, sabbia e tanto sole, cerano alcune famiglie con dei bimbi che

giocavano nell’acqua. Si stava bene. << Perché mi ahi portata qui oggi? << Volevo stare un po’ con te, non siamo mai soli c’è sempre qualcuno dietro. Tua madre ci appioppa sempre qualche sorella. << Pensa chi sa cosa. Se volessimo fare qualcosa si fa ugualmente, che si crede. << Facciamo l’amore? << Ora? Qui sei matto. << Andiamo in altro posto dove non c’è nessuno. << No! adesso è tardi andiamo a casa, poi vediamo stasera, se rimaniamo da soli…proviamo. << Stasera?..si ..si, lo facciamo. Era euforico, finalmente si scopava, finalmente otteneva quello che tanto voleva. Scopare. Ritornammo in dietro, mi portò a casa mia. Si fermò a cena. ( che palle ) al momento di vedere la televisione si andava nell’altra stanza cioè in sala. Durante il film, a volte mi addormentavo la stanchezza era tanta e cosi crollai nel mondo dei sogni. Il programma televisivo finì e con esso mi svegliai, pensando che Marietto se ne fosse andato a casa propria, invece era sempre li ad aspettare che mi svegliassi perché aveva le sue fantasie sessuali in mente da farsi con me. Quella sera anche se ero stanca, dovetti decidermi al da farsi, ata mezzora che tutti erano saliti ai piani superiori per andar a dormire, decidemmo di provare a far sesso, lui più imbranato di me, si faceva grande con i suoi amici, che lui qui, che lui là, ma che!? era solo un pasticcione tira pipe, non sapeva trovare nemmeno la mia verginità, io scema se sapevo questo, col cavolo che aspettavo lui, sarei andata a scopare come una matta con Claudio. Quando finalmente si riuscii a fare la penetrazione, non si accorse che ero vergine, comunque c’è sempre da imparare nella vita. E per me fu una ennesima delusione. Dopo alcuni giorni, Marietto mi

chiese.. << Ti è piaciuto l’altra sera… << Cosa, piaciuto? << Abbiamo fatto l’amore. << Cosa!?.. a quello era…no! Se fare l’amore è così, io sto bene anche senza. << Riproviamo, andiamo da un'altra parte, dove non c’è nessuno, cosi facciamo meglio. << Naaaa….no so, per adesso no. Solo al pensiero di riprovare mi veniva il mal di pancia, credetemi. In quei giorni Claudio, con qualsiasi scusa veniva a casa mia, magari per mio fratello, oppure altre storie senza senso, ma nel vederlo ero felice, tra noi si era innescato un gioco, quando eravamo di fronte ad altre persone, facevamo finta di litigare, leggermente non pesante, ci stuzzicavamo, quella era tattica d’amore, tutto amore alla faccia di chi non voleva la nostra felicità. Quando ci si trovava da soli era come essere nel paradiso, io lui e il nostro mondo. Un pomeriggio decisi di non andare al lavoro, insaputa di mia madre, presi la mia bicicletta è mi avviai verso la casa di Claudio, volevo stare con lui, volevo sentire il suo respiro sulla mia pelle, volevo essere amata e amarlo, volevo che quel giorno fosse nostro per sempre, la nostra prima volta. Arrivata alla casa di Claudio, non vedo lui da nessuna parte, chiedo alla sorella Betti, dove potevo trovarlo, mi rispose che era al lavoro nei campi con il trattore, ( era un trattorista) le chiesi se mi poteva accompagnare, così fu, mi accompagnò. Era immerso nei prati che lavorava, mi vide arrivare, spense il trattore e scese venendomi in contro… << Ciao..cosa fai qui. Ti pensavo, sai? La sua voce era tremante, forse aveva capito che quel giorno sarei diventata sua….

<< Voglio stare con te, ma forse è meglio….. se non vuoi me ne vado via. << No! aspetta.

Disse a sua sorella Betti, vai a casa e stai zitta, (non dire che Rosina è qui con me, ci penso io a portala a casa poi) Betti si allontanò con la sua bicicletta. Tutto attorno a noi il silenzio, interrotto dal canto degli uccellini, le farfalle svolazzare da un fiore all’altro, il profumo dei colorati fiori in un prato verde ai raggi del sole, il caldo dell’estate. Sembrava tutto li pronto per accoglierci ad braccia aperte. Claudio, mi strinse a se, cosi dolce, ci baciammo, ero così innamorata, eravamo tanto innamorati. Sentivo il suo cuore battere cosi forte, sembrava esplodere, le nostre mani cercarsi, la voglia di noi del nostro amore, il suo respiro affannoso, la sua bocca in cerca della mia, i respiri di entrambi prendersi per non perdersi mai, ci trovammo a far l’amore, ci siamo amati. La nostra prima volta. Quel pomeriggio, il ricordo di quell’amore è rimasto nel mio cuore per sempre, nessuno mai è riuscito a cancellare, portarmelo via. Da quel giorno in poi ci si vedeva sempre il più possibile, in ogni occasione, in ogni scorcio di tempo, anche solo per due minuti. Fino a che un giorno, cambiai lavoro, avevo trovato un posto da cameriera, aiutante in cucina, il ristorante si trovava in un paese distante mezzora in motociclo, ogni mattina alle nove partivo e il ritorno era alle sedici del pomeriggio, ma a quell’ora non tornai mai, ritornavo sempre per le diciotto, dicendo che aiutavo un po’ in cucina e cosi imparavo delle nuove ricette. Lungo il percorso della strada, cerano dei prati nascosti da una fitta boscaglia, lì nel mezzo si trovava un posticino fantastico, era solo per noi due, il nostro covo d’amore mio e di Claudio. Ogni giorno era il nostro, ci amavamo, sognavamo a costruire i nostri castelli, formare una famiglia dei figli, allevare cavalli.

L’attesa, la prima volta…. La delusione. Il significato, l’inesperienza.

Quell’uomo che l’insegnamento seguì, un giorno …… la delusione…. l’amaro… il rifiuto. La ione. Il cielo azzurro,

il silenzio melodico..

Il segreto…. il magnifico segreto del cuore.

Sognare le corse dei cavalli, nelle gradi praterie..

Progetti … di un grande Amore.

Capitolo 6

Un giorno in casa si sentii parlare di matrimonio, era il mio che si parlava. Io non volevo sposarmi, ma il fidanzamento era già troppo lungo, e così era ora di pensare al grande o. In quel periodo ero furiosa, sempre si decideva contro il mio parere, in quel istante Claudio venne chiamato alla caserma dovette fare il militare, lo mandarono verso Venezia, troppo lontano per me, rimasi sola per alcuni mesi. Al momento della partenza, Claudio e io ci incontrammo, sempre di nascosto, era dispiaciuto. Eravamo tristi entrambi, non potevo decidere per me, ero ancora minorenne. Claudio mi diceva di non sposarmi, di aspettarlo, non sapevo cosa fare, cosa dire, piangevo ero disperata, mi mancava, mi sentivo abbandonata anche da lui. Il giorno della sua partenza non riuscii a vederlo, quel maledetto giorno sembrava che tutti erano li pronti a distruggere il nostro incontro di un arrivederci. arono due mesi, suo fratello Luciano mi disse che partiva andava da Claudio perché si svolgeva la festa del giuramento in caserma, se andavo anche io. Claudio gli chiese di portarmi con loro, così sarei stata con lui un po’. Nulla, non riuscii a convincere mia madre, la solita frase fatta, cosa dice la gente, non sta bene, poi il ..bla.. bla.. matrimonio, non la sopportavo più. La odiavo sempre di più, mi ripromisi che ne sarei venuta fuori presto da questa situazione. La mia vita continuò come sempre, aspettando una cartolina da parte di Claudio, che immancabilmente mia madre stracciava e gettava via in mia saputa, pensava lei. Il lavoro continuò ancora per un po’. Le liti con Marietto, il perché? Scoprivo ogni giorno che ava che era un bugiardo bastardo, mi cornificava sempre in ogni occasione possibile. Con la mia amica, con altre che scoprii in ato e quando andavamo io, mio fratello e degli altri amici, compreso lui, a Voghera in una pizzeria, dove la pizza si tagliava con le forbici,(una novità

locale) scoprii dalle battute fatte. Lui se andava li a Voghera anche per prostitute, rimasi così…Il vuoto dentro di me…La delusione, l’amarezza. Io mi preoccupavo è magari mi sentivo sporca perché ero innamorata di Claudio, nel mentre lui me ne faceva di cotte e di crude. La mia voglia di dire, basta usci a gran voce anche contro mia madre, la guerra iniziò, non lo volli più vedere, ci litigai di continuo, lo odiavo. Il male che mi fece per tutto questo tempo e chi sapeva stavano zitti, compreso mia madre. Decisi a gran voce che non volevo più, non volevo più nessuno, ero talmente triste è amareggiata che mi sentivo un nulla. arono dei giorni bui, mia madre volle metterci ancora lo zampino, fece venire Marietto ugualmente a casa con qualsiasi scusa a mio padre piaceva giocare a carte, scala quaranta, sette bello…ecc..a volte giocavano alla sera, ma da quando io e lui litigammo, non venne più, così non giocarono. La cosa che non accettava mia madre era che tutto fosse finito così, cioè che la vessi vinta io, non si rassegnò, anche perché “lei” aveva già deciso che il mio abito da sposa lo fe mia zia, essendo sarta, perciò non era accettabile questo NO. Fece di tutto, mi parlò raccontandomi che sarei scema a perdere una occasione cosi, Marietto aveva un bel lavoro un bel stipendio, sua madre avrebbe comprato la villa per noi due, non sarei più andata a lavorare è tante altre cavolate dietro ..bla…bla..bla. A me non interessava tutto quello che lui aveva, io volevo un uomo che mi amasse è che io amassi lui, poi il resto veniva da se, ma per lei era impossibile, nella vita l’amore era solo apparenza del matrimonio, lei da giovane non ebbe questa fortuna è così volle per noi, ma sbagliava tutto, cosi facendo distrusse la vita di metà dei suoi figli, fatte scelte sbagliate. Incontrai Luciano un giorno, mi disse che Claudio era amareggiato con me, il motivo era che non gli scrivevo, non rispondevo alle sue cartoline, gli risposi che non sapevo nulla delle cartoline che lui mi mandava, perché mia madre li rompeva a mille pezzi appena arrivarono a casa, non avevo colpa di questo. Mi dispiaceva, volevo vederlo, stringerlo a me, ma era lontano. Un pomeriggio di Ottobre, precisamente un sabato, mia madre disse… << Oggi andiamo a fare un giro in bicicletta fino al campo delle pannocchie, vicino al magazzino dove ahi lavorato. Il campo in questione si trovava davanti alla casa di Lui. Che cavolo voleva fare ancora?

<< Cosa ci andiamo a fare, li? << Hanno tagliato il campo delle pannocchie del granoturco, andiamo a vedere se si trova qualche pannocchia persa per la gallinella. Avevamo qualche gallinella, ci faceva l’uovo fresco è cosi volle andare a cercare…. Ci avviammo verso questo campo, ma! guarda caso li si trovarono, (per puro caso!!!) Marietto e sua madre, coincidenza? Naaa…tutto programmato dai due. Quando arrivammo, posammo le biciclette vicino al fosso, mia madre salutò l’altra vecchia, si misero a parlare, Lui si avvicinò, mi salutò, mi chiese come stetti… << Ciao Rosina, come stai? Non ti vedo più in giro. << Perché ti interessa la mia salute adesso? Che te frega cosa faccio. (risposi) << Dai facciamo pace, vengo a casa tua stasera parliamo.. Avevo una rabbia, gli avrei spaccato la testa con una pannocchia, ma non c’è nera nemmeno una in quel momento, che peccato. << Certo vieni che parliamo. Vieni ho delle cosine da dirti. Mi guardò con quella espressione, “cosa è successo adesso” Le due vecchie parlarono tra di loro, mi sembrava di vedere il calderone sopra il fuoco è che ci buttassero dei riti magici, l’immagine sembrava quella di due streghe. Dissi ad alta voce… << Io me ne vado a casa. Presi la bicicletta e mi avviai verso casa, poco dopo vidi mia madre arrivare, mi si affiancò e chiese.. << Avete fatto pace? Vi ho visti parlare, mi ha detto che stasera viene a casa. << Certo, che venga cosi la facciamo finita di questa menata. << Quale menata?

<< Perché non mi hai dato le lettere e cartoline di Claudio? Era roba mia, non tua. << Cosa ti viene in mente adesso, cosa centra quello la. Lascia stare, è un poveraccio. Comunque è ora che ti sistemi e basta. Stasera Marietto viene a casa, e discutiamo. Oh! cristo che rompimento di palle, risposi ad alta voce, non avevo nessuna voglia di vederlo, cosa potevo fare? Decisi, prima che Marietto arrivasse, che me ne andavo a dormire, le camere erano nei piani alti perciò lui non poteva salire, non era permesso da mio padre, finalmente qualcosa dalla sua decisione, cosi feci dopo cena, lavai subito i piatti è poi via in camera mia, poco dopo sentii che era arrivato, venne in camera una delle mie sorelle, avvisandomi che era arrivato il nasone. << Rosina, c’è Marietto, scendi dice la mamma. << No! non scendo per niente digli alla mamma. Risposi con tono rigido è fermo, mia sorella scese, disse a mia madre il quanto è sentii dall’atrio delle scale la voce di Marietto. << Rosinaaaaaa…scendi. Non risposi nemmeno, cosi capii forse, di non rompermi le scatole. Stetti sveglia non dormì, volevo vedere fino a quanto tempo stava in casa mia. Sentivo la sua voce con quella di mio padre, forse giocavano a carte, forse parlavano solamente, le ore arono, finalmente alle ventitre, finirono, scesi, dissi a Marietto che volevo parlargli, da soli. Quando gli dissi cosi, lo vidi in volto, che secondo Lui, chissà cosa dovevo dirgli, forse scopare? Naaaaa… era tutt’altro. Se ne andò è cosi tutti se ne andarono a dormire. Cosi feci anch’io.

Se penso a quello che ho ato. A volte penso; se esistesse IL DESIDERIO, chiederei di tornare in dietro a

determinati momenti, solo per vedere se cambiando qualcosa, sarebbe cambiata la MIA STORIA.

Capitolo 7

Tenevo un piccolo diario, scrivevo alcune cose, frasi mai finite, piccoli disegnini, insomma dei piccoli significati incompresi. Tutto questo era parte del mio gioco contro mia madre, visto e considerato che andava a guardare i cavoli miei e delle mie sorelle. Mi divertii a fare questo gioco. Non mi piaceva che andasse a curiosare nei miei cassetti della biancheria, e cosi un giorno, mentre entravo nella mia stanza, la vidi che con le sue manacce, frugava, cercando chissà cosa. Non si accorse, perché feci marcia indietro piano, cosi vedendo mi venne in mente di fare questo gioco del diario. La sua curiosità era tanta, un giorno come tanti del resto, rifece di nuovo la curiosa nei miei cassetti della biancheria, e ci trovò il mio diario. ( Ditemi voi se si può arrivare a tanto ) quando trovò il diario, sembrava in quell’istante la più furba del regno dei furbi. Prese il mio diario, chiuse la porta della camera a chiave, e si mise seduta sul letto a leggere. Io visto e sentito che era al piano superiore della casa, cioè alle camere da letto, mi tolsi le scarpe e a piedi nudi salii le scale piano..piano, arrivata dietro alla porta mia della stanza, mi chinai a sbirciare nella fessura della serratura. Era li seduta a capire che diavolo avevo scritto, cose che non capiva. Io ridevo a crepapelle. Voleva sapere? Eccoci accontentata. Voleva sapere che cavolo facevo, o cosa pensavo, o come avo i miei giorni fuori di casa dopo il lavoro? Doveva solo decifrare il tutto. Che non era possibile, perché non mettevo nulla di vero di chissà cosa sul diario, ma solo dei numeri abbinati ai giorni, con dei piccoli disegni senza significato. I giorni arono. Un sabato mattino, mia madre mi disse di andare a comprare delle bottiglie di vino per mio padre. In casa non doveva mai mancare del vino, guai era impossibile questo. Si doveva fare scorta per tutta la settimana. Cosi mi preparai, presi la bicicletta e andai in paese dal vinaio. Mi parve strano che non ci fosse qualche intoppo. ( che dite voi? ) Già! Guarda caso vicino al negozio del vino chi ci trovo?...… L’incubo. << Ciao. << Cosa vuoi?

<< Ero di aggio, e ti ho vista. Sei arrabbia? Non mi vuoi più vedere, non parliamo più. Cosa hai adesso, non capisco. Tua madre dice che devo avere pazienza e….mi dovevi parlare. Di cosa << Haaa…mia madre. Bene..e quando tu ti vedi e parli con lei? Cosa avete mai da dirvi voi due << Perché non posso parlare con mia suocera? Adesso. << Cosa? Tua suocera, ma ti sei rimbambito del tutto o per metà? Ma dimmi te. Sua suocera, ma perché non vi sposate voi due, visto che fate comunella. Suocera!! Adesso siamo già parenti, prima suocera..poi cosaltro? Ma guarda te stò deficiente. Ma camminaaa….va! scemo. Ero cosi furiosa, il sangue mi pulsava a mille nel cervello, …sua suocera…ma roba da pazzi, erano a questo livello.

<< Già volevo dirti, sei anche tu d’accordo con tua “suocera “di strappare le lettere di Claudio? Lo guardai in volto, divenne tutto rosso, si innervosì, agitandosi rispondendomi cosi.. << Quello è uno stronzo. Perché ti scrive, gli spacco la faccia, io. Cosa vuole da te. Deve stare alla larga. Capito? << A te e tua “suocera” non vi importa niente di cosa faccia delle lettere. È roba mia, bastardi. Ma la pagherete questa. Anzi non farti più vedere da me. Finito.

Quando ritornai a casa, mi arrabbiai con mia madre, era una cosa impossibile. Ma quale motivo era cosi forsennata a farmi sposare quell’ imbecille, un motivo ci voleva ci doveva essere. Mi frullava in testa da un po’ di tempo, alcune cose, a dir poco spiacevoli. Un pomeriggio ritornai a casa prima del tempo. Finii al lavoro due ore prima, volevo vedere qualcosa che mi tentennava in mente. Quel giorno non dissi nulla

a mia madre, feci cosi. Ritornai a casa, come da me deciso. Trovai la porta chiusa a chiave, non c’era nessuno. Strano perché mio padre doveva arrivare a casa dal lavoro, smetteva presto. Essendo estate, in campagna non si lavorava tutto il pomeriggio. Mi sedetti dentro il vecchio garage di mio padre, cerano delle finestre vecchie, vetri sporchi che si intravedeva poco cioè chi guardava da fuori a dentro faceva fatica, viceversa non molto. Aspettai, doveva rientrare a casa qualcuno. Certo dopo un ora sentii una auto entrare in cortile, era l’auto di Marietto, con mia madre a carico. Rimasi con gli occhi fissi rivolti alle loro facce, erano strane, il loro modo era strano, tutto era strano. Lui fece marcia indietro e se ne andò via, Lei entrò in casa. Io?... mi sedetti su una cassapanca vecchia, avevo capito tutto. ( voi no? ..) Ebbene si mia madre e il mio “ fidanzato “ scopavano..già bella scoperta, ecco il perché del fidanzamento, ecc… Dopo poco arrivò mio padre, rientrava dal lavoro. Mise il suo motociclo in garage, si tolse l’abito sporco di terra e entrò in casa, tutto era tranquillo. Per non farmi vedere da mio padre uscii dall’altra parte del garage, cosi non disse a Lei che ero già a casa. Ripresi la mia bicicletta e andai via, mentre pedalavo, mi tornavano in mente tutte le parole di Lei, di Lui, tutti i sotterfugi fatti. Ero come intontita, potevo accettare che Marietto andasse con altre donne, perché non me ne fregava più di tanto, ma che scoe con mia madre…mia madre!! Questa poi, non l’accettavo per nulla. Mi voleva fregare in questo modo? Le piaceva Marietto, ok divertiti pure, ma a tue spese per metà donna. Lo so che l’altra metà l’avrei pagata io, ma mai quanto loro due. Vedevo ogni volta che loro, in qualche modo mettevano a segno qualche scappatella, pensando che nessuno lo scoprisse o tanto meno se ne accorgessero. Le scuse erano le più idiote. Chissà perché doveva fare tante commissioni tutte cosi urgenti, secondo lei ci doveva essere l’auto, perciò l’unico che in questo caso aveva l’auto, era lui Marietto….guarda caso.

Quando ebbi la conferma sicura di quello che di già sospettavo, mi vennero in mente i film che vedevo a volte in tv, storie di amanti con … tra…

generi e suocere. Pensai che fossero solamente frutto di una sceneggiata televisiva, un film serale. Mah! Capii presto che quello che scoprii e vidi non era un film, ma la dura realtà. Una macchia nera che lascia il segno, nella vita altrui.

Capitolo 8

I giorni arono, come i mesi. Nel mese di luglio avevo sentito in paese che una signora cercava una babysitter. Mi misi subito alla ricerca chi fosse. Era una signora, maritata con tre figli. Cercava una ragazza che l’aiutasse per accudire la piccola Carlotta di solo 2 anni, gli altri due ragazzi erano, una ragazzina di 12 anni e un maschietto di 10. Il padre era un imprenditore edile, la moglie casalinga. Il tutto mi portava in un negozio gestito dalla cognata di Lei. Era da li che partiva la richiesta di una babysitter. I bambini mi sono sempre piaciuti, perciò non avevo difficoltà a gestire e accudire Carlotta. Alla signora andai bene, anche perché un pochino di esperienza di già cera. Sia con i miei fratelli, che con un piccolo periodo di compagnia a un'altra bambina piccola, figlia di una banchiera, del paese. Siccome ero ancora minorenne, la signora in questione volle conoscere il parere di mia madre, chiedendomi di incontrarla per definire il tutto. Quando rientrai a casa, dissi a mia madre che avevo trovato un lavoro estivo, che riguardava un mese al mare a Sanremo. Come al solito, incominciò a dire… << Devo dirlo a tuo padre se ti lascia. Se dice di no, non si fa niente. Capito? Era una prepotenza, o un ordine di comando? Con mia madre era sempre cosi. Alla sera la sentii parlare con mio padre, gli diceva che era meglio che mi allontanassi un po’da Marietto, cosi mi sarei svagata un mese intero lontana da Lui, e tutto si sarebbe messo a posto. Io no vedevo l’ora di allontanarmi da tutti e tutto, altro che mettere tutto a posto. Erano gli ultimi giorni di luglio, dissi a mia madre che se dovevo andare al mare mi serviva un costume da bagno, mi rispose che …. << Ti do il mio. Tanto non penso che avrai il tempo di farti il bagno. Dovrai stare

attenta alla bambina in spiaggia. << Certo, ma con questo costume? E vecchio e nero. Non mi piace, è largo e sfibrato. Che figura ci faccio. Mi rispose che se non mi piaceva, era sempre quello ugualmente. Dunque discussione per nulla, credeva Lei. Il fatidico giorno della partenza mare arrivò. Arrivò davanti casa mia, un auto sportiva, alla guida un signore, Giuliano.. ( il padre della bambina ) un uomo ben distinto, abbronzato, occhi scuri, capelli castani, alto e ben proporzionato, insomma un uomo da far girare la testa. Salii in auto con la mia piccola sacca da viaggio e partimmo. Lungo il viaggio mi sentivo libera, libera come non mai, mi sentivo come uscire da un incubo, un pezzo di vita che non mi apparteneva. Lungo il percorso stradale, mi godevo il panorama, la natura, la sentivo cosi meravigliosa, sembrava di sentire il suo respiro, i profumi si univano per fluttuare nell’aria, dando un benvenuto in questo paradiso. Sanremo, mai vista, cioè solo in fotografia di riviste, o alla tv, era cosi bella, tante palme, l’aria salina che si sentiva anche sulle labbra, era tutto nuovo per me, feci un lungo respiro, come di liberazione. L’auto parcheggiò davanti a un grande palazzo signorile, scendemmo entrambi, entrammo nel atrio del palazzo, prendemmo l’ascensore e salimmo al 5 piano, cioè l’ultimo. Una porta si apri, la signora Liana, moglie di Giuliano ci salutò, era simpatica, un pochino berbera, una bella donna, elegante, ma troppo attaccata ai soldi..un … pochino senza esagerare ..diciamo un po’ tirchia. Carlotta, una bambina di 2 anni circa, viziata, e molti capricci. Gli altri due figli, non cerano erano in spiaggia. Mi fece vedere la casa, e quale fosse la mia stanza da letto, mi raccomandò immediatamente gli orari della cena, del pranzo e della colazione, al momento pensai che dovetti preparare tutto io, invece era compito di Liana. Mi dovevo solo occuparmi di Carlotta, cioè, darle da mangiare, farla giocare, dormire, che non mangiasse schifezze, e insegnarle a camminare. Il sig. Giuliano scese in spiaggia, dopo poco io e la sig. Liana con Carlotta, scendemmo anche noi, con carrozzina appresso. Cera solo da attraversare la strada e subito eravamo in spiaggia, era tutto vicino. Quel giorno cera un sole splendente, le onde del mare erano tranquille, rilassanti, la spiaggia era affollata, gli ombrelloni erano in fila come dei soldatini, le chiacchiere delle

persone erano come un ronzio d’api. Arrivati al nostro ombrellone, la vicina di sdraio, ( come di solito non si fanno mai gli affari loro, tutte perpetue ) disse… << Buongiorno Liana. Oggi è scesa tardi, successo qualcosa? << No signora. Aspettavo mio marito che arrivasse con la babysitter per Carlotta. << Ma! è cosi giovane. Coma fa a fidarsi, i ragazzi d’oggi sono poco affidabili. Mi ricordo che la guardai con occhi pieni di rabbia, per aver detto questo, per lei tutti i giovani era causa di danni. Cosa pensava che lei era già nata adulta, chissà nella sua vita cosa non avrà combinato di malfatti e marachelle in silenzio e di nascosto, ….mmmmmhhh!!!? Avevo indossato calzoncini corti e maglietta, sotto avevo il costume di mia madre, tolsi solo la maglietta. Mi sedetti sulla sabbia vicino a Carlotta, facendola giocare con secchiello e paletta. Il giorno ò in un baleno. Al rientro, la sera per cena ci sedemmo tutti quanti al tavolo, io vicino a Carlotta, giustamente dovevo imboccarla, e cosi incominciò la guerra del cucchiaio. Ogni volta che imboccavo Carlotta, ritornava tutto indietro come al solito, cioè sputava fuori tutta la pappa….in faccia mia. Ero sempre con il volto impiastricciato, di pastina, di purè, di frutta frullata, e tutto quello che poteva sputarmi a dosso, per Carlotta era una cosa normale, i suoi genitori non le insegnarono che non doveva, lasciavano che la cosa smise da se. Cioè mai. Carlotta ogni qualvolta sputava, i genitori ridevano, ditemi voi se era possibile una educazione simile. Quando rimanevo sola con la piccola, dovevo avere mille occhi, perché il suo punto forte era aprire gli armadietti della cucina dove erano composti i detersivi, metteva in bocca tutto, era un pericolo ambulante. arono due giorni, la sig. Liana disse ai suoi figli grandi di portarmi a fare un giro, nel grande magazzino poco distante, presi l’occasione di farmi anticipare un po’ di soldi, forse avrei trovato un costume per me. Senza nulla da dire, mi diede 50 mila lire, per me erano tanti,

ero felice. Andai con i ragazzi in questo maestoso magazzino, cera di tutto e di più. ammo più di due ore li dentro, ne uscii con il mio costume. Tanto che stavo bene, mi scordai di telefonare a casa, una cabina telefonica vicino al vialetto del palazzo me lo fece notare. Non avevo voglia di fare questa telefonata, ma il giorno prima la sig. Liana mi disse che mia madre telefonò per sapere come stavo, e di farmi sentire. Liana mi disse di usare pure il telefono di casa, ma preferii andare in cabina telefonica. Gettoni messi, un sospiro lungo e ….driiiiinnnnnnn….. << Pronto, chi parla. << Ciao. Sono Rosina. La mamma? Dove, non c’è? Mi rispose mio fratello più grande, dicendomi che mia madre era con le mie sorelle e naturalmente il nasone, al fiume per una giornata di sole e bagni. Ok, risposi, telefonerò un altro giorno. Ritornai in casa, ero furiosa, possibile che quel parassita di Marietto era cosi… cosi…non ho parole. I giorni arono tranquilli, a parte Carlotta con i suoi capricci, tutto procedeva bene. Un pomeriggio, la sig. Liana aveva acquistato dei fagioli freschi, erano tutti da sbucciare, non solo la prima buccia, ma anche la buccia del contorno fagiolo, e di fagioli credetemi, erano in abbondanza. Da metà pomeriggio per un paio d’ore, in quattro attorno al tavolo in sincronia a sbucciare. La sera, certamente cosa cera per cena? ato di fagioli. Come al solito per Carlotta, la sua pastina e frullati di carne, compreso il mio volto da sputarci la pappa. Una sera ora di cena, il marito era a farsi la doccia, i ragazzi nel salotto discutevano per cose successe in spiaggia, la signora stava spentolando, se si vuol dire cosi ( era una pasticciona in cucina ) io e Carlotta sedute sulla veranda, la stavo imboccando, era ora della sua pappa. Come al solito ..splassshh in faccia mia, come sempre del resto, questa volta decisi di rendere la cosa finita, o almeno dovevo provare. Mentre tutti erano indaffarati, provai il vecchio sistema di insegnamento. Quando Carlotta mi sputò la sua pappa in volto, lo feci a lei, cioè..quando la sua pappa era sul mio viso, presi un cucchiaio di pappa e glie lo sbattei sul suo viso.

Al momento rimasi con il fiato in gola, non potendo sapere come reagisse, poi invece Carlotta non pianse, anzi mi guardò perplessa e stupita, rimasi imibile volevo proprio vedere la reazione, facendo finta di nulla le diedi di nuovo la sua pappa, e con stupore non sputò nulla, guardandomi la mando giù. Quando tutti si sedettero a tavola, si accorsero che Carlotta mangiava, senza sputare nulla, anzi il cucchiaio che usai io per contro cambiarla, lo teneva in manina sua, giocherellando. I genitori non si accorsero mai del perché che Carlotta non sputava più, anzi erano meravigliati di questo, e naturalmente felici di un meno problema. C’è stata una mattina che non riuscivo ad alzarmi dal letto, il sonno mi tratteneva, mi sentivo delusa, amareggiata, avevo la testa in confusione, non capivo il perché. Da quando ero a Sanremo con la famiglia di Carlotta, mi sentivo benissimo, ero, diciamo, abbastanza a mio agio, non mi potevo lamentare. Ma qualcosa mi disturbava. La signora Liana mi venne ad svegliare erano le 8.30, pensava che mi fossi addormentata, ma ero sveglia e pensierosa. Decisi che prima di andare in spiaggia mi sarei fermata a fare una telefonata a casa. Lasciai la bambina a sua madre, in spiaggia, e andai nella cabina telefonica, fatto il numero di casa mia… non rispose nessuno. Tornai in spiaggia, quella mattina la mia testa era piena di pensieri senza risposte. All’una tornammo a casa per pranzo, strada facendo la sig. Liana mi disse.. << Rosina, vai in negozio dietro l’angolo, prendi il pane e il latte. Poi torna su subito << Si signora Liana. Cosi feci, entrai nel negozio, presi il pane e il latte. Quando stavo per pagare sentii una signora che chiacchierando con la negoziante disse che una famiglia cercava una aiutante per la casa, mi feci avanti dicendo.. << Buon giorno signora. Scusi ma ho sentito che diceva che una famiglia cerca.. << Si è vero, qui nel palazzo una famiglia cerca una aiutante per la casa. Tu di dove sei? Non sei di Sanremo, sei in vacanza? << No signora, io accudisco una bambina di questo palazzo, dell’altro angolo

della via. << Chi sono i signori? Le dissi il cognome, la negoziante capii immediatamente rispondendo, che li conosceva ed erano suoi clienti da dieci e più anni. Rimasi d’accordo con la signora cliente, di avere un appuntamento con la famiglia in questione. Ritornai a casa Liana, raccontai tutto, mi rispose che ne dovevo parlare a mia madre, se potevo rimanere oppure no, dato che ero ancora minorenne. Già! mia madre. L’indomani ritentai di nuovo a telefonare a casa. Rispose mia sorella, una delle gemelle. Chiesi dove erano il giorno prima, che non rispose nessuno, mi disse.. << Siamo andati con Marietto, al fiume per tutto il giorno. << Chi tutti? << Marietto e tutti noi con la mamma. Abbiamo fatto il bagno nel fiume. Certamente tutti, le mie sorelle gemelle piccole, la sorella più grande, e mio fratello di mezzo, LUI, e mia madre, e quando mai???.... << Ancora? Sempre in mezzo, il rompiballe. Ma cosa vuole. Ora dov’è la mamma? << Fuori nel giardino che parla con la vicina. Te la chiamo? << Seee…chiamala, digli di muoversi che ho bisogno di dirle una cosa. << Vado…vado. Aspettai al telefono, mi sentivo fumare le narici, come un toro infuriato. Cercai di stare calma, magari il colpo andò a buon segno, ma invece…. << Ciao Rosina. Allora come va? Vieni a casa fra un po’ sei contenta? << Ascolta. Qui una signora vicino a Liana, cerca una ragazza per accudire la

casa sua.. << Ma quando.. << Adesso quando finisco con la famiglia Liana, mi fermo in questa casa..e cosi vado avanti a lavorare fino alla primavera….. Non finii nemmeno di cosa stavo dicendo, che subito disse…. << No!..no. Vieni a casa quando rientrano loro. Il papà non vuole che stai lontana cosi tanto. Sei ancora minorenne. Già ero minorenne anche quando andai a Sanremo per fare la baby-sitter. Come mai ora ero minorenne per quest’altro lavoro? Certo dovevo ritornare per diventare la moglie di Marietto. << Io voglio stare qui. << No. Tu vieni a casa e poi si vedrà. << Seeh…se…vengo a casa e poi ..io vedrò. << Cosa vuoi dire con questo? << Aaaahhhh… nulla. Vedremo a casa. Ero furiosa…mmmmmmhhh…….che rabbia. Ma dovevo diventare maggiorenne, e allora!!.. Alcuni giorni dopo, la negoziante telefonò alla sig. Liana, per dirle che la Sig. in questione voleva conoscermi, voleva un colloquio con me, per eventuale assunzione. Già sapevo che la guerra con mia madre l’avrebbe vinta lei. Ma! andai ugualmente, ero curiosa. L’idea di fermarmi a Sanremo, era per me una cosa..la svolta “forse” della mia vita. Pensate voi..? Arrivai davanti al grande e alto palazzo. Suonai al citofono allegato nome. Una voce femminile rispose, dandomi indicazioni per salire al suo piano. Entrai in ascensore, salii al 6’ piano, cioè l’ultimo. La porta dell’ascensore si aprii, usci

entrando direttamente in casa, precisamente nel grande saloon, della famiglia. Rimasi come se avessi sbagliato qualcosa. La signora mi venne in contro, sorridendo, forse mi vide in faccia che ero un pochino smarrita. La casa era grande, molto grande direi. Illuminata, molto luce naturale regalata dal sole. Inizialmente un grande salone, l’entrata principale, grandi vasi di ceramica colorata floreale, un tavolino di arte povera, con posato al piano un vaso di cristallo, che solo a guardarlo pensai che si rompesse. La porta vetrata a quattro ante, guardava sulla veranda esterna, due lettini prendi sole, un tavolino rotondo bianco, con annesso ombrellone aperto, per ripararsi dai raggi solari. Tutto attorno alla ringhiera, fiori..gerani e roselline. Un buon profumo di giardino. Sdraiato su uno dei lettini, si trovava suo marito, un tipo burbero, barba lunga, silenzioso, leggeva il giornale nemmeno un “ ciao, buongiorno “ beh! direi proprio strano. Si continuò con la sfilata della casa, due camere da letto, una cucina, due bagni, una lavanderia, un sgabuzzino. Quando mi fece vedere la stanza lavanderia, aprendone la porta, rimasi quasi coinvolta in un incidente di investimento camice, cerano cosi tante camice che non ne avevo mai viste, nemmeno in una svendita al mercato. Chiesi, perplessa.. << Ha una fabbrica di camiceria? << Cosa dici? << Sono..sono cosi tante. << Certo sono le camice di mio marito e mio figlio. La cambiano tre volte al giorno. Ammazza, stavo per esclamare, ma stetti zitta. Dunque tre camice a testa al giorno, cioè la bellezza di sei camice al giorno per sette giorni, cioè 42 camice da lavare e stirare, oltre quattro lenzuola due volte alla settimana, cioè otto, oltre la biancheria intima dei tre famigliari, la tovaglieria della cucina, e tutto quello che ne segue con gli asciugamani dei bagni..certamente cambiati due volte al giorno, insomma un vero lavoraccio. Poi se ti rimaneva il fiato, cera la casa da pulire, è certo no!! vuoi che la colazione la preparasse la moglie? Ma! che scherziamo?... Mentre cercavo di ritornare in me, riprendermi dall’incubo, sentii una voce

dietro le mie spalle.. << Buongiorno signora.. << Sei arrivata, Martina. Bene fai conoscere il resto della casa a Rosina. << Si signora. Vieni Rosina, ti faccio vedere.. Quando la signora giunse il marito alla veranda, Martina mi fece vedere il resto dell’incubo, facendomi resoconto della situazione abitativa, rendendomi conto delle sorprese che avrei trovato, se mi fossi fermata al suo posto. Ad un certo punto mi sentii quasi contenta che stavo per iniziare un nuovo capitolo, ma! mi fermai subito con l’entusiasmo sfrenato. Martina con la sua voglia di andarsene dal posto di lavoro al più presto, mi mise di fronte a quello che mi sarebbe aspettato nel futuro. << Rosina, quello che ti ha fatto vedere di già la signora, lo hai visto e sentito. Mi raccomando devi rispettare gli orari.. << Quali orari? Non mi devo fermare qui a vivere? << Certo. Ma alla mattina devi alzarti alle cinque. Devi far trovare le camice stirate per la giornata, per entrambi gli uomini della famiglia. Poi mettere gli asciugamani puliti per la doccia e quant’altro, poi scendere a prendere il giornale, in fine la colazione preparata per tre. << Una curiosità? Ma dove dovrei dormire, se dormo? Se posso dormire a questo punto.. << La stanza della lavanderia, quella è la stanza per dormire..anzi la lavatrice devi accenderla a ore precise del giorno e sono tre le volte, da come hai capito. Ricordo che mi grattai il capo, rimanendo meravigliata di tutto questo. Feci delle domande a Martina.. << Martina..di tutto questo, quante ore di riposo hai? E quanto di stipendio? << Il riposo, una giornata alla settimana, stipendio..non

è pari al lavoro. Pensate che era l’anno 1978,..80, con precisione non ricordo molto bene, comunque in quel periodo. Lo stipendio era di 200 mila lire, senza limite di orari lavorativi. Ok, dormivi e mangiavi…( non so quando e come ) comunque era cosi. Finito il tour della casa, la signora disse.. << Allora Rosina, ti piace qui? Quando incominci? Io avrei bisogno subito.. Martina se ne andava dalla disperazione e stanchezza, tornava al suo paese, Bologna. Fece servizio per cinque anni e più, però era arrivato l’ora di lasciare e riprendersi, perciò lasciava il lavoro il sabato seguente. Io ancora non finii con la famiglia Liana, mi mancava due settimane al rientro a casa. Dissi .. << Signora, io non ancora posso iniziare qui. Devo finire le due settimane dalla sig. Liana. Poi debbo chiedere a mia madre se posso fermarmi per questo nuovo lavoro. << Ok, dammi risposta domani in giornata. Dimmi si o no. Da come mi rispose, sembrava scocciata che non incominciavo subito come pretese lei. Martina mi mise al corrente del bel carattere che aveva la signora, e sopra tutto suo marito, pesante con le parole, troppo esigente padrone, ti faceva pesare quel misero stipendio che sborsava alla fine del mese, come se ti faceva la carità. Poi il prediletto figlio, “ il signorino “ come si doveva dire per chiamarlo, sotto il naso ..una ventata di vento, un uragano di vento d’arie, diciamo “ la puzza sotto il naso “ ma tanta..sembrava la puzza del letame delle mucche, per rendervi conto. Salutai. Ripresi l’ascensore, mentre scendevo mi appoggiai alla parete della cabina, pensando e vedendomi come una visione, sommersa nelle camice, calzini puzzolenti, toast bruciati, lavatrice schiumosa, e tanta letame. Rabbrividii all’idea, naaaa… Dissi ad alta voce.. << Ma! dove sono capitata…naaaa..no..no, cambiamento di vita..ok, ma questo è da galera, no libertà.

Non accettai, certamente volevo si qualcosa per stare lontano da mia madre, ma non cosi, diventando schiava. Solo al pensiero di uscire da una situazione inverosimile è infilarmi in altra, no! Grazie. Ero amareggiata, pensavo proprio di cambiar vita, anche se dovevo lavorare tutto il giorno da cameriera, ma almeno uno stipendio adeguato e una giornata tutta per me. Purtroppo anche questo si trova nel cammino della vita.

Una ventata di nuova avventura … … nuovi progetti … nuove speranze …

.. un ennesima delusione … La vita … continua, va vissuta … comunque

Capitolo 9

Settembre. Il mese di inizio autunno, cadono le foglie e con loro le speranze. Ogni domenica si andava a fare un giro in macchina, cosi allo sbaraglio, io Marietto e le due mie sorelle piccole, come bagaglio e per raccontare, a mia madre, come mi sarei comportata con Lui. Diciamo che ne approfittavo di questo, cosi me ne andai sempre in giro in certo punto me ne fregavo, non stavo a casa a guardare il volto imbroglione di mia madre. Voleva controllarmi? Ok cosi sia. Incominciavo a divertirmi, ogni qual’volta si andava via in auto, decidevo io dove andare, per esempio dicevo << Voglio andare in montagna, al Brallo. << Ma oggi possiamo stare qui nei dintorni. ( disse Marietto) << Allora sto a casa e vado dove voglio io. << Viene anche tua madre con noi. << Siiiii..? ma si siede dietro. << Dai e meglio davanti. << E io sto a casa. Punto. << E va bene. Ma! lo dici tu.. << Naaaa..lo dici tu, che sta dietro. E cosi fu. Al momento di partire per andare in montagna, Marietto disse a mia madre che doveva sedersi dietro, al sedile posteriore. Mia madre credendo di

sedersi davanti come sempre faceva, rispose di no che non le andava di stare seduta dietro. Marietto mi guardò indicandomi che lei non voleva. Risposi con una mossa con le mie mani che non sarei andata via con lui. Allora lui ridisse che era meglio che si sedesse dietro. Un borbottio uscente dalla bocca di mia madre, lo fece sbiancare, e ubbidì. Salii in auto, certamente mi sedetti davanti, affianco a lui. ( un punto a mio favore ) La battaglia incominciò. Tutte le volte che si andava via in qualche posto, al mare, montagna, lago ecc.. che in qual modo, ci doveva essere anche mia madre, cercavo di farla sedere sempre al sedile posteriore, anche se borbottava. Con il tempo si vendicava, sempre guerra aperta tra noi due. Voleva gestire la mia vita? Per quello che riuscii, facevo finta di nulla, anche se l’avrei bastonata, in quel momento. Per quello che non potevo sopportare, urlavo con lei, ci litigavo. In qualsiasi momento e ragione era sempre lei ad avere l’ultima parola. arono i giorni, i mesi. Crescevo, mi sentivo più donna, più femmina, la quale mia madre ci diceva sempre che eravamo ancora piccole, ma di cosa poi? Il seno mi si formava, le curve del mio corpo si dimostravano, insomma il mio corpo si trasformava in donna, ero felice, la felicità che riusciva spegnere in poche parole: Sta attenta a metterti i pantaloni troppo stretti, si vede il culo. Certo che si vede, c’è lo, è allora? << Sta attenta ai maschi, gli fai girare la testa… Certo che si girano con la testa, son maschi! Cera sempre un che… Marietto aveva per amicizia una coppia di giovani sposini, lui Giovanni e lei Patrizia, lui lavora da elettricista e collega, lei lavorava gli uomini, li usava… ( una puttana ) comunque, tra un occhio nero e l’altro andavano avanti. Questo Giovanni, si presentò qualche volta a casa mia, con Marietto (non ho mai capito perché) ) ma alla fine lo scoprii ) gli piaceva trincare “ bere “ più delle volte era ubriaco, per questo, sembra una cosa giusta regolare, Mah!? Era strano quest’uomo, triste e serio, sempre la testa chinata, la sigaretta tra le

dita. Quelle dita…nere come la notte, il fumo li aveva carbonizzate nel tempo, pensate che raccontò che si addormentò a letto con la sigaretta accesa, prendendo fuoco le lenzuola; tipico. Chiesi a Lui, perché il suo collega era sempre cosi triste, cosi chino; mi rispose.. << Giovanni è un tipo chiuso, è fatto cosi. La moglie lo fa dannare. Non è una di quelle buone. << In che senso, non è di quelle buone. ( chiesi ) << Maaah...siiii… sta con troppi uomini. Uno non le basta. << E tu come fai a saperlo? Che ne sai? << Lo so…. << Ahh.. lo sai, bene….sei uno dei troppi? << Ma va. Cosa pensi.. << Non penso, dico che penso. Ci avevo azzeccato. Era anch’essi uno dei troppi. Lo scoprii troppo tardi, ma non troppo. << Vorrei conoscerla. << Chi, la Patrizia? << Si. Voglio proprio conoscerla. Una sera, venne come sempre del resto, a casa e mi disse.. << Preparati che ti porto da Patrizia. << Come mai cosi veloce? << Non dire niente a tua madre. Dici, se ti chiede qualcosa, che andiamo a casa mia.

<< Drin..drin..camlo d’allarme. Cosa c’è sotto? Che non deve sapere? Cosa stai combinando, che casino c’è? << Ma niente. Solo che è meglio che non diciamo niente per adesso. Tu, se ti chiede dici cosi. Va bèh! La domanda di mia madre, fu spontanea: Dove andate? << Bòh! Marietto vuole che vada un po’ a casa sua, da sua madre. << Eh! Non venite a casa tardi. Prendemmo le biciclette, via da questa Patrizia. Abitava in un piccolo appartamento, in un cortile, con altri abitanti, cioè tutti sapevano di tutto. Posammo le biciclette vicino al muro della casa, bussammo. Ci apri la porta una donna giovane e bella, capelli lunghi e mori, occhi verdi, corpo statuario. ( altro che uomini ci correvano dietro) Marietto ed io entrammo, la casa era di un disordine completo, un odore di chiuso, l’odore di pupù di un piccolo beby biondo, con il ciuccio in bocca, che nel vederci, si tolse il suo ciuccio dalla bocca per darlo a noi. Gesto amorevole. Ci sedemmo sulle poltrone, fece del caffè, e disse.. << Sei tu la ragazza di Marietto. Vi sposate? A questa domanda, mi sarei alzata e andata via. Mi diede fastidio, ma feci finta di nulla rispondendo… << Forse. << Come forse, non vi sposate? La Lina cosa dice? Come??? Chiamò mia madre per nome? E quando la conobbe? << Tu conosci mia madre? quando l’hai conosciuta? ( chiesi )

<< La Lina e tempo che la conosco. Sarà un anno circa. Vero Marietto? Sbiancò in viso, non sapeva cosa dire, abbassò la testa, balbuzzava, barbottava qualcosa. Era nei guai seri con me. Patrizia si accorse di aver fatto una gaffa. Cambiò discorso, ma oramai l’uovo era rotto. << Ma si. L’ha portata qui una volta e poi siamo amiche. Non le hai detto nulla? Marietto sei proprio un cazzone imbecille. Adesso se lo sa la Lina? << Ma no..la Rosina non dice nulla. Vero? Guardandomi disse cosi. Rimasi in silenzio per un po’, e poi… << Bèh! Non so forse. Vediamo….ci penserò. Patrizia ci sapeva fare. Del resto sapeva come accalappiare gli uomini. Incominciava a fare troppo la stupida con entrambi. Incominciai a darmi fastidio, e cosi dissi… << Andiamo. Voglio girare in bicicletta. << Si….ok..andiamo.. ( rispose Mario ) << Perché non vieni a trovarmi qualche giorno. Ho delle cosine da raccontarti. ( disse Patrizia) << Certo. Ci verrò. Certo che ci sarei andata. Voi non vorreste sapere qualcosa su mia “madre”? Girando in bicicletta, tra una via e l’altra dissi .. << Senti ..maschio! heee…se andassimo a fare un giro in campagna? Mi guardò, con quella faccia rossa peperonata. Esclamando.. << Ora? Adesso, non viene tardi per casa? << Casa? Quale casa? Mi guardò, e sorpreso della mia decisione, non se lo fece dire due volte.

Prendemmo la strada verso la campagna. Il cielo era sereno, le stelle formavano i disegni stellari, la luna piena dorata espandeva la sua luce. Le nostre ombre ci accompagnavano, dividendosi e unendosi tra esse. Arrivammo a una stradina interna a un campo, li un prato. Ci fermammo, posammo le biciclette a terra, ci sedemmo. Era cosi..cosi..tranquillo, bello, e senza rumori, mi coricai. Marietto prese subito al volo l’occasione, mi baciò, le mani erano come polipi, si arrampicavano da per tutto. Lo lascia fare. Ad un tratto dissi. << Ma che cazzo combini? << Casa? << Come cosa. Ho il sotto sedere tutto bagnato…ma che ti è scappato la pipì? Ma! alzati via..via..porca miseriaccia, che schifo che fai. Ma alloraaa.. Ci alzammo, ero furiosa. Non immaginate il volto di Marietto come si trasformò, solo a ripensarci muoio dal ridere ancora dopo 30 anni di distanza. Voi immaginatevi, state facendo sesso..e vi sentite dire queste cose, rimarrete di stucco. Pensate ( forse mi è scappata davvero la pipì, che figuraaa..) Ma! che, alzandoci ci siamo accorti che il prato si stava inondando di acqua. Ecco svelato il mistero del sedere bagnato, siamo corsi via di fretta. D’estate, i prati vengono allagati d’acqua alla notte, per far si che l’erba diventi bella per il taglio. Comunque vi garantisco che quella sera mi divertii molto, con la scusa della pipì. Che tempi, se ci ripenso..la mia gioventù è ata in un lampo. I ricordi, restano per una vita. Che siano dolorosi che divertenti. Dunque ritorniamo a Patrizia; Patrizia, bella alta slanciata, porcona e molto furba. Decisi di andare a trovarla, come promesso. Un pomeriggio, finito il lavoro presto, mi recai a casa sua. Suonai al suo camlo, venne ad aprirmi. Era un po’ addormentata, stava dormendo come disse. Entrai, fece il caffè e

incominciammo a parlare del più e del meno, che a me non interessava proprio. Io volevo sapere quello che lei incominciò a spifferare quel giorno. Decisa e diretta dissi.. << Mah! dimmi un po’ cose la storia di mia madre e il deficiente di Marietto, qui?... << Sei giovane. Ancora nella vita devi imparare e soffrire. Non vorrei dirti cose che poi ti feriscono, oppure mi fai mettere nei casini. Problemi vostri che dovete risolvere. Ma quello che tua madre, sta facendo a te, io non lo sopporterei. << Cosa vorresti dire? Che loro scopano? Questo lo già scoperto da un po’ di tempo. Non sono cosi scema come pensano. << E non ti disturba? << Si mi fa schifo, più che disturbarmi. Fanno schifo. Non pensavo che nel mio futuro, avrei avuto il moroso che scoe con mia madre. Si vede che si, invece. Comunque, loro hanno un programma diciamo, che io distruggerò. Anche se ci vorrà tanto tempo. << Io ti direi di lasciare tutto ora. Non sposarti, è meglio. Ti sta rovinando la vita. << Lo so…lo so. Non sono mai stata la prediletta di mia madre. Quando sono nata…insomma non dovevo nascere. << Tu madre, quando è venuta qui un po’ di volte, mi è sembrata folle. Ha incominciato a raccontarmi che lei gli uomini li gira come vuole. Penso che sia anche Marietto nel cerchio. << Non me ne frega, mi dispiace solo che come fa con me, lo fa e farà anche con tutti i figli. Le decisioni che lei prenderà, finiranno tutte in merda. << Sei giovane. Troppo giovane per sposarti. Ribellati. << Si sono troppo giovane per sposare uno che non mi piace, che non sarà mai il marito che vorrei. << Ti devi divertire. Devi uscire con i tuoi amici della tua stessa età. Non

pensare al matrimonio. Si volevo uscire, divertirmi, avere amici della mia età. Questo volevo, ma! non potevo. I giorni lunghi e angoscianti, arono. Di Claudio, sapevo ben poco, non avevo nemmeno un numero di telefono, un qualcosa che mi disse che stava bene. Mi sentivo quasi rassegnata, Claudio che non ne sapevo più nulla. Quando chiedevo a qualcuno della sua famiglia, come stava: mi rispondevano cosi.. << Ah! Claudio sta bene. Ha trovato anche la morosa. Fra qualche giorno viene a casa in licenza. Viene con la sua morosa. Pensate voi…come mi sentii. Il mondo mi crollò a dosso. Anche Claudio mi abbandonò. Aveva una ragazza. Pensai che non mi amava come disse, come mi giurò. Era falso. Mi chiusi in me stessa, e di tutto questo, tutto quello che avevo accumulato nei tempi, mi ammalai. Un crollo fisico mi portò a lunghi pianti e disperazione. Volevo saper da mia madre il perché delle lettere, litigai furiosamente, mi presi anche una sberla, perché pensavo a quel straccione di Claudio. Come lo indicava lei. Ero furiosa, affrontai anche Marietto, le parole fuoriuscivano senza un riflesso, senza un stop, senza ragioni. Ero cosi nera fuori di me, schiaffeggiai Marietto per tutto il male, le bugie, i tradimenti, fatti gratuiti nei miei confronti, volevo fuggire, scappare via, scomparire nel nulla, mi rispose che sarei stata sua e basta, altrimenti, d’accordo con mia madre, mi facevano are come pazza. Lo presi a sberle, gli urlai che era un bastardo, che sarei andata dai carabinieri, denunciandolo per violenza, stupro su di me, d’accordo con mia madre. Mi si scagliò contro, mi picchiò, dandomi anche un calcio al ventre. Mi fece male. Rimase paralizzato, si spaventò di quello che aveva fatto, gli dissi che andavo dai carabinieri, denunciandolo di tutto. Si scusò mille volte. Tornai a casa con l’intento di raccontare tutto, chiamando i carabinieri, ma poi decisi di fare un'altra mossa. Forse era meglio. Nell’arco della giornata vidi mia madre, nascondere dei soldi, nella vetrina del mobile in sala da pranzo. Decisi che quando tutti erano a dormire, prendere i soldi e fuggire via. Si fuggire via…

Tutti sono a dormire, notte fonda. Scendo giù dalle scale, a piedi scalzi per non fare rumore. Senza valige, senza nulla solo gli unici indumenti che indossavo il giorno. Aprii la porta della sala pranzo, mi avvicinai alla vetrina mobile..aprii, presi i soldi che mia madre nascose in una tazza, mi girai e …sul tavolo cera un foglietto, lessi… ( Domani telefonare alla zia, per vestito da sposa ) Mi soffermai. Guardai le mie mani, in una cerano i soldi per fuggire, e l’altra un foglietto con scritto “ abito da sposa “ Mi sedetti sul divano, come se qualcuno mi spinse. Mi ricordo che pensai a tutto quello che mi era successo, dal primo incontro con Marietto e Claudio, i pro e i contro, le promesse, le scappatelle, le bugie, su bugie tradimenti..tutto. Pensai che Marietto e Claudio, entrambi mi delo, entrambi mi fecero ridere, entrambi mi fecero piangere, entrambi a modo loro mi amavano. In più quello che nella giornata subii. Quella notte fu lunga e decisiva per me, la decisione comportò conseguenze nel futuro, ma ero consapevole di quello che volevo. Ero decisa. Rimisi i soldi al loro posto. Al mattino seguente mi alzai presto, sentivo dolore al ventre, il calcio datemi da Marietto, si fece sentire, mi causò la nausea, è dolori addominali, dissi a mia madre che mi faceva male, raccontai che il giorno prima ebbi una discussione con Lui, e mi picchiò, per colpa sua. Si mise a piangere dicendomi che non mi doveva picchiare, mi chiese il perché. Raccontai che sapevo delle lettere di Claudio, si infuriò e mi picchiò dandomi un calcio al ventre. Non stavo molto bene, in effetti. A mia madre venne in mente subito una idea indemoniata. Mi disse di non dire nulla in casa, nessuno doveva sapere cosa era successo. Il pomeriggio mi portò a casa di una amica, aveva la figlia incinta, era al quarto mese. Mia madre raccontò non so cosa, per farsi dare l’urina da questa ragazza. Facemmo fare subito l’esame, per avere il foglio che diceva INCINTA. arono tre o quattro giorni nel frattempo. Marietto non si vide, era spaventato di quello che era successo. Il mio ventre non stava bene per niente, avevo delle perdite, mi spaventai di questo, è sapevo che incinta non ero di certo. Andai dal mio medico assieme a mia madre. Dissi cosa avevo, mi fece il foglio

per ricovero immediato. Mi ricoverai, il giorno dopo fui sottoposta a un piccolo intervento chirurgico. Avendo dei dolori e segni di non buon segno, i dottori pensarono che avessi fatto un aborto spontaneo. Ancora ora penso cosa sia successo veramente. Ero minorenne, cosi non seppi mai la verità, era tabù in famiglia. Ne soffrii molto, anche se non lo davo a vedere, il dolore era mio, e mio restava, non lo condividevo con nessuno, non lo volevo. ai alcuni giorni in ospedale, ero li da sola al giorno, con i miei pensieri e amarezze, quando da dietro la porta vedo spuntare Marietto, con in mano una scatola di cioccolatini. Non sapeva se poteva entrare in stanza, aveva timore di me. Lo vidi, non dissi nulla, mi girai dall’altra parte con la testa. Entrò piano, si avvicinò, mi chiese scusa. Pianse, non sapeva che aspettavo un bimbo, nel mio grembo cera suo figlio. Non volevo vederlo più, lo mandai via. Se ne andò via, piangendo. Ero scossa da quello che mi disse, (avevo perso il suo bambino? Allora ero incinta?) Quando venne mia madre mi raccontò che era andata a casa nostra la madre di Marietto, avevano saputo cosa era successo, e la paura della denuncia era tanta. Per mia suocera il pensiero più grande era che li avessi denunciati, non le importava del nipotino perso per colpa di suo figlio. Chiesi a mia madre il perché che pensavano che io avessi perso il bambino, se non ero incinta. Mi rispose che aveva fatto vedere il foglio delle analisi, che dicevano che io ero incinta, al dottore. Cosi per incastrare di più Marietto, mi fece fare l’intervento, vero. Ho subito un intervento vero, per una falsa

Quando uscii dall’ospedale, ero disperata, piangevo, il mondo mi era crollato a dosso come un macigno. Mi tenevo tutto dentro e così facendo mi innescai un bel esaurimento nervoso. Marietto no lo volli più vedere è ne sentire, all’incontrario di mia madre, sempre in qualsiasi discorso cera lui. Un incubo. Un giorno mia sorella Manuela, gli urlò dietro di smetterla di parlarmi sempre di quel farabutto. Di lasciarmi stare, dovevo stare tranquilla. ò quasi un mese. Marietto in

qualche modo si avvicinò a casa mia, con sempre delle scuse, è con l’aiuto di mia madre per farci tornare assieme. In qualche modo mi andava anche bene, era successo qualcosa di grande, forse il mio destino lo dovetti scrivere con lui. Incominciammo a frequentarci di nuovo, anche se una parte del mio cuore era diventata pietra. Ricordo che un giorno verso la fine settimana, dissi a mia madre. << Ok. Quando andiamo dalla zia per il vestito? Mia madre mi guardò con una faccia come se avesse visto chissà cosa. Rispose.. << Eeehhh… << Si..il vestito da sposa…non dovevamo andarci. << Telefoniamo, e vediamo quando la zia è possibile per la stoffa.. Mi ricordo che guardavo fuori, da dietro i vetri della finestra, mia madre era perplessa di cosa io le abbia confermato, sembrava che non ci credesse, è che da li a un po’ me ne venissi ancora fuori che non volevo sposarmi. Invece ero decisa, ok il matrimonio si fa. Il riflesso di me ai vetri mi portavano a rivedere i momenti belli con Claudio, gli ultimi momenti d’amore, la fine.

I dolori … le speranze…. Si portano sempre …. ….nel cuore

Sono sempre … li… non si scordano… non prendono il lungo viaggio d’addio

Combattere il … buio…… Per un ritorno di… un giorno..di sole

Capitolo 10

La settimana dopo. Un mercoledì giorno di mercato del paese, incontrai Betti in piazza. << Ciao Betti. Quanto tempo che non ci si vede, come va? Il come va, non mi importava per nulla, io volevo sapere di Claudio. Mi rispose cosi… << Bene, tutti bene. Dove vai al mercato? << Si faccio un giro per vedere qualcosa che mi piace per la casa. << La casa? Quale casa? << Mi sposo….fra poco..e…cosi. Beh! vado. Ti saluto. Volevo sapere di Claudio, ma non potevo e non sapevo cosa aspettarmi come risposta. Ne soffrivo molto, il mio petto si stringeva, ma feci finta di nulla. Poi dissi, mentre la salutavo… << Domenica vado al cinema, vieni?

Mi fece un cenno con la mano, non capii se voleva dire si o no. Non dovevo andare al cinema quella domenica, ma lo dissi, forse per far si che Claudio lo sapesse, e ritrovarmelo li fuori con la sua moto ad aspettarmi. Ritornai a casa. C’era Marietto, era li perché voleva farmi vedere una sorpresa. Mi portò in un piazzale grande dove stavano costruendo palazzi, nuovi appartamenti. Siccome ci dovevamo sposare, la suocera volle comprare casa nuova a suo figlio. Andai nei piani alti del palazzo per dare una occhiata all’appartamento. Non capii nulla, tutto era da sistemare, costruire, piastrellare.

Come facevo a capire perché tutto questo era l’inizio di una fine. Come facevo a dire, si bello, non capivo nulla. Comunque il nuovo appartamento per il matrimonio, era in lavorazione finale. Ricominciai a tornare nella casa mangia gatti, sempre meno piacevole, perché sentivo il rifiuto della futura suocera, senza sapere chi era l’artefice di tutto, era contraria a questo matrimonio. La suocera, pensava che io ero una di quelle ragazze che andavano a caccia di denaro, di proprietà, ma si sbagliava. Se solo avesse capito che non ero io l’interessata, forse avrebbe bloccato tutto con Marietto, cosi puff..niente matrimonio, invece no. Convintissima del contrario, incominciò a disprezzarmi, odiarmi, beffeggiarmi con i suoi parenti, alla quale mi sentivo a disagio ogni qual volta. Mi ricordo un giorno prima del matrimonio, ero nella casa nuova nuziale, stavo mettendo a posto i regali ricevuti dagli amici e parenti, tutti nella stanza da ospiti. Lei arrivò come da padrona comandante, e disse.. << Questa casa non è tua. E di Marietto. Tu non sei niente, e non avrai niente. Come vi sarete sentiti voi, al posto mio? Non mi importava nulla di quella casa, ma lei non ci credeva. Dissi… << Non me ne frega niente di questa casa, non me ne frega niente del matrimonio, non me ne frega niente di voi di suo figlio o di quant’altro, non me ne frega niente di mia madre. Mi guardò, il suo volto era rosso e viola dalla rabbia. Non dovevo permettermi di rispondere cosi a lei …Mah! chi si pensava di essere la regina…. Che io dovevo tenere la testa bassa e dire sempre e solo si. ( Comunque torniamo al giorno, ) ( prima della domenica del cinema. ) Quella domenica non riuscii ad andare al cinema, parenti in visita per la sposa. E cosi nulla. Parenti serpenti si dice, certo quella domenica cerano dei parenti che non vedevo da ragazzina con il muco al naso. Chissà? Forse si erano svegliati per un posto a tavola? Per festeggiare un matrimonio? Cosi andò tutto a scatafascio, niente cinema e forse…niente Claudio, o forse cera? Mi ricordo quel giorno ero seria, nulla mi portava a sorridere su quale o cosa detto, volevo essere fuori casa, i miei pensieri erano lontano. Una della mie zie, si accorse che

qualcosa non andava, mi chiamò fuori con una scusa di prendere un pacco dalla macchina, essendo sole volle sapere perché non ero felice, cosa cera in me, ero triste e del matrimonio non ne parlavo. Era la sorella di mio padre, l’unica che si accorse. Al momento dissi che non cera nulla da dire, ma la zia non ci credete, e capii che la cosa era veramente seria. Entrammo in casa con il pacco regalo. Alcuni minuti dopo aver sentito di tutto e di più sui matrimoni, usci fuori, mi sedetti sul bordo giardino, la mia testa era piena di cavolate varie. Una voce vicina disse.. << Andiamo a fare due i. Vuoi? Mi girai era mio zio, mi invitava ad andare a fare due i per parlarmi, solo io e lui. << Si. Andiamo via non c’è la faccio più a sentire stronzate. Mi prese sotto braccio e andammo verso il centro, mi chiese cosa succedeva, cosa cera che non andava bene. Avevo bisogno di sfogarmi con qualcuno, ma non sapevo se potevo fidarmi. Iniziò lui a parlarmi, aveva intuito che non cera tanto entusiasmo nel mio matrimonio, nei preparativi. << Cosa succede? Ne vuoi parlare. Paura del matrimonio? Quando dovevo sposare tua zia, eravamo molto giovani, quasi bambini. Abbiamo imparato tutti da soli, ci siamo litigati, amati, sofferto penato. Ma! siamo dopo 20 anni ancora assieme. << Non e la paura, non mi fa paura il matrimonio, non lo …voglio.. << Come non lo vuoi? Perché allora avete fatto tutto questo? Haaaa…sei incinta.. << NO! non sono incinta, no..no Mia madre non aveva raccontato nulla ai parenti, cosi nessuno sapeva nulla. Nel frattempo percorremmo la strada verso il cinema. Il cuore mi portava li, volevo sperare che ci fosse. Prendemmo la viottola che porta davanti al cinema, guardai senza farmi accorgere da mio zio, ma da volpone che era si accorse, e mi chiese..

<< Per caso cerchi qualcuno da qua? A da casa che mi stai dirigendo. << No!..no nessuno. E nessuno cera. Davanti al cinema non cera Claudio. Ero triste, forse pensavo che fosse venuto, che l’avrei, rivisto….. abbracciato… solo illusioni. Gli amori vanno e vengono, bisogna viverli al momento, fino a che la fiamma è accesa. Ci sono amori che lasciano per vari motivi. E alcuni motivi sono incompresi, cosi l’amore finisce senza un perché. Queste parole le disse mio zio, dopo aver capito tutto. Capito che nel mio cuore cera un amore vero. La settimana seguente dovemmo andare a Torino da mia zia per le prove del vestito da sposa. Un giorno della settimana, Marietto non lavorò, cosi andammo, io, mia madre e lui. Arrivammo da mia zia. Preamboli fatti, si incominciò a scegliere la stoffa da preparazione, il pizzo bianco, il taglio per il disegno dell’abito, la lunghezza …ecc. Diciamo che l’abito era bello, come lo desideravo nei miei sogni. Ma non era il momento del mio sogno. ammo quasi tutta la giornata a Torino, mentre mia madre e zia chiacchieravano, io e lui ci incaminammo a fare una eggiata tra le vie del centro torinese. Parlammo, mi teneva per mano faceva il tenero, il dolce. << Ci sposiamo. Ancora poco e ci sposiamo. Sei contenta? << Cosa devo dire…ma si ci sposiamo, io te e la terza.. << Come la terza? Chi è…. << Come chi è? Tua suocera, noo! << Dai non dire cosi, cosa devo fare…

Non lo lasciai continuare a parlare, mi venne subito voglia di buttarlo sotto un tram. << Se non stai zitto, guarda che…stai zitto va! Che so tutto..schifosi… Mi guardò con perplessità, era in suggestione non sapeva cosa dire, e non riusciva a capire cosa io sapessi. << Tutto cosa? Perché schifosi, chi… << Sehh…schifosi, tu e la mamma. Ma fa niente, sposiamoci..sposiamoci… e..poi. << Perché dici, sposiamoci…sposiamoci << Te lo dirò al momento giusto, cosa…

Per tutto il tempo rimase sulle spine, mi guardava con poca sicurezza di cosa io sapessi. Ma! non poteva farmi la domanda (sai che ci scopiamo? ) Al ritorno verso casa, mentre guidava, mi rivolgeva delle occhiate, come dire cosa c’è? Parlami… Mia madre raccontava quanto è bello l’abito, come lo indosserò bene. Ma a pensarci, non ero stata io a scegliere l’abito, ma lei. Forse quando si è sposata con mio padre, cera troppa povertà e non potendo sposarsi in bianco, come tutte le spose desideravano, aveva scelto lei, come se fosse stato il SUO ABITO.

Capitolo 11

Le fasi della vita sono infinite, gli amori sono infiniti, l’odio è infinito, come sono infinite le ferite che ci portiamo a dosso per tutta la vita. Quando ero fanciulla, leggendo le fiabe di cenerentola con il suo principe, pensavo che anche io un giorno avrei incontrato e amato il mio principe, non pretendevo che arrivasse a cavallo, e con quel vestitino azzurro che sembra un mezzo frocetto, mi sarei accontentata che arrivasse anche in bicicletta. Già, mah! è arrivato in bicicletta Marietto, e Claudio in motocross. Allora..vuol dire che i principi arrivano anche cosi. Mah!! Non ho proprio idea … La voglia di vedere Claudio era tanta, la voglia di sentire il suo odore, le sue carezze, mi sentivo male dentro, il mio petto era come se… un buco traasse da parte a parte. Soffrivo, non facendo vedere nulla a nessuno, con la speranza di rivederlo ancora. I giorni arono, le settimane arono, fino a che una mattina di domenica io e le mie sorelle, decidemmo di fare una eggiata per il paese, cosi giusto per non stare in casa, il tempo non era dei migliori, pioggerella. Senza ombrello, perché non pensavamo che il tempo peggiorava, cosi. Mentre camminavamo chiacchierando, da lontano mi sembrò di vedere la sagoma di Claudio, il mio cuore dette un colpo che mi fece male, le vene del collo sembravano salcicce, che caspita mi era successo? Certo dopo tanto tempo rivedevo Claudio. Oh dio! È Claudio quello? ( esclamai ) Le mie sorelle dissero.. << Ma vah! Lui che abbraccia una, figurati. Caspita era vero, Claudio che abbracciava una donna. Ero gelosa, perché le sue braccia arano attorno a quella. E chi era quella stronza?

Lo chiamai.. Anche se il mio cuore era appeso con il filo di un violino, che stava per spezzarsi. << Claudio, Claudio.. Si girò, mi vide e si fermò, disse qualcosa a quella stronza, lei stette ferma dove era, e lui venne vicino. << Ciao, quando sei tornato? Betti non mi ha detto niente. << Cosa vuoi? Alla sua domanda “ COSA VUOI “ detta con rabbia e cattiveria, mi sentii gelare il sangue, tutte le mie speranze cadere a terra senza un rimbalzo. Non sapevo cosa rispondere, ha avuto la forza e forse anche le sue ragioni di colpirmi senza toccarmi. Ancora oggi ne risento di quella frase, nella mia vita ogni qual volta sento ( cosa vuoi ) mi fa male il petto, le lacrime scendono dal mio cuore. << Volevo. Volevo parlarti se possibile. << Non mi va. Adesso sono con la mia donna. Anzi non mi cercare più, dato che ti sposi. << Volevo solo parlarti di quell… Non mi fece finire di parlare che mi rispose cosi. << Tu ti sposi con Marietto, giusto? Io mi sposo con Anna. Quell’Anna, quando vidi bene chi era dissi e risposi, cosi. << Anna. Già bella donna che ti sposi. Sposata divorziata. La data a tutto il paese, è una puttana con figli a destra e sinistra. Contento tu. Però sbagli tutto e di grosso anche. Non hai capito niente di me. Potevi essere più intelligente, invece sei bastardo come tutti. Bene sposati e ti auguro tanta infelicità.

Claudio mi guardò con occhi pieni di lacrime, forse aveva capito che mi aveva persa per sempre. Mi voltai senza piangere, non volevo darle questa

soddisfazione. Ma vi giuro quando entrambi svoltammo la strada, mi sentii male, mi girava la testa, vomitai, le gambe mi tremavano mi sedetti a terra. Le mie sorelle si spaventarono, volevano chiamare qualcuno, non sapevano perché avevo quella crisi. Dissi a loro che mi ava subito, che forse non avevo digerito il pranzo, di non dire nulla alla mamma. Lo feci prometter ad entrambi di quello che era successo, di non dirlo mai a nessuno. Stavo malissimo, non riuscivo a capire perché Claudio non voleva più parlarmi, vedermi e da quanto tempo era a casa finito il militare. Perché tutte queste cose io non le sapevo. Perché ? Dovevo avere delle risposte, ero caparbia nelle cose, quindi a modo mio incominciai a scoprire il perché. Mio fratello Manuele il chiacchierone,” quando vuole ” parla a vanvera, dice cose che non dovrebbe dire, e cosi incominciai a parlargli male di Claudio, facendo il gioco che mi raccontasse qualcosa, sentendo che non mi piaceva più e che lo odiavo. Cosa secondo voi scopro? Ebbene si, c’era lo zampino di mia madre. Come? Dite voi…già. Mio fratello mi raccontò del vero con un po’ di fregnacce inventate per ingrandire. Conoscendolo quando dice bugie, lo guardavo in volto quando parlava. Quando Manuele parla e dice bugie, fa la smorfia di traverso tirando il naso all’insù. Bugie in corsoooo. Tra una bugia e verità, scopro che mia “ madre “ nel momento che Claudio iniziò con il militare;

1’ Nascose tutte le cartoline che Claudio mi mandò. 2’ Fece sapere alla madre di Claudio, che io e Marietto eravamo pronti al matrimonio. 3’L’appartamento era pronto e arredato. 4’ Che Marietto poteva farmi stare bene finanziariamente, Claudio no. Con tante altre cattiverie di seguito.

Facendo questo in mia saputa, la madre di Claudio raccontò tutto a Luciano, il figlio più grande, in modo che quando andavano a trovarlo, gli raccontarono questo. Claudio, prima di partire mi chiese di aspettarlo che ci saremo sposati, anche sapendo che ero ancora piccola, minorenne, ma quando avrebbe finito la Naia, io avrei compiuto 18 anni poco più di un anno dopo. Certo che l’avrei aspettato l’amavo, ci amavamo. Ma! tutto era calcolato, quando Claudio finì la Naia, il terreno seminato da mia madre era pronto per il raccolto. Cosi scoprii tutto questo. Ero furiosa, imbestialita, fuori di me. Parlai con mia madre, dicendo che sapevo tutto e che non mi sarei più sposata. Quel giorno ci furono fuochi e fiamme in casa mia, ricordo che mia sorella, la più grande Mara, con suo marito e figli, era venuta a trascorrere il fine settimana, vivevano a Torino, e ogni due o tre volte al mese venivano a casa nostra per il fine settimana. Mia madre non voleva far sentire tutto anche a loro, cosi mi disse che se ne sarebbe parlato i giorni dopo. Presi la mia bicicletta e pedalai…pedalai, andavo senza meta, piangevo, volevo solo stare da sola senza nessuno attorno, io e il mondo. Ricordo che quando presi la bicicletta per fuggire via, erano le prime ore del pomeriggio, non so quante ore erano ate, ma incominciava a diventare buio, non ricordo nemmeno quanta strada abbia fatto, mi trovai immersa nelle campagne lontano dal paese, ma poi piano, piano sono ritornata indietro, trovandomi seduta in una panchina di un piccolo parco giochi del paese. Seduta, senza più lacrime, senza più speranze, senza più quella voglia di combattere. Una voce vicina mi disse “ stai male? “ lo guardai, era un anziano che abitava di fronte al parco giochi, mi vide li da troppo tempo. Mi vide forse strana, che pensò di aiutarmi. Risposi.. “ No, sto bene” Si accesero le luci dei lampioni, li guardavo come se fossi attratta da loro, come le falene notturne. Sapevo che era tardi, ma non mi importava nulla, non mi importava più di nulla e nessuno, mi sentivo vuota, completamente vuota. Mentre ero in questo stato mi accorsi che qualcuno mi guardava da poco distante, un uomo fermo con la bicicletta stava dietro la luce nella penombra. Per un istante credesti che era oh Marietto oh Claudio, invece era mio cognato Franco, il marito di mia sorella Mara. Mia madre non vedendomi ritornare a casa era in, forse

pensiero, non sapeva cosa pensare, e cosi mandò Franco a cercarmi, si avvicinò piano, non mi disse nulla, si sedette vicino a me stando zitto. Non mi aspettavo quel comportamento, mi sentivo serena e svuotata. Le sue parole, le sue uniche parole dette furono… << Quando te la senti, torna a casa. Cercalo e chiarisci. Poi sposati e decidi della tua vita. Lo guardai, non dissi nulla, perché mi disse cercalo e chiarisci, cosa sapeva? Cosa sapeva di tutto? Si alzò prese la bici e ritornò a casa, dicendo a mia madre che stavo per arrivare. Quando ritornai a casa, nessuno mi disse qualcosa, tutto era come se non fosse successo nulla, ma anche se qualcuno mi avesse detto qualcosa, non avrei ascoltato. Me ne andai in camera mia, non volevo vedere nessuno, non cenai nemmeno. Cercai di dormire e dimenticare l’ennesima volta. Il giorno dopo essendo domenica, mi alzai tardi, non come si faceva sempre per ogni domenica ci si alzava alle otto per sistemare le camere per poi andare a messa. No! da quella domenica decisi di non andare più a messa, anche perché i preti non li ho mai visti di buon occhio, dopo quello che mi accade da piccola, avevo dieci anni circa, ci si andava al catechismo e dopo il parroco ci faceva vedere dei filmini, fino qui tutto bene, ma un giorno il parroco del paese disse a noi ragazzine, che dovevamo confessarci perché il diavolo voleva il nostro corpo. Lo dissi in casa ai miei, mia madre rispose che ogni tanto una confessione andava fatta, era giusto cosi. Ok, se era cosi, si doveva fare, ma già non mi piaceva il prete, aveva quel non so che, che non mi convinceva. Comunque il giorno della confessione arrivò, quando mi presentai a l’ora detta, pensavo di trovare anche le mie amichette di scuola, invece c’ero solo io. Chiesi al parroco il perché ero sola, mi rispose che le mie amichette erano già confessate. Ok, entrammo nel confessionale, mi inginocchiai e ascoltai le sue domande. << Ragazzina, hai detto parolacce? Ahi invano detto bestemmie? << No! << Hai il fidanzato? << No!

<< Quando sei sola cosa fai? << Cosa faccio? Non so.. << Ti guardi mai allo specchio? << Si sempre. Alla mattina per vestirmi, per pettinarmi.. << Ti guardi? << Perché? Insomma, questo prete era un porco maiale, mentre voleva sapere se mi guardavo nuda allo specchio, e magari mi toccavo le tette o la erina, lui si stava facendo una sega. Ansimava, ed io pensavo all’inizio della confessione che avesse l’asma, che stava poco bene. Cazzo di prete. Da quel giorno non volli più andare a confessarmi o quant’altro. Ritornando alla domenica: Quella domenica fu l’inizio che smisi di andare in chiesa, anche perché mi annoiavo alle chiacchiere del prete. Me ne andavo a so con la bicicletta, se le mie sorelle piccole volevano seguirmi ok, altrimenti se stavano a casa. Presero la palla al balzo, mi seguirono, cosi anch’essi saltarono la messa qualche volta, anche se poi mia madre faceva la ramanzina, ma a me non fregava niente di quello che diceva. Pedalando ci perdevamo nelle campagne, per poi uscirne tra paese e paese. Facendo cosi una domenica, siamo andate a finire in un pezzo di campagna dove cera un trattore che arava la terra, il polverone sollevato da quel venticello, ci fece cambiare direzione. Pedalavamo, tranquille, io con i miei pensieri, e le mie sorelle con i suoi battibecco per dei mocciosi come loro. Ad un certo punto sentimmo un classon, qualcuno suonò, mi girai credendo un’auto nel nostro percorso, ma non cera nessuno, mi misi a ridere con le sorelle. Dissi.. << Ma avete sentito anche voi? << Si. Ma non c’è nessuno.. hhaaahhaha

<< Boh!? Risentimmo ancora il suono, ci fermammo, e ancora guardammo indietro, non cera nulla, guardai verso il trattore di colore blu chiaro e in movimento, veniva verso di noi, ma stando nella terra, non nella stradina di cui eravamo noi. Guardai dicendo “ Ma, che imbecille, che vuole?” Riprendemmo a pedalare. Un altro suono, e poi un altro. Mi fermai di colpo. Dissi: Ora vado li e gli dico…. Non finii la frase, il mio cuore fece un botto, era Claudio. Il mio cuore era felice, le mie gambe dicevano, vattene, non sapevo cosa fare ero furiosa e felice. Le mie sorelle dissero, come mai è da questa parte a lavorare, non è la sua parte del lavoro. Già come mai? Avevo fatto tanto per non girare nelle terre dove lui lavorava per non incontrarlo, ed’ eccolo qui. Si avvicinò con il trattore, scese, venne vicino e… << Ciao. Belle donne << Che c’è? ( risposi ) Volevo abbracciarlo, solo questo. Mi trattenni. << Siete in giro in bici oggi. Mi guardava con quei occhioni tristi, da cane bastonato, si tratteneva anche lui dal abbracciarmi, si notava , benissimo, riconoscevo quella voglia di stringermi a se. Avevo il cuore in gola, un buco al petto un dolore allucinante, era il dolore dell’amore e della rabbia che provavo per lui. Dissi: Andiamo, e tardi. Le mie sorelle gli chiesero cosa faceva da queste parti, gli rispose che stava lavorando per un altro padrone, solo alla domenica, in occasione. Salimmo in bici, via volevo andarmene, stavo troppo male. Mi prese per un braccio, era tremante, i suoi occhi luccichi di lacrime, si avvicinò al mio orecchio e mormorò. << Voglio vederti. Mi manchi. Non dissi nulla. Pedalai senza girami indietro. Le mie sorelle mi giunsero, risero della cosa buffa. Non parlai per tutto i tragitto, fino a casa. Naturalmente tornate

a casa, mia madre chiese; Dove siete state? In giro risposi. Le sorelle raccontarono del fatto, compreso la mia reazione scorbutica verso a Claudio. Con risultato piacente per mia madre, nella sua testa pensava che avessi capito che era un poveraccio contadino. Dimenticando che mio padre ci ha sfamato in sette in famiglia, lavorando la terra per altri. Per alcuni giorni ero tormentata con me stessa, le frasi dette da mio cognato Franco, le frasi dette da mio zio, e infine le sei parole che mi disse Claudio. ( COSA VUOI ) ( VOGLIO VEDERTI. MI MANCHI.) Ero in guerra con me stessa. Cercarlo e ascoltare quello che mi doveva dire, o dirle addio per sempre non rivederlo mai più? Troppe cose si son dette, troppe parole al vento si sono trasportate, troppe voci ascoltate. Non sapevo prendere una decisione, il mio dolore, l’odio e l’ amore, lo avevo chiuso nel mio cuore, forse per sempre. Per alcuni giorni cercai di non uscire di casa, se non era troppo necessario. Quando veniva Marietto, stavamo a casa, inventavo sempre qualche scusa, oppure dicevo che volevo andare lontano dal paese, in qualsiasi posto purché lontano. E cosi era. arono alcune settimane. L’appartamento era pronto, e la data del mio matrimonio era vicina, 8 Maggio, il mese delle rose, purtroppo quel mese di quell’anno le rose erano un miraggio, non sbocciarono molte, ma iniziarono verso alla fine di maggio. Forse un presagio? Parenti e amici annunciati dell’evento, un ultimo controllo al ristorante prescelto. Il ristorante! Scene da un film comico. Come?.. direte voi, siiii…mia suocera aveva paura di pagare in più i parenti della mia parte. Al’inizio, tutto era accordato che le spese del matrimonio si pagavano a metà, poi si tirò indietro quando venne a sapere che c’erano due invitati in più da parte mia, apriti celo! Guai che spendesse una lira in più. Come ogni matrimonio ci si trova un fotografo, perlomeno avere delle foto per ricordo del giorno più “ bello “ della tua vita, ma .. secondo voi come fu per me? Già!. Quindici giorni prima del matrimonio, mia sorella Mara la più grande delle sorelle, mi disse: << Il fotografo, lo hai trovato?

<< Si. Ma la mamma non lo vuole. ( risposi ) << Come non lo vuole? Che storia è questa?. << Dice, troppi soldi si stanno spendendo. << Porca vacca! Ma che cavolo, una foto ricordo ci vuole. Le foto del tuo matrimonio.. << Cosa vuoi che dica? Ho detto che le avrei pagate io. Ha detto. No, no! Sono stufa, stanca.. << No. No! adesso andiamo in paese a cercarne uno. Poi ci parlo io alla mamma, e vedi. Ci avviammo io e Mara in paese. Trovato il negozio del fotografo, anzi cera solo quello. Entrammo e chiedemmo se era disponibile avere un fotografo per le mie nozze. La titolare, che era una ragazza di circa trent’anni di età, disse: << Si è possibile, ma non con sicurezza al cento per cento. Chiedemmo il perché, rispose che mia madre aveva disdetto già la prima volta, il prezzo non era alle sue portate. Rimasi di ( merda ). Guardai mia sorella, forse mi lesse in volto che ero svuotata internamente e mentalmente. Decise cosi: << Senta. Lei faccia il possibile. Le foto le pago io. L’album, lo paga Rosina. Va bene? Questo è l’acconto. Diede un po’ di soldi, non ricordo quanto. Al ritorno a casa, era furiosa con nostra madre, ci litigò. Cosi come era deciso con la fotografa. Voi pensate che mia madre abbia pagato qualcosa? Naaa,il resto delle foto e l’album, lo pagai io dopo il matrimonio, con la raccolta del taglio gravata. Quella gravata cosi importante per sua madre, secondo lei, farla tagliare per raccogliere i soldi, era solamente uno spreco, non voleva saperne, al momento del taglio fece solo delle scenate, meno male che in borsetta ne aveva un'altra di ricambio, cosi raccogliemmo di più soldi. Quei soldi che non mi trovai al momento del conteggio, scoprii dopo qualche giorno l’ammanco dove era finito, la suocera si prelevò del denaro per ripagarsi l’abito che comprò a suo figlio per il matrimonio.

Fece una cosa vergognosa, da accattona, e morta di fame. Poi si ” lavava le mani ” come si vuol dire, che IO ero a caccia di soldi.

Suocera….. ex suocera, mah! Vatti a nascondere in un cespuglio di ortiche…va!

Capitolo 12

Il padre di Marietto, era stato ricoverato in ospedale, per un intervento alla gamba. Era il mese di gennaio. Non stavo molto bene, avevo la nausea, è il desiderio di mangiare sempre delle mele. Cera qualcosa che non andava, non pensavo di essere incinta, avevo sempre il mio ciclo mestruale, perciò una gravidanza era esclusa. Il giorno dell’intervento, di mio suocero, io e Marietto andammo a trovarlo, mi ricordo che cera un gran freddo. Per entrare in ospedale ci sono delle rampe, almeno venti scalini. Al scendere la scale esterne, cera un pochino di ghiaccio, scivolai, sbattendo il sedere a terra, aggrappandomi subito al suo braccio. Sentii come un strappo al ventre, poi più nulla. Andammo a casa. Dal giorno seguente, in me cera qualcosa che non andava, non mangiavo più nulla. Andai dal medico, facendomi la visita, mi disse che era probabile che avessi perso il feto. Pensai un'altra trovata di mia madre, ma questa volta non centrava, ero incinta per davvero. Ricovero immediato. La caduta mi causò la perdita del mio bambino, maschio. Un altro dolore, un altro strappo al cuore. Lo avrei chiamato Denis. Due settimane prima del matrimonio, decisi di vedere Claudio, era arrivato il momento. Incontrando la sorella Betti, le dissi che volevo vedere Claudio, le dissi anche dove e quando, è se non fosse venuto all’appuntamento non lo volevo mai più rivedere. Il giorno dopo, per l’appuntamento, al posto cosi predestinato, vedo arrivare una macchina, una lancia stile vecchia, di color grigio, al volante cera Lui. Io, ero arrivata qualche minuto prima, con la mia bicicletta. Scese dalla macchina, venne vicino, senza nulla da dirci, mi abbracciò mi strinse a se, tremava e piangeva. Vedere un uomo piangere per me era la prima volta, ero imbarazzata e

confusa, non sapevo cosa dire, nessuna parola, sillaba, usciva dalla mia bocca. Era cosi forte, sensibile, e fragile nello stesso momento. Il mio cuore pianse, l’amavo cosi tanto, non sapevo come comportarmi, cosa dire o fare, le nostre labbra si cercavano affannosamente, il mondo si fermò, si sentiva solamente i battiti dei nostri cuori. Tutto attorno non esisteva nulla, solo noi due. Facemmo l’amore. Le sue braccia attorno a me, dandomi sicurezza e amore, perdendomi forse per sempre. Parlammo di quello che ci era capitato. << Perché tutto questo? ( mi disse ) << Il destino è stato cattivo con noi due. (risposi) << Cosa abbiamo fatto di male. Perché non ci hanno lasciati in pace. Perché ci hanno divisi, con tanta cattiveria. Cosa ho fatto, detto? Ti avrei sposata, te lo promisi, ricordi? Mi sei sempre piaciuta fin dall’inizio, da quel giorno che venni a casa tua con la moto, per tuo fratello. << Si ricordo, ti guardavo dalla finestra socchiusa. Ti trovai un po’ stronzo, ma qualcosa in te mi scompisciò il cuore. Da quel giorno ti ho amato in silenzio. Perché ora tutto questo? in cosa abbiamo sbagliato? << Ora siamo alla fine. Tu ti stai sposando. Io..io rimarrò solo. Come farò senza di te… << Già! Il matrimonio. Non voglio sposarmi. Ma ora mai ci siamo. Ti giuro che una volta sposata, sarò fuori di casa materna, divorzierò. Lo lascerò, io non lo amo, non lo mai amato. Sarò libera da tutti e tutto. << Come farai? Tua madre gestirà ancora la tua vita. Dove andrai, cosa faremo. << Non lo so ancora come e dove. Ma non starò a lungo con Marietto. Te lo assicuro. Vuole il matrimonio? Ebbene sia, accontentiamola. << Noi. Noi due, come faremo a vederci. Quanto devo aspettare?

<< Ci vedremo di nascosto, come abbiamo sempre fatto. Se vorrai ancora amarmi. Se non vorrai più, questo di oggi sarà un ADDIO. Non parlò più. Era taciturno per un po’. Gli chiesi cosa stava pensando. Mi rispose: << Non so per quanto posso aspettare. Il modo che me lo disse, sentii che quel giorno era l’ultimo. Ma non ci volli credere. Ma il sesto senso mi dette ragione. Ci lasciammo che il sole era calato. Mi diede un forte abbraccio, quell’abbraccio di addio, anche se mi disse che ci saremo visti al giorno dopo, alla stessa ora e posto. Da quel giorno non lo rividi più. Il giorno del mio matrimonio era alla porta, oramai. Fino all’ultimo giorno da signorina, andai al nostro posto d’appuntamento, senza mai più rivederlo. Mi mancava da morire. Perché ancora questo. Avrei mandato all’aria il mio matrimonio per lui, perché farmi questo?. Scoprii negli anni avvenire il motivo della sua assenza. Il suo non farsi più vedere….

Il motivo che non si fece più vedere, me lo disse dopo 21 anni, in un incontro casuale dato dal destino..

E fu un'altra pugnalata al mio cuore …..

Capitolo 13

Giorno 8 Maggio 1982…. Giorno del matrimonio. I parenti sono tutti arrivati, compresi amici. Sono in stanza davanti allo specchio, mi guardavo con quel bellissimo vestito da sposa, tutto di pizzo e volant. Piangevo, una era rabbia e tristezza, una era felicità che uscivo da quella casa. Una volta vestita, mi sedetti sul letto, il mio volto rosso, avevo il fuoco, per tutto quello che mi stava accadendo, mi esplodeva la testa. Sentivo la pressione che stava per esplodere. Tutti i pensieri mi giravano, vedevo il mio ato, in bene e in male. Ma non vedevo il mio futuro. Sentii salire su per le scale mia zia, aprii la porta e mi disse: << Come sei bella. Sii felice bambina. Non piangere. Ti aspettano tutti giù. Andiamo. Non volevo scendere. Ma volevo scappare via. Dissi a mia zia che sarei scappata via da tutti e tutto. Si spaventò, chiamò mia madre. Entrò in camera come una furia. << Che storie sono queste. Sei scema o cosa? Con tutti i soldi che ho speso per te..è questo il ringraziamento? Scendi ..è sposati, che andrai a stare bene, stupida di una ignorante. Bene, mi aveva battezzata l’ennesima volta. Avevo compiuto 18 anni da poco più di 3 mesi. Avrei potuto andarmene via, lasciare tutti a bocca aperta..ero maggiorenne. ( dissi ) << Questo matrimonio fa schifo. Non è il mio, non lo sento questo matrimonio. Non voglio sposare Marietto. Ma! lo farò, è poi me ne vado via.. In quell’istante entrò nella camera una mia zia di lunga parentela, tutto pepe, piccola di statura, ma tremenda nella vita. Disse a mia madre di scendere che era

arrivata la macchina per la sposa. Cosi scese. Restammo solo io e questa zia Maria. Mi guardò dicendomi…. << Non fare la stupidotta adesso. Gli uomini sono tutti uguali. Casa hai avuto da l’altro? Se ti amava tanto, perché quando hai compiuto 18 anni diventando maggiorenne non ti ha portato a casa sua? Combattendo contro tua madre. Nessuno poteva fare niente, eri maggiorenne. Solo tu decidevi della tua vita, è vaffanculo tua madre e le sue spese. Ma ora, basta. Oramai sei con un piede all’altare, ti sposi, e poi decidi. Ricordati sarai fuori di qui, dalla casa di tua madre. Ricordati questo. Dai andiamo. Non piangere più. Mentre mi asciugavo il viso, pensavo. Già! Perché non fece come disse mia zia Maria? Se mi amava come decantava? Comunque era ora di scendere, andare incontro al mio destino. Mia sorella Mara, mi venne incontro, scendemmo le scale adagio, lei era dietro di me, teneva il velo sollevato, cosi facendo inciampò, stette per cadere, si aggrappò alla ringhiera della scala. In fondo le scale si trovava il fotografo, scattava foto, è cosi mi rimase per ricordo la foto con mia sorella che stava per cadere giù aggrappandosi alla ringhiera. Un bel ricordo. Mi accorsi che il fotografo, non era la ragazza che doveva esserci. Venni a scoprire poi con il tempo, che la ragazza fotografa, era sposata, suo marito le metteva le corna con una ragazza del paese. Lo venne a scoprire, quando una telefonata, le fece sapere che in quel posto, a tale ora, cera suo marito che scopava con questa amante. Lei corse con un bastone, arrivata e visto il giusto della spiata, prese a bastonate suo marito e l’amante, mandandoli all’spedale. Ecco perché avevo un fotografo uomo. La macchina per la sposa era davanti alla porta, con essa, il guidatore ubriaco. Già! Ubriaco, mi doveva portare in chiesa? Quando saremo, è se saremo arrivati. La giornata matrimoniale, incominciava bene…Lo sposo non doveva venire a casa mia. N’ 1… Lo sposo non doveva venire a casa mia, nella mattina del matrimonio, invece venne a farsi un giro di controllo.

N’ 2… Era di già un pochino bevuto. N’ 3… L’autista era in ritardo, perdi più ubriaco fradicio. Ma volle portarmi ugualmente alla chiesa. N’ 4… Incominciò a piovere. N’ 5… Il prete del matrimonio, non voleva che i parenti gettassero il riso ai sposi. Che palleee..Comunque non fu cosi. Di riso ne fu gettato parecchio. Comunque quel giorno fu infernale in tutti i sensi, non né andò giusta nemmeno una. Una giornata da dimenticare e ricordare. Salii in auto, affianco mio padre. Il corteo incominciò a prepararsi alla festa nuziale. La chiesa non era quella del paese, ma bensì fuori. Avevo scelto perlomeno in questo, una piccola e accogliente chiesetta, nelle vicinanze di un paesino vicino. L’unico problema era che ci si trovava un aggio per i treni, dunque le sbarre erano quasi sempre giù, andava a fortuna, quando are. Comunque partimmo, l’autista sbagliò la strada per ben due volte, l’ora del matrimonio erano le undici, arrivammo alle undici e trenta. Nessuno aveva un telefonino a quei anni, perciò nessuno sapeva nulla cosa fosse successo. Quando finalmente arrivammo il aggio a livello giù. Ok.. aspettammo ancora per ben cinque minuti. Un qualche parente nei paraggi, tenendo l’auto prima del aggio a livello, ci vide e avvisò gli altri del nostro arrivo. Arrivati davanti alla chiesa, vidi il volto nero di mia suocera, mi venne vicino e con arroganza mi disse… << Ancora un minuto e saremo andati via. Niente matrimonio. Sarebbe stato meglio. Marietto non ti merita. Apriti cielo. Cazzo se immaginavo questo, che mi sarei salvata da questo matrimonio, avrei detto all’autista, invece di indicargli la strada giusta, gli avrei indicato tutte le strade sbagliate fino a notte fonda. Feci un enorme sospiro, facendomi forza. Entrammo in chiesa. Marietto era li, sembrava un pinguino, tutto rigido con il suo bel vestitino, il volto rosso fuoco, sembrava una fragola stramatura. Il parroco incominciò a dire le sue frasi dette e ridette nel ato, nel presente e forse nel futuro, fino a che ci si arriva…

<< Vuoi tu, qui presente Marietto ecc… prendere la qui presente Rosina ecc.. come tua sposa.. ecc… bla..bla.. << Si. Lo voglio. ( rispose ) << Vuoi tu, Rosina ecc…prendere il qui presente Marietto ecc…come tuo sposo ..ecc… bla..bla.. Non ascoltavo nemmeno. Ero li, come se quel matrimonio non mi appartenesse. Dopo quello che per l’ennesima volta mi sento dire da mia suocera.!! Mi veniva da ridere, ridevo dentro me, tanto da farmi male il petto. Ma era possibile una cosa del genere, naaa…. Sentivo il prete che bla..bla..bla.. ma non lo ascoltavo, fino a che mi sento dire a ripetizione una frase…VUOI TU ECC…..guardai Marietto, lui mi guardava era sempre rosso fuoco in viso, sembra che avesse una fiamma ossidrica accesa al sedere. Mi resi conto che il prete era li in attesa della mia risposta finale. Lo guardai, lui con un cenno mi fece capire che dovevo rispondere si, o no. Risposi .....( Ma si ) con quel SI ero sposata. Già, sposata..è battiamo le mani, finalmente qualcuno era felice, è qualcuno mi odiava. Specialmente mia suocera, si era messa in testa che io miravo alla casa e al stipendio del figlio. Ma! quale casa? E quale stipendio? Come stipendio Marietto percepiva poco più di 500/600 mila lire, eravamo negli anni ottanta. E per la casa non mi interessava. Ero giovane, non miravo per il mio futuro questa da gran signora come pensavano quasi tutti. Tanto che mi trovai subito un lavoro, dopo una settimana di matrimonio venni a sapere da conoscenti che un ristorante, cercava personale, presi la palla al balzo, e andai al lavoro. Quindi mi mantenni da sola. Comunque, torniamo al giorno del matrimonio. Evviva…. “finalmente” ero sposata, fuori di casa. Al contrario delle decisioni del prete, il riso si gettò, anche le scatole, giusto per non sprecare nulla. Ah…non vi ho detto che al momento di mettere la fede nuziale, il cretino di Marietto, sbagliò dito? Siiii…anche questo quel giorno. Salimmo, ognuno alla propria auto, noi in macchina matrimoniale, con tutti a

presso. In auto, essendo solo io e sposo, e l’autista, ubriaco, raccontai la bella figura da stronza che sua madre aveva fatto con il mio arrivo in ritardo, ricordandogli che l’autista ubriacone l’aveva scelto lui, e che se sapevo che con ancora un po’ di più ritardo, avrebbe mandato a monte il matrimonio, avrei fatto il giro moooollllto..più lungo. Mi rispose che lui non ne sapeva niente, è mi avrebbe aspettata ancora più allungo. Comunque arrivammo al ristorante. Quel giorno eravamo due spose, in due sale diverse. Ci sedemmo al tavolo con posto designato, è si incominciò con canti e chiasso, i più anziani incominciarono a cantare a squarcia gola, le sorprese scherzose erano sempre in arrivo. Non ricordo nemmeno cosa cera per pranzo, ho solo un vago ricordo che l’unica cosa che riuscii a mangiare era una fetta di torta nuziale. Anche perché..secondo voi poteva andare tutto liscio? Naaaa…. Dalla parte parentela di Lui, cerano due bambine piccole, una di poco più di tre anni, e l’altra di otto/nove anni, la più grande era sempre seduta vicino ai suoi genitori, fino a che la suocera si alzò dal suo posto, recandosi da questi, ritornando indietro con la bambina più grande. Prese una sedia, è sedette tra me e Marietto la ragazzina, mi fece il dispetto più grande, anche perché continuava a fare domande come…. << Zio, perché hai sposato lei? Poi la mandi via? Lei vuole i soldi? Mi venne il nervoso, mi rivolsi verso a lui dicendogli.. << Se non la fai andare via. Ti pianto qui. Va bene, che cazzo sono sté domande da una ragazzina. Chi gli ha detto di dirle, èèèèh… Adesso basta. Mi rispose che era solo una bambina, cosa cera di male. Mi alzai dalla sedia dicendo: << Ora vado in bagno a togliermi questa maledetta fede, poi vediamo. Andai in bagno, ero furiosa. Vidi arrivare anche mia sorella Mara. Dissi che dovevo togliermi quella fede dal dito sbagliato, mi stringeva da matti, il mio dito era diventato blu e gonfio. Provammo con il sapone e l’acqua calda, nulla. Riprovammo, è poi ancora fino a che riuscimmo, in quel attimo che l’anello si

sfilò stavo pensando che avrei divorziato prestissimo, massimo due anni di matrimonio. Lo dissi ad alta voce, nel bagno vicino si trovava l’altra sposa, mentre usciva sentii tutto, la guardai, sembrava più triste di me. Guardai mia sorella esclamando.. << Mi sembra più in eguagliata di me. È cosi triste. Ci mettemmo a ridere come due oche. Uscimmo dal bagno. Mi recai al mio posto, la ragazzina non cera più, ma comunque mi sentivo gli occhi di odio puntati a dosso, poco me ne fregò. Ora dovevo gestire la mia vita è dal quel giorno iniziò. Finalmente eravamo quasi alla fine della giornata, non vedevo l’ora di andarmene a casa MIA. Un cameriere si avvicinò a me, con educazione mi disse che ero desiderata al telefono. Rimasi perplessa, non sapevo se era un scherzo fatto dagli amici o parenti. Decisi di stare al gioco, andai alla cabina, risposi; << Pronto? << Ciao. Auguri << Chi sei? Dall’altre parte della cornetta cera un nostro amico di famiglia, un ragazzo della mia età. Frequentava casa mia dei miei genitori da anni con la famiglia, amici di famiglia insomma. Piangeva. Gli chiesi il perché. Mi rispose che era innamorato di me da anni, ma non ebbe mai il coraggio di dichiararsi. Ho questa è bella, adesso, risposi. Singhiozzando mi fece gli auguri, dicendomi che Marietto non era l’uomo per me. Gli risposi; << Grazie. Lo so di già. << Allora perché sposarti? << Senti, ti saluto. Devo tornare di la. Lo salutai e chiusi la discussione telefonica. Ci mancava anche questo adesso, un altro amore disperato e confuso.

Finito il banchetto, tutti a casa. Il guidatore della macchina nuziale, ci accompagnò a casa MIA. Marietto era..come si può dire, felice, io ero felice in un certo senso, perché finalmente ero nella mia nuova vita, con nuove prospettive e nuove speranze. “ forse “. Finalmente, tranquillità. Lui, volle andare ancora a casa di mia madre, perché cerano dei parenti che lui voleva stare ancora un po’ assieme. Io non ne avevo voglia, non ero cosi entusiasta. Comunque ci cambiammo d’abito, è andammo. Quando siamo arrivati a casa di mia madre, tutti i parenti che ancora erano li, per la metà erano ubriachi, è l’altra metà cioè le mogli, erano occupate a sostenere la testa dei lori mariti mentre vomitavano. Mio cognato, il marito di mia sorella Mara, invece si era rifugiato in auto, ubriaco fradicio con un pianto sfrenato. Quando Franco si ubriacava, piangeva come un bambino. C’è chi è cattivo, chi è arrogante, chi vomita, è chi piange disperato. Dormì fino al giorno dopo in auto parcheggiata in cortile. Ritornammo a casa nostra. La nostra prima notte da sposati. Nel letto, lo sposo girato a destra e io a sinistra. Era troppo ubriaco anche lui che non riuscì a consumare la nostra prima notte. Meglio così. Mi feci una bella dormita, fino all’indomani mattina tardi. Preparai la colazione per entrambi. Seduti a tavola in cucina parlammo al da farsi per la giornata, i programmi erano; andare a dare il buon giorno alla suocera e poi da mia madre per il solito pranzo.

Capitolo 14

Ci voleva un viaggio di nozze, giusto? Decidemmo dove andare. I suoi genitori avevano una vecchia casa in montagna vicino a Madonna di Campiglio. Decidemmo di andare li per una settimana, con noi venne anche mia sorella Mara con marito e i due figli. Mi divertii in quei giorni, il posto era magnifico, l’aria pulita, tutto era magnifico. Devo dire che anche i primi giorni da moglie, erano belli, anche se Marietto aveva quella arroganza da grande uomo importante, che poi erano solo cattiverie, beffeggiamenti e bugie. Non si rendeva conto che eravamo sposati, io ero diventata sua moglie, mi trattava come un suo amico, pensai che poi avrebbe capito che eravamo marito e moglie, come voleva, portandomi rispetto. I giorni arono in fretta, ritornammo tutti a casa, il lavoro ci aspettava. La vita matrimoniale ci aspettava. I giorni arono. All’inizio tutto sembrava andar liscio come l’olio, come si vuol dire, ma! Quel olio era li per farci fare dei gradi scivoloni, sentivo in me qualcosa che non mi convinceva, qualcosa puzzava di strano. Marietto incominciò a raccontarmi delle belle balle, in che senso, quando era ora dello stipendio, lo portava a sua madre, facendo il furbo con me, dicendomi che la sua titolare non lo pagava perché non cerano soldi. Ma! come dissi io; << Ma! come? Non ci sono soldi. Allora perché continui a andare al lavoro? Stai a casa. << Se non vado, mi licenzia. Cosa devo dirti. Mi pagherà. Erano due mesi che non portava lo stipendio a casa, mi incazzai, decisi di affrontare la sua titolare. La mattina seguente, senza dire nulla a lui, andai al negozio della sua titolare, aveva un negozio di elettricità, proprio nel centro del paese, che guardava la piazza. Entrai, la vidi, la salutai è le chiesi il perché che non pagava lo stipendio a Marietto. Rimase perplessa, mi guardò, è rispose; << Lo stipendio a tuo marito, io non lo pago? Non è mai successo. << Sono due mesi che non porta a casa lo stipendio. Perché?

<< Cara ragazza tu marito ogni volta che percepisce lo stipendio, firma per ricevuta. Ecco..ecco, vedi? Ma allora i soldi dove andavano? Indovinate un po’? Li dava a sua madre, mia suocera. Il perché? Perché secondo lei io li consumavo tutti, non erano soldi miei. Ma dico!? Scherziamo? Anche questo adesso? Nooooo…basta, è basta cazzo. Incominciai a essere una carogna da quel momento. Aspettai Marietto a casa, a mezzo giorno veniva a casa per il pranzo. Quando entrò in casa, vide in tavola, NIENTE. Mi disse; << Che cavolo è questo. Dove sei stata tutta la mattina a so? << No. sono stata dalla tua titolare. Vedi un po’. E adesso? Rimase ammutolito. Non sapeva quale cazzata sparare. Ci fu una lite furiosa, fino a che mi disse il perché dei non soldi in casa. Gli feci presente che se non tornavano i soldi subito nell’arco della giornata a casa nostra sarei andata dai carabinieri a sporgere denuncia. Mi rispose che li teneva sua madre, è quando cera da fare la spesa, gli avrebbe dato il necessario. Cooosaaaa? Risposi; << OH ti mangi le gambe del tavolo oggi, oh vai immediatamente a riprendere i soldi, da quella strega. Capito? Oppure vado e vi denuncio, vedi tu. Io aspetto qui per due ore, poi vado. Era molto preoccupato, aveva terrore di sua madre, per la reazione che poteva avere, visto che i soldi nostri non li poteva controllare. Andò, è al ritorno ara in volto rosso, rosso è molto arrabbiato. Un litigio con sua madre lo aveva sconvolto, forse aveva fatto e dette le sue ragioni, era sposato ora mai è i soldi non stavano in tasca della madre, ma in casa nostra. L’odio nei miei confronti, salì talmente in alto che mi sembrò di sentire il tin..tinnio della camla che usano per la partenza della lotta del pugilato. “ Bhè! Dai..la lotta continua “

Non avendo più la possibilità di gestire suo figlio come pensava lei, anche dopo il matrimonio, si accanì su di me sempre di più. Ed’ io dovevo difendermi come potevo, cioè farle capire con le cattive o le buone, che Marietto non era più in casa con lei, è quindi era un uomo sposato.. CON ME. In qualche modo si doveva intrufolare sempre nella nostra vita di coppia. Ricordo un giorno “uno come tanti” Marietto venne a casa con un discorso che non stava ne in cielo, ne in terra, mi disse che sua madre era venuta a casa nostra è io non le ho aperto la porta perché non la volevo in casa. Mi raccontò la sfuriata che fece. Quando finiva la giornata di lavoro, a volte ava a casa dei suoi genitori, cosi raccoglieva le cazzate di sua madre e di sua sorella, il padre era più socievole, più comprensivo, è forse aveva capito tutta la cattiveria di sua moglie, non parlava molto, nel suo silenzio si sentiva l’educazione è tantissima pazienza, era sempre seduto in una carrozzina, gli imputarono la gamba, molti anni prima, per una cancrena al piede. Comunque torniamo a mia suocera; le cazzate che inventava e poi raccontava a suo figlio per far si che noi due litigassimo sempre. N’1….Veniva a casa nostra, e io non aprivo la porta, ( falso ) N’2…. Spendevo troppi soldi in giro. ( potevo farne quello che volevo, dei miei soldi, lavoravo anch’io) N’3…. Ero sempre in giro a so. ( certo con le mie sorelle. Ma a lei dava fastidio) N’4….Tantissima cattiveria gratuita. Cosi Marietto veniva a casa incazzato con me. Mi credeva poco, le liti aumentavano ogni giorno, per andare tutti d’accordo, io dovevo essere segregata in casa, senza mettere il naso fuori dalla porta. Una schiavetta…… Un giorno ne avevo abbastanza di tutto questo, mi incazzai tantissimo, persi tutta

la pazienza che mi era rimasta, esplosi in una grande lite, dopo che venne a casa per l’ennesima volta con delle cazzate dette da sua madre. ( ma! è possibile che dovevo continuare a difendermi, prima con mia madre, poi con mia suocera. ) Naaaaaaaaa.. basta, è basta decisi, presi delle decisioni. La lite con Marietto degenerò furiosamente, mi mise le mani addosso, mi diede un sberlone. Quel giorno fu l’ultimo del mio matrimonio, decisi il momento, con inizio separazione. Dimostrandomi che credeva di più a sua madre che a sua moglie, decisi di lasciare andare il matrimonio cosi…come andava, andava. Perché il mio destino continuava ad accanirsi nei miei confronti? Dal 1 giorno del mio matrimonio, mi comportai bene, non lo tradii mai, anche se nel mio cuore era rimasto il ricordo di Claudio, viceversa scoprii ancora l’ennesima volta che Marietto e mia madre scopavano di nascosto, “ Secondo loro “ penso che anche mio padre scoprii il loro “segreto “ è forse anche qualcun altro. Ricordo un giorno, come tanti. Non stavo molto bene avevo mal di testa, era forse un giorno della settimana, Marietto non lavora, è cosi si mise in cantina a fare dei piccoli lavoretti, abitavamo in un piccolo condominio di quattro piani. Ero stesa sul divano ascoltavo la radio che trasmetteva musica, pensai di fare del caffè. Mi alzai e scesi giù in cantina, le porte di ogni cantina erano di alluminio quasi trasparenti, il lungo corridoio fino all’ultima porta che indicava la nostra cantina. Quando arrivai, mi soffermai sentendo dei piccoli sospiri, mi bloccai, mi guardai attorno credendo che cera qualcuno oltre me, nessuno. Mi avvicinai piano, piano appoggiando l’orecchio alla porticina, senti i sospiri di Marietto, pensavo che si stava facendo una sega, che si stava masturbando. No !..la seconda sorpresa..cera anche lei mia madre, la schifosa. Stavano scopando. E’!quando arrivò? Da quanto tempo era li dentro? Ritornai di sopra in casa, chiusi la porta, mi recai verso mobile dei liquori, che beveva lui, presi un bicchiere e versai del liquore, non ricordo nemmeno quale. Tenevo quel bicchiere in mano e pensavo, ora la faccio finita, mi ubriaco. Ma come in un secondo della mia vita, vidi un altro futuro diverso per me, dovevo solo reagire. Gettai via il liquore nel lavandino, facendo finta di nulla, mi sedetti sul terrazzo

volevo vedere per quanto tempo mia madre se ne stava in cantina. La giornata era bella, il sole splendeva, i suoi raggi si posarono sul mio viso, sentivo come se mi caricava di forza. arono diversi minuti, quando sentii suonare alla porta, andai ad aprire, era mia madre da sola, la feci entrare come niente fosse. Si sedette, è poi arrivò anche Marietto, facendo finta di nulla dissi; << Quando sei arrivata? << Adesso. Mi ha aperto Marietto. Che falsa, ero seduta fuori è lei era da un bel po’ che era in cantina. Guardai Lui, e dissi con rabbia; << Tu!? Ti stavi facendo delle seghe in cantina? Mi guardò, diventando tutto rosso, non disse nulla, abbassò la testa dicendomi; << Io? Io no. Perché hai sentito? Non sapevo se spaccargli la faccia a tutte e due, o cosa fare. Mi sentivo sulle spalle due diavoletti, uno mi diceva ( spaccale la faccia a tutte e due ) l’altro ( no! lascia stare tutto e va via, la loro storia continuerà ancora) Diedi per metà ragione a tutti e due, i diavoletti. Dissi; << Ok. Io ho da fare devo andare via. Ci vediamo più tardi. Marietto mi chiese dove dovevo andare. Risposi; << A FARE QUELLO CHE FAI TU. Mi guardò perplesso. Lessi nel suo sguardo che avevo capito cosa aveva fatto poc’anzi, è l’avrei forse pagato con la stessa moneta. Li lasciai li tutti e due, mia madre, mentre uscivo disse; << Stasera vi aspetto a cena.

Mi girai, risposi; << Non so. Io non ho voglia di venire. Lui si arrangia. Aprii la porta, è me ne andai. Presi la bicicletta, iniziai a fare dei giri cosi, a come capitava. Dovevo pensare, come fare per divorziare. Non potevo raccontare che avevo scoperto che scopavano alle mie spalle, anche se poi scoprii che non ero la sola a sapere di questo, ma nessuno parlava, un po’ per la vergogna, un po’ per lo scandalo. Giravo per il paese, la mia testa frullava di idee, come dovevo fare per uscirne. Ci pensò il destino, finalmente il destino mi diede una mano, una possibilità.

Il destino è invisibile, come uno specchio…vedi la tua immagine.. … quella porta chiusa… Si apre al momento magico… Offrendoti una occasione inaspettata .

Capitolo 15

Era estate, il sole favoloso, feci un giro in bicicletta anche sotto il viale dell’ospedale, si trovarono delle panchine, mi fermai e mi sedetti in una di queste, una macchina ò piano, il finestrino giù, alla guida un ragazzo, è vicino un suo coetaneo. Seduta, immersa nei miei pensieri, sento ancora il rumore di quest’auto che va piano, si fermò vicino a me, mi diede fastidio, possibile che non potevo starmene tranquilla. << Ciao. Il ragazzo alla guida, non era male, anzi un bel ragazzo mediterraneo, con un approccio mi salutò, non gli diedi nemmeno risposta. L’altro faceva il cretino, mi diceva.. << Ti hanno mangiato la lingua? Vieni a fare un giro con noi… Risposi; << Ma! va a fan culo, stronzo. Sparisci. Il ragazzo al volante, spense l’auto, scese e si avvicinò a me. Pensai; hazz… ora mi mena. Invece fu l’opposto. Si sedette vicino a me, mi guardò, e disse; << Sei arrabbiata? Cosa è successo? Aveva una bella voce gentile, era un bel pezzo di gnocco, capelli neri leggermente ricci, occhi marrone scuro, labbra carnose, un buon profumo di pulito a dosso, è quella camicetta bianca sbottonata quanto basta per farti battere il cuore a mille. Si mordicchiava con dolcezza le labbra, era affascinante e intrigante, è molto furbo, una bella tattica. Nascosi con l’altra mano l’anello, non volevo che sapesse subito che ero sposata. Non so perché mi venne da fare

questo gesto, però alla fine mi servì. Mi chiese cosa fi tutta sola. << Cosa fai tutta sola. << Perché non si può? << A si, certo. Aspetti qualcuno, forse. Devo andarmene? << Sarebbe meglio. << Sarebbe meglio che me ne vado? Oh aspetti qualcuno? Lo guardai in viso, mi venne da ridere, e risposi cosi; << Ma che vuoi? Che cerchi moglie? << Moglie? Beh! anche fosse. Tutti si devono sposare. No? << Ha!! che bello essere sposati.. << Sei sarcastica, non ti vuoi sposare, tu? Non risposi nemmeno, che dovevo dire, che ero di già sposata? Alzai le spalle, in segno di come dire.. “ ma si, vedremo “ L’altro era rimasto in auto seduto ad ascoltare la radio, poi si fece sentire, dicendo cosi, che un tale li stava aspettando, che erano in ritardo. Questo gnocco di ragazzo si alzò è mi disse; << Come ti chiami? C’è un nome. Una speranza…di rivederti ancora. << Rivedermi? È quando mai. Naaaa…. non so. << Un nome, il tuo nome. Ok ti dico il mio. Biaggio. << Ok, Biaggio. Se mi rivedi te lo dico. << Ci si rivede presto. Ti trovo sempre qui?

<< Si abito su questa panchina. Vedi qui la cucina è la, il salotto, è… << Ok..ok. capito. Non ti va di rivedermi. Ciao, grazie della tua compagnia. Caspita se mi sarebbe piaciuto rivederlo, ma come facevo, come potevo farglielo capire, senza dirgli di si direttamente? Risposi come feci lui; << Ok. Ok non ti va di rivedermi…grazie.. << Domani. Qui alla stessa ora. ( mi rispose ) Mi fece un cenno con la mano, ciao e ok con il pollice. Aveva capito che era un si. Non mi dispiacque, ne ero attratta. Se ne andarono via. È come sempre in giro cerano le spione vecchie comari che non si fanno gli affaracci loro. Tornai a casa nel tardi pomeriggio. Mi sentivo più tranquilla, come se una parte di me stava rinascendo. Delle nuove speranze in arrivo. Marietto rientrò a casa sul tardi, anche lui, non lo badai più di tanto. Ero immersa nei miei pensieri, quando mi disse; << Ti hanno vista parlare con due uomini. Chi erano? Lo guardai, ridendo risposi; << Ti hanno detto che a uno lo stavo baciando con la lingua? È a l’altro gli facevo una sega? << Perché mi rispondi cosi? Chi erano? Cosa volevano? << Chi erano…cosa volevano..Cosa vogliono? Quello che hai fatto tu in cantina con quella schifosa di tua suocera, stamane. Ecco cosa volevano. Ti basta? Annuì. Sbassò la testa, voleva fare il grande, il più furbo, dicendomi cosi.. << Se li vedo, gli spacco la faccia. << Perché tu li hai visti? Ho te l’anno raccontato?

<< Bèh! Insomma non li devi vedere più.

Si sentiva perso del suo ruolo di marito, padrone. Sentiva che mi stavo allontanando da quel che era la gabbia. Accesi la radio, ascoltavo solo il suono che fuoriusciva da quella scatoletta musicale, mi dava fastidio la sua voce, mi provocava la nausea. Ero arrivata al limite, credo. Non aveva nessuna sensibilità nei miei confronti, era sempre dispettoso, stupido, le sue parole dolci erano le parolacce è offese. Nemmeno nell’intimità aveva delicatezza, era rude e rozzo, è soprattutto troppo veloce. Sembrava fare la gara con .. vi ricordate la pubblicità di PIC INDOLOR, bene, lui era cosi. Veloce. Il giorno dopo, forse dovetti andare all’appuntamento, come chiesto da Biaggio. Non ci pensai nemmeno, non andai. Mi alzai, doccia e caffè, poi andai a fare un po’ di spesa. Ritornai a casa verso le undici, mettendomi subito a cucinare qualcosa. Poco più di mezzogiorno, rientrò anche lui per il pranzo. Come al solito ci fu qualche parola di troppo. Mia madre fa questo, quello..lei ci mette..ecc..Insomma anche il cibo che preparavo non andava bene. C’è la misi tutta, ma quanto parve non ne azzeccavo una, nulla era come voleva lui. Ogni volta che il cibo non era di suo gradimento, facendo scenate, mi alzavo da tavola, con calme prendevo il pranzo oppure la cena, quello che al momento a lui non gradiva, alzavo il coperchio del bidone delle immondizie, è gettavo via tutto, dicendole; << Vai da tua madre a mangiare. << Se mia madre sapesse che butti via tutto, ti spacca la faccia. ( mi disse con arroganza ) << Certo…certo. Diglielo è che venga. L’aspetto. Nelle prime ore del pomeriggio, sento suonare il citofono. Pensai che era andato da sua madre a spifferare tutto, è che sia venuta veramente a spaccarmi la faccia.

Bèh! Se anche fosse stato, mi sarei difesa sicuramente, non sarei stata certamente con le mani in mano, come si vuol dire. Risposi: << Chi è? << Sono la Simona ( sua sorella ) << Vieni. Sali. Aprii la porta. Sentivo due voci per la scalinata. Abitavo al 3’ piano. Quando arrivò davanti alla mia porta, erano in due, lei e una sua amica. Entrarono senza dire permesso, come se la casa era sua, va bèh! Le salutai, con educazione, dicendole prego entrate, erano già sedute. Dissi; << Sto lavando i piatti. Volete un caffè? Simona si alza dalla sedia, portando la sua amica a far vedere la casa, così come niente fosse, senza dirmi se poteva, almeno un pochino di rispetto. Nulla, come niente, le fa da cicerone, mi sentivo il sangue in testa, avrei fatto Confù arti marziali, li avrei spezzate come il spezzatino. Ma che cavolo!? Ma che ti credi che sono scema proprio come credete voi, o mi volete far are? Mi incazzai di brutto, finito il tour della casa si sedette in sala, cioè erano in casa mia, è io non cero? Ero invisibile? Dissi; << Finito il tour? Fatto vedere bene tutto? O manca ancora qualcosa. Ah! Si la cantina..Avete sete, siete affaticate? Simona mi guardò di brutto, dicendomi; << Sei maleducata. Questa non è casa tua, e di mio fratello è nostra. << Certo che lo so. Ma ci abito anche io, dunque fuori di qui. Smamma fuori. << Quando lo saprà Marietto, ti prendi… << Se…seee….la solita storia. Vai a fan culo, te e la tua razza. Andarono via sbattendo la porta, la riaprii e le urlai dietro; << Guarda che la porta è tua, è se la rompi te la devi pagare.

Se ne andarono borbottando. Mi aspettavo qualche cosa che rimbalzava indietro, ora mai era sempre cosi ogni giorno della settimana, del mese. La sera al suo rientro, mi aspettavo un'altra sfuriata, un'altra guerra, invece sorpresa delle sorprese, quello che era successo al pomeriggio con sua sorella, lui mi diede ragione, andando da sua madre, gli fu raccontato tutto con la speranza che quando ritornò a casa, mi spaccasse la faccia, invece mi diede ragione, il comportamento di sua sorella era stato pessimo nei miei confronti, molto maleducata, è snob. Pensavo che fosse uno scherzo, forse ero su Chendi-Camera, scherzi a parte? Mai successo. Pensavo che forse avrebbe finalmente capito qualcosa, mi illudevo, era stato solo un miraggio. Con questo, mia suocera era furiosa con me, ancora di più, perché avevo offeso sua figlia davanti alla sua amica, snob come loro. Per qualche giorno, sembrava andare tutto liscio, le acque erano..come si vuol dire, calme.

Anche fin troppo calmo. Nell’aria era in arrivo un uragano.

Capitolo 16

Una mia amica si doveva sposare, si chiamava Margherita, era un po’ strana come ragazza, le bugie che raccontava, soffiavano più del vento, era nata per dire cazzate, le diceva cosi bene che sembravano vere, comunque un giorno mi disse che si sposava, con un ragazzo conosciuto tramite altri amici da parte sua. Ci invitò a prendere un caffè a casa sua di sua madre, erano un po’ burberi, di poca accoglienza, ma poco importava, noi eravamo li per lei Margherita. Io è Margherita, non ricordo nemmeno come ci si conobbe, non riesco a ricordare, dove e quando la nostra amicizia iniziò. Un giorno mi chiese se stavo lavorando, risposi di no, in quel periodo non avevo lavoro, è cosi mi fece sapere che nel ristorante dove lavorava lei, cercavano aiutante in cucina. Perché no!? Dissi, ok. Alcuni giorni dopo mi presentai al ristorante, fatto presenza, mi misero a lavorare in cucina come aiuto tutto fare, la stessa mansione di Margherita, anzi lei una in più, doveva lavare i pentoloni più grossi. Il lavoro mi piaceva molto, fino a che un giorno il proprietario mi disse; << Rosina. Da oggi mi aiuti a portare i piatti in sala. << Ok! Con la sala piena di gente? Mi venne l’ansia. Il ristorante era situato lungo la strada di aggio per i camionisti, è anti, perciò si riempiva di questi omaccioni, grossi, paffuti e baffoni. Incominciai a portare le pietanze in sala, come mi insegnò il proprietario, mi adeguai subito tutto sommato, anche se a volte mi sentivo qualche pacca sul sedere, oppure qualche invito. Dopo una settimana, mi insegnarono anche come servire il caffè al banco. Mi alzavo la mattina presto, mettevo apposto la casa è poi partivo per il lavoro, prendevo il mio motorino è via, fino alle ore 14 del pomeriggio. In quel periodo Marietto andava, o da sua madre o dalla mia, per il pranzo, oppure tornava a casa è mangiava quello che trovava, di preparato da me. Il lavoro continuava, nel

frattempo, Marietto venne a sapere che una villa era in vendita, parlando con sua madre, fecero compravendita con l’agenzia immobiliare. Mi trovai dall’appartamento, alla villa senza sapere più di tanto. Comunque ne ero più felice, vivere in altezza non mi piaceva molto, soffrendo di vertigini. La villetta era carina, tutta in solo piano, il fatto era che non la sentivo casa mia, anche se la arredavo come mi piaceva, cera sempre quella frase… ( la casa non è tua ) mi sentivo ospite sgradito. Questo mi faceva male, mi sentivo male, ma andavo avanti, forse con qualche speranza. Un pomeriggio di domenica, mi sentivo triste, avevo voglia di affetto di amore, di coccole, quello che mio marito, non mi dava, non era capace di amarmi di desiderarmi, pensai che forse anche lui voleva uscire dalla sua casa di mamma e papà, ma perché poi comportarsi cosi con me, invece di mettercela tutta come facevo io nei suoi confronti, non valevo proprio nulla per lui? Perché mi volle sposare, forse per fare un dispetto al mio amore verso a Claudio? Forse far si che non ci amassimo mai? Non so, è non ho mai capito il perché, penso che un giorno voglio saperlo, ne ho tutto il diritto, asse anche 50 anni. Ero sdraiata sul divano, guadavo la tivù, la tristezza di essere sola mi faceva molto male, lui era li vicino, vedeva che ero triste, ero nei miei pensieri di solitudine, non fece nemmeno la mossa di una carezza, un sorriso, nulla, ero invisibile. Disse che doveva andare via a casa di sua cugina, in un paese vicino, nemmeno mi chiese se volevo andare, prese la macchina è andò via. Piansi molto quel pomeriggio, avevo bisogno di qualcuno vicino, che mi parlasse senza offendermi, che mi volesse un po’ di bene sul serio, un po’ d’amore, un abbraccio. Spensi la tivù, il silenzio tutto attorno a me, solo il canto degli uccellini, mi alzai dal divano, mi asciugai le lacrime, usci da casa, presi la bicicletta, è feci un giro per il paese, volevo andare a casa di mia madre, ma sentivo che era tutto estraneo per me, più di prima che ci vivevo, decisi di no, mi soffermai vicino a una panchina, al viale alberato, il canto degli uccellini era rilassante, mi stavo per riprendere dalla crisi. ò Margherita in bicicletta, si fermò e disse; << Ciao. Che fai qui? << Niente. Ascolto il canto degli uccellini. E tu? Dove vai?

<< Vado alla casa nuova, devo attaccare le tendine, è poi ho finito. È pronta per il giorno mio. << Ah! Già il tuo matrimonio. Ci sei quasi, ma il tuo sposo? Esiste, non lo abbiamo ancora conosciuto. << Lavora sempre molto, non è di qua, vive a Novara. << Ma! al giorno del vostro matrimonio c’è? << Spero proprio di si…ahhaha << Hahhaah…hhahahh Poi se ne andò via, aveva da fare. Rimasi ancora un pochino seduta sulla panchina, guardavo verso all’insù verso alle piante, volevo intravedere l’uccellino che canticchiava la sua melodia, nel mentre sento un rumore d’auto che rallenta è si ferma davanti a me, abbassai il capo, l’auto era guidata da Biaggio, quel bel gnocco di ragazzo conosciuto quasi un mese prima. Aveva il finestrino giù il braccio appoggiato al bordo, mi guardò in silenzio, altrettanto lo guardai anche io, poi disse; << Ciao. << Mmmhhh… << MMhhhhhh..? sei arrabiata? << Anche se fosse? << Posso avvicinarmi a te? O mi mangi? << Non ho mai mangiato nessuno. Fin’ora. Parcheggiò l’auto, è si avvicinò, stando in piedi mi parlava è mi guardava in viso, non lo faceva mai nessuno questo, quando qualcuno parlava con me, guardava destra, sinistra, in basso, in alto, mai al mio volto, pensavo che forse ero orrenda, mostruosa, anzi nò..Marietto mi guardava in viso, già quando mi doveva offendere.

Non mi andava di averlo attorno, volevo starmene da sola, ma Biaggio era un ragazzo con tantissima esperienza, era un uomo fatto in tutti i sensi, capiva le donne, tanto che avverti subito che avevo pianto molto. << Hai pianto. Per chi? << Non ho pianto per nessuno. << I tuoi occhi dicono di si, non mentire. << Ma! cosa ti frega a te. Una non può piangere? << Vedi? Hai pianto. Si sedette vicino a me, si mise con le braccia incrociate tra essi, aveva un buon profumo, ed era anche elegante, al collo portava una grande collana d’oro, orologio d’oro, è in fine un anello a forma di testa di leone. Gli dissi; << Sei un venditore di oro? << No. Cosa ti fa pensare. << Pesi tutto d’oro. Sei vanitoso. << Forse. Mi piace l’eleganza. A te, piace l’oro? << Dipende.. << Come dipende? Da cosa. << Dipende dalla situazione. Se lo compro per me stessa, o mi viene regalato per un perché. << Se ti regalo questa collana, la prendi? << No. << Perché no? è un regalo mio.

<< Non voglio regali da te. << Se la butto a terra, non la voglio più? << E’ chi se ne frega. Buttala, pensi che mi sbatto a terra per raccoglierla? Hai pensato male ragazzo. Con questa conversazione del cavolo, perché lo era, rimase colpito da me. Mi guardò le mani, disse; << Sei, sposata?? << Opss…vero. << Perché non me lo hai detto? << Saresti scappato a gambe levate? Per qualcuno ha importanza? << No. Ma tuo marito non dice nulla che sei sola a parlare con i sconosciuti. << Siii…mi dice sempre…di non prendere le caramelle dai brutti sconosciuti….bla..bla.. << Che fai sfotti. Mi prendi in giro? << Io no. Tu sei uno sconosciuto.. Si mise a ridere dicendomi che ero pazzerella, ma in gamba. Parlammo per un ora, poi mi alzai dalla panchina, dovevo tornare a casa, si era fatto tardi. Ci salutammo, mi chiese se ci fossimo riveduti ancora, ma senza far are un mese. Risposi che tentar la fortuna portava bene. Rispose che la domenica in arrivo, voleva vedermi ancora, senza impegno. Risposi che se mi avesse vista qui, cero per lui, altrimenti niente. Adiòss. Quel pomeriggio mi sentivo più sicura, in me, forse dietro l’angolo c’era qualcosa di nuovo, forse quel qualcosa che incominciò ad avviarmi a una nuova vita.

Il luccichio…l’amore…l’illusione…… Le carezze …. Perse al…vento…

L’amarezza della…vita….. Insegna per un …futuro..

L’esser soli….l’abbandono….la tristezza… Il cuore diventa….. Pietra..

Capitolo 17

Tornata a casa. Lui ancora non cera, preparai la cena, il tempo ava, il tavolo preparato per la cena era apparecchiato, il profumo del cibo emanava dalle pentole, ma di lui nulla. Si fece le ore venti e trenta, di lui niente, non sapevo dove era, o almeno pensavo che era da sua madre, mi appoggiai al balcone, vedo arrivare in bici, mia madre e mio padre, venivano a fare un giro. Entrarono, pensando che avevamo già cenato, ma quando videro il tavolo apparecchiato, chiesero; << Avete litigato? Come mai non c’è.. Quante domande, senza una risposta. Non sapevo cosa dire, oltre che; << Fa quello che vuole. Sempre cosi. Uno schifo, non gliene frega niente di me, di tutto questo. Sentii il cancello ad aprirsi, era lui, era tornato a casa, ubriaco fradicio, ma non di vino, ma di birra, faceva schifo a vedersi, dalla sua bocca fuoriuscivano delle bolle, sembrava che avesse mangiato del sapone. Cercai di infilarlo a letto, anche se lo avrei infilato nel forno a mille gradi di calore. La serata fini cosi, lui ubriaco, io delusa per l’ennesima volta, e i miei genitori…. BHO! Lasciai tutto cosi, non sparecchiai nemmeno il tavolo, non cenai nemmeno, presi una coperta e mi misi a dormire sul divano. La mattina seguente essendo lunedì, non andavo al lavoro il locale era chiuso per riposo, cosi restai ancora stesa, sentivo che si alzava dal letto, andò in bagno, e poi in cucina, quando vide il tavolo apparecchiato dalla sera prima, si rese conto di quello che era successo, non disse nemmeno una parola, usci di casa senza rivolgermi una parola, un saluto, niente. Ero invisibile. Quando se ne andò, mi alzai, feci un caffè, doccia fatta, uscii per far compere. Mi dovevo recare anche in farmacia, avevo un ritardo di più di trenta giorni, pensavo di spettare un bimbo, comprai quelle provette,” fai da te ” desideravo

avere un bimbo tutto mio, anche con la consapevolezza di quello che poteva succedere nel mio futuro, pensavo che forse con l’arrivo di un bebè, le cose potevano migliorare, forse mi avrebbe “amata”

Incontrai Betti, la sorella di Claudio, era tanto che non la vedevo, ci fermammo a parlare di come stava, ecc…. Poi mi chiese perché; << Perché non ceri ieri sera? << Dove? << Con Marietto. La, alla casa della merenda. << Quale casa della merenda? Dove questo posto. << Quella, per andare verso Sartirana. Marietto ci viene spesso. << Come ci viene, con chi va? Io non ne so niente. Mi raccontò di questo posto, al mezzogiorno cucinavano qualche piatto di pasta, e alla sera cera musica, panini, e donne in cerca di soldi in cambio di sesso. Rimasi così, come se dal celo mi si scagliò un grosso macigno sulla testa. Mi sentii cosi, cosi stupida, pensavo da come mi disse, che era andato da sua cugina/o, invece mi aveva ancora, e poi ancora mentito, dicendomi che era andato dai suoi parenti, invece si trastullava in questo locale di puttaniere. Chiesi alla Betti, notizie di Claudio, la rabbia mi spinse a fare questo, mi rispose che lavorava come sempre, e qualche volta in casa parlava di me, sentiva la mia mancanza, ma ero sposata, quindi… Sapevo che quello che dicevo a Betti, lo riportava a Claudio, perciò non dissi che quel’ultimo giorno del nostro appuntamento, io cero e Claudio, no. Lo tenni per me, mai lo dissi; << Sai non lo vedo più. Delle voci dicono che si è sposato, vero? << Chi mio fratello? No, e l’altro fratello che si è sposato. No, Claudio ha una,

ma niente..così. << Come così? In che senso, c’è o non c’è. << Si, e la Anna, quella separata, con figli.. << HAzz..la detto e fatto. << Cosa? Cosa ha detto..? << Niente, niente. Se va bene a lui, tutti contenti. Comunque non se ne salva uno. Tutti stronzi, comunque…va beh! salutalo.. dille, “ciao stronzo”. Mi guardò ridendo. Ci salutammo. Tornando a casa, mi venne la curiosità di andare a vedere questo posto. Portai la spesa a casa, mi avviai verso questa locanda. Era poco visibile dalla strada. Senza cartelli di indicazioni, senza insegne, nulla, sembrava una stalla. Mi fermai, vidi un signore anziano, chiesi; << Buongiorno. << Buongiorno. (mi rispose) << Mi hanno detto che da queste parti si trova una locanda della merenda. << Questa. È questa qui. Chi cercavi, la padrona? << Si. Ho saputo che cerca del personale. ( bugia mia ) << La chiamo. Aspetta. L’aspettai. Volevo proprio vedere il volto di questa, la locandiera del sesso dovevano chiamarla, non della merenda. Vidi uscire dalla casa una paffuta donna, con stivaloni sporchi di letame e paglia. Aveva una piccola stalla, con dei vitellini. Mi chiese che tipo di lavoro cercavo, lavapiatti, o accompagnatrice di uomini. Mi bastò questo. La salutai dicendo che forse mi avevano indicato male il posto. Me ne andai via. Ritornai a casa. Non dissi nulla a lui.

Quando venne a casa per il pranzo, gli chiesi perché la sera prima, venne a casa tardi è ubriaco. Mi rispose che aveva bevuto troppo con suo cugino. Feci finta di credergli. Non sarebbe servito a nulla dirgli che sapevo la verità, avrebbe mentito ugualmente, anche giurando sulla testa di sua madre. Il giorno seguente, feci la prova dell’urina, per una eventuale gravidanza. Quella desiderata gravidanza che non arrivò mai più. I ritardi del mio ciclo mestruale era derivato dallo stress emotivo. Feci delle analisi, visite ginecologiche, tutto quello che poteva servire per avere un bebè. Non mi portò a nulla. Ogni volta il medico diceva la stessa frase, ( pensi troppo ad avere un beby, quindi il tuo subconscio non ti aiuta, non devi pensarci più, è vedrai che avrai il tuo beby) Balle, e poi balle, scoprii con gli anni avvenire il vero motivo. Lo volete sapere? Ve lo svelerò più avanti….

Negli anni avvenire, scoprii tante cose, le bugie nascoste, che se solo fossero state raccontate, forse.. dico forse, qualcosa sarebbe cambiato. Perché la gente non fa mai i cazzi propri, e quando invece dovrebbero raccontarli, che in qualche modo e tempo servirebbero? Non lo fanno? Quando poi succede qualcosa, tutti; (( Hè!, si sapeva … quello va con quella….quello fa… )) Ecc. … Comunque il mondo è bello perché è

Avariato ….

Capitolo 18

Si avvicinò il giorno del matrimonio di Margherita. La mattina presto andai a casa sua, l’aiutai con la pettinatura, e il trucco. In chiesa, si sperava che ci fosse il futuro marito, ad aspettare. Parenti e amici, ci preparammo ad accompagnare la sposa in chiesa. Il corteo di macchine che con ognuno il proprio classon avvisava sposa in arrivo. Davanti alla chiesa, ad aspettare lo sposo, di nome Angelo, un tipo. Il matrimonio fu molto festoso, i parenti erano calabresi, perciò la festa era garantita. Mi divertii molto quel giorno. Alcune settimane dopo, andai a trovarla, in casa aveva un grosso cagnolone, bavoso, lasciava la scia di bave da per tutto. Dissi a Margherita; << Ma, non hai un ripostiglio vicino alla porta d’uscio per il cane? È un cane che deve stare fuori, è da guardia. Mi rispose che le dispiaceva tenerlo fuori, era troppo piccolo. Ammazza, piccolo, pesava di già 30 chili, è aveva circa un anno. Cosa aspettava? Comunque, quando si andava a casa sua, cera il rischio che ti azzannava, era geloso, non voleva che nessuno entrasse in casa, ringhiava a chiunque di essere morsicato. Quel giorno, Margherita era in vestaglia da notte, in pieno pomeriggio, le dissi; << Come mai ancora in vestaglia? Dormivi. Mi guardò con il sorrisino stampato in volto. Non sapeva come sbrogliarsi dall’impiccio, rispose; << No. Ma, si. Stavo …ho qualcosa, ma adesso non posso stare qui giù, devo tornare in stanza. Ma che cavolo diceva? Andai via. Mi diceva ogni volta, vieni a trovarmi, è poi si

comportava cosi. Ma! Pensai che forse cera suo marito, e io ho disturbato il loro momento di intimità. Col cavolo il marito, cera l’amante, un camionista di aggio, era attratta dai camionisti, quelli che venivano a pranzo in trattoria dove si lavorava. Penso che da mondo a mondo, le corna siano state generate da generazione in generazione. Con il tempo, scoprii che anche Marietto fu parte di quella casa, in “vestaglia”. Ma!, penso possibile che Lui doveva entrare sempre nelle mutande femminile, neanche se fosse stato un toro da monta, era ..cosi, cosi, a letto, nulla di speciale. Insipido, senza dolcezza …. Oppure era solo con me!!?? La domenica seguente, mentre stendevo i panni ad asciugare al sole, mi venne in mente Biaggio, che “forse” al pomeriggio era ad aspettarmi nel viale. Non ne avevo voglia di andare, nessuno mi costringeva a questo, ma! visto e considerato che ero sempre sola, è mio marito se ne andava per i fatti suoi, decisi all’ultimo di andarci. Feci un altro percorso per non arrivare subito al posto di “appuntamento” non volevo fargli credere che non vedevo l’ora di vederlo, magari si montava la testa, si creava delle fantasie mentali. Il lungo giro, non servì, era la ad aspettarmi. Bello come sempre, con il sorriso da furbo bastardo, si mordicchiava le labbra, in modo sensuale. Forse era una sua tattica, oppure capii che mi attraeva questo gesto. Non lo capii mai. << Ciao. << Eehii, come stai? << Bene. Non c’è di che. << Non hai paura? Che qualcuno ti vede. Tuo marito.. << Se sei venuto qui per parlare di mio marito, ti dico dov’è, e ci parli. << Sei arrabbiata. << No. Cosa ti fa pensare.

Mi prese la mano, mi strinse. Era in piedi appoggiato allo schienale della panchina, io di fronte a lui. Mi prese con dolcezza, mi girò, la mia schiena appoggiata al suo petto, le sue braccia attorno alle mie, stringendomi a se, la sua guancia appoggiata al mio collo. Un brivido mi scese per tutta la schiena, una sensazione piacevole che non avevo mai provato. Nessuno mai mi prese cosi, con dolcezza. Socchiusi gli occhi, pensando che sarebbe stato magnifico se solo una volta mio marito lo avrebbe fatto, forse qualcosa sarebbe cambiato. Anche se qualcuno ci avrebbe visto, non mi importava nulla, essendo sposata, ed ero abbracciata con un altro uomo che non fosse mio marito, non stavamo facendo sesso. Stavo bene cosi, anche fin troppo, mi staccai subito…cioè..dopo alcuni minuti, ero in catalessi, è mi accorsi che qualcosa di dietro si “gonfiava” Accidenti se era “gonfio” il ragazzo non scherza mica. Con un colpo di tosse, mi tolsi dalle sue braccia. Si accorse che avevo sentito, fece finta di nulla. Con una scusa dissi che dovevo andare. Mi chiese se ci saremo rivisti ancora. Risposi che forse, si forse no. volle vedermi a tutti i costi, restare un po’ con me, noi due soli, senza la panchina. Risposi ..” ok. La panchina, la licenziamo, non serve più” Scoppiò a ridere. Me ne andai. Andai a casa di mia madre. Quella casa che di già la sentivo estranea, quando ci vivevo, è poi ancora di più. Stetti un paio di ore, le mie sorelle più piccole, mi chiesero quando saremo andate a fare un giro assieme, noi tre. Dissi che se volevano la domenica in arrivo, saremo andate a fare un giro in bicicletta. Erano contente, anche perché, mia madre non le lasciava andare in giro da sole.

Le sensazioni, i brividi, la dolcezza….. La voglia di essere amati…. Quel’amore, cosi lontana…….

Quella voglia di amare……..

Capitolo 19

La settimana ò in gran velocità. Tutto era tranquillo, all’apparenza. Ma non era cosi. Mi venne in mente di parlare con Marietto, per fare un pic-nic, noi due soli. L’idea al momento per lui non era male, decidemmo per la domenica avvenire. Al sabato comprai dei panini, prosciutto e formaggio, una bottiglia di vino nero, misi tutto nel cesto alla domenica mattina. Al risveglio della mattina domenicale, incominciò a dire che era meglio che non ci andassimo, non gli andava più. Ma! come, prima si decide per il si, poi all’ultimo si tira indietro. Perché allora non dirmelo al sabato” il giorno prima?” Certo..al giorno prima, aveva parlato con mia madre, è lei gli disse che faceva le lasagne, ed era un peccato che non ci fossimo anche noi. Però questo me lo disse dopo, del casino che successe. Dunque, io, preparo il tutto, faccio il caffè, preparo la colazione per lui, il sole era meraviglioso, la giornata prometteva bene. Mi sentivo “bene”. Mi dice che non ha più voglia di andare a fare il pic-nic. Perché? .. chiesi. Rispose che non le andava più. Mi arrabbiai un pochino, “Possibile che non mi fai mai contenta? Non ti chiedo la luna, solo un giorno per noi due” Le mie parole, servirono a ben poco. Mi fece contenta in qualche modo. Andammo ugualmente. Per tutto il tragitto non parlò, teneva la radio ad alto volume. Il posto designato, era un angolino di sabbia, sembrava una piccola spiaggia, al confine di un fiume, era bellissimo. Scendemmo dall’auto, prendo la copertina, l’adagiai sulla sabbia, mi stesi per sentire il sole in viso. Lui, se ne stava in piedi a guardare l’acqua, gli dissi; << Vieni. Vieni qui vicino a me.

Non mi diede retta, fumava con il nervoso, rosso in viso. Sapevo, sentivo che stava per succedere ancora qualcosa, ma speravo almeno quel giorno, di no. Non

fu cosi. Incominciò a dire che quella del pic-nic, era una stronzata, solo i bambini fanno queste stronzate, lui non era un bambino, è che aveva da fare al pomeriggio. Insomma, gli avevo rovinato la giornata. Cercai di dirgli che era bello starsene fuori all’aria aperta, al sole, noi due soli, da coppietta. Nulla. Verso alle ore 11, arrivò una macchina, un'altra coppietta, più anziana, venne a fare pic-nic, anch’essi. Apriti cielo. Incominciò a dire che non si poteva stare tranquilli. Non sapeva nemmeno lui cosa accidenti voleva..no! anzi lo sapeva benissimo. Cercai di tenerlo tranquillo, ma la mia pazienza era al limite. Risposi; << Ma che cavolo hai per la testa? Ma cosa vuoi da me. Non ne posso più. Era meglio che non ci fossi venuta in chiesa per sposare un fallito. Non ne potevo più ero esausta. Presi su il cestino e tutto il resto lo sbattei in macchina, dicendole; << Andiamo via. Basta domani vado dall’avocato. Ne ho abbastanza, di te è di tutti. Mi guardò con occhi cattivi, non avevo mai detto questa frase, mi uscì con tutta la rabbia che avevo in corpo. Per lui queste erano parole dette al vento, pensava che non avrei avuto il coraggio di farlo. Caricato tutto in macchina, ritornammo indietro, verso casa, ma, non a casa nostra, prese la via per casa di mia madre, lo guardai, è dissi; << Dove vai? Andiamo a casa. << No. Non dissi più niente. Arrivati a casa di mia madre, la porta di casa si aprì, cera mia madre, che ci aspettava. Disse; << Eccoli qua. Sapevo che ritornavano indietro. La detto Marietto. Tutto questo casino e discussione per andare a casa di mia madre, per mangiare le lasagne al forno. Il giorno prima, (sabato) senza dirmi nulla, andò a casa dei miei genitori, cosi mia madre gli disse che la domenica, avrebbe fatto le lasagne. Lui preferiva stare a tavola a

mangiare la pasta, che are una giornata in intimità con sua moglie. Se almeno me l’avrebbe detto, tutto quel casino non cera. Ma, ero sempre l’ultima ruota del carro. Per tutta la settimana rimasi arrabbiata con lui, dormii anche sul divano, non lo sopportavo più. Andavo al lavoro, è poi a casa mia, non ci parlavamo, era arrogante è meschino. Arrivò un'altra domenica. Perché non accettare l’invito di Biaggio? Fin dei conti, ero sempre messa da parte, criticata, e quanto c’è ne, più ne metta. Negli ultimi mesi, non facevo altro che scoprire tutte le corna che mi metteva, è che di già mi aveva messo, perciò non mi feci più scrupoli, lo volli pagare con la stessa moneta. Sapevo a cosa andavo incontro, ma non mi importò. Decisi di vedere Biaggio, andai all’appuntamento, salii in macchina con lui, è andammo a fare un giro, ma! da vecchio volpone, capii che era successo qualcosa. Mi portò a fare un giro per Garlasco, in provincia di Pavia. Il suo paese di abitazione. Mi portò anche in casa sua, mi offri un succo di frutta. Pensai, siamo qui, noi due soli, ora ci siamo, ora si fa sesso. Niente di niente, non ci fu nessuna consumazione erotica. Parlammo del più e del meno, poi mi riportò a casa, con l’accordo di rivederci ancora. Accettai.

Quell’ invito…. Forse … la vendetta…. La gentilezza…. Il ripensamento …..

Capitolo 20

La settimana seguente, andando al lavoro, ai da una amica di mia madre, per portarle dei piatti e delle altre cose che riguardavano la casa. Questa signora si chiamava Mafalda, era una donna di circa 50 anni, 12 figli, è un marito che la sbattete fuori di casa, perché si era invaghito di una più giovane, Mafalda scoprendo il tradimento, si ribellò, trovandosi, senza casa, senza soldi, senza mantenimento, con metà dei figli contro. L’aiutai, lei dormiva in macchina, si lavava ai bagni pubblici del paese, mangiava, se cera. Le trovai subito un piccolo lavoretto, ( mestieri in casa ) con l’aiuto di altri amici, le trovammo anche una stanza per ripararsi. Cosi quel giorno andai da lei per darle dei piatti. Per andare da Mafalda dovetti are in un percorso dove abitava anche Margherita, vidi appoggiata al muro, la bicicletta di Marietto, a 1 metro dalla porta, di Margherita. Mi soffermai, una vampata di fuoco mi circondò tutta, mi sentii il fuoco di rabbia, sentivo che lui era li dentro, il sospetto era grande, mi fermai indietro, per non farmi vedere, poi decisi di suonare al camlo della casa di Margherita, ci mise un po’ troppo a rispondere, continuai a suonare, e risuonare il citofono, si affacciò dalla finestra, era scontrosa, l’avevo disturbata, era in compagnia, si di lui. Mentre prendevano tempo, io da basso, nel cortile dove cera l’entrata principale dell’ingresso, lei lo fece uscire dalla seconda uscita quella che portava sulla strada. Entrai in casa, dissi subito se cera stato Marietto, divenne rossa, e balbuziente, non mi guardava in faccia, non sapeva come uscirne fuori. Parlando con lei, vidi un mozzicone di sigaretta nel portacenere, riconobbi che era la sigaretta di lui, toccai con le dita la sigaretta, la parte consumata, era ancora accesa. Mi disse che era quella di suo marito, che in casa non cera. Me ne andai, uscendo dal cortile, vidi mia madre che con la sua bicicletta stava arrivando nella stradina di fronte, le chiesi se aveva visto Marietto, nei paraggi. Mi rispose con tono, è indifferenza, di no. Qualche anno dopo scoprii che lo aveva coperto. Cera a casa di Margherita, nel suo letto. Ma! quel giorno, è gli altri nel seguito, ero ata da fissata è visionaria. Come sempre del resto, quello che sentivo, è scoprivo, erano solo parte della mia fantasia.

Andai al lavoro. Quella mattina, Margherita non si fece vedere al lavoro, il proprietario era stanco delle sue mancanze senza avviso. Per qualche giorno non venne al lavoro, è cosi io dovevo fare anche la sua parte. Al ritorno a casa, dopo una giornata di straordinari, mi sentivo beffeggiata da lui, le parole d’offesa erano gratuite. Non lo ascoltai nemmeno, fino a che mi uscì dalla bocca; << Se è per questo essere pazza, ok. Ho l’amante anche io. << Chi vuoi che ti scopa a te. Si mise a ridere, vedendo che non contraccambiavo alle sue risate, si fermò, e disse, che se solo osassi a farle le corna, mi avrebbe ammazzata di botte, è buttata al fiume. Me lo disse venendomi incontro, puntandomi il dito sul mio volto, era cattivo più del solito, mi stava odiando con tutte le sue forze. Rimasi di pietra, stavo vedendo il vero carattere di mio marito, tutti dicevano che era un bravo ragazzo. Questo era il bravo ragazzo che dovetti sposare. Non mi importava se mi ammazzava. Ero già morta. Decisi di telefonare a Biaggio, volevo stare con lui, volevo essere la sua amante almeno per una volta, volevo fare sesso, volevo vendicarmi, non so…. nemmeno cosa… volevo. Un pomeriggio, mi incontrai con Biaggio. Mi portò a casa sua, volli fare sesso con lui, ci provammo, ma Biaggio capii che non lo volevo fare con lui, ma vendicarmi di qualcuno, qualcosa. Si fermò. Mi disse che non era giusto quello che stavamo facendo. Volli ritornare a casa. Mi ci portò, dicendomi che qualsiasi cosa fosse successa, lo avrei chiamato immediatamente. A casa cera lui, aveva finito il lavoro in anticipo. Era seduto vicino al tavolo in cucina, quando entrai in cucina, mi chiese come mai non ero andata al lavoro, dove ero stata tutto il tempo. Risposi che a lui non importava niente di me, quindi niente spiegazioni. E poi chi gli aveva detto che al lavoro non cero? Dissi;

<< Te la detto la tua troia? Quella che ti scopi? Poi io sono pazza, vero? Schifoso, maledetto, te è tutta la tua famiglia. << Non offendere la mia famiglia. Ho fai quello che dico io, oh te ne vai via. << Me ne vado quando lo dico io, è te ne accorgerai. Mi diede una sberla. Lo maledii. Se ne andò via sbattendo la porta d’ingresso. ò un paio di ore circa, sento suonare il camlo del citofono, rispondo, era mia suocera. Sentii che stava succedendo qualcosa, ero preparata a tutto oramai, cosa poteva ancora succedere più di cosi. Aprii la porta, un colpo mi trovai a terra. Non riuscii a capire cosa mi fosse successo. Mia suocera mi spinse con tutte la forza che aveva in corpo, sbattendomi a terra. Mi rialzai, fui colpita ancora, mi picchiava, è ripicchiava riuscii a ribellarmi, dandole un grosso sberlone colpendo l’orecchio destro, staccandogli l’orecchino, rompendogli lobo dell’orecchio. Mi spinse ancora, mandandomi a finire su un vaso di piante da appartamento, secondo me mi voleva ammazzare davvero. Era venuta per picchiarmi, perché avevo offeso la sua famiglia, è con tutto quello che loro avevano fatto per me. Ma!? Cosa avevano fatto per me? Non altro che distruggermi la vita. Tra loro e mia madre. Fin dall’inizio, non le piacevo, quindi prese una volta per tutte, riprendersi suo figlio..il figliol prediletto. Le dissi tante parolacce, alla fine, tanto non avevo niente da perdere, anzi dissi tutto quello che non le dissi mai a dovere, che razza di gente erano veramente. Egoisti, cattivi, è crudeli. Mi dispiaceva solo per mio suocero, si distingueva dal resto della famiglia, sopportava quella vecchia strega megera. Era durata troppo questa storia, questo modo di vivere, di non vita. Ero li, da

sola in casa, stavo raccogliendo i cocci, non della mia vita, ma quelli del vaso rotto, la porta si aprì, alzo lo sguardo, pensavo di nuovo “lei” che ritornava indietro a darmi il resto di botte, no era suo figlio. Mi alzai da terra, avevo i cocci del vaso in mano, mi sentii vuota, un nulla per l’ennesima volta, lo guardai, LUI abbassò lo sguardo, non disse nulla. Misi tutto a posto senza dire una parola. Andai in sala, mi misi sul divano piegandomi, stringendomi a me stessa, lui se ne andò a dormire nel letto. Tutta la notte pensai piangendo le lacrime che non avevo più, cosa dovevo fare il giorno dopo. Al mattino seguente mi svegliai di colpo, Marietto diede un calcio al divano, svegliandomi, dicendomi di andare a casa di sua madre per chiederle scusa, per quello che avevo fatto. Risposi di “NO” . Perché DOVEVO CHIEDERE SCUSA, IO? Non ci andai, mi preparai e andai al lavoro. Fu una giornata dura, ero come un robot, senza voglia di vivere, senza più speranze, senza più voglia di combattere. Durante la giornata Margherita, vedendomi cosi, aveva quel sorriso stampato in volto da vera carogna e puttana, mi chiese cosa avessi, risposi; NULLA. Tornai a casa finito il lavoro, non avevo più voglia di tornare in quella casa, che non sentivo, che non conteneva amore che non fu mai mia nemmeno per un minuto. Ma! ci ritornai. Mi accorsi di avere il cervello vuoto di pensieri di idee, era riuscito a farmi arrivare a questo livello. Per alcuni giorni, mi trovavo in questo stato, andai a trovare mia madre, non corsi subito per quello che era successo a casa dei miei per lamentarmi, non sarebbe servito a niente, all’incontrario di lui che era sempre attaccato alle sottane della sua mammina. Arrivata a casa di mia madre, ero triste, anche se non lo davo a vedere, si accorsero che qualcosa di grande era successo, raccontai, con in cambio la risposta; Sono cose che succedono nel matrimonio. Non mi lamentai di questo, non mi aspettavo chissà cosa, da nessuno. Mi sentii un'altra pugnalata alla schiena.

Per tutta la settimana, dormii sul divano, mangiai poco e niente, dimagrendo quasi dieci chili in cinque giorni. Cucinavo ugualmente anche per lui, rimanendo sempre sul tavolo tutto, perché andava a mangiare a casa di sua madre, è a volte a casa di mia madre, in mia saputa. Non mi guardava, non mi rivolgeva la parola, abiti e biancheria per tutta la casa, bestemmiava ogni volta che rientrava a casa. Tutto perché non chiedevo scusa in ginocchio a sua madre. Avevo bisogno di parlare di questo, con qualcuno che mi ascoltasse, che mi suggeriva qualcosa, che mi spigasse perché. Nessuno, ero sola con me stessa. Non avevo la confidenza con le mie sorelle più grandi per raccontare cosa succedeva nella mia vita, e nemmeno amiche che mi potevo confidare. Ad un certo punto pensavo che i matrimoni fossero tutti cosi, questa era la prassi. Penso ancora oggi che se avessi avuto aiuto, solo un consiglio da qualcuno, magari tutto quello che successe, non sarebbe accaduto, ma purtroppo non è andata cosi, quando ti trovi sola, in queste vicende, se sei forte ne esci, se sei debole rimani incastrata in questo ingranaggio, senza uscita. Questo era un Tunnel per me senza uscita, ma nel’angolo del mio cuore, si trovava una piccola forza per riuscire a combattere questo “nero” della mia vita. Combattendo con le unghie, fregandomene delle chiacchiere della gente, per quello che sapevano, cioè solo menzogne dette e buttate al vento dal quel bastrado di Marietto e mia madre, per pararsi il culo.

Capitolo 21

Una giornata piena di lavoro, i clienti erano tantissimi quel giorno, in cucina cera bisogno di aiuto extra, e Margherita non cera, si era data da ammalata, come del solito lei faceva almeno due volta alla settimana. Quel pomeriggio, in cucina lavorai il doppio, un po’ per il sbrigarmi un po’ per non pensare a nulla. Invece di smettere alle ore sedici, come sempre, il mio capo mi disse che potevo smetter prima, avevo lavorato troppo, anche per due. Mi lasciò andare a casa un ora prima. Strada facendo per ritorno a casa, mi sentivo male, sentivo il mio cuore spezzarsi, una brutta sensazione, mi fermai parecchie volte con il motorino, per strada, temevo che mi venisse un infarto. Anzi lo speravo, cosi avrei finito di soffrire per sempre. Arrivai a casa, mi fermai davanti al cancello, vidi la macchina di Marietto parcheggiata in cortile, mi dissi; Oddiooo! è già a casa a questa ora. Forse non lavora oggi. Mi venne le palpitazioni sempre più forti, entro dal cancelletto, porgo la moto, salgo le scale, apro la porta, un sospiro…dei sussurri, provengono dalla camera da letto, pensai la tv accesa. Apro la porta, vedo…Lui e Margherita nel mio letto a fare sesso. Li guardai schifata. Lui mi guardò, scese dal culo di Margherita. Me ne andai via, usci dalla casa correndo il più lontano possibile. Non ricordo dove fossi andata, mi trovai dentro in una cabina telefonica, con un gettone in mano. Feci il numero di Biaggio; << Pronto.. << Ciao, sono Rosina.. << Ciao, come stai? << Puoi venirmi a prendere?

<< Cosa è successo.. << Nulla. Però ti chiedo se puoi venirmi a prendere? << Vengo subito.. << No, domani mattina, cosi.. << Ti ha picchiata, ti ha fatto del male. Vengo su e gli spacco la faccia.. << No non c’è ne bisogno. Me la caverò. Ritornai a casa che era tardi, trovai mia madre con lui ad aspettarmi. Si era spaventato ( diceva ) ma non aveva detto il perché del motivo che ero scappata via cosi. Non voleva farlo sapere a nessuno, secondo lui doveva essere cosi. Scoprii con il tempo che le scopate con Margherita erano, quando lei si dava da ammalata, tutto in casa nostra. Quando raccontai cosa era successo veramente a mia madre, lui si infuriò tantissimo. Mia madre se ne ritornò a casa, prima di andarsene disse; << Fate i bravi, non litigate per queste cose, cosa dirà la gente. Lei si preoccupava di cosa pensasse la gente, non della vita che mi faceva fare. Rimasti soli, Marietto si scagliò su di me, con insulti i più pesanti che esistono, dicendomi che lui avrebbe fatto sempre quello che le andava di fare, è se voleva scopare quelle che ci stavano le avrebbe portate tutte a casa, con o senza il mio volere. Gli risposi che oramai non mi importava più nulla di quello che diceva, mene sarei andata via per sempre, da lui e della vita che facevo. Ricordo i suoi occhi, pieni di veleno e odio, io ero sua è basta, ne poteva fare quello che voleva. Lo scavalcai con le parole, misi dei paletti nel suo modo di pensare, non accettando mi si scagliò a dosso come un bufalo inferocito, con tutta la sua forza mi picchiò, difendendomi come potevo contraccambiando, mi bloccò a letto, con quelle sue manacce sporche, una mano me la mise sulla bocca, e l’altra, si calò la patta del pantalone, mi violentò, pensando di possedermi per sempre. Finito il suo lavoro sporco, si alzò, si sistemò i pantaloni, è disse;

<< Vai pure a denunciarmi adesso, se hai il coraggio. Se lo fai ti ammazzerò. Non dissi nulla. Mi piegai su me stessa, ero morta. Il mattino seguente, “ lui “ se andò al lavoro, come niente fosse. Mi alzai dolorante dentro e fuori, mi vestii, davanti allo specchio, vidi che avevo un occhio nero, ma il dolore forte era dentro di me, l’odio che provavo in quel momento era indescrivibile, è quel’odio mi portò a sfidarlo. Uscii di casa, andai via al posto che Biaggio mi aspettava, quando mi vide cosi, voleva tornare indietro a uccidere Marietto, dissi di no, di lasciare stare che avrei sistemato ugualmente da sola. Mi portò a casa sua, non sapeva cosa fare per farmi stare meglio, per alcuni giorni restai a letto, dormivo sempre, Biaggio chiamò un dottore, mi visitò per quello che io lo lasciai fare, non avevo nessuna frattura, solo un po’ di febbre. Ero in un stato di assente è odio. Non chiamai nessuno, anche se Biaggio mi disse di avvisare qualcuno della famiglia, dissi che prima dovevo parlare con un avvocato. Cosi feci. Telefonai ad un avvocato del paese, dandomi subito l’appuntamento. Raccontai tutto quello che mi fu fatto, è che non volevo più avere che fare con “lui”. Feci preparare subito le carte per il divorzio. In secondo momento, telefonai a mia madre, erano preoccupati per la mia fuga, mi disse di ritornare a casa che tutto si sarebbe sistemato, che Marietto era disperato. Risposi che non sarei ritornata indietro per rimanere ancora sposata, ma per riprendermi le mie cose e basta. Quando sarei tornata, nessuno lo sapeva, nel frattempo cercai subito una abitazione, non mi importava come, ma bastava anche una stanza. Trovai due stanze in un cortile, dove poco ci venne ad abitare anche la mia famiglia, vicine di porta. Tornai a casa, avevo ancora le chiavi, “lui” non cera, presi tutto quel che era mio, cioè solo i miei vestiti e qualche oggetto di nessun valore. Sentii la porta ad aprirsi, mi voltai, era “lui” Ero pronta a difendermi, se solo osasse a rimettermi le mani a dosso. Aveva l’espressione da cane bastonato, voleva far pace, voleva in qualche modo che non andassi via, si mise anche a piangere, andò via di corsa, pensai che forse arrivò con sua madre, invece arrivò con la mia madre, voleva che fe qualcosa per farmi restare, perché la gente( parlava, mormorava ) per loro era una vergogna.

Dissi a mia madre che quello che avevo deciso, era non essere più sposata con un verme del genere. Si mise a piangere anch’essa, una valle di lacrime, tra i due. Presi quello che era mio e uscii da quella casa. Alcuni giorni dopo, mia madre disse; << I mobili, li abbiamo pagati io e tuo padre. Non saranno persi cosi. << Cosa me ne frega dei mobili, fanne quello che vuoi. << Qualcosa ti aspetta, ti porterai via quello che vuoi, quello che non vuoi, mi faccio dare la differenza da Marietto. ( si !! la differenza … che ennesima stronzate) Non mi importava dei mobili, ma volle che almeno qualcosa mi portassi via. Decisi per la sala da pranzo, anche perché a “lui” non piaceva molto, la disprezzava sempre. Poi per il resto, non se mai capito se abbia avuto dei soldi indietro, poco mi importa. Qualche giorno dopo, mi chiamò l’avvocato per definire alcune cose, per procedere alla separazione. Nel frattempo, cambiai la mia vita, in che modo? Lasciai il vecchio lavoro da ristorante, per non vedere più quella puttana di Margherita. Incominciai cercare al trove, trovando in un paese distante, Garlasco, in un Club serale, il mio lavoro consisteva, tenere compagnia ai personaggi maschili, due chiacchiere, un drink, qualche risata, vestita normalmente, senza vesti da prostituta, è alla fine serata un bel guadagno in tasca. Se poi cera qualche proposta di sesso, quello aspettava a noi ragazze, se, o non accettare, sempre fuori orario di lavoro, è a rischio pericolo. Avevo bisogno di soldi, però non ai tutte le sere in quel locale, feci l’accordo di solamente tre sere alla settimana, volevo anche divertirmi, è non avevo nessuna intenzione di are tutte la sere in quel locale, anche perché tra noi ragazze che il nostro lavoro era solo di far compagnia interno, cerano durante la settimana le prostitute, che dal marciapiede venivano in questo locale per guadagnare, guadagni facile. Cosi facendo, complicavano le cose, i clienti ci scambiarono per prostitute, tutte quanti.

Quasi ogni sera cera da scontrarsi con questi problemi. Ricordo che una sera, entrò in questo locale un amico di Marietto, si mise seduto al bancone, ordinò qualcosa da bere, poi chiedendo al barista se poteva parlare con me, voleva la mia compagnia. Il barista venne vicino dicendomi che “ quel ragazzo “ voleva la mia compagnia, risposi di no, per motivi personali. Sapevo che era stato mandato da “LUI” rifiutando la sua compagnia, stette per un po’, poi non lo vidi più quella sera, quando il barista venne vicino per chiedermi il motivo, mi disse che “quel ragazzo” mi chiamò con un altro nome, se era falso o vero. Rimasi con la conferma al 100% che era opera di “LUI” perché nessuno dei nostri amici, oppure in famiglia mi chiamarono come mi chiamava “LUI” con un nomignolo (PUPI). Alcuni giorni dopo vidi in paese questo personaggio, lo fermai, gli chiesi il perché, cosa voleva da me quella sera al locale; << Cosa volevi da me? << Io.. niente. Solo stare con te. << Con me, perché, per cosa? << Ti pagavo. I soldi c’è li ho anche io. << Che cazzo mi frega dei tuoi soldi. << Bèh! Se fai la puttana, non ti fai pagare? Non posso scoparti anche io? << Cosa faccio? Chi ti ha detto questo? chi lo dice.. << Marietto lo dice, che tu fai la puttana la dentro, ti fai scopare per denaro. Ci sono anche le foto per scegliere quale va bene.

Rimasi senza parole, ancora, è poi ancora questo, era un incubo maledetto che mi perseguitava di continuo. Aveva messo in giro questa storia, giusto per farmi sempre del male. Anche se in qualche modo cercai di difendermi, non serviva a nulla. Ero marchiata.

Ne soffrii molto. Allora non cera in vigore la legge per diffamazione, è maltrattamenti, altrimenti sarebbe in galera ancora ora, con tutto quello che mi fece. Soffrii ancora di più perché vedevo che i miei genitori, lo facevano entrare in casa, come se niente fosse, ci tenevano più a “lui “ che alla loro figlia. Questo non glielo perdonai Mai. Non riuscendo ad avermi per sempre, pensando che io fossi una sua proprietà, un vaso da tavola…. Un fazzoletto da naso, per usarmi e gettarmi a suo piacimento… Non avendo la forza di vincere con me, continuò a diffamarmi nel tempo, raccontando cose inverosimile, sempre per far si che la gente parlasse e pensasse male di me, al contrario di Lui, che si dimostrava un angioletto. Quel angioletto che a distanza di anni, feci si che si dimostrasse per quello che era ed è veramente. “” Un bastardo e traditore infedele. Ancora oggi “”

L’odio… la cattiveria gratuita… L’ignoranza…… Il credersi padrone…. La sua debolezza… La sua nullità.

Capitolo 22

Nelle mie nuove amicizie, entrò a far parte una ragazza di nome Rachele, una ragazza che le piaceva ballare molto, era bassa di statura, bruttina, sempre con la sigaretta tra le dita, sempre sorridente. Sposata, con un figlio piccolo. Mi divertivo con lei, era sempre una sorpresa, andavamo a ballare il venerdi, sabato e domenica sera, nella sala da ballo del liscio. Il mercoledi, invece avevamo deciso tra alcuni amici, di andare a Abbiategrasso, in una scuola di ballo, per imparare meglio i i del valzer e quant’altro. Li conobbi un uomo, mi colpi subito, sentii il mio cuore fare ” BUM “ rimasi stupita di questo, non mi sentivo cosi, dalla storia con Claudio. Lo vidi parecchie volte a scuola di ballo, fino a che una sera il maestro, ci unì per una prova di i, ero cosi impacciata, sembravo un bastone, mi sentivo rigida, non riuscivo a lasciarmi andare, mi provocava questo effetto. Mentre ballavamo, o almeno ci provavo, non parlammo mai, non sapevo il suo nome. Dopo quattro settimane, il corso serale per il ballo finì, quell’ultima sera il sconosciuto non cera, mi dispiacque molto, non sapevo chi era, è dove, quando lo avrei rivisto. Ne parlai con Rachele, con sorpresa mi disse che viveva a Garlasco, si chiamava Natalino, ed’ era sposato. Risposi, che peccato mi sarebbe piaciuto incontrarlo ancora. Una domenica sera, andai a prendere Rachele a casa, poi andammo prima in pizzeria a mangiare una pizza in compagnia con altri amici, poi a ballare, come sempre. Rachele disse che cera una sorpresa per me, quella sera al ballo, qualcuno mi aspettava. Non sapevo cosa pensare, chi mi aspettava? L’incubo? Oppure un sogno? Non amavo le sorprese, non mi piacevano, riscontravo sempre solo dolore. Da allegra che ero, entrai in stato di tristezza cupa, pensai che Marietto era riuscito ad entrare anche in questa mia nuova vita. Arrivati davanti alla sala da ballo, dissi a Rachele che mi ero dimenticata una cosa in macchina, ritornavo subito. Uscii fuori, il cuore mi era salito in gola, feci un lungo respiro, decisi di affrontare la situazione, semmai “cera”, in qualche modo quella sera succedeva qualcosa di grande, qualcosa che quella volta lo avrei fatto arrestare, una volta per tutte.

Rientrai, rimasi in disparte, vicino ai lunghi tendoni al semibuio, con le luci ombreggiate, volevo vedere chi era li per me, non riuscivo a vedere bene, allora salii le scale per andare ai piani superiori, dove si trovavano i tavolini, è da li, il panorama era migliore, si vide tutto e tutti. Vidi il mio gruppo di amici con Rachele, non vedevo “ l’incubo”, scesi giù, mi avvicinai ai miei amici. Eravamo tutti o quasi seduti alle piccole poltroncine attorno al tavolo, alcuni erano sulla pista da ballo. Dissi a Rachele; << Bè! Dov’è la sorpresa? Cosa è questa storia.. << Non lo hai visto? << Chi? << Lui..il… << Lui…lui…ma chi? Cos’è. << Natalino. << Natalino? Perché non me lo hai detto prima. Stronza. Si mise a ridere. Cera Natalino. Ma dov’era? Non lo vidi. Mentre io ero alla ricerca “ dell’incubo “ Natalino mi guardava. Opss… Chiesi a Rachele dove fosse andato, mi rispose che forse era al piano bar, sarebbe ritornato. In attesa di Natalino, non volendo fargli capire che ero con l’ansia di conoscerlo, mi misi a ballare, ballai parecchio, i balli del valzer, mazurca, ecc.. Ballai anche con dei pensionati, ballerino dok, mi divertivo molto, quando arrivavo in sala da ballo, ballavo molto con tanti pensionati, mi facevano girare come una trottola. Finito un giro di ballo, mi sedetti ero stanca, è assetata, mi voltai verso il bar, per vedere se qualche cameriere era nei dintorni, nulla, allora mi alzai è andai al bar, presi una aranciata amara con martini bianco. Ritornai al nostro tavolino, mi sedetti, sorseggiando il mio drink, vidi seduto di fronte a me Natalino, le luci erano suffuse nella sala, quindi non lo vidi subito. Ciao. Dissi. Rachele ci presentò.

Balli? mi chiese. Risposi, si. Salimmo in pista, la musica sembrava scelta per noi, un liscio da tenersi stretti, stretti. Eravamo appiccicati l’un l’altro, sentivo il suo fremere, era una bella sensazione. Avevo paura, paura di innamorarmi di nuovo, ed essere abbandonata per l’ennesima volta, ma in quel momento volevo essere amata. Ballammo quasi tutta la serata, poche parole, sguardi dolci e ammiccanti. La sera fini in fretta, ci salutammo rinnovando un nuovo incontro la sera dopo. Tornando a casa mi sentivo felice, era molto tempo che non mi sentivo cosi, ma nello stesso tempo, tanta paura. Decisi di non andare più al lavorare nel Clab Pab, chiusi il discorso lavorativo, anche se guadagnavo molto, tenendo le gambe strette, ma era tempo di cambiare lavoro. La sera seguente ci ritrovammo tutti alla sala da ballo, compreso Natalino. Nevicava molto quella sera, era il mese di dicembre. Era l’ultima sera tutti in compagnia per un drink di buon Natale, per ritrovandoci dopo le feste natalizie, cosi decidemmo dopo la chiusura del salone da ballo, di andare tutti a festeggiare in un Autogrill, tra Abbiategrasso e Milano. Prendemmo un scorciatoia tra i campi, arrivati al Autogrill, scendemmo a prendere un caffè, erano le quattro del mattino. Mentre tutti gli altri amici erano a far colazione, Natalino mi disse che voleva stare un po’ da solo con me, cosi lasciammo gli amici, ritornammo vicino alla macchina, voleva baciarmi, volevamo baciarci. Fuori il freddo gelido si faceva sentire, salimmo in macchina, ci trovammo a far sesso. Il freddo non si senti più. Ritornarono gli altri. Mi accorsi che uno degli amici fece un segno a Natalino, come dire; Scopato? Natalino, con un cenno rispose; Si. Rimasi malissimo, il mio cuore fece Splash… Non parlai per tutto il percorso verso alla propria macchina, scesi, salutai tutti con un rinnovo dopo le feste. Natalino venne vicino con l’intenzione di dirmi qualcosa, feci l’indifferente, lo salutai con indifferenza. Vidi che rimase male, ma lo ero di più io. Me ne andai via, strada facendo mi dissi che ero una stupida, cosa pensavo che avrei trovato l’uomo della mia vita? Cosa pensavo? Era solo una scopata, cazzo è basta. ato il Natale, ci trovammo di nuovo alla sala da ballo, non tutti gli amici cerano, nemmeno Natalino, meglio cosi ero arrabbiata

per quel gesto. arono alcune settimane. Biaggio si era ripresentato, dopo che ci eravamo persi di vista. Lo rividi alla sala da ballo, era amico di Rachele, vicini di casa. Vedendomi una volta entrare in casa di Rachele, le chiese se ci conoscevamo, rispondendo che eravamo amiche da quasi un anno. Cosi, lo trovai li, sapendo da Rachele che era il mio posto da ballo preferito. Mi fece piacere di rivederlo ancora, ma era sempre un “uomo” come gli altri. Per alcune serate lo trovai sempre in sala, non sapevo se veniva per me, o cosa, non mi chiese mai di ballare con lui, si limitava solo di guardare e bere, era in compagnia del suo amico, dell’inizio conoscenza. Una sera si rivide Natalino, si sedette con noi amici, mi guardava con l’aria di un disperato, dissi; << Allora, come ahi ato il Natale, con tua moglie? Mi guardò, poi guardò Rachele, come dirgli perché? Rachele, era una stronza, non si teneva niente per se, raccontava tutto a tutti, cosi venni a sapere che Natalino era sposato, con figlia. << Siamo andati dai suoceri. In Veneto. E tu? << Io? Non mi ricordo. Ero ancora furiosa. Mi chiese di ballare, risposi di no, che dovevo andarmene via. Rachele chiese come mai cosi presto. Dissi che avevo da fare. Presi la mia giacca, salutai, e uscii dal salone. Natalino mi corse dietro, mi fermò. Voleva sapere il perché del mio comportamento. << Perché fai cosi. Cosa ho fatto, non fatto. Dimmi. << Cosa devo dirti, ti sei fatto una scopata. Ci siamo fatta una scopata. << Cosa vuol dire, ti sei fatto una scopata…cosa, non vuoi più vedermi, io… << Potevi avere più tattica, più furbizia.. << In che senso, scusa, non capisco..

<< Chiedilo al tuo amico, dille che non hai più scopato con me. Ma poi che cazzo vuoi tu da me..? << Voglio te. Ti voglio…sto bene con te. Stava dichiarando i suoi sentimenti per me. Erano veri, o l’ennesimo inganno? Lo guardai, è sapendo che era sposato, lo sfidai; << Bene. Mi vuoi? a la notte con me. Mi aspettavo che rispondesse, no..non posso, ecc.. rispose; << Si. iamo la notte assieme. Ok. Risposi. Mi seguii con la sua auto fino a Mede. Non pensavo che veramente asse la notte con me, nel mio letto, pensavo che da un momento è l’altro, avrebbe fatto marcia indietro con la sua auto, che ci avrebbe ripensato. Arrivati a casa mia, entrammo. Mentre sorseggiava un drink, andai in camera, accesi le candele profumate, preparai per una notte di sesso, alla quale non lo fu, una notte di sesso, ma una notte d’amore. Fece l’amore con me, era sensuale e dolce. ammo tutta la notte assieme. Erano le sei della mattina, quando gli chiesi cosa avrebbe pensato sua moglie di questo, non rientro a casa. Mi rispose che lei prendeva dei sonniferi per dormire, svegliandosi sempre per le otto della mattina. Risposi; << Allora è per questo che sei venuto a casa mia tranquillo, tua mogli si sveglia, e tu sei li vicino, come fa a sospettare. Comunque grazie di avermelo detto, almeno sei stato sincero. Il nostro “amore” continuava bene, ci si vedeva alla sala da ballo, oppure a casa mia, è qualche volta lo andavo ad aspettare a Sannazaro, dove lavorava, quando faceva i turni di notte, e smetteva alle due/tre di notte, veniva a casa mia. Eravamo quasi felici, fino a che un giorno mi disse che voleva trasferirsi a casa mia per sempre, lasciando sua moglie. Non era quello che volevo, gli dicevo sempre che era una bella storia, ma! non volevo che si rovinasse una famiglia, non volevo avere guai con la moglie, rifiutai la sua idea. Cercai di allontanarlo, non mi feci trovare a casa, non andai a ballare per un po’,

insomma feci di tutto per allontanarlo da me, anche se mi dispiaceva, è sarei rimasta sola. Una domenica sera sul tardi, dopo l’una di notte, finito la serata di ballo, ritornai a casa, davanti al portone, vidi la macchina di Natalino, era li ad aspettarmi da ore. Poverino era cosi dolce. Lo feci entrare, aveva gli occhi gonfi di lacrime, aveva pianto per me. Mi dispiaceva, ma avevo deciso cosi. ammo le ore, ultima notte assieme, io lo sapevo, Natalino no, pensava che tutto era ritornato apposto. Quando la mattina lo feci andare via a casa sua, gli dissi che era l’ultima volta che ci saremo visti, mi disse che non poteva essere, voleva rivedermi ancora, che forse avrei capito. Non sapevo cosa rispondere, poi dissi; << Ok. Ci vediamo fine settimana alla sala da ballo. Mi dispiaceva di questo, quel’uomo mi piaceva, è anche molto, ma sapevo che mi sarei messa nei guai con la moglie, se avesse saputo qualcosa, è non volevo essere io a pagare di nuovo per gli altri. Arrivò la domenica sera, come sempre andai a incontrarmi con Rachele, anche perché cosi ci si trovava tutti assieme in un bar pizzeria. Da li si andava al ballo. Quella sera in cuor mio sentivo l’amarezza, l’ennesimo abbandono, di nuovo la sofferenza, anche se ero io a lasciarlo. Salimmo in auto, ognuna la propria, Rachele con me, arrivammo davanti alla sala da ballo, era ancora chiusa, alla domenica apriva al pubblico alle ore ventidue, era ancora troppo presto, aspettammo in auto perché fuori pioveva cera freddo, mentre parlavo con Rachele, vidi parcheggiare un auto vicino alla mia, pensai che era Natalino, ma scese uno, si avvicinò, picchiettò al vetro dell’auto, abbassai il finestrino, era un amico di Natalino, fu mandato a vedere se ero già arrivata. << Perché ti ha mandato a vedere se cero? << Sta facendo una partita di carte, non può muoversi adesso. << Ha! bene. << Cosa devo dirgli?

Tutta la sua disperazione, tutta la sua voglia di rivedermi, era li a giocare a carte, non aveva tempo per venire da me. Dissi; << Bene. Dille che non ho tempo per lui stasera.. << Va bene. Glielo dico. Andò via. Mi venne il nervoso, dissi a Rachele che era uno stronzo, stronzo come gli altri. La sala aprii. Stavo per scendere dall’auto, quando si avvicinò ancora quel’uomo, mi soffermai, mi disse che forse mi aveva di già vista in qualche parte ma non si ricordava di preciso dove. Sapendo che era uno che chiacchierava troppo, ditemi da Rachele, mi venne l’idea di rinfrescargli la memoria, sperando che fe il gioco mio. Gli ricordai che qualche volta era venuto nel Club dove avevo lavorato, bastò solo dire questo, rimase fermo come se qualcuno lo avesse imbalsamato di colpo. Andò via. Non vidi più Natalino, io gioco fatto ebbe buoni esiti.

Quella… nuova sensazione.. D’amore… di delusione…

Il volerlo…e allontanarlo…..

Forse …. L’illusione….. Una nuova speranza

Capitolo 23

arono parecchi mesi, la primavera era alle porte. Avevo trovato lavoro in una comunità di ragazzi, provenienti dalla Puglia, il loro lavoro era costruire laboratori per lavorazione di oro. Il mio lavoro consisteva cucinare, preparare il pranzo per 25/30 persone ogni giorno, mi trovavo bene, mi divertivo ero spensierata, i ragazzi erano burloni, si facevano scherzi ogni giorno. In quei giorni ricevetti una chiamata dal mio avvocato, cerano delle carte che dovetti firmare, è in quel giorno cera anche Marietto, si presentò tutto sporco, diceva che aveva appena finito di lavorare. L’avvocato lo riprese, per il suo abbigliamento sporco e puzzolente. Un po’ di riguardo era meglio. Firmammo delle carte, anche perché Marietto, non si prese un altro avvocato, ma si appoggiò anch’essi al mio. Mi guardava, mentre l’avvocato spiegava quanto e come procedeva il tempo che ci portava davanti al giudice per il divorzio finale, era rosso come un peperone maturo, i suoi occhi erano lucidi per via delle lacrime, l’avvocato gli chiese come mai, rispose che era la polvere. Mah!: rispose l’avvocato. In effetti non centrava per niente la polvere. Quando finimmo di firmare le carte, Marietto uscii per primo dallo studio, ed io rimasi ancora per chiedere altre cose, quando uscii, era li che mi aspettava, mi chiamò. << Ciao. << Cosa vuoi? << Ascolta. Parliamo. << Non ho tempo. << Andiamo in qualche parte. Ti devo parlare. Quando vuoi tu, ma parliamo.

Mi doveva parlare? Di che? Cosa aveva in mente ancora. Gli risposi che se voleva parlarmi, forse doveva chiedere permesso a sua madre. << Non devi chiedere a mammina tua, prima? << Mia madre se lo sapesse, non mi vuole più come figlio. Beh! Diciamo, la cosa mi allettava molto, far sapere alla sua mammina che suo figlio stava parlando con me, mi fece ridere, all’idea che lo sconoscesse come figlio. Ma, erano solo cazzate, un'altra delle tante che diceva. Siccome che insisteva molto, decisi di si, cosi accettai di incontrarlo e di sentire cosa voleva da me, ancora. Ci demmo l’appuntamento in un posto che andavamo quando ci litigavo, incominciando a conoscerci. Era un posto meraviglioso, una stradina di campagna, portava vicino ad un ruscelletto, cera una piccola casetta tutta in legno, attorno degli alberi piangenti, e un stupendo prato con tantissimi fiorellini colorati, semplicemente un posto fiabesco. Quando ero triste, ci andavo, stavo delle ore, ma poi tutto finisce, come tutte le favole. Il pomeriggio seguente, ci trovammo in questo posto. Quando arrivai, lui, cera già, era li che mi aspettava. Quando scesi dall’auto, gli dissi; << Hai la pistola. O cosa? << La pistola? No. Perché? << Non so. Mi sembra che mi vuoi morta. Quindi, con una scusa mi hai portata qui. Stai tranquillo non lo detto a nessuno di oggi, perciò vedi tu, in quale modo mi vuoi ammazzare, c’è anche il laghetto, o che cavolo sia…. Mi guardò, poi venne vicino, mi prese per le braccia, è mi tirò a lui. Ero iva, non sapevo cosa voleva fare, poco mi importava oramai, ero tranquilla, sentivo tutta la tranquillità del mondo a dosso a me. Mi baciò.

Pensai …Ecco sono morta sento il bacio della morte. Ma aprii un occhio, era lui che mi infilava la lingua in bocca. << Ma! che cazzo fai? Mi uccidi con la lingua? <
Mi veniva vicino, si avvicinava, voleva stringermi tra le sue braccia, voleva a modo suo riconquistarmi. La cosa mi allettava un pochino, era arrivato un mio gol, era li che mi supplicava di ritornare da lui. Mi aveva è mi perse, ora non cero più, mi voleva. WWWauu… che bello. Mi divertii per quanto possibile. Gli chiesi; << Ma la tua mammina, sa che mi vuoi? Con la testa fece un gesto di no. Mi misi a ridere, rispondendo; << Hooo..mammamia. Non gli entrò in testa subito che lo avevo aggredito con tante parole, penso che non mi abbia ascoltato con il cervello, ma solo con l’aria che gli ò da orecchio a orecchio. Come se io non avessi fatto la mia sfuriata contro di lui. Quel giorno fu l’inizio di incontri di nascosto, cosi voleva lui. Volli provare, magari si, ricominciando da capo, forse tutto ebbe un nuovo inizio. Ci trovammo ogni qualvolta era possibile, ogni nuovo posto era il nostro posto, il nostro segreto. Almeno lo pensai solo io, ma per lui dopo quasi 3 mesi, scoprii che lo raccontava ai suoi amici, è anche a mia madre. Come al solito, era un idiota. Mi prese in giro di nuovo. Cosi facendo, non mi presentai più ai nostri appuntamenti. Ero furiosa, perché lo fece, perché si comportò sempre cosi con me. Lo venne a sapere anche sua madre, obbligandolo di non vedermi mai più, altrimenti lo avrebbe cancellato dal testamento. Ebbi cosi la certezza assoluta che gli interessava solo il patrimonio di sua madre, che l’amore nostro. E allora perché volle riprovare ancora con me? Forse farmi capire e dimostrandomi che lui aveva il suo potere su di me?....

Voi pensate che sia finita cosi?...

Capitolo 24

Non capii il perché di quella azione, perché fece cosi quel giorno, mi supplicò di rimetterci assieme, riprovare, forse amandoci veramente. Mi giurò che con mia madre tutto era finito, non cera più nulla, il loro losco rapporto amoroso era finito. Mi disse che aveva capito quanto aveva sbagliato nei miei confronti. Una bella giovane ragazza, che alla fine, aveva accettato di sposarlo, sapendo che comunque fino al giorno prima del “Si” si era infilato nelle mutande di …. Ancora, e ancora un’altra stronza. Dissi “Si” alla fine, sperando che finisse di cornificarmi, di ascoltare il suo cuore di marito, lasciando tutto alle spalle. Tutto questo era solo nella mia speranza di giovane sposa delusa. I nostri incontri “segreti” finirono, meglio, decisi di non vederlo più, di non farmi mai più trovare all’appuntamento. Mio fratello Manuele, un pomeriggio, in cortile, mentre sistemava qualcosa alla sua motocross, mi disse ridendo; << Scema. Proprio scema che sei. Io e mio fratello, non siamo mai andati tanto d’accordo, ma quando lui sapeva qualcosa che doveva spifferare, a modo crudele lo diceva, e cosi mi disse questo. Un brivido mi percorse per tutta la schiena, avevo una sensazione terribile. E non sbagliai. Dissi; << Cosa sai? << Ti prende in giro.. << Chi mi prende in giro? << Marietto, il tuo bello. Lo sanno tutti dove andate..che te la fai con lui. << Ah! Si! E dove andiamo… Volevo sapere se era vero, se mi diceva il vero, se mi diceva il posto che secondo

Manuele, tutti sapevano. Era vero. Sentii la pressione esplodermi in testa. Non poteva essere vero. Ancora? Certo che era vero, mi disse che la domenica prima, Marietto portò li mia madre e le mie due sorelle più piccole, per farle vedere il suo, “nostro posto”. Ricordo che mi sedetti di colpo, sui scalini di casa, mi sentivo come se il cielo mi schiacciasse piano..piano, un’altra volta ancora, una brutta sensazione. Chissà cosa pensavo, poi!.. illusioni, solo illusioni, che fosse cambiato, qualcosa in Lui fosse scattato per metterlo sulla retta via, forse aveva capito veramente? Troppi forse…forse, nella mia testa, la verità era che, in qualche modo mi voleva, chissà per quale, forse. Non lo volli più vedere. Troppe delusioni, troppo dolore, troppo odio, avevo nel mio corpo. Mi lascia andare un po’, il dolore mi perseguitava nel tempo, cosi mi feci solamente del male. Quando conoscevo un uomo nella stessa mia compagnia di amici, non so un perché, se mi piaceva o no, facevo sesso con essi, pur stando malissimo poi. Il mio subconscio mi rivelava che mi stavo punendo , non era il caso, di farmi del male in questo modo. Ricordo che quando avevo finito di fare sesso, vomitavo per ore, piangevo, entravo in disperazione per giorni. Erano riusciti a ridurmi cosi. Una sera, in discoteca a Garlasco, nella compagnia, cerano dei nuovi amici, amici di amici. Nel mucchio cera un ragazzo origine Veneto, un bel morettino, non sorrideva molto, la tristezza lo circondava, chiesi a un suo amico cosa avesse, mi rispose che si doveva sposare la domenica che precedeva, ma trovando la sua futura moglie a letto con un altro, il matrimonio saltò. Scoppiai a ridere, non riuscivo a smettere, la mia amica Rachele, mi disse di non farlo, era brutto nei suoi confronti, non riuscivo a smetterla, chiesi scusa allo scampato sposo, raccontandogli che io ero ata prima di lui, in versione…. Genero, Suocera. Al momento stettero tutti azzittiti, poi risero anche loro. Ricordo quella sera fu stupende per me, la nostra “disavventura” ci unì per un periodo. Lasciammo tutti li in sala da ballo, andammo via io e Stefano, questo era il suo nome, uscimmo, salimmo in auto e ci recammo in un luogo appena fuori Garlasco. Parlammo molto dei nostri destini, che in qualche modo si incrociarono tra essi. arono alcune ore, il cielo era stellato, contavamo le

stelle cadenti, pensando a un desiderio. Erano le cinque del mattino, eravamo diventati amici, mi sentii bene quella sera, mi sentii serena, non mi sentivo cosi da tantissimo tempo. Ci lasciammo con l’invito della settimana dopo, sempre in sala ballo a Garlasco. Il giorno lo ai dormendo, mi svegliai alla sera, come aprii gli occhi, mi resi conto della stanchezza fisica e mentale, mi trascinavo da tempo, non mi alzai, stetti stesa, guardavo il soffitto e pensavo cosa ne sarebbe della mia vita, se rimanevo sempre in quel stato d’animo, l’odio mi avrebbe risucchiata dentro un tunnel nero, senza mai venirne fuori? No! Dissi ad alta voce, da domani si cambia. Dormii tutta la notte. Al mattino seguente, mi alzai, accesi la radio la musica mi faceva pensare e rilassare, feci una doccia, caffè, e poi via alla stazione, presi un biglietto per solo andata, destinazione Puglia, Bari. Valigia pronta, partenza. Una città da scoprire, i Ghetti più nascosti, i piatti tipici del luogo, la salciccia cotta e mangiata al momento, riposta in un foglio di cartone marrone rustico. L’aria salina emanata dalle onde del mare, sulla banchiglia. Il dialetto Pugliese che si attorciglia tra le parole. Rimasi quasi tre settimane, ando i giorni esplorando la città di Bari, le campagne degli olivi, le piccole feste del luogo. Mi divertii, rilassandomi il più possibile. Al mio ritorno, le cose cambiarono, cioè diedi una svolta alla mia vita , o perlomeno tentai. Cercai lavoro nell’ambito dell’abbigliamento, avendo fortuna solo per qualche mese, poi incominciai a lavorare da mia zia, abitava a Acqui Terme. Tutti i giorni mi alzai alle cinque del mattino, per essere li al lavoro alle otto a casa sua. Aveva una fabbrica, produzione pantaloni. Pur di lavorare distante da tutti, percorrevo duecento kilometri in andata e altrettanto per il ritorno a casa. Lo feci per quasi cinque mesi, o sei.. Il periodo era estivo, quando si fece autunno, mi fermai qualche volta a dormire a casa di mia zia. Con le mie cugine, ci raccontavamo le storie amorose, a volte si andava al cinema, a volte a prendere un gelato.

Arrivato l’inverno, per me la strada da percorrere da casa mia a casa di mia zia a Acqui Terme, era diventata troppa pericolosa, le curve in salita e discese strette, quella strada con la nebbia era un gioco con il diavolo, specialmente quando ghiacciava, le strade ghiacciate ti portavano fuori linea, ti trovavi dentro il laghetto vicino, senza che ti accorgessi. Cosi decisi, pur rimanendo senza lavoro, di rinunciare. Ritornai al Club di Garlasco, parlai con il titolare, non ci fu nemmeno bisogno di chiedere, il titolare era ben felice di riavermi. Mi raccontò, e poi vidi da me stessa, che i “clienti” che mi conobbero, mi cercarono sempre. Il Club era cambiato un po’. Le prostitute, avevano messo piede (come si vuol dire ) Giustamente il titolare ci guadagnava molto su di essi. Cosi dovetti stare attenta ai miei i, li dentro nel locale, di non essere confusa con “loro”, che le cose non si scambiassero di ruolo. Lavoravo quasi tutte le sere, il sabato e la domenica, erano le mie serate libere, anche se il proprietario continuava dirmi che il fine settimana, avrei guadagnato il triplo, poco mi importava. Il mio scopo era di guadagnare il giusto per pagarmi l’affitto, mangiare, e poi avevo intenzione di riprendere gli studi, prepararmi per un esame di OSA, infermiera di assistenza, per disabili, andicap, anziani, era il mio sogno. Incominciai a studiare nell’inverno, per la preparazione di esami nella primavera. Lo studio di tre anni, feci si che lo fini in uno di anno. Diedi l’esame a Milano, tutto andò benissimo, attestato ricevuto. Con questo attestato lavorai molto, a dire che poi un foglio con scritto bla… bla…. Non mi servì molto, dimostrando quello che sapevo fare, la mia esperienza, la mia voglia di sempre e poi sempre imparare, la mia pazienza, il mio cuore grande come una casa, mi aiutò negli anni con il mio lavoro. Ci fu sempre un a parola, il mio telefono sempre suonava per richieste di aiuto, la segreteria telefonica, al mio rientro a casa, cerano sempre messaggi di richiesta assistenza. Ancora oggi lavoro, con le persone bisognose, c’è sempre da imparare.

Capitolo 25

Al mio ritorno dalla Puglia, tornai alla sala da ballo con Rachele, ancora per qualche volta, li trovai il gruppo di amici, e anche Stefano. Mi chiese; << Ciao. Non ti ho più vista. << Ciao Stefano. Sono andata via per un po’ di tempo. Ne avevo bisogno. Dovevo pensare.. << Pensare! Perché, cosa ti succede? << Devo mettere apposto la mia vita. Ci sono decisioni importanti che devo mettere a segno. Avendogli spiegato in precedenza la mia situazione, capii il motivo. ammo la serata ballando e scherzando, fino a che un ballo troppo stretto, capimmo che volevamo stare soli. Uscimmo dalla sala da ballo, salimmo in macchina, e via partimmo andammo nello stesso posto. Facemmo sesso. Quando” finimmo” Stefano scoppiò in una valle di lacrime. Non sapevo cosa fosse successo, mi spaventai, non mi capitò mai, una cosa del genere. Chiesi cosa fosse successo, mi agitai. << Ho dio! Cosa ti è preso, ora. Ho detto, fatto qualcosa che non dovevo? << No! Tu non centri…. Eh…che..sono io…non va bene. Non dovevo…scusami << Cazzo….mi dici cosa non dovevi? << Scusami, ti riporto in dietro. << Ok…ok…io non ho capito nulla. Mah! Va bèh! Ritorniamo. Torniamo indietro, è meglio cosi. Non parlammo durante il ritorno. Mi accompagnò al parcheggio delle auto. La

sala da ballo era ancora aperta. Rientrai. Rachele era ancora li, mi sedetti vicino, mi chiese come mai ero di già ritornata. Risposi cosi; << Guarda, lascia stare. Ho scritto in fronte qui cosi ….. “ prendetemi per il culo” Per caso? Mi chiese il perché. Raccontai l’accaduto. In primo tempo ero seria del racconto, poi scoppiai in una risata. Ma è mai possibile che capitano tutte a me. Dissi ridendo. Si avvicinò uno degli amici di Stefano, vedendomi ridere, mi chiese cosa ci fosse di cosi divertente da farmi ridere. Risposi, cosi; << Sai…. Questa sera ho fatto sesso con un piagnone. << Cosa? Un piagnone, naaaaa…. Dai? Porca vacca, era vergine? << No, non credo, solo il cuore in frante. << Fa sesso con una bella gnocca, è questo piange. Ma che cazzo di uomo è?

Mi sentivo nell’anima la cattiveria che prendeva sopravento, il strano era che mi sentivo bene. Non mi sentivo ferita come le altre volte, mi meravigliavo di me stessa, di questo. Sentivo il diavolo in corpo, la voglia di vendetta verso gli uomini, e tutti quelli che mi fecero del male. Alla fine della conversazione, visto che questo amico rideva, su cui non sapeva che era il piagnone, gli dissi; << Sai chi è il piagnone, lo vuoi sapere? << E qui, in sala? <
Mi guardai attorno se lo vedevo, si cera, era al banco bar. Dissi a quest’altro che avevo sete, se mi poteva prendere qualcosa al bar. << Senti. Vai al bar a prendermi qualcosa? Ho una sete tremenda. << Cosa ti posso offrire? << Guarda facciamo cosi….. ordina un martini bianco con ghiaccio. Ehhh … fallo pagare al tuo amico…. Stefano il “ piagnone” Almeno questo me lo deve. Mi guardò con espressione come dire…. È Lui? Con il capo, annuì, confermando che era Lui, il piagnone. Scoppiò a ridere, escclamando; Nnnaaaaaaaaaaaaa……

Lacrime …. Quelle confusioni mentali.. I pensieri della… vendetta

Capitolo 26

Nelle serate nel Club, conobbi per difesa di una mia “collega” dell’interno, un ragazzo, che la molestò, portandola in campagna, facendole credere chissà cosa,cascandoci lo seguì, fatto i suoi porci comodi, la lasciò a piedi per il ritorno. Quella sera ero furiosa, raccontandomi il fatto, risposi che se fosse successo a me, gli avrei fatto un bel scherzetto. Mentre ci racconta, entrano nel locale due ragazzi, della quale uno era il tipo del racconto. La mia amica lo indicò, quando si avvicinò a noi ragazze, mentre eravamo sedute su delle poltroncine a parlare tra noi, ci saluta. Dissi ad alta voce; << Devi andare in campagna? Con chi… chi vuoi? Mi guardò, con una espressione da bullo,rispondendomi; << In campagna…? << Si. Ci vengo io con te… Glielo dissi con una voce, che forse capii cosa intendevo, mi guardò e disse; << Cosa intendi, vuoi litigare.. Non lo lasciai finire la frase, rispondendogli cosi; <
<< Quel ragazzo al banco. << Portalo indietro, se ho sete, me lo pago da me. Portò indietro il bicchiere, non capii chi dei due era stato. Non diedi soddisfazione. Alcuni minuti dopo, mi si presentò l’altro ragazzo, con il bicchiere in mano, disse; << Perché non vuoi? Te lo offro io, ti sei offesa? << No grazie, non bevo con le carogne che lasciano le donne a piedi”dopo”. (non mi lasciò finire la frase) << Io non centro, non so nulla di questo. Se la tua amica ha deciso di andare… beh!...lo saprà lei. Guardai l’amica della fregatura, con un cenno mi rispose che “questo” non lo conosceva. << Ok. Tu non centri… diciamo. Ora devo andare via. Grazie comunque.

Mi alzai, salutai il proprietario, e andai via. La sera dopo, sul tardi, verso mezzanotte, vidi di nuovo quel ragazzo, entrò da solo, si sedette al banco. Lo guardavo, mi piaceva, mediterraneo, capelli ricci neri, occhi verdi azzurri, alto uno e ottanta, corporatura statuaria al naturale, senza palestra, insomma…. Un tipo ok. Si avvicinò con un drink in mano, mi sorrise dicendomi; << Devi scappare anche stasera? << Dunque… si, ora. << Non vuoi proprio bere un drink con me? Cosa ho fatto di cosi tremendo… << Non so. Dimmelo tu ….. se ahi fatto qualcosa.

<< Ok. Mi posso sedere qui, oppure non … << Si, siediti, c’è posto.

ammo la fine della serata in compagnia a parlare del più e del meno. Da quella sera, ne ammo altre in compagnia, cosi ci conoscemmo, freguentandoci. Un siciliano, guarda caso a qualcuno non piaceva questo siciliano? Non sia mai! Sono tutti maffiosi…. Hanno il coltello facile….. il fucile dal colpo sicuro, bla.. bla…bla Come al solito chi non si fa i cazzi propri? Ebbene si. Mia madre. Dentro da un orecchio, fuori dall’altro, non mi interessava minimamente cosa disse o pensava, erano sempre le stesse lamentele. La vita era mia, per quello che ne era rimasta. Incominciammo a frequentarci per alcuni mesi, fino a che un giorno si dichiarò. Eravamo in discoteca, dopo la classica pizza, incominciò a dirmi che gli piacevo …. Si sentiva bene con me … ecc.. Diciamo che piaceva anche a me. Ascoltavo quello che mi raccontava, e alla fine mi disse “pensaci” cioè voleva che ci mettessimo assieme. Non diedi risposta subito, ero nel pallone, ma poi, alcuni giorni dopo, risposi di si, con un patto preciso, se voleva, doveva essere Lui a venire a vivere da me, cioè a convivere a casa mia. ( limite se succedeva qualcosa di spiacevole, se andava via lui) Iniziò cosi la nostra convivenza. I giorni arono veloci. Il siciliano di nome Nino, era un carattere forse troppo per me, un po’ troppo geloso, pensava che aveva a che fare con le donne siciliane, tutto casa e chiesa. Nella sua mentalità le donne dovevano stare a casa a fare figli, e accudire la casa, e quando si usciva di casa per una eggiata, la donna doveva tenere la testa bassa, naso a terra. ( certo che no!, e che si doveva tenere la testa china, per chi, per cosa?, ma si! Teniamo la testa china contando i sassolini a terra.)

L’ignoranza galleggiava nel suo cervellino. Tutto incominciò a diventare pesante per me, io lavoravo, ero indipendente, quello che a Nino non accettava. Cosi incominciarono le liti. Un giorno dissi con voce da molto arrabbiata, incazzata. << Senti siciliano. Questa è casa mia. Quindi se non ti va il tutto, quella e la porta, basta aprirla e uscire per sempre. Ho sofferto troppo per il mio matrimonio. Non ho più voglia e tempo di soffrire ancora. Ho vissuto da sola, e da sola vado avanti, non mi serve un uomo per vivere, o per farmi mantenere. Mi guardò come se avesse battuto la testa al muro, era perplesso di quello che gli dissi. Ma i patti non erano rispettati da parte sua, cosi lo invitai di andarsene via. Mi chiese se poteva riprovare ancora, gli diedi una “proroga” come si dice….. Da quel momento ci furono alti e bassi, anche perché, vivendo vicino a mia madre, nello stesso cortile, “lei” veniva a rompere le balle, alla domenica mattina presto. Bussava forte alla porta d’ingresso dicendo; << Svegliaaaaa…. dormite ancora! Aprivo la finestra della camera da letto, rispondendo cosi. << Che c’èèèè…. E presto. Vogliamo stare a dormire, quando ci alziamo, ci alziamo.

Lo faceva apposta, era immancabilmente ogni domenica, se non altri giorni, che non si lavorava. Sempre a rompere le balle. Ricordo che ci fu un periodo che io e Nino, dovevamo andare via per due giorni. Avevamo bisogno di cambiar aria, cosi decidemmo per la Liguria, al mare. Avevo una piccola gattina che salvai dalla fogna nel campo dietro casa di mia sorella, sentendo miagolare, cercai di capire da dove venisse, raggiunta, la presi. Era un piccolo batuffolo bianco, con impressa nella fronte una stellina nera, era bellissima, la chiamai Màmàn. Il nome che le diedi sembrò appropriato, nel’arco della sua vita, cioè vent’anni, partorì la bellezza di trenta bellissimi miceti adorabili e paffuti. Comunque, andando al mare, dovetti lasciare a casa da sola la mia gattina Màmàn, cosi feci lo sbaglio di dare le chiavi di casa mia, a mia madre per dare il cibo alla gattina. Scoprii un giorno cosa aveva fatto mia madre, tanto per non

perdere il filo della cattiveria. La settimana prima, parlando con le mie sorelle, dissi che non sarei rientrata per qualche giorno a casa, andando via al mare di nuovo. Feci questo gesto perché mi accorsi che qualcosa in casa mia, non era come doveva essere. Allora dissi che ritornavo tanto tardi e forse non rientravo proprio. Quando ritornammo a casa, era notte tardi, mettemmo l’auto parcheggiata in fondo alla strada, non in cortile come facevo sempre. Erano le otto e trenta circa, quando sento un rumore, la porta di casa mia ad aprirsi, qualcuno stava entrando in casa mia. Scesi dal letto piano,piano, non svegliando Nino, scesi giù dalle scale, avendo la camera da letto al piano superiore. Piano, piano a piedi scalzi, arrivai in sala da pranzo, li cera mia madre che guardava dentro i cassetti. Dissi; << Cosa fai? Sobbalzo dallo spavento. Non pensava che eravamo in casa, fossimo già ritornati. << Ho! Che spavento. Mi hai fatto saltare il cuore in gola. Mah! Siete già arrivati. E quando? Il cuore glielo avrei strappato e fatto inghiottire, altro che spavento. << Cosa cercavi li dentro? << Niente… guardavo. << E’ le chiavi? Chi te le ha date. Come fai ad averne una coppia, se al ritorno dal mare, me li hai ridate?

Certamente, quando ebbe le chiavi in mano, ne approfittò facendone una coppia per lei. Quando non ero in casa, essendo sicura che non ci fossimo io e Nino, entrava a frugare fra le mie cose, voleva sapere i cazzi miei, per poi raccontare come voleva lei con cattiveria e invidia. Dissi; << Dammi indietro le chiavi. Subito.

<< Ma se poi andate via, la gatta chi le da mangiare? Voleva in tutti i modi tenersele lei, mi arrabbiai e dissi che lo avrei raccontato a Nino. Allora con arroganza, me le ridiede. Questo servì ben a poco, Nino sentii tutto, quando salii in stanza, Nino mi disse che sentii tutto. << Cosa succede? << Niente di nuovo. È la solita. Mia madre ha fatto una coppia di chiavi, entrando a curiosare in casa mia. Mettendosi a toccare e cercare chissà cosa. Bene, ora basta. << Tu pensi che tua madre la pensi cosi? Io dico che sarebbe meglio cambiare serratura. Poi decidi tu… Certo che si, avrei cambiato la serratura, secondo voi? Mia madre un aveva un’altra coppia!!!? Siiiiii Conoscendola, si. Cosi, comprai una serratura nuova. Un giorno della settimana, un pomeriggio, io e Nino eravamo a casa, mia madre non cera, forse era imboscata con il suo Marietto, come al solito…… Mentre tutto era tranquillo, e nessuno ci vedeva mettemmo la serratura nuova, senza dirlo a nessuno. La cosa funzionò, fino a che un giorno mia madre al mio ritorno a casa, mi disse; << Avete cambiato la serratura? Risposi.. << No! Perché? Volevo vedere fino a che punto fosse arrivata. << Niente. Cosi..

Non era vero, aveva provato, trovando che la chiave non entrò, non avendo il coraggio di dire che ne aveva un’altra, rimase fregata. Questo la urtò, la fece infuriare, si arrabbiò con me ( e quando mai). Incominciò a fare la stupida verso a Nino, si comportava da puttana, voleva dimostrami che se voleva si scopava anche Nino, voleva dimostrarsi che era Lei sempre la più forte. Nino mi disse, che mia madre un mezzogiorno, che io non ero ancora rientrata, Lei venne a casa mia, la porta era aperta, entrò e chiese a Nino se cero, non vedendomi, si attaccò alle sue spalle, facendo la zoccola, voleva farsi scopare, Nino la mandò fuori casa subito, sapendo cosa di già mi aveva fatto nel ato, ma che era ancora nel presente. Le disse di uscire subito, vergognandosi di quello che volle fare. Le disse, che più tosto di scopare con Lei, se lo sarebbe tagliato. Lei si offese, del rifiuto, non ne volle sapere più di Nino, meglio cosi, se ne stava alla larga. Da carogna, ne parlò con chi le pareva Lei, per sputare sentenze su Nino, che era Nino a voler scopare con Lei, rifiutandosi, una vera carognata, cattiveria gratuita. Ma chi la conobbe, prima e poi, si accorsero che era Lei a buttarsi a dosso ai maschi. Quando le dissi che Nino era un carabiniere, si fermò a dire malignità e cattiverie, era come se si fosse spaventata. La cattiveria però era sempre seduta sulle sue spalle. Quando qualche volta io e Nino andavamo a casa sua, anche per trovare, far visita a mio padre, Lei era sempre pronta a dire; << Stasera c’è Marietto. Niente litigi. Se non vi va, potete pure andarvene. Preferiva sempre lui a me. Del resto era il suo amante, io cosa ero? Una di troppo, una che non è riuscita a tenersi il marito. La figlia mai voluta.

Tutto torna,

La vita e come la ruota Gira ….

Capitolo 27

Una decisone assieme. Io e Nino cercammo casa in un altro paese. Trovammo a Breme, provincia di Pavia, un minuscolo paesino tranquillo. La casa era locata appena fuori paese, distanza 500 metri. Una piccola villetta con giardino, si stava bene, fino a che una sera, dopo qualche settimana, sentivo nei vetri delle finestre, che qualcosa sbatteva. Era calato il sole, forse erano le nove, più o meno, della sera, quando sento questo, guardai cosa fosse, mi accorsi che cera qualcuno che buttava sassi alla mia finestra, andai fuori nel cortile, vidi Marietto, era ubriaco e gettava sassi verso le finestre, aveva rabbia, perché mi ero trasferita con Nino, via da Mede, via dalla corte dove stava anche mia madre, via da tutti. Questo gli diede molto fastidio, la gelosia, l’invidia, e sopratutto la mia indifferenza verso di Lui. Si accorse che non cera più niente da fare, io ricominciavo a vivere, incominciavo una storia con un altro uomo, incominciando a capire che non ero la donna che tanto discriminò. Quello che Lui non accettò. Doveva solo rassegnarsi, fece tantissimi sbagli, troppi sbagli nei miei confronti, non ha saputo tenersi la giovane moglie, non ha saputo rispettarla, non è stato in grado di ricuperarla poi, non è stato capace di non raccontare i nostri incontri, non è stato capace di amarmi. Non è stato capace di nulla. Solo un farfallone. Non è stato capace a mantenere come promise in chiesa davanti al parroco, ( rispetto … amandoci nel male e nel bene) nel atto di promessa. Mi viene un dubbio! Che abbia capito nel atto di promessa davanti al parroco in chiesa, ( amandoci nel male e nel bene… ) forse pensava che Lui poteva, NEL MALE E NEL BENE, fare le sue porcherie, e io aspettarlo a casa con le pantofole pronte in mano per mettergliele nei suoi piedi “puzzolenti” ??

La mia storia non finisce qui

Ci sarà un continuo con colpi di scena inaspettati Cosi presi la mia rivincita, in questo modo.

Quale? …… nel prossimo libro

AMORE, AMARO 2 LA RIVINCITA