Fiori D'arancio 1921l

Dall’autrice di

Di me diranno che ho ucciso un angelo

(Rizzoli, 2013)

FIORI D’ARANCIO

Un racconto di

Gisella Laterza

Titolo | Fiori d'arancio Autore | Gisella Laterza ISBN | 9788891148124 Prima edizione digitale: 2014

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In mano una matita.

Occhi profondi.

Sembra che quegli occhi diano il colore alla matita.

Come descrivere il rumore mentre corre su un foglio? Fruscìo, morbido scorrere, una lama tagliente su un collo candido e sottile. La matita è un’onda che si scioglie sulla spiaggia, a volte scava profondi solchi, lascia la sabbia bagnata e nera, a volte si ritira, regalando solo il contorno di un ricordo.

L’uomo tiene la matita con dolcezza. Anche quando deve calcare perché il solco sia più profondo non castiga il foglio con una pugnalata, ma preme forte, come se carezzasse una donna.

Si scosta i capelli dalla fronte.

E ricomincia a disegnare. Il suo respiro è lento e non tradisce emozioni. La sua mano è precisa mentre ritrae il profilo sinuoso di un piede, un ginocchio liscio, una coscia lunga e bianca, fianchi belli, morbidi… Un solo tratto si stringe per segnare il punto vita e si riallarga ad abbracciare il seno, poi si snoda nelle spalle ed è così veloce che sembra che se la stia inventando, la forma disegnata, come se non ci fosse quella figura sdraiata per terra a fare da modella. E la matita crea la figura, delinea braccia esili dalle lunghe dita e dalle unghie corte e bianchissime. Poi torna a ridefinire le spalle, impreziosisce il collo di un medaglione rosso, ed ecco, finalmente, è il momento di tracciare il viso.

«Perché ti sei fermato?» chiede la donna.

Lui non risponde.

Esita.

«Perché ti sei fermato?»

Lui non risponde.

Lei rimane immobile. Nonostante la voglia di correre da lui attraversando la stanza, rimane immobile perché sa che il ritrattista non può ritrarre un film di movimenti, ma un solo, unico, prezioso istante.

Lei parla: «Se non mi disegni, non avrai nessun altro ricordo… di me» e la sua bella sottile voce trema.

«Perché dovrei aver bisogno di ricordarti? Non ti lascerò.»

Lei scuote la testa: «Stanotte sei un pittore. Domani tornerai ad essere un frate, e dovrai andare via…»

«Ti disegnerò» la interrompe lui. Nella voce all’improvviso si percepisce la paura. «Ma aspetta. Questo momento non tornerà. Lascia che lo ammiri ancora. E solo dopo proverò a tracciarlo sulla carta. Aspetta.»

Il pittore prende una boccetta di profumo dalla cintura, si avvicina a lei. I movimenti sono lenti e calmi. Svita il tappo e le mette due gocce di profumo sul collo. Poi si ritrae e la guarda.

Pensa tante cose, il pittore, ma non le dice. Lui non dice. I suoi occhi parleranno per lui. La sua matita parlerà per lui. Lui deve solo separare le ali dell’eternità per cogliere un attimo, quell’attimo, da mettere su carta.

Come descrivere le emozioni del pittore? Con un colore: arancio, il colore delle emozioni avvolgenti, ma non violente. Emozioni calde ma gentili.

Nel donare un profumo di fiori d’arancio alla giovane sdraiata a terra, immobile, nel ritrarle i larghi fianchi, nel contemplarne i lunghi, lunghi capelli prova queste emozioni calde e gentili e fa di tutto per controllarle, per evitare che il fiume sfondi l’argine del corpo, degli occhi, e traspaia all’esterno. Il pittore cerca di tenere tutto dentro di sé. Solo la matita lo libera, ma solo la parte più superficiale.

Come sei bella, pensa il pittore, come sono grandi i tuoi occhi, com’è buono il profumo dei fiori d’arancio sulla tua pelle bagnata dal mare. Questo momento, questo momento non tornerà, e non sarai mai più bella come ora.

Ecco, è questo il momento. Posso provare adesso a regalare al foglio vuoto il tuo bel viso.

a il tempo, sillabato solo dal volo della matita e dal ritmico alzarsi e abbassarsi del petto della ragazza.

«Non basterà questo a ricordarti…» mormora il pittore amareggiato, e pensa che neanche la sua bravura saprà dipingere il profumo dei fiori d’arancio.

E colora. La pelle della ragazza è così chiara che è difficile trovare la tonalità giusta. I suoi capelli biondi come sabbia, e per un momento lui pensa di dover aprire la porta, uscire, prenderne un po’ dalla spiaggia e legarla al colore. Le sue labbra sono rosse.

Ma lui le dipinge arancio.

Fiori d’arancio sulle sue labbra.

Il quadro è finito.

Il pittore la guarda.

«Ora ti posso ricordare.»

«E io come mi ricorderò di te?» chiede lei, ma è una domanda inopportuna: come dimenticare quegli occhi che la dipingevano mentre nell’aria si diffondeva

quel profumo?

La ragazza si riscuote: «Fa’ presto. Devi lasciarmi andare prima che tramonti la luna, o morirò. Non posso stare fuori dall’acqua quando la luna non illumina il mare con i suoi raggi.»

Lui la prende tra le braccia.

Apre la porta.

Quando i raggi lunari si posano su di lei, la rivelano per quello che è.

Il pittore è sulla spiaggia, ora nel mare, sprofondato fino alle caviglie.

La libera nell’acqua.

La sirena si scioglie dall’abbraccio, si immerge, non resiste. Si volta, rivede quegli occhi.

Poi scompare nell’acqua salata, lasciando solo un delicato profumo di fiori d’arancio dietro di sé.

Che il sale forse cancellerà.