ALLEVATA PER L’EREDE DEL MILIARDARIO
di Alex Anders
RateABull Books
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PubBliCATO DA: RateABull Publishing Copyright © 2012 by Alex Anders
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Allevata per l’erede del Miliardario
Il cuore di Jasmine si mise a correre, quando dette uno sguardo al bar. Lui era di
nuovo lì. Nelle ultime tre serate, quell’uomo invidiabilmente abbronzato, con i capelli scoloriti dal sole perfettamente acconciati e le magliette bianche personalizzate, sedeva al tavolo più vicino ai moli. Ma, a differenza di tutte le altre serate in cui fissava il aggio dei natanti sull’indistinto mare blu, stavolta fissava direttamente lei. L’eccitazione permessa dalla giovinezza ed inesperienza di Jasmine quasi ebbe il sopravvento su di lei. Riusciva a sentire il proprio volto dal colorito olivastro brillare nelle tonalità del rosa. Alle 20, era appena arrivata nel bar e già stava attirando l’attenzione dell’uomo più attraente e misterioso del luogo. Strinse le ginocchia, godendosi il calore dei fianchi mentre le scaldava le labbra. Non riuscendo a voltarsi da qualche altra parte, Jasmine si trovò persa nei suoi occhi. Pur così distanti, quegli occhi grigio-acciaio la affascinavano. E proprio come l’incantatore con il cobra, ognuno dei suoi movimenti ne provocava un altro da parte sua. Non si era mai sentita così controllata in vita sua. Ci volle tutto la sua miglior volontà per staccarsi e alzarsi dal tavolo. Guardando indietro di sottecchi quell’uomo mentre si affrettava, si diresse verso il bagno. Doveva andare via. Era troppo per lei. Le sensazioni che ribollivano dentro di lei, minacciavano di spazzarla via, lasciando indietro nulla della vergine delicata che era. Distraendo nuovamente lo sguardo da lui per l’ultima volta, spinse sulle curve della porta del bagno ricoperta di bambù. Con la porta del bagno che si chiuse alle sue spalle, l’aria le ritornò nei polmoni. Il petto in rapida alterazione, era bagnata fradicia da un velo umido di lussuria che la dava la sensazione di irradiare luce, proprio come un faro. Fissando lo specchio sopra il lavandino non fu in grado di riconoscere la ragazza che le restituiva lo sguardo. Erano sparite sia la coda di cavallo fanciullesca, che l’innocenza della faccia pulita. Era sgattaiolata fuori della sua stanza d’albergo, con il trucco in viso e il suo prendisole più attraente. Sapeva che questo mutamento era dovuto tutto a quell’estraneo e ora che aveva ottenuto da lui assai di più di quello che poteva immaginarsi, era perduta. 'Dovrei andare,' pensò. 'I miei genitori si staranno probabilmente chiedendo dove mi trovo.' I suoi pensieri erano una scusa e lei lo sapeva. Né i suoi genitori, né suo fratello, sorvegliavano i suoi movimenti. Non avevano nemmeno notato che era stata
fuori fino alle ore piccole, la notte precedente. No, la verità era che il potere che quell’estraneo aveva su di lei la terrorizzava. Prima d’ora, non si era mai sentita così attratta da un uomo. I fianchi di Jasmine avevano appena iniziato il dolce rollio che facevano quando lei stava per cambiare direzione, quando dovettero arrestarsi. La porta del bagno si era spalancata di botto e con gli occhi ben fissi su Jasmine, quello scuro straniero camminò a gran o verso di lei, ignorando la presenza di altre persone. Jasmine s’afflosciò, avendo l’estraneo così vicino. Era alto e massiccio, e con lui quasi torreggiante su di lei, riuscì ad odorare il mare. Ancora con il corpo rivolto in direzione dello specchio, sentì le sue grandi mani robuste are sul suo corpo, scivolare sul suo piccolo busto, fino ad afferrarle il seno. Le scintille che si sparsero lungo tutto il suo essere le indebolivano le ginocchia. Con l’altra mano dello straniero artigliata sulla sua gamba sinistra, il capo di Jasmine ricadde all’indietro. Voleva essere baciata. I ragazzi l’avevano baciata anche prima, ma nessuno di loro l’aveva fatta sentire così. Voleva essere baciata da un uomo. Muovendo le labbra sempre più vicine alle sue, lottava per respirare nell’attesa. Quando le loro labbra infine si unirono, lei sapeva che era sua. Erano forte e calde, e quando le sue labbra forzarono la sua bocca ad aprirsi, lei divenne un’argilla duttile sospinta e strattonata dalla sua lingua, come se lei non avesse altra volontà che non fosse quella di lui. Un’onda di piacere si sollevò e si infranse in lei con un gemito quando, con sua sorpresa, quell’estraneo dal fisico scolpito sollevò con una mano la sua gonna, scostando la sua frivola, soffice, biancheria intima. Nessun ragazzo sarebbe mai stato così diretto con lei. Si trovava in un nuovo territorio, e le piaceva. Adesso, con la lingua che le riempiva la bocca e la mano che le impastava il seno, le sue dita cercavano il dolce promontorio che le teneva il sesso. E quando lui lo trovò, la sensazione si trascinò fino ai suoi piedi. Tutto il corpo di Jasmine si avvinghiò attorno allo straniero. Con ambedue i piedi che si sollevavano dal suolo, lei si incurvò all’indietro attorno a lui, come una piovra che si prepari a divorare la preda. Le braccia si avvolsero sul retro del suo collo e quando lo raggiunse, si distese sopra di lui come una seconda pelle, il
cui centro era il nocciolo sensibile che ondeggiava avanti e indietro al suo tocco. “Oddio,” gemette provando una forza mai provata prima. “Oddio!” gemette con maggior voce, afferrandosi stretta al suo corpo perfetto. Il corpo di Jasmine si scuoteva e raggelava proprio allo stesso tempo. Le sue dita dei piedi, quelle delle mani e la lingua erano tutti avvinghiate a quello che potevano trovare. Ma lei, all’interno, era tutta scossa. Si misero a mormorare. E con un brusco impulso, che lei aveva potuto leggere soltanto nei racconti, i suoi reni lasciarono fluire un fiotto di sensazioni, che le resero l’anima adoperabile solamente per comprendere e per divorare il piacere. Jasmine sentì la mente allontanarsi dal corpo, per un attimo, e quando si riprese, sentì nuovamente i piedi toccare terra e le mani scivolare dal suo uomo e colpire i fianchi prive di vita. Con gli occhi chiusi, esaminò il suo corpo. Il calore delle mani robuste dell’uomo la fece desiderare di attrarlo dentro di sé. Voleva poggiare le mani su di lui per sentirlo di più, ma ancora incapace di muoversi, chiuse invece le gambe, sentendo quando più poteva le sue dita immobili su di lei. Jasmine, intuendo di dover aprire gli occhi, alzò lo sguardo verso lo specchio scoprendo i suoi occhi d’acciaio su di sé. Mentre la fissava, aveva di certo un piano e lei ne era sicura. Quando lui liberò le sue labbra congestionate, facendo in modo che stesse in piedi da sola, iniziò a comprendere quale fosse. La sporgenza, che era tenuta premuta contro il suo sedere poco coperto, era la sua. E con il suo rapido allontanarsi e il suono della cerniera dei suoi jeans logori che si abbassava, sapeva cosa sarebbe successo dopo. Jasmine di nuovo si congelò, stavolta per paura. Lei non temeva né lui né la perdita della sua innocenza. Quello che temeva era che sarebbe capitato proprio qui. Non aveva aspettato per così tanto tempo e respinto tutti quei ragazzi molesti, per regalare la sua verginità appoggiata ad un lavandino in un bar delle Bahamas. No, aveva sognato molto di più. Non aveva la saldezza d’animo per fermare l’uomo che poteva essere quello più bello che avesse mai visto, ma voleva che la smettesse. La volontà fu sufficiente. Bastò fissare gli occhi del misericordioso straniero, perché lui si fermasse. Il cuore di Jasmine si restrinse, pensando che la loro esperienza potesse esser giunta al termine. Pregò che così non fosse.
'Non qui,' pensò riguardando i cubicoli aperti e la pittura screpolata dei muri. 'Ovunque, ma non qui.' Lo straniero, intuendo le sue sensazioni, la lasciò andare completamente. Per Jasmine, sembrò come se il cuore le fosse fatto a pezzi. La perdita, provocata dal distacco di lui, la paralizzò e lei avrebbe fatto qualsiasi cosa avesse potuto fare, per risentirlo di nuovo. Senza tanti complimenti, l'uomo si tirò su la cerniera dei pantaloni, guardò Jasmine ancora una volta e poi uscì dal bagno. Non volendo che lui la lasciasse in questo modo, lo seguì. Rientrando nello spazio collettivo del bar all'aperto, non le importava che li vedessero. Sì, entrambi erano appena usciti dal bagno delle donne insieme, ma lei si trovava in un paese che non avrebbe mai visitato di nuovo. Per questo motivo, e per la prima volta, a lei non importava di quello che pensava chi l'avesse vista. Questo era ciò che lo straniero dagli occhi grigi le aveva fatto, e a lei era piaciuto. Quando l'uomo la condusse fuori, oltre i tavoli, si mise a pensare che la bevanda non era ancora stata pagata e non gliene importò molto. Un o dietro di lui, la condusse sulle tavole di legno spesso del molo, serpeggianti attraverso un labirinto di ricchezza e stravagante privilegio. Quello che l'aveva attirata verso il bar, tre notti fa, erano stati i battelli. Non aveva mai visto barche così grandi prima. C'erano barche a vela da 15 metri e navi da crociera da 22 metri che erano tutte oltre la sua immaginazione, ma la nave che l'aveva davvero colpita, era quella verso cui lo straniero sembrava diretto senza esitazioni. Facendo un o sulla rampa inclinata, erano lì. Era una nave da crociera privata da 50 metri che galleggiava quasi come sfondo per tutte le altre barche. Era la nave che doveva costare più di tutte le case, sulla sua strada nei sobborghi di una media borghesia, messi insieme. Era lo yacht più stravagante che avesse mai visto, e lei stava per salirvi a bordo. Facendo un o sul ponte, Jasmine si guardò intorno. Era perfettamente pulito. Anche alla luce della luna, vide che le sedie a sdraio erano costituite da un legno lucido dall'aspetto costoso, e gli asciugamani piegati, distesi accanto a loro, erano stati collocati con precisione. Alzando lo sguardo, notò che c'erano due rampe sopra di lei, e lei poteva solo indovinare il numero di livelli al di sotto.
'Questo non può essere tutto suo,' rimuginò Jasmine. 'Non può avere più di 35 anni. Come poteva una persona, così giovane e bellissima, essere pure così ricco?' Per la prima volta, lo straniero si fermò e la guardò. Jasmine provò ancora la sensazione di come lo straniero la spogliasse con gli occhi. Le piaceva e ne voleva di più. Voleva che lui la prendesse tra le braccia e le fe a brandelli i vestiti con i denti. Le attraversavano la mente pensieri che non aveva nemmeno preso in considerazione prima. Voleva sentire il ritmo sensuale del suo battito cardiaco. Voleva sottomettersi a lui in qualsiasi modo. Come il colpo secco di un serpente, l'uomo tese la mano afferrando il collo di Jasmine. Sobbalzò per la sua rapidità. E, a malapena in grado di recuperare l'equilibrio, trovò il suo corpo premuto contro il suo, con il suo prendisole velato che veniva fatto scorrere rapidamente sopra la sua testa. 'Sono nuda,' pensò, attraverso baci mozzafiato che la facevano girare la testa. 'Chi può vedermi?' Si chiese. 'Chi mi sta guardando?'. Con il vestito gettato da un lato, i seni sfiorarono la seta liscia della camicia dello sconosciuto. Era proprio meraviglioso, ma quello che sentiva ancora più acutamente erano gli avallamenti e le curve di quello che doveva essere un magnifico corpo nascosto sotto. Voleva di più da lui. Aveva sognato che il suo primo momento di puro desiderio fosse qualcosa che prendesse il sopravvento sulla rivelazione individuale. Prima lei, pensò, poi quell'uomo fortunato; poi di nuovo proseguendo con lui, fino a quando non fossero stati completamente nudi. “Tu,” sussurrò sperando che lui ascoltasse e capisse. Sembrava di sì, perché il o successivo fu che lui si tolse la camicia. E prima ancora che cadesse a terra, le sue mani attraversarono la sua schiena ondeggiando allo stesso modo con cui un gatto attacca. Lei lo voleva, e ora non le importava chi l'avesse vista, o che cosa doveva fare per prenderlo. Levata la sua maglietta, lui spinse immediatamente Jasmine a distanza. Lei non riusciva a fermarsi, ma non appena ebbe raggiunto la sua massima distanza da lui, si riavvicinò subito. Sbattendo contro la sua mano, gli afferrò i capelli e cadde definitivamente a pezzi, mentre lui si buttava in ginocchio ai suoi piedi, afferrava saldamente le sue mutandine e le strappava via. Cadendo, non toccarono mai la sua pelle. Giacendo come uno straccio sul ponte, non avrebbero
mai potuto essere indossate di nuovo. Non le poteva importare di meno, però, perché questo era quello che aveva sognato. E nuda all'aria umida dell'oceano, questo era quello che aveva ottenuto. Sempre in ginocchio, l'uomo misterioso non si alzava. Invece, fece perdere un battito al cuore di Jasmine attraverso una strana sensazione priva di freni. L'uomo misterioso spinse la sua ruvida, liscia, lingua sul suo nocciolo gonfio, e la pressione le fece traballare le ginocchia. Come potesse sopportare un altro trattamento come questo, non sapeva. In un'esplosione di emozioni, Jasmine scoppiò in lacrime. In un primo momento, non capiva se era felice o triste. Ma quando lui fece una mezza marcia indietro, chiedendosi cosa stava succedendo, lei lo seppe immediatamente. Forzò ancora la testa nelle sue pieghe gonfie, il dolore della ritirata era stato troppo elevato. “Per favore”, sussurrò. “Per favore!” L'avesse sentita o meno, gliene dette ancora di più. Scuotendo la testa selvaggiamente, la dolce rugosità della sua lingua sulla sua parte più sensibile le scatenava il suo lato selvaggio. “Ohhh!” Urlò, senza curarsi che potessero sentirla persino gli avventori del bar. “Ohhh siiii!” Premendole la testa in grembo, con tutta la forza che poteva mettere assieme, lei si avvicinò cercando di spingerlo dentro di lei. Voleva che la sua lingua solleticasse non solo il suo roseo cardo, ma anche la carne al suo interno. E con sempre maggior pressione che le torceva il corpo a sinistra e a destra, nel doloroso piacere, si lasciò andare e urlò, sentendo un palpito che pulsava e doleva e le strappava ogni centimetro del corpo. Incapace di andare avanti, Jasmine crollò. Contraendosi e piagnucolando in modo incontrollabile, cadde sull'uomo che la fece rotolare tra le sue braccia e tirò a sé il suo corpo tremante. Non riusciva a pensare, mentre lui la stringeva. Avrebbe voluto trattenerlo, ma non riusciva a controllare le sue braccia. Voleva mostrare il suo apprezzamento per lui, ma tutto quello che poteva fare era guardarlo con gli occhi sbarrati, mentre si contorceva in modo incontrollabile. Incerta su dove stava andando, le visuali dai ponti si affastellavano in lei. Presto furono dentro e il legno tirato a lucido delle sedie a sdraio continuava giù per i
corridoi e poi per le scale. Spingendola in quella che sembrava la cabina dell'armatore, pose Jasmine sul letto, dove si scoprì nuovamente a cercare di fermare le contrazioni. Chiudendo gli occhi, fece del suo meglio per pensare a qualcosa d'altro, ma quelli continuavano. Non riuscendo nemmeno ad appallottolarsi, saltò e si dimenò fino alla fine, finché, dopo un bel po’ di tempo, il suo corpo esausto si fermò e si addormentò tranquillamente. Quando Jasmine si svegliò, vi fu un bussare alla porta. “Signorina Cameron, siete sveglia?” Chiese una voce, sorprendendola. Guardandosi intorno nella stanza, non era sicura di dove si trovasse. Niente sembrava familiare. Non era certamente la sua camera da letto, a casa, e non era l'albergo. Era l'odore che le tornava alla mente. Era un odore di bosco. Avrebbe potuto essere in rovere o in acero, ma qualsiasi cosa fosse le rammentava le belle sedie a sdraio. Si trovava sullo yacht dello straniero misterioso. Guardando in basso per avere una conferma, vide che era nuda, in effetti. “Signorina Cameron, siete sveglia?” ripeté la voce. “Sì”, rispose Jasmine. “Non entrare” Non poteva esserne certa, ma non aveva lo stesso suono della voce di quell'uomo, trascinato dal mare, che l'aveva portata a raggiungere l'orgasmo due volte. “Non mi sognerei mai di farlo. Volevo solo farle sapere che le ho lasciato dei vestiti nell'armadio e che la colazione è servita. “ Jasmine rivolse la sua attenzione al resto della stanza. Tutto in quella camera era, o del colore del chiaro legno lucido, un colore crema come le lenzuola e il lavello, o dorato come gli infissi. Era una camera signorile, e certamente di proprietà di un uomo estremamente ricco. “Va bene, grazie,” rispose alla fine Jasmine, prima di sentire i i che si allontanavano. Tenendo le lenzuola sollevate fino al seno nudo, si chiese per quanto tempo era stata addormentata. L'uomo aveva nominato la colazione, quindi, certamente, lo era stata per tutta la notte. Volgendo lo sguardo alle finestre scoprì la luce esterna
e, pensando subito dopo alla sua famiglia, seppe che se ne doveva andare. Individuando l'armadio, si alzò dal letto, con il lenzuolo ancora avvolto intorno a lei. Aprendo la porta a specchio, lo scoprì pieno di vestiti. Scorrendo attraverso quelli, si trovò di fronte ad una varietà di opzioni, nessuna di quelle a lei accomunabile. Dopo averne scelto uno, andò quindi in cerca della biancheria intima. Aprendo i cassetti, non ne trovò da nessuna parte. Guardando per terra, trovò infradito e scarpe da barca, ma da nessuna parte poté scorgere delle mutandine. Jasmine lasciò cadere il lenzuolo e indossò il vestito. Scegliendo un bel paio di infradito che potevano esservi abbinate, chiuse la porta, e si guardò allo specchio. Vedeva la protuberanza dei suoi capezzoli sotto il tessuto morbido, ma niente altro. Il prendisole leggermente trasparente la copriva fino a metà coscia e somigliava grandemente a quello che l'aveva portata alla nave. Con apprensione, Jasmine aprì la porta della camera. All'esterno c'era un lungo corridoio con delle scale alla fine. Le avrebbe prese per salire, decise. La sua priorità principale era quella di tornare al suo albergo. Se lo straniero si fosse trovato lungo la sua strada, allora sarebbe andata bene comunque.
Jasmine continuò a disimpegnarsi nel labirinto di corridoi e porte. Era come una locanda accogliente, con i suoi angoli nascosti e le sue file di camere. Ma quando salì alla luce del sole, lo fece con un'enorme quantità di sollievo. Facendo un o sul ponte, scoprì che era quasi esattamente come la sera prima, l'unica differenza, piuttosto significativa, la visuale. Invece di trovare la terraferma, che aveva visto la sera prima da questo lato del ponte, scoprì il mare aperto. Correndo lungo la nave, verso la zona dove si era imbarcata, non riuscì a vedere il molo e il bar, quello che vide, invece, era quello che poteva solo essere descritto come una tenuta sull'isola. Disseminati in tutta la proprietà, c'erano delle capanne a forma di fungo. Esse non erano fatte di paglia e colla, comunque. Erano fatte di qualcosa dipinto con una tramatura complicata, in modo tale da assomigliare al legno. Il suo primo pensiero fu che l'intera scena sembrava un lavoro artigianale magnificamente cesellato. Il suo secondo pensiero fu che era stata rapita.
Esaminando il percorso che conduceva dal molo privato alle capanne trovò un paio di persone dalla pelle scura che vi volteggiavano attorno. Risultava difficile stabilire se fossero in vacanza o al lavoro. In entrambi i casi, non sembrava che fosse paragonabile ad una prigione minacciosa, così, invece di preoccuparsi o di saltare alle conclusioni, uscì dalla nave e si diresse verso l'odore della colazione. Attraversando l’arenile, trovò che era una tenuta squisita. C'erano campi da beach volley e pedalò. Prese nota delle barche a vela che stazionavano senza sorveglianza e delle singole moto d'acqua, che sembravano disponibili per la sua fuga. Seguì il percorso tra le cabine verso una grande zona da pranzo piena di gente. Nessuno stavano facendo colazione, ma uno di loro attirò la sua attenzione e la fece dirigere ancora più in là. Quando il percorso si concluse, Jasmine si trovò in piedi davanti alla porta di una grande struttura circolare. 'Forse è la casa principale,' pensò. Ma non aveva una forma del genere. Per Jasmine, invece, sembrava una versione più grande delle capanne che aveva appena superate. E, sbirciando dentro la porta aperta, fu accolta da un altro uomo, la cui voce suonava familiare. “Sono contento che tu possa unirti a noi, signorina Cameron,” scandì l'uomo più anziano. “Da questa parte.” “Come fai a sapere il mio nome,” chiese Jasmine, incerta su come potesse conoscerlo l'uomo misterioso. “Il nostro compito è di conoscere tutti i nomi dei nostri ospiti.” 'Quindi sono un ospite,' pensò. 'Questo non è un sequestro di persona. Oppure, se lo è, è il sequestro più educato di tutti i tempi. ' “Da questa parte, signora.” Il servo, vestito alla buona, condusse Jasmine attraverso la camera aperta. Aveva uno stile autentico anche all'interno, come lo aveva all'esterno. Aveva un soffitto aperto e sembrava come sarebbe potuta apparire quello che lei avrebbe potuto immaginare come una vera capanna sulla spiaggia, se fosse stata decorata da qualcuno con uno stile impeccabile. Attraversando la stanza, Jasmine vide offrirsi alla vista una porta a vetri. Attraverso di essa, vide l'unica persona che aveva riconosciuto. Era l'uomo
misterioso. Era vestito con dei pantaloni marrone chiaro e con un'altra delle sue camicie bianche su misura. Con i suoi bei lineamenti affascinanti sembrava un modello nella pubblicità di una colonia. Jasmine si chiese di nuovo chi potesse essere quest'uomo. Raggiungendolo sul balcone, decise che la prima cosa che doveva fare era scoprirlo. “D'accordo, chi sei e perché mi hai portato qui?” inquisì Jasmine, soffermandosi accanto alla tavola imbandita di cibo per la colazione. “Beh, buongiorno anche a te. È che il modo in cui ti hanno educato a rivolgerti ai tuoi ospiti? “Disse l'uomo con un sorriso per niente disorientato. “Questo è il modo in cui mi hanno cresciuto per rivolgermi ad una persona che mi ha rapito nel bel mezzo della notte.” L’uomo sorrise. “Ti posso garantire che questo non è un rapimento.” “Allora che cos'è?” “Perché non ti siedi e lasci che te lo dica?” L'uomo indicò la sedia al tavolo di fronte a lui. Jasmine prese in considerazione l'ipotesi di rifiutare la sua offerta, ma decise rapidamente che sarebbe stata una mossa inutile. Aveva fame e tutto ciò che poteva succedere dopo rimaneva nelle mani del suo ospite. Jasmine afferrò la sedia e si sedette. “Ora mangia. Devi essere affamata. “ Jasmine alzò lo sguardo verso l'uomo, percependo un'accusa nascosta nelle sue parole. Non trovando niente di accusatorio sul suo volto, afferrò una focaccina e l'imburrò. Era affamata. Non capiva perché, ma si sentiva come se potesse mangiare tutto quello che era disposto sul tavolo. “Molto bene. Ora, non abbiamo avuto la possibilità di presentarci a norma di galateo la scorsa notte. Puoi chiamarmi Jassar. “ L'uomo tese la mano, permettendo a Jasmine di percepirne la presa salda. “E tu?”, proseguì. “Jasmine”, gli si rivolse a bassa voce, sedotta dal gusto della focaccina.
“Jasmine Cameron, no?” “Sì”, confermò con apprensione. “Come fai a saperlo?” “Che tipo di padrone di casa sarei, se non conoscessi il nome del mio ospite?” “Quindi, mi stai dicendo che io sono il tuo ospite?” “Certo.” “Allora, in questo caso, ho bisogno di tornare dai miei genitori. Probabilmente sono preoccupati. ” “I tuoi genitori sono stati informati della tua permanenza e sperano che tu trascorra delle belle giornate.” “Cosa vuol dire 'i miei genitori sono stati informati della mia permanenza'? Come potevano saperlo, quando nemmeno io so dove mi trovo ? ” “Tu sei un ospite sulla mia proprietà. Sei su un isolotto sabbioso, privato, nelle Bahamas. Tutto ciò che desideri, ti sarà messo a disposizione, mentre ti trovi qui e, in questo posto, le risorse sono abbondanti. “ “Ottimo, allora quello che vorrei è un aggio per tornare al molo, da dove mi sono imbarcata.” “Mi dispiace, Jasmine, questa è l'unica cosa che non ti posso dare.” “Perché no?” chiese Jasmine, sempre più preoccupata. “Perché non faceva parte del nostro accordo.” “Quale accordo?” chiese, totalmente confusa. “Quale ? quello con tuo padre, naturalmente.” “Che cosa vuoi dire?” “Avrei preferito che tu pensassi a questa gita come ad una sorpresa di lusso, ma vedo che sei intenzionata a conoscere il nocciolo della questione. Vedi, tuo padre ha un business. “
“Sì, un'azienda tessile.” “Sì.. E purtroppo non sta andando così come avrebbe sperato. Deve un sacco di soldi a persone con cui tu non vorresti mai essere in debito. “ La voce di Jasmine si addolcì all'eventualità. “Io non so niente di questa faccenda.” “E perché dovresti? Quello che serve a tuo padre è un benefattore molto generoso. Il problema è che, a parte la sua società indebitata, non ha nient'altro che possa valere qualcosa ... ad eccezione di una persona.” La bocca di Jasmine si spalancò. Non riusciva a credere a quello che stava ascoltando. Lei non avrebbe mai creduto a quella storia se si esclude un qualcosa nel retro della sua mente che diceva che avrebbe potuto essere vera. Suo padre, anche se abbastanza occidentalizzato e sposato con una donna americana bianca, ancora si atteneva a diverse credenze tipiche della sua cultura. Le aveva accennato a matrimoni combinati molte volte lungo la sua fanciullezza, fino al rifiuto di Jasmine. Aveva sempre pensato che quello fosse un gioco tra di loro, ma per la prima volta lo considerò sotto un altro punto di vista. Poteva esserci la situazione finanziaria della società di suo padre, dietro quello che era il loro gioco da una vita? “Prima di arrivare alla conclusione sbagliata, voglio assicurarti che qui sei mia ospite. L'unica norma dell'accordo che abbiamo stipulato è quella che avresti dovuto rimanere con me per tre giorni. Non ci si aspetta nient'altro.” Jasmine guardò Jassar, incredula. “Ti assicuro, io non sono un uomo privo di opzioni. Ho catturato l'attenzione sia di principesse che di modelle. Quello che mi potresti offrire non sarebbe certo meglio di quello che mi offrivano loro. “ “Allora, perché sono qui?” “Sei qui perché colleziono beni preziosi. E quando ho conosciuto tuo padre, ho scoperto che tu eri il suo. “ Jasmine si rilassò sul sedile, assorbendo tutto quello che aveva sentito. Non aveva compreso. Era come se tutta la sua vita fosse stata rovesciata sottosopra e
lei non poteva più avere il suo orientamento. Suo padre gli era sempre sembrato un padre premuroso, come aveva potuto farle questo. Jassar l'aveva convinta che lei non aveva davvero nulla da temere da lui, ma come poteva saperlo suo padre. “Io non capisco come mio padre abbia potuto fare questo a me.” “Forse lui sa ciò che tu sai nel tuo intimo.” Jasmine guardò il suo ospite che reclamava di aver la presunzione di sapere ciò che ‘sapeva nel suo intimo’. “E che cos'è?”, lo sfidò. “Che sei moderatamente attraente, ma non bella, che sei intellettualmente sopra la media, ma non particolarmente intelligente. Forse sa che, con niente di speciale nel tuo essere, saresti stata destinata a vivere una vita banale. Ma, nelle mie mani, ti posso plasmare. Ti potrei tramutare nell'invidia delle donne di tutto il mondo. Forse sa che, con le mie mani forti, la tua vita potrebbe superare persino le tue più folli aspettative.” Jasmine guardò Jassar afferrare con noncuranza la sua tazza di caffè e berne un sorso. Aveva perforato un buco in lei, con la sua osservazione. Era vero. Nel suo cuore sapeva che non c'era niente di speciale in lei. Era sempre circondata da persone più carine, più intelligenti e lei lo sapeva. Questo poteva pure spiegare le azioni di suo padre. Fin dall'infanzia, l'aveva chiamata la sua principessa e l'aveva ricoperta di lodi, ma Jasmine aveva sempre sospettato che, ben nascosto dentro di lui, la vedeva come lei stessa si vedeva. Alla luce della spiegazione di Jassar, l'affare di suo padre non sembrava così male. Forse il padre aveva visto questa come un'opportunità, meditò. Questa era la sua occasione per convincere Jassar che era speciale, forse anche abbastanza speciale da sposarsi. Quest’unione sarebbe stata certamente il sogno di suo padre. Ma nonostante che il padre lo sognasse, non significava che dovesse farla sua. Jasmine prese un altro morso della focaccina deliziosa e guardò verso il mare. “Ti aspetti che io mi doni proprio a te?” chiese Jasmine, con crescente disprezzo. “Quello che mi aspetto è che tu mi implori di prenderti”. Jasmine sollevò la testa in alto per rintracciare il sorriso timido di Jassar. La sua compiaciuta arroganza la fece infuriare. 'Come si permette?' pensò, mentre
incrociava le gambe per nascondere le labbra che s'inturgidivano. 'Non mi avrà,' decise. 'Non mi innamorerò di lui di nuovo.' Fu allora che Jassar si alzò e senza alcun cenno di riconoscimento, se ne andò. Jasmine era doppiamente insultata. 'Se si vogliono affrontare certi argomenti, il minimo che poteva fare sarebbe stato quella di trattarmi con normale cortesia.' Jasmine teneva gli occhi fissi su di lui, mentre se ne andava. Non si guardò indietro. 'Lui davvero si aspetta che io lo implori di qualcosa,' pensò, rimpiangendo di averlo seguito sul suo yacht. Fu in quel momento che Jasmine rivolse il suo primo pensiero alla notte precedente, almeno si presume che fosse la notte precedente. Non poteva essere sicuro da quanto tempo fosse addormentata.
La notte in cui erano stati insieme era stato diverso da tutto quello che aveva mai sperimentato. Sentendo i cumuli caldi tra le sue gambe, che cominciavano a pulsare, guardò dietro di lei per vedere chi ci fosse. Non c'era nessuno. Quindi, con la schiena verso l'ingresso, aprì le gambe, e lasciò che la fresca brezza dell'oceano le solleticasse il bocciolo umido. La sensazione le rovesciò il capo e rimandò i suoi occhi all'indietro. Guardando davanti a sé, individuò poche persone, ma tutte loro erano più vicine alla riva. Così fece insinuare la mano tra le sue gambe, chiuse gli occhi e immaginò le dita grassocce di Jassar che la strofinavano, mentre si stava strofinando lei stessa. L'umidità le ricoprì il polpastrello. Jasmine inghiottì, mentre aumentava il suo massaggio. Quello che stava facendo sarebbe stato più ovvio ora e lei lo sapeva, ma non riusciva a trattenersi. Il suo tocco era stato troppo sensuale. Il solo pensiero aveva scatenato una tempesta. E mentre il lampo crepitava e il tuono rimbombava tra le gambe, fu interrotta da una voce. “Signorina Cameron, volete che vi mostri la vostra stanza?” Jasmine tirò indietro rapidamente la mano al di sopra della gonna. “Che cosa?” guaì, voltandosi imbarazzata. “Oh, certo”, disse, cercando di agire con quanta maggior noncuranza possibile. Jasmine seguì la sua scorta tra le capanne. Ogni capanna aveva un cartello appeso con nomi spiritosi come 'Man Asciuga' e 'Buffo Buffet'. La sua capanna era stato chiamata la 'Principessa del Pisello'. Jasmine trovò il nome inquietante perché 'La principessa sul pisello' era stata la favola che aveva sempre chiesto a suo padre di leggerle, quando era bambina. 'Si tratta di una coincidenza?' si chiese. “Troverete i vestiti nell'armadio. Un breve suono di campana indica quando sono pronti i pasti, ma potete sempre trovare frutta e un buffet disponibile ... ” “Al Buffo Buffet?”
“Sì, Signorina Cameron. Al Buffo Buffet. C'è qualcos'altro che vi occorre?” “Non penso,” rispose Jasmine, guardando in giro per la stanza. “Molto bene.” “Oh, aspetta. Mi dispiace, non conosco il tuo nome.” “Sono Alfred, Signora.” “E tu mi puoi chiamare Jasmine.” “Sì, Signora.” Il sorriso di Jasmine sfiorì un poco di fronte alla sue formalità, ma proseguì. “Puoi dirmi dove dorme Jassar?” Chiese, con la certezza che fosse stata collocata vicino a lui. “Sarebbe la grande capanna, appena ato il luogo dove avete fatto la prima colazione.” «Oh», gracchiò di disappunto per la sorpresa. “Tutto qui?” “A dire il vero, dove posso andare a nuotare?” “C'è una piscina a vostra disposizione accanto agli alloggi del padrone, e, naturalmente, c'è sempre la spiaggia.” Jasmine sorrise imbarazzata al fatto di aver posto una domanda così ovvia. Quello che aveva intenzione di chiedere era se ci fossero restrizioni su dove si poteva nuotare. Ma lei aveva avuto la sua risposta. “Grazie.” Con un sorriso e un lieve inchino, Alfred la lasciò. Jasmine si diresse subito verso il suo armadio e lo aprì per trovare gli stessi vestiti che aveva visto sullo yacht. Anche stavolta non c'erano mutandine e reggiseni e adesso si rese conto che non c'era neanche un costume da bagno. Quindi, o non ci si aspettava da lei che andasse a nuotare o ci si aspettava che ci andasse nuda. L'idea la incuriosì. Jasmine trascorse la sua giornata vagabondando per l'isolotto. Era una tenuta
davvero incredibile. Quando le campane suonavano, ritornava per i suoi pasti e ogni volta cercava Jassar. Non lo vide, e con ogni istante che ava, Jasmine pensava sempre più al suo ospite. 'Se solo non fosse stato così soddisfatto,' pensò. 'Forse mi sarei data a lui, se non fosse stato così compiaciuto.' Quando scese la notte e tutto fu buio, tutto quello a cui Jasmine riusciva a pensare era al suo bell'ospite. Ripensando a come l'aveva quasi posseduta in quel bagno sporco, si pentì di averlo fermato. Lei lo voleva adesso e se avesse avuta la possibilità, gli sarebbe saltato addosso, prendendoselo tutto dentro di lei. Jasmine giaceva nel suo letto, incapace di dormire. Con la mano tra le gambe, si accarezzava la sua apertura ancora vergine. Avrebbe voluto che fossero le dita di Jassar e lei voleva che lui non avesse fatto della loro unione una questione di orgoglio. A lei piaceva. Lei lo voleva. Ma non c'era modo che andasse a chiedergli l'elemosina, se era quello che sarebbe servito per averlo. Mentre la notte proseguiva, la frustrazione di Jasmine s'accrebbe. Stava per chiudere gli occhi e strofinarsi per darsi sollievo, quando si ricordò di quello che aveva detto Alfred. C'era una piscina vicino alla capanna del suo ospite. Presumibilmente sarebbe stata privata e l'unico che avrebbe potuto vederla sarebbe stato Jassar. 'Lo prenderò in giro,' pensò con un'idea improvvisa. 'Nuoterò nuda fuori dalla sua camera da letto e farò in modo di attirarlo a me.' Jasmine sorrise, mentre si affrettò verso l’armadio. Trovò il vestito più sexy e lo indossò. A piedi nudi, lasciò la sua capanna, raccolse un asciugamano dal Man Asciuga, e si diresse verso la piscina. Jasmine girò per un poco a vuoto lungo la strada, ma quando vide riflessi di luci in movimento su un muro lontano, seppe di averla trovata. Avvicinandosi alla piscina, vide una grande capanna con la coda dell'occhio. Doveva essere quella di Jassar, pensò, ma si rifiutò persino di guardarla. Sarebbe stato come se lei non fosse nemmeno a conoscenza che lui era lì. Lo avrebbe ignorato e l'avrebbe attirato a sé. Jasmine si avvicinò al bordo della piscina. Il vapore saliva lentamente fin sulla superficie dell'acqua. Era riscaldata, il che era una cosa buona, perché mentre si
fermò lì davanti, Jasmine fu scossa da un brivido. Aveva improvvisamente sentito molto freddo e dimenare la mascella era l'unica cosa che poteva fare per impedirsi di battere i denti. In piedi, sul bordo della piscina, dalla parte opposta della capanna di Jassar, Jasmine si preparò. Pensare a 'spogliarsi per sedurre un uomo meraviglioso' era una cosa. Farlo, era tutta un'altra. Ma chiudendo gli occhi e stringendo la parte inferiore del vestito, con un solo movimento se lo levò, tirandolo dalla testa, e lo lasciò cadere a terra. Ancora con gli occhi chiusi, si immaginò Jassar uscire dalla sua stanza per venirla a trovare. Sapeva che l'eccitazione del suo monticello sarebbe stata evidente per lui, e immaginò che, come sullo yacht, avrebbe perso il controllo e l'avrebbe presa lì sul posto. Quindi, con questo pensiero in mente, si chinò in avanti e si tuffò. Il suo ingresso incrinò il silenzio con maggior rumore di quanto si fosse aspettata. Era contenta. Jasmine nuotò per tutta la lunghezza della piscina, senza venire a galla per prendere aria. Sopra c'era la realtà e sotto c'era nulla di quello che il suo mondo avrebbe ritenuto potesse essere. Inoltre, più a lungo rimaneva giù, più tempo il suo amante avrebbe avuto per uscire per indagare su quel suono. Ma quando finalmente salì per prendere respiro, con sua delusione, Jassar non c'era. Rapidamente, si inabissò di nuovo per ritornare indietro lungo la piscina. Infrangendo la superficie, al termine del suo percorso, nuovamente non trovò nulla. 'Ancora una volta,' pensò. E sbucando nel punto più vicino alla sua porta, si tenne sul bordo della piscina ansimando senza fiato. 'Dove si trova? Ma lui è lì dentro?' chiese, domandandosi se la sua scena fosse stato del tutto gratuita. Jasmine si sistemò e lasciò che i rumori della notte le riempissero le orecchie. L'acqua che lambiva il lato della piscina era fortissima. Vicino, si sentiva il suono di palme da cocco fruscianti nella brezza della notte. E più in là, c'era il suono delle onde che si infrangevano sulla riva. Tutto ciò che andava sentendo erano i suoni che si sarebbe aspettata, tranne uno. Fioco, sotto tutti gli altri rumori, ne era presente uno non prodotto dalla natura.
Non poteva essere sicura, ma sembrava la voce di una donna. Jasmine si calmò e si mise nuovamente ad ascoltare. Era stata una donna e sembrava mugghiare un fioco gemito. E se Jasmine non si stava sbagliando, sembrava provenire dalla capanna del suo ospite. La bocca di Jasmine si spalancò per la sorpresa. Voltandosi per udire quanto meglio poteva, non ci volle molto a capire che il suono era sempre più forte. Questa donna, chiunque fosse, stava provando piacere. E considerando da dove proveniva, doveva essere Jassar che le stava procurando quel piacere. Jasmine si bloccò, fissando la porta chiusa della capanna. I dolci lamenti della donna si stavano trasformando in urla. Era come i suoni che Jasmine aveva fatto, quando il suo misterioso straniero aveva lappato il suo bocciolo. I gemiti la imbarazzavano per il solo fatto di sentirli. 'Sta pipando qualcun'altra, 'pensò. 'Come sono stata sciocca? Io non sono nulla di speciale per lui. Glielo aveva anche detto, ma io non gli avevo creduto. Ora sono qui, nuda, e sto ascoltando lui che fa a qualcun'altra quello che ha fatto a me. Ho bisogno di scappare da qui.' Jasmine affondò la testa sotto la superficie dell'acqua e nuotò indietro di nuovo per tutta la sua lunghezza. Quando risalì, gli strilli della donna erano penetranti e non c'era nulla che Jasmine potesse fare per bloccare il suono. Tirandosi fuori dall'acqua più velocemente che poteva, si avvicinò alle scale trovando un'alta ombra che andava occupando quello spazio. Jasmine si lanciò verso il suo asciugamano, avvolgendolo intorno a sé pochi secondi prima che Alfred entrasse nel suo cono visivo. Con un vassoio, parlò con noncuranza, coprendo i lamenti della donna. “Sono stato incaricato di portarle uno spuntino, Signora.” Jasmine fissò Alfred e il vassoio con orrore. 'Mi aveva fatto questo.' Sa che sono qui e questo è un messaggio. Ha chiaramente voluto umiliarmi e la sua umiliazione è ora completa.' Correndo via da Alfred, Jasmine cercò di bloccare i suoni del piacere della donna, ma non ci riuscì. Tutto quello che le era rimasto da fare era piangere. Jasmine entrò nella sua capanna e si gettò sul letto. Coprendo la testa con il cuscino, si nascose il viso bagnato nel materasso e pianse.
Era in totale abbandono, quando la donna si lasciò sfuggire le sue ultime grida. Sollevando la testa, il viso ancora bagnato di lacrime, Jasmine si rese conto di qualcosa. Aveva il cuore spezzato, perché era senza dubbio gelosa. Era innamorato dello straniero misterioso, rivelatosi rapitore, e infine mostratosi una canaglia. Lei lo voleva, e non voleva che nessun altro lo avesse. Il nuovo problema è che, in cima a tutto il resto, non aveva idea di cosa fare al riguardo. Lei ci pensò su per un po', ma l'emozione della giornata era davvero troppo per lei e presto si addormentò. Sognò su quale trama avrebbe potuto imbastire, ma per la sua costernazione, i suoi piani in sogno non erano migliori di quelli durante la veglia.
La mattina dopo Jasmine cercò il suo ospite durante la prima colazione. Quando non lo vide, cominciò a chiedere in giro. Nessuno lo aveva visto. Lei ancora non sapeva che cosa avrebbe detto, quando lo avesse trovato, ma aveva bisogno di guardarlo almeno negli occhi. Quello che voleva dopo, non era sicura, ma sapeva che tutto era iniziato guardandolo negli occhi. La giornata proseguì particolarmente lenta. Avrebbe nuotato sulla spiaggia, ma ancora priva di costume da bagno non osava. eggiando per l'isolotto, raccolse vetri levigati dal mare e conchiglie. Avrebbe avuto bisogno di un ricordo di questo posto quando fosse tornata, tra due giorni, al continente, e con la sua verginità ancora saldamente intatta, decise che quei gingilli potevano avere qualcosa da offrire. Tornando a pranzo non trovò il suo amante e nemmeno lo vide durante la cena. E, di nuovo, giacendo nel letto, sapendo questa volta che aveva solo un giorno in più per catturare i sentimenti del suo straniero ancora misterioso, si rese conto di quello che doveva fare. Come la sera prima, si diresse verso il suo armadio e vi trovò un prendisole. Prendendosi meno tempo di prima per la scelta, lo indossò e si diresse fuori. Senza afferrare un asciugamano, si diresse direttamente alla piscina. Anche stavolta entrò nello spazio chiuso scintillante, non si preoccupò di guardare in alto. Piazzando le dita dei piedi sul bordo, si levò il vestito. Nuda, si tuffò. Il suo piano era semplice e lei contò i suoi i mentre li faceva. 1) Nuotare per un giro di piscina. 2) nuotare indietro verso le scale. 3) Uscire
bagnata dalla piscina. 4) Bussare alla porta di quel furfante del suo ospite. Quando Jassar aprì la porta, sembrava ancora più sexy di prima. Guardò il suo corpo scintillante nudo e sorrise brevemente. “Sì?” Chiese come se sapesse cosa stava per succedere. “Posso prendere in prestito un asciugamano? Mi sembra di aver dimenticato il mio.” Con uno sguardo compiaciuto sul volto, ribatté. “Ce ne sono alcuni al Man Asciuga.” “Per favore,” disse Jasmine senza vergogna. “Ti prego, per cortesia.” Jasmine alzò lo sguardo verso l'uomo misterioso con assoluta sottomissione negli occhi. «Per favore», sussurrò. L'uomo scosse il suo corpo verso di lei costringendola a piegarsi verso di lui. Ma, dondolandosi, la sua mano scattò in avanti e le afferrò la nuca. Si ricordò di questa sensazione e il sollievo le riempì ogni cellula del corpo. Lui era sua e non c'era niente che lei gli avrebbe rifiutato. Tirandola all'interno, mosse le labbra sulle sue. Scoprì che il suo bacio le dava una sensazione di puro piacere. Non occorreva che dubitasse della sua scelta, tutto in lei stava dicendo che voleva tutto di lui e questo era quello che stava ottenendo. Spingendo Jasmine sul letto, l'uomo dai capelli chiari si avvicinò al cassetto del comodino. Ne estrasse quelle che sembravano fascette da polso in pelle, il cuore di Jasmine si mise a correre al galoppo. Non sapeva cosa lui avrebbe fatto con quelle, ma le possibilità la scuotevano fino al centro di sé. Lei non lo avrebbe mai fermato però. Il suo corpo non era già più suo, decise. Apparteneva a lui e quello poteva farne ciò che voleva. Gli occhi grigi dell'uomo scintillavano, mentre stringeva le cinghie sul polso di lei. Poi ne estrasse altri due e li fissò alle sue caviglie. Con lui ancora completamente vestito e lei comodamente legata, lui si sedette sopra di lei e ne afferrò strettamente il mento. “Ora che mi hai implorato, sei una mia proprietà con cui posso fare con tutto ciò
che mi aggrada di fare. E come il resto dei miei servitori, tu ti rivolgerai a me come Padrone. Mi hai capito?” Jasmine, persa nei suoi occhi, non rispose. Lui strinse. “Ho detto, mi hai capito?” “Sì, Padrone,” disse, sempre solleticata da un formicolio leggero, mentre la parola le scorreva sulle labbra. ”E se sei cattiva, sarai punita. Sono stato chiaro?” Sì, Padrone.” Le parole ora fuoriuscivano senza sforzo. Era stupefatta. Il termine 'Padrone' già le sembrava così naturale che chiamarlo in altro modo sembrava sbagliato. “Ma se sei brava ...” Fece una pausa. “Se sei brava, ti darò un regalo. Mi hai capito? “ Jasmine era incuriosita. Quale sarebbe stata la sua punizione? Quale il suo regalo? Lei decise di mettere alla prova i suoi limiti e non parlare. “Mi capisci? “ Jasmine sorrise dispettosamente. Gli occhi di Jassar si restrinsero. Aveva capito quello stava combinando e le avrebbe dato quello che voleva, la sua punizione. Jassar pescò nuovamente dal comodino, e ne tirò fuori due mollette per i panni. Jasmine le fissò, sentendo il suo cuore martellare all'impazzata, ancora si rifiutava di rispondere. “Mi capisci? “ Con Jasmine ancora tranquilla, le si avvicinò, le afferrò il braccio sinistro e bloccò la sua cinghia da polso al montante del letto. Sentendo uno scatto, Jasmine riusciva a vedere cosa stesse succedendo, ma imparò ben presto che non riusciva a muoversi. Fece lo stesso con l'altro braccio. Con lui seduto sopra di lei, si sentiva impotente.
“Mi capisci? “
Intanto si dimenava e il cuore le batteva quasi fuori dal petto, i suoi capezzoli tanto eretti quanto avrebbero potuto essere. Jasmine, che guardava il suo nuovo padrone mentre spostava lentamente le mollette al suo petto, fu sopraffatta da un terrore erotico. Quando la molletta si strinse sul suo capezzolo, il dolore fu sparato attraverso il suo essere. In qualche modo, però, il dolore sapeva di buono. Non aveva mai sentito niente che desse una sensazione così bella. Così, quando si avvicinò all'altro seno, piagnucolò per l'eccitazione. E quando finalmente si chiuse sul suo altro capezzolo, i suoi gemiti erano di estasi. “Ora, mi hai capito? “ Non voleva dirlo. Le piaceva stare male. Voleva sapere quali altre punizioni avrebbe dovuto affrontare, ma non poteva resistere oltre. “Sì, Padrone. Va bene? “, gridò. “Tu sei una sfrontata, non è vero? “ “Sì, Padrone. Lo sono”, disse, affrontando il dolore. “Vuoi che ti tolga le mollette? “ “Sì, Padrone. Lo voglio. “ “Sbagliato! La risposta è quello che vuoi tu, Padrone. Perciò, devi subire un altro castigo.” Il cuore di Jasmine accelerò, immaginando cosa poteva essere. Quando il suo padrone si allungò verso di lei, la sganciò dal montante e le collegò insieme i polsi. Poi tirò il corpo nudo di lei sul suo grembo e regolò il suo sedere verso l'alto. Non era mai stata sculacciata da nessuno prima, e quando il palmo della sua mano colpì il suo culo nudo, lei si ritrasse. Non faceva male come le mollette; bruciava, ma a scatti.
Il suo nuovo padrone le diede tre schiaffi e grazie a loro poté sentire il culo olivastro arrossarsi. “Sarò brava, Padrone.” “Farai tutto quello che ti dico?” “Sì, Padrone,” disse, intenerendosi. “Bene,” le disse, strofinando delicatamente il suo sedere nudo. “Bene.” Jasmine giaceva sul suo grembo, esausta. Si chiese quanto tempo gli avrebbe dato per riposare, prima di avere l'opportunità di essere di nuovo cattiva. La sua risposta venne quando le grosse dita del suo amante, ancora una volta, trovarono la loro strada tra le gambe e sui rilievi delle tumide labbra. Fino ad allora, non si era nemmeno reso conto che era eccitata. Non poteva spiegare cosa avesse provato, ma il loro gioco aveva dato fuoco ad una parte di lei che non sapeva esistesse. Le dita del suo padrone lentamente tracciarono il contorno del suo buco. Fu allora che si ricordò che guardando direttamente al suo aspetto, sarebbe stato in grado di dire che era ancora vergine. Jasmine rimase congelata dalla paura che la sua evidente mancanza di esperienza avrebbe potuto porre fine al loro gioco. Prese in considerazione quello che poteva fare per convincerlo a punirla nuovamente, e lei era sul punto di saltar su e ritirare tutte le sue concessioni, quando sentì qualcosa di inaspettato. “Bellissimo”, disse, sentendo una sensazione di calore scorrere in basso verso le dita dei piedi. 'E' questo? ' si chiese. 'Sono troppo innocente per lui, ora? Riuscirò mai a perdere questa cosa? ' “Alzati in piedi!” ordinò alla fine il suo padrone. Jasmine si alzò lentamente davanti a lui, cercando disperatamente di non far dondolare le mollette ancora attaccate ai suoi capezzoli. “Ora, sarai buona?
“Sì, Padrone,” disse dolcemente. Allungò una mano e liberò una delle mollette. “Farai qualsiasi cosa ti dico?” “Sì, Padrone.” Rimosse con delicatezza la seconda molletta. Libera, la mente di Jasmine si oscurò quando ricevette un afflusso improvviso. Era quasi orgasmico. Non era avere le mollette su di sé che era stata la cosa più piacevole, si rese conto. Era stato l'afflusso improvviso che ne venne dopo che le erano stati tolte. Si sentiva in modo fantastico. Jasmine si strofinò le gambe dalla gioia. Voleva di più di questo. Voleva tutto ciò che lui poteva somministrarle. “Mettiti in ginocchio», ordinò. Jasmine non si mosse. Voleva la punizione e quando i suoi occhi d'acciaio si serrarono, sapeva che stava per farlo. Jassar la gettò in ginocchio e si mosse per prendere una candela. Lasciandola bruciare per un breve periodo, fece cadere la cera calda sul suo culo ancora tenero. Ne fu deliziata. Bruciava semplicemente per un secondo, ma subito dopo arrivava l'afflusso del piacere. Jassar era un maestro, dopo tutto. Lui poteva portarla ad un punto di dolore quasi insopportabile, ma poi, all'ultimo momento, ritrarla indietro conducendola al piacere. Mentre la notte trascorreva, adoperò poi fruste e quindi catene su di lei cercando di convincerla a sottomettersi completamente. E quando furono stanchi, dormirono solo per svegliarsi di nuovo e ricominciare da capo. La mattina dopo, quando si trovarono affamati, Alfred entrò trasportando della frutta. Alfred non si ritrasse, nel vedere la ragazza arrossata legata al pavimento, né avrebbe dovuto. Jasmine era esattamente dove voleva essere, stava adorando ogni suo momento. Con ogni secondo che ava, lui stava davvero diventando il suo padrone. Ben presto, nemmeno lei avrebbe potuto disobbedirgli. “Vuoi fare qualsiasi cosa dica il tuo padrone?” Chiese per un'ultima volta. Imbavagliata e legata ad una palla contro il respiro, non avrebbe più potuto lottare. Lei scosse la testa per dire sì.
Sorpreso, Jassar sciolse il bavaglio, in modo che potesse parlare. “Vuoi fare qualsiasi cosa dica il tuo padrone”, chiese di nuovo. «Sì», tossì esausta. “Sì, Padrone. Io sono a vostra disposizione, fate con me quello che volete. Io sono la vostra umile schiava e il mio corpo è vostro, disponibile a tutti gli usi per cui vorrete adoperarlo.” Gli occhi stanchi di Jasmine si sollevarono lentamente verso quelli del suo padrone. Il suo sguardo la sorprese. Nascondeva l'eccitazione, ma non troppo bene. Rapidamente, dopo averla liberata, lui la prese in braccio e la portò sul letto. Era stata legato per così tanto tempo che riusciva a malapena a sollevare le braccia. Guardando tutti gli sfreghi e i segni rossi sul suo corpo, Jassar li strofinò. Era come se sentisse comione per lei. Era come se gli importasse. Il cuore di Jasmine si sollevò. “Ora che ti sei data completamente a me, sei pronta per il mio regalo.” 'Che cosa sarà?' si domandò. 'Cosa mi darà, in cambio della mia sottomissione, l'uomo che possiede già tutto?' Questa volta, quando le prese la guancia con la mano, fu gentile. La sfiorò con più tenerezza di quanto lei pensava fosse capace. E quando le sue labbra, sorprendentemente morbide, si appoggiarono, con una leggera pressione, contro la sue, sentì restringersi forte lo spazio tra le gambe. 'Questa è la sensazione dell'amore,' pensò. E poi chiuse gli occhi e si dette ad analizzare ogni parte del suo tocco. La sua lingua, che ora danzava liberamente nella sua bocca, era ampia e forte e sapeva di agrumi. Il suo petto nudo, che s'appoggiava ai suoi capezzoli, completamente eretti, era robusto e ondulato. E il pacco, che lei si ricordava a malapena da quelle che sembravano varie settimane fa, si puntellava contro il suo rigido grilletto, con solo i logori jeans a separarli. Lei lo voleva. Voleva tutto di lui, e dopo aver preso il suo lato peggiore, ora lei si chiese di che cosa sapesse il suo lato migliore. Quando il suo padrone, infine, si sbottonò i pantaloni, lo scoprì. Il suo rigonfiamento aveva appena lasciato intuire ciò che si trovava all'interno. Il suo calore e il suo spessore scivolarono contro la pelle della sua parte più tenera,
come un archetto perfettamente costruito per un inestimabile violino. Consumate tutte le sue emozioni, tutto quello che poteva fare era godersela. Così, quando la punta del archetto si piantò sul suo astuccio parzialmente aperto, Jasmine, con gli occhi ancora chiusi, fece un respiro profondo. Non c'era niente nella vita di Jasmine, che si può paragonare alla sensazione dell'archetto del suo padrone che entrava nel suo astuccio. Faceva male, ma come tante altre cose che le aveva fatto, quello che immediatamente seguì fu una scarica di piacere. Il suo dono era un piacere indimenticabile. Jassar spinse il suo possente strumento in Jasmine e lei si mise a tubare. Non voleva che si fermasse, e quando le sue spinte presero velocità, si rese conto che le loro ioni erano rivolte l'una contro l'altra, come due metà che stanno per schiantarsi. Un insolito rosicchiare, mai provato prima, nemmeno con la lingua sul suo bocciolo, cominciò ad avvertirsi nelle gambe di Jasmine. E quando il lento dolore viaggiò attraverso il suo inguine e nei suoi lombi, non poté fare altro che lamentarsi. “Ah,” disse, notando il suo busto che cominciava a rotolare delicatamente da un lato all'altro. “Oh!”, continuò, perdendo completamente traccia di tutto ciò che la circondava. Quando una forza l'afferrò nelle viscere e smaniò per trovare una sua via d'uscita, Jasmine si buttò da un lato. “Ohhhhh!” Urlò. “Oh, sì!” Trovando una forza che prima non aveva, Jasmine sbatté le braccia sul letto. Con uno scoppio di piacere estatico, rilasciò i suoi succhi orgasmici, spruzzando sia il suo padrone che il letto mentre veniva. A stento consapevole di quello che stava accadendo, sentì un grido provenire dal suo amante. Lui, si immaginò, le ricopriva le viscere con tutto quello che aveva. E invece di rimuovere il suo nudo strumento, per limitare l'esposizione, si spinse più in là. Era come se stesse cercando di schizzare direttamente attraverso di lei. Non era sicura di quello che stava facendo, ma quando si accasciò su di lei, decise che non le importava. Aveva ottenuto il suo dono. Era un ricordo che avrebbe portato con lei per il resto della vita. Per questo, gli era eternamente
grata. In pochi istanti, Jasmine si addormentò di nuovo. Fece tanti sogni strani quella notte. Tutti, però, riguardavano misteriosi stranieri che portano doni. L'ultimo fu il più rivelatore, tuttavia. Era di un uomo saggio che assomigliava a suo padre, che sosteneva di essere un portatore di mirra. Jasmine non era mai stata certa di cosa fosse la mirra. Aveva udito il termine in riferimento alla Bibbia, come regalo per il bambino Gesù, ma non l'aveva più trovata in nessun altro luogo. Fu dopo quel sogno che si svegliò. In contemporanea con il suono di una giovane voce familiare. La voce era quella di suo fratello minore. Stava chiamando i suoi genitori. “Mamma, papà, venite, presto. Jasmine è qui “, urlò. Jasmine aprì gli occhi scoprendo i suoi genitori che la guardavano. Le loro labbra sembravano esprimere la rabbia, ma i loro occhi esprimevano nient'altro che dolore; si sarebbe potuto confonderlo con il senso di colpa. “Dove sei stata?” chiese suo padre. “Eravamo preoccupatissimi. Tuo fratello ha quasi avuto un infarto per la preoccupazione. “ “Che razza di figlia irrispettosa sei?” Aggiunse il padre, con uno sguardo tenero negli occhi. “Non dovreste chiamare la polizia?” Jasmine trovò l'energia di dire. “Chiamare la polizia? Dovremmo chiamare la polizia, così ci preoccupi ancora di più.” “No, voglio dire, in modo che possano annullare le ricerche,” concesse Jasmine, in quello che i suoi genitori potevano fiutare fosse una trappola. “Non essere ridicol.a Perché dovremmo chiamare la polizia? Ora sei qui. Ci hai fatto star male per la preoccupazione, “ concluse il padre. “Ho bisogno di riposare,” chiese Jasmine, sapendo che l'avrebbero assecondata.
Entrambi i genitori si calmarono e fissarono Jasmine, mentre lei scivolava su un fianco. “Vieni caro. Lascia a tua sorella un po' di tempo per riposare “, disse la madre al fratello di Jasmine. “Ma non vuoi sapere dove si trovava, mamma?” “Sono sicuro che ce lo dirà dopo che si è riposata.” Di fronte al muro fissando il nulla, cercò di ricordare come era tornata indietro. Non ci riuscì. Ma con la conferma data dai suoi genitori, finalmente sapeva come era arrivata lì. Questo era stato tutto un piano. Forse i suoi genitori non sapevano cosa le avrebbe fatto una volta sull'isola, ma erano sicuri del modo in cui sarebbe tornata. Pensando al suo ciclo mestruale, sapeva che avevano agito nel rispetto dei tempi. Era il periodo in cui avrebbe ovulato e il seme del misterioso miliardario era saldamente piantato in lei. Lei, la ragazza che nessuno considerava speciale, era stato la prescelta per portare il suo erede. Questo era stato il dono di cui le aveva parlato. Il suo bambino sarebbe stato l'erede della sua fortuna. E tutto quello che doveva fare era di essere così irretita dal misterioso straniero da volerlo tenere. Beh, avevano ragione. Ma non era solo il suo erede che Jasmine voleva. Se il miliardario voleva il suo erede, avrebbe dovuto darle molto, molto di più. Si sarebbe trattato di un'altra partita, però. Aveva ancora del lavoro da fare oggi. Doveva ancora riposare. Lei, dopo tutto, stava portando un regalo molto speciale e questo era il tipo di regalo che non veniva restituito. Quindi, tirando le lenzuola attorno a sé, chiuse gli occhi e col pensiero tornò sull'isola. E con le dita lentamente scivolando giù tra le gambe, la sua mente viaggiò verso una romantica destinazione. Fine.