Massimo Borsani
Shema'Israel
INTRODUZIONE
Soldati appartenenti al più spietato reparto militare della seconda guerra mondiale, gli uomini in nero, le temibili SS. Uomini che non conoscevano la pietà, che uccidevano senza rimorso esseri indifesi colpevoli solo di appartenere ad etnie scomode al partito a cui avevano giurato fedeltà. Avrebbero potuto cambiare la loro condotta morale, se tolti da quell'ambiente in cui l'odio verso i “diversi” era diventata la “religione” di stato in una nazione caduta nelle mani di un regime totalitario? La risposta che ho cercato di dare in questo volume è si, ho narrato una storia che intende portare il lettore a riflettere sull'animo umano, un uomo cresciuto e indottrinato alla violenza e all'odio. Se si ritrova suo malgrado a vivere una situazione particolare in cui viene messo in condizione di poter riflettere su cosa è bene o male, può certamente diventare un uomo buono e lasciarsi alle spalle definitivamente la parte cattiva di sé. Sei soldati appartenenti alle SS si ritrovano, a causa di un improvviso evento, in una situazione tale da portarli con il are del tempo ad un radicale cambiamento. Chi sopravvive, nei mesi si trasforma da spietato aguzzino in un uomo pronto ad aiutare i deboli fino al supremo sacrificio della propria vita.
I protagonisti si trovano ad affrontare un lungo viaggio in luoghi sconosciuti, trovandosi col tempo a contatto della brutale realtà che la guerra infligge alla popolazione civile e in maggior modo ai supplizi inferti alle minoranze perseguitate dal nazismo. Vivendo essi stessi sensazioni sconosciute quali la paura di essere catturati, torturati, uccisi, il freddo dell'inverno russo, il dover dormire all'addiaccio flagellati dalle intemperie, ma soprattutto la fame atroce, una costante ricerca di cibo, quel cibo che fino al tragico evento era garantito dai rifornimenti militari ancora regolari data la trionfale marcia dell'esercito tedesco. Trovano aiuto da uomini che prima consideravano al pari di animali, infine vengono accolti da un gruppo di ebrei fuggiti allo sterminio, proprio da quegli ebrei che tempo prima uccidevano incuranti di tutto il dolore profuso. Ho cercato di ambientare il libro in contesto abbastanza realistico, i luoghi e il tempo in cui si svolge la narrazione ci riportano alla seconda guerra mondiale durante l'invasione tedesca in Unione sovietica. Tenendo conto in ogni modo di qualche licenza fantasiosa atta allo svolgimento del racconto. Dopo tutto non è un trattato di storia, è una storia nata dalla fantasia di un padre che per scommessa con le proprie figlie ha "dovuto" scrivere un libro. Bello o brutto non sta me a decidere, la spontaneità con cui è stato scritto mette in luce il fatto di non essere di fronte ad uno scrittore di professione. Non sarò riuscito a trovare citazioni che eranno alla storia ma l'argomento trattato, a mio modesto parere, è sicuramente interessante.
SHEMA' ISRAEL
Rincorrere, stanare, uccidere, sei uomini sono a caccia, la preda tenta di sottrarsi ad una morte sicura, corre come non ha mai fatto prima d'ora e con tutta la forza che ha in corpo. Una siepe è l'ultimo ostacolo che la divide dal bosco e con un sol balzo leggero, nonostante la stanchezza, la supera; dall'altra
parte una piccola radura a pochi metri gli alberi, li c'è la speranza di salvezza. Corre, sa che la stanno inseguendo, sente i loro i pesanti e le grida, si volta un attimo e li vede vicini, più di prima; non manca molto, sono a venti, forse solo dieci metri da lei e il bosco diventa sempre più grande, il fiato brucia in gola, il cuore pulsa vertiginosamente ma sono gli ultimi metri e non si deve arrendere ora. Poi un tuffo tra rami e cespugli, corre e corre ancora gli arti si graffiano si addentra in profondità fino a quando, stremata, si accascia a terra, quanta forza gli ha dato la voglia di vivere. Ora, stanca, si nasconde nei cespugli e resta immobile, ascolta. I cacciatori sono lontani, forse hanno perso le sue tracce, forse è salva. La respirazione si normalizza e ora sente odori e profumi che prima non percepiva; il bosco profuma di buono, legno, aghi di pino, funghi, muschio: tutto un insieme di aromi che fanno dimenticare per un attimo la paura. Rumori di rami spezzati, voci che si avvicinano, i che si susseguono frenetici per poi rallentare: i cacciatori stanno girando a vuoto e hanno smarrito la preda e tra poco il sole tramonterà nel bosco e l'oscurità non si farà attendere, non potranno più vederla e se ne andranno a mani vuote. Ma i sei uomini non stanno cacciando per sport o per procurarsi del cibo, la loro preda non è selvaggina, è una preda speciale. Un'ebrea, un essere umano appartenente a una di quelle razze che loro considerano inferiori, anzi la razza che deve essere cancellata dalla faccia della terra, quella che il capo supremo del terzo reich ha deciso di sterminare. Stare immobile, vincere la paura, vincere la voglia di fuggire e di fare rumore, attendere che i cacciatori rinuncino al loro trofeo. Ma loro sono spietati, addestrati a stanare le loro prede, sanno che la paura farà commettere un errore alla ragazza ebrea fuggita dopo aver visto trucidare tutta la sua famiglia e gli altri abitanti del villaggio. Ha tentato una fuga quasi impossibile, ma ora spera di salvarsi. Deve reprimere la voglia che ha di piangere, di urlare con tutta la rabbia che ha
in corpo "assassini" a quegli uomini vestiti di nero ma non ci riesce, gli occhi si gonfiano, le lacrime scendono in silenzio e vanno a posarsi sull'erba vicino ai suoi piedi. Il silenzio è l'unica difesa che ha, i minuti ano, scende il buio ma le belve non se ne vanno. Li sente più volte allontanarsi e avvicinarsi, tanto vicini che il cuore pare arrivargli in gola, ma deve trattenersi, deve riuscire a fermarlo lo sente pulsare nella testa tanto forte che si domanda come facciano loro a non sentirlo. Fasci di luce irrompono fra i rami, hanno delle torce quei maledetti, ma lei resiste immobile guardando le lame luminose che fendono il buio, colpiscono e rimbalzano tutto intorno a lei. Per farsi forza stringe nella sua mano la collanina d'argento con la stella di David, l'ultimo regalo fatto da mamma e papà in occasione del suo compleanno. Li rivede con i fratelli gli amici e quel ragazzo tanto carino che gli sorrideva... quanto le piaceva, ma ora sono tutti svaniti, uccisi in poche ore. E' bella la collanina, luccica e pare illuminarsi... sì si illumina, il fascio di luce di una torcia l'ha colpita e il leggero luccichio non è sfuggito a uno dei cacciatori. <
> grida e in un attimo gli sono attorno come un branco di lupi pronti a ghermire la preda. <
> si alza, le torce illuminano il suo esile corpo, le gambe e le braccia sono ricoperte di graffi, i rami e le spine hanno lasciato il segno durante la corsa nel bosco, anche il vestito si è strappato, sa che è la fine. Non è giusto morire così, ripensa ancora ai suoi cari, agli amici, a tutti i sogni e le speranze che ogni ragazza della sua età spera di vedere avverati e che non vedrà mai. Si copre gli occhi e recita "E amerai il signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutte le tue forze..." non ha il tempo di terminare la preghiera che una raffica di mitra trasforma le lacrime in sangue, il vestito si buca e la carne viene dilaniata.
Non sente più i profumi del bosco, cade a terra senza fare rumore e il suo fragile corpo si adagia sull'erba che ora è tinta di rosso. <
> dice l'ufficiale al comando <
> I sei lupi si allontanano incuranti di quel corpo disteso, per loro la ragazza è solo una pratica da sbrigare, un dovere che un soldato delle SS deve compiere. Intanto nel silenzio della notte rotto solo dai i che si allontanano, la piccola ebrea ora non ha più paura. Giugno 1941: i tedeschi hanno invaso l'Unione Sovietica, sul fronte meridionale le armate del sud, di cui fa parte l'undicesima armata, avanza in Ucraina e Crimea, per il terzo reich è indispensabile impossessarsi delle risorse alimentari e petrolifere. Mentre la Wehrmacht combatte, nelle retrovie entrano in azione le squadre della morte, le famigerate eisantzgruppen che hanno il compito di ripulire le zone occupate da tutti coloro che il nazismo considera nemici o esseri inferiori. Vengono eliminati ufficiali dell'esercito sovietico, commissari politici, zingari e soprattutto ebrei, uomini, donne e bambini senza distinzione. Autunno e l'avanzata prosegue, come pure le esecuzioni, tra il 29 e il 30 settembre presso la gola di Babi Yar vengono trucidate 33.000 persone, la cosa si ripete e tra il 16 e il 28 ottobre avviene il massacro di Odessa, decine di migliaia le vittime. In questo inferno viene a trovarsi il villaggio della ragazza uccisa nel bosco. Ad occuparsi di questa pulizia etnica è una compagnia di SS aggregate al gruppo D eisantzgruppen. Sono entrati nel villaggio all'alba avanzando da entrambi i lati dell'unica strada di comunicazione, ogni abitante ebreo deve essere catturato, vengono ate a setaccio case, stalle e fienili, ogni possibile nascondiglio non deve essere trascurato, continue sono le minacce a coloro che avessero osato dare rifugio alle loro prede.
I soldati parlano una lingua che non capiscono, urlano ordini e gesticolano, devono abbandonare le abitazioni, il tempo di vestirsi e basta. Nella strada si formano gruppetti di ebrei mentre gli abitanti russi se ne stanno nelle case e osservano con preoccupazione il volgersi dei fatti. Stranamente nonostante la drammaticità del momento, le cose si svolgono in ordine, gli ebrei obbediscono e i soldati eseguono un piano ben congegnato. La retata prosegue metodica per ore, non c'è fretta e non ci sono nemici da combattere, l'esercito sovietico è in ritirata, i poveri esseri catturati non costituiscono alcun pericolo. Le famiglie ebree si osservano poco distanti l'una dall'altra, si cercano con gli sguardi increduli e sbigottiti, si cercano i volti degli anziani come ad invocare una risposta a quello che sta accadendo ma si vedono solo spalle che si alzano e braccia che si allargano mostrando i palmi e sembra che nessuno sappia dare una risposta. C'è più sgomento che paura tra gli ebrei. I soldati, una volta terminata la retata, stranamente si calmano e si limitano a tenerli a bada. Non urlano ma sorridono, non si sa se per scherno o per tentare di mantenere una certa calma. I bambini che sfuggono al controllo dei genitori sono invitati a tornare nel gruppo in modo deciso ma non cruento. Il sole è ormai alto quando tutti gli ebrei vengono radunati in un piazzale, intere famiglie con genitori che tengono stretti i bambini e vecchi che cercano un posto seduto per potersi riposare tutti insieme in una calma irreale che circonda l'area se ne stanno ordinati in attesa di conoscere le intenzioni dei soldati. Arriva un ufficiale che parla la loro lingua e chiede che il rabbino a capo della comunità si faccia avanti. Questi, obbedendo, esce dal gruppo e si avvicina per parlare con l'ufficiale. Nessuno osa disturbare, i bambini vengono tenuti a bada in ogni modo e quelli che piangono vengono quasi soffocati ai seni delle madri. Pochi minuti e il rabbino rientra nel gruppo e prima di venire assalito dalle domande spiega <
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> Queste e altre domande tempestano il rabbino che invitando alla calma esclama <<non vi agitate, non facciamo irritare i soldati vi prego! Il luogo di destinazione non è lontano e in quanto alle nostre cose verranno a prenderle con i camion, ci penseranno loro a portarcele.>> La spiegazione fornita dal rabbino ha il suo effetto anche se qualcuno non del tutto convinto accenna a una protesta subito placata dagli stessi compagni. Le voci delle persecuzioni sono arrivate fino al loro villaggio ma non vogliono, non devono crederci, è impossibile che si possa arrivare a tanto, ad uccidere intere comunità. Cosa hanno fatto di male e che pericolo possano essere per un esercito tanto potente da mettere in fuga l'armata rossa? Fra dubbi e paure per ora prevale la speranza che le parole riferite dal rabbino siano vere. Nel primo pomeriggio viene dato l'ordine di partire: la colonna degli ebrei si mette in marcia, avanza lentamente con le scarpe che strisciano e sollevano nuvole di polvere. Gli ultimi si ritrovano presto con i vestiti imbiancati e i capelli invecchiati di anni, i pianti dei più piccoli fanno da contorno al rumore dei i. I soldati anch'essi a piedi li affiancano incuranti e quasi annoiati si godono la eggiata lontano dai campi di battaglia. Proseguono così come un gregge di agnelli che si lascia guidare dai pastori. La polvere entrata nelle gole si impasta con la saliva e presto la sete incomincia a farsi sentire. Dopo alcune ore di marcia raggiungono una zona boschiva e le SS danno l'ordine di fermarsi in un prato li vicino delimitato da file di girasoli. In attesa vi sono alcuni mezzi e il primo pensiero degli ebrei è quello che verranno trasportati e la marcia a piedi è terminata. Sono assetati ma non osano chiedere nulla, per ora si accontentano. Essersi tolti dalla strada polverosa e potersi riposare può bastare. Ma il destino che li attende è crudele. Da uno di questi camion vengono scaricati pale e picconi e subito dopo vengono scelti gli ebrei più robusti ai quali
viene ordinato loro di scavare una grossa buca. I soldati cambiano improvvisamente atteggiamento: spingono, urlano e minacciano con i fucili. Lo scavo prosegue e nelle menti riaffiorano le voci dei massacri, ora è solo il terrore e la paura a farla da padrona e ormai è chiaro nella mente di tutti a quale destino vanno incontro. Altro che pacifico trasferimento, sono stati ingannati fino alla fine e i falsi sorrisi delle SS si sono trasformati in ghigni di soddisfazione. Terminato lo scavo ha inizio la mattanza. Gli ebrei vengono fatti avanzare a gruppi di dieci e gli viene ordinato di spogliarsi, svuotare le tasche e di lasciare a terra anelli, collane, orologi e occhiali. Poi dentro nella buca che in poco tempo si trasforma, per gli sventurati, nella loro tomba. Una fila di soldati prende la mira e in pochi secondi si odono colpi di fucile. Altri dieci, il tempo di lasciare i valori, entrare, colpi di fucile. Altri dieci e cosi via, entrano nella buca già lastricata di cadaveri e con le pareti sporche di sangue. Sono rassegnati, come agnelli si sono lasciati guidare e ora come agnelli sacrificali seguono il loro destino. Ma una ragazza non si rassegna, vuole vivere, inizia a correre e i soldati sono talmente presi dal massacro che non si accorgono subito dell'ebrea che sta fuggendo. Poco dopo gli spari sono diretti verso lei, prendono la mira ma nessun colpo va a segno, guadagna metri preziosi, si allontana. Un ufficiale decide di inseguirla: prende con se cinque uomini e con loro inizia la caccia. E' finita per gli ebrei del villaggio, nella fossa i corpi accatastati vengono coperti di calce poi la terra messa sopra viene pressata e spianata. Del massacro non deve restare traccia, i girasoli silenziosi e con le corolle chine
sono gli unici testimoni della tragedia. Poco tempo dopo anche per la ragazza, che ha tentato di vivere, è finita. I sei soldati tornano sui loro i. E' molto buio e non è facile orientarsi nel folto della foresta, hanno rincorso la ragazza cambiando spesso la direzione e ora non ritrovavo la strada per il ritorno. Più camminano e più sono disorientati. Le torce illuminano rami e cespugli che paiono tutti uguali, nessun sentiero da poter seguire. <
> dice Volker, sergente di 38 anni. E' entrato a far parte delle SS negli anni trenta, molto ambizioso, voleva diventare un ufficiale ma il suo basso grado di istruzione gli ha impedito l'accesso al corso e si è dovuto accontentare della carriera sottufficiali. Si è sempre distinto per impegno e devozione verso il partito nazista. Far parte delle SS, il corpo d'élite, per lui era una missione. La divisa nera, che incuteva rispetto fra i tedeschi e terrore per gli altri, la portava con orgoglio. Interviene il tenente Ditrik, l'ufficiale al comando <<proviamo in quella direzione, gli alberi sembrano meno folti.>> Il tenente Ditrik iscritto al corso ufficiali per ordine del padre anch'esso ufficiale nella prima guerra. <
> Quante volte gli ha ripetuto questa frase il padre, aggiungendo poi <
> Solo che a Ditrik della carriera militare non importava nulla, i racconti del padre sui massacri della prima guerra lo avevano inorridito e anche spaventato a tal punto da indurlo a scegliere di arruolarsi nelle SS piuttosto che nella Wehrmacht, l'esercito regolare tedesco. Inizialmente il compito delle SS era più che altro di polizia e di scorta ai vari gerarchi nazisti, sicuramente meglio che rischiare di finire al fronte.
Entrato nel corso ufficiali e grazie alle buone conoscenze del padre era poi diventato in fervente seguace della dottrina nazista. In poco tempo era stato promosso al grado di tenente e le vittorie conseguite dall'esercito tedesco lo entusiasmavano e ora partecipava a quella che sembrava essere una inarrestabile marcia in Unione Sovietica. Non riusciva però a togliersi di dosso la paura di essere coinvolto in una battaglia. Stare nelle retrovie a caccia di ebrei era di certo la posizione che più gli si confaceva. Avanzando trovano una radura, una piccola macchia d'erba nel folto della foresta. Non si vede nulla ma solo ombre di alberi che appaiono all'improvviso quando la luna spunta fra le nuvole ma poi solo l'oscurità rotta dai fasci di luce delle torce sempre più deboli. Nessuna taccia di un qualunque sentiero, nulla solo alberi e cespugli. <<E' inutile proseguire signor tenente! Non pensa sia meglio fermarsi qui per la notte e attendere che faccia giorno?>> chiede Volker. Ditrik <
> Replica Volker <
> Ditrk <
> Volker dispone i turni di guardia, sarà suo il primo turno e a seguire Eber, Gunther, Markolf e per finire il caporale Hubert. Si dividono gallette e cioccolato per cena, è tutto quello che hanno. Il tempo di una sigaretta e ognuno si sistema alla benemeglio per are la notte. Le prime luci dell'alba rischiarano la piccola radura, uno alla volta si risvegliano.
Lo stupore regna nel gruppo quando si guardano e si vedono tutti in abiti civili: le uniformi e le armi sono sparite! E' un susseguirsi di commenti <<ma cosa diavolo è successo, perché indossiamo questi abiti, come hanno fatto a vestirci così e chi è stato?>> Frugano nelle tasche, sono vuote <
> impreca Eber. Tra i cespugli e gli alberi nessuna traccia lasciata da possibili visitatori notturni. Il tenente Ditrk interviene <
> e aggiunge <
> Un Volker molto imbarazzato risponde <<non lo so signor tenente. Ho fatto il primo turno di guardia poi ho svegliato Eber e mi sono addormentato.>> Ora è il turno di Eber dare spiegazioni <
> Già Gunther.. nella confusione si accorgono solo ora che il compagno è li nel mezzo del prato immobile con lo sguardo fisso nel vuoto. Ditrik <<soldato Gunther, non hai nulla da dire? Rispondi cosa è successo durante il tuo turno di guardia?>> Gunther non risponde e se ne sta li in piedi con le braccia a penzoloni lungo i fianchi. Nessuna espressione sul viso, nessuna risposta. Il tenente gli si avvicina, è furioso, faccia contro faccia gli urla <
> urla e sbraita talmente tanto che spruzzi di saliva finiscono sul volto Gunther. Gunter non si muove di un centimetro. <<Signor tenente>> interviene Volker <
> <
> domanda Ditrik.
<
> la mano di Volker stretta a pugno si stampa sulla faccia di Gunter. Questi cade all'indietro e per un attimo resta steso a terra. Poi si mette seduto e massaggiandosi la mascella dice <
> Volker allargando le braccia <
> <<Ti ricordi qualcosa di questa notte?>> gli domanda di nuovo il tenente. Ancora un po confuso Gunther stenta a rispondere, attende qualche secondo e poi inizia <<non mi crederete.>> Ditrik <<parla o ti faccio are il resto della guerra a pelare patate!>> Gunther riprende <
> Ditrk <
> Gunther non sa come giustificarsi. È evidentemente confuso, anche lui capisce che il suo racconto è alquanto discutibile. Volker interviene nell'alterco fra il tenente Ditrk e il soldato Gunther <
> <
> replica Eber <
> Ditrik <
>
Eber insiste <<si era un gas, i russi lo hanno sperimentato e ora ci stanno osservando.>> Volker <<non dire idiozie i russi sono in fuga, ti dico che non so chi sia stato e perché ma se li prendo li faccio a pezzi.>> I commenti si sprecano ognuno ha da dire la sua, ma ogni ipotesi non regge e non sa dare una spiegazione logica. Ditrik <
> il tenente sembra più irritato dalla strana situazione che convinto della direzione da prendere. I sei si mettono in marcia con i dubbi che li attanagliano, disarmati e preoccupati di imbattersi nel nemico. <<Sai>> bisbiglia Eber <
> <<Meglio che non ti senta e togliti quel ghigno dalla faccia>> risponde Hubert <
> Ci vogliono circa due ore di faticosa marcia e finalmente il bosco è alle spalle. Davanti si distendono campi disseminati di rottami più che altro lasciati dall'armata sovietica in ritirata. C'è un viottolo appena visibile, una striscia su cui pochi i paiono essersi posati ma decidono di seguirla nella speranza di trovare una strada degna di questo nome. Ditrik <<dobbiamo trovare acqua e delle indicazioni, ci siamo proprio persi.>> <
> segnala Gunter. Ditrik <
> <
> risponde tenendo il braccio teso per indicare dove guardare. Decidono di sdraiarsi a terra e attendere che il gruppo in cammino si avvicini.
Non riescono a distinguere se siano contadini, camerati o soldati russi. Aspettano alcuni minuti. Il gruppo che in un primo momento avanzava verso di loro ora cambia direzione. Hubert <
> <
> Markolf si offre volontario <<mi avvicino per capire con chi abbiamo a che fare, voi non fatevi vedere se sono nemici me la do a gambe levate, sapete come sono veloce e resistente nella corsa, anche loro sono a piedi non mi prenderanno.>> Ditrik <
> Markolf <
> Markolf, soldato semplice entrato nelle SS grazie ai meriti sportivi, campione regionale di mezzofondo, un bel fisico: biondo, mascella squadrata, occhi chiari, un tipico esempio di uomo ariano. Ditrik approva il piano e gli raccomanda di nuovo prudenza. Markolf si incammina a o lesto verso gli estranei, stando attento a non destare sospetti e intento a capire se e quali divise indossino. Lo hanno visto! Si fermano e gli intimano di avvicinarsi, un paio di fucili lo tengono sotto tiro. Gli altri cinque, nascosti, seguono con trepidazione lo svolgersi della situazione. Markolf alza le braccia in segno di resa e continua a camminare verso di loro. Ha capito che si tratta di soldati tedeschi e non si preoccupa dei fucili puntati su di lui, è normale, indossa abiti civili e c'è una guerra in corso. Eber, ancora nascosto con gli altri, afferma <<non è fuggito significa che sono
nostri soldati e non russi.>> Ditrik <
> Attendono un cenno da parte di Markolf che intanto ha raggiunto gli estranei e sta discutendo con loro. ano alcuni minuti e non succede nulla. Dalla loro distanza non capiscono cosa stia succedendo e Wolker si spazientisce <<ma cosa sta facendo, perchè mai non ci segnala di avvicinarci!>> Uno sparo echeggia nell'aria e i cinque ancora sdraiati si guardano increduli negli occhi. Si intravede Markolf steso a terra, cala un silenzio surreale, nessuno sa cosa dire e il sangue si gela nelle vene. Il gruppo di soldati si rimette in cammino facendo una deviazione a “esse” e tanto basta ai cinque per riconoscerli. <<Ma sono della Wehrmacht perchè gli hanno sparato?>> impreca Volker digrignando i denti <
> Ditrik <
> Devono faticare per trattenere Volker a terra che rabbioso continua a chiedere il perché non dovrebbe irrompere fra quei soldati e rompere qualche faccia. Ditrik <
> Volker <
> Ditrik <<deve aver detto o fatto qualcosa di sbagliato, lasciamoli allontanare e poi vediamo di capirci qualcosa.>> Possono mollare la presa su Volker che comprende le parole del tenente e si calma. Appena i soldati scompaiono dalla loro vista accorrono al luogo dove giace Markolf e la prima cosa che notano è il corpo steso con il torace nudo: il
compagno si era tolto giacca e camicia, la cosa appare inspiegabile. Hubert <
> continua a domandarsi. <
> afferma Gunther. Ditrik <
> Gunther <
> (Il tatuaggio veniva fatto alle SS per distinguere gruppo sanguigno e numero di matricola facilitando i medici in caso di soccorso o di identificazione in caso di morte) Ditrik <<ma allora come mai gli hanno sparato, non ha senso!.>> Eber interviene <
> Hubert <
> Ditrik <<non può sparire un tatuaggio, ti starai sbagliando Hubert, sicuramente sono stati loro a chiedere di vederlo.>> La discussione viene interrotta da Eber che esclama <
> Eber, pallido in volto, si è spogliato e mostra il suo braccio, pulito senza numeri o lettere. Cade il silenzio più assoluto, si possono udire i rumori dei bottoni che ano fra le asole, giacche e camicie che cadono a terra. Anche gli altri quattro ora si guardano il braccio sinistro e con terrore constatano la scomparsa del rispettivo tatuaggio. Si guardano e si riguardano nella speranza che possa ricomparire.
Poi Eber in preda al panico urla <<è stata la ragazza ebrea uccisa nel bosco, era una strega e ci ha fatto una maledizione, l'ho sentita mentre la pronunciava prima di morire!>> Volker lo afferra per le spalle, lo scuote e alzando la voce più della sua gli dice <
> Ditrik <
> La spiegazione fatta da Ditrik li convince ma resta l'incredulità per quello che sta succedendo, nessuno sa cosa dire. ano alcuni minuti, si rivestono e poi senza che nessuno prenda l'iniziativa, come degli automi, sollevano il camerata morto, lo adagiano in una buca scavata dall'esplosione di una bomba e lo ricoprono con terra e sassi raccolti nelle vicinanze. Terminata la sepoltura che li ha momentaneamente distratti ora si ripresenta il problema: cosa fare dove andare e da chi? Per due giorni hanno girovagato nella zona senza una meta precisa e con un'unica priorità: la ricerca di cibo, poco e difficile da trovare. E pensare che fino a pochi giorni prima bastava mettersi in fila alla mensa o ti veniva portato il rancio! Ora si deve penare anche solo per un pezzo di pane secco. Nelle teste ronzano in continuazione mille pensieri alla ricerca di una risoluzione alla strana situazione in cui si trovano. Come se non bastasse, per paradosso, devono stare alla larga dai loro stessi camerati che occupano saldamente la zona. <<Signor tenente, non possiamo continuare così>> esclama Volker e aggiunge <
> Ditrik <
>
Volker spiega cosa ha in mente <
> Ditrik <<e come credi di fare, quelle poche parole russe che conosciamo non sono sufficienti i contadini non ci capirebbero. O forse intendi chiederle a qualche pattuglia tedesca? No i villaggi sono presidiati dai nostri soldati, guardiamoci, tedeschi in borghese in territorio sovietico e senza documenti, se ci prendono siamo spacciati come minimo ci scambiano per oppositori del regime nazista fuggiti a est, comunisti, ci fucilano e la faccenda è chiusa.>> Volker <<eppure una soluzione dobbiamo trovarla>> guarda verso gli altri <
> Tutti si rendono conto che si trovano in un guaio da cui non sarà facile uscire. Tedeschi che devono evitare i tedeschi, persi in un territorio sconosciuto e non in grado di capirsi con gli abitanti del luogo, nel mezzo di una guerra in cui tutti sparano su tutti e dove i civili non vengono risparmiati, dove ci si ritrova uccisi non solo perché si indossa la divisa del nemico ma perché appartenenti ad una etnia minore, di idee politiche diverse o non si riesce a dimostrare la propria identità. Inoltre non bisogna sottovalutare il pericolo che all'udire di due parole in tedesco i russi ti uccidano senza pensarci un secondo, tanto e' l'odio seminato in tutti i territori occupati dalla Wehrmacht. Fino ad ora la soluzione è stata quella di cercare fattorie isolate, controllare che nei dintorni non vi siano soldati di qualunque nazionalità e spacciandosi per antinazisti in fuga, ottenere aiuto. Con un po di fortuna hanno racimolato del cibo ma ora dovranno rischiare se vogliono le informazioni necessarie per ritrovare il reparto di appartenenza.
Mettono in atto il piano stabilito, ma per alcuni giorni girovagano ancora in cerca di fattorie o piccoli gruppi di case, non si sentono pronti per un villaggio. Il primo approccio è sempre lo stesso, le poche parole che conoscono in russo vengono usate per un tentativo di non inimicarsi gli abitanti <<salute tedeschi buoni no Hitler viva comunismo.>> Il più delle volte ottengono riparo per la notte e cibo oltre ad aggiungere qualche parola russa al loro vocabolario, ma altre si devono allontanare velocemente, rincorsi da contadini furiosi armati di forconi e zappe desiderosi di sfogare la loro rabbia su un gruppetto di tedeschi disarmati. I giorni ano, imparano qualche termine in più sulla lingua locale ma per le indicazioni che cercano nulla, i contadini sanno al massimo indicare la strada per il villaggio più vicino. Hubert ha uno sfogo <<prima con la divisa delle SS bastava arrivare ad ogni casa e ti davano quello che volevi, con le buone o le cattive, ora dobbiamo elemosinare o rubare per poterci sfamare.>> Aggiunge Ditrik <<è vero, l'altro giorno siamo stati scacciati da una fattoria, non siamo in grado di provvedere a noi stessi. Acqua cibo e un tetto sotto cui dormire, sono stanco di avvicinarmi ad una porta e rischiare di trovarmi un fucile puntato addosso, dobbiamo mettere in atto quello che abbiamo prestabilito, e ora... penso che siamo pronti.>> Hubert <
> Questa volta è Volker a prendere la parola <
> Poi guardando uno ad uno gli altri cinque afferma <
>
Le parole dette da Volker scuotono i compagni, la decisione di rischiare viene accettata, nelle vicinanze, secondo le indicazioni, si trova un villaggio e in quella direzione si incamminano. ano per i campi, possibilmente vicino a siepi o alberi, come hanno fatto fino ad ora. Seguire direttamente la strada è troppo pericoloso, qualche riparo lo offrono anche i rottami dei mezzi militari colpiti, ce ne sono molti sparsi per l'immensa campagna, anneriti dal fumo, crivellati dai colpi subiti e con all'interno ancora l'odore della morte. Arriva sera e il villaggio è in vista. Decidono di fermarsi all'aperto e attendere l'indomani, un gruppo di alberi offre un riparo dall'aria fresca della notte, qualche battuta mentre consumano una frugale cena, poco pane e qualche patata, il tutto insaporito da alcuni frutti trovati durante il cammino, si dividono in parti uguali viveri e turni di guardia. Si addormentano tra dubbi e speranze, il giorno che li attende sarà o no decisivo per porre fine alla piccola odissea che stanno vivendo? E' l'alba, Eber augura buona fortuna all'amico Hubert, è stato l'ultimo a salutarlo, i due amici si abbracciano poi Hubert si volta verso gli altri fa un cenno con la testa e si incammina. E' lui il prescelto per recarsi al villaggio. Il caporale Hubert e il soldato Eber si sono arruolati nello stesso giorno e per casualità non si sono più divisi, stesso reparto, stessa destinazione e stessa sorte. Sono molto amici e hanno scoperto di avere la stessa ione per le armi, conoscono a memoria calibri, proiettili, gittata e tanti altri particolari. Si divertono ad interrogarsi a vicenda nel tentativo di cogliere l'altro in errore. Fra le cose in comune hanno la convinzione che gli ebrei siano stati i responsabili del tracollo della Germania nella grande guerra, quella del 14/18, e che sia giusto eliminarli dai territori occupati dal terzo reich. Eber osserva l'amico allontanarsi, inutile andare tutti e poi una persona sola a più inosservata. Fra di loro è quello che conosce più parole in russo e venendo da una famiglia contadina riesce a imitare gesti e quel modo di camminare tipico di chi sta chino per ore a lavorare la terra.
Si è ben preparato, le scarpe infangate ma non troppo, non piove da alcuni giorni, i pantaloni anch'essi sporcati ad arte specialmente sulle ginocchia, le mani e il viso sono già segnati dai giorni ati alla macchia. Per il resto non gli rimane che fare molta attenzione e tenere le orecchie ben aperte. Già alle prime case incrocia contadini che si recano a curare i campi o almeno quello che ne rimane dopo la devastazione. Continua a camminare con lo sguardo piuttosto basso ma le pupille roteano freneticamente alla ricerca di un qualsiasi indizio utile. Ecco appaiono i primi soldati, stanno avanzando lentamente non hanno fretta, sembra non abbiano una meta precisa, molto probabilmente si tratta di un giro di ispezione, uno di quelli che si fanno più volte al giorno, incolonnati in fila indiana i nuovi padroni mostrano i muscoli. Sono sempre più vicini, non deve cambiare la sua direzione perché facendolo li farebbe insospettire, lui queste cose le sa. Sfilano dall'altra parte della strada e non fanno caso a lui, mantiene la calma e quando l'ultimo soldato a finalmente può riprendere a respirare l'aria a pieni polmoni. Ora deve continuare verso il centro dove si svolgono le attività di vita quotidiana. Anche se imperversa la guerra scambi di merce di prima necessità avvengono in modo più o meno lecito. Si mescola fra massaie intente a trattare e barattare qualsiasi cosa sia commestibile, uomini invalidi o troppo anziani per la guerra e bambini che rischiano una bastonata per rubare una patata. Infine ci sono i soldati, la fonte di informazioni. Si finge interessato a qualche articolo e intanto ascolta e ascolta. Un gruppetto di questi si sofferma vicino a un carro carico di fieno, stanno consumando il rancio parlano a voce piuttosto alta, forse qualche goccio di alcool fa la sua parte. Non fatica a sentire le loro parole e dopo alcuni minuti decide che è ora di abbandonare il villaggio, quello per cui era venuto l'ha sentito. Ripercorre la stessa strada, stavolta niente soldati in marcia, ma la paura non cessa fino a quando si lascia il villaggio alle spalle e svolta verso i campi dove i compagni lo aspettano con ansia. Ditrik <
poter fare nulla...>> <<Ma perché quella faccia cupa?>> domanda Eber. Dopo una breve attesa Hubert si decide a rispondere <
> Volker si alza di scatto e urla <
> Risponde Hubert <
> Ditrik <<è svanita ogni possibilità di rintracciare i nostri camerati, e con questa anche quella di rientrare nei nostri ranghi, è la fine.>> La speranza di poche ore prima lascia spazio allo sconforto. La verità si presenta in tutta la sua tragicità e ora devono pensare a sopravvivere con le solo loro forze. Niente amici e senza una meta, non più ingranaggi di una potente macchina da guerra, solo uomini soli deboli e indifesi. Da cacciatori ora sono diventati prede. Ditrik prende la parola e decide che questo sarà l'ultimo ordine che impartisce da ufficiale, almeno fino a quando la situazione rimarrà tale <
> Gunther <<si mi pare la cosa giusta signor tenente, accidenti scusa, si Ditrik volevo dire.>> Se ne vanno, ancora senza una meta camminano per ore mentre la giornata volge al termine, la notte non da tregua: fame, sete e paura hanno il sopravvento sul sonno che fatica a venire. La consapevolezza di essersi trasformati in prede in una terra sconosciuta e lontani da casa non mette pace ai loro pensieri. L'alba non promette nulla di buono, nella notte le stelle sono scomparse dal cielo e ora le nuvole si fanno avanti sempre più minacciose.
Si mettono in cammino, da lontano si odono i rombi dei cannoni. Eber <
> Gunther <<non lo so e non me ne importa.>> Pioviggina e gli abiti inadatti si infradiciano velocemente. Il fango appiccicoso si attacca alle scarpe, le ricopre e le rende pesanti, entra in esse e lascia all'interno piccoli sassolini a tormentare i piedi rendendo la marcia ancora più penosa. A ogni o si sprofonda nel terreno molle, la fatica si fa sentire. <
> urla Gunther. Il grassone del gruppo in sovrappeso già da bambino, il padre titolare di una rosticceria e la madre ottima pasticciera uguale alimentazione a base di polli e torte. E' stata una fatica per lui entrare a far parte delle SS, dopo una dieta ferrea con conseguente perdita dei chili di troppo ma aiutato dall'alta statura si è presentato al corso più robusto che grasso e ce l'ha fatta. Un omaccione adatto a fare da scudo, da solo, al gerarca di turno. Purtroppo piano piano i chili sono tornati e ora è li seduto su un sasso e si rifiuta di proseguire. Ditrik <
> Gunther <<e che ben venga la morte non ne posso più, sono stanco e affamato voglio del cibo e una birra>> poi in preda alla rabbia aggiunge <
> piange mette la testa fra le mani e non accenna a muoversi. Ditrik, vedendo quell'omaccione piangere e ascoltando le sue parole si sente in colpa, elabora un piano per farlo riposare <
>
Volker <
> I tre si incamminano, mentre Hubert cerca di consolare l'affranto Gunther <
> Gunther <<no non ho nessuno, per questo non mi importa di morire.>> Hubert capisce che l'amico non ha voglia di parlare e pensa sia meglio che sia lui ad intrattenere la conversazione <<sai non lo sono neanche io ma ho un'amica, anzi molto di più che una semplice amica. Ci siamo conosciuti sul tram a Stoccarda, lei portava dei pacchetti, era molto affollato è stata urtata e uno di questi gli è caduto quindi mi sono chinato per raccoglierlo ma la stessa cosa ha fatto lei e ci siamo ritrovati accovacciati a guardarci. Mi ha ringraziato e quando è scesa l'ho seguita anche se non era la mia fermata. Mi sono offerto di aiutarla, non ci speravo ma mi ha detto di si. Abbiamo iniziato a parlare ognuno delle proprie aspirazioni e ci siamo dati un appuntamento per il giorno dopo. Lei una commessa con il sogno di diventare attrice di teatro, qualche parte in compagnie di seconda o terza categoria in piccoli teatri di periferia, ma con una voglia una tenacia di affermarsi di diventare famosa.>> Gunther ascolta il racconto e pare tranquillizzarsi. Hubert continua <
> Ora è Gunther che interviene <<prima di partire per ritrovarsi in questo posto di merda!>> Rimangono in silenzio, la pioggia si fa più insistente, si coprono come meglio possono, l'unica cosa che non manca è l'acqua da bere.
ano quattro o forse cinque ore e uno dopo l'altro i tre esploratori ritornano, stanchissimi. L'ultimo è Eber che nonostante mostri segni di sfinimento abbozza un sorriso, ha una borsa a tracolla. <<Eber perchè hai quella faccia da idiota e che cosa hai nella borsa?>> esclama Ditrik. Eber <<prima di tutto prendete, ho del pane per te Gunther il pezzo più grosso, mangiate.>> Gunther divora il suo pezzo che in un attimo sparisce, ha la bocca talmente piena che fatica a parlare <<dove l'hai trovato, ne hai ancora?>> Eber sorride <
> <<E allora?>> domanda Hubert. Eber <
> Riprende fiato e continua <<è disposto a darci rifugio in cambio del nostro lavoro, se lo aiutiamo a sistemare le costruzioni fatiscenti ci offre vitto e alloggio, potremmo are l'inverno al sicuro.>> Ditrik <
> Eber <<si gli ho detto in quanti siamo, ha bisogno del nostro aiuto quanto noi ne abbiamo di lui, i suoi quattro figli sono tutti al fronte ed è rimasto solo con la moglie. Il posto si trova veramente fuori dal mondo, non c'è nemmeno una strada che arriva lì quei due vivono veramente isolati.>>
Volker <
> Gunther si alza di scatto, l'idea del cibo e di un giaciglio caldo gli fanno ritrovare le forze, ora è lui ad esortare gli altri a muoversi <
> I cinque uomini si mettono in cammino, in fila uno dietro l'altro seguono Eber. La pioggia li tormenta, non hanno una parte del corpo asciutto e il freddo arriva ormai nelle ossa. Alla vista della fattoria riprendono coraggio, è proprio come l'ha descritta Eber, bisognosa di una sistemata ma soprattutto isolata. Osservando durante il percorso non hanno intravisto segni di altre attività, nessuna strada arriva in quel luogo, campi gruppi di alberi e nient'altro. Un vialetto delimitato dagli ultimi fiori di stagione segna la via per l'ingresso. Lo percorrono, mentre un sentimento di fiducia contrasta con la paura. Cadere in una trappola ed essere catturati magari dai russi e finire giustiziati in pochi minuti... chi ci sarà ad attenderli oltre l'ingresso? Poi, prima che possano arrivare alla porta, questa si apre e appare un uomo sorridente che allargando le braccia esclama a voce alta un sonoro <
> Ben arrivati... possono tirare un sospiro di sollievo, quell'omone che li invita a venire avanti ispira immediatamente fiducia, per ora si sentono al sicuro. <
> risponde Ditrik che non esita a prendere l'iniziativa. Dopotutto si sente ancora il capo nonostante non vi siano più gradi militari fra di loro e prosegue <
> Stepan <
> Ditrik, che evidentemente non ha perso la tipica precisione di un ufficiale tedesco, insiste <
ci fucilassero in un attimo.>> Finisce poi col presentare gli altri amici. Stepan non sembra molto interessato alle spiegazioni offerte e li invita ad accomodarsi in casa <<non state fuori, prego entrate, dovete togliervi quegli abiti fradici.>> Entrano e il tepore del camino li avvolge come una coperta calda. Non si sono ancora cambiati gli abiti ma i brividi di freddo scompaiono. Osservano la sala accogliente e pulita, in un lato la cucina da cui proviene un profumo di verdure che stanno ribollendo in una pentola fumante da cui fuoriesce una colonna di vapore che appanna la finestra vicina, l'arredamento è essenziale ma ben lavorato, con cura, segno dell'abilità di chi ha costruito il tutto. Si apre una porta e compare Zlata, la moglie, robusto fisico da lavoratrice, un viso tondo e paffuto tagliato in due da un sorriso che ispira subito simpatia. <<Eccovi arrivati, ma come siete conciati>> esordisce e non da loro il tempo di replicare che ordina <<non state li impalati, entrate, in quella stanza troverete un armadio e un baule con i vestiti dei miei figli. Scegliete quello che vi va bene e toglietevi quelli stracci bagnati che avete indosso. C'è dell'acqua calda per potervi lavare almeno mani, faccia e piedi... su veloci non vorrete prendervi un malanno, questo non è un ospedale!>> Guardano la donna, stupiti da tanta irruenza. Accennano un timido saluto di cortesia ma sinceramente non sanno cosa fare. Il marito intuisce dai loro sguardi che non tutte le parole di Zlata sono state capite e si presta a tradurre. Infine alza le spalle e dice <
> Si affrettano, trovano tutto quello di cui hanno bisogno. Sentire il calore dell'acqua riscaldare i piedi, mettersi addosso vestiti puliti e asciutti dona una piacevole sensazione di benessere dimenticata da giorni. Mettono insieme gli abiti smessi e ne fanno un unico fagotto che ripongono in un angolo e rimettono in ordine la stanza, dopo di che ritornati in cucina è ancora Zlata a ordinare <
misura, sono abbastanza lunghi per i vostri piedi, figli e marito tutti con piedi grossi da contadini.>> Di nuovo Stepan si fa carico di tradurre. Provano le scarpe, se le scambiano fino a quando ognuno è soddisfatto della misura, poi Hubert esclama <
> Ditrik stupito <
> Hubert, che non aveva certo questa intenzione risponde <
> Ha ha ha, Stepan scoppia in una risata <
> E' quasi pronto, un profumo di minestrone invade la cucina. Prontamente Hubert risponde <
> e manca poco che si metta sull'attenti. Si accomodano e prima di cenare Stepan recita una preghiera di ringraziamento. Non la capiscono ma la ascoltano in silenzio senza disturbare. Zlata serve la cena, minestra che nonostante scotti viene consumata in un baleno. Seguono fette di pane spalmate di burro e formaggio. Stepan <
> Ditrik <<non ci pensi proprio a scusarsi, erano giorni, anzi settimane che non mangiavamo cosi bene e in abbondanza. C'è talmente tanta miseria tutto intorno che ...credetemi in questa casa dimenticata dalla guerra pare di essere veramente in paradiso, faccia i nostri complimenti a sua moglie è proprio una brava cuoca.>> <
> aggiunge Eber, e i ricordi vanno a prima della guerra quando, nonostante la crisi, in campagna si viveva decentemente, qualche animale un poco di terra e l'orto dava i suoi frutti, non si moriva di fame.
Stepan <
> Attimi di silenzio e di imbarazzo fra i cinque tedeschi, nessuno sa o vuole rispondere a Stepan. Per fortuna è lo stesso Stepan a sbrogliare la situazione <
> Infatti, asciutti e rifocillati, non ci vuole molto che il sonno inizi a farsi sentire. Notti ate all'aperto e a stomaco vuoto hanno lasciato il segno. Ringraziano nuovamente la signora Zlata, si avviano e seguono Stepan che li conduce in una stanza sul retro <
> Volker <
> <
> afferma Ditrik. Stepan <
> Fanno tutti cenno di aver capito la prudenza di Stepan che aggiunge <
formalità.>> Esce e prima di richiudere la porta augura un buon riposo. Una veloce conta per definire i turni sul pagliericcio e si coricano. Eber <
> Volker <
> Gunther <
> Hubert <<Stepan sicuramente sa il fatto suo ed è saggio.>> L'unico che sta sulla difensiva è Ditrik <<stiamo attenti però a non lasciarci mai sfuggire chi siamo veramente, non sò come la prenderebbero. Ricordate che i loro figli sono al fronte contro i nostri e probabilmente sono rimasti uccisi o prigionieri. Sono sicuro che Stepan teme questa eventualità.>> Pochi minuti e il sonno li avvolge nelle sue spire. Finalmente una notte tranquilla dopo molte ate all'aperto dormendo con il timore di una possibile cattura. E' l'alba e dalla stanza vicina si odono i i e le voci di Stepan e Zlata. Eber <
> Riposati, comodi e tranquilli stentano ad alzarsi ed è di nuovo Eber che deve incitarli <<su pigroni vogliamo guadagnarci vitto e alloggio>> e sotto le sue minacciose parole sgusciano uno dietro l'altro da sotto le coperte. Appena aperta la porta li accoglie la voce di Stepan <
> <<Buon giorno, buon giorno, dormito benissimo grazie>> rispondono. Stepan <<Sedetevi, pane latte e uova, avete bisogno di energie, c'è tanto lavoro da fare.>>
Nel frattempo arriva Zlata con il suo sorriso stampato sul volto. Saluta e comincia a parlare mentre il marito fatica a mantenere il ritmo nel tradurre <
> Una risata pervade la cucina, Ditrik <
> Dopo colazione si a all'elenco dei lavori da eseguire. Stepan <<prima di tutto pensavo al tetto della casa, avrete notato che gocciola in alcune parti e il carico della neve che verrà mi preoccupa. Dovevo sistemarlo con i miei figli ma sono partiti per difendere la grande madre Russia.... poi ci sarebbe la stalla, il lato a nord sta per crollare e vanno sostituiti molti tronchi a tutte le pareti, fare scorta di legna, raccogliere le ultime patate e preparare la terra per la prossima stagione prima che arrivi l'inverno. Tutto il materiale che ci occorre stà intorno a noi e il resto è tanta buona volontà.>> I cinque amici concordano <<siamo qui per questo, diamoci da fare.>> Zlata esulta, anche se non ha capito cosa si sono detti intuisce dalle loro espressioni che l'accordo è stato preso. ano le settimane e i lavori proseguono spediti. Nelle pause serali Stepan insegna nuove parole e frasi in russo, ora sono in grado di conversare anche con sua moglie senza bisogno di traduzioni. Le temperature diventano sempre più fredde e le giornate si accorciano. I lavori più grossi volgono al termine e un giorno Stepan annuncia la decisione di recarsi in città per rifornirsi di quello di cui ha bisogno e per avere notizie sull'andamento della guerra. Stepan <
> Ditrik <
risposta.>> Dopo un pomeriggio di lavoro si ritrovano nel fienile. Mentre ci si lava si parla della giornata trascorsa, dell'andamento dei lavori ma questa volta c'è un argomento nuovo su cui discutere, uno di loro dovrebbe andare con Stepan? E' rischioso, ma l'occasione di poter reperire informazioni li alletta. Vorrebbero saper qualcosa, isolati in questo luogo non hanno idea di come la guerra prosegua. Inoltre rimane sempre la speranza che il loro reparto sia tornato in zona e saperlo è fondamentale per un loro possibile reintegro nelle file della Wehrmacht. Prendono la decisione: Hubert, lui è ancora quello che ha dimostrato più dimestichezza con la lingua russa, ha dimostrato di saper meglio nascondere l'accento tedesco e in forza di questi requisiti è stato scelto. Oltre al fatto che lui stesso si è subito offerto per la missione. Il giorno della partenza sono pronti: due zaini con formaggio burro e uova ben avvolte in panni per non romperle, verranno usati come merce di scambio, quello che serve sono sale, zucchero per dare grado alcolico al distillato fatto in casa inoltre della stoffa e con un po di fortuna magari del tabacco. Stepan <
> Hubert <<ma abbiamo il cavallo.>> Stepan scuote la testa <<sei poco furbo tedesco, se ci presentiamo in città con il cavallo me lo requisiscono subito i tuoi compatrioti. Si va a piedi quelli non li vogliono.>> <
> raccomanda Zlata. Abbraccia il marito e benedice la loro partenza recitando una preghiera. I due si allontanano accompagnati dagli sguardi dei compagni che li seguono fino a quando non diventano che due piccoli punti all'orizzonte. Stepan e Hubert sono in cammino da alcune ore, piccole soste per riprendere
fiato e via. Si mangia qualcosa mentre si cammina, il o dettato da Stepan è piuttosto lesto. Una domanda viene spontanea a Hubert <<sai non ti abbiamo mai chiesto quanti anni hai.>> <<Sessantadue>> risponde Stepan. Hubert stupito <<non ti nascondo che faccio fatica a tenere il tuo o e sono molto più giovane di te, mi sembri una locomotiva, non sei stanco?>> <<Ti sembro una locomotiva? Forse per la pipa che sto fumando>> risponde Stepan ridacchiando, <
> Stepan, un omone alto, supera certamente i cento chili di peso e nonostante tutto è agile e non dimostra certo gli anni che ha. La vita dura di campagna lo ha reso forte e la mancanza di un'istruzione scolastica non gli impedisce di essere avveduto e saggio nel giudicare situazioni e persone. Un ultimo rilievo da superare e davanti a loro compare quella che dovrebbe essere una città ma che si presenta più come un grosso centro agricolo. Stepan <
> Si intravedono i mezzi militari tedeschi, alcuni carri armati e le batterie contraeree. C'è poco movimento, il villaggio è situato in una zona lontana dal fronte, si tratta più che altro di un posto di rifornimento dove arrivano le merci destinate ai reparti combattenti. E' il luogo adatto se si vogliono fare scambi con gli intermediari russi che a loro volta trafficano con i tedeschi, merce in cambio di oro e preziosi trovati o rubati in chissà quale modo. Hubert <<non preoccuparti, quello che dici è giusto, avevo già preso in considerazione l'eventualità di dovermela cavare da solo.>> Stepan appare dispiaciuto ma sa che sta facendo la cosa giusta e dà gli ultimi consigli a Hubert <<stai attento, confonditi fra la gente, ascolta e parla il meno possibile, se tutto va bene ci vediamo qui domani poco dopo il sorgere del sole.
Se non ci sei io ritorno, non posso lasciare Zlata da sola e non posso venirti a cercare.>> Aggiunge poi <
> Hubert <
> L'aria è fredda e i primi raggi del sole filtrano fra la foschia mattutina, pian piano la diradano e lasciano a Stepan la visuale libera. Aspetta, è nervoso, Hubert non si vede, è ora di ripartire guarda ancora verso la città ma non arriva nessuno. Deve andare, già pensa al peggio, sarà stato catturato, parlerà e dirà degli altri quattro e della fattoria, ho fatto male a portarlo con me. Scuote la testa mentre da un ultima occhiata, niente Hubert non c'è, si volta e muove i primi i verso la via del ritorno. <<Stepan Stepan sono qui>> è Hubert che ansimando arriva dalle parte sbagliata. Stepan, stupito ma contento di rivederlo <
> Hubert si china in avanti, appoggia le mani sulle ginocchia e con il poco fiato rimastogli risponde <<ero quasi fuori dall'abitato quando un gruppo di soldati si è piazzato sul ponte e...>> Stepan <
> <
> Hubert è confuso, attende un attimo e poi <
> Stepan lo rassicura <<mi hai trovato e non ti insegue nessuno, ora riposati per qualche minuto e poi torniamo a casa. Tieni bevi e mangia qualche pezzetto di
carne secca che ci aspetta una bella marcia.>> Hubert riprende fiato e colore <<sono pronto andiamo>> si incamminano e arrivati in cima al pendio Stepan si volta e guarda verso la pianura, la scruta e rimane li pensieroso con lo sguardo perso nel vuoto. <<Stai pensando ai tuoi figli?>> chiede Hubert. Stepan <<si.>> Hubert imbarazzato <<non temere per loro...o pensi che non possano tornare? >> Stepan <
> <
> domanda Hubert. Stepan <<della guerra e delle pesanti perdite che l'armata rossa sta subendo, parlano di centinaia di migliaia di soldati uccisi o prigionieri. L'ho sentito in città, solo brutte notizie e tu hai saputo qualcosa?>> Hubert <
> <
> risponde Stepan <
> Hubert <
> Un sorriso appena abbozzato fa risaltare le rughe sotto gli occhi di Stepan. Prende da una tasca la pipa, da un'altra estrae il sacchetto del tabacco lo apre con calma poi facendo attenzione a non rovesciarne a terra nemmeno un grammo fa finire un paio di pizzichi nel braciere. La accende aspirando ed emettendo ampie boccate di fumo, uno sguardo al tabacco che brucia e la locomotiva riprende la marcia. ano alcune ore camminando ognuno in compagnia dei propri pensieri, percorrono la strada del ritorno. Hubert non ha voglia di parlare, dentro di se' si sente in colpa per quello che può essere accaduto ai figli di Stepan quando è
lo stesso Stepan a rompere il silenzio rivelando l'intenzione di uccidere il maiale. Hubert, tra lo stupito e il curioso, gli domanda da dove sia scaturita una simile decisione. Stepan <<semplice, la mucca mi da il latte, le galline le uova, il cavallo anche se vecchio tira l'aratro e il maiale cosa fa? Mangia e basta. Facciamo pochissimi scarti e con l'inverno saranno ancora meno, non ho intenzione di nutrirlo con il nostro cibo. Carne fresca per il Natale ecco quello che ci vuole.>> Hubert <
> E' di nuovo Stepan che lo interrompe e prosegue nel suo discorso <
> All'imbrunire sono di ritorno. Alla vista della fattoria Stepan urla il nome della moglie più volte mentre si avvicinano fino a quando viene udito da Zlata che come se stesse aspettando un segnale apre la porta e si precipita di corsa fra le braccia del marito. Zlata piangendo << quanto mi sei mancato, ho temuto il peggio... di non rivederti... di non...>> Stepan la interrompe <
> <<Ma come vanno le cose, dimmi hai notizie sulla guerra?>> domanda Impaziente Zlata. Stepan <
>
Zatla insiste <
> Stepan la stringe forte a se dicendogli <<non temere andrà tutto bene>> e mentre consola la moglie si volta verso Hubert. Gli sguardi si incrociano, non c'è bisogno di dire nulla, quel che deve sapere Zlata è appena stato detto. Finalmente, rassicurata, Zlata si riprende e saluta Hubert e indicando la stalla <
> Hubert sorride <
> Zlata, ritrovato il piglio di combattente, gli ordina <
> <
> risponde e si affretta a raggiungere la stalla. Hubert si accosta al portone, i compagni non si sono accorti del suo arrivo, si stanno scaldando vicino alla stufa che prepara l'acqua per la tinozza e il loro vociferare ha coperto i rumori provenienti dall'esterno. Prende la maniglia la tira verso di se' e il cigolio dei cardini rivela la sua presenza. Solo allora si accorgono del suo ritorno e ora tocca a lui subire l'assalto delle domande su domande <
> Hubert calmatevi <
> Gunther <<svelti, altra acqua calda.>> Il fuoco viene ravvivato e in poco tempo nuova acqua fumante si riversa nella tinozza. Hubert si toglie i vestiti umidi e freddi e si immerge lentamente, saggiando prima con un piede la temperatura. Si ritrova circondato di un piacevole calore mentre gli altri stanno ad osservarlo, attendendo con ansia che lui sia pronto a rispondere. Immerso fino al collo e con il vapore che alza dalla tinozza per poi dissolversi
nell'aria fredda della stalla ora è pronto per raccontare <
> <<E il nostro reparto?>> domanda Ditrik. Hubert <
> La conversazione si tronca all'improvviso, alla porta c'è Stepan, ha sentito tutto e ora la situazione si complica. Ditrik <<sei qui da abbastanza tempo, vero?>> <<Si>> risponde Stepan <<sono venuto a portarvi qualche indumento intimo.>> C'è imbarazzo fra i cinque tedeschi, non sanno cosa fare. Tempo prima l'avrebbero messo in condizione di non nuocere, ma ora non se la sentono di far del male a Stepan. Non sono più le spietate SS che erano, ora qualcosa sta cambiando in loro. Volker <
> Stepan <<denunciarvi? Ma voi siete matti! Denunciarvi a chi, ai tedeschi o ai russi? A chiunque lo farei prima di tutto dovrei spiegare il perchè abbia atteso tanto e secondo, ammesso che non facciano nulla a me e a Zlata, mi requisirebbero tutto. No non ci penso proprio denunciarvi, credete non abbia capito che non siete dei civili?>> Ditrik <
>
Stepan <
> Ditrik emette un colpo di tosse quasi volesse sottolineare l'esattezza delle affermazioni di Stepan. Il quale continua <<non so chi siete, forse disertori ma non lo voglio sapere, quando siete arrivati alla mia casa vi ho accolto come fuggitivi disperati in cerca di un riparo, vi ho dato cibo e un tetto, ammetto che ero interessato al vostro aiuto, con la partenza dei miei figli non sarei riuscito da solo a eseguire tutti questi lavori....spero che Dio li faccia tornare>> la mente di Stepan per un attimo perde il filo del discorso poi prosegue <
> <
> Volker tenta di alleggerire la situazione che si è fatta tesa. Stepan riprende la parola <
> Le parole di Stepan convincono tutti, si rendono conto che il loro segreto in questo posto rimarrà al sicuro. Ditrik <
> <<E la vostra basta a me>> Stepan si volta e prima di uscire mormora <
>
Nei giorni seguenti nulla cambia nel loro rapporto, quello che è successo nella stalla ha lasciato le cose come prima. Come promesso il maiale trova la fine dei suoi giorni e buona parte di esso rallegra gli animi e gli stomaci di tutti. L'inverno arriva e tutto viene ricoperto dal candore della neve. Le attività sono ridotte al minimo, c'è da accudire agli animali e quando è bello Stepan insegna come costruire trappole e come riconoscere le orme, nelle lunghe serate continua l'apprendimento della lingua russa. Hubert <
> Stepan <
> <<E dov'è ora?>> domanda Eber. Stepan <<è morto da dieci anni durante una rivolta contro il governo sovietico quando Stalin ha deciso di portarci via i raccolti. E' partito e non l'abbiamo più rivisto, lo hanno seppellito lontano da qui, era sempre pronto a combattere per i propri diritti e la libertà.>> Eber <
> Stepan <
> Ditrik <<non dire questo Stepan, non sempre buttarsi nella mischia è la cosa migliore, quando il nemico è troppo forte bisogna saper attendere il momento giusto.>> L'offensiva da parte dell'armata rossa si blocca nel giro di due mesi, il generale inverno ha la meglio sui piani di battaglia dei due schieramenti e al disgelo è forse ancora peggio per via del fango che blocca i mezzi pesanti.
In primavera, come già deciso, il gruppo si prepara alla partenza anche se a malincuore. I mesi ati alla fattoria hanno fatto, anche se parzialmente, dimenticare la guerra. Stepan e Zlata sono stati ospitali e generosi, hanno sempre diviso quello che avevano, hanno insegnato loro a riconoscere frutti erbe e radici sia per curarsi che per nutrirsi, a catturare la selvaggina a sopravvivere con le risorse disponibili in natura. Ora parlano correttamente la lingua e possono affrontare con più fiducia le prove che il destino ha loro riservato. Stepan <<siete proprio decisi a partire?>> Ditrik <<è già stato deciso da tempo, are al sicuro l'inverno nella tua casa ci ha salvato sicuramente la vita, vi dobbiamo molto e non vogliamo mettervi in ulteriore pericolo, a un attento esame chiunque capirebbe che siamo tedeschi e non sarebbe facile per voi dare un spiegazione logica. Avete già fatto tanto per noi, lasciateci andare, con la bella stagione in arrivo le speranze di cavarcela sono molte.>> Stepan non aggiunge altro, capisce che hanno diritto di andare incontro al loro destino qualunque esso sia. Arriva Zlata, carica di fagotti, il suo bel sorriso illumina la triste giornata degli addii, ne porge uno ad ognuno <
> poi incrocia le braccia portando le mani sulle spalle imitando un abbraccio e raccomanda <
> Le parole e il sorriso di Zlata fanno luccicare più di un occhio. Stepan <<se siete in difficoltà andate verso sud-est, sulle alture è più facile nascondersi. Buon viaggio e che possiate trovare quello che cercate.>> Le parole non servono, bastano gli sguardi, ora sono pronti. I primi i sono pesanti quasi che le gambe non vogliano obbedire alla testa, non si voltano non vogliono avere ripensamenti, se ne vanno con la consapevolezza di lasciare per sempre due amici. Di tornare verso ovest non se ne parla, dovrebbero superare le retrovie tedesche, tutti i paesi occupati troppo alto il rischio di essere catturati, meglio l'immensità
dell'Unione Sovietica e la confusione che vi regna. E' sicuramente pericolosa ma sempre meglio della sistematica precisione dell'organizzazione tedesca. Decidono di rimanere nel sud dell'Ucraina sperando di tenersi il più lontano possibile dalla linea del fuoco. Nel loro girovagare di villaggio in fattorie colgono qua e la notizie, piccole quantità di cibo che unito a quello che riescono a procurarsi da soli bastano per poter sopravvivere. Osservano, ascoltano, stanno in disparte, dormono dove capita, a volte in qualche fienile o in case abbandonate e in mancanza di un riparo vanno bene alberi o mezzi semidistrutti. Fortunatamente le temperature si fanno sempre più gradevoli. L'esercito tedesco ha iniziato a sua volta un'offensiva tendente a sfondare definitivamente le linee russe, Hitler ha bisogno delle risorse petrolifere del Caucaso, le scorte per la Wermacht stanno diminuendo, lo sforzo bellico sta prosciugando la Germania. Hubert <
> Volker <<stai diventato tenero di cuore?>> <
> risponde Hubert. <<Ti capisco>> ribadisce Eber <<non volevo parlarne ma visto che hai tirato in ballo l'argomento anche a me sta succedendo la stessa cosa, forse gli ebrei sono nostri nemici ma ucciderli senza motivo i bambini poi....ammesso che i genitori siano colpevoli loro cosa c'entrano, cosa possono aver fatto di male? >> Volker <
>
Hubert scuote la testa <<ma ci credi ancora a quello che ci hanno raccontato? Sei fermamente convinto delle tesi esposte da Hitler e dai suoi gerarchi? Ci hanno trascinato in una guerra che chissà quando finirà, ci hanno raccontato che la Russia era popolata da bestie umane ma quante di queste bestie ci hanno aiutato? Russi bolscevichi ebrei e tutti quelli che ci vuoi mettere, sono tutti da eliminare, rendere schiavi? E dimmi cosa ne faresti di Stepan e sua moglie?>> Volker appare in difficoltà <
> Hubert incalza <
> Ditrik irrompe deciso <
> Nessuno ribadisce, capiscono che la discussione sta degenerando. Proseguono nella direzione che stavano seguendo, camminano mani in tasca, osservando il cielo o affilando contro una pietra un coltello trovato chissà dove. Uniti nella marcia ma distanti l'uno dall'altro, ognuno immerso nei propri pensieri. Tardo pomeriggio, il sole brillerà nel cielo ancora per due ore circa, davanti a loro poche case fienili e stalle e non si vede nessuno in giro, solo due automezzi parcheggiati che non fanno sperare nulla di buono. Volker <<soldati, solo loro hanno i camion.>> I due veicoli non hanno insegne, per ora non c'è modo di capire a quale schieramento appartengano. Aspettano e alla fine qualcuno esce da una stalla. Divise russe logore entrano ed escono a turno dalle varie costruzioni, non tutti sono in divisa, ci sono dei civili anch'essi armati, si tratta di un gruppo di sbandati. Stanno facendo incetta di viveri, il tutto in modo frenetico, caricano sui due mezzi quello che trovano. Il tempo non è dalla loro parte, troppo è il pericolo di
essere sorpresi, dopo tutto si trovano in territorio occupato dall'esercito tedesco, pochi minuti e la razzia ha termine saltano sui camion e si allontanano velocemente. Attendono che il polverone sollevato dai mezzi in fuga si diradi, ora che i soldati se ne sono andati possono avvicinarsi. <
> dice Ditrik invitando gli amici alla calma. Qualche contadino emerge dalle case, più si avvicinano e più la tensione sale, le parole dette da Ditrik risuonano nelle loro teste mentre avanzano lentamente tenendo le mani alte in segno di resa. Eber <
> Volker <<se non lo capiscono e danno segni di ostilità state pronti a fuggire, sono in troppi.>> I due gruppi vengono a contatto, loro disarmati, i contadini che imbracciano pale e forconi. Sono a qualche metro, non ancora a tiro delle improvvisate armi ma certamente non al sicuro, si scrutano a vicenda poi uno che sembra essere il capo rompe il silenzio e domanda il motivo del loro arrivo. <<Siamo solo di aggio e cerchiamo un posto per are la notte e se possibile qualcosa da mettere nello stomaco>> dichiara Ditrik aggiungendo <<domani ce ne andremo, se non avete nulla va bene lo stesso non abbiamo cattive intenzioni.>> <
> allunga il braccio e da un'energica stretta di mano a Ditrik muovendo su e giù il braccio e facendolo tremare in tutto il corpo. La tensione si stempera in un attimo, pale e forconi si abbassano, qualcuno addirittura si volta e ritorna alle sue faccende incurante degli stranieri arrivati. Hubert <
> Boris <
>
Gunther <<e anche stavolta ci è andata bene, povera gente che nonostante tutto non ti rifiuta un piatto o una scodella con del cibo.>> E così avviene, una zuppa calda, del pane e il permesso di are la notte nel fienile dove prima di coricarsi avviene una discussione fra Gunther e il battagliero Volker che ancora non ha digerito la lezione di buonismo appresa nel pomeriggio ed ora se la prende appunto con Gunther iniziando a rimproverargli il fatto che davanti a del cibo è pronto a farsi amico di chiunque <<sei contento ora che hai la pancia piena? Guarda come sorridi, cibo russi amici, cibo ebrei amici, a te basta così.>> Gunther lo guarda allibito non sa cosa rispondere <
> domanda. <
> risponde Volker rosso in volto mentre gesticola alla rinfusa. Gunther non è che il capro espiatorio del momento ma si capisce che Wolker ce l'ha con tutti loro, anzi forse con il mondo intero e quando timidamente Gunther gli domanda <<e tu cosa vorresti fare?>> <<Sono un soldato delle SS e non mi sono arruolato per questo>> dichiara Volker alzando il tono di voce. Gunther trova il coraggio di ribattere <<non ti lamentare di come siamo messi e pensa al nostro reparto al fronte, chissà in quanti sono già morti.>> Volker perde la testa e si avventa su Guntther, lo afferra per il collo urlando <<siamo forse diventati dei vigliacchi?>> Ora devono intervenire Ditrik e gli altri, a fatica riescono a staccare i due contendenti mettendo a terra Volker poi Eber si mette a cavalcioni su di lui impedendogli di rialzarsi mentre Ditrik e Hubert hanno il loro da fare per impedirgli di scalciare e usare le mani. Immobilizzato e reso inoffensivo, Volker pare calmarsi, un minuto o forse due lo tengono stretto quando Hubert gli parla <<se vuoi fare l'eroe fai pure, ora ti lasciamo. Vattene e vai a combattere contro tutti quelli che vuoi ma attento che non siano proprio i nostri a spararti per primi.>>
Volker rilassa i muscoli fino ad ora tesi, la respirazione diventa normale e il rossore in volto scompare poi dice <<scusatemi...non so cosa mi sia preso e mi vergogno di quello che ho detto o fatto vi prego...>> Ditrik lo interrompe <
> <
> si rialza e mentre si ripulisce Volker guarda verso Gunther che ancora dolorante si massaggia il collo <<non so come chiederti perdono, se vuoi colpirmi con un pugno in faccia fai pure me lo merito.>> Gunther fa un cenno con il braccio <
> Gli animi si calmano e ognuno, trovato un posto, si prepara un giaciglio di paglia dove in poco tempo si lasciano cadere in un sonno profondo. Nel cuore della notte improvvisamente si odono rumori di motori che interrompono il riposo, Ditrik si desta <
> Eber, il più vicino alla parete che dà sulla strada, sta spiando da un foro e ordina di tacere <<silenzio non fate rumore sono arrivati degli automezzi.>> Anche gli altri si avvicinano mettendosi a spiare fra le fessure, immobili scrutano nel buio, l'unica cosa che si vede sono i fari dei due veicoli che si fermano poco avanti. Scendono degli uomini, parlano a voce alta dirigendosi velocemente verso le abitazioni. Ditrik sottovoce <<parlano russo, forse sono gli stessi di ieri che sono tornati.>> Restano in silenzio ad osservare mentre le nuvole lasciano dei buchi da cui affiora la luna a squarciare il buio della notte. I russi fanno uscire dalle case tutti gli abitanti e li radunano davanti ai fari degli automezzi, sono per lo più donne e bambini, gli uomini adulti sono pochi e i giovani ancora meno, il resto deve essere partito al fronte, in tutto saranno trenta trentacinque esseri.
Quelli appena arrivati urlano e minacciano, spintonano vogliono qualcosa. Gunther <
> Eber <
> Urla e confusione, ora si capisce poco di quello che dicono, poi uno sparo echeggia nella notte e le urla strazianti di una donna che piange inginocchiata vicino ad un morto. Hubert <
> I contadini non hanno scelta, se non danno loro il cibo che hanno nascosto sono morti e se cedono moriranno di fame prima dell'arrivo del nuovo raccolto. Volker <<non si sono accorti di noi, non pensano che qualcuno sia nel fienile.>> <<E allora?>> domanda Ditrik. Volker <
> Ditrik, che ha capito dove vuole arrivare Volker <
> Volker, che ha voglia di entrare in azione insiste <
> Hubert <<è rischioso ma facciamolo, ma ora bisogna elaborare un piano.>> Intanto Volker, che non ha mai smesso di osservare e pensare <
> Come detto i russi si dividono, due gruppi da tre vanno nelle case accompagnati
rispettivamente da un contadino e gli altri restano di guardia davanti agli automezzi. Eber <<prendiamo quello che è possibile usare come pugnali, con quelli nelle case dobbiamo fare in silenzio>> Ognuno si arma come può, un punteruolo, un grosso chiodo tutto va bene. Volker e Gunther si occuperanno della casa più vicina, Ditrik e Hubert dell'altra mentre Eber rimarrà a controllare quelli rimasti ai camion. Sono pronti, Volker <
> Escono, scivolano nella notte verso le case, la poca luce emessa dalla luna velata da nuvole sottili permette loro di are inosservati. Inoltre, anche se si dovessero voltare, i russi di guardia, stando davanti ai fari dei camion, rimarrebbero accecati. Volker e Gunther sono arrivati, spiano da una finestra: la luce della lanterna illumina a malapena l'interno, i tre russi sono intenti ad estrarre le scorte alimentari celate in una buca scavata nella posizione in chi si trovava prima un letto ora scaraventato dall'altra parte della stanza. Volker sussurra <<è il momento giusto, sono presi dalla razzia entriamo, siamo due contro tre se agiamo alla svelta è fatta.>> La porta è per metà aperta, devono solo fare in silenzio, non un sol colpo deve essere sparato, se quello accadesse sarebbe una strage per i contadini, i felpati e i pochi scricchiolii delle tavole del pavimento sono coperti dal rumore che fanno i russi. Non si accorgono di nulla, voltati di spalle sono sicuri di non correre alcun pericolo. Volker si avventa sul primo, un colpo secco sul collo e l'avversario cade in silenzio senza emettere un gemito soffocato dal sangue che esce copioso dalla bocca. La stessa cosa fa Gunther: colpisce alla schiena più volte ma il russo non cade anzi si volta, lo sguardo è rabbioso, reagisce mentre Gunther ha perso il punteruolo rimasto conficcato nella spalla dell'enorme bestione che si trova davanti. Interviene Volker che sferra un colpo diritto al cuore, un urlo strozzato
e si accascia sulle ginocchia mentre Gunther, ripresa la sua arma continua a colpirlo, il sangue schizza da ogni parte. Il terzo russo balza fuori dalla buca, impugna il fucile ma Volker gli salta addosso come un gatto, seguito da Gunther che gli strappa l'arma e lo colpisce con il calcio alla testa stordendolo, ci pensa poi Volker a finirlo. Volker <
> Si rivolge poi al contadino che non si è mai mosso impietrito dalla paura <
> Nella seconda casa le cose vanno più o meno alla stessa maniera, Ditrik e Hubert si sono sbarazzati del nemico ed ora dopo aver constatato che agli automezzi non sospettano nulla ritornano al punto d'incontro per affrontare i russi rimasti. Il punto pare favorevole, Gunther Volker Ditrik e Hubert si radunano dietro una staccionata da dove si può tentare l'attacco finale. Ditrik <
> Hubert crede di avere una soluzione anche se parziale <<se aspettiamo si chiederanno che fine hanno fatto gli altri, non avendo risposte si divideranno ulteriormente, ne dovremmo affrontare di meno.>> Volker il più reattivo del gruppo ha già in mente un piano, preciso lucido spietato, che ufficiale sarebbe stato se lo avessero accettato in accademia <
>
Alcuni minuti di attesa e il piano sembra funzionare <
> Chiamano i compagni e non avendo risposta due dei soldati russi si incamminano verso le case. Con cura attendono che si allontanino quanto basta per farli arrivare a tiro sicuro di Gunther che li attende avendoli già nel mirino del fucile. E' il momento di agire, qualche o ancora ed entrano in azione, vecchi fucili e pistole a tamburo. Avanzano di corsa, hanno il vantaggio dell'oscurità mentre i russi sono illuminati dai fari, presi tra due fuochi vengono crivellati di colpi, sparano anch'essi ma più per riflesso senza la convinzione di cosa colpire. Pochi attimi ed è tutto finito, i corpi dei tre sono riversi a terra, verso le case sono echeggiati altri colpi e anche gli ultimi due sono sistemati, la battaglia è finita. Boris esce dal gruppo, come gli altri contadini non ha ancora capito cosa sia successo tanto è stata rapida l'azione. Si fà avanti osserva sbigottito la scena e domanda <<ma chi siete?>> Ditrik <<è una storia che non capiresti, l'importante è che tu e la tua gente siete salvi, abbiamo dovuto uccidere dei soldati russi ci....>> Boris interrompe Ditrik e afferma <
> La gente si riprende dallo shock, qualcuno prende le lanterne e si fa un po di luce. Durante la sparatoria due contadini sono rimasti feriti in modo lieve, l'unica vittima è quella iniziale. Hubert <
> Si congratulano a vicenda mentre Boris viene chiamato da parte, poche parole e subito dopo si volta verso di loro, l'espressione del suo viso è cambiata. Hubert <
>
Boris tentenna, non riesce a parlare, allora interviene un altro contadino <
> Accorrono sul posto, Gunther è a terra seduto con un fianco appoggiato alla parete. Hubert <<non è possibile.>> <<Ma come ha fatto a farsi colpire, era coperto dall'angolo e gli bastava sparare quando questi due si sarebbero voltati per ritornare ai camion dopo il nostro attacco>> afferma Eber. <
> specifica Ditrik. Eber <
> Volker accasciato vicino a Gunther <<è stato colpito alla schiena!>> <
> urla Ditrik pieno di rabbia, poi voltandosi verso il capo <
> Boris, sempre più in affanno si inginocchia e dice <<no ve lo assicuro, ci conosciamo tutti da sempre, siamo come un unica famiglia, non possediamo armi le abbiamo dovute consegnare tutte ai tedeschi, anche i fucili da caccia pena la morte per chi si rifiutava, non può esserci un traditore fra di noi...vi prego credetemi.>> Non sanno cosa pensare, Boris sicuramente è sincero, ma allora chi può aver ucciso Gunther, da dove è sbucato lo sparatore? Forse uno dei soldati russi si era staccato dal gruppo ed è sfuggito al loro controllo, lo ha colpito alle spalle e si è poi dato alla fuga, ma perché poi si sarebbe dovuto allontanare e per tutto il tempo trascorso durante il loro attacco. Ad ogni probabile ipotesi si aggiunge inesorabilmente una domanda che non porta a nessuna soluzione. Ditrik <
>
Il villaggio viene presto ripulito. Vengono caricati sui camion i corpi dei soldati russi cosi come tutte le armi, rimane il corpo di Gunther che nel frattempo è stato portato in una casa e adagiato su di un letto, Ditrik <<merita una sepoltura, non deve finire con quelli la fuori.>> Boris <
> Ditrik <
> Boris <<siamo noi in debito per quello che avete fatto e per quello che state per fare, ora non perdete altro tempo, l'oscurità vi sarà d'aiuto.>> Un ultimo saluto al compagno caduto e si avviano verso i due automezzi, Boris da le indicazioni per potersi sbarazzare dei camion e del loro carico <<proseguite verso quella direzione la strada fila diritta, non potete sbagliare non vi sono deviazioni. Una volta in vista del fiume svoltate a destra, duecento forse trecento metri e vi troverete davanti ad una piccola salita il dislivello è facilmente superabile, una volta arrivati alla sommità troverete un dirupo che termina sulla riva del fiume, è un posto ottimo per buttarci i camion.>> Ditrik <
> <<Se tornate da queste parti ci saremo sempre per voi, buona fortuna>> urla Boris mentre si allontanano. Partono con il loro carico di morti e seguono le istruzioni di Boris, mettono in posizione i due automezzi, una spinta e uno dopo l'altro questi corrono lungo il dirupo dritti verso il fiume dove dopo un tuffo che solleva alti spruzzi, in pochi attimi spariscono inghiottiti dalle acque profonde.
Decidono di tenere con loro quattro pistole, i fucili anche se più letali sono troppo ingombranti e visibili, un'arma piccola si può nascondere o buttare facilmente a seconda delle esigenze. Si siedono e rimangono ad osservare il fiume che scorre placido celando nel suo letto i morti appena lì sepolti. E' ancora buio ma nessuno ha voglia di dormire. Eber <<prima Markolf poi Gunther, chi sarà il prossimo a morire?>> Volker <<nonostante i due amici morti non dobbiamo rassegnarci e continuare, non so voi ma io voglio tornare a casa e in un modo o nell'altro state sicuri che ci riuscirò...ci riusciremo, non dobbiamo arrenderci, siamo soldati tedeschi, i migliori del mondo e non sarà certamente la perdita della divisa a renderci degli incapaci. Coraggio si tratta solo di resistere fino a che la Germania avrà vinto la guerra e tutto si sistemerà.>> Hubert, non tanto convinto dalle parole di Volker <
> Eber interviene nuovamente <<e se seguissimo il consiglio di Stepan, dirigiamoci verso le alture potremmo metterci con qualche gruppo di fuggiaschi, da soli e senza un appoggio non possiamo farcela. Sono d'accordo con Hubert, non credo che questa guerra finirà a breve.>> Ditrik <
> Hubert <<non ci basta andare verso sud-est, potremmo ritrovarci nelle paludi o perderci chissà dove.>> A parte Volker un po riluttante all'idea di nascondersi, gli altri tre prendono immediatamente per buona la soluzione di dirigersi verso la zona collinare. Ora il problema che si pongono è la strada da percorrere, la zona vastissima e l'assoluta mancanza di nozioni sul territorio li mettono in condizione di dover rischiare l'ingresso in una città o almeno in un grosso centro abitato, fino ad ora
evitati per la sicura presenza di reparti militari. Devono reperire notizie, tenersi aggiornati, i contadini dei piccoli villaggi non sono affidabili. Ditrik <
> <
> domanda Hubert. Ditrik <
> Albeggia, le prime luci fanno risaltare la lunga lingua d'acqua del Dnepr che si snoda nell'immensa pianura e dalla loro posizione, anche se di poco elevata, si rendono conto del lungo viaggio che li attende. Seguono il corso del fiume tenendosi a debita distanza dalla strada che a tratti lo costeggia. Dopo tre giorni appare davanti a loro la sagoma di una città e mentre si avvicinano la vista di case a più piani e palazzi storici la fa apparire, nonostante le modeste dimensioni, come una capitale, abituati ormai come sono a piccoli villaggi. Si fermano in prossimità della periferia per decidere il da farsi, il momento di rischiare è arrivato. Chi stando seduto e chi comodamente sdraiato osservano la moltitudine di edifici che si estende lungo la riva del fiume. Hubert <<non è necessario che ci si debba infilare tutti in quella che potrebbe trasformarsi in una trappola sarebbe un rischio inutile, io mi offro volontario, inutile aggiungere che sono il più adatto, siete d'accordo vero?>> Ditrk <<sarebbe meglio fare una conta ...un sorteggio.>> <<Sarebbe giusto, come tu dici, ma vi ripeto che sono il più adatto, lo sapete benissimo>> controbatte Hubert.
Qualche attimo di indecisione e Volker ne approfitta subito per non restare in disparte. <<E io vengo con te>> afferma <<non resto qui ad aspettare senza far nulla, quattro occhi osservano meglio.>> <<E quattro orecchie ascoltano meglio>> aggiunge Hubert, prendendo al volo la fermezza di Volker e la titubanza degli altri. E' tardo pomeriggio quando Volker e Hubert decidono che è il momento migliore di incamminarsi. Mescolandosi a coloro che rientrano in città raggiungono le prime case, alcune mostrano i segni dell'incuria o dei colpi subiti durante gli scontri. Subito si presenta ai loro occhi la tragica situazione in cui versa la popolazione, almeno quella parte di disperati che popolano la periferia, non vivendo nella campagna dove comunque si riesce a trovare un sostentamento, sono costretti a sopravvivere sperando di trovare quel minimo necessario per non perire di fame. Dopo un paio d'ore ate fra questa gente capiscono di trovarsi nel luogo sbagliato per le informazioni che cercano, ma vista la situazione decidono che non è saggio continuare oltre, il coprifuoco non permette di circolare nelle ore notturne. Si trovano un angolo dove are la notte in compagnia di altri disperati che non fanno domande, non si chiedono chi sia la persona seduta vicino, un pensiero solo li affligge: sopravvivere di giorno in giorno e trovare qualcosa da mettere nello stomaco. E' penoso vedere genitori che non sanno come sfamare i loro figli, gente un tempo onesta e che ora è pronta a derubarti di un pezzo di pane secco pur di far cessare i crampi all'intestino vuoto, moribondi, lasciati al loro destino, non più in grado di alzarsi tanto è la debolezza del corpo. La mattina seguente abbandonano questa periferia malconcia, sporca e povera e puntano verso la zona centrale. Si ritrovano tra una folla intenta a scambiare e trafficare in modo più o meno lecito ogni tipo di merce. In ogni via in ogni angolo si svolge una trattativa, dalle tasche o semplicemente appogiati a terra, compaiono mercanzie che
ano di mano in mano, ori e gioielli vengono ceduti in cambio di merce sicuramente di valore irrisorio ma certamente più necessaria ora. C'è anche chi si offre di lavorare per gli occupanti pur di racimolare una razione di cibo. Camminano stando a una certa distanza l'uno dall'altro, senza mai perdersi di vista. Il piano è che se uno viene fermato e arrestato deve provocare abbastanza trambusto da dare il tempo all'altro di allontanarsi. Ogni gruppetto di persone che discute è fonte di informazioni. Si avvicinano indifferenti e mentre si fingono interessati ad un acquisto ascoltano attentamente non lasciandosi sfuggire nulla che possa essere utile. Vanno avanti così per ore, si spostano e ascoltano quando improvvisamente riecheggia un sonoro <
> rivolto verso Volker il quale non si volta e finge di non avere sentito e prosegue nel suo cammino, <
> Stavolta si ferma, non può fingere ancora, si volta e vede dietro di sè tre soldati, uno di loro gli fa cenno di avvicinarsi. Sono tre SS, se gli chiedono i documenti è finita. Tentare la fuga o obbedire, ha pochi secondi per decidere. Opta per eseguire l'ordine forse non hanno intenzione di verificare la sua identità e comunque l'opzione di sorprenderli, tentando una fuga, rimane aperta, gli basterebbero pochi metri per sgattaiolare fra i vicoli e nascondersi fra i anti. Mentre si avvicina si prepara per il peggio. “Un pugno in faccia al primo, gli rompe il naso e lo mette fuori combattimento e mentre gli altri due sono ancora sbigottiti, per la reazione che non si aspettavano, ne spintona uno contro l'altro con tanta forza da farli cadere a terra, qualche secondo per reagire e lui è già sparito.” Se le cose si mettono male ecco cosa deve fare. Hubert osserva l'amico che avanza verso i soldati fingendo di leggere un manifesto.
<
> così ordina il soldato e per fortuna non c'è bisogno di mettere in atto la seconda opzione. Volker esegue, raccoglie le scatole e segue i tre soldati. Dal dedalo di viuzze del centro sbucano sulla piazza principale, la chiesa con le tipiche cupole e i palazzi decorati fanno da contorno, ma fra le varie costruzioni ne troneggia uno imponente e maestoso appartenuto certamente ad un nobile quando ancora regnavano gli zar. Ha subito qualche colpo durante la conquista ma appare sostanzialmente in buono stato e le riparazioni sono in atto: squadre di operai sono al lavoro per ripristinare la sua bellezza. Ora è sede del comando tedesco e per la sua importanza deve essere tirato a lucido. La bandiera con la svastica sventola su di esso mentre le sentinelle stanno di guardia all'ingresso. Attraversa la piazza seguendo i tre soldati, arrivano davanti all'ingresso, dovrebbe essere abituato alla vista delle guardie ma nel are il portone prova un senso di brivido. Attraversano un cortile, drappi e bandire sono esposti in ogni angolo, auto e mezzi blindati sono parcheggiati in ordine mentre gli autisti attendono annoiati un ufficiale da trasportare o un ordine di partenza fumando sigarette. Quanto avrebbe voglia di averne una per tirare qualche boccata di una buona sigaretta tedesca, poi un breve corridoio aperto su di un lato costellato da nicchie in cui poggiano busti con sguardi severi di personaggi del ato. Solo per una piccola frazione di tempo viene preso dalla voglia di rivelare la sua identità, ma poi ripensando a Markolf e al suo tentativo di far vedere il tatuaggio ci ripensa immediatamente. Entrano in un salone piuttosto disadorno, sembra più un magazzino ormai svuotato. Della bella sala di una volta rimane l'alto soffitto finemente decorato e le vetrate anch'esse lavorate ad arte, due tavoli e un mobile appoggiati a una parete. Il resto dell'arredamento manca e quando gli ordinano di posare i pacchi e di aspettare, un eco rimbomba dalle pareti vuote mentre il ticchettio degli stivali risona quando i tre soldati si allontanano lungo il corridoio lasciando la porta aperta.
Lo lasciano solo, si guarda intorno, cerca di sbirciare dalle finestre ma i vetri opachi gli impediscono di vedere. Poi da un cassetto semiaperto intravede fogli di carta sbucare e incuriosito si avvicina al tavolo, si volta verso il corridoio e dalla porta spalancata lo vede libero. Aggancia il bordo del cassetto e lo apre ancora un poco, tanto basta da intravvedere delle mappe. Il mobile è li a portata di mano e una mappa è proprio quello di cui avrebbero bisogno, preziosa quanto il pane. Dieci, venti, trenta secondi, la tensione sale, la mano si avvicina, ne vuole prendere una, altri dieci secondi ano, pensa “se l'avessi presa ora sarebbe già in tasca” la paura è che l'altra porta, non quella del corridoio ma la sua gemella che si trova dall'altra parte del salone, si apra improvvisamente. Allunga ancora la mano tremolante, osserva con la coda dell'occhio prima il corridoio e poi la maniglia della seconda porta, non si muove non si odono rumori provenire oltre, ora o mai più, rischia e velocemente come non ha mai fatto riesce ad afferrare piegare e trasferire in tasca una delle mappe. Trema ancora quando poco dopo la porta si apre ed entra un soldato, fa alcuni i, si pianta a gambe divaricate e lo osserva come si può osservare un animale allo zoo. Un paio di minuti con addosso quello sguardo sembrano infiniti, non sa da che parte girarsi, cosa fare, dove mettere le nani, in tasca no di certo si potrebbe sentire il rumore della mappa che si stropiccia e dove metterle allora, si gratta la testa si allaccia un bottone della giacca e poi? Le mani tradiscono il suo nervosismo e sempre con il soldato che non distoglie lo sguardo, quando un ufficiale entrando nel salone lo fa voltare è come un liberazione, quest'ultimo poi si rivolge al soldato e dice <
> Il soldato ordina a Volker di prendere i pacchi e seguirli. Volker esegue raccoglie i pacchi e si accoda ubbidiente, escono e dopo altre due stanze si trova in quello che doveva essere l'ingresso dal giardino: un immenso lampadario pende dal soffitto, alle pareti drappi e tende di un tessuto pesante quasi opprimente sono parzialmente aperte e dalla porta a vetri si scorge una fontana ora spenta circondata da arbusti fioriti.
I due soldati già calpestano i primi gradini di un immenso scalone che si trova di fronte al giardino e Volker si affretta per non perdere il loro o. Arrivati al piano superiore è un via vai di ufficiali e soldati, i brividi ritornano ma deve fare attenzione a quello che trasporta, se dovesse cadere sarebbe la fine. Camminando incrocia due soldati che frettolosamente attraversano il corridoio sorreggendo un uomo con il viso visibilmente tumefatto, ha subito un interrogatorio di quelli a cui prima o poi si risponde. Sa bene che fine lo attende. Una sentinella, sbattendo i tacchi, si mette sull'attenti. Sulla porta la targa indica che si tratta dell'ufficio del comandante. Bussano e attendono il permesso di entrare. Appena dentro l'ufficiale e il soldato salutano alzando il braccio destro mentre a Volker viene ordinato di posare tutto con delicatezza. Il colonnello se ne sta seduto comodamente tirando ampie boccate da un sigaro. Nell'ufficio tappeti e arredi di lusso segno di un ato glorioso, appoggiate a una parete casse che dalla forma devono contenere quadri, pronti per essere spediti, bottino di guerra che sicuramente finisce ad arricchire la collezione privata di qualche gerarca nazista <
> dice l'ufficiale mentre li indica. Interviene il colonnello <
> non lo ha nemmeno degnato di uno sguardo, in questo momento Volker è solo un fastidioso insetto da allontanare. Poi, rivolgendosi al soldato e spinto da un impeto di improvvisa generosità <
> Volker saluta abbassando la testa e senza dire nulla si avvia verso la porta. Esce dalla stanza e si incammina nel corridoio circondato da quelli che potevano essere suoi camerati, sta scendendo le scale quando una voce lo fa trasalire <
> <
> pensa Volker mentre il sangue si gela e il cuore smette di battere. Il soldato lo raggiunge, ha un sacchetto in mano <
> Altro che giorno fortunato, Volker a in un attimo dalla morte alla vita, ringrazia mentre digrigna i denti. Va bene per il puzzolente, sono giorni che non
si lava, ma il bastardo non gli va giù. Se solo indossasse la sua divisa con i gradi di sergente lo avrebbe preso a calci nel culo per tutto il palazzo ma deve trattenersi ora non è nessuno meno di una cimice che si può schiacciare senza sforzo, ingoia il rospo e si allontana. Ripresosi dallo spavento riattraversa il cortile, gli autisti sono ancora lì, pigramente appoggiati o seduti sui mezzi lo guardano are indifferenti, infine raggiunge il portone d'ingresso pensando al terrore che dovevano avere quelli che venivano portati in un simile posto quando lui stava dall'altra parte, quando lui indossava la divisa da SS, quasi tutti finivano torturati per ore o giorni prima di essere uccisi. Raggiunge la piazza, con la gente indaffarata e gli operai al lavoro sulle impalcature, gli si fa incontro Hubert, un cenno e si allontanano perdendosi nelle vie limitrofe. Hubert <
> Volker <
> poi racconta tutto, della mappa rubata e mostra il cibo avuto come premio. Hubert <
> Volker <<non qui, ci sono in giro troppe spie, ora andiamo dove si possono fare scambi, ho questa pistola da barattare e magari raccogliamo altre notizie.>> <
> Hubert vorrebbe urlare ma si trattiene <<sei venuto armato, non le abbiamo lasciate a Ditrik le armi?>> Volker <<sì ma quella notte in cui abbiamo buttati i camion nel fiume io ne ho tenute due, sai una di scorta.>> <
> Hubert si mette le mani nei capelli per non metterle intorno al collo del compagno. Tipi loschi gestiscono il commercio illegale il tutto con la complicità delle
autorità locali. Quanti tra soldati e faccendieri lucrano sulle disgrazie di molti. Volker riesce a scambiare la pistola per qualche pacchetto di sigarette che sono a loro volta una buona merce di scambio con i contadini che troveranno sulla strada. Volker <
> Hubert scuotendo la testa risponde <
> Respirano lentamente e senza fretta, hanno deciso di si concedersi il lusso di una sigaretta da dividere in due, assaporano a fondo il fumo che riempie i polmoni mentre si lasciano alle spalle la città e raggiungono i due amici che al rivederli salvi esultano di gioia. Ora hanno una mappa della zona e possono orientarsi, il viaggio per raggiungere le colline sarà lungo ma la bella stagione li favorisce. Non sempre trovano un rifugio e molte notti le ano all'aperto, raccolgono tutto quello che appare commestibile e catturano prede, come ha loro insegnato Stepan, per sfamarsi anche se la dieta è all'ordine del giorno, sono smagriti e il ricordo dei fieri soldati del terzo reich e sempre più lontano. A volte capita di catturare un animale selvatico e le proteine offerte dalla carne rafforzano corpo e spirito. Ditrik <
> Eber <
> <
> ribadisce Hubert alzandosi in piedi e portando alla bocca un pezzo di carne tenendolo delicatamente fra le dita come se si trattasse di una leccornia. Topo normale o muschiato vicino al fuoco ne è rimasto ben poco. <<E' talmente una rarità la carne che se continua per molto la guerra fra poco resteranno solo le zanzare da mangiare>> conclude Ditrik suscitando le risa fra gli altri.
Un raro momento di spensieratezza li distoglie dal dramma che sta loro intorno. Giorni e settimane di cammino si susseguono sempre uguali, le preziose sigarette sono state usate per gli scambi, l'ossessionante ricerca di cibo li impegna per la maggioranza del tempo, dal momento in cui ci si sveglia alla sera un pensiero prevale, sfamarsi, più ancora che non farsi catturare. Morire in uno scontro armato ci può stare ma morire di fame no, non rientra nella logica delle cose. Prima della guerra era normale trovare un piatto pieno a tavola, del pane della frutta, ma ora che i contadini sono al fronte o uccisi, i pochi rimasti non sono in grado di occuparsi dei raccolti e la carestia incombe, la fame uccide forse più delle pallottole. Durante il percorso a volte devono restare nascosti per ore attendendo il aggio di colonne armate, altre volte sono costretti a lunghe deviazioni per evitare posti di blocco o accampamenti di soldati, mentre gli scontri fra tedeschi e sovietici continuano in un caos di attacchi e contrattacchi, accerchiamenti e ritirate. Non sempre riescono a are inosservati, il terreno pianeggiante offre pochi ripari. <<Soldati>> indica Hubert. Ditrik <
> Hubert <
> Un camion carico di tedeschi punta a tutto gas verso di loro, sono a piedi, stanchi e hanno poche speranze di sfuggire alla cattura. Eber si volta e urla <
> ansimando continua <
> Volker <
> Senza farselo ripetre si buttano a capofitto fra l'erba alta, con l'acqua alle ginocchia e i piedi che affondano nella melma.
In poco tempo guadagnano parte del vantaggio perso, gli inseguitori paiono restii a seguirli in quel pantano. Raffiche di mitra partono tagliando gli steli d'erba e sibilando vicino. Volker <
> Stesi in un miscuglio di radici, erba marcia e acqua putrida tenendo fuori solo il naso e ciò che sta sopra sentono le pallottole sfiorarli. Fortunatamente nessuno viene colpito e dopo circa mezz'ora i soldati desistono, risalgono sul loro mezzo e si allontanano. Fradici e infreddoliti emergono dalla palude, ma sono salvi, per questa volta la nera signora non ha rivendicato nessuna vita. Proseguono attraversando territori sconosciuti, la preziosa mappa è tutto quello che hanno per raggiungere la meta prefissata. Quando il cielo è sgombro da nubi possono orientarsi usando il movimento del sole e così stabilire i punti cardinali, mentre di notte si servono delle stelle usando la costellazione dell'orsa maggiore: tracciando una linea con le sue due ultime stelle si finisce dritti a quella polare che indica il nord. Devono per forza raggiungere le colline come suggerito da Stepan, li sarà più facile nascondersi fra gole pendii e boschi, li hanno meno possibilità di incontrare reparti armati gli scontri si svolgono principalmente in pianura, non tralasciando poi la possibilità di essere accolti in un gruppo di quei rifugiati di cui hanno sentito parlare. Il sole fà capolino fra le nubi la visibilità migliora si può vedere in lontananza, un giorno come tanti altri, sono in cammino da alcune ore quando è Volker il primo a esultare <
> Ditrik <<è stata una fatica ma ne è valsa la pena, vedrete che troveremo aiuto. Non sarà certo come alla fattoria di Stepan ma non saremo da soli ne sono sicuro.>> <<Speriamo sia come tu dici>> mormora Hubert. Percorrono l'ultimo tratto di pianura, il sole alto indica che hanno ancora
qualche ora di tempo per raggiungere la meta. Ora il terreno comincia ad essere in leggera salita, i primi gruppi di alberi fanno da cornice alla boscaglia più fitta quando improvvisamente lo scoppio di una mina provoca uno spostamento d'aria che li proietta a terra. Restano storditi, il primo a rialzarsi è Volker si tocca e a parte alcuni graffi non è ferito, mentre Ditrik, dopo essere rotolato più volte, si mette seduto. <
> gli domanda Volker che non avendo risposta ripete <<sei tutto intero Ditrik?>> <<Si, mi sembra di essere tutto intero, ho solo un ronzio nelle orecchie>> risponde Ditrik. Un lamento li fa voltare: Hubert è ferito, una scheggia gli ha lacerato la gamba destra poco sopra il ginocchio. Volker gli si avvicina e taglia i pantaloni tanto quanto basta per ispezionare la ferita. <
> Volker rassicura Hubert, mette una mano sulla gamba ferita per tenerla ferma poi guarda l'amico e attende un cenno di approvazione. Hubert a sua volta poggia un mano sulla parte alta della gamba e muove la testa verso il basso: è quello che attendeva Volker che con un paio di movimenti decisi estrae la scheggia. Un lamento da parte di Hubert conclude l'operazione, esce del sangue ma non in maniera da presupporre la recisione di arterie o vene. Volker si toglie la camicia, strappa una manica e dopo aver lavato la ferita la usa per avvolgere e tamponare la fuoriuscita di sangue. Poi rivolgendosi ancora verso Hubert gli dice <
> Hubert <
> Intanto ato lo stordimento Ditrik si è alzato, è li in piedi impalato con lo sguardo rivolto verso terra. Hubert è ancora steso a terra <
>
Il silenzio di Ditrik non presagisce nulla di buono, immediatamente Hubert si fa aiutare da Volker ad alzarsi e zoppicando arriva dove Ditrik è li fermo. La scena che si presenta è orribile, il corpo di Eber è straziato e le gambe sono praticamente staccate dal resto del corpo, è toccato a lui calpestare la mina. Hubert lancia un urlo di dolore <<Eber non puoi morire adesso che eravamo in salvo!>> L'amico del corso, colui con cui aveva condiviso ioni e fatiche è morto, disteso in un pozza di sangue che il terreno sta lentamente assorbendo quasi volesse dissetarsi. Volker <
> Con le lacrime agli occhi Hubert si rivolge a Volker <<e lo lasciamo qui, in questo modo, senza sepoltura.>> <
> ribadisce Wolker che dopo un attimo di pausa insiste <
> Un ultimo saluto all'amico caduto e si dirigono verso il riparo degli alberi, aiutano Hubert a camminare e lo sollevano quasi di peso per potersi allontanare velocemente. Hubert si lamenta forse più per la perdita dell'amico che per il dolore fisico, si addentrano nel bosco solo pochi i, decidono di lasciare il ferito al riparo e di andare alla ricerca di qualcosa per suturare la lacerazione che nel frattempo ha ripreso a sanguinare. Ditrik <
> Hubert fa un cenno di approvazione <
> <<Saremo di ritorno prima del buio>> dice Volker. I due si allontanano e come deciso camminano ai margini del bosco tenendosi al
riparo dei primi alberi, fin che verso valle scorgono una fattoria, hanno fortuna, dopo una rapida spiegazione ottengono un po di vodka o qualcosa di simile per disinfettare più ago e filo per ricucire. Ringraziano e ritornano di buon o verso Hubert, in tutto non impiegano che un paio d'ore. Ditrik <
> <
> si domanda Volker. Ditrik allarmato risponde <
> e aggiunge <
> Prima quasi in silenzio, per la paura di presenze ostili, e poi certi di essere soli nella zona iniziando a chiamare Hubert a voce alta ma il tempo a e la ricerca risulta infruttuosa, nei dintorni non vi è traccia dell'amico, si fa buio e i due decidono di interrompere. Volker <
> Cala la notte, sono rimasti in due e nella giornata appena trascorsa, hanno perso un amico saltato su una mina e dell'altro nonostante la ferita che ne limita il movimento non hanno tracce, scomparso nel nulla, catturato o peggio morto dissanguato. Un tocco sulla spalla e Ditrik apre gli occhi, la poca luce che filtra tra gli alberi quella del primo sole ancora appannato dalla foschia non gli permette di mettere a fuoco. <<Svegliati, prendi la pistola ma rimani fermo>> queste sono le parole che Ditrik ode uscire dalla bocca di Volker. E' l'alba e dopo il brusco risveglio Ditrik domanda <
> Volker <
>
<
> bisbiglia Ditrik che appare visibilmente spaventato. Volker <
> Restano in attesa immobili, occhi e orecchie pronti a percepire ogni singolo movimento o rumore da parte dei presunti assalitori. <
> sussurra Ditrik. <
> risponde Volker cercando di rassicurare il compagno sempre più in ansia. ano i minuti lunghi come ore e le prime ombre iniziano ad intravvedersi fra la vegetazione, figure di civili, anche una donna fra di loro e non sembrano nemmeno ben armati. A questo punto Volker prende l'iniziativa, si alza in piedi e proteggendosi dietro un albero intima loro di uscire allo scoperto e di posare le armi. Un voce echeggia dalla parte opposta <
> Un ragazzo appare con le braccia alzate, venti venticinque anni non di più, resta fermo in vista in attesa di una risposta. Volker <
> Un cenno e appaiono altre tre figure, due uomini e una donna <<siamo tutti qui>> accenna il ragazzo e continua <
> Ditrik osserva con attenzione e poi afferma <<mi sembrano sinceri, non ne vedo altri.>> <
> commenta Volker aggiungendo <<se sono partigiani russi conviene non farli irritare, in questo momento non possiamo permetterci di farci dei nemici.>> Dall'altra parte nessuno si muove, i quattro arrivati rimangono in attesa che
anche Ditrik e Volker depongano le armi. Quando questo avviene il ragazzo che è sbucato per primo dai cespugli dice <<salute a voi amici, io sono Aaron e con me ci sono Eleazar, Yoel e lei è Elisheva e siamo...>> Ditrik lo interrompe <<siete... ebrei.>> <<Si>> risponde Aaron. Ditrik perplesso esita, non sa cosa dire. Aaron <<sappiamo chi siete, dalla descrizione fatta dal vostro amico Hubert tu devi essere Ditrik e il tuo amico Volker.>> <
> esclama Volker e <<dove si trova e come sta'...>> Aaron <
> Dopo i chiarimenti la tensione si placa e i due gruppi si avvicinano. Aaron dice che comprende la situazione di pericolo in cui si trovano <
> spiega che se vogliono raggiungere l'amico dovranno farsi bendare gli occhi, solo così potranno essere accompagnati al campo, in caso contrario dovranno attendere la sua guarigione e che verrà in seguito riportato dove è stato trovato. Ditrik <<motivi di sicurezza vero?>> <
> risponde Aaron <<solo tenendo segreta la nostra posizione abbiamo qualche speranza di sopravvivere se un domani veniste catturati è meglio che non ne sappiate nulla di dove si trova il nostro accampamento. Anche il vostro amico è all'oscuro della sua ubicazione nello stato di semi-incoscienza in cui l'abbiamo trasportato non è certo in grado di ricordare la strada.>> Accettano di farsi bendare e si mettono in cammino nel folto della foresta.
l'unica cosa che percepiscono è la strada che sale in modo non impervio ma costantemente, incespicano continuamente in rami caduti o buche nel terreno segno che non si sta seguendo un sentiero ben delineato. I loro accompagnatori si devono preoccupare di non farli cadere e la marcia rallenta sensibilmente. Volker sa di avere davanti a lui Aaron, gli tiene la mano sulla spalla e sente la sua voce impartirgli consigli per superare gli ostacoli. Ad un certo punto gli pone la domanda che dal momento dell'incontro gli ronza nella testa <<non dà fastidio a voi ebrei soccorrere dei tedeschi con tutto quello che vi stanno facendo?>> La risposta di Aaron lo lascia stupito <
> Volker <