Cinzia Randazzo
DALLA RIVELAZIONE DELLA GLORIA DI CRISTO ALLA GLORIFICAZIONE DELL'UOMO IN CRISTO AGLI ALBORI DEL CRISTIANESIMO
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Titolo | Dalla rivelazione di Cristo alla Glorificazione dell’uomo in Cristo agli albori del Cristianesimo Autore | Cinzia Randazzo Copertina | Youcanprint Self - Publishing ISBN | 9788891177995
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INDICE
Introduzione
1.La gloria di Dio nell'antica economia della salvezza
1.1 La gloria proprietà immanente di Dio
1.2 La gloria rivelata nella creazione
1.3 La gloria del Padre rivelata nell'A.T
2. La gloria di Dio nella nuova economia della salvezza
2.1. L'eziogenesi della gloria di Dio
2.2. L'eziogenesi della gloria di Cristo
2.3. La glorificazione di Cristo
2.4. La glorificazione di Dio
2.5 La gloria come traguardo: acquistare e raggiungere la gloria di Dio
Bibliografia
INTRODUZIONE
L'idea di intraprendere tale ricerca proviene dal fatto che non esistono studi monografici specifici sull'argomento della gloria nei Padri Apostolici, per cui ci proponiamo, in un primo momento, di presentarne i tratti fondamentali specificamente teologici, partendo da una lettura analitica delle opere di questi, mentre, in un secondo momento, di coglierne possibili assonanze o dissonanze nei confronti dei significati prettamente biblici inerenti al motivo della gloria.
Lo scopo del presente lavoro è di illustrare le principali tappe della teologia della gloria, percorrendo un cammino progressivo che parte dall'antica economia della salvezza per arrivare alla nuova.
CAPITOLO PRIMO
1. La gloria di Dio nell'antica economia della salvezza
1.1. La gloria proprietà immanente di Dio
L'autore della Didaché presenta la gloria come una proprietà immanente di Dio, perché inerente al suo stesso essere: “perché tua è la potenza e la gloria nei secoli”.¹ Il didachista pospone la gloria alla potenza, facendoci in tal modo intuire che la liberazione dal male avviene per la potenza di Dio, la quale, perpetuandosi di secolo in secolo, diviene sinonimo di gloria perché assurge ad essere sia per l'uomo che per Dio una cosa di grande importanza e di enorme ricchezza.
Non solo la liberazione dal male è frutto della potenza gloriosa di Dio, ma anche il pane e il calice eucaristici, attorno ai quali la chiesa si raduna in preghiera per ringraziare Dio nel Figlio:
Per l'eucaristia ringraziate così: 2. Prima sul calice: “Ti ringraziamo, o Padre nostro, per la santa vite di Davide tuo servo che a noi rivelasti per mezzo di Gesù tuo figlio. A te la gloria nei secoli”. 3. Per il pane spezzato: “Ti ringraziamo, Padre nostro, per la vita e la conoscenza che a noi rivelasti per mezzo di Gesù tuo figlio. A te la gloria nei secoli. 4. Come questo pane spezzato era sparso sui colli e raccolto divenne una cosa sola così la tua Chiesa si raccolga dai confini della terra nel tuo regno poiché tua è la gloria e la potenza per Gesù Cristo nei secoli”.²
Alla preghiera eucaristica segue il ringraziamento, da parte di tutta la comunità, a Dio per tutto quanto egli ha creato e ha rivelato tramite il figlio. Il riconoscimento di questa grande ricchezza di doni, che promanano dalla potenza di Dio, acquista significato di gloria anche in Didaché 10,4: “Prima di tutto ti ringraziamo perchè sei potente; a te la gloria nei secoli”.³
La potenza di Dio che irradia dal suo stesso essere produce nell'uomo il sentimento del ringraziamento, perché Dio ha dato all'uomo prova di questa sua potenza; conseguentemente per il didachista tale influsso potente che Dio esercita permanentemente sull'uomo, nel liberarlo dal male e nell'arricchirlo di doni soprannaturali, va sotto il nome di gloria.
Allo stesso modo in 10,5 il didachista indica col termine gloria la straordinaria e importante ricchezza che rifulge dalla potenza di Dio, che si esplica nel liberare dal male la chiesa e nel renderla perfetta:
Ricordati, Signore, della tua chiesa, liberala da ogni male rendila perfetta nel tuo amore e santificata raccoglila dai quattro venti nel tuo regno che ad essa preparasti perché tua è la potenza e la gloria nei secoli.⁴
Nel rilevare l'unità della chiesa il didachista riprende l'espressione “dai quattro venti” da Mt 24,31, bandendo del tutto il senso escatologico che invece emerge dal testo matteano.
La gloria, per il didachista, esprime l'influsso della potenza di Dio nel mondo; influsso che determina nella chiesa la liberazione dal male e la sua conseguente conformazione all'amore di Dio che la rende libera dalla schiavitù del peccato. A proposito della chiesa Erma afferma che essa “è stata innalzata con la parola del nome onnipotente e glorioso ed è retta dalla potenza invisibile e infinita”.⁵ Con ciò Erma ci vuole indicare che la comunità di coloro che credono in Dio è nata dalla parola del nome di Dio che è onnipotente, perché Dio ha creato tutto ciò che è sulla terra con la sua parola – compresa la chiesa -; quindi questo nome diviene glorioso perché in tutto il creato risuona l'eccelsa maestà della sua potenza e grandezza.
Risuona nel Pastore di Erma l'eco del Sal 8,1-10, dove viene descritta la
grandezza del nome di Dio, perché tutto ciò che è creato è frutto dell'opera creatrice di Dio; per questo tutte le potestà terrene sono il riflesso della sua maestà e quindi della sua gloria.
Pertanto il nome di Dio per Erma diviene glorioso perché tutto quanto esiste riconosce la onnipotenza di Dio, in quanto in esso si rispecchia la sua parola creatrice (Gen 1,3-24). La gloria indica in Erma la dignità del nome di Dio che acquista la sua eccelsa importanza, a motivo del fatto che la chiesa è sorretta dalla potenza creatrice di Dio e innalzata dalla sua Parola creatrice.
1.2. La gloria rivelata nella creazione
Clemente Romano ci presenta la gloria di Dio nell'ambito della sua creazione: tutte le cose che Dio ha creato obbediscono all'ordine che Dio le ha dato, disponendole nella pace, nella concordia e nell'armonia tra loro:
I cieli che si muovono secondo l'ordine di Lui gli ubbidiscono nell'armonia. 2. Il giorno e la notte compiono il corso da Lui stabilito e non si intralciano a vicenda (...). 6. La massa del mare immenso che nella sua creazione si raccolse nei suoi antri, non supera i limiti posti, ma come fu ad esso ordinato, così agisce. 7. Disse infatti: “Fin qui tu verrai, e i tuoi flutti si infrangeranno in te stesso” (…) 10. I venti nell'incalzarsi compiono nel proprio tempo il loro servizio senza intralcio (…) 11. Il creatore e signore dell'universo dispose che tutte queste cose fossero nella pace e nella concordia, benefico verso tutto e particolarmente verso di noi che ricorriamo alla sua pietà per mezzo del Signore nostro Gesù Cristo. 12. A lui la gloria e maestà nei secoli dei secoli. Amen.
Tutte le cose create sono rette dalle leggi del Signore, perché ognuna di queste è tenuta a compiere il suo corso indicatole da Dio, senza essere di intralcio alle altre. Questa disposizione armonica e pacifica sia su tutto quanto è nei cieli che sulla terra, per Clemente acquista valore e importanza in relazione a Dio, al quale a Lui solo va la gloria, in quanto egli ha dispiegato la sua somma autorità su tutto ciò che esiste. Tutto ciò che il mondo possiede lo deve alla eccelsa maestà e grandezza di Dio, grazie alle quali la gloria di Dio si irradia sempiterna su tutto il creato.
In Clemente risuona l'eco della dottrina biblica della creazione del mondo, per cui tutte le cose hanno nel mondo un loro particolare compito e organizzazione: come le altre cose anche il mare si raccoglie nei suoi antri e il suo flusso si infrange in se stesso (Gen 1,9; Giob 38,11), allo stesso modo i venti compiono il loro corso (Giob 28,25).
Allo stesso modo l'uomo, sempre per Clemente, riceve da Dio un compito, cioè di compiere il bene, perché da lui ha origine ogni cosa, al quale segue una sovrabbondante mercede:
Conviene dunque che siamo premurosi nel fare il bene; da Lui ci viene ogni cosa. 3. Lo ha dichiarato: “Ecco il Signore, e davanti a lui sta la mercede da dare a ciascuno secondo la sua opera”. 4. Credendo noi con tutto il cuore in Lui ci esorta a non essere inoperosi né trascurati in ogni opera buona.⁷
Realizzando la volontà di Dio nell'operare il bene, Clemente esorta la sua comunità a sottostare alla volontà di Dio, alla stessa stregua degli angeli, affinché egli ci renda partecipi delle sue promesse:
Siano in Lui il nostro vanto e la nostra sicurezza, sottostiamo alla sua volontà e consideriamo che tutta la schiera dei suoi angeli, stando intorno a lui, adempiono la sua volontà.⁸
Infatti più avanti Clemente, rifacendosi a Is 6,3, spiega che miriadi di angeli, servendo il Signore, gridavano che “tutta la creazione è piena della sua gloria” (Is 6,3).
In tutta la creazione si riflette l'onnipotenza e la grandezza di Dio, del quale gli esseri angelici adempiono la sua volontà. Tutte le cose e gli esseri viventi sono sottomessi alla sua volontà, in quanto da lui hanno origine.
Clemente ricalca sia Sal 19,2 che Sal 150,1, dove tutto il creato rispecchia la
gloria di Dio e ciò è motivo di lode per l'uomo. Sull'orma delle parole di Davide Clemente vuole indicare che la gloria di Dio si manifesta nella sua potenza, grandezza e maestà, per il fatto che Dio ha avuto la forza di creare tutto quanto è nel mondo con le sue sole mani.
Questo potere travolgente e misterioso, che è proprio di Dio, stupisce l'uomo e fomenta in lui il senso della meraviglia e della lode a Dio per tutto quanto di bello, di buono e di grande egli ha creato. Anche in Sal 8,3-8 Davide resta impressionato della immensità e dello splendore del cielo, deducendo da ciò la infinita grandezza e vastità del nome di Dio.
A sua volta l'uomo, per Clemente Romano, acquista la sua potestà regale in forza della gloria e dell'onore che Dio ha lui dato, ergendolo a custode della creazione. La stessa potestà regale che gli uomini potenti detengono nell'imperare e comandare sui loro sudditi proviene da Dio, che ha dato loro onore, gloria e potere sulla terra, di modo che questi esercitino la loro sovranità conferita da Dio in sua vece, alla stessa stregua di un viceré, ai quali i sudditi non devono altro che obbedire:
rendici sottomessi al tuo nome onnipotente e pieno di virtù e a quelli che ci comandano e ci guidano sulla terra. 61,1: Tu, Signore, desti loro il potere della regalità per la tua magnifica e ineffabile forza, perché noi conoscendo la gloria e l'onore loro dati ubbidissimo ad essi senza opporci alla tua volontà (…). 2. Tu, Signore, re celeste dei secoli concedi ai figli degli uomini gloria, onore e potere sulle cose della terra.¹
La gloria di Dio viene dunque identificata con il suo splendore; splendore che le creature avvertono nella perfezione delle cose da Lui create. Questo splendore, per Erma, Dio lo riversa sulla sua creatura, in quanto questa è stata posta da Dio a coronamento di tutta la creazione e, in quanto tale, questa si accolla il potere di dominare sugli animali (Gen 1,26-28):
Ecco il Dio delle potenze che, con forza invisibile e superiore e grande intelligenza, ha creato il mondo e, con glorioso intento, ha rivestito di splendore la sua creatura e, con la parola potente, ha fissato il cielo e ha stabilito la terra sulle acque (...).¹¹
Per Erma “l'intento glorioso” di Dio corrisponde alla singolare e unica volontà di Dio nel creare l'uomo simile a lui, concedendogli l'intelligenza, il libero arbitrio e la forza; tutte qualità che insigniscono l'uomo della sua dignità regale sul creato, permettendogli così di assaporare in visione il maestoso splendore di Dio. Egli ha concesso all'uomo di usufruire di tutte le cose da Lui create, per divenire sulla terra immagine vivente della sua gloria immortale.
Sempre in Erma la creazione stessa, in quanto è riflesso della grandezza del creatore, assurge ad essere gloriosa: “Tutto è grande e glorioso”.¹² Dalla grandezza dei monti – grandezza che si dispiega nel fatto di estendersi verso l'alto e di concedere non solo aria pura ma anche di essere luogo di raccoglimento per quanti desiderano dare spazio alla creatività e al riposo dell'anima – l'uomo si accorge della gloria di Dio:
Signore, ripeto, spiegami la virtù e l'azione di ciascuno dei monti, perché ogni anima che crede nel Signore ascoltando glorifichi il suo nome grande, meraviglioso e glorioso. “Ascolta, dice, la diversità dei monti e dei dodici popoli”.¹³
Ogni monte, a seconda dell'altezza e estensione, ha in sé – chi in minore o maggiore densità – l'attitudine di ergersi verso l'alto e di essere luogo di raccoglimento e di distensione spirituale. In questa attitudine e azione, inerente ad ogni monte, vi è la presenza tangibile della gloria di Dio, al cui nome le creature, che credono a Dio, gli rendono gloria, perché riconoscono l'importanza di Dio, la sua dignità e la sua eccelsa maestà.
Clemente riprende un topos comune nella letteratura biblica, quello della glorificazione delle creature a Dio. Non solo nei Salmi, ma anche nei profeti, le creature annunziano la gloria di Dio.¹⁴
Proprio perché Dio ci preparò un mondo dove l'uomo potesse abitare, l'uomo a sua volta per Clemente Romano ha il dovere di ringraziare Dio per tutti i benefici che egli aveva preparato prima che noi fossimo nati:
Consideriamo, fratelli, di quale materia siamo fatti, come e chi entrammo nel mondo,
da quale fossa e tenebra colui che ci plasmò e ci creò ci condusse al mondo. Egli ave-
va preparato i benefici prima che noi fossimo nati. 4. Abbiamo tutto da lui, di tutto lo
dobbiamo ringraziare. A lui la gloria nei secoli. Amen.¹⁵
1.3. La gloria del Padre rivelata nell'A.T.
Clemente Romano esorta la sua comunità, in un primo momento, ad obbedire alla volontà di Dio che è grande e gloriosa - dal momento che egli ha compiuto nei confronti del suo popolo gesti grandi e potenti - e, dopo avergli chiesto umilmente di divenire compartecipi della sua misericordia e della sua bontà, Clemente invita sempre la sua comunità a compiere gesti di prostrazione verso Dio, quali l'abbandono della gelosia, della vanità e della discordia che conducono l'uomo alla morte:
Obbediamo dunque alla sua grandiosa e gloriosa volontà. Divenuti supplici della sua misericordia e della sua bontà, prosterniamoci e rivolgiamoci alla sua pietà, abbandonando la vanità, la discordia e la gelosia che conduce alla morte.¹
Inoltre Clemente sollecita la sua comunità a rivolgere lo sguardo ai giusti dell'A.T., i quali, per la loro grande fede in Dio, sono immagine vivente della gloria di Dio: “Guardiamo i ministri perfetti della sua grandezza e della sua gloria”.¹⁷ Clemente adduce come esempio della incarnazione vivente della gloria di Dio sia la figura di Enoch, di Noé, di Abramo, di Lot e di Raab. Per quanto riguarda Enoch Clemente rileva che egli fu glorificato da Dio – e cioè elevato al cielo prima di morire – perché era giusto agli occhi di Dio in quanto ubbidiva alla sua volontà: “Prendiamo Enoch che fu trovato giusto nella sua ubbidienza e fu elevato dal mondo senza morire”.¹⁸ Invece Noè fu da lui glorificato perché trovato fedele agli occhi di Dio, in quanto camminò con lui mantenendo la propria integrità; per questo Dio lo ricompensò salvando gli animali che, in concordia, erano entrati nell'arca:
Noè fu trovato fedele. Mediante il suo ministero predicò al mondo la rinascita ed il Signore, suo tramite, salvò gli animali che in concordia erano entrati nell'arca.¹
Noè, secondo Clemente Romano, acquista la gloria non solo grazie alla sua fedeltà a Dio, ma anche grazie al suo ministero di predicatore, volto a promuovere la vita. Infatti egli fece entrare nell'arca gli animali per salvarli dalla forza distruttrice delle acque. Per questo Dio impedì la morte degli animali che, in pace tra loro, erano entrati nell'arca. Noè ha salvato gli animali, non solo perchè li ha riposti nell'arca, ma anche perchè ha dato loro da mangiare. Il nutrimento degli animali diviene la condizione della salvezza sia di Noè che degli animali racchiusi nell'arca. In Noè che nutre gli animali si riflette la carità di Dio verso il suo popolo. La carità di Noè, che si concretizza nel dare il vitto agli animali, libera dalla morte Noè che esce salvo dall'arca insieme ai suoi amici animali, con i quali era in pace perché tra loro regnava la concordia. Questo pensiero, secondo DE BENEDETTI - uno dei più grandi studiosi di giudaismo ricorre nella letteratura giudaica:
Proprio il nutrire gli animali, secondo un midrash (al salmo 37), è stato, per Noè e la sua famiglia nell'arca, il merito che ne ha determinato la salvezza. Secondo una leggenda, Noè è uscito salvo dall'arca per la carità praticata verso gli animali da lui ospitati: “Non dormivamo, ma davamo a ciascuno il suo cibo durante tutta la notte.²
A questa figura segue quella di Abramo, il quale fu anch'egli glorificato da Dio perché, per Clemente, alla pari di Enoch, fu fedele nell'obbedire a Dio. Infatti egli lasciò la casa di suo padre e la sua parentela, per andare nella terra dove Dio gli aveva indicato: fedele alle sue promesse e ubbidiente alla sua volontà, Dio lo ha glorificato dandogli in vecchiaia un figlio che, per obbedienza a Dio, sacrificò sopra uno dei monti che Dio stesso gli aveva indicato:
Abramo, chiamato l'amico, fu trovato fedele nell'essere ubbidiente alle parole di Dio. 2. Egli per ubbidienza uscì dalla sua terra, dalla sua parentela e dalla casa di sua padre. Per aver abbandonato una piccola terra, una parentela insignificante e una umile casa, ereditò le promesse di Dio. 3. Dice a lui il (Signore): “Esci dalla tua terra, dalla tua parentela, dalla casa di tuo padre per andare nel paese che ti
mostrerò. Farò di te una grande nazione, ti benedirò e renderò grande il tuo nome e tu sarai benedetto (…). 6. E di nuovo parla: “Dio condusse fuori Abramo e gli disse: guarda il cielo e conta le stelle se puoi contarle. Così sarà la tua discendenza. Abramo credette a Dio e gli fu reputato a giustizia”. 7. Per la fede e l'ospitalità gli fu dato un figlio nella vecchiaia e per obbedienza lo offrì in sacrificio a Dio sopra uno dei monti che gli indicò.²¹
Restando sempre sulla figura di Abramo, Clemente afferma che egli era amico di Dio perché consapevole della sua umile e fragile condizione di essere umano fatto di polvere; consapevolezza che egli esprime coscientemente di fronte alla maestà gloriosa di Dio:
Fu grandemente testimoniato Abramo e fu chiamato amico di Dio, e dice con umiltà guardando alla gloria di Dio: “Io sono polvere e cenere.²²
Clemente cita direttamente il testo di Gen 18,27, facendo intuire alla sua comunità che, come tutti gli uomini, anche lui è composto di polvere e di cenere.
Abramo diviene amico di Dio perché riconosce la sua nullità di fronte all'immensa gloria di Dio e, proprio a motivo di questo, viene da lui glorificato. Sebbene Dio ponga Abramo ad immagine vivente della sua gloria, egli non conserva questo suo privilegio come un tesoro geloso, ritenendosi migliore di tutti gli altri viventi sulla terra, ma si rivelò umile perché riconobbe la sua piccolezza proprio volgendo lo sguardo alla immensità della gloria di Dio.
Da questa sua figura di uomo eccezionale, perché cosciente di essere piccolo agli occhi di Dio, traspare l'umiltà propria di Cristo che, benché figlio di Dio, non considerò questa sua condizione come un tesoro geloso da conservare e da godere tutto per sé. Sotto questa angolatura Abramo risulta essere il prototipo della umanità umile e per questo gloriosa di Cristo.
Pure Lot resta ai posteri una figura esemplare della gloria di Dio perché, ospitale e fedele alle promesse di Dio, fu salvato da Dio dalla distruzione di Sodoma e Gomorra, contrariamente alla moglie che, guardando indietro e non avendo speranza in Dio, fu trasformata in una colonna di sale,²³ perché “fosse noto a tutti che i dissociati e gli scettici della potenza di Dio sono di condanna e di esempio a tutte le generazioni”.²⁴
Un'ultima figura, icona della gloria di Dio, è la meretrice Raab salvata da Dio perché ospitale e fiduciosa alle promesse di Dio: “Per la fede e l'ospitalità fu salvata la meretrice Raab”.²⁵
Ella ospitò nella sua casa gli esploratori che erano stati mandati da Giosué a Gerico per salvarli dal re della regione che voleva ucciderli:
Quando Gesù di Nave mandò gli esploratori a Gerico e il re della regione seppe che erano venuti ad esplorare la sua terra mandò gli uomini per prenderli e ucciderli.²
La meretrice non solo accolse gli uomini per ospitarli, ma volendoli salvare li nascose in soffitta sotto i lembi di lino: “L'ospitale Raab allora, avendoli accolti, li nascose nella soffitta sotto gli steli di lino”.²⁷
Quando si avvicinarono a lei le guardie del re le imposero di cacciare fuori della sua casa gli esploratori, perché sapevano che erano entrati nella casa di Raab: “Sopraggiunti (i messi) del re le dissero: “Quelli che sono venuti ad esplorare la nostra terra sono entrati da te; cacciali fuori, il re così comanda”.²⁸
Dal canto suo Raab, rimanendo ospitale verso gli esploratori, rispose alle guardie che essi erano usciti dalla sua casa e che si erano incamminati verso la direzione opposta: “Ella rispose: “Gli uomini che cercate sono entrati da me, ma subito sono usciti e camminano sulla strada” e mostrava loro la direzione opposta”.²
Quando le guardie del re se ne andarono Raab, fiduciosa nell'ispirazione di Dio, il quale le aveva profetizzato che saranno proprio gli esploratori ad abitare questa terra, ammonisce loro che quando diventeranno i padroni della terra ad essi incombe l'onere di salvare lei e suo padre:
Disse agli uomini (che aveva nascosto): “So bene che il Signore Iddio vi affida questa terra; lo spavento e il terrore sono caduti sugli abitanti. Quando ve ne sarete impadroniti salvate me e la casa di mio padre.³
Gli esploratori acconsentirono, promettendo che saranno salvi quelli che dimoreranno nella casa di Raab, mentre gli altri verranno uccisi:
Essi le risposero: “Sarà come tu hai detto. Quando ti accorgi che stiamo per
venire, riunisci tutti i tuoi sotto il tuo tetto e saranno salvi; quanti saranno tro-
vati fuori della casa saranno uccisi".³¹
In cambio della sua ospitalità gli uomini da lei salvati a loro volta salvarono lei e la casa di suo padre, ponendo come segnale una corda scarlatta appesa alla casa: “Stabilirono di dare un segnale, di appendere, cioè, dello scarlatto alla casa”.³²
Questo segnale indicava che “per mezzo del sangue del Signore ci sarebbe stato il riscatto per tutti quelli che credono e sperano in Dio”.³³ Secondo Clemente questa donna è stata glorificata da Dio, perché oltre ad avere fiducia e speranza in Dio – quanto al fatto che Dio avrebbe salvato lei e suo padre per mano di questi uomini – aveva anche predetto, essendo ispirata da Dio, che la terra in cui lei abitava era stata affidata dal Signore a questi uomini: “Vedete, carissimi, che in questa donna non c'era solo la fede, ma anche la profezia”.³⁴
Sempre per Clemente i giusti dell'A.T. divengono per noi modelli di vita e di gloria sulla terra. Nell'essere partecipi delle loro azioni gloriose anche noi possiamo raggiungere la pace che Dio ci ha dato fin dall'inizio della creazione; pace che l'uomo rivive guardando, o meglio contemplando Dio padre e creatore di tutte le cose nel settimo giorno; giorno scelto da Dio affinché l'uomo possa rendergli gloria per tutto quanto ha creato:
Partecipi, dunque, di molte e grandi azioni gloriose, corriamo verso la meta di pace dataci fin dal principio e guardiamo il padre e creatore di tutto l'universo (…). 3. Contempliamolo con il pensiero e guardiamo con gli occhi dell'anima la grande sua volontà.³⁵
Clemente invita la sua comunità a contemplare con gli occhi dell'anima la sua gloria, ossia il nobile intento di Dio di aver creato il mondo.
Inoltre Clemente Romano ci esorta con insistenza a gridare verso Dio perché, alla pari dei giusti dell'A.T., ci renda partecipi delle sue gloriose promesse:
E noi, riuniti nella concordia e dall'intimo come da una sola bocca gridiamo con insistenza verso di lui che ci renda partecipi delle sue grandi e gloriose
promesse.³
Precedentemente Clemente ha affermato che tutta la creazione sottostà alla volontà di Dio, come anche gli angeli gridano servendolo. Clemente per affermare ciò prende a testimonia scritturistici Dan 7,10 e Is 6,3, parafrasandoli ed escludendone la citazione diretta:
Dice, infatti, la Scrittura: “Miriadi e miriadi stavano intorno a lui e mille migliaia lo servivano e gridavano: Santo, santo, santo il Signore Sabaoth; tutta la creazione è piena della sua gloria.³⁷
Come tutto il creato e gli esseri angelici esprimono la gloria di Dio, perché tutto è a lui sottomesso, altrettanto gli uomini hanno l'onere di sottostare alla sua volontà, evitando la pigrizia e la trascuratezza:
Ci esorta a non essere inoperosi né trascurati in ogni opera buona. 5. Siano in lui il nostro vanto e la nostra sicurezza, sottostiamo alla sua volontà e consideriamo che tutta la schiera dei suoi angeli, stando intorno a lui, adempiono la sua volontà.³⁸
Le promesse fatte da Dio ad Abramo e poi a Giacobbe non si sono fermate, ma continuano perché nei capi del popolo di Israele, che sono venuti dopo Giacobbe, si rispecchia la gloria di Dio:
Da lui (Giacobbe discendono) tutti i sacerdoti e i leviti ministri dell'altare di Dio; (…) da lui i re, gli arconti e i capi secondo Giuda; né sono di piccola gloria gli altri scettri, come Dio aveva promesso: “La tua discendenza sarà numerosa come le stelle del cielo.³
Sempre Clemente Romano prosegue affermando che tutti i giusti dell'A.T. sono stati glorificati non sulla base delle loro opere o per le azioni giuste da questi compiute, ma per iniziativa divina, ossia per la volontà stessa del Padre, il quale ha fatto loro assaporare la sua gloria perché essi hanno corrisposto per fede alla sua iniziativa di instaurare con essi un rapporto di amicizia:
Tutti furono glorificati ed esaltati non per se stessi o per le loro opere o per l'azione giusta che avevano compiuto, ma per la volontà Sua. 4 E noi, dunque, che per sua volontà, siamo stati chiamati in Gesù Cristo non siamo giustificati né per la nostra sapienza o intelligenza o pietà o le opere compiute in santità di cuore, ma per la fede con la quale Dio onnipotente giustificò tutti sin dal principio.⁴
Non di minore importanza riveste la figura di Mosè che, per non creare tumulto nel popolo a proposito del sacerdozio, mise le verghe nel tabernacolo della testimonianza davanti a Dio, ben sapendo che quella che germogliava indicava colui che Dio aveva scelto per esercitare il sacerdozio in Israele:
Quando sorse gelosia intorno al sacerdozio e le tribù si disputavano quale di esse si sarebbe ornata del nome glorioso, egli ordinò ai dodici capitribù di portargli delle verghe e ciascuna fosse contrassegnata dal nome.⁴¹
Il nome glorioso per Clemente, riferito alle tribù, indica quale di esse Dio avrebbe scelto per il sacerdozio. Il sacerdozio per gli ebrei rappresentava una carica molto alta, sicché chi ne riceveva l'investitura era considerato un uomo designato da Dio; per questo egli deteneva un nome glorioso.
Mosè sapeva che il designato era Aronne, ma fece tutto questo perché “non
scoppiasse un tumulto in Israele e fosse glorificato il nome del vero e dell'unico Dio”.⁴² Mosè pose le verghe davanti alla tenda della testimonianza per onorare Dio, perché a lui (Dio) spettava il compito di eleggere il suo rappresentante sulla terra:
Avendole prese, le legò, le sigillò con gli anelli dei capitribù e le pose nel tabernacolo della testimonianza sulla tavola di Dio. 3. Chiuso il tabernacolo sigillò le chiavi come le verghe. 4. E disse loro: “Fratelli, la tribù la cui verga germoglierà, Dio sceglie per esercitare il sacerdozio e servirlo” 5. Venuto il mattino, convocò tutto Israele, seicentomila uomini. Mostrò i sigilli ai capitribù e aprì il tabernacolo della testimonianza e tirò fuori le verghe. E si trovò che la verga di Aronne non solo era germogliata, ma aveva anche il frutto. Che ve ne pare o carissimi? Mosè non prevedeva che questo sarebbe accaduto? Lo sapeva davvero.⁴³
Sempre a proposito dei giusti dell'A.T. Clemente mostra che essi, nel sopportare pazientemente e fiduciosamente le sofferenze inferte dai malvagi per invidia e per gelosia, si sono accaparrati di gloria e di onore, perché i loro nomi figurano nel libro celeste di Dio:
Essi sopportarono gloriosamente queste sofferenze (…) 6. I detestabili e pieni di ogni cattiveria spinsero il loro furore sino al punto da mandare alla tortura quelli che servivano Dio in santità e senza reprensione. Essi non sapevano che l'altissimo è difensore e protettore di quelli che con coscienza difendono il suo santo nome (…) 8. Coloro che hanno sopportato con fiducia hanno ereditato la gloria e l'onore; sono stati esaltati e scritti da Dio nel suo memoriale per i secoli dei secoli. Amen.⁴⁴
È opportuno anche ricordare che i profeti Anania, Azaria e Misaele furono fatti entrare nella fornace ardente proprio “da quelli che vengono presi dall'invidia perversa e malvagia”.⁴⁵
In seguito Clemente, per quanto concerne la figura di Davide, mostra che Dio vuole un cuore contrito, che lo si lodi con le preghiere per tributargli la gloria dovuta:
Fratelli, il Signore dell'universo non ha bisogno, non cerca nulla da nessuno tranne che si faccia a lui la confessione. 2. Dice, infatti, l'eletto David: «Mi confesserò al Signore e gli sarà accetto più di un giovenco che mette fuori le corna e le unghie. Vedano i poveri e gioiscano» 3. E di nuovo dice: «Sacrifica a Dio un sacrificio e rendi all'Altissimo le tue preghiere; invocami nel giorno della tua afflizione e io ti libererò e tu mi glorificherai». 4. «Sacrifizio a Dio è uno spirito contrito».⁴
Citando il testimonium scritturistico di Sal 50,16-23 Clemente mostra che Dio vuole essere glorificato, disponendo il proprio cuore all'atteggiamento di lode: “Un sacrificio di lode mi darà gloria; ivi la strada con la quale gli mostrerò la salvezza di Dio” (Sal 50,16-23).⁴⁷
Sempre Clemente Romano, prendendo a testimonium scritturistico Is 1,16-20, ci fa notare che Dio vuole che noi ci pentiamo. Per questo egli ci esorta ad ubbidire a questa sua gloriosa volontà.
La volontà di Dio è gloriosa perché egli vuole la nostra salvezza, che è possibile tramite il pentimento:
Is 1,16-20.5. Egli nella sua onnipotente volontà ha deciso che tutti i suoi diletti partecipino al pentimento. 9,1: Obbediamo dunque alla sua grandiosa e gloriosa volontà.⁴⁸
Anche a coloro che fuggono le cattive compagnie e ubbidiscono al nome glorioso di Dio, Dio dà una giusta mercede; essi vivranno tranquilli, perché hanno fiducia nel suo nome:
57,7: saranno uccisi per aver commesso ingiustizie contro i fanciulli e il giudizio distruggerà gli empi. Chi mi ascolta riposerà fiducioso sulla speranza e vivrà tranquillo lontano da ogni male” (Pv 1,23-33). 58,1: Ubbidiamo dunque al suo nome santissimo e glorioso e sfuggiamo alle minacce fatte dalla Sapienza contro i disobbedienti, per riposare fiduciosi nel nome santissimo della sua Maestà.⁴
Clemente, dopo aver citato Pv 1,23-33, spiega che coloro che fuggono gli empi e quanti tramandano il male avranno parte al riposo nel nome del Signore; nome santissimo e glorioso per il loro intento alto e nobile. Così si perpetua nel nome glorioso di Dio il riposo sabbatico solo per coloro che ascoltano fiduciosamente Dio e sperano nel suo nome glorioso.
1 Didaché 8,2. Ed. crit. FUNK F.X.-K. BIHLMEYER-M. WHITTAKER, Die Apostolischen Väter, Tübingen 1992, p. 12. Trad. di A. QUACQUARELLI, I Padri Apostolici, Roma 1998, p. 34.
2 Didaché 9,1-4. Ed. crit. FUNK F.X.-K. BIHLMEYER-M. WHITTAKER, Die Apostolischen Väter, pp. 12-14. Trad. di A. QUACQUARELLI, I Padri Apostolici, pp. 34-35.
3 Didaché 10,4. Ed. crit. FUNK F.X.-K. BIHLMEYER-M. WHITTAKER, Die Apostolischen Väter, p. 14. Trad. di A. QUACQUARELLI, I Padri Apostolici, p. 35.
4 Didaché 10,5. Ed. crit. FUNK F.X.-K. BIHLMEYER-M. WHITTAKER, Die Apostolischen Väter, p. 14. Trad. di A. QUACQUARELLI, I Padri Apostolici, pp. 35-36.
5 ERMA, Pastore. Visioni 11,5. Ed. crit. FUNK F.X.-K. BIHLMEYER-M. WHITTAKER, Die Apostolischen Väter, pp. 348-350. Trad. di A. QUACQUARELLI, I Padri Apostolici, p. 253.
6 CLEMENTE ROMANO, Lettera ai Corinti 20,1-12. Ed. crit. FUNK F.X.-K. BIHLMEYER-M. WHITTAKER, Die Apostolischen Väter, pp. 102-104. Trad. di A. QUACQUARELLI, I Padri Apostolici, p. 63.
7 CLEMENTE ROMANO, Lettera ai Corinti 34,2-4. Ed. crit. FUNK F.X.-K. BIHLMEYER-M. WHITTAKER, Die Apostolischen Väter, p. 116. Trad. di A. QUACQUARELLI, I Padri Apostolici, p. 71.
8 CLEMENTE ROMANO, Lettera ai Corinti 34,5. Ed. crit. FUNK F.X.-K. BIHLMEYER-M. WHITTAKER, Die Apostolischen Väter, p. 116. Trad. di A. QUACQUARELLI, I Padri Apostolici, p. 71. Cfr. anche http://www.scrivitalia.it/2012/03/la-teologia-della-gloria-nellanticaeconomiadella-salvezza-nei-padri-apostolici/: C. RANDAZZO, La teologia della gloria nell'antica economia della salvezza nei Padri apostolici, 28 marzo 2012.
9 CLEMENTE ROMANO, Lettera ai Corinti 34,6. Ed. crit. FUNK F.X.-K. BIHLMEYER-M. WHITTAKER, Die Apostolischen Väter, p. 116. Trad. di A. QUACQUARELLI, I Padri Apostolici, p. 72
10 CLEMENTE ROMANO, Lettera ai Corinti 60,4-61,1-2. Ed. crit. FUNK F.X.-K. BIHLMEYER-M. WHITTAKER, Die Apostolischen Väter, p. 146. Trad. di A. QUACQUARELLI, I Padri Apostolici, p. 90.
11 ERMA, Pastore. Visioni 3,4. Ed. crit. FUNK F.X.-K. BIHLMEYER-M. WHITTAKER, Die Apostolischen Väter, p. 336. Trad. di A. QUACQUARELLI, I Padri Apostolici, p. 246.
12 ERMA, Pastore. Similitudini 95,4. Ed. crit. FUNK F.X.-K. BIHLMEYER-M. WHITTAKER, Die Apostolischen Väter, p. 514. Trad. di A. QUACQUARELLI, I Padri Apostolici, p. 333.
13 ERMA, Pastore. Similitudini 95,5. Ed. crit. FUNK F.X.-K. BIHLMEYER-M. WHITTAKER, Die Apostolischen Väter, pp. 514-516. Trad. di A. QUACQUARELLI, I Padri Apostolici, p. 333.
14 Cfr. anche Sal 97,6; 113.4. Is 6,3;40,5;60,1. Cfr. a tal proposito Gloria, in MONLOUBOU L.-DU BUIT F.M. (ed. it. a cura di R. FABRIS), Dizionario Biblico Storico/Critico, Roma 1987, col. 485-487; gloria, in SCHMIDT W.H. (ed. it. a cura di A. MINISSALE), Dizionario biblico. Teologia dell'Antico Testamento, Milano 1981, col. 131-132.
15 CLEMENTE ROMANO, Lettera ai Corinti 38,3-4. Ed. crit. FUNK F.X.-K. BIHLMEYER-M. WHITTAKER, Die Apostolischen Väter, p. 122. Trad. di A. QUACQUARELLI, I Padri Apostolici, p. 75.
16 CLEMENTE ROMANO, Lettera ai Corinti 9,1. Ed. crit. FUNK F.X.-K. BIHLMEYER-M. WHITTAKER, Die Apostolischen Väter, p. 90. Trad. di A.
QUACQUARELLI, I Padri Apostolici, p. 55.
17 CLEMENTE ROMANO, Lettera ai Corintii 9,2. Ed. crit. FUNK F.X.-K. BIHLMEYER-M. WHITTAKER, Die Apostolischen Väter, p. 90. Trad. di A. QUACQUARELLI, I Padri Apostolici, p. 55.
18 CLEMENTE ROMANO, Lettera ai Corinti 9,3. Ed. crit. FUNK F.X.-K. BIHLMEYER-M. WHITTAKER, Die Apostolischen Väter, p. 90. Trad. di A. QUACQUARELLI, I Padri Apostolici, p. 55.
19 CLEMENTE ROMANO, Lettera ai Corinti 9,4. Ed. crit. FUNK F.X.-K. BIHLMEYER-M. WHITTAKER, Die Apostolischen Väter, p. 90. Trad. di A. QUACQUARELLI, I Padri Apostolici, p. 55.
20 P. DE BENEDETTI, Senza animali non c'è paradiso , in “QOL” 150, p. 4.
21 CLEMENTE ROMANO, Lettera ai Corinti 10,1-7. Ed. crit. FUNK F.X.-K. BIHLMEYER-M. WHITTAKER, Die Apostolischen Väter, p. 90. Trad. di A. QUACQUARELLI, I Padri Apostolici, pp. 55-56.
22 CLEMENTE ROMANO, Lettera ai Corinti 17,2. Ed. crit. FUNK F.X.-K. BIHLMEYER-M. WHITTAKER, Die Apostolischen Väter, p. 100. Trad. di A. QUACQUARELLI, I Padri Apostolici, p. 61.
23 CLEMENTE ROMANO, Lettera ai Corinti 11,1-2. Ed. crit. FUNK F.X.-K. BIHLMEYER-M. WHITTAKER, Die Apostolischen Väter, p. 92. Trad. di A.
QUACQUARELLI, I Padri Apostolici,, p. 56.
24 CLEMENTE ROMANO, Lettera ai Corinti 11,2. Ed. crit. FUNK F.X.-K. BIHLMEYER-M. WHITTAKER, Die Apostolischen Väter, p. 92. Trad. di A. QUACQUARELLI, I Padri Apostolici, p. 56.
25 CLEMENTE ROMANO, Lettera ai Corinti 12,1. Ed. crit. FUNK F.X.-K. BIHLMEYER-M. WHITTAKER, Die Apostolischen Väter,p. 92. Trad. di A. QUACQUARELLI, I Padri Apostolici, p. 56.
26 CLEMENTE ROMANO, Lettera ai Corinti 12,1. Ed. crit. FUNK F.X.-K. BIHLMEYER-M. WHITTAKER, Die Apostolischen Väter, p. 92. Trad. di A. QUACQUARELLI, I Padri Apostolici, pp. 56-57.
27 CLEMENTE ROMANO, Lettera ai Corinti 12,3. Ed. crit. FUNK F.X.-K. BIHLMEYER-M. WHITTAKER, Die Apostolischen Väter, p. 92. Trad. di A. QUACQUARELLI, I Padri Apostolici, p. 57.
28 CLEMENTE ROMANO, Lettera ai Corinti 12,4. Ed. crit. FUNK F.X.-K. BIHLMEYER-M. WHITTAKER, Die Apostolischen Väter, p. 92. Trad. di A. QUACQUARELLI, I Padri Apostolici, p. 57.
29 CLEMENTE ROMANO, Lettera ai Corinti 12,4. Ed. crit. FUNK F.X.-K. BIHLMEYER-M. WHITTAKER, Die Apostolischen Väter, p. 92. Trad. di A. QUACQUARELLI, I Padri Apostolici, p. 57.
30 CLEMENTE ROMANO, Lettera ai Corinti 12,5. Ed. crit. FUNK F.X.-K. BIHLMEYER-M. WHITTAKER, Die Apostolischen Väter, p. 92. Trad. di A. QUACQUARELLI, I Padri Apostolici, p. 57.
31 CLEMENTE ROMANO, Lettera ai Corinti 12,6. Ed. crit. FUNK F.X.-K. BIHLMEYER-M. WHITTAKER, Die Apostolischen Väter, p. 92. Trad. di A. QUACQUARELLI, I Padri Apostolici, p. 57.
32 CLEMENTE ROMANO, Lettera ai Corinti 12,7. Ed. crit. FUNK F.X.-K. BIHLMEYER-M. WHITTAKER, Die Apostolischen Väter, pp. 92-94. Trad. di A. QUACQUARELLI, I Padri Apostolici, p. 57.
33 CLEMENTE ROMANO, Lettera ai Corintii 12,1-7. Ed. crit. FUNK F.X.-K. BIHLMEYER-M. WHITTAKER, Die Apostolischen Väter, p. 92. Trad. di A. QUACQUARELLI, I Padri Apostolici, pp. 56-57.
34 CLEMENTE ROMANO, Lettera ai Corinti 12,8. Ed. crit. FUNK F.X.-K. BIHLMEYER-M. WHITTAKER, Die Apostolischen Väter, p. 94. Trad. di A. QUACQUARELLI, I Padri Apostolici, p. 57.
35 CLEMENTE ROMANO, Lettera ai Corinti 19,2-3. Ed. crit. FUNK F.X.-K. BIHLMEYER-M. WHITTAKER, Die Apostolischen Väter, p. 102. Trad. di A. QUACQUARELLI, I Padri Apostolici, p. 62.
36 CLEMENTE ROMANO, Lettera ai Corinti 34,7. Ed. crit. FUNK F.X.-K. BIHLMEYER-M. WHITTAKER, Die Apostolischen Väter, p. 116. Trad. di A. QUACQUARELLI, I Padri Apostolici, p. 72.
37 CLEMENTE ROMANO, Lettera ai Corinti 34,6. Ed. crit. FUNK F.X.-K. BIHLMEYER-M. WHITTAKER, Die Apostolischen Väter, p. 116. Trad. di A. QUACQUARELLI, I Padri Apostolici, pp. 71-72.
38 CLEMENTE ROMANO, Lettera ai Corinti 34,4-5. Ed. crit. FUNK F.X.-K. BIHLMEYER-M. WHITTAKER, Die Apostolischen Väter, p. 116. Trad. di A. QUACQUARELLI, I Padri Apostolici, p. 71.
39 CLEMENTE ROMANO, Lettera ai Corinti 32,2. Ed. crit. FUNK F.X.-K. BIHLMEYER-M. WHITTAKER, Die Apostolischen Väter, p. 114. Trad. di A. QUACQUARELLI, I Padri Apostolici, p. 70.
40 CLEMENTE ROMANO, Lettera ai Corinti 32,3-4. Ed. crit. FUNK F.X.-K. BIHLMEYER-M. WHITTAKER, Die Apostolischen Väter, p. 114. Trad. di A. QUACQUARELLI, I Padri Apostolici, p. 70.
41 CLEMENTE ROMANO, Lettera ai Corinti 43,2. Ed. crit. FUNK F.X.-K. BIHLMEYER-M. WHITTAKER, Die Apostolischen Väter, p. 126. Trad. di A. QUACQUARELLI, I Padri Apostolici, p. 77.
42 CLEMENTE ROMANO, Lettera ai Corinti 43,5. Ed. crit. FUNK F.X.-K. BIHLMEYER-M. WHITTAKER, Die Apostolischen Väter, p. 126. Trad. di A. QUACQUARELLI, I Padri Apostolici, p. 78.
43 CLEMENTE ROMANO, Lettera ai Corinti 43,2-5. Ed. crit. FUNK F.X.-K. BIHLMEYER-M. WHITTAKER, Die Apostolischen Väter, p. 126. Trad. di A.
QUACQUARELLI, I Padri Apostolici, pp. 77-78.
44 CLEMENTE ROMANO, Lettera ai Corinti 45,5-8. Ed. crit. FUNK F.X.-K. BIHLMEYER-M. WHITTAKER, Die Apostolischen Väter, pp. 128-130. Trad. di A. QUACQUARELLi, I Padri Apostolici, p. 79.
45 CLEMENTE ROMANO, Lettera ai Corinti 45,4. Ed. crit. FUNK F.X.-K. BIHLMEYER-M. WHITTAKER, Die Apostolischen Väter, p. 128. Trad. di A. QUACQUARELLI, I Padri Apostolici, p. 79.
46 CLEMENTE ROMANO, Lettera ai Corinti 52,1-4. Ed. crit. FUNK F.X.-K. BIHLMEYER-M. WHITTAKER, Die Apostolischen Väter, p. 136. Trad. di A. QUACQUARELLI, I Padri Apostolici, p. 83.
47 CLEMENTE ROMANO, Lettera ai Corinti 35,12. Ed. crit. FUNK F.X.-K. BIHLMEYER-M. WHITTAKER, Die Apostolischen Väter, p. 120. Trad. di A. QUACQUARELLI, I Padri Apostolici, p. 73.
48 CLEMENTE ROMANO, Lettera ai Corinti 8,5-9,1. Ed. crit. FUNK F.X.-K. BIHLMEYER-M. WHITTAKER, Die Apostolischen Väter, pp. 88-90. Trad. di A. QUACQUARELLI, I Padri Apostolici, p. 55.
49 CLEMENTE ROMANO, Lettera ai Corinti 57,7-58,1. Ed. crit. FUNK F.X.K. BIHLMEYER-M. WHITTAKER, Die Apostolischen Väter, p. 142. Trad. di A. QUACQUARELLI, I Padri Apostolici, p. 87.
CAPITOLO SECONDO
2. La gloria di Dio nella nuova economia della salvezza
2.1. L'eziogenesi della gloria di Dio
In Didaché 10,2 la preghiera di ringraziamento rivolta al Padre include due motivi: il santo nome del Padre (da una parte) e la conoscenza, la fede e l'immortalità (dall'altra parte) rivelati da Dio agli uomini tramite Gesù, attraverso i quali Dio consente al suo santo nome di abitare nel cuore degli uomini:
Ti rendiamo grazie, o padre santo, per il tuo santo nome che hai fatto abitare nei nostri cuori per la conoscenza, la fede e l'immortalità che rivelasti a noi per mezzo di Gesù tuo figlio. A te la gloria nei secoli.¹
Cristo assurge ad essere il mediatore, per mezzo del quale il Padre ha potuto farci conoscere il suo santo nome. In Cristo si è rivelato dunque il nome glorioso del Padre, perché Cristo ha potuto rivelarlo a noi e farlo abitare nei nostri cuori attraverso la conoscenza, la fede e l'immortalità che il Padre ha rivelato per mezzo di lui.
Precedentemente il didachista, a proposito della preghiera eucaristica, afferma che la gloria di Dio si esplica in forza della vita e della conoscenza che egli stesso ha rivelato tramite Gesù.
Il dispiegamento della gloria di Dio con i doni della vita e della conoscenza viene riconosciuta dal didachista tramite la mediazione di Cristo, per mezzo del quale Dio ha potuto rivelare quei doni all'uomo:
Ti ringraziamo, Padre nostro, per la vita e la conoscenza che a noi rivelasti per mezzo di Gesù tuo figlio. A te la gloria nei secoli.²
Lo stesso autore in 9,4 riconosce che la gloria, appartenente a Dio, si rende esplicita nella chiesa – la comunità dei radunati nel regno di Dio - grazie a Gesù Cristo: “Così la tua chiesa si raccolga dai confini della terra nel tuo regno poiché tua è la gloria e la potenza per Gesù Cristo nei secoli”.³ Grazie a Cristo il Padre rivela la sua gloria nella chiesa perché, in forza della sua parola, del suo vangelo e delle sue opere, la chiesa ha avuto origine sulla terra.
Clemente Romano, oltre ad affermare la mediazione di Cristo nella conoscenza del nome glorioso di Dio, ne afferma anche la sua mediazione creatrice e salvifica perché, attraverso Cristo, Dio ci ha chiamato alla vita, manifestando la sua gloria nella creazione e sempre; tramite Cristo, Dio ci ha dato la capacità di sperare fiduciosamente nel suo nome, che è al fondamento dell'esistenza di ogni essere vivente:
per mezzo dell'amatissimo suo figlio Gesù Cristo Signore nostro, col quale ci chiamò dalle tenebre alla luce, dall'ignoranza alla conoscenza del suo nome glorioso 3. a sperare nel tuo nome principio di ogni creatura: tu apristi gli occhi del nostro cuore.⁴
In 61,3 Clemente Romano dà l'appellativo di gran sacerdote a Cristo, perché attraverso lui si è rivelata la gloria e la magnificenza del Padre. Dio padre ha compiuto attraverso lui molti benefici per rendere l'uomo degno della sua gloria:
Te, il solo capace di compiere questi beni ed altri più grandi per noi ringraziamo per mezzo del gran Sacerdote e protettore delle anime nostre Gesù Cristo per il quale ora a te sia la gloria e la magnificenza e di generazione in generazione e nei secoli dei secoli. Amen.⁵
Per Clemente l'uomo è stato rivestito della gloria di Dio per i meriti di Gesù Cristo.
Per Policarpo coloro che seguono la Parola di Gesù, vivendo secondo la sua buona novella, rendono insieme a Gesù gloria al Padre e allo Spirito, perché tramite loro i santi eletti hanno ricevuto la salvezza da Dio:
Noi vi auguriamo di star bene, fratelli, camminando secondo il vangelo nella parola di Gesù Cristo, e con lui sia gloria a Dio Padre e allo Spirito Santo, per la salvezza dei santi eletti.
Gli eletti sono coloro che hanno creduto al vangelo di Gesù e per questo sono stati salvati dalla morte eterna, per cui questi, insieme a Gesù, glorificano il Padre per aver loro dato questa speciale opportunità di salvezza. Sempre Policarpo in 20,2 ci fa intuire che Dio ci ha fatto conoscere la sua gloria per il fatto che ha dato all'uomo, per sua propria iniziativa, un dono in quanto, tramite il Figlio unigenito, egli ha la possibilità di entrare nel regno eterno:
A lui, che può condurre tutti noi, per sua grazia e suo dono nel regno eterno, mediante suo Figlio l'unigenito Gesù Cristo, gloria, onore, potenza e grandezza per sempre.⁷
L'accesso al regno eterno è prerogativa solo di Dio; per questo egli detiene la gloria e la potenza nei secoli.
Inoltre è possibile glorificare il Padre attraverso la santificazione, cioè quando riposeremo nella pace eterna:
lo potremo noi stessi quando riposando gloriosamente lo santificheremo, giustificati e impadroniti della promessa; non ci sarà più l'ingiustizia poiché tutte le cose sono state rinnovate dal Signore. Allora lo potremo santificare, essendo noi prima santificati.⁸
2.2. L'eziogenesi della gloria di Cristo
Alla base dell'attribuzione della gloria a Cristo sta per Clemente Romano il motivo della grazia di Gesù; grazia che il Signore Gesù dà a tutti coloro che sono stati chiamati da Dio per suo tramite:
La grazia del Signore nostro Gesù Cristo sia con voi e con tutti quelli ovunque chiamati da Dio per mezzo suo e a Lui è gloria, onore, potenza e (...).
Cristo così si assume la gloria, o meglio acquista la gloria a motivo del fatto che egli ha dato la grazia a quelli che, per mezzo di lui, sono stati chiamati da Dio.
Un altro motivo che sta al fondamento della attribuzione della gloria a Cristo è l'augurio fatto da Pionio che Gesù Cristo raduni anche lui, come tutti gli eletti, nel regno eterno:
Perché il Signore Gesù Cristo raccolga anche me tra i suoi eletti nel suo regno celeste. A lui sia gloria col Padre e col Santo Spirito nei secoli dei secoli. Amen.¹
Alla stessa stregua del beato Policarpo anche Pionio esprime il vivo desiderio di far parte del regno eterno che Gesù ha costituito per i suoi eletti; per questo a Cristo si deve per Pionio il titolo di gloria.
Inoltre il beato Policarpo afferma che il titolo di gloria è applicato a Cristo in forza della potenza di Dio che lo ha risuscitato e che lo ha posto alla sua destra,
conferendogli la supremazia su tutte le cose:
credendo in lui che ha risuscitato dai morti il Signore nostro Gesù Cristo e gli ha dato gloria e un trono alla sua destra. A lui è soggetta ogni cosa del cielo e della terra, a lui è sottoposto ogni spirito.¹¹
La risurrezione di Cristo compiuta dal Padre è appannaggio della gloria del Padre, la cui gloria mostra i suoi effetti nel Figlio in quanto egli è stato posto dal Padre alla sua destra.
La gloria di Cristo quindi si riversa nel mondo nel detenere, alla stessa stregua del Padre, il potere e il comando su tutte le cose che ci sono nel mondo, perché a lui sono soggette.
Mentre la gloria di Cristo si manifesta, nel martirio di Policarpo, in funzione soteriologica, perché appare agli uomini in virtù della sua resurrezione e cioè in forza del suo evento salvifico, nell'Omelia dello pseudo-Clemente la gloria di Cristo si mostra agli increduli in funzione escatologica, cioè grazie alla sua venuta alla fine dei tempi:
Dice il Signore: “Io vengo a radunare tutte le nazioni, le tribù e le lingue”. Questo indica il giorno della sua apparizione, quando venendo riscatterà ciascuno secondo le sue opere. 5. Gli increduli vedranno la sua gloria e la sua potenza, e si stupiranno nel vedere il governo del mondo in Gesù.¹²
2.3. La glorificazione di Cristo
Ignazio esorta la sua comunità a glorificare Cristo, sull'esempio del Padre che ha glorificato il Figlio, erigendolo ad essere capo della sua chiesa. Per glorificare Cristo, occorre per Ignazio essere membra del corpo di Cristo, ossia appartenere a lui nell'unità delle sue membra:
2,2: Bisogna glorificare in ogni modo Gesù Cristo che ha glorificato voi. 4,2: E ciascuno diventi un coro, affinché nell'armonia del vostro accordo prendendo nell'unità il tono di Dio, cantiate ad una sola voce per Gesù Cristo al Padre, perché vi ascolti e vi riconosca, per le buone opere, che siete le membra di Gesù Cristo. È necessario per voi trovarvi nella inseparabile unità per essere sempre partecipi di Dio.¹³
I fedeli quindi per Ignazio possono glorificare Cristo solo se si uniscono in un mosaico di cuori e di voci a Cristo, unico capo di tutte le chiese, per rendere partecipe Dio di tutto questo.
Questa inseparabile unità della chiesa di Efeso con Cristo riflette la natura stessa della chiesa che per Ignazio era predestinata, prima di tutti i secoli, alla gloria eterna, perché poggia le sue fondamenta sulla volontà del Padre e del Figlio:
a colei che è stata benedetta in grandiosità con la pienezza di Dio Padre, che è stata predestinata, prima dei secoli, ad essere per sempre di gloria eterna e di salda unità, che è stata scelta nella ione vera per volontà del Padre e di Gesù Cristo, Dio nostro, la Chiesa degna di essere beata, che è in Efeso dell'Asia, i migliori saluti in Gesù Cristo e nella gioia irreprensibile.¹⁴
Coloro che svolgono questo servizio di unione a Cristo, sempre per Ignazio, glorificano il suo nome, ricevendone a loro volta la sua gloria:
portare a quelli che sono raccolti i vostri rallegramenti e glorificare il nome. 2. Beato in Gesù Cristo chi è ritenuto degno di tale servizio e voi ne avrete gloria.¹⁵
A tal riguardo ancora Ignazio puntualizza che coloro che vogliono imitare la gloria di Cristo possono farlo rimanendo casti nel corpo e umili nello spirito, perché solo così in loro si riflette la gloria carnale del Figlio:
Se qualcuno può rimanere nella castità a gloria della carne del Signore, vi rimanga con umiltà. Se se ne vanta è perduto.¹
Coloro che coltivano la virtù della castità sono coloro che imitano la pazienza di Cristo che, sotto il peso della croce, sopportò tutte le nostre mancanze.
Significativo è il testo della Lettera ai Filippesi, scritta da Policarpo, nella quale viene messo in rilievo che coloro che soffrono per il nome di Cristo, imitandone la sua pazienza, lo glorificano nel loro corpo: “Imitiamo dunque la sua pazienza e se soffriamo per il suo nome lo glorifichiamo”.¹⁷
Una figura esemplare è quella di Policarpo che, subendo il martirio pazientemente secondo il vangelo di Cristo, consegue il regno eterno e la gloria dello stesso Cristo tramite l'imitazione della sua ione, glorificando al contempo Dio padre:
19,2 Con la sua pazienza ha trionfato sul governatore ingiusto, ha conseguito la corona dell'immortalità ed esulta con gli apostoli e tutti i giusti. Egli glorifica Dio Padre onnipotente e benedice il Signore nostro Gesù Cristo salvatore delle nostre anime, guida dei nostri corpi e pastore della Chiesa cattolica nel mondo. XX,2 A lui, che può condurre tutti noi, per sua grazia e suo dono nel regno eterno, mediante suo Figlio l'unigenito Gesù Cristo, gloria, onore, potenza e grandezza per sempre.¹⁸
Coloro che imitano il supplizio di Policarpo, alla stessa stregua del martire, glorificano il Padre:
Conosciute poi le cose, spedite la lettera ai fratelli più lontani, perché anche questi glorifichino il Signore che fa la scelta dei suoi servi.¹
Dunque tutti coloro che imitano la sofferenza di Cristo formano la vera chiesa, unita in Cristo, perché in questa si rispecchia la gloria del Padre e del Figlio.
A proposito sempre della chiesa Erma sottolinea che essa prende il suo vitale nutrimento dalla parola del nome glorioso di Cristo, sul quale viene innalzata, perché poggia le sue basi sulla potenza del nome glorioso del Padre: “La torre è stata innalzata con la parola del nome onnipotente e glorioso ed è retta dalla potenza invisibile e infinita”.²
Inoltre la pace è annoverata come motivo della gloria di Cristo, perché in chi fomenta la concordia tra gli esseri umani traluce la gloria di Cristo:
2. Se per colpa mia si sono avuti sedizione, lite e scismi vado via. Me ne parto dove volete e faccio quello che il popolo comanda purché il gregge di Cristo
viva in pace con i presbiteri costituiti. 3 Ciò facendo si acquisterà una grande gloria in Cristo e ogni luogo lo riceverà.²¹
2.4. La glorificazione di Dio
Nel Pastore di Erma sono racchiuse le principali condizioni, attraverso cui l'uomo può realmente glorificare Dio. Le elenchiamo qui di seguito in ordine progressivo: -attraverso la misericordia di Dio e la non trascuratezza da parte dell'uomo è possibile ricevere dal Padre la forza necessaria per immergersi nella sua gloria:
La misericordia del Signore, però, avendo pietà di te e della tua casa, ti darà la forza per ben fondarti nella Sua gloria. Basta che tu non sia trascurato, rianima invece e conforta la tua casa. Come il fabbro a colpi di martello ottiene la cosa che vuole, così la parola quotidiana giusta viene a capo di ogni cattiveria. Non trascurare di riprendere i tuoi figli. So che, se si pentiranno di tutto cuore, saranno scritti nei libri della vita con i santi.²²
- la genuflessione e la preghiera come condizioni sine qua non è possibile al fedele rendere gloria al nome di Dio, il quale gli aveva fatto conoscere i peccati commessi precedentemente:
mi inginocchio e incomincio a pregare il Signore e a glorificare il suo nome perché mi aveva stimato degno e mi aveva fatto conoscere i peccati di prima.²³
- la preghiera in funzione della fortezza, del pentimento e della glorificazione del nome di Dio. La preghiera addiviene il mezzo perché venisse fortificato Erma e venisse glorificato il nome di Dio, per aver stimato lo stesso Erma degno di vedere le meraviglie del Signore. La preghiera è anche finalizzata al pentimento dei servi che si erano scandalizzati di certe visioni e rivelazioni, che il Signore mostrò tramite la Chiesa:
Camminando da solo, prego il Signore di completare le rivelazioni e le visioni che manifestò per mezzo della sua santa Chiesa perché fortificasse me e fe pentire i suoi servi che si erano scandalizzati, e glorificasse il suo nome grande e glorioso avendomi stimato degno che mi si mostrassero le sue meraviglie.²⁴
- l'astinenza dal peccato mediante la penitenza è un'ulteriore condizione per gli eletti per conseguire la salvezza, in quanto Dio è fedele alla sua gloria:
5. Il Signore ha giurato per la sua gloria a favore dei suoi eletti: se al compiersi di questo giorno c'è ancora il peccato, non conseguiranno la salvezza. Per i giusti la penitenza ha un termine, e i giorni della penitenza sono compiuti per tutti i fedeli (…). 6. Dirai ai capi della Chiesa che dirigano il loro cammino nella giustizia, perché ottengano pienamente con molta gloria le promesse.²⁵
La penitenza è concessa dalla misericordia del Signore, che è grande e gloriosa, solo a coloro che predispongono il loro cuore a servire Dio:
la misericordia del Signore, grande e gloriosa, ha concesso lo spirito (di penitenza) a coloro che erano degni di pentirsi. 2. “Come mai, chiedo, tutti non si pentirono?”. “Il Signore concesse pentimento a quelli il cui cuore vede che sta per diventare puro e servirlo dal profondo. A quelli, invece, di cui vede l'inganno e la malizia e che si sarebbero pentiti ipocritamente non concesse pentimento per non far bestemmiare di nuovo la legge di Dio”.²
Inoltre attraverso il pentimento il peccatore si accorge delle azioni malvagie che ha compiuto e glorifica Dio perché egli è giudice giusto, in quanto ognuno soffre sulla base delle azioni perverse che ha commesso:
Quando si pentono allora risaltano nel loro cuore le opere perverse che compirono, e glorificano Dio perché è giudice giusto e giustamente ognuno ha tutto sofferto secondo le proprie azioni.²⁷
- improntare le proprie azioni secondo giustizia è alla base del conseguimento delle promesse da parte di Dio, in quanto chi opera secondo giustizia realizza le promesse di Dio, diventando egli stesso cooperatore e coerede della gloria divina.
Coloro che operano secondo giustizia camminano nel Signore e, per ciò stesso, amano fin dal profondo del cuore la verità, attraverso la quale viene glorificato Dio che dimora in loro:
Ama la verità ed ogni verità esca dalla tua bocca, perché lo spirito che Dio fece abitare in questa carne sia veritiero in tutti gli uomini e sia glorificato il Signore che dimora in te. Il Signore in ogni parola è sincero e in lui non si ha menzogna alcuna.²⁸
L'uomo che vive secondo verità porta il Signore nel cuore, perché solo nel cuore di colui che lo ospita egli abita, per cui l'uomo che apre il proprio cuore a Dio, affinché egli ponga in lui la sua dimora, glorifica Dio in quanto ha compiuto per lui cose grandi, fra cui quella di avere instaurato l'amicizia con l'uomo e di avergli dato il potere di dominio su ogni cosa:
2. (…) la gloria di Dio è grande, forte e stupenda? Egli non creò il mondo per l'uomo e tutta la sua creazione sottomise all'uomo dandogli il potere di dominare ogni cosa che è sotto il cielo? 3. Se, dunque, dice, l'uomo è il signore di tutte le creature di Dio e su tutte domina, non può dominare anche questi precetti? Può,
precisa, dominare tutti questi precetti solo l'uomo che ha il Signore nel suo cuore. 4. Quelli che hanno il Signore sulle labbra, ma il cuore indurito, sono assai lontano da Dio e per loro questi precetti sono duri e inattuabili.²
Aprendo il cuore al Signore, il credente è consapevole che, solo per mezzo del suo nome glorioso, egli può essere salvato dalle insidie del tentatore:
(…) una belva enorme capace di distruggere delle moltitudini, ma per la potenza del Signore e la sua misericordia le sono sfuggito”. 4. “Orbene le sei sfuggito perché hai rimesso in Dio il tuo affanno e hai aperto il tuo cuore al Signore, credendo che, mediante nessun altro potresti essere salvato, se non per mezzo del suo grande e glorioso nome.³
- la sofferenza per il nome di Dio e la perseveranza sono anche altre condizioni per sedere alla destra e ottenere da Dio una qualche gloria, simile a quella che precedentemente il Figlio aveva ottenuto dal Padre:
9,9. Volevo sedermi alla destra e non me lo permise, ma mi accenna con la mano di sedermi alla sinistra. Mentre riflettevo e mi addoloravo perché non mi aveva lasciato sedere alla destra mi dice: “Sei afflitto, Erma? Il posto della destra è di altri, di quelli che sono piaciuti a Dio ed hanno sofferto per il suo nome. Manca molto a te per sederti con loro. Ma persevera, come già fai nella tua semplicità e vi siederete con loro tu e quanti faranno ciò che essi hanno fatto e subiranno ciò che essi hanno subito”. 10,2. Che cosa subirono?. Ascolta, mi rispose: flagelli, carceri, grandi tormenti, croci, belve a motivo del nome. Perciò la destra del luogo santo è loro e di chiunque abbia a patire per il nome; la sinistra è degli altri. Uguali sono i doni e le promesse degli uni e degli altri, di quelli che siedono a destra e a sinistra; soltanto quelli siedono a destra ed hanno una certa gloria.³¹
Nell'Omelia dello pseudo Clemente quando Cristo verrà alla fine dei tempi mostrerà la sua gloria e la sua potenza perché il governo del mondo è nelle sue mani. Mentre gli increduli, vedendo la gloria di Cristo, si stupiscono, facendo finta di non averlo mai saputo i giusti, che hanno intrapreso la strada della sopportazione e della pazienza sull'orma del loro maestro, glorificano Dio per tutto quanto ha compiuto:
Gli increduli vedranno la sua gloria e la sua potenza, e si stupiranno nel vedere il governo del mondo in Gesù dicendo: “guai a noi! Sei tu, non lo sapevamo. Non abbiamo creduto e non abbiamo obbedito ai presbiteri che annunziavano la nostra salvezza. “Il loro verme non morrà e il loro fuoco non si spegnerà e saranno di spettacolo ad ogni carne”. 6. Dice che è quello il giorno del giudizio, quando si vedranno coloro che tra noi furono empi e non rispettarono gli ordinamenti di Gesù Cristo. 7. I giusti che hanno agito bene, sopportato i tormenti e odiato i piaceri della vita, quando vedranno quelli che hanno deviato e rinnegato Gesù, con le parole e le opere, puniti con terribili pene nel fuoco che non si spegne mai, daranno gloria al loro Dio dicendo che la speranza c'è per chi ha servito Dio con tutto il cuore.³²
- attraverso la costruzione della chiesa, simboleggiata nel Pastore dalla torre, viene glorificato Dio:
La costruzione della torre sarà mandata a termine, e tutti insieme vi gioiranno intorno e glorificheranno il Signore perché fu compiuta la costruzione della torre.³³
I soggetti che edificano la chiesa sono appannaggio della glorificazione di Dio, soprattutto per i titubanti che dubitano della loro veridicità.³⁴
- attraverso il timore di Dio viene glorificato Dio. A tal riguardo Erma mostra
che coloro che temono il Signore hanno una forza gloriosa e, grazie a questa forza, dominano il diavolo per vivere in Dio:
2. Non temere il diavolo. Temendo il Signore, dominerai il diavolo perché egli non ha forza. In chi non c'è forza non c'è timore; in chi c'è la forza gloriosa c'è anche il timore. Ognuno che ha forza ha timore; chi non ha forza è vilipeso da tutti. 3. Temi le opere del diavolo che sono cattive. Temendo il Signore, temerai le opere del diavolo e non le farai, ma ti allontanerai da esse. 4. Duplice è il timore. Se vuoi compiere il male temi il Signore e non lo farai; se vuoi, invece, compiere il bene temi il Signore e lo farai. Il timore del Signore è forte, grande e glorioso. Temi il Signore e vivrai in lui. Quelli che lo temono e osservano i suoi precetti vivranno in Dio.³⁵
-attraverso tutte le cose che Dio ha fatto nel mondo, sia quelle invisibili che quelle visibili viene glorificato Dio. La glorificazione di Dio da parte dell'uomo viene causata dalla consapevolezza della sua grandezza che si dispiega sia nella creazione delle cose reali che di quelle surreali, come i precetti che il Signore ci ha dato per liberare le nostre energie spirituali:
Seduto nella mia casa glorificavo il Signore per tutte le cose che avevo visto e meditavo sui precetti che belli, potenti, gioiosi e gloriosi potevano salvare l'anima dell'uomo. Dicevo tra me: sarò felice se cammino nella via di questi precetti, e beato sarà chiunque camminerà nella loro via.³
2.5. La gloria come traguardo: acquistare e raggiungere la gloria di Dio
Clemente Romano, nella sua prima lettera ai Corinti, inizia ad esortare la comunità a vivere nell'umiltà, allontanando la falsa gloria che ognuno crede di attribuirsi sulla base delle sue capacità e dei suoi pregi, perché solo chi va alla ricerca e pratica il diritto e la giustizia fa propria la gloria del Signore:
Dunque, fratelli, siamo umili deponendo ogni baldanza, boria, stoltezza ed ira e facciamo quello che è scritto nella Bibbia. Dice infatti lo Spirito Santo: “Il saggio non si glori della sua sapienza né il forte della sua forza, né il ricco della sua ricchezza, ma chi si gloria si glori nel Signore, di ricercarlo e di praticare il diritto e la giustizia.³⁷
Qui Clemente Romano ricorre, per quanto riguarda il concetto di giustizia, al pensiero paolino, per il quale il vanto di ognuno non sta nell'essere più forte dell'altro, né nella sapienza di questo mondo, ma nel Cristo crocifisso, nel quale risiede la sapienza di Dio (1Cor 1,31; 2Cor 10,17).
In seguito Clemente Romano afferma che colui che è generoso, misericordioso e pieno di amore acquista la gloria di Dio in Cristo:
Tra voi c'è qualcuno generoso, misericordioso e pieno di amore? 2. Dica: se per colpa mia si sono avuti sedizione, lite e scismi vado via. Me ne parto dove volete e faccio quello che il popolo comanda purché il gregge di Cristo viva in pace con i presbiteri costituiti. 3. Ciò facendo si acquisterà una grande gloria in Cristo e ogni luogo lo riceverà. “Del Signore è la terra e quanto essa contiene” (Sal 24,1). 4. Così hanno fatto e faranno quelli che con una condotta senza rimorsi, sono cittadini di Dio.³⁸
Clemente Romano vuole far notare alla sua comunità che coloro che si comportano nella prassi di vita in modo generoso, misericordioso e amorevole sono degni di Dio e stimati da lui, in quanto in loro si rifrange la gloria di Dio; gloria che si ammira nel settimo giorno, quando tutte le cose e gli esseri che sono stati creati da Dio manifestano tra loro ordine, sintonia e armonia, seguendo la pace dettata loro dal creatore.
Per Barnaba è possibile costruire un tempio glorioso nel nostro cuore attraverso la remissione dei peccati e attraverso la speranza nel nome del Signore, perché così veniamo rigenerati e fatti nuovi come al principio del mondo, dove negli esseri creati si rifletteva la luce pacifica e immortale della gloria di Dio:
Infatti sta scritto: “Avverrà che, compiuta la settimana, il tempio glorioso di Dio sarà edificato nel nome del Signore”. 7. Trovo dunque che il tempio c'è. Ora imparate come sarà edificato nel nome del Signore. Prima che noi avessimo creduto in Dio l'abitacolo del nostro cuore era corruttibile e debole come tempio veramente edificato dalla mano. Era pieno di idolatria ed era la casa dei demoni per l'operare quanto era contrario a Dio. 8. “Sarà edificato nel nome del Signore” riflettete perché il tempio del Signore sarà gloriosamente edificato. In che modo? Imparate. Ottenuta la remissione dei peccati e sperando nel nome siamo divenuti nuovi, rigenerati dal principio.³
Il pentimento come caparra della gloria di Dio si ritrova anche nel Pastore di Erma. In questo testo si evince che chi ascolta le parole del Signore e subito si pente è reso glorioso da Dio, perché accetta la sua parola, anche se ha commesso precedentemente qualche lieve peccato.⁴
Più avanti Erma sottolinea che i peccati di coloro che si pentono vengono loro rimessi, perché essi parteciparono alla sofferenza del figlio di Dio. Grazie a questa compartecipazione staurologica Dio rimette loro i peccati, conferendo
loro la qualifica di gloriosi al suo cospetto.⁴¹
I buoni quindi per Erma acquistano la gloria di Dio. Sono insigniti della gloria di Dio anche coloro che incessantemente e con purezza servono il Signore nel proteggere continuamente i bisognosi e le vedove.⁴² Pertanto per Erma diventano gloriosi coloro che persistono nel servire il Signore.
La gloria di Dio appare anche come una meta e solo i martiri, secondo Clemente, possono conseguirla:
Pietro per l'ingiusta invidia non una o due, ma molte fatiche sopportò, e così col martirio raggiunse il posto della gloria. 5. Per invidia e discordia Paolo mostrò il premio della pazienza. 6. Per sette volte portando catene, esiliato, lapidato, fattosi araldo nell'oriente e nell'occidente, ebbe la nobile fama della fede. 7. Dopo aver predicato la giustizia a tutto il mondo, giunto al confine dell'occidente e resa testimonianza davanti alle autorità, lasciò il mondo e raggiunse il luogo santo, divenendo il più grande modello di pazienza.⁴³
Il martirio quindi diviene il fondamento del perseguimento della gloria. Pietro e Paolo sono due figure molto esemplari perché, sull'esempio di Cristo, sopportarono molte fatiche, al termine delle quali raggiunsero il trofeo di vittoria, simbolizzato dal posto di onore e di gloria che Dio aveva loro lasciato presso di lui, alla stessa stregua di Cristo che, sopportando molti oltraggi, raggiunse la destra del Padre, il posto onorifico e glorioso che Dio riserva ai suoi eletti.
Sull'esempio di Pietro e Paolo si erge la figura di Policarpo, al quale si deve gloria e onore per aver testimoniato col suo martirio il vangelo di Cristo. Nel settimo giorno, o meglio nel giorno del grande sabato, Policarpo ha ottenuto la corona della gloria, vincendo gli oltraggi del maligno:
Il beato Policarpo ha testimoniato il secondo giorno di Santico, il settimo giorno prima delle calende di marzo, di grande sabato, all'ora ottava. Fu preso da Erode, pontefice Filippo di Tralli e proconsole Stazio Quadrato, re eterno nostro Signore Gesù Cristo. A lui gloria, onore, grandezza, trono eterno di generazione in generazione. Amen.⁴⁴
1 Didaché 10,2. Ed. crit. FUNK F.X.-K. BIHLMEYER-M. WHITTAKER, Die Apostolischen Väter, p. 14. Trad. di A. QUACQUARELLI, I Padri Apostolici, p. 35. Cfr. anche http://www.scrivitalia.it/2012/03/la-teologia- della-gloria-nellanuova-economia-nei-padri-apostolici/:C. RANDAZZO, La teologia della gloria nella nuova economia nei Padri Apostolici, 27 marzo 2012.
2 Didaché 9,3. Ed. crit. FUNK F.X.-K. BIHLMEYER-M. WHITTAKER, Die Apostolischen Väter, p. 14. Trad. di A. QUACQUARELLI, I Padri Apostolici, pp. 34-35.
3 Didaché 9,4. Ed. crit. FUNK F.X.-K. BIHLMEYER-M. WHITTAKER, Die Apostolischen Väter, p. 14. Trad. di A. QUACQUARELLI, I Padri Apostolici, p. 35.
4 CLEMENTE ROMANO, Lettera ai Corinti 59,2-3. Ed. crit. FUNK F.X.-K. BIHLMEYER-M. WHITTAKER, Die Apostolischen Väter, pp. 142-144. Trad. di A. QUACQUARELLI, I Padri Apostolici, p. 88.
5 CLEMENTE ROMANO, Lettera ai Corinti 61,3. Ed. crit. FUNK F.X.-K. BIHLMEYER-M. WHITTAKER, Die Apostolischen Väter, pp. 146-148. Trad. di A. QUACQUARELLI, I Padri Apostolici, p. 91.
6 POLICARPO, Martirio 22,1. Ed. crit. FUNK F.X.-K. BIHLMEYER-M. WHITTAKER, Die Apostolischen Väter, p. 282. Trad. di A. QUACQUARELLI, I Padri Apostolici, p. 171.
7 POLICARPO, Martirio 20,2. Ed. crit. FUNK F.X.-K. BIHLMEYER-M. WHITTAKER, Die Apostolischen Väter, p. 282. Trad. di A. QUACQUARELLI, I Padri Apostolici, p. 171.
8 BARNABA, Epistola 15,7. Ed. crit. FUNK F.X.-K. BIHLMEYER-M. WHITTAKER, Die Apostolischen Väter, p. 64. Trad. di A. QUACQUARELLI, I Padri Apostolici, p. 208.
9 CLEMENTE ROMANO, Lettera ai Corinti 65,2. Ed. crit. FUNK F.X.-K. BIHLMEYER-M. WHITTAKER, Die Apostolischen Väter, p. 150. Trad. di A. QUACQUARELLI, I Padri Apostolici, p. 92.
10 POLICARPO, Martirio 22,3. Ed. crit. FUNK F.X.-K. BIHLMEYER-M. WHITTAKER, Die Apostolischen Väter, pp. 282-284. Trad. di A. QUACQUARELLI, I Padri Apostolici, p. 172.
11 POLICARPO, Lettera ai Filippesi 2,1. Ed. crit. FUNK F.X.-K. BIHLMEYER-M. WHITTAKER, Die Apostolischen Väter, pp. 244-246. Trad. di A. QUACQUARELLI, I Padri Apostolici, p. 154.
12 Ps. CLEMENTE, Omelia 17,4-5. Ed. crit. FUNK F.X.-K. BIHLMEYERM. WHITTAKER, Die Apostolischen Väter, p. 170. Trad. di A. QUACQUARELLI,
I Padri Apostolici, p. 232.
13 IGNAZIO, Lettera agli Efesini 2,2.4,2. Ed. crit. FUNK F.X.-K. BIHLMEYER-M. WHITTAKER, Die Apostolischen Väter, pp. 180-182. Trad. di A. QUACQUARELLI, I Padri Apostolici, pp. 100-101.
14 IGNAZIO, Lettera agli Efesini saluto. Ed. crit. FUNK F.X.-K. BIHLMEYER-M. WHITTAKER, Die Apostolischen Väter, p. 178. Trad. di A. QUACQUARELLI, I Padri Apostolici, p. 99.
15 IGNAZIO, Lettera ai Filadelfiesi 10,1-2. Ed. crit. FUNK F.X.-K. BIHLMEYER-M. WHITTAKER, Die Apostolischen Väter , p. 224. Trad. di A. QUACQUARELLI, I Padri Apostolici, p. 131.
16 IGNAZIO, Lettera a Policarpo 5,2. Ed. crit. FUNK F.X.-K. BIHLMEYER-M. WHITTAKER, Die Apostolischen Väter, p. 238. Trad. di A. QUACQUARELLI, I Padri Apostolici, p. 141.
17 POLICARPO, Lettera ai Filippesi 8,2. Ed. crit. FUNK F.X.-K. BIHLMEYER-M. WHITTAKER, Die Apostolischen Väter, p. 250. Trad. di A. QUACQUARELLI, I Padri Apostolici, pp. 157-158.
18 POLICARPO, Martirio 19,2.20,2. Ed. crit. FUNK F.X.-K. BIHLMEYERM. WHITTAKER, Die Apostolischen Väter, pp. 280-282. Trad. di A. QUACQUARELLI, I Padri Apostolici, pp. 170-171.
19 POLICARPO, Martirio 20,1. Ed. crit. FUNK F.X.-K. BIHLMEYER-M. WHITTAKER, Die Apostolischen Väter, pp. 280-282. Trad. di A. QUACQUARELLI, I Padri Apostolici p. 171.
20 ERMA, Pastore, Visione 11,5. Ed. crit. FUNK F.X.-K. BIHLMEYER-M. WHITTAKER, Die Apostolischen Väter, pp. 348-350. Trad. di A. QUACQUARELLI, I Padri Apostolici, p. 253.
21 CLEMENTE ROMANO, Lettera ai Corinti 54,2-3. Ed. crit. FUNK F.X.-K. BIHLMEYER-M. WHITTAKER, Die Apostolischen Väter, p. 138. Trad. di A. QUACQUARELLI, I Padri Apostolici p. 84.
22 ERMA, Pastore, Visione 3,2. Ed. crit. FUNK F.X.-K. BIHLMEYER-M. WHITTAKER, Die Apostolischen Väter, p. 334. Trad. di A. QUACQUARELLI, I Padri Apostolici, p. 245.
23 ERMA, Pastore, Visione 5,2. Ed. crit. FUNK F.X.-K. BIHLMEYER-M. WHITTAKER, Die Apostolischen Väter, p. 338. Trad. di A. QUACQUARELLI, I Padri Apostolici, p. 247.
24 ERMA, Pastore, Visione 22,3. Ed. crit. FUNK F.X.-K. BIHLMEYER-M. WHITTAKER, Die Apostolischen Väter, p. 368. Trad. di A. QUACQUARELLI, I Padri Apostolici, p. 262.
25 ERMA, Pastore, Visione 6,5-6. Ed. crit. FUNK F.X.-K. BIHLMEYER-M. WHITTAKER, Die Apostolischen Väter, p. 340. Trad. di A. QUACQUARELLI, I Padri Apostolici, p. 248.
26 ERMA, Pastore, Similitudini 72,1-2. Ed. crit. FUNK F.X.-K. BIHLMEYERM. WHITTAKER, Die Apostolischen Väter, p. 474. Trad. di A. QUACQUARELLI, I Padri Apostolici, p. 312.
27 ERMA, Pastore, Similitudini 63,6. Ed. crit. FUNK F.X.-K. BIHLMEYER-M. WHITTAKER, Die Apostolischen Väter, pp. 454-456. Trad. di A. QUACQUARELLI, I Padri Apostolici, pp. 303-304.
28 ERMA, Pastore, Precetti 28,1. Ed. crit. FUNK F.X.-K. BIHLMEYER-M. WHITTAKER, Die Apostolischen Väter, p. 378. Trad. di A. QUACQUARELLI, I Padri Apostolici, p. 268.
29 ERMA, Pastore, Precetti 47,2-4. Ed. crit. FUNK F.X.-K. BIHLMEYERM. WHITTAKER, Die Apostolischen Väter, p. 420-422. Trad. di A. QUACQUARELLI, I Padri Apostolici, pp. 287-88.
30 ERMA, Pastore, Precetti 23,3-4. Ed. crit. FUNK F.X.-K. BIHLMEYERM. WHITTAKER, Die Apostolischen Väter, p. 370. Trad. di A. QUACQUARELLI, I Padri Apostolici, p. 263.
31 ERMA, Pastore, Visione 9,9-10,1. Ed. crit. FUNK F.X.-K. BIHLMEYER-M. WHITTAKER, Die Apostolischen Väter, pp. 344-346. Trad. di A. QUACQUARELLI, I Padri Apostolici, p. 251.
32 Ps. CLEMENTE, Omelia 17,5-7. Ed. crit. FUNK F.X.-K. BIHLMEYERM. WHITTAKER, Die Apostolischen Väter, pp. 170-172. Trad. di A.
QUACQUARELLI, I Padri Apostolici, p. 232.
33 ERMA, Pastore, Visione 12,2. Ed. crit. FUNK F.X.-K. BIHLMEYER-M. WHITTAKER, Die Apostolischen Väter, p. 350. Trad. di A. QUACQUARELLI, I Padri Apostolici, p. 254.
34 ERMA, Pastore, Visione 12,3. Ed. crit. FUNK F.X.-K. BIHLMEYER-M. WHITTAKER, Die Apostolischen Väter, p. 350. Trad. di A. QUACQUARELLI, I Padri Apostolici, p. 254.
35 ERMA, Pastore, Precetti 37,2-4. Ed. crit. FUNK F.X.-K. BIHLMEYERM. WHITTAKER, Die Apostolischen Väter, pp. 399-400. Trad. di A. QUACQUARELLI, I Padri Apostolici, p. 277.
36 ERMA, Pastore, Similitudini 61,1. Ed. crit. FUNK F.X.-K BIHLMEYER-M. WHITTAKER, Die Apostolischen Väter, . 448. Trad. di A. QUACQUARELLI, I Padri Apostolici, p. 301.
37 CLEMENTE ROMANO, Lettera ai Corinti 13,1. Ed. crit. FUNK F.X.-K. BIHLMEYER-M. WHITTAKER, Die Apostolischen Väter, p. 94. Trad. di A. QUACQUARELLI, I Padri Apostolici, p. 57.
38 CLEMENTE ROMANO, Lettera ai Corinti 54,1-4. Ed. crit. FUNK F.X.-K. BIHLMEYER-M. WHITTAKER, Die Apostolischen Väter, p. 138. Trad. di A. QUACQUARELLI, I Padri Apostolici, p. 84.
39 Ps. BARNABA, Epistola 16,6-8. Ed. crit. FUNK F.X.-K. BIHLMEYERM. WHITTAKER, Die Apostolischen Väter, p. 66. Trad. di A. QUACQUARELLI, I Padri Apostolici, p. 210.
40 ERMA, Pastore, Similitudini 76,1. Ed. crit. FUNK F.X.-K. BIHLMEYER-M. WHITTAKER, Die Apostolischen Väter, pp. 480-482. Trad. di A. QUACQUARELLI, I Padri Apostolici, p. 315.
41 ERMA, Pastore, Similitudini 105,3-5. Ed. crit. FUNK F.X.-K. BIHLMEYER-M. WHITTAKER, Die Apostolischen Väter, p. 524. Trad. di A. QUACQUARELLI, I Padri Apostolici, p. 339.
42 ERMA, Pastore, Similitudini 104,1-3. Ed. crit. FUNK F.X.-K. BIHLMEYER-M. WHITTAKER, Die Apostolischen Väter, p. 524. Trad. di A. QUACQUARELLI, I Padri Apostolici, p. 338.
43 CLEMENTE, Lettera ai Corinti 5,4-7. Ed. crit. FUNK F.X.-K. BIHLMEYER-M. WHITTAKER, Die Apostolischen Väter, p. 86. Trad. di A. QUACQUARELLI, I Padri Apostolici pp. 52-53.
44 POLICARPO, Martirio 21. Ed. crit. FUNK F.X.-K. BIHLMEYER-M. WHITTAKER, Die Apostolischen Väter, p.282. Trad. di A. QUACQUARELLI, I Padri Apostolici, p. 171.
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MONLOUBOU L. - DU BUIT F.M. (ed. it. A cura di R. FABRIS), Dizionario Biblico Storico/Critico, Roma 1987.
QUACQUARELLI A. (a cura di), I Padri Apostolici, Roma 1998.
SCHMIDT W.H. (ed. it. a cura di A. MINISSALE), Dizionario biblico. Teologia dell'Antico Testamento, Milano 1981.
Siti internet
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http://www.scrivitalia.it/2012/03/la-teologia-della-gloria-nella-nuova-economia-
nei-padri-apostolici/:C. RANDAZZO, La teologia della gloria nella nuova economia nei Padri Apostolici, 27 marzo 2012.