a cura di sco Spagnuolo
Jonathan Maberry
Il signor Tasche
Racconto lungo
Traduzione di Annarita Guarnieri
Prima edizione dicembre 2015 ISBN 9788867759934 © 2012 Jonathan Maberry Titolo originale: Mister Pockets Traduzione: Annarita Guarnieri Copertina: Andrey Kiselev Edizione ebook © 2015 Delos Digital srl Piazza Bonomelli 6/6 20139 Milano Versione: 1.0
TUTTI I DIRITTI RISERVATI
Sono vietate la copia e la diffusione non autorizzate. Informazioni sulla politica di Delos Books contro la pirateria
Indice
Il libro
L'autore
Il signor Tasche
Nota dell’autore
Capitolo 1
Capitolo 2
Capitolo 3
Capitolo 4
Capitolo 5
Capitolo 6
Capitolo 7
Capitolo 8
Delos Digital e il DRM
In questa collana
Tutti gli ebook Bus Stop
Il libro
Il terzo racconto ambientato a Pine Deep, la città più infestata del mondo. "Una saga horror nella tradizione di Stephen King e Robert McCammon" - Fangoria
Un atto di gentilezza del tutto casuale può avere inaspettate conseguenze, soprattutto a Pine Deep. Specialmente quando cala la notte. Ancor di più, se sei il fattorino del paese... Il terzo capitolo di una nuova saga horror dal grande scrittore Jonathan Maberry, vincitore di vari premi Bram Stoker e autore della saga Rot & Ruin.
L'autore
Jonathan Maberry è un autore bestseller dal New York Times, uno scrittore che ha vinto parecchi premi Bram Stoker e che scrive per la Marvel Comics. È autore della famosa quadrilogia a tema zombie Rot & Ruin, pubblicata in Italia prima da Delos Books e riproposta da Multiplayer Editore, e di molti altri romanzi, inclusi: Assassin’s Code, Paziente Zero e La notte degli Zombie; è anche il curatore di V-Wars: A Chronicle of the Vampire Wars. Le sue opere di non-fiction spaziano su argomenti che vanno dalle arti marziali alla cultura pop-zombie. A partire dal 1978 ha venduto più di 1200 articoli per servizi speciali, 3000 articoli per rubriche, due commedie, biglietti d’auguri, versi di canzoni, poesie e libri di testo. Continua a insegnare nella famosa classe di Scrittura Sperimentale per Ragazzi da lui creata. Ha fondato il Writers Coffeehouse ed è co-fondatore del Liars Club; inoltre, tiene frequenti conferenze nelle scuole e nelle biblioteche, oltre a essere oratore e ospite d’onore nei principali convegni di autori e di genere.
Dello stesso autore
Jonathan Maberry, Rot & Ruin Zombie ISBN: 9788865303764 Jonathan Maberry, Dust & Decay Zombie ISBN: 9788865303788 Jonathan Maberry, La notte degli zombie Zombie ISBN: 9788865304259 Jonathan Maberry, Flesh & Bone Zombie ISBN: 9788865304778 Jonathan Maberry, Proprietà da demolire I segreti di Pine Deep ISBN: 9788867759514 Jonathan Maberry, La lunga strada verso casa I segreti di Pine Deep ISBN: 9788867759729
Nota dell’autore
Questa storia si svolge parecchi anni dopo gli eventi narrati nella Trilogia di Pine Deep, di cui Ghost Road Blues è il primo volume. Non è necessario aver letto quei libri per poter leggere e, si spera, apprezzare questa breve storia che si svolge nella Pennsylvania rurale.
1
C’erano altre cittadine come Pine Deep. Alcune. Ma non molte. Per fortuna.
2
Il nome del ragazzo era Lefty Horrigan. Quello era il suo vero nome. Suo padre era un fanatico del baseball e un idiota. Big Dave Horrigan aveva pensato che chiamare il suo unico figlio Lefty lo avrebbe in qualche modo trasformato in un giocatore, idealmente in un pitcher dalla palla velocissima, con un assortimento di tiri curvi e imprendibili. Big Dave aveva giocato alle superiori, e sarebbe forse potuto arrivare a giocare nella Minor League se non si fosse rovinato la spalla destra in Afghanistan nel corso del primo anno di guerra. Non si era trattato di schegge provenienti da un ordigno esplosivo improvvisato, e neppure di fuoco nemico. Era inciampato in un sasso ed era caduto a spalla in avanti su un basso muretto di pietra, rompendosi un sacco di cose importanti. Quando era tornato a casa e aveva messo incinta sua moglie, aveva trasferito il suo ardente amore per il gioco su Lefty. Aveva tappezzato la stanza del ragazzo con carta da parati con disegni collegati al baseball. Gli aveva comprato un cappello e un guanto nuovi quasi ogni anno. Lo aveva portato fino a Philadelphia per veder giocare i Phillies. Si era abbonato a ogni canale sportivo presente su internet e si era tenuto Lefty accanto dal primo lancio all’ultima base. Sì, Lefty avrebbe fatto strada, sarebbe diventato la star del baseball del clan Horrigan, per Dio. Lefty Horrigan odiava il baseball. Non era del tutto sicuro che lo avrebbe detestato tanto se il suo nome fosse stato Louis o Larry, ma era assolutamente certo che trovarsi costretto portare un nome idiota come Lefty non gli avrebbe certo fatto apprezzare quello sport. Assolutamente no. Era un ragazzo minuto per la sua età, un po’ grassottello e certo non il ragazzo di seconda media più attraente che si fosse mai infilato un paio di calzoncini da ginnastica troppo bianchi e troppo aderenti. Aveva un sedere pronunciato, e un po’ di pancetta, e le gambe a X. Quando era lui a correre le cento yard
l’insegnante di ginnastica buttava via il cronometro e tirava fuori un calendario. O almeno questo era quello che diceva. Spesso. Quando gli altri ragazzini si mettevano in fila per arrampicarsi sulla fune, Lefty si sedeva in disparte. Il suo dottore faceva più esercizio nello scrivere i suoi appunti di quanto ne fe mai lui, e le sue mani avevano calli che non c’erano su quelle di Lefty. Nessuno ci badava molto. I ragazzini grassi non si arrampicavano sulla fune, erano schiappe in ginnastica e nessuno di loro faceva sport, a meno che non venisse sfidato a farlo. E la cosa non aveva importanza. Nessuno dava il tormento a Lefty per questo. Quella era una zona di fattorie, al di là dell’area suburbana di Buck County, dove la destinazione di molti terreni era stata cambiata; laggiù la Pennsylvania appariva come faceva sui calendari. Non le torri di pietra grigia di Philadelphia o i ponti d’acciaio di Pittsburgh, ma sterminati campi di grano e di granturco. Qui un ragazzo grasso poteva guidare un trattore per tutto il giorno, o lavorare nel granaio, a mungere le mucche. Il peso non aveva molta importanza, quaggiù. Quindi la cosa non aveva molta importanza neppure durante le lezioni di ginnastica. Quello che succedeva in genere era che la gente tendeva a partire da certi presupposti, nei confronti di un ragazzo grasso. Sapeva che non si sarebbe offerto volontario per nessun lavoro fisico, che era sempre la persona giusta a cui chiedere una barretta di cioccolato, che sarebbe stato divertente perché non era di bell’aspetto, e quindi doveva essere divertente per potersi inserire. In un certo senso, Lefty era divertente. Non abbastanza da poter fare gruppo con i ragazzi più in vista della scuola, ma più delle nullità che orbitavano nei gruppi di più infimo livello dell’ordine sociale della scuola. Lefty sapeva raccontare una barzelletta, e a volte guardava Comedy Central solo per farne scorta per i giorni di scuola a venire. Di solito, le battute di Jon Stewart o di Stephen Colbert erano abbastanza buone da procurargli una pacca sulla schiena o un sorriso da una delle ragazze graziose più intelligenti. Se di tanto in tanti li faceva ridere, era parte del gruppo, e qualsiasi giudizio finiva lì. Ma suo padre continuava a tormentarlo riguardo al baseball. Fottuto baseball, pensava Lefty. Cosa diavolo c’era di tanto importante nel
baseball? Un mucchio di milionari che se ne stavano disposti intorno a un campo a sputare tabacco e assestarsi il sospensorio, come se il loro arnese avesse avuto bisogno di spazio. Di tanto in tanto, uno di loro doveva correre per prendere una palla. Merda. Lui faceva più fatica di così nel pedalare con la sua bicicletta su per Corn Hill. Quello era più esercizio fisico di quanto quei tizi ne fero in un’intera partita. E attraversare la città in bicicletta o, peggio ancora, usarla per andare a una delle fattorie, richiedeva probabilmente più sforzo che giocare un’intera stagione. Lefty ne era certo, così come era certo che uno di quei giorni si sarebbe sviluppato e sarebbe diventato abbastanza alto da poter distribuire il suo posteriore e la sua pancetta in un corpo più snello. Proprio come la mamma aveva detto che sarebbe successo. Finora, gli erano cresciuti i peli sui testicoli e sotto le ascelle, il suo sudore aveva un odore tale da poter far cadere svenuto un alce a quaranta i di distanza e aveva dolorose erezioni ogni volta che vedeva are le gemelle Mueller. Ma non era cresciuto di un centimetro. Nello stesso tempo, suo padre sperava che la crescita dovuta allo sviluppo sbloccasse il gene del baseball, che doveva giacere latente dentro di lui. Di solito Big Dave oscillava fra una speranzosa aspettativa e un’aperta negazione di quella che era la visione di suo figlio riguardo al atempo preferito dagli americani.
3
Vide qualcuno argli davanti, poco più oltre, e dirigersi verso il lato opposto della strada. Era il vecchio Signor Tasche, l’unico senzatetto della cittadina, quello che il nonno chiamava un “barbone”. Il Signor Tasche sembrava più vecchio delle grandi querce lungo i lati della strada, più vecchio di qualsiasi cosa. La sua faccia era coperta da migliaia di linee e di rughe, visibili anche sotto lo spesso strato grigio di sporcizia che gli copriva la pelle, e i suoi occhi castani erano tanto scuri da sembrare neri, infossati com’erano e seminascosti sotto cespugliose sopracciglia che sembravano bruchi malati. Il Signor Tasche indossava così tanti strati di vestiario che era impossibile distinguere una cosa dall’altra; l’unico elemento ricorrente sembrava essere che qualsiasi cosa lui avesse addosso… camicie, giacche, soprabiti, grembiuli… era dotato di tasche. Dozzine e dozzine di tasche in cui infilava tutto quello che trovava nelle cunette di scolo e nei vicoli della cittadina. Lefty sorrise al Signor Tasche, e il vecchio si fermò in mezzo alla strada per fissarlo con quel suo sguardo vuoto, poi sorrise a sua volta e agitò la mano. Per quanto fosse sporco, il Signor Tasche aveva i denti più bianchi immaginabili. Grossi, bianchi e umidi. Poi si girò e si allontanò trotterellando lungo una strada laterale. Lefty continuò ad avanzare per osservarlo, e vide che stava succedendo qualcosa a mezzo isolato di distanza, cosa che lo indusse a continuare a pedalare e a seguire il barbone, perché era curioso di vedere cosa stessero facendo i poliziotti. Un’ambulanza era parcheggiata in parte sul marciapiede davanti al Knit-Witz, il negozio di lane e filati di Colleen, e due autopattuglie della polizia disposte di traverso bloccavano in parte la strada, rallentando il traffico e creando una colonna di auto che avano lente mentre gli occupanti guardavano con curiosità la scena. Lefty si avvicinò più che poteva con la sua bicicletta, ma tutto quello che vide furono il capo della polizia e un suo vice che parlavano sulla porta della bottega. Il capo della polizia era un ometto strano che camminava zoppicando. Molto
tempo prima dei Disordini… tutto a Pine Deep veniva misurato nei termini di prima o dopo i disordini… il capo Crow aveva posseduto proprio lì in città un negozio di artigianato dove Jimmy, il cugino di Lefty, andava a comprare i fumetti. Adesso Jimmy era morto. Era rimasto gravemente ustionato durante i Disordini, e si era impiccato sei anni prima. Lefty ricordava solo vagamente i Disordini, perché a quell’epoca aveva avuto appena cinque anni, e per lui l’accaduto era un vago sovrapporsi di immagini. Persone che correvano e urlavano. La foresta statale in fiamme. E tutti quegli elicotteri, il giorno successivo. A scuola avevano letto tutto dell’accaduto, che faceva parte della storia locale. Un gruppo di miliziani aveva scaricato delle droghe nelle condutture idriche della città e questo aveva fatto impazzire tutti. La gente aveva creduto che ci fossero in giro dei mostri… vampiri, lupi mannari, cose del genere. Un sacco di persone erano impazzite. E molti erano morti. Ogni Halloween, la TV locale trasmetteva il film basato sull’accaduto, La Notte Infernale, senza sosta per ventiquattro ore, anche se in quel film i mostri erano reali, e quella della milizia era solo una storia di copertura. Lefty aveva visto quel film più di cinquanta volte, come tutti, in città. Era stupido, ma c’erano due scene in cui si potevano vedere delle tette, e c’erano un sacco di sparatorie e d’azione. Era piuttosto divertente. Il Capo Crow non figurava nel film… a quel tempo lo sceriffo era stato un tizio grasso di nome Bernhardt, la cui parte era rivestita da John Goodman, che recitava solo parti di tizi grassi. A scuola però si diceva che lo sceriffo attuale era rimasto ferito durante i Disordini, e che per questo camminava zoppicando. Adesso lo sceriffo era lì a parlare con il suo vice, un tizio con l’aria da topo che si chiamava Sweeney, e che non piaceva a nessuno, in città. Sweeney portava sempre gli occhiali da sole, perfino di notte. Strano. Un amico di Lefty si staccò dalla folla e si diresse verso di lui. Il suo nome era Kyle Fowler, anche se tutti lo chiamavano Forks, perfino i suoi genitori. L’origine di quel soprannome non era interessante, ma esso gli era rimasto appiccicato addosso.
– Ciao, Lefty – salutò Forks. Portava un cappello dei Phillies e una felpa dei Pine Deep Scarecrows. – Cosa succede? Rimasero fermi uno accanto all’altro a guardare i poliziotti che si limitavano a parlare. – È una cosa fottutamente seria – rispose Forks. Lui era uno degli ultimi del loro gruppo di coetanei a effettuare il aggio dal quasi imprecare all’imprecare davvero. Dire “fottutamente” era però qualcosa di ancora troppo grande per lui, e lo indusse ad abbassare la voce nel pronunciare quella parola. – Davvero? – chiese Lefty, interessato. – Io sono appena arrivato. Cosa è successo? – Lei è morta. – Chi è morto? – Colleen – spiegò Forks. – Voglio dire, la Signora Grady, la proprietaria del negozio. – È morta? – Morta stecchita. – Come? Era anziana, ha avuto un infarto o qualcosa del genere? Forks scosse il capo. – Non chiamano la polizia per un infarto. Questo era vero, almeno per quanto ne sapeva Lefty. – Allora, come è morta? – Non lo so, ma deve essere una brutta faccenda. Lì dentro c’è un tizio che scatta fotografie, e ho sentito lo Sceriffo Crow dire qualcosa sul fatto che stanno aspettando una squadra di agenti della scientifica da Doylestown. – Della scientifica? – lo interruppe Lefty. – Sul serio?
– Sì. – Accidenti. – Già. Forks accennò a dire qualcosa, poi si interruppe. – Cosa c’è…? – domandò Lefty. Il suo amico si mordicchiò un labbro per un minuto, poi guardò a destra e a sinistra, come per controllare che non ci fosse nessuno abbastanza vicino da poterlo sentire. In effetti, c’erano intorno un sacco di persone, ma nessuno prestava attenzione a un paio di ragazzi. Alla fine, Forks si protese in avanti e rispose: – Vuoi sentire qualcosa di veramente strano? – Certo. Forks rifletté per un altro secondo, poi si fece ancora più vicino. – Prima che spingessero indietro la folla, li ho sentiti che ne parlavano. – Di cosa? – Del modo in cui è morta. Il modo in cui Forks lo disse spinse Lefty a girarsi per studiarlo. Il volto del suo amico era illuminato dalla consapevolezza di una qualche orribile informazione che friggeva per condividere. Era così che stavano le cose, questa era Pine Deep, e succedevano cose strane. Parlarne con gli amici era quello che permetteva di accettare tutto. Enunciare l’accaduto a voce alta, come pure sentirlo, ti dava un po’ di potere su di esso. Era soltanto il sapere che era successo, senza parlarne, che rendeva le notti troppo buie e creava cose che si muovevano nell’oscurità. Lo sapevano tutti. Forks si umettò le labbra come se quello che doveva dire fosse stato veramente delizioso. – Ho sentito lo Sceriffo Crow e quel grosso vice, Mike Sweeney, parlare di quello che era successo. – Davvero? – lo incalzò Lefty, interessato.
– Poi quel dottore, quello che visita i morti… – Forks schioccò le dita un paio di volte nello sforzo di trovare la parola. – Il coroner. – Esatto. Poi è arrivato il coroner e ha fatto per entrare, ma lo sceriffo lo ha fermato, e ha detto che lì dentro era buio. Lefty attese di sentire altro, e dopo un momento si accigliò – Era buio? E allora? – No, guarda, tutte le luci sono accese, vedi? Era vero. Il Knit-Witz risplendeva del bagliore delle luci fluorescenti. Inoltre, in previsione di Halloween, tutte le finestre erano decorate con file di luci marrone scuro e arancione. Pareva che tutte le ombre fossero lì fuori, sulla strada. Sotto i piedi, sotto le auto, dentro le grate dei tombini. – Già, ma lo sceriffo ha detto al coroner che lì dentro era buio. E sai cosa ha fatto il dottore? – Non lo so, ha tirato fuori una torcia elettrica? – suggerì Lefty. – No, sciocco, si è fatto il segno della croce – riferì Forks, con un bagliore negli occhi. – Il segno della…? Forks si fece rapidamente il segno della croce per dimostrare cosa aveva inteso dire, e Lefty fece una smorfia. Sapeva cos’era, solo che non sembrava quadrare con quello che stava succedendo. Poi Forks lo afferrò per una manica e lo trasse più vicino. – E il Vice Sweeney ha aggiunto: “Credo che siano loro”. – Diede una particolare enfasi alla parola loro, come se avesse avuto un significato speciale. Si fissarono a lungo a vicenda. Alla fine, fu Lefty a dirlo ad alta voce. – Credi che stia succedendo di nuovo?
Forks si umettò ancora le labbra. – Non lo so, amico, ma… Non lo disse apertamente, ma rimase sospeso là nell’aria in mezzo a loro, in tutta la città. Come un’eco dell’estate ata. Nove persone erano morte fra il due di giugno e il dieci di agosto. C’erano stati molti, brutti incidenti automobilistici e nei campi. In ogni caso, i corpi erano lacerati e straziati. Era stato soltanto dopo il settimo decesso che i giornali avevano cominciato a chiedersi se quelli fossero davvero incidenti o meno. Quell’ipotesi era nata dalle testimonianze e da un’indagine del coroner della contea, che aveva affermato di essere turbato dalla “scarsità di sangue presente sulla scena”. E i giornali avevano fornito una loro interpretazione. Considerati tutti i danni fisici, ogni brandello di carne lacerata, sulle scene del crimine non c’era semplicemente abbastanza sangue in rapporto alla quantità contenuta in un corpo umano. Le morti però erano cessate in agosto. Senza nessuna spiegazione e, apparentemente, senza ulteriori supposizioni da parte del coroner. Erano cessate e basta. Si girarono a guardare verso la porta aperta del Knit-Witz. Credo si tratti di loro. Lefty deglutì a vuoto. È buio là dentro. – Sai cosa penso? – chiese Forks, in tono sommesso. Lefty non voleva saperlo, perché probabilmente anche lui stava pensando la stessa cosa. – Credo siano di nuovo i Disordini. I Disordini.
Lefty distolse lo sguardo dal negozio, da Forks, e scrutò il cielo che si stendeva come un telone azzurro sopra la cittadina. Quel telone era sgualcito da linee di nubi bianche, e dalle lunghe scie lasciate da jet che avevano posti migliori di quello dove andare. Un singolo corvo, appollaiato sul tetto del negozio di ferramenta di fronte al Knit-Witz, aprì il becco come per gracchiare, ma non emise nessun suono. Lefty si sentì molto piccolo, e strano. Un movimento sulla sinistra attrasse la sua attenzione, e nel girarsi vide il Signor Tasche a un paio di metri di distanza, chino a frugare in un bidone dei rifiuti. Lefty si toccò la tasca della giacca. Aveva con sé una barretta al cioccolato Snickers, e la tirò fuori. – Prendi – disse, offrendola al vecchio barbone. Il Signor Tasche si immobilizzò con una mano sporca affondata in profondità nei rifiuti, poi girò lentamente la faccia verso Lefty. I suoi occhi scuri studiarono la barretta, poi la faccia del ragazzo. Il sorriso del Signor Tasche ci mise molto tempo ad affiorare, ma poi continuò a crescere e crescere, tanto che per un assurdo momento parve diventare troppo grande. Troppo ampio. Di un’ampiezza impossibile. E parve che ci fossero troppi di quei grossi denti bianchi e umidi. Poi però Lefty sbatté le palpebre, e in quello stesso istante il Signor Tasche chiuse la bocca, mentre il suo sorriso si trasformava in un lieve incurvarsi delle labbra. – Posso? – chiese, con quei suoi strani modi formali, e quando Lefty annuì prelevò delicatamente la barretta stringendola fra il pollice e l’indice. Aveva le unghie molto lunghe, ed esse sfiorarono appena il palmo allargato mentre ne rimuoveva a barretta. Il barbone sollevò il dolciume e procedette ad annusarne lentamente l’involucro da un’estremità all’altra con una unica, continua inalazione che era un misto di curiosità e di piacere. – Arachidi – disse. – Mmm. E cioccolato al latte… zucchero, burro di cacao,
cioccolato, latte scremato, lattosio, grasso di latte, lecitina di soia, aromi artificiali… arachidi, sciroppo di mais, zucchero, grasso di latte, latte scremato, olio di soia parzialmente liofilizzato, lattosio, chiara d’uovo, cioccolato, aromi artificiali. Potrebbe contenere mandorle. Sciorinò tutta la lista degli ingredienti senza neppure guardare cosa c’era stampato sull’involucro. Intento a osservare i poliziotti, Forks non parve accorgersi di quello che stava succedendo, cosa che Lefty trovò alquanto strana. Il Signor Tasche prese a tastarsi gli abiti, una cosa che faceva quando trovava qualcosa che voleva conservare. Aveva mani sottili, con lunghe dita affusolate, e continuò a battere sugli abiti… pat-a-pat-pat-patty-pat-pat… producendo una sorta di suono ritmico, finché non si fermò quando una mano toccò una certa tasca. – Sì – affermò. – Questa ha il ventre vuoto, le serve un boccone da mordere. – E infilò in quella tasca la barretta Snickers, che svanì senza lasciare traccia. Lefty era così affascinato da aspettarsi quasi che la tasca ruttasse, come un commensale soddisfatto. Il Signor Tasche sorrise. – Ne hai un’altra? – chiese. – Um… no, mi dispiace. Avevo solo quella. Il sorriso del Signor Tasche non armonizzava con l’umorismo nei suoi occhi, erano su due lunghezze d’onda del tutto diverse. Il sorriso sulle labbra del vecchio era amichevole e perfino un po’ triste, ma c’era qualcosa di davvero strano in quello che gli aleggiava negli occhi. Esso pareva parlare a Lefty, non con suoni ma con immagini. Esse gli saettarono attraverso la mente in un attimo, troppe per poterle catturare, e troppo strane per poterle comprendere. Non erano pensieri condivisi. Non più di quanto contemplare una scena del crimine potesse essere un’esperienza condivisa. – No – annaspò Lefty, non sapendo bene se stesse ripetendo la propria risposta o dicendo qualcosa di diverso. – Non ho niente altro. Il Signor Tasche annuì lentamente. – Lo so. Mi hai dato quello che avevi. Sei stato davvero gentile, figliolo. Così gentile, e generoso. Questa è una cosa
davvero rara. Ti ringrazio, mio piccolo amico. Ti ringrazio di cuore. Erano più parole di quante Lefty gliene avesse mai sentite dire. Si rese conto che il vecchio aveva un accento, o meglio… un miscuglio di accenti. C’era una lieve inflessione del sud come in quelle persone in TV che venivano dal Mississippi o dalla Louisiana. E c’era anche un po’… di qualcos’altro. Un accento straniero, magari? Europeo, o forse solo… sì, pensò, straniero. – Non… – cominciò Lefty, ma la voce gli si incrinò. Si schiarì la gola e ci riprovò. – Non c’è di che. Questo gli fruttò un altro ampio sorriso, molto ampio, poi il Signor Tasche fece qualcosa che Lefty aveva visto fare soltanto nei vecchi film. Gli strizzò l’occhio, in modo comico e marcato. Infine si girò e si allontanò, tastandosi con leggerezza le tasche. Pat-a-pat-pat. Dopo un momento, Lefty si rese conto di trattenere il respiro, ed esalò il fiato in un sussulto. – Accidenti… – Finalmente, Forks distolse lo sguardo dalla scena del crimine. – Cosa c’è? – Amico, è stato fottutamente strano. – Che cosa? – Quella cosa con il Signor Tasche. – Quale cosa? Lefty assestò una gomitata all’amico. – Sei cieco o che altro? Tutta quella cosa quando gli ho dato la mia barretta al cioccolato Snickers, e tutto il resto. Forks lo fissò con perplessità. – Cosa stai farfugliando? – Il Signor Tasche… – – Amico, il Signor Tasche è laggiù – ribatté Forks, indicando.
Lefty guardò nella direzione in cui era puntato il dito dell’amico. Sul lato opposto della strada, molto al di là dell’ambulanza parcheggiata. Il Signor Tasche era in piedi dietro a un capannello di curiosi. – Ma… come…? – Senti, amico – tagliò corto Forks, – si sta facendo tardi. Devo are a prendere una calcolatrice nuova da McIlveen e poi andare a casa. Ho una tonnellata di compiti da fare, e comunque… Non finì la frase. Nessuno, a Pine Deep, aveva mai bisogno di finire quella particolare frase. Cominciava già a fare buio. – Ci vediamo – lo salutò Lefty. – Certo – rispose Forks, e se ne andò. Lefty recuperò la bicicletta, vi salì sopra e posò il piede destro sul pedale, ma poi si soffermò nel vedere qualcosa dall’altro lato della strada. Il Signor Tasche era fermo accanto all’imboccatura del vicolo, ma non guardava verso di essa; invece, guardava verso l’alto. Era difficile per Lefty distinguere qualsiasi cosa laggiù perché adesso quel lato della strada era immerso in ombre profonde, ma si scorgeva un accenno di movimento al secondo piano. Una tenda ricadde al suo posto, come se qualcuno l’avesse lasciata andare, e Lefty intravide per una frazione di secondo la fugace immagine di un volto pallido che guardava dalle ombre profonde di una finestra non illuminata. Qualcuno in piedi nel buio sul lato scuro della strada. Pallido, con occhi scuri. Una donna? Una ragazza? Non poteva saperlo per certo. Il Signor Tasche si girò e guardò verso il lato opposto della strada, verso di lui. Sorrise di nuovo, e si toccò la tasca in cui aveva riposto la barretta, poi batté un colpetto su di essa e si addentrò nel vicolo, scomparendo del tutto. Lefty Horrigan mosse avanti e indietro il piede sul pedale, indeciso.
Quella faccia pallida, però, non gli piaceva. È buio lì dentro. – Già – commentò, senza rivolgersi a nessuno in particolare, poi spinse sul pedale e si allontanò.
4
Lefty rifletté su tutto quello che era successo mentre sbuffava su per il pendio di Corn Hill, in piedi sui pedali per costringerli a girare contro la trazione della forza di gravità. A parte il suo peso, il cestino della bicicletta era carico di sacchetti di roba che doveva consegnare prima che fe buio. Il suo lavoro dopo la scuola consisteva nel consegnare cose per i membri dell’Associazione, e adesso era in ritardo sulla sua tabella di marcia. Il sole cominciava già a scivolare dietro le cime delle montagne, e una marea d’ombra si riversava sui campi coltivati, diretta verso i confini della città. Pedalò più in fretta che poteva. Pine Deep aveva un’Associazione dei Commercianti che raccoglieva cinquantatré negozi, la maggior part dei quali vendeva prodotti di artigianato e merci locali ai cittadini e ai turisti. Lefty e altri due ragazzi si guadagnavano qualche dollaro facendo le consegne a persone che non potevano sprecare le calorie necessarie a trasportare la loro roba fino alla macchina e a casa, o in alcuni casi alla loro stanza di motel. Nei pomeriggi di ottobre come quello, Lefty trovava gradevole il suo lavoro, tranne che per quella fottuta Corn Hill. D’inverno si dava spesso malato, ma non aveva mai perso il lavoro perché la gente partiva dal presupposto che un ragazzo grasso si dovesse ammalare di frequente. Risalì a forza di pedali il pendio di Corn Hill fino a raggiungere Farmers Lane, lo imboccò e rallentò un poco per riprendere fiato. Quel giorno doveva effettuare quattro consegne. La prima era lì, nel centro della cittadina. Si fermò per lasciare un sacchetto di materiale per bigiotteria… rocchetti di filo metallico e tubetti di colla… alla Signora Howard, al Silver Mine. Lei gli diede un dollaro di mancia. Un dollaro. Con cui si poteva comprare cosa, esattamente? I fumetti costavano almeno due e novantanove, se non un altro dollaro in più. Perfino una Coca costava un dollaro e mezzo! Comunque si incollò sulla faccia uno dei molti sorrisi che teneva di
scorta e si accertò… dopo che lei glielo ebbe ricordato… di non sbattere la porta. La Signora Howard glielo diceva ogni giorno. Ogni singolo giorno. Poi la Signora Howard tornò a spettegolare con altre due persone del posto riguardo a quello che stava succedendo giù al Knit-Witz. Pareva che tutta la città fosse già al corrente dell’accaduto. Supponeva che tutti sapessero sempre tutto, lì. Era quel genere di città. Mentre risaliva sulla bicicletta, sentì qualcuno menzionare i Disordini e gli altri reagire con un verso di riprovazione quasi fossero stati certi che i tempi brutti stessero per tornare. La gente rispolverava la faccenda dei Disordini per qualsiasi cosa, da un raccolto scadente a troppe mosche su un daino investito da una macchina sulla Route A32. Ogni cosa era segno che i Disordini stavano per tornare. È buio, là dentro. Lefty si chiese se ci fosse davvero qualcosa, qualche collegamento. La gente della città forse lo sapeva… o lo intuiva… ma lui no. E non gli piaceva avere supposizioni formate a metà che gli si agitassero per la testa. Girò la bici, raggiunse di nuovo Corn Hill e la risalì per tre erti isolati, fino alla Scarecrow Inn, per consegnare un po’ di vernice per poster. Si stavano preparando per l’Oktoberfest e avevano incaricato due cameriere di preparare i cartelli. Il barista disse a una delle cameriere di dargli qualcosa; la ragazza, Katelyn, una diciassettenne che viveva a qualche casa di distanza dagli Horrigan, traò le spalle del barista con uno sguardo letale e allungo a Lefty cinquanta centesimi. Lefty rimase fermo lì a gambe larghe, a cavalcioni della bicicletta, un pugno serrato intorno al manubrio e lo sguardo fisso sulla faccia della ragazza al di sopra dei due quarti di dollaro che aveva sul palmo. Non disse niente, perché chiunque avrebbe capito, anche avendo solo mezzo cervello. Lei comprese, naturalmente, ma non gliene importò un fico secco e incontrò il suo sguardo con espressione piatta. No, non del tutto piatta, c’era un accenno di sogghigno che lo sfidava a dire qualcosa. Katelyn era graziosa, con una massa di riccioli rossi e due grosse tette, e aveva un’espressione da cui si capiva che non importava cosa lui poteva dire o fare, le
cose sarebbero comunque andate come voleva lei. Come voleva lei. Non lui. Né adesso né mai. E non solo perché lui era un ragazzino grasso di tredici anni. Non solo perché in quel momento era lei ad avere il coltello dalla parte del manico. La sua occhiata diceva con chiarezza che quella era una piccola cittadina americana, che lui era grasso e solo moderatamente intelligente, e viveva in una cittadina che si nutriva di persone grasse e moderatamente intelligenti, persone che alimentavano la macchina e oliavano gli ingranaggi. La sua occhiata gli diceva senza mezzi termini che non appena avesse avuto diciotto anni si sarebbe lasciata quella cittadina alle spalle con la rapidità di una pallottola che lasciasse una pistola. Lei lo avrebbe fatto. Lui no. Sarebbe stato sempre così. Lei sarebbe stata sempre graziosa. Non importava cosa lui fosse diventato in futuro. Sarebbe potuto crescere di trenta centimetri e avrebbe potuto imparare a lanciare una palla curva capace di spezzare il cuore a un battitore della Major League. Lei sarebbe sempre stata graziosa. Qui a Pine Deep lo teneva per le palle. E lo sapeva benissimo. Lefty chiuse lentamente la mano, sentendo il contatto delle monete con la pelle. Erano stranamente calde, stranamente umide. Si ficcò la mano in tasca, ma non lasciò andare immediatamente i quarti di dollaro. Katelyn continuava a fissarlo. Sapevano entrambi che sarebbe stato lui il primo a interrompere quel duello di sguardi. Era così che si supponeva funzionasse. L’universo ruotava intorno ad alcune realtà immutabili. Lefty avrebbe voluto resistere a oltranza, ma…
Abbassò lo sguardo e si allontanò. Katelyn non rise, non si concesse neppure uno sbuffo vittorioso. Non si trattava di comione, o di buone maniere, lui non ne valeva semplicemente la pena, e lo sapevano entrambi. Entro due minuti avrebbe dimenticato completamente l’accaduto. Mentre lui sapeva che avrebbe ancora ricordato quel momento mentre lo mettevano nella bara. Anche questo rientrava nel modo in cui funzionavano le cose. Risalito sulla bicicletta, che teneva saldamente con una sola mano, cominciò a ridiscendere Corn Hill. Una volta che si fu allontanato abbastanza, rimosse i piedi dai pedali e lasciò che la gomma delle scarpe lo fe fermare lentamente, poi tirò fuori di tasca le monete, aprì la mano e guardò i due dischi argentati. Due quarti di dollaro, uno del 1998… non pareva che ci fosse sempre una moneta del 1998 in ogni manciata di spiccioli?… e una del 2013. Sembrava ancora nuova, anche se adesso aveva un paio d’anni. Le monete erano ancora calde. Ancora di più, adesso che erano state in tasca. Se le accostò alla faccia per esaminarle. Le annusò. Arrivò a leccarle. Non aveva la minima idea del perché lo stesse facendo. Immediatamente ritrasse la testa con un sussulto disgustato, desiderando di sputare. Solo che… Solo che quelle erano tutte emozioni fasulle, reazioni fasulle, e lui lo sapeva. Comunque, recitò la sua parte fino in fondo, arrivando al punto di sollevare la mano sinistra, come per gettare via le monete. Tuttavia, dopo essere rimasto lì seduto sulla bici per due o tre minuti, continuò a
sentirle nel pugno chiuso, che era infilato in tasca. E aveva sulla lingua il sapore caldo e umido dell’argento. E aveva un’erezione di cui non sapeva cosa fare. Non lì, sulla Corn Hill, sotto gli occhi di tutti. Si sentiva nauseato. A un qualche livello, si sentiva nauseato. Sapeva che era giusto che si sentisse così. Lui non era così, non era un fottuto pervertito. Gettò via le monete. Almeno, questo fu ciò che gli parve di fare, nella sua mente, ma quelle due monete gli tintinnavano ancora in tasca mentre lasciava la città per effettuare la consegna successiva. A ogni pedalata, fingeva di non sentire quel rumore.
5
La sua ultima consegna era in un posto parecchio fuori città, sulla Route A32, alla fattoria Conner. Adesso il sole era completamente dietro le montagne, e anche se le cime degli alberi apparivano come in fiamme, i campi piatti erano dipinti di ombre purpuree. – Merda, merda, merda – disse ad alta voce, mentre pedalava. I Conner non erano a casa, ma attaccato alla porta c’era un biglietto che diceva di lasciare il pacchetto sul dondolo del portico. Vide che gli avevano lasciato una mancia: una mela, e un piccolo post-it con la scritta “grazie”. Sul biglietto era disegnato un faccino sorridente. Raccolse la mela e la fissò. – Gesù Cristo – disse, poi la scagliò più lontano che poteva. La mela volò attraverso il cortile e andò a colpire la recinzione. Suo padre avrebbe approvato. Una palla veloce, con una bella curva verso il basso e sulla sinistra. Un battitore avrebbe sputato sangue per prenderla. – Merda – borbottò, irritato perfino di aver effettuato un buon tiro. In qualche modo, quello gli sembrava un ulteriore calcio nelle palle. Scese i gradini con o pesante, e si avviò pestando i piedi lungo il vialetto di mattoni rossi, poi si fermò quando si rese conto di quello che stava facendo. Non poteva vedersi, ma l’immagine di un ragazzo grasso che camminava pestando i piedi era disgustosa. Lo deludeva ai suoi stessi occhi. Si raddrizzò, squadrò le spalle e proseguì camminando con grande dignità verso il punto in cui la bicicletta era appoggiata al cancello del giardino. Un paio di aceri giapponesi crescevano ai lati dell’ingresso, e i loro rami potati formavano un arco di foglie su di esso. Si costrinse a fermarsi e ad ammirare gli alberi per un momento, perché era ancora infuriato.
Gli occhi gli bruciavano come se fosse stato sul punto di piangere, ma il pensiero delle lacrime lo indusse a imprecare ad alta voce. – Sei così fottutamente stupido – disse a se stesso. E tirò su con il naso nel prendere la bici. Lanciò un’occhiata al cielo, poi guardò la strada, davanti a sé. Sarebbe stato impossibile arrivare a casa prima che fosse del tutto buio. Il cuore prese a battergli con violenza nel petto quando si rese conto di quella realtà di fatto. Fu come incassare un pugno in pieno petto. È buio, là dentro. È buio. – Sì – disse una voce alle sue spalle. – È buio.
6
Lefty sussultò e si girò si scatto, perdendo la presa sulla bici che cadde rumorosamente a terra. Dietro di lui c’era una donna. Alta. Graziosa. I corti capelli fra il rosso e l’oro che si agitavano sotto la brezza sempre più fresca. Un vestito da casa a fiori che le svolazzava intorno alle gambe. La Signora Conner. Lei sorrise, con labbra rosso rubino. – Io… – cominciò Lefty, ma non seppe che altro dire. – Non hai mangiato la mela – osservò lei. – Era così matura. Lefty guardò verso la mela. Aveva colpito con violenza la staccionata ed era andata in pezzi, con l’impatto che aveva lacerato la buccia rossa a rivelare la vulnerabile polpa bianca. Quella mela però aveva qualcosa che non andava. La polpa non era bianca, era grigia, e larve pallide vi si contorcevano dentro. Si ritrasse di scatto e mosse un involontario o indietro. Andò a sbattere contro il paletto della recinzione e si girò di scatto. Non era un paletto. Era la Signora Conner. Con uno strillo sorpreso, Lefty si volse verso il punto in cui lei si sarebbe dovuta
trovare, dov’era un attimo prima. La Signora Conner però non era più là. Era qui. Proprio qui. Così vicina. Troppo vicina. Decisamente troppo vicina. I primi bottoni del suo vestito da casa erano aperti, e lui poteva vedere la curva dei suoi seni, il merletto giallo chiaro del reggiseno. Le vene azzurre sotto la pelle. – Ha un aspetto delizioso, vero? – chiese lei. Lefty non sapeva se stesse parlando della mela, o di… No. Lo sapeva. Naturalmente lo sapeva. Solo che non era giusto. Non solo in un qualsiasi senso morale. Non era giusto perché non aveva senso. Queste cose non succedevano, neppure nei suoi sogni erotici. Non succedevano mai, probabilmente neppure a quei fustacci della squadra di football delle superiori, e di certo non a un tredicenne. O a un ragazzo grasso. Proprio no. Mai. La Signora Conner si fece più vicina, e lui non riuscì semplicemente a distogliere lo sguardo dalla sua scollatura. Dalle mezzelune dei suoi seni simili a meloni, definiti dalle ombre, che si incurvavano verso il basso a scomparire nelle coppe del reggiseno, e dai bottoni ancora abbottonati. Continuò a fissare quei seni, a guardare l’alzarsi e abbassarsi del torace di lei.
Solo che… Solo che. Quei seni non si alzavano e abbassavano. Perché il torace sottostante non lo faceva. Non finché la Signora Conner non trasse un respiro per parlare. – Maturo – disse. – Pronto per essere colto. Lefty sollevò lentamente lo sguardo, distogliendolo da quei seni scolpiti dalle ombre, e al di sopra delle labbra di rubino, su fino agli occhi della donna che era ferma così vicina a lui. Occhi le cui pupille erano grandi quanto quelle di un gatto. Occhi, lo comprese subito e con certezza, che potevano vedere al buio. In qualsiasi buio. Sentì che gli veniva duro, più di quanto fosse successo prima, davanti a Katelyn. Più che in uno qualsiasi dei suoi sogni. Tanto duro da fargli male, da dolere come un tumore, o un pugno. Non c’era piacere in questo, nessuna anticipazione. Gli faceva male, e a ogni livello della sua giovane mente lui sapeva che quel male… quella sofferenza… era lo scopo di questo. Di tutto questo. Di tutto nella sua vita e in quella strana giornata. Il dolore era la destinazione alla fine di quel giorno. Adesso lo sapeva, anche se prima non lo aveva neppure sospettato. È buio, là dentro. Ed era buio anche qui fuori. E quell’oscurità lo chiamava dalle ombre sotto quei seni. – Così maturo – mormorò lei. – Per favore… – mormorò Lefty. Non stava chiedendo nulla che lei avesse, o che lei fosse. Non quelle labbra rosse, o quei seni. O la realizzazione di una fantasia troppo assurda perfino per i
suoi febbrili sogni erotici. – Così tanto maturo – ripeté la Signora Conner, nel protendersi ad accarezzargli una guancia con il dorso delle dita pallide. Lui rabbrividì. Le dita di lei erano bianche e fredde come il marmo. – E succulento – aggiunse a donna, nel chinarsi a baciarlo. Con quelle labbra così rosse. Lefty voleva respingerla. Voleva… aveva bisogno… di fuggire quanto più in fretta glielo avrebbero permesso le sue gambe grassocce. Voleva saltare sulla sua bici e pedalare più veloce del vento, abbastanza veloce da lasciarsi l’oscurità alle spalle. Era quello che voleva. Ma tutto quello che poté fare fu rimanere fermo lì. Quando gli baciò una guancia, le labbra di lei risultarono ancora più fredde delle dita. Il suo respiro era gelido. – Per favore – sussurrò. – Sì – ribatté lei. Quelle frasi non erano parti della stessa conversazione, e lo sapevano entrambi. Lei gli baciò le guance, le labbra inerti. Quando Lefty chiuse gli occhi, gli baciò le palpebre e leccò delicatamente le lacrime che gli colavano da sotto le ciglia. Poi gli baciò la mascella. E la gola. Con la lingua gli tracciò una linea lungo la carne, sussultando ogni volta che il suo cuore batteva. – Per favore – ripeté Lefty. La sua voce era così sottile, il suo respiro era tanto
fievole da fargli capire che sarebbe stato l’ultimo. O forse ne avrebbe tratto ancora uno, profondo, per poter urlare. Sentì le labbra di lei che si schiudevano. Avvertì qualcosa di duro e appuntito toccargli la pelle. Due punte acuminate, come aghi. – No – disse una voce. La Signora Conner era ancora così vicina, quando si girò, che per un momento lei e Lefty si vennero a trovare guancia a guancia, come due amanti. Come due persone che si tenessero premute una all’altra in una cabina fotografica per farsi una fotografia. Il gelo della sua pelle era tale da paralizzare. Ancor più paralizzante era però la vista della figura che si trovava dietro di loro. Non sulla strada, ma sul vialetto di mattoni rossi del giardino, come se in qualche modo avesse scavalcato la recinzione per poter sorprendere tutti alle spalle. Una figura dai laceri abiti unti e grigi, avvolta nei colori sbiaditi di innumerevoli indumenti. Una figura che puzzava di terra e di fogna e di discariche a cielo aperto. Una figura il cui volto segnato sfoggiava un grande sorriso. Il Signor Tasche.
7
– Vattene – disse la Signora Conner. La sua voce si era fatta fredda e tagliente, senza più traccia della morbidezza sensuale di poco prima. Il Signor Tasche rimase dov’era. – Questa carne è mia – ringhiò la Signora Conner. E con quelle parole sollevò quasi Lefty da terra nel trarlo davanti a sé, non come uno schermo, ma piuttosto per metterlo in mostra come una sua proprietà. La sua… Cosa? Lo aveva definito carne. Le lacrime tracciarono solchi brucianti sul volto di Lefty. Il vecchio barbone continuò a sorridere. – Vattene – ripeté la Signora Conner. Lui mantenne le sue posizioni. La Signora Conner gli puntò contro un dito gelido e snello. – Vattene subito – ordinò, con una voce che era più vicina al suo tono abituale, senza sensualità ma ancora intrisa di emozione. – Avanti, muoviti. Ci fu una folata di vento, e il Signor Tasche si protese verso di essa con gli occhi chiusi, come se stesse assaporando l’aria fredda e tutto gli odori che essa portava con sé. Lefty pensò che quel vento odorava di erba secca e di qualche altra cosa, un puzzo di uova marce, anche se non era certo che esso provenisse dal vento piuttosto che dal barbone.
La Signora Conner si tese, e mosse un singolo o minaccioso verso il Signor Tasche. – Rimuovi il tuo disgustoso posteriore dal mio giardino, sporco vagabondo – ringhiò, – o te ne farò pentire. – Me ne farai pentire? – ripeté il barbone, formulando la frase come se fosse stata per lui una questione di estrema complessità. Il suo accento era ancora quello del sud, misto a una sfumatura di accento straniero che Lefty non riusciva a identificare. – Questo cosa mai dovrebbe significare? La Signora Conner scoppiò a ridere. Una risata davvero strana, per provenire da una gola tanto graziosa: era il modo in cui Lefty immaginava che potesse ridere un lupo, tagliente, aspro e sgradevole. – Non sai in che genere di guaio ti sei ficcato, vecchio figlio di puttana. – Vecchio? – le fece eco il Signor Tasche, e il suo sorriso svanì mentre sospirava: – Vecchio. Ah. Lefty cercò di liberarsi, ma la singola mano che lo tratteneva era come una catena di puro ghiaccio, gelida e infrangibile. Le dita parevano bruciargli la pelle come fa il contatto con il metallo, nel cuore dell’inverno. – Lasciami andare – disse. Avrebbe voluto ringhiare quelle parole, ulularle, ma esse gli uscirono di bocca come un gemito. – Lascialo andare – rincarò il Signor Tasche. – Lui è mio. – No – ribatté il barbone. – È mio. La Signora Conner scoppiò di nuovo in quella sua terribile risata e scrollò Lefty come se fosse stato una bambola. – Non riesci proprio a capire, vero, cervello di merda? – Cosa non riesco a capire? – chiese il vecchio. – Non sai cosa sta succedendo qui, vero? Anche adesso, continui a non capire? Devi essere troppo stupido, oppure ti sei bruciato il poco cervello che avevi con
la roba che bevi, qualsiasi cosa sia, ma comunque non capisci. Ti sto dicendo di andartene, ti sto dando questa possibilità. Non mi voglio sporcare la bocca su di te, quindi ti permetto di andar via con le tue gambe. Dovresti inginocchiarti e baciare il terreno su cui mi trovo. Dovresti pregare Dio e ringraziarlo per i suoi piccoli miracoli, perché… – No – la interruppe il Signor Tasche. – Cosa? – No, mia cara – ribatté lui, con un accento che adesso era più straniero che del sud, – sei tu… e chiunque altro come te… a non capire. Sei troppo giovane, immagino. Troppo giovane. Lei cercò di ridere, ma nella voce del Signor Tasche c’era qualcosa che le bloccò la risata in gola. Anche Lefty aveva colto quel qualcosa, ma non sapeva cosa stesse succedendo. O meglio, lo sapeva, ma non riusciva a immaginare come qualsiasi pensiero, intuizione o azione da parte del barbone potessero evitare che quella fosse la sua fine. L’erezione nei suoi pantaloni era svanita, e adesso doveva invece sforzarsi per non farsela addosso. La donna lo scaraventò a terra e lui sbatté contro il montante del cancello, ruotò malamente su se stesso e cadde con troppa violenza. Il dolore gli esplose nel gomito e nel ginocchio quando colpì i mattoni rossi, e nel cadere sbatté anche la nuca. Fuochi d’artificio rossi gli esplosero dietro gli occhi. Attraverso il velo di braci del dolore improvviso, vide la Signora Conner piegarsi in avanti e sogghignare in direzione del Signor Tasche, la faccia contorta in una maschera di puro odio, con la bocca sensuale incurvata in un’espressione di disgusto e una rovente espressione di minaccia che le ardeva negli occhi. – Sei un fottuto idiota a insistere – sibilò, attraverso i denti serrati. Attraverso denti molto, molto aguzzi. Denti che erano così dannatamente impossibili. – Berrò la vita dal tuo corpo – disse, e si scagliò contro il Signor Tasche,
aggredendolo con le unghie e con quei denti spaventosi. Lefty urlò. Per il più assoluto terrore. Urlò di paura per se stesso e per la sua anima. Ma nell’urlare, quella sua paura si trasformò in parole. In un avvertimento. – Signor Tasche! Il Signor Tasche non aveva però bisogno del suo avvertimento. Quando la donna gli si scagliò contro, lui si mosse in avanti e l’afferrò intorno alla gola con una mano grigia e sporca. E la tenne ferma. Lei prese a dibattersi, sputando e scalciando. Gli lacerò i vestiti e la faccia con le unghie, e con i piedi lo colpì all’inguine, allo stomaco e al petto. Lui rimase lì i piedi, tenendola per il collo. Per il collo. Ogni colpo che andava a segno sollevava nuvole di polvere dal corpo del Signor Tasche. Lefty poteva sentire i tonfi vibranti come se fosse lui a essere colpito, mentre gli echi rimbalzavano contro la parete anteriore della fattoria dei Conner. E il Signor Tasche continuò a tenerla per il collo. Ad alcuni centimetri da terra. Poi, con infinita lentezza, la trasse verso di sé. Verso la propria bocca sorridente. – Oh, sei così giovane – le disse. – Tu e quelli come te. Perfino quelli che credono di essere antichi. Quanti anni hanno, del resto? Cinquanta? Il più antico che viva fra queste montagne è quello che è venuto da lontano e si è insediato qui, quello che vi ha creati, e ha meno di tre secoli. Un bambino. Un cucciolo. Una larva che non diventerà mai una mosca. – Mentre parlava, schizzi di saliva colpirono in faccia la Signora Conner.
Lei continuò a contorcersi e a lottare, non più per cercare di aggredire, ma per riuscire a fuggire. Il Signor Tasche la trasse più vicina, le leccò un lato della faccia ed ebbe una vaga smorfia di delusione. – Non sai di niente – dichiarò. – Non hai neppure il sapore di quella corruzione che credi ti definisca. Non sei stata ciò che sei abbastanza a lungo da perdere l’aroma insipido della vita, e non hai acquisito il gustoso sapore dell’immortalità. Neppure quello pungente e piccante del male. – Tu non… sai… cosa stai… facendo… La Signora Conner dovette lottare per inalare appena un po’ d’aria e riuscire a parlare, da quanto era stretta la mano che la bloccava. Lefty poté sentir scricchiolare le ossa del suo collo. Il Signor Tasche la scrollò una volta, quasi con gentilezza. – Tu e i tuoi andate a caccia fra queste colline. Siete l’uomo nero nel buio, e ho il sospetto che vi nutriate in pari misura della loro paura e del sangue che scorre loro nelle vene. Quanto siete deboli. E patetici. – La trasse ancora più vicina, costringendola a guardarlo negli occhi. – Credete di capire cosa sia essere antichi? Vi definite immortali perché alcuni di voi… pochissimi… possono calcolare la loro vita in termini di secoli. Credi che sia quella l’immortalità? Il Signor Tasche rise a sua volta, un suono del tutto diverso dalla risata da lupo della Signora Conner, e più simile a un tuono lontano. Un rombo profondo che prometteva cose spaventose. Lefty si raggomitolò a palla su se stesso, con le braccia strette intorno alla testa. – Se potessi contare i millenni come momenti fugaci della tua vita, anche allora non saresti immortale, saresti soltanto vecchia. E ci sono cose molto più vecchie di te. Più antiche degli alberi, delle montagne. La stretta della sua mano si accentuò, e il sommesso scricchiolare delle ossa si fece più nitido. Il rumore di qualcosa che si rompeva. – Ti delizia pensare di essere malvagia – sussurrò il Signor Tasche, – ma il
concetto stesso di male è appena un neonato, generato quando un fratello ne ha ucciso un altro con una pietra. E questo è accaduto pochi minuti fa, secondo il mondo in cui si misura il tempo vero. Il male? È un gioco per bambini. La trasse ancora più vicina, tanto da sfiorarle le labbra con le proprie, nel parlare. – Credi di essere potente perché si suppone che i mostri lo siano. Oh, mia piccola bambina, soltanto adesso cominci a comprendere cosa sia davvero il potere. – Per favore… – gracchiò la Signora Conner. A quel punto, la vescica di Lefty cedette. Un senso di calore gli si diffuse nei vestiti, ma non gli importò. – Credi di capire la fame – mormorò il Signor Tasche, con gentilezza, quasi parlasse a un’amante. – No. Neppure con tutto il tuo doloroso, rosso bisogno riesci a capire la fame. Poi il Signor Tasche aprì la bocca. Lefty lo guardò mentre lo faceva. Disteso al suolo, guardò quella bocca aprirsi. E aprirsi. E aprirsi. Così ampia. Con così tanti denti estremamente bianchi. File e file di denti, disposti in linee ricurve che si stendevano sempre più indietro, in una gola che non aveva fine. Una gola di denti lunga come l’eternità. La Signora Conner emise un grande, terribile urlo silenzioso; galvanizzata da un assoluto terrore, prese ad agitare selvaggiamente le braccia e le gambe mentre il Signor Tasche la traeva sempre più vicina a quei denti.
Disteso là al suolo, piangente, con le lacrime che lo soffocavano e urinandosi addosso, Lefty Horrigan guardò il Signor Tasche divorare la Signora Conner, tutta intera. La inghiottì tutta quanta. Inghiottì lei, il suo abito da casa, le scarpe e tutto il resto. La gola del vecchio si gonfiò per un momento, poi lei scomparve. Il mondo sprofondò nel silenzio. Perfino i grilli erano troppo sconvolti per muoversi. Lefty serrò gli occhi e attese di morire. Di svanire, pelle e ossa, vestiti e tutto il resto, come la Signora Conner. Attese. Attese. La brezza fredda gli alitò intorno e addosso. E lui attese di morire.
8
Quando Lefty Horrigan riaprì gli occhi, il cortile era vuoto. C’erano soltanto lui e la bicicletta. La mela marcia e in pezzi giaceva dove era caduta, visibile solo come una piccola massa pallida nell’oscurità sempre più fitta. Il Signor Tasche se n’era andato. Ciò nonostante, Lefty rimase a lungo disteso là. Non avrebbe saputo dire per quanto, ma la luna sbirciava verso di lui da sopra le montagne quando finalmente abbassò le braccia con cui si proteggeva la testa. Si rialzò lentamente in piedi. Il ginocchio e il gomito gli facevano male quasi quanto la nuca. L’urina nei pantaloni si era fatta gelata. Non gli importava di niente di tutto questo. Il vento soffiava in raffiche continue, e Lefty lasciò che gli spazzasse via le lacrime dalle guance. Zoppicando raggiunse il cancello, lo aprì e si chinò per prendere la bici. Qualcosa di bianco e marrone si agitava per terra accanto ai suoi piedi, intrappolato sotto il bordo di un pedale. Scricchiolava come plastica. Si chinò a raccoglierlo, poi si raddrizzò e lo rigirò fra le mani. Lesse la parola stampata in lettere azzurre su sfondo bianco, sull’involto marrone. Snickers. All’interno rimaneva soltanto una piccolissima chiazza di cioccolato al latte.
Lefty guardò l’involto vuoto, poi scrutò con improvvisa attenzione a destra e a sinistra, e girò su se stesso in modo da descrivere un cerchio completo. Aspettandosi il peggio, aspettando l’inganno. Ma c’erano soltanto lui, il vento notturno e la bici. Guardò ancora l’involto e quasi… quasi… aprì le dita per lasciarlo volare via. Ma non lo fece. Invece si chinò, leccò via la chiazza di cioccolato e ripiegò con cura la carta, mettendosela in tasca. Non sapeva bene perché l’avesse leccata, era stata una cosa stupida e strana da fare O forse era qualcos’altro. Un modo per dire qualcosa in una lingua in cui non poteva usare le parole. E un modo per esprimere un sentimento che sapeva non sarebbe mai riuscito a capire davvero. Batté la mano sulla tasca dove aveva riposto l’involto. Un piccolo pat-a-pat. Poi raddrizzò la bici, montò e si allontanò pedalando, bagnato, infreddolito, dolorante e stordito. Attraverso l’oscurità. Per tutta la strada fino a casa.
FINE
Delos Digital non usa DRM
Delos Digital ha scelto di non imporre ai propri ebook protezioni dalla copia che costituiscano una limitazione all'uso da parte dell'acquirente. Siamo convinti che i sistemi di protezione basati sulla criptazione danneggino solo chi acquista il libro onestamente. Il lettore che ha speso i propri soldi per acquistare questo ebook deve esserne il proprietario: questo libro non diventerà illeggibile cambiando computer, o spostando il file su un lettore di ebook o su uno smartphone. Per usarlo non è necessario un software che si colleghi a un server di autenticazione. Fermo restando che la legge e l'onestà dell'individuo vietano di ridistribuire il volume acquistato - e in definitiva il buon senso lo sconsiglia, perché autori ed editori hanno bisogno di guadagnare per portare avanti il proprio lavoro - il lettore può sentirsi libero di leggere il file con il dispositivo o computer che vuole e deve sapere di poterlo conservare e convertire in eventuali formati futuri per salvaguardare il suo acquisto. Quando possibile, Delos Digital utilizza il social DRM, ovvero scrive all'interno del libro il nome dell'acquirente; una sorta di "ex libris" elettronico. La criptazione del file viene usata solo nei casi in cui è obbligatoriamente richiesto dal contratto con l'autore. Nel caso di questo libro non è stato necessario. È comunque possibile che al libro venga applicata un'encriptazione drm dal negozio da cui lo si è acquistato. Delos Digital vuole combattere la pirateria nel modo che riteniamo migliore: rendere i nostri ebook acquistabili in modo facile e rapido, e metterli in vendita al prezzo migliore possibile.
in questa collana
Pine Deep Jonathan Maberry, Proprietà da demolire "Pine Deep è una delle migliori saghe sovrannaturali degli ultimi anni" - John Connolly Autore di "I tre demoni" ISBN: 9788867759514 Jonathan Maberry, La lunga strada verso casa "Il secondo racconto ambientato a Pine Deep, la città più infestata del mondo""Jonathan Maberry è il nuovo maestro del macabro" - The Morning Call ISBN: 9788867759729 Jonathan Maberry, Il signor Tasche Il terzo racconto ambientato a Pine Deep, la città più infestata del mondo. "Una saga horror nella tradizione di Stephen King e Robert McCammon" - Fangoria ISBN: 9788867759934
Gli ebook rapidi ed emozionanti
Ultimi volumi pubblicati
Fantascienza
Barry N. Malzberg, Le Croix - Biblioteca di un sole lontanon. 20
Simonetta Brambilla, Motherbot - Chew-9n. 39
Rainer Maria Malafantucci, Gozzo Unterlachen, poeta maledetto - Odissea Digital Fantascienzan. 8
Lanfranco Fabriani, Nelle nebbie del tempo - Odissea Digital Fantascienzan. 9
Mike Resnick, Kirinyaga - Robotican. 0(in preparazione)
Mack Reynolds, Adattamento - Robotican. 37
Vittorio Catani, I penetranti - Robotica.itn. 24
sco Troccoli, Hypnos - Robotica.itn. 25
Enzo Verrengia, L’invasione degli ultracorti + Il triangolo dei bermuda Stramurti viventin. 5
Enzo Verrengia, La zolla che cadde sulla terra + Penultimatum alla terra Stramurti viventin. 6
Enzo Verrengia, La notte della Grande Mela + Mutati mutuati - Stramurti viventin. 7(in preparazione)
Fantasy
Antonia Romagnoli, I signori delle colline - Odissea Digital Fantasyn. 2
Antonia Romagnoli, Triagron - Odissea Digital Fantasyn. 3(in preparazione)
Alain Voudì, La scelta di Dix - Storie Ardentin. 1
Greta Cerretti, Selva - Storie Ardentin. 2
Flavia Imperi, Baccanera - Storie Ardentin. 3
Federica Soprani, Come tu mi vuoi - Storie Ardentin. 4
Giallo
Tony Reynolds, Dr. John H. Watson M.D., Sherlock Holmes e l'avventura della ragazza gitana - Sherlockianan. 89
David Stuart Davies, Sherlock Holmes e l'avventura del figlio del birraio Sherlockianan. 90
Antonella Mecenero, Sherlock Holmes e il caso della morta scomparsa Sherlockianan. 91
sco Calè, Come Sherlock Holmes salvò il Natale - Sherlockianan. 92
Tony Reynolds, Dr. John H. Watson M.D., Sherlock Holmes e l'avventura della medium - Sherlockianan. 93
Matthew J. Elliott, Sherlock Holmes e lo scassinatore virtuoso Sherlockianan. 94
Horror
Jonathan Maberry, Proprietà da demolire - I segreti di Pine Deepn. 1
Jonathan Maberry, La lunga strada verso casa - I segreti di Pine Deepn. 2
Jonathan Maberry, Il signor Tasche - I segreti di Pine Deepn. 3
Narrativa
Suanna F. Roberti, Caldo sangue - Odissea Digitaln. 30
Luigi Boccia, Nicola Lombardi, La notte chiama - Odissea Digitaln. 31
Alberto Cola, Senza evidente motivo - Odissea Digitaln. 32
Antonino Fazio, Più oscuro della notte - Odissea Digitaln. 33
Romance
Serena Artuso, Fiori di ciliegio - Chic & Chickn. 15
Greta Cerretti, Vite sotto vetro - ioni Romantichen. 42
Didì Chisel, Il mio amore ha gli occhi a mandorla - ioni Romantichen. 43
Macrina Mirti, Un fiuto infallibile per i bastardi - ioni Romantichen. 44
Linda Bertasi, Il silenzio del peccato - Senza sfumaturen. 68
Laura Gay, Sexy girl - Senza sfumaturen. 69
Sara Meis, La dama di cuori - Senza sfumaturen. 70
Lily Carpenetti, Finalmente donna - Senza sfumaturen. 71
Lidia Calvano, Le concubine del pianeta Zofar - Senza sfumaturen. 72
Samy P., Finché non sei arrivata tu - Senza sfumaturen. 73
Spionaggio
Andrea Valeri, Abbraccio mortale - Dream Forcen. 67
Stefano Di Marino, Kill the Gringo - Dream Forcen. 68
Marco Donna, La Lega del 69 - Dream Forcen. 69
Sport
Marco Stretto, Siamo tutti tifosi del Napoli - Siamo tutti tifosin. 4(in preparazione)
Steampunk
Alessandro Forlani, Clara Hörbiger e la battaglia di Padova - Clara Hörbiger e l’invasione dei Selenitin. 3
Alessandro Forlani, Clara Hörbiger e la cripta meccanica - Clara Hörbiger e l’invasione dei Selenitin. 4
Alessandro Forlani, Clara Hörbiger e il condottiero - Clara Hörbiger e l’invasione dei Selenitin. 5
Alain Voudì, Paolo Ninzatti, La grande rapina a Trainville - Trainvillen. 12
Alain Voudì, Daniela Barisone, Trainville: atto finale - Trainvillen. 13
Storico
Federico Torresan, Il Barone Rosso e l'orologiaio di Morchies - History Crimen. 40
Tecnologia
Luigi Pachì, Le direzioni dell'ICT nel B2B - TechnoVisionsn. 15
Thriller
Elena Capaldo, Assassinio al Paradise Beach Club - Delos Crimen. 34
Michele Scoppetta, Narciso - Delos Crimen. 35
Marco Minicangeli, Elena - Delos Crimen. 36
Western
Stefano Di Marino, Rio Bravo - Wild Westn. 3
Stefano Di Marino, Deserto di quarzo - Wild Westn. 4
Stefano Di Marino, El castillo - Wild Westn. 5
Zombie
Michela Pierpaoli, Il Guardiano - The Tube Exposedn. 22