Il Sole Di Copernico 36y1s

a cura di Franco Forte

Salvo Figura

Il sole di Copernico

Racconto lungo

Prima edizione luglio 2015 ISBN 9788867758579 © 2015 Salvo Figura Edizione ebook © 2015 Delos Digital srl Piazza Bonomelli 6/6 20139 Milano Versione: 1.0

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Indice

Il libro

L'autore

Il sole di Copernico

Nota dell'autore

Prologo

Capitolo 1

Capitolo 2

Capitolo 3

Capitolo 4

Capitolo 5

Capitolo 6

Capitolo 7

Capitolo 8

Capitolo 9

Capitolo 10

Capitolo 11

Capitolo 12

Ringraziamenti

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Il libro

Copernico: complice di un delitto efferato e millantatore di teorie blasfeme e fasulle? Era questa l'Europa del 1536 dilaniata nella guerra tra Riforma e Controriforma?

Armonia ed eleganza, ottanta circoli anziché quarantotto. Il cerchio è la perfezione, l’uniformità per i corpi celesti. Regione del Warmia, regno di Polonia, 1536: fu così che Niccolò Copernico segnò la storia. Insieme al suo assistente Rhetico, ha terminato la Rivoluzione delle orbite dei corpi celesti e sta per darla alle stampe quando, in casa sua, viene ucciso Joseph Funck, giovane aspirante astronomo, nipote del nobile reverendo Andrea Osiander, grande matematico e seguace della prima ora della Riforma Luterana e delle teorie tolemaiche. Il giovane è stato ucciso nel suo letto con uno stiletto, sporco di inchiostro di genziana, adoperato solo da astronomi e cartografi. Toccherà a Copernico indagarne la morte e svelare il mistero che l'avvolgeva. Mai come allora la Terra fu scossa e inquisita. E intanto su tutti incombe l'arrivo catastrofico della "cometa degli ottant'anni".

L'autore

Una vita da medico anestesista a far sognare la gente, mentre Salvo Figura sognava di scrivere racconti e romanzi. L'incontro con Vincenzo Vizzini prima e Franco Forte dopo, fanno avverare il suo sogno. Si inizia così, o o, coi racconti ultrabrevi delle antologie 365, della Delos Books, un premio WMI, diverse pubblicazioni sulla rivista Writers Magazine Italia, seguiti e intervallati da due premi al Concorso Nazionale di narrativa Albero Andronico di Roma e al premio LILT di Parma per medici scrittori. Si approda così alla "grande famiglia degli scrittori Mondadori" con Asparago siculo su Giallo 24 e La neve di Piazza del Campo sul Giallo Mondadori. Fino all'History Crime La terra, il cielo e il costato di Delos Digital e a La pulce e il cappio, ancora per Delos Digital. Molte e costanti collaborazioni con giornali online (Rosebud e OndaIblea) e cartacei. Selezionatore agli ultimi due Premi Grangiallo città di Cattolica, continua a cimentarsi con la scrittura creativa mainstream.

Dello stesso autore

Salvo Figura, La terra, il cielo e il costato History Crime ISBN: 9788867752782 Salvo Figura, La pulce e il cappio History Crime ISBN: 9788867756193

Nota dell'autore

L'immagine in copertina è un graffito trovato a Palermo, nel Carcere dei Penitenziati, nelle segrete che l'inquisizione usava come prigioni, realizzata da qualche oscuro carcerato accusato di eresia all’incirca nel periodo in cui è raccontata questa storia…

Prologo

Roma, aprile 1497

– Allora, giovane Niccolò, hai terminato? – Sì, Maestro, ho rifatto tutti i calcoli che mi avete assegnato. Se quello relativo al deferente e ai due epicicli è corretto, l’eclisse avverrà il 14 luglio prossimo, un venerdì. Eclisse totale di luna. Potremo osservarla benissimo. Il cielo di Roma sarà senz’altro sereno e questa sarà un’eclisse di sangue come se ne sono viste poche, finora. La luna si tingerà di rosso e la gente resterà col naso in su ad ammirare ciò che noi avremo già previsto. – Bravo, Niccolò, sei giunto alle mie medesime conclusioni, però non farne cenno: il popolo ignorante non sa che questi fenomeni celesti obbediscono a leggi matematiche. Le sventure e le catastrofi non c’entrano nulla. Riporta le tue osservazioni sul libro mastro e conservale con cura. Io ritorno nella mia Bologna. Ho saputo che tuo zio sarà presto nominato Vescovo dellaWarmia. Per te sarà un appoggio in più in favore della tua carriera ecclesiastica. Riguardati, Niccolò, e che Dio ti aiuti. – Aspettate, Maestro, mi importa poco della mia carriera dentro la Chiesa, sapete bene che sono innamorato delle stelle e della volta celeste. Guardate qui, ho eseguito un nuovo calcolo. – Di che si tratta? – Osservate questi disegni relativi al moto di Giove. Ah, come vorrei che i miei occhi potessero vedere al di là di esso! Sono certo che l’orbita di quel grande pianeta sia influenzata da un corpo celeste che gli è ato vicinissimo. Osservate… qui e qui – disse segnando due punti sulla carta astrale. – Sì, vedo bene, ma potrebbero essere degli errori nei tuoi calcoli.

– No, maestro, chiedo umilmente scusa, li ho rifatti decine di volte: i calcoli sono giusti. Questo punto che vedete qui è la cometa che ò oltre quarantadue anni fa quando io non ero ancora nato. L’aveva già osservata un astronomo ebreo tantissimi secoli addietro, Ben Hananiah, e la descrisse nel Talmud. Poi Re Alfonso il saggio, circa tre secoli or sono. Ne calcolò origine e orbita e li riportò nelle “Tavole Alfonsine”. Ma siccome egli era fermamente convinto della teoria geocentrica, non riuscì a calcolare i tempi dei ritorni di codesti corpi celesti. L’ha vista infine il Priore Gherardo Bartolini, appunto quarantadue anni fa. Ne ha descritto moto, effemeridi e traiettoria. Allora ò così vicino a Giove da influenzarne il moto. Quella cometa ha un ciclo di settantacinque o ottant’anni e dunque rierà tra circa quarant’anni ad almeno diecimila leghe. Io invece, fedele alla vostra teoria, eccellentissimo Maestro Novara, ho calcolato giorno e ora del suo aggio accanto alla Terra: a causa del suo moto retrogrado, la cometa colpirà in pieno il nostro pianeta. Le traiettorie coincidono perfettamente e non sono previste deviazioni. Lo studio sui moti dei corpi celesti, come da voi rielaborato, non le prevede. – Sì, conosco già tutte queste cose – replicò Novara sbuffando con aria di sufficienza. – È una cometa che a ogni settantasei-ottanta anni. Il priore ha calcolato bene il suo ciclo: tra circa quarant’anni si accosterà alla Terra. Ma i suoi computi si basavano sulle teorie Tolemaiche e nemmeno egli riuscì a calcolarne con precisione la traiettoria, poiché assumeva la Terra al centro dell’epiciclo. Perciò ti dico di stare attento con le nostre teorie eliocentriche. Sono molto pericolose, tutte da dimostrare, e la Chiesa è molto gelosa di quella Tolemaica di cui ritiene di avere l’esclusiva. Ricorda che è da un millennio che Claudio Tolomeo fa scuola. – Sì, Maestro, avete ragione, ma non mi avete risposto: la cometa impatterà quel giorno, in giugno, e “L’Apocalisse di Giovanni”… Novara non lo fece terminare perché a capo chino infilò la porta e scomparve. Copernico, sconsolato, vide uscire il suo maestro: Domenico Maria Novara. Si chiese se lo avrebbe più rivisto.

1

Frauemburg,(regione della Warmia, Regno di Polonia): maggio 1536

– Maestro Copernico, eccovi gli ultimi calcoli. Credo che la teoria Tolemaica sia fallace fin dalle sue origini e, sbagliando l’assunto, tutte le conclusioni che ne derivano saranno errate. Avevate ragione: è il Sole al centro dell’Universo e Mercurio, Venere, la nostra amata Terra e Marte, fino a Saturno, ando per Giove, gli girano intorno. Il loro moto non è uniforme e perciò, sempre secondo i vostri computi, vengono a cadere tutte quelle acrobazie di epicicli e deferenti, inventati dal grande Tolomeo. Dunque circolarità e uniformità di moto non sono più una costante di quella teoria. Rimane solo la circolarità. Ho rivisto mille volte i vostri calcoli: sono perfetti. – Bravo, Gioacchino, l’aria di Wittemberg ti fa bene. O è forse il tuo predicatore, Lutero, che dà luce alle tue idee? Ho fatto bene a prendere te come allievo! Sai ben visionare il mio lavoro, sei un ottimo matematico e un bravo astronomo. Del resto, dalla famiglia Rhetico non poteva venir fuori altri che un virgulto di tal foggia. L’unico problema che dovremo risolvere temo sia il modo di presentare la Summa dei miei studi al Santo Padre. Paolo III dice, a parole, di apprezzarli, ma per il momento è impegnato nelle dispute teologiche con Lutero e una tegola come quella della Revolutionibus orbium potrebbe fargli perdere del tutto la Santa pazienza. Le conseguenze le conosci già, vero Gioacchino? – Non credo sia un problema, Maestro, ho un ottimo amico: Filippo Melantone. Lui è molto addentro agli ambienti Vaticani e potrebbe farvi da tramite. Lo interpellerò e vi saprò dare risposta. Trarrei anch’io vantaggi nell’avervi aiutato. Non trovate? Ma… vedo che si è fatto tardi, Maestro, volete che vada in città a comperare qualcosa da mangiare? Il tempo è stato clemente, sicuramente troverò del buon pesce, giù al porto. Senza attendere risposta, Rhetico infilò la porta e a grandi falcate si diresse verso il mercato del pesce, seguito dallo sguardo compiaciuto di Copernico.

Benedetto ragazzo, pensò, risparmiare la fatica della spesa a un vecchio di sessantatré anni è cosa giusta ma soprattutto di grande lode.

Era ata una buona mezzora e un deciso bussare alla porta fece trasalire Copernico: non attendeva altri che il suo allievo con le provviste per il pranzo. Ripiegò in fretta le sue carte e si diresse all’uscio. Lo spalancò con aria alquanto seccata e si trovò di fronte un giovane messo. – Siete il Maestro Niccolò Copernico? – lo apostrofò quello con poco garbo. – Sì, sono io. – Ho da recapitarvi una missiva. – Da parte di chi? – Del vescovado di Chelmno, il Vescovo Giese. – Uh, il mio vecchio amico… chissà cosa vorrà narrarmi di così importante per mandare un messaggio. Grazie, ragazzo. Il messo si allontanò veloce e Copernico rimase qualche minuto sull’uscio a rimirare la missiva sigillata con la ceralacca. Poi alzò gli occhi e li strizzò, sperando di vedere Rhetico tornare, ma era troppo poco il tempo intercorso, così tornò dentro e poggiò la missiva sulla madia, dedicandosi di nuovo ai suoi calcoli. Si rese conto che Rhetico tardava e un forte languore si stava impadronendo di lui, così andò nella stanza accanto e dalla dispensa tirò fuori un pezzo di pane nero. Aveva appena dato il primo morso cercando di staccarne un boccone coi denti malfermi, che un fracasso di vetri rotti e di un oggetto pesante piombato sulle assi del pavimento, lo fecero sussultare. Corse nello studio e trovò in terra un grosso sasso avvolto da una stoffa macchiata di sangue. Al sasso era legato uno spago che reggeva, a cappio, la testa mozzata di un gallo. Il sangue era fresco: il povero animale era stato decapitato da pochi minuti.

Copernico rimase basito. Il cuore gli tumultuava in petto. Non gli era mai accaduto un fatto simile e ne fu atterrito. Dovette sedersi ansimando.

– Maestro, ho trovato dell’ottimo pesce pescato proprio stamane, ora lo pulirò, lo cucinerò e mangeremo – intonò il suo allievo entrando in casa. – Maestro, dove vi siete cacciato? Nell’angolo più discosto della cucina, Copernico tratteneva il fiato. Aveva avvertito l’aprirsi dell’uscio e temeva si trattasse del lanciatore del sasso. Aveva fatto a tempo, prima di accasciarsi sulla sedia, a prendere in mano la pietra, svolgerne la stoffa insanguinata e leggervi sopra: “Ecco come muoiono gli eretici e coloro che nascondono la verità”. Così si fece trovare dal suo allievo, che per poco non si accasciò al suolo per lo spavento. – Cosa significa, Maestro? Che segnale è mai questo e chi può avere l’ardire di spaventare a morte un anziano studioso? – Non saprei davvero, Gioacchino. Nella mia vita non ho mai fatto del male a nessuno. Non ho mai scritto o professato eresie e come ben vedi mi sono sempre tenuto lontano da predicazioni blasfeme o, peggio, eretiche. Anche nell’episodio di Wittemberg, quando Lutero ha appeso le sue novantacinque tavole contro il Papato, mi sono tenuto lontano da quella disputa, nonostante tra me e Martino corresse una discreta frequentazione… o meglio, una fitta corrispondenza. E mai e poi mai mi sono adeguato alle sue tesi teologiche. Sono rimasto allora, come ora, fedele ai dogmi e ai precetti della Chiesa di Roma. – Ma allora perché su questo cencio insanguinato vi è scritta una frase così terribile, e perché quel simbolo barbaro e malefico che penzola dallo spago? – Non lo so ancora, ma sarà bene sprangare la porta e riparare di corsa il vetro. Alla mia età e col mio carattere non saprei certo difendermi e non voglio neanche mettere a repentaglio la tua vita. – Ma non pensate di rivolgervi alle guardie reali e raccontar loro tutto l’accaduto?

– No, ragazzo, no. Si farebbe solo clamore e la notizia giungerebbe anche a orecchie alle quali è bene non arrivi nulla dei nostri studi. Invece faremo finta di nulla e indagheremo insieme per capire chi c’è dietro a queste minacce. Mi faccio vecchio, ma credo che un paio di bastonate ben assestate io sia in grado di calarle sulla testa di chi mi vuol male. – Ma non avete appena detto che alla vostra età non sapreste difendervi? – Io? Quando mai avrei detto così? – Venite, Maestro – ribadì Rhetico con espressione frastornata. – Andiamo a pranzare e spranghiamo porte e finestre. Vorrà dire che mangeremo al buio. Mentre si avviavano in cucina, il giovane scorse sul tavolo la missiva. – Cos’è quella, Maestro? Perdonate la mia insolente curiosità, ma vedo che è ancora sigillata. – Uh… hai ragione, mio giovane e perspicace ragazzo… la missiva del Vescovo Giese. Preso com’ero dai nostri studi me ne scordavo, a momenti. – Direi che ve n’eravate scordato del tutto. E ciò è strano. Siete un genio e vorrei tanto avere il vostro cervello. Sarei disposto a qualunque cosa pur di assimilarne tutti i poteri. – Hai ragione nel definirti insolente! Lo sei davvero. Se tu non fossi quel bravo matematico e astronomo quale sei… Dai, vediamo cosa dice e poi mangeremo. La aprì e lesse:

Mio buon amico Niccolò, salute a te dal vescovado di Chelmno. Spero che questa mia ti trovi in buono stato. Vengo però al dunque senza preamboli. Mi giunge notizia riguardo a tuoi studi sul moto dei corpi celesti e la cosa non può che farmi piacere. Ti so ottimo allievo del Maestro Novara, a sua volta allievo di Regiomontano e dunque il tuo curriculum è di tutto valore e ti metterebbe al sicuro da ogni ritorsione per questi tuoi nuovi impegni nell’astronomia. Sai però come la pensa la Chiesa di Roma, perciò ti chiedo, anzi ti imploro, di essere prudente nel rivelare quanto stai per scoprire nell’alto dei Cieli perché più in

basso c’è chi trama, per invidia, per ignoranza o per malafede. Cave andròn! Anche il Santo Padre si dice preoccupato per queste nuove teorie e soprattutto per quell'accenno a una cometa,il cui aggio tu avresti previsto come imminente e catastrofico, e in virtù del quale indirà un Giubileo del Perdono e della Penitenza. Hai lasciato per fortuna uno spiraglio di speranza, che l'impatto non avvenga e di ciò serberemo segreto. Appena ti sarà possibile mandami quel ragazzo che fa bottega nel tuo studio, gli darò istruzioni in merito. Il tuo affezionatissimo fratello in Cristo,

Tiedemanm Giese

2

Copernico restò molto tempo a soppesare tra le mani la missiva. Lo sguardo sperso nel vuoto, la mano sinistra che carezzava la barba ben curata. Era conscio che la giovane età di Rhetico non gli permettesse di intendere la gravità di quello scritto. – Cave andròn! – ripeté sottovoce Copernico quasi temesse di evocare spiriti di quelle perdute lingue. – A chi è rivolta o di cosa vuol ammonirmi? – Maestro, chi sono questi uomini forti da cui dovreste guardarvi? – continuò Rhetico udendo il bisbiglio. – E perché una parola in latino e l’altra in greco? – Direi, piuttosto: come fanno a sapere di quanto accade qui dentro? Dimmi la verità, Gioacchino, hai parlato con qualcuno dei nostri studi? E della cometa? – Ho accennato qualcosa… il mese scorso – balbettò il giovane arrossendo, – a mia sorella Adelina. Voi, Maestro, conoscete bene i rapporti affettuosi che corrono tra noi due. Dopo la morte della mamma è stata lei a crescermi in casa, a sfamarmi e farmi studiare. Lei sa quanto io ammiri il vostro sapere e quale onore sia per me far parte di esso sapere, e di tutte le cose che imparo qui. Ma se io potessi… – Ho capito, Gioacchino, sei in debito con tua sorella, ma questo non giustifica che dovessi rivelarle i risultati dei nostri studi e farti bello, come se fossi tu l’artefice delle mie scoperte. Magari lei ne avrà parlato con altri. Sai bene quanto sia pettegola la cittadina di Danzica e quanto il suo vescovo sia legato a quello di Chelmno. E la missiva di quest’ultimo conferma i miei sospetti. – Sarebbe? – Che da tua sorella sia partita qualche notizia, e sia giunta a orecchie a cui non sarebbe mai dovuta arrivare. Comunque, intendo andare a fondo in questa faccenda. I miei studi sono a una svolta importante e solo appena saranno conclusi potremo darli alle stampe e divulgarli in tutt’Europa, se ci rimane il tempo per farlo. Perciò come richiesto dal vescovo Giese, ti manderò da lui a

Chelmno. Lì riceverai istruzioni in merito. E adesso pranziamo ché tutto questo trambusto mi ha fatto venire fame.

Il giovane si apprestò a pulire e cucinare il pesce portato dal mercato mentre Copernico tornava ai suoi calcoli. Sedette alla scrivania e aprì un grosso libro mastro. Le boccette contenenti l'inchiostro erano in bell'ordine incastrate in fori rotondi incisi nel legno della scrivania, e undici pennini d’argento da intingere e uno stiletto, ben allineati, luccicavano colpiti da un raggio di sole, segno che mezzogiorno era ato da circa un'ora. Quella sorta di "meridiana delle stagioni” era una delle tante piccole invenzioni di Copernico su cui il giovane Rhetico celiava sopra suscitandone le ire. – È pronto in tavola! – urlò dalla cucina Gioacchino facendolo sobbalzare, giacché in un paio di minuti era riuscito a concentrarsi sul lavoro. – Arrivo, Gioacchino… giovane impertinente! – urlò di rimando. Poi più sommesso: – Il tempo di sistemare questo maledetto epiciclo e sarò da te. Il lavoro di rivoluzione delle teorie geocentriche del grande Claudio Tolomeo assorbiva ormai tutte le sue giornate. Millecinquecento anni erano ati e quelle teorie erano state accettate in tutto il mondo. La Chiesa di Roma le aveva fatte sue, ammantandole di un pesante velo di sacralità: la Terra, luogo in cui era nato Gesù Cristo Re dell’Universo, era il centro del creato e con essa l’Uomo, fatto a immagine e somiglianza di Dio. – Maestro, il pranzo si fredda! – Arrivo, accidenti, arrivo. E ti porterò delle novità, mio giovane sempre più impertinente.

3

– Qual è la novità che mi portate, Maestro? Copernico si sedette di fronte al suo giovane assistente, sorseggiò un goccio del vino che il ragazzo gli aveva versato nella coppa e prese un trancio del merluzzo che “nuotava” nella sua scodella di coccio. – Ricordi la cometa che ò nel 1455? – rispose Copernico farfugliando con la bocca piena. – Sì, Maestro,ne abbiamo parlato qualche settimana fa. Quando ò sui nostri cieli, oltre ottant’anni or sono, voi non eravate nato e tanto meno io. – Bravo, Gioacchino. Ora sono riuscito finalmente a calcolare la nuova orbita. Sarebbe dovuta transitare quattro anni fa, se sono esatti i calcoli degli antichi astronomi… e lo sono! Il suo ciclo varia dai settantacinque agli ottanta anni e stavolta ne sono più che certo: erà entro il prossimo mese di giugno, tra il quattordici e il venti. – E questo cos’avrebbe a che fare con noi, Maestro? – Ho idea che ti licenzierò! Oltre che impertinente sei anche stupido. – Rhetico diventò rosso come il Sole al tramonto. – Non hai ancora capito che quella cometa si scontrerà contro la nostra amata Terra e ci ridurrà in briciole? – Maestro – balbetto il giovane, adesso pallido come un cencio, – cosa possiamo fare per evitare la catastrofe? – Non lo so, Gioacchino. Noi di certo nulla e non credo che esista uomo sulla Terra in grado di opporsi a un evento celeste di tale portata. Forse il Papa è l’unico che potrebbe fare qualcosa. Le sue preghiere… se potessero impetrare la Divina pietà, sarebbero l’ultima possibilità che resta all’umanità. Chiederò udienza al Santo Padre che, come hai ascoltato anche tu, pare voglia indire prestissimo un Giubileo speciale; un Giubileo del Perdono e della Penitenza. Ma fare penitenza per cosa? E quali, i peccati da farci perdonare?

Calò il silenzio nella stanza. Si udiva solo il masticare rumoroso di Copernico accompagnato da un insistente singhiozzo che aveva preso Rhetico. – Comunque, Gioacchino, ho anche deciso, e questa è la seconda novella, di aderire alla richiesta del vescovo Giese. Tra due giorni partirai per Chelmno. Sono circa cento miglia. Non sarà una eggiata e ti occorreranno almeno tre giornate di viaggio. Una volta giunto laggiù ti porrai al servizio del mio amico Vescovo e riceverai i suoi ordini per me. Ma questa volta non far cenno, all’infuori che a lui, dei nostri studi. Hai già parlato anche troppo, finora. – Farò come voi dite, Maestro – abbozzò a testa china Rhetico. – Ah, dimenticavo una cosa importante. Nel tornare a casa mi sono imbattuto in Osiander, il grande matematico. – E cosa ci faceva qui in paese? – Di preciso non saprei, veniva verso casa vostra e mi ha chiesto se voi sareste interessato a prendere a bottega suo nipote Joseph. È un giovane valido, a quel che dice suo zio, e il padre è un ricco notabile di Danzica. Potrebbe venirvi utile per il futuro. – Uhm – fece Copernico piuttosto perplesso. – Nulla in contrario per il giovane Funck… sì, ho sentito parlare del padre, il notaio. Mi lascia dubbioso, però, proprio lo zio. Ha seguito Martin Lutero fin dalla prima ora e poi se ne è distaccato all’improvviso, rompendo ogni rapporto con lui e le sue teorie. Giudicò troppo razionalistiche le tesi del pastore di Eisleben e invece Osiander ha un atteggiamento più mistico, più… umanistico, che lo avvicina al Papa di Roma. Perciò Lutero lo ha attaccato con tanta veemenza. – Il giovane ascoltava interessato il sermone di Copernico. – E io diffido di chi cambia opinione così in fretta. Ma vedo che ti annoio, coi miei discorsi di teologia e filosofia. – No, no, Maestro, non mi annoiate affatto. Tutt’altro. Volevo per l’appunto farvi notare come questa richiesta accada a proposito. Se io andrò a Chelmno, voi non resterete solo. Per un po’ Joseph potrà farvi compagnia e ho detto a Osiander che gli avrei ceduto volentieri il mio letto… – Non se ne parla, Gioacchino. Io non lascio dormire uno… sconosciuto accanto alle mie carte e ai miei calcoli. Gli darò il mio, di letto, lontano dallo studio. Così lontano che se di notte lui volesse spulciare i miei studi a mia insaputa, dovrebbe per forza entrare prima in camera mia. Faremo così, ho deciso. Piuttosto fai in

fretta, col tuo pesce, e corri alla locanda dove immagino si trovi Osiander. Anticiperò la sua richiesta personale. Digli che già da domattina potrà mandarmi il ragazzo. Prenderà confidenza con la casa e da dopodomani potrò valutarne il valore. Vedremo se è come lo zio, che ammiro ma non stimo. Io torno ai miei calcoli: c’è qualcosa che non mi quadra del tutto nel ciclo di quella cometa. Credo che potrebbe iniziare a manifestarsi già dalla prossima settimana fino a toccare il massimo della visibilità a fine maggio. Poi in giugno… che Dio ci protegga.

Rhetico si alzò dalla tavola lasciando il suo pasto non ancora finito, si sistemò le braghe e il farsetto, strofinò un dito su una macchia d’inchiostro vecchia di qualche giorno e si avviò in strada. Il cielo s’era fatto plumbeo e a tratti scendeva la pioggia, quella fastidiosa e fredda pioggerellina che insolentiva il Regno di Polonia da aprile a maggio inoltrato e rendeva fiacchi e inoperosi gli uomini.

Copernico aveva ben altri pensieri da cui farsi disturbare: inquietanti movimenti nella volta celeste minacciavano la sopravvivenza dell’Uomo, ma, temeva lui, avrebbero dapprima provocato dei rivolgimenti nella politica e nella religione.

4

L’alba giunse improvvisa, come tutte le albe di Frauemburg, dove il sole sboccia dietro l’alta collina che protegge il paese da est. Una fitta foresta senza nome, la Las bez nazwy, copriva la sommità di quella collina. Altissimi pioppi e tigli intrappolavano la luce. Così il sole, prima di inondare il paese, doveva farsi strada tra foglie, rami e frasche. Un bussare discreto diede la sveglia a Rhetico. Quest’ultimo, ancora insonnolito, si recò ad aprire. Copernico udì, allora, un giovane che si presentava a voce così alta che ne fu infastidito: – Mi chiamo Joseph Funck, sono il nipote di… – Lo so chi sei – urlò dalla sua stanza Copernico sbirciando da lontano il giovane. – Non ti sembra un’ora un po’ troppo antelucana per disturbare un anziano astronomo e il suo aiutante? – Chiedo perdono, Maestro – ribadì il ragazzo ormai giunto sull’uscio della camera da letto. – Lo zio Andrea mi ha ordinato di presentarmi presto, ché mi avreste insegnato tutto quanto voi sapete sulle stelle e i pianeti. – E pensi di impararlo in un giorno? Io ho impiegato oltre quarant’anni e ancora non so nemmeno la metà di ciò che dovrei sapere. Mentre parlava, Copernico s’era drizzato sul letto e si acconciava il lungo camicione che indossava per dormire. In testa una sorta di cappello di lana grezza gli scendeva fino alle orecchie e tutto ciò lo rendeva forse buffo, perché il nuovo arrivato a stento riuscì a trattenere un sorriso. Copernico se ne avvide, ma tacque. – Gioacchino! – sbraitò al suo assistente. – Vieni qui e inizia a mostrare la casa a questo giovane saputello. Dovrà destreggiarsi bene in tua assenza, perciò vedi di fare in fretta. Rhetico iniziò a mostrare la casa e frattanto si informava sulle conoscenze del giovane nel campo dell’astronomia.

– In realtà io sono più un matematico che un astronomo – gli rispose il ragazzo. – Ho ventidue anni e ho studiato a Lipsia. Poi ho approfondito le mie conoscenze con lo zio Andrea e infine sono stato inviato qui per imparare le ultime nuove sulla volta celeste. Dicono meraviglie del Maestro Copernico e di te. – Be’, sì – riprese ad alta voce Rhetico, facendo un po’ la ruota, – il Maestro Copernico è un genio nel suo campo e io mi onoro di aiutarlo, anche se molte delle cose che scopre o dei calcoli che risolve, li deve a me, alla mia costanza, al mio impegno. Insomma, non sono un semplice assistente, e vorrei che anche lui mi considerasse un po’ di più. Ah, cosa darei per avere la sua testa! – E allora perché non ti metti in mostra più di quanto non lo faccia lui per te? La sua testa? Potresti tagliarla e metterla al posto della tua. Diventeresti famoso e… – Allora, Gioacchino, hai finito di pavoneggiarti e di farti adulare? – sbuffò dalla cucina Copernico, che ascoltava con malcelato umore i discorsi dei due giovani. – Inizia a preparare i tuoi bagagli, ho deciso che partirai questo pomeriggio. Mi sono ricordato che oggi un corriere andrà verso Chelmno, ti aggregherai a lui. Farete sosta presso la locanda di Guglielmo, questa notte, ed entro dopodomani sarete al vescovado per l’ora di pranzo. Perciò adesso vieni a rassettare la mia stanza, ché da questa notte Joseph dormirà qui e io nella tua, accanto allo studio. – Maestro, perdonate – esordì Joseph, tutto rosso in viso, – nell’eccitazione del momento mi scordavo di darvi la lettera di presentazione di mio zio Osiander. Lui a quest'ora sarà già ripartito per Danzica, e mi ha tanto raccomandato di darvela. – Sì, hai ragione. Ma non occorre nemmeno che io la legga; so già cosa mi avrà scritto: “Egregio Maestro Copernico, salute a voi… etc. etc. etc… Il latore della presente è persona di mia fiducia… etc. etc. etc. Vogliate degnarvi di insegnargli i vostri segreti sull’astronomia… etc. etc. etc. Rammentandogli tuttavia che le teorie Tolemaiche…” – Eccetera, eccetera? – l’interruppe con insolenza il nuovo venuto. – No, ragazzo. Dirai a tuo zio che non abdicherò mai alle mie teorie. Sto preparandomi a sconfessare Tolomeo, anche se accetto molte delle sue idee, specie per quanto riguarda le previsioni delle eclissi, i calcoli delle effemeridi e le orbite circolari. E dovrà imparare anche lui che è il Sole che sta fermo, mentre

la Terra e gli altri sei pianeti gli girano intorno… e anche su loro stessi. Come facciano, delle pietre così grandi e pesanti a girare, non lo so ancora. Ma scoprirò anche questo! Il tono deciso e burbero di Copernico zittì il ragazzo e lo fece impallidire, ma soprattutto provocò la reazione premurosa di Rhetico, che forse temeva che il suo maestro svelasse troppo dei loro studi. – Maestro… perdonate – intervenne balbettando, – forse è meglio che io prepari la mia roba, la mattinata scorre già veloce e non sono ancora pronto. Copernico poggiò la lettera a cui aveva dato un’occhiata distratta e si rimise al lavoro sui calcoli, tra fogli, inchiostri e pennini.

La mattinata trascorse ancora tra studi e teorie che Rhetico riportava con cura nel libro mastro, e divagazioni filosofiche di Copernico. – Allora, Joseph, che te ne pare dei nostri studi? Il ragazzo giocherellava con le boccette di inchiostro poggiate sulla scrivania. – Ho osservato con molto interesse i vostri calcoli, Maestro, però non sono convinto di quelli relativi alla cometa. Avete affermato che sarà visibile già dalla metà di maggio e che per il quattordici giugno sarà così vicina alla Terra che la urterà. Certo sarebbe un grosso rischio per l’umanità, dato che la Terra è immobile. Ci vorrebbe un miracolo che fe sì che la Terra si muovesse girando intorno al Sole e non viceversa, come da tutti accettato. Solo così potremmo evitare lo scontro. Copernico guardò di sottecchi Rhetico, poi rispose: – Dunque tu sei ancora convinto che sia il Sole a girare intorno alla Terra? Anche tuo zio ne è convinto? – rincarò indurendo il tono. – Tutti ne sono convinti, Maestro – rispose il giovane Funck con espressione stupita e decisa. – E anche la Chiesa di Roma lo afferma con forza. Persino il pastore Lutero, che tanto battaglia contro il Papa, afferma che la teoria di Claudio Tolomeo è salda e granitica e che ogni digressione da essa debba essere

considerata eretica. E chi la segue… – Joseph! – intervenne Gioacchino con un tono di voce che non ammetteva repliche. – Mi pare che tu stia esagerando. Non puoi parlare così al Maestro solo perché sei il nipote di un grande matematico che per di più adesso ha eseguito un voltafaccia incredibile nei confronti del suo precettore spirituale, Lutero. Credo che tu debba abbassare i toni e chiedere subito scusa. Funck stava per ribattere ma Copernico mise fine alla diatriba: – Sarà bene che la smettiate entrambi – ordinò con voce secca. Poi rivolto a Joseph: – Smentirò le teorie di Tolomeo e di tutti quelli che le seguono ciecamente, come le pecore all’uscita dall’ovile. E se non dovessi riuscirci io prima del quattordici di giugno… be’, ci penserà la cometa che è in arrivo. E di ciò credo ne sia cosciente anche il nostro ragazzo insolente, visto che i suoi calcoli coincidono coi miei. Vedi, caro ragazzo… Funck, è proprio per via del movimento della Terra intorno al Sole, che ci scontreremo con la cometa. Se fossimo immobili essa ci erebbe lontano leghe e leghe; almeno diecimila, ma muovendoci insieme con essa – nel dirlo strappò di mano le due boccette di prezioso inchiostro con cui Joseph giocherellava, e le diresse l’una contro l’altra per traiettorie differenti – sarà inevitabile che ci scontriamo. Come queste due boccette di inchiostro di genziana, l'inchiostro speciale che usiamo noi astronomi. Il tintinnio del vetro che cozzava risvegliò Funck dall’incantesimo in cui lo avevano gettato le parole e le movenze di Copernico. Allora si alzò e si recò a prendere le cose portate con sé da Danzica, e le poggiò nella stanza che gli era stata assegnata. Avrebbe dormito lì per le notti a venire. Non sillabò più fino al pomeriggio, quando Rhetico lo salutò appena, prima di partire verso Chelmno.

5

Il vento umido del Baltico umettava i tetti e gli usci, e rendeva viscido il selciato. Rhetico si gettò sugli omeri un pesante mantello di lana morella, mise in testa la berretta a tre punte, si issò sulle spalle una bisaccia con tutte le sue cose e fece per andare. Copernico, sull’uscio, gli diede le ultime raccomandazioni: – Abbi cura di te, segui tutte le indicazioni che il vescovo Giese ti darà e ritorna presto. Soprattutto evita le diatribe religiose. Non immischiarti con le teorie della Chiesa di Roma e con quelle che avanza Lutero. Sono tempi tristi, Gioacchino, e solo chi abbia una grande saldezza morale e spirituale potrà resistervi. Fai tesoro di tutto quanto hai imparato qui da me. Abbi occhio solo per le cose della volta celeste e non per quelle che ne sono al di sopra. Io frattanto cercherò di capire qui chi mi abbia minacciato. Il buon Joseph penso che mi sarà d’aiuto. In fondo non è un cattivo ragazzo, anche se è intriso di tutte le fandonie che gli hanno insegnato lo zio e l’Università di Lipsia. Fai buon viaggio, mio caro assistente, e torna presto. – Maestro, tenete d'occhio la cometa e fatemi sapere quando sarà al suo perigeo. – Non temere, mio buon Gioacchino, non tutto è ancora perduto. C'è una remota possibilità che lo scontro non avvenga. Ho preso degli appunti e calcolato delle orbite… mie, speciali. Ma ne siamo a conoscenza solo io e te. A nessuno, dico, a nessuno,dovremo rivelare che l'impatto potrebbe non esserci. – Certo, Maestro, ho letto quegli appunti e di quella piccolissima probabilità. Spero che abbiate ragione, anche perché sarebbe un’ulteriore scoperta rivoluzionaria sul moto dei corpi celesti. A presto, Maestro.

Funck non andò a salutare il suo coetaneo: era ancora imbronciato per la discussione della sera precedente e rimase nello studio a rileggere gli appunti del mattino.

Il corriere ò, prese a bordo Rhetico e scomparve alla vista di Copernico. Una leggera nebbia adesso veniva dal mare, presagio di cattivo tempo, e il vento la spostava in un turbinio di goccioline che bagnavano gli occhi di uomini e cavalli. Quando tacque anche l’ultimo scalpiccio degli zoccoli, Copernico tornò dentro e sprangò l’uscio. – Bene, Joseph, torniamo al lavoro e ripetiamo quei dannati calcoli. So che anche se saranno giusti saremo impotenti, ma almeno sapremo di cosa morirà l’umanità il 18 di giugno.

Una nuova alba si affacciò dietro la collina. Aveva piovuto l’intera notte e Copernico non aveva chiuso occhio. Il ticchettio della pioggia sulle tegole, il pensiero del nuovo venuto e della responsabilità di ospitarlo in casa, la misteriosa minaccia ricevuta e il pensiero della cometa che sperava di vedere, lo avevano fatto rigirare nel letto come uno di quei… cosi con cui giocavano i bambini. – Quali altre nuove porti da Danzica, Joseph? È vivace come l’ho lasciata quella città o le ultime lotte tra Papato e Lutero ne hanno morigerato i costumi e fiaccato gli animi? – No, maestro, è sempre vivace. Forse più di prima e Lutero batte palmo a palmo la terra tedesca e quella polacca. Dove trova proseliti e dove… bastonate, ma riesce sempre a creare dialogo, consensi e dissidi. Mio padre si mantiene lontano da queste cose. Da buon notaio deve conciliare le esigenze del suo spirito con quelle dei suoi clienti e non sono tutte equanimi. Zio Andrea invece sembra essersi accostato nuovamente alla Chiesa di Roma attirandosi le contumelie di Lutero che prima vedeva in lui un valido alleato. – Sì, caro ragazzo, ho notato lo spirito ondivago di tuo zio e non mi meraviglierei di rivederlo presto di nuovo alla corte di Lutero. La scienza e l’astronomia procedono verso vie di nuove verità e bisognerà che prima o poi ci si schieri verso queste verità che, bada bene, non sono contro gli insegnamenti della Bibbia, ma semmai ne certificano la verità. – Non lo definirei ondivago. In fondo anche l'apostolo Pietro rinnegò il suo

Maestro al canto del gallo e Lutero dice che occorre tornare alle origini, allo spirito di San Paolo: "Poiché noi riteniamo che l'uomo è giustificato per mezzo della fede, senza le opere della legge", Romani 3,28. "Giustificati dunque per la fede, abbiamo pace con Dio, per mezzo di Gesù Cristo, nostro Signore, mediante il quale abbiamo anche avuto, per la fede"… – Sì, sì, conosco tutto ciò, ragazzo; non occorre che mi ricordi cosa scrisse San Paolo e ti vedo preparato più in teologia che in astronomia e matematica. Quanto a Pietro l'apostolo, e al gallo che cantò, ho le mie teorie che preferisco serbare in cuore. – Che intendete, Maestro Copernico? Forse non credete alle parole del Nuovo Testamento? – Oh, quanto a crederci, ci credo anche troppo. È l'allegoria del gallo che non mi convince molto. Ci vedo una sorta di mistero, quasi un anatema! – Non riesco a capirvi, Maestro, e… – Capirai, Joseph, capirai! Adesso torniamo ai nostri studi. Credo che stasera potremmo iniziare a vedere un anticipo della cometa. Nella sua traiettoria di avvicinamento potrebbe mostrarsi illuminata dal Sole al tramonto, ma verso sudest.

La sera giunse improvvisa, così come l'alba. Viaggiava sul vento di nord ovest dalle terre della Scandinavia, insieme a un cielo terso e macchiato da miliardi di stelle. Il mar Baltico dormiva insieme ai pesci che vi si nascondevano e nel buio fitto della costa non si capiva quale fosse il mare e il cielo e quali le stelle o i minuscoli pesci che brillavano nelle notti senza luna. Copernico e Joseph, sulla spiaggia, ammiravano lo spettacolo della natura ma senza lasciarsene incantare. Cercavano, tra quei miliardi di puntini blu, uno più chiaro, con un accenno di coda bianca, così come l'avevano descritto gli antichi astronomi. – Ecco, Joseph, prendiamo i riferimenti sulla volta celeste. Osserva le stelle immobili, osserva l'Acquario e Giove… quello più luminoso lassù. Prima vedrai

Marte con il suo moto retrogrado. Ecco, poco sopra la linea dell'orizzonte, alcuni gradi sotto Venere, dovremmo vedere la nostra cometa. Cerca tu, che hai occhi e vista più giovani dei miei. Io riporterò su carta le tue osservazioni. Siamo fortunati, il vento è calato e la fiamma del lume non viene disturbata. – Maestro, non vedo ancora nulla. Ma perché secondo voi è in ritardo di tre anni sui calcoli degli antichi e sui nostri calcoli? – Posso solo supporne i motivi, e sono solamente delle cause celesti, nulla a che vedere con la Creazione e la teologia. Le comete provengono da uno spazio che si trova immensamente al di là delle stelle fisse. Nascono da una sorta di nido dove esse stanno raggruppate e dormienti finché un quid non ne fa sortire una che inizia il suo giro perfettamente circolare, al principio. Poi, delle correnti di aria calda che attraversano lo spazio in cui si muovono, ne aumentano la velocità e ne disturbano il moto; perciò questa volta, anziché transitare a migliaia di leghe dalla Terra,ci andrà contro. – Perciò sostengo, fedele a Tolomeo, che sia la Terra a essere immobile mentre tutto il creato ruota intorno a essa – attaccò il giovane con tono saccente. – Non dice così anche la Sacra Bibbia quando "Dio creò due grandi luci: la luce maggiore per reggere il giorno e la luce minore per reggere la notte, e inoltre le stelle. E Dio le collocò nel firmamento del cielo…” – Certo, Joseph, conosco tutto ciò. Stai parlando a un fine teologo, nipote del Vescovo della Warmia, canonico principale della Cattedrale di Frauemburg. Ma ciò non vuol dire affatto che sia il Sole a ruotare intorno alla Terra, semmai il contrario, e credo di avertelo già dimostrato con i miei calcoli. E su questo punto non intendo essere contraddetto altrimenti mi… adirerò, nonostante i buoni uffici di tuo zio Andrea. Joseph annuì, chinò il capo e tacque, anche se Copernico ebbe la sensazione di vedergli affiorare sulle labbra un ghigno gelido, illuminato dalla fioca luce del lume che il ragazzo teneva basso. – Dai, ragazzo, copriamoci di più coi mantelli, la sera non è tiepida come pensavamo, e spostiamoci più in alto, verso la collina. Sarà ancora più buio e sono certo che riusciremo a vedere la prima parte della coda della nostra cometa. Si incamminarono così verso la cima dell'erta e dopo che vi furono giunti si aprì loro uno spettacolo grandioso: la volta celeste tappezzata di miliardi di stelle; le

costellazioni che si potevano quasi toccare e finalmente in basso, all'orizzonte, al limite tra cielo e mare, un pallido fiocco di neve che galleggiava con un piccolo corno rivolto in alto. – Fine della ricerca, Joseph Funck! O meglio, inizio della ricerca; ecco laggiù la nostra cometa e ti dimostrerò, grazie a essa, come siamo noi a muoverci nel firmamento, insieme a lei, verso il Sole. Il ragazzo tirò fuori dalla bisaccia il libro mastro e una boccetta di inchiostro di genziana. Vi intinse il pennino e prese a tracciare degli schizzi, appuntando nel contempo i riferimenti astronomici che gli dettava Copernico. Ogni tanto dava un'occhiata al fenomeno astrale che Copernico gli indicava e si estasiava sospirando: era la prima volta in vita sua. Poi tirò fuori lo stiletto per marcare alcuni punti segnati sulla mappa celeste. Lo soppesò,girò le spalle al lume, lo guardò alla luce delle stelle, marcò i punti sulla carta e lo ripose nella bisaccia. Rimasero ancora diverso tempo a guardare il sorgere dell'astro, appena visibile sulla linea dell'orizzonte, e infine ripresero la via del ritorno.

– Ecco, Joseph, adesso spero ti renderai conto del moto apparente delle stelle e di come invece siamo noi a girar loro intorno. Impieghiamo secoli, millenni forse per farlo, ma è così che funziona il movimento degli astri: la Terra, con i suoi elementi contigui, compie in un giorno un intero giro intorno ai suoi poli fissi, mentre il firmamento resta immobile, inalterato con l'ultimo cielo, e in un anno un giro intorno al sole. Lo ribadii oltre quindici anni orsono e lo confermo tuttora. Adesso mangeremo un boccone e ci metteremo a letto. Domani sera faremo una nuova osservazione e vedrai come la Terra si sarà spostata di pochissimi gradi rispetto alla cometa che tuttavia ci corre incontro a velocità inimmaginabili. Il ragazzo ripose il libro nello scaffale accanto alla scrivania e si mise a letto. Era molto stanco e il sonno lo prese subito. Copernico rimase ancora sveglio a mugugnare su quanto avevano osservato finché il sonno non iniziò a prendere anche lui. Non si accorse subito di ciò che si muoveva al di là della finestra col vetro rotto. Due assi di legno poste provvisoriamente a fare scudo alla luce più che al freddo

proteggevano chi vi stava al di là, ma l'inequivocabile rumore di i che percepì lo fece sollevare sul letto. Attese alcuni minuti che succedesse qualcosa. Udì il vento che rinforzava da ovest, poi il silenzio della notte ormai al tramonto coprì tutto e lui si riaddormentò.

6

Trascorsero la mattina tra calcoli e chiacchiere finché intorno a mezzogiorno un bussare furioso alla porta non indusse Copernico ad aprire. – Sono un messo inviato dal vostro assistente, Rhetico. Mi prega di informarvi che il ponte sulla Vistola è crollato a causa dell'ingrossarsi del fiume e raggiungere Chelmno sarà molto difficile. La locanda di Guglielmo sarà inagibile per almeno una settimana; il fiume è straripato in diversi punti. Mi ha anche detto di riferirvi che tenterà ugualmente di are ma, qualora non riuscisse, tornerà prima del previsto, forse anche questa notte. – Grazie, messo, che Dio ti benedica per la buona notizia. E benedica il mio caro Gioacchino che si è premurato di informarmi. E dimmi, dove hai incontrato il mio assistente? – Al di qua del ponte, stanotte, vicino alla locanda di Guglielmo. Ho impiegato quasi due giorni in più per aggirare la parte crollata, ma i dispacci che dovevo consegnare al capo delle guardie di Frauemburg mi ha obbligato a tentare con ogni mezzo di are. Credo però che il suo assistente non rischierà tanto. È molto pericoloso perché la strada che aggira l'ostacolo è poco più di una mulattiera e si fanno incontri per niente raccomandabili. Il messo salutò con molta deferenza e s'immerse nella nebbia del mattino. La primavera tardava a giungere, quell'anno, in Polonia.

La sera giunse quasi inaspettata. Copernico aveva finito di consumare, da solo, un pasto assai frugale: la notizia portatagli dal messo lo aveva turbato non poco. Vide rientrare il giovane Joseph, dopo una commissione in paese protratta fino a quando s’era fatto buio. Con fare furtivo il ragazzo ripose al suo posto uno dei libri che stavano più in alto nello scaffale.

Gli diede di voce e quello ebbe un sobbalzo, come qualcuno pescato a fare una cosa proibita. – Nulla, Maestro, nulla – rispose continuando a dargli le spalle. – Cercavo la Sacra Bibbia… a proposito del "Genesi"… – Sai bene che la tengo accanto al mio letto, e quello non mi pare lo sia. Piuttosto dimmi perché hai letto di nascosto quel libro? Forse te ne ho mai negato alcuno dalla mia biblioteca? – No, Maestro… temevo però che vi adiraste. Sapevo che mi avete proibito di leggere in vostra assenza quelli posti lassù in alto. Vedete, io non sono ancora convinto delle vostre teorie e non voglio rischiare di finire tra le grinfie di qualche magistrato. Sapete anche voi come la Spagna e la Chiesa di Roma stiano iniziando a perseguire gli eretici, e la Riforma di Lutero non fa che acuire i contrasti tra il libero pensiero e i dettami di Santa Romana Chiesa. – Va bene, va bene, Joseph. Adesso non pensare a quanto hai letto in quel libro e torna in cima alla collina a osservare la cometa. Io aspetterò qui finché non torni. Mi sento troppo stanco per seguirti e mancano meno di due dozzine di giorni prima che l'astro si manifesti in tutta la sua orribile visione. – Voi dite, Maestro? Perché orribile? – Perché al massimo della sua vicinanza sarà cento volte più grande della Luna. Ne potremo osservare tutti i dettagli "diabolici", finché non ci piomberà addosso con un fragore di mille e mille temporali. Adesso vai e non atterrirti ché tanto non ci accorgeremo neppure quando ci piomberà sulla testa. – Come vorrei che vi sbagliaste, Maestro. Vado. Prenderò appunti e vi convincerò del vostro errore, sia nel calcolo dell'orbita della cometa che sulla rivoluzione dei corpi celesti.

Il ragazzo indossò il suo mantello più pesante e uscì. Copernico tornò alla scrivania, ma questa volta non scrisse né lesse nulla; rimase pensieroso a osservare lo spicchio di cielo tra le assi di legno e il vetro rotto, chiedendosi se Joseph avesse letto qualcosa di troppo, in quel libro.

Ogni tanto reclinava il capo, preso dal sonno, ma aveva deciso e promesso di attendere il ritorno del ragazzo e così fece. A un tratto si alzò come preso da una folgorazione, estrasse un grosso libro polveroso in mezzo alla decina di altri simili e lo aprì: – Ecco quello che cercavo. L'eclisse di Sole del 18 giugno prossimo sarà anulare e in quello stesso giorno, proprio durante l'eclisse, avverrà lo scontro con la cometa – iniziò a blaterare a voce alta. – Ci vorrebbe una grotta profondissima, leghe e leghe, per poter sfuggire a questo castigo divino. Perché di questo si tratta. Occorre che il Papa diffonda un allarme che potrebbe salvare molta gente. Il tempo c'è. O forse questa sarà proprio la fine dei tempi, quella annunciata tante volte e mai avveratasi. Il libro non può sbagliare. La previsione dell'eclisse e del aggio della cometa è stata fatta da astronomi di gran lunga più bravi di me. E poco importa che ritenessero la Terra il centro dell'Universo; i calcoli coincidono lo stesso. Cambia solo la prospettiva di osservazione.

Si accorse che erano già ate oltre due ore dall'uscita del ragazzo e uno scalpiccio di i veloci ne annunciò il ritorno. – Eccoti finalmente, Joseph. Racconta. – La cometa era un poco più visibile; circa un grado e mezzo sopra l'orizzonte – disse mentre si liberava del pesante mantello. – Ecco gli schizzi e le coordinate che vi ho portato. Copernico osservò compiaciuto il lavoro del giovane assistente e gli diede una pacca affettuosa sulle spalle: – Tuo zio potrà essere fiero di te. Anche se siamo in disaccordo su molte cose, io e lui, e anche se ha minacciato più volte di denunciarmi al Potere della Chiesa e dei Principi Jaghelloni, tuttavia ci stimiamo. Bravo ragazzo, bravo davvero. Adesso mangia un boccone e poi andiamo a dormire. È probabile che domani ritorni Gioacchino, se non sarà riuscito a superare gli ostacoli che la natura ci frappone.

Copernico si sporse dal letto, soffiò sulla candela che teneva accanto e il buio

avvolse la stanza insieme al silenzio della notte.

7

L'urlo di Copernico rimbombò per tutta la casa e l'eco gli riportò indietro un suono cupo. Il corpo del giovane Joseph giaceva esanime in una pozza di sangue. Faccia in su, uno stiletto gli attraversava l'occhio sinistro perdendosi nella scatola cranica, come fosse un pennino intinto nella sua boccetta d'inchiostro. Copernico si accostò, senza curarsi di quell’arma che aveva ucciso il ragazzo, e provò a smuoverlo per un braccio, ma questo ciondolò rigido e lui fece per andare di corsa verso l'uscio a chiamare aiuto, ma appena lo spalancò si trovò di fronte Rhetico: era pallido, stanco e lacero, in piedi sullo sfondo di un'alba appena sorta. Un graffio profondo gli solcava la guancia sinistra. – Che cosa hai fatto, Gioacchino, per la misericordia di Dio, cos' hai combinato? – gli urlò in faccia prendendolo per il mantello. – Di che parlate, Maestro, e perché siete così pallido? E cos'era quell'urlo che ho sentito non più di due minuti fa? – Perché hai ucciso Joseph? Che male ti aveva fatto il ragazzo? La vostra discussione dell'altra sera era stata forte, accesa; ma non dovevi giungere a questo! Copernico parlava come il mare in tempesta: un'onda dietro l'altra, e la sua bocca schiumeggiava di saliva e improperi. Il giovane Rhetico rimase interdetto cercando di schermirsi da quella furia. – Ma cosa andate ciarlando, Maestro? Io non ho ucciso nessuno. Sono io a essere vivo per miracolo. Vi ho mandato una messaggeria col corriere dei Principi; spero vi sia giunta in tempo. Il ponte sulla Vistola è crollato e attraversarlo era un rischio troppo grande. Non me la sono sentita di farlo e sono tornato indietro. A poche miglia dal paese, alcuni disperati mi hanno circondato. Volevano i pochi soldi che avevo. Hanno pure tentato di spogliarmi dei miei vestiti. Dio sa come, sono riuscito a liberarmi e scappare, lasciando loro la bisaccia con gli appunti e

le mie cose. – E il corriere con cui viaggiavi? – Quello aveva già cercato di proseguire oltre l'interruzione. Io ho avuto troppo timore. Gli ho dato la lettera che voi avete scritto per il Vescovo e sono tornato indietro. Ma perché mi state tormentando di domande? E chi sarebbe il morto? – Attento, Gioacchino, non mentire. Tu non stai giungendo adesso. Tu sei arrivato qui stanotte e hai colto nel sonno il povero Funck. – Copernico abbassò la voce. – Vieni dentro, non restiamo sull'uscio a parlare, e guarda! Il giovane entrò e appena fu giunto sulla soglia della stanza di Copernico vide una scena che gli fece piegare le ginocchia: Joseph Funck giaceva inerte sul letto. Un rivolo di sangue ormai rappreso gli colava da un occhio giù per la tempia. La bocca spalancata e bluastra in un ultimo tentativo di respirare. Uno stiletto gli usciva dall’occhio sinistro simile alla picca di uno stendardo. Si accostarono entrambi al corpo. – Guarda, Gioacchino, guarda la tua opera! – Maestro, io vi giuro su Dio Onnipotente che non so nulla di quanto accaduto – prese a tremare convulso, sedendosi. – Ero in viaggio fino a stamani e quel sangue rappreso indica che Joseph è morto da diverse ore. E poi, toccatelo. Non sentite com'è freddo e rigido? E quale motivo avrei avuto per uccidere un ragazzo… saccente ma di animo buono? – Il vostro litigio sulle nostre teorie, per esempio. Quello sarebbe un buon movente, non credi? – Gli occhi di Copernico fiammeggiavano, perché il ragazzo fece un salto indietro. – Hai preso lo stiletto dalla scrivania e lo hai ucciso, approfittando del mio sonno pesante. Guarda, è sporco d'inchiostro di genziana e tu hai un graffio sul viso. Avrà tentato di difendersi, ma lo hai sopraffatto. Non negare, ti prego. Ho cresciuto un assassino in casa e adesso dovrò chiamare le guardie. Gioacchino, ti scongiuro, dimmi la verità o sarò costretto a denunciarti e andrai impiccato. Il ragazzo impallidì guardandosi le mani: macchie violacee spiccavano sui dorsi, le dita tremavano come quelle di un vecchio decrepito. – Maestro, non ho nulla per potervi dimostrare la mia innocenza e tutto sembra

congiurare contro di me. Vi chiedo una sola grazia: non denunciatemi! Scopriremo insieme l'assassino e nel frattempo non daremo notizie di Joseph a suo zio Osiander. Gli diremo, semmai, che… lo avete mandato per una commissione importante nel villaggio di Zielone Wzgòrza… da quel vostro amico cartografo perché… perché avevate finito l'inchiostro e… mancherà un paio di giorni. Vi scongiuro, Maestro, conoscete la mia fedeltà e lealtà. Copernico stette a riflettere per molto tempo. Seduto di fronte a Rhetico, vagliava ogni possibile opzione. – E sia, Gioacchino. Voglio darti questa possibilità. L'affetto che mi legava a tuo padre e quello che adesso mi lega a te, mi impediscono di fare il mio dovere. Ma bada: mi fornirai le prove della tua innocenza e mi aiuterai a scoprire chi abbia potuto commettere una cosa così orrenda. – Grazie, Maestro, grazie. – Gli prese le mani tra le sue e iniziò a baciarle, ma Copernico le ritrasse quasi con fastidio. Poi Gioacchino riprese: – Ricordate quella minaccia che vi arrivò prima che io partissi? La testa del gallo mozzata e la scritta? – Certo che me ne ricordo. Ma era una minaccia diretta a me, non a questo giovane, di cui sconoscevo persino l'esistenza. Cosa pensi che abbia a che fare con questo delitto? – Non so, Maestro – rispose Gioacchino titubante – ma trattandosi di un messaggio lugubre pensavo che potesse averci a che fare. – Credo siano due cose distinte. Uno è l'avvertimento di un pazzo, che magari sa delle mie teorie eliocentriche. Questo, invece, è l'atto di un assassino senza pietà. E non so quale motivo abbia avuto per uccidere un ragazzo innocente. Adesso basta chiacchierare. Dovremo nascondere il cadavere in attesa di scoprire la verità e preparare una serie di buone risposte da fornire allo zio di Joseph qualora ci scriva per avere sue notizie. Portiamolo nella legnaia dietro la casa, il freddo di queste notti lo manterrà ancora integro per un po'. Dopo si vedrà il da farsi. Attento a te, Gioacchino Rhetico, non credere di essere già fuori da questa storiaccia. Avrai anche tu molte risposte da fornirmi e pretendo che siano tutte esatte.

8

Il ragazzo era di buona stazza e da morto pesava ancora di più. Copernico e Rhetico faticarono parecchio per trasportarlo nella legnaia. Spostarono diversi ceppi e sul muro esposto a nord poggiarono il sacco che conteneva Joseph. Copernico diede un’occhiata più attenta al manico dello stiletto, senza tuttavia sfilarlo via dall’occhio della vittima. Poi si rivolse a Rhetico. – Quello che non capisco – esordì tra un respiro affannato e l'altro – è come mai l'assassino – e fissò sprezzante il suo assistente – abbia usato il mio stiletto. Non aveva un' arma, con sé? Oppure il suo scopo non era quello di uccidere, ma solo di rubare i nostri appunti?Joseph lo avrà scoperto e quello l'ha ucciso. – Allora mi credete adesso, Maestro? Se fossi stato io a ucciderlo, non avrei usato certo lo stiletto. Chi lo fatto ha cercato di far ricadere su di me la colpa. – Ma se fosse entrato solo per rubare le mie carte? – incalzò Copernico. – Non sarebbe andato nella stanza di Joseph, ma nella vostra, che è accanto allo studio e alla libreria. – Uhm… è giusto anche questo. E le macchie di genziana sul manico dell'arma? Io non ricordo di avercele lasciate e comunque ti ho sempre educato a evitarle, oltre che a toglierle. Un'oncia di quell'inchiostro costa più di un anno di lavoro e solo noi astronomi e i cartografi l'adoperiamo, et cum grano salis! Piuttosto, dimmi perché hai subito pensato al cartografo come scusa per giustificare l'assenza di Joseph? E la macchie di sangue che hai indosso e il graffio sulla guancia? Dici che te li hanno provocati i briganti, ma devo crederti? Gioacchino, io vorrei, vorrei tanto ma ogni prova è contro di te! Ascolta, ti propongo una tregua: attendiamo ai nostri studi. Il tempo stringe e quella maledetta cometa sarà sempre più vicina. Joseph stanotte mi ha detto di averla osservata bene; era diversi gradi più avanti di dove mi sarei aspettato. Viaggia nell'universo a velocità mai immaginate. Copernico era sempre più frastornato: combattuto se credere o no all'innocenza di Gioacchino, quando molte prove gli erano contro.

– E sia, Maestro. Accetto il vostro ultimatum, anche perché non avrei altro da fare. Vi assicuro che chi ha compiuto questo misfatto… Ascoltate, Maestro, sono le campane della nostra cattedrale. – È vero. Perché suonano a distesa? Cosa annunciano? Il tempo di metter fuori il naso dall'uscio e il banditore annunciò la visita solenne del Cardinale Sforza in visita ufficiale a Frauemburg, in qualità di emissario di Papa Paolo III. Il suono del tamburo e lo squillo della chiarina cessarono appena furono lontani, mentre un messo si staccava dal corteo e si dirigeva alla casa di Copernico. – Salute, Maestro Niccolò. Pensavamo di trovarvi in cattedrale a svolgere il vostro officio di canonico. – Svolgo il mio officio solamente nelle ore del mattino e quando non ho affari più urgenti – rispose piccato Copernico. – E adesso ne ho uno ben più importante. Di grazia che notizia mi recate? – Sua Eminenza il Cardinale desidera vedervi domattina. Reca delle notizie importanti da Roma. La Vostra fama è giunta fin lì e… ma sarà il Cardinale in persona che vi riferirà con dovizia di particolari. Rhetico ascoltava con interesse, poi intervenne: – Maestro, ritengo che l'arrivo dell'emissario del Papa cada nel momento più propizio. Potrebbe sua Eminenza in persona sbrogliare questa intricatissima matassa e… – Gioacchino, intervieni solo quando ti viene richiesto! E le nostre matasse le sbroglieremo in casa nostra, da noi – ringhiò Copernico. Il messo non capì nulla di quella discussione e la sua espressione inebetita ne era la prova. Si limitò ad accennare un deferente saluto a Niccolò Copernico e al suo assistente e rientrò nei ranghi del corteo che lo attendeva. Stavano per rientrare in casa, quando, alto e allampanato, abbigliato all'uso dei prelati nobili, videro apparire Osiander. Indossava un piviale nero con ricami in seta e oro che alla luce incidente del sole, lanciava dei bagliori arcobaleno. Sotto, una veste trinciata con un intaglio bianco faceva apparire il suo volto ossuto quasi come di scheletro. Le vesti e l'aspetto non sembravano quelle del ricco

sacerdote che conosceva, ma di un nobile, con lo stolone prezioso e le scarpe fibbiate. – Ma allora oggi è proprio una giornata speciale! – esordì ad alta voce Copernico mentre si avvicinava a Osiander. – Prima l'arrivo del Cardinale da Roma, evento assai raro e solo per questioni importanti. Adesso appare il nostro grande teologo e matematico di Baviera! Come mai vi trovate ancora in paese? Vi credevamo già a Danzica intento ai vostri studi, dopo avermi onorato della presenza di vostro nipote. Osiander attese un poco prima di rispondere, non riuscendo a nascondere stupore nel sogguardare Copernico e Rhetico, poi soffiò: – Eccellentissimo Maestro Copernico, era questa in verità la mia intenzione, ma il crollo del ponte sulla Vistola mi ha bloccato qui ancora per qualche giorno. Aspetto il prossimo vascello e raggiungerò Danzica per mare. Pare sia l'unico modo finché non sarà riparato il ponte e il fiume non avrà calmato la sua foga. Ma sembra non sia solo il fiume a essere in collera con noi. Anche gli astri reclamano la loro vendetta contro i peccati del mondo. La cometa che è apparsa in cielo da un paio di giorni, appena sopra la linea dell'orizzonte, mi sembra un segno poco fausto – terminò con un tono gelido nella voce. – Via, Osiander, non vorrete certo credere alle superstizioni del popolo? – No, no, certo – rispose quello continuando a guardarlo in viso con un'espressione mista di curiosità e timore – ma certamente la sua apparizione improvvisa mi pare "inopportuna". Ma… vi vedo in buono stato, Maestro Niccolò. E mio nipote? Si comporta bene con voi e col vostro assistente, vero? – Ma certo, Reverendo Osiander, Joseph è un gran bravo giovane, molto educato e servizievole. Al punto che l'ho inviato al paese qui vicino per comperare del materiale prezioso di cui stavo per terminare le provviste. Ritengo che tornerà entro la giornata di domani. Gli ho proibito di viaggiare oltre il tramonto. – Oh, se lo avessi saputo avrei mandato il mio servitore anziché far fare quel viaggio a mio nipote – rispose il matematico. Osiander si accompagnava a un uomo tarchiato, dalle forti braccia muscolose e la carnagione olivastra. Copernico gli osservò a lungo le mani, nodose e asciutte, crepate e disseminate di piccolissimi bubboni rossastri, come la scorza di una vecchia quercia. Portava un berretto a tre punte, un'ampia camicia sotto a un

farsetto di scarsa qualità e calzebraghe fermate al ginocchio da stivali di cuoio. L'uomo accennò a un inchino mal fatto ma non proferì parola. – Ieri Joseph non mi ha detto nulla di questa vostra esigenza – riprese Osiander. – E sia, Maestro, devo lasciarvi. Attenderò alle mie incombenze ancora per un paio di giorni qui a Frauemburg e poi rientrerò a Danzica. Che Dio vi benedica e benedica tutti noi. Ché i segni che Lui ci invia dal cielo possano essere sempre di bontà e mai di morte, ma forse ci ascolterà, questa volta. Vi raccomando mio nipote, mi è prezioso al cuore. Copernico notò una smorfia di imbarazzo sul volto dell'uomo, poi si accostò a Rhetico e insieme rientrarono in casa.

– Gioacchino, domattina presto andremo dal Cardinale così come da lui richiesto e sapremo cosa desidera da noi. Non far cenno per nessun motivo agli accadimenti delle ultime ore: dalla minaccia a me a… Dio ci perdoni… all'omicidio del ragazzo. Sarebbe nostro dovere avvisare subito le guardie, ma per il bene che ti porto voglio evitarti qualunque coinvolgimento. Cercheremo di scoprire tutto da noi e gli faremo pagare le pene dell'inferno, a quel maledetto assassino. Ora torniamo ai nostri studi.

Giunse un'altra notte limpida nell'aria, e le stelle stavolta erano impallidite. La luce della cometa, infatti, adesso era forte come il primo quarto di luna e le stelle e i pianeti più vicini a essa sbiadivano come i riflessi sull'acqua di una palude. – Gioacchino, dovremmo tornare a osservare la cometa, ma gli accadimenti della giornata mi hanno fiaccato nel corpo e nell'anima. Il mio cuore è triste per quanto accaduto, perciò stasera pregheremo Iddio Onnipotente di perdonarci e di avere Misericordia per il giovane Joseph. Preghiamo anche affinché il suo assassino venga trovato presto e paghi, paghi per il suo misfatto bruciando all'inferno.

9

I mattoni rossi della Cattedrale grondavano di brina nell'alba appena sorta. Il grande portone orientato a ovest, verso S. Pietro in Roma, era già aperto, fiancheggiato dalle alte guglie gotiche, mentre le vetrate a nord si specchiavano contro il freddo mare Baltico. Copernico, avvolto in un lungo mantello, si avviava a o deciso verso la chiesa. L'invito del Cardinale Sforza era stato perentorio: più che un ordine. Avrebbero avuto molto da discutere se il tema sarebbe stato quello dei suoi studi astronomici. Il ricordo della giornata precedente, però, con la morte del povero Joseph, non lo abbandonava un solo momento. Ne avrebbe parlato al Cardinale in camera caritatis, oppure avrebbe taciuto fino alla scoperta del colpevole? Ed era davvero innocente il suo fidato e amato assistente Rhetico? Il ragazzo che lui sentiva come un figlio? E perché lo avrebbe ucciso? Questi pensieri lo tormentavano e lo distraevano dal quotidiano al punto che non si avvide del gradino che dava accesso alla cattedrale. Un chierico, vestito con amitto e camice lo accolse con un sorriso non troppo velato: contento di vederlo o si faceva beffe della sua "quasi" caduta? – Buongiorno, Maestro Copernico, sua Eminenza il Cardinale Guido Ascanio Sforza di Santa Fiora vi attende nella sala superiore. Venite, vi faccio strada. – Non occorre, chierico – gli rispose con tono sgarbato Copernico, – dimentichi forse che sono il canonico di questa chiesa? Il giovane si fece rosso in viso ma non demorse: – No, Maestro, ma ritenevo opportuno farlo. Se volete avere la compiacenza di seguirmi… Paonazzo, Copernico si accodò, e per una comoda scala giunsero al piano superiore. Un'ingegnosa prospettiva architettonica rendeva la parte esterna delle

finestre una vetrata unica, mentre all'interno erano separate da un solaio che divideva il piano superiore dall'inferiore. Al centro di un'ampia sala illuminata dall'abbaino, sedeva il Cardinale, attorniato da un prete occhialuto e segaligno, forse il suo segretario, visto che reggeva dei rotoli, e da altri tre o quattro prelati di dignità inferiore. Copernico avanzò da solo, dopo che il chierico lo aveva lasciato all'ingresso, fino al cospetto dell'altissimo prelato, e si inchinò sfiorando con le labbra il dorso di una mano che quello gli tendeva, guarnita dall'anello cardinalizio: un manufatto in oro con un enorme zaffiro incastonato, mentre il vincastro, stretto nell'altra mano, conferiva a quell'uomo una grande dignità religiosa. Splendidi vesti di seta e oro ne facevano risaltare i nobili lineamenti. Nipote naturale del Papa Paolo III, sangue nobile nelle vene, dei Farnese e degli Sforza,mostrava più dei sedici anni di età ed era da tutti conosciuto come il Cardinale di Santa Fiora. – Sedete pure, Maestro Nicolò – esordì in perfetto italiano, sicuro dei trascorsi bolognesi e romani del suo ospite, – immagino conosciate il motivo della Nostra convocazione. – Non saprei, Eminenza – rispose in tono dimesso Copernico, – il Vostro messo ieri mi ha accennato a una mia immeritata fama presso Sua Santità, ma non so altro. – La Nostra presenza qui in terra di Warmia e nel Regno di Polonia è dovuta a un delicato incarico che Sua Santità Paolo III, nella Sua infinita lungimiranza, ha deciso di affidarmi: ricercare una cittadina in cui far sì Che Carlo V e i Luterani possano riconciliarsi. La Riforma del pastore Lutero sta creando proseliti in ogni parte d'Europa e la Corona di Spagna, grande protettrice della Chiesa di Roma è intransigente più di sua Santità sulle questioni di fede. Ci sono già stati dei focolai di violenza in Germania e in Prussia. Ora anche la Polonia fa registrare atti simili e il Papa è molto preoccupato. Vorremmo ricondurre la pecorella smarrita all'ovile insieme alle altre novantanove. – Eminenza – intervenne umilmente Copernico, – io mi rendo conto che il proselitismo di Martin Lutero e la sua veemente favella mettono in crisi l'unità della Chiesa Cattolica Romana, e le pecorelle temo siano ben più di novantanove. Ma non vedo… cosa possa entrarci la mia modestissima figura. Io sono solamente un canonico ordinato presso la Cattedrale di Frauemburg dal Vescovo della Warmia…

– Sì, infatti, vostro zio! Ma non possiamo fargli torto; vi ha cresciuto dopo la morte dei vostri genitori e vi ha permesso di studiare e raggiungere vette inaspettate nella matematica e soprattutto nell'astronomia. Ed è questo uno dei campi di cui si è preso cura il Nostro Santo Padre. Vedete, Maestro, certe teorie sono ormai consolidate dal millenni e anche la Chiesa le ha fatte sue, nella grande Misericordia che la caratterizza. Sconvolgerle, presterebbe il fianco a ulteriori e rivoluzionarie teorie e di questo o, dove finirebbe la infallibilità di Madre Romana Chiesa e del Santo Padre che è il Vicario di Cristo in Terra? Perciò il consiglio del Papa Paolo III, mio nonno, sarebbe quello di non sconvolgere gli studi di Tolomeo. Cosa importa che sia il Sole a girare intorno alla Terra e non, come sostenete voi, il contrario? Copernico era molto perplesso nel replicare. L'accenno, nemmeno tanto velato, alla protezione offerta alla Chiesa di Roma dalla Corona di Spagna, lo intimoriva. Sapeva che i Sacri Tribunali dell'Inquisizione lavoravano ormai a pieno ritmo da quando il "Santo" Torquemada li aveva istituiti per perseguire eresie sui dogmi di fede, e anche su teorie vecchie di millenni ma fatte proprie dalla Chiesa. E lui non si sentiva di certo un martire, andando contro quei dogmi. Inoltre il suo stato di Canonico, per di più protetto dallo zio Vescovo, lo poneva in una situazione di grande privilegio economico e sociale. A quale pro, mettere in discussione tutti i benefici contro una sua teoria sul moto dei corpi celesti? Dovrò essere estremamente prudente, pensò. – Vostra Eminenza Eccellentissima, e Santa, ha ragione, come Sua Santità il Papa. Io in realtà non intendo rivoluzionare gli studi accuratissimi di Tolomeo e prima ancora di Aristotele: "Tutto tende ad andare verso il centro dell'Universo, e le cose cadono in terra. Dunque per sillogismo, la Terra è al centro dell'Universo e il Sole gira intorno ad essa. Tutti in cerchi perfetti come perfette sono le sfere." Questo ci hanno insegnato Platone e Aristotele! Ma ciò non toglie che possa essere la Terra a girare intorno al Sole e così anche gli altri pianeti e… – Maestro Copernico – lo interruppe Sforza – in realtà non è questo il maggior problema che si pone il Papa, bensì un altro: voi avete predetto, anzi… calcolato, una eclisse di Sole. – Ah quella bocca senza fondo di Gioacchino – imprecò tra i denti Copernico. – Una eclisse anulare per il 18 di giugno. Tra meno di un mese. È così? –

continuò Sforza. – Esatto, Vostra Eminenza. – E insieme a quella eclisse avverrà… avverrebbe, l'impatto contro una cometa che ritorna ciclicamente ogni ottant'anni. È giusto anche questo? Quel… maledetto ragazzo loquace, mi sentirà appena sarò di ritorno. – Sì, Eminenza. La cometa questa volta si scontrerà con la Terra e si avvererà quanto affermato nelle Sacre Scritture: "Ci saranno dei segni nel cielo… degli sconvolgimenti… etc, etc." E lo scontro avverrà a motivo di correnti di aria calda che sposteranno l'orbita della cometa. – Ma prima voi avete sussurrato avverrebbe. Dunque c'è una probabilità che lo scontro non avvenga. È così? Non negatelo, Maestro! Conosciamo tutto dei vostri studi; anche le virgole. E come sapete, il Papa e noi Cardinali Emissari del Sommo Pontefice, abbiamo pieno potere sull'obbedienza dei nostri sottoposti… anche sui Vescovi! – Volete dire che avete interrogato anche mio zio Watzenrode? – Certamente! E una parola qui, un'altra là, abbiamo ricostruito tutto il percorso dei vostri studi. Copernico era senza parole. Era inutile negare di fronte all'evidenza del Potere della Chiesa di Roma che sapeva avvalersi degli strumenti della persuasione e se il caso, anche di strumenti ben più efficaci. – E per "potere sull'obbedienza" immagino intendiate anche mezzi forti di persuasione. Insomma, il… gallo di Pietro, l'Apostolo, potrebbe non cantare più! – Cosa intendete, canonico Copernico? Non riesco a seguirvi. – Fuor di metafora, Eccellentissimo Cardinal di Santa Fiora, perché quell'avvertimento, quella minaccia così lugubre ma efficace? – Sinceramente non capisco a cosa alludiate, Canonico Copernico. Di quale avvertimento mi state parlando? Se vi riferite alla lettera del vostro amico, il Vescovo Giese, non mi pare avesse i toni della minaccia, anzi, su Nostra

ispirazione aveva i toni della messa in guardia. Vedete, Maestro, siamo a conoscenza del vostro segreto più forte: che la cometa sicuramente non impatterà contro la Terra e di quest'ultimo segreto vorremmo ardentemente che voi serbaste il più assoluto silenzio e segreto. I vostri assistenti, Gioacchino Rhetico e Joseph Funck, ne sono a conoscenza? – Rhetico, ne è a conoscenza, è inutile negarlo, anche perché solo per merito della sua loquacità, Voi siete venuti a conoscenza di questo mio segreto. È scritto nel mio libro "proibito", un libro che non consento a nessuno di consultare. – Sanno anche della presenza di Joseph. Conoscono tutto, ogni mio movimento, ogni mio respiro. Hanno occhi e orecchie dappertutto. – È a conoscenza dunque dell'impatto, ma forse non della possibilità che non avverrà. E sapete perché, Eminenza Eccellentissima, quello scontro non ci sarà?

10

– Quella cometa non impatterà perché ho scoperto che le orbite dei pianeti non sono dei cerchi perfetti come sostenevano Aristotele, Platone e Tolomeo. E fino a poco tempo fa anche io. Sono delle orbite ellittiche! E tutti i corpi celesti, compreso il gigante Giove, obbediscono a quelle leggi. – Ma vi rendete conto di quello che affermate, Maestro? Qui siamo in camera caritatis e tutto resterà tra di noi, ma una simile affermazione potrebbe gettarvi nella mani dell'Inquisizione e non credo ne uscireste bene. – Allora, Vostra Eminenza, vogliate far sì che questa sala sia solamente per noi due. Ho da confessarvi delle cose di estrema gravità e segretezza. Ma dopo vorrei da Voi delle spiegazioni. Dopo un attimo di incertezza il giovane Cardinale ordinò a tutti di lasciarli soli.

– Eccovi accontentato. Cos'avete da confidarmi? – Eminenza, quanto sto per narrarvi avviene in piena confessione. Promettetemi che ne serberete il segreto, come ci obbliga Santa Romana Chiesa. – E sia, inginocchiatevi, chinate il capo e vi confesserò. Copernico raccontò del messaggio con la testa di gallo decapitata e della scritta di minacce. Gli raccontò della lettera del Vescovo Giese, che però il Cardinale conosceva già, e alla fine della sua confessione raccontò il raccapricciante episodio del giovane Joseph. Il Cardinale Guido Ascanio Sforza impallidì: – E avete sospetti su qualcuno? – No, Vostra Eminenza – rispose subito sapendo di mentire, – non ho idea di chi possa aver compiuto un gesto così efferato. Gioacchino Rhetico, il mio assistente, era partito per Chelmno e anche se due sere prima aveva avuto un

vivace battibecco con Joseph, tuttavia non avrebbe avuto motivo per compiere un delitto così crudele. Dunque quella notte… stanotte, eravamo soli in casa, io e il giovane Joseph. – Che genere di discussioni? – Cose banali. Joseph Funk è ancora legato alle visioni tolemaiche che gli ha inculcato suo zio e dunque dibatteva con Gioacchino su tali questioni. Io sono intervenuto per dividerli ma all'indomani, dopo che Gioacchino era partito, ho appurato che lo zio non solo era rimasto fedele alle teorie di Tolomeo, ma pareva volersi avvicinare nuovamente alle tesi propugnate dal pastore Lutero. – Aspettate, Canonico. Vorreste forse dirmi che Osiander stia per compiere un nuovo voltafaccia contro la Chiesa Cattolica Romana? Sarebbe il terzo! Ma questo non credo abbia nulla a che fare con quanto da voi affermato fin qui. Temo che l'omicidio sia stato commesso proprio dal vostro amato assistente. E se è così, mi duole dirlo, dovremo inquisirlo e condannarlo. Voi mi capite? Il nipote di Osiander, per quanto lo zio sia spregevole, era tuttavia il rampollo di una nobile casata, e il Santo Padre cerca degli accordi forti nel Regno di Polonia per contrastare la Riforma luterana. Perciò vi dicevo che la storia della cometa arriva a proposito. – Adesso sono io a non seguirvi. – I vostri calcoli, Maestro Copernico, potrebbero essere esatti e Santa madre Chiesa potrebbe farli suoi. Mi spiego: il Santo Padre è a conoscenza del rischio che il mondo corre per causa della cometa e ha già indetto un Giubileo speciale di Perdono e Pentimento. Questo Giubileo, oltre a permettere a migliaia di anime di confessarsi e pentirsi, a maggior gloria della Santa Chiesa, permetterà anche di lucrare milioni di indulgenze. – E a cosa serviranno se il mondo finirà? – Ma il mondo non finirà. Lo avete affermato voi. E noi abbiamo fiducia nei vostri calcoli. Ecco perché vogliamo che non divulghiate questa seconda evenienza. La gente, il popolo, il mondo, devono sapere che ci sarà la fine dei tempi e a questo punto la Chiesa di Roma si farà promotrice di un Sacra Intercessione presso il Padre Celeste. Le preghiere che si innalzeranno al cielo saranno milioni e saranno un supplemento di indulgenze lucrate. Vi rendete conto di quello che la Santa Chiesa potrà ricavare da tutto ciò? Naturalmente in

anime redente! Copernico era stupefatto da quel discorso ma non osava replicare. Doveva anzitutto proteggere il suo Gioacchino – Non solo – riprese il Cardinale, sempre più euforico della sua idea – ma vinceremmo del tutto la battaglia contro Lutero. Cos'avrebbe lui da contrapporre a una Chiesa che sarà riuscita a scongiurare la fine del mondo? La pace chiesta da mio nonno diventerebbe una pace… di forza, dove Noi metteremmo sul piatto della bilancia un miracolo di fede e loro solamente delle sciocche teorie. Tutto il popolo, i popoli, si schiererebbero con Roma e il Papa. E tutto grazie ai vostri studi e ai vostri calcoli. – E sia, Eminenza Santa. Ma a questo punto vi chiedo la grazia per Rhetico. In cambio del mio silenzio. Perché vedete, Cardinale Sforza, mi viene il sospetto che Santa Romana Ecclesia, non sia estranea a questo delitto. Essa, hoc inter nos sit, sedquam hoc abiuro, avrebbe messo a tacere il ragazzo per evitare che parlasse e riferisse tutto. E come ripeto: "qui lo dico e qui lo nego!" – Ma avete appena detto che non sapeva del vostro segreto, dunque come avrebbe potuto rivelare qualcosa che non conosceva, essendo rimasto, peraltro, sempre in casa vostra? Rhetico, semmai! Nonostante voi neghiate, ne era a conoscenza e avrebbe ucciso Joseph nel timore che questi avesse in qualche modo scoperto la cosa e l'avesse rivelata in giro. Quel che noi conosciamo, lo abbiamo scoperto proprio a causa delle confidenze di Rhetico a sua zia Adelina. Le voci volano più veloci dell'aria e giungono in tempi brevissimi anche a orecchie alle quali non dovrebbero giungere. Mi dispiace, Canonico. Voi non potete mettere in atto alcuna richiesta o ricatto, nei nostri confronti. Dovrete agire secondo le regole dell'ordine e gli ordini del Papa. Se Egli vi impone il silenzio, voi dovrete obbedire e tacere. A questo punto, credo che la vostra confessione sia terminata. Chinate di nuovo il capo per l'assoluzione e la benedizione. Copernico si sentì perduto. In cuor suo sperava che Gioacchino fosse innocente, ma tutte le prove gli erano contro e adesso il pugno forte della Chiesa e dell'Inquisizione si sarebbe abbattuto sul suo ragazzo. Rivide se stesso da piccolo: i suoi genitori erano morti da poco e solo lo zio Lukasz, il Vescovo, aveva avuto il cuore di prendersi cura di lui. Ricordò il suo senso di abbandono e di disperazione e si sentì in grande empatia con Gioacchino. Anch'egli aveva

subito lo stesso destino e per di più, adesso, una sorte maligna lo perseguitava. Occorreva sconfiggerla: ripercorse gli avvenimenti delle ultime ventiquattr'ore. Ricapitolò i discorsi avuti con lui, poi quelli con Joseph, la splendida notte a osservare la cometa, origine di tutte le sciagure, compresa questa: una Chiesa che approfittava dell'ignoranza e della paura del popolo e allora… – Aspettate, Eminenza; mi pento di ogni cosa, ma concedetemi quest'ultima grazia: vogliate convocare Andrea Osiander, lo zio di Joseph. Mi è balenata una cosa in mente. – Canonico, voi sapete che Osiander è un sacerdote cattolico, anche se adesso pare voglia fare un nuovo salto verso le teorie blasfeme di Lutero. Inoltre discende da famiglia nobilissima e vicina alle Nostre famiglie: gli Sforza e i Farnese.Il padre di Joseph Funck è uno stimatissimo notaio. Potremmo are sopra al nuovo voltafaccia di Osiander ma non implicarlo in un delitto che… – Vi scongiuro, Vostra Eminenza. Me lo dovete, se non altro perché dai miei studi la Chiesa, e Voi in prima persona, trarrete dei profitti inimmaginabili. Tacerò, sarò obbediente ma, vi scongiuro, esauditemi.

11

– Il Reverendo Andrea Osiander? Due armigeri della reale Casa di Polonia si presentarono alla locanda in cui dimorava il matematico, chiedendone le credenziali. – Sono io, nobile Capitano. A cosa debbo la vostra presenza? – Sua Eminenza Eccellentissima il Cardinale Guido Ascanio Sforza Farnese di Santa Fiora, emissario del Papa Paolo III, in visita nel Regno di Polonia, desidera conferire con la vostra eccellentissima persona. Abbiate la grazia di volerci seguire in Cattedrale, dove il Cardinale vi attende. – Potrei conoscere i motivi da tanta urgenza? – Sono spiacente, vostra Eminenza. Non ci è dato sapere di più. Sappiate che la richiesta del Cardinale viene avallata dai reali di Polonia e acciò siamo qui, noi, Capitano Adolfo Jahuss e il mio armigero. Scuro in volto, Osiander si coprì con un leggero mantello di seta con amaneria in oro zecchino, diede di voce al suo servitore e uscirono, scortati dalla due guardie verso la cattedrale.

Il chierico li attendeva all'ingresso e li scortò fino alla sala dove erano ad attenderli Copernico e il Cardinale Sforza. Osiander avanzò con o solenne,come gli imponeva più che la sua carica, il nobile lignaggio, e si accostò alla mano guantata del Cardinale. Sfiorò con le labbra le dita e l'anello cardinalizio, si profuse in un profondo inchino e nel rialzarsi accennò un brevissimo e freddo saluto verso Copernico, mostrando un'espressione alquanto sorpresa nel vederlo seduto, discosto dal Cardinale. – Accomodatevi, Reverendo Osiander. Non interporrò alcun tempo nel dichiararvi la motivazione della nostra urgente convocazione.

– Sono pronto ad ascoltarvi, Eminenza. Il mio servitore fedele mi attende oltre la porta. È pronto per partire e riferire a chi di dovere, su questa convocazione che mi turba non poco. – Siate sereno, Reverendo, porremo tutte le nostre scuse qualora il disturbo sarà stato oltremodo spiacevole. – Fece allora un cenno a Copernico che esordì: – Matematico Osiander, ieri mattina, nel nostro incontro, mi raccomandaste l'anima e il corpo di vostro nipote Joseph. Era un modo familiare per ricordarmi l'affetto che portate al figlio di vostra sorella, oppure c'era in voi il timore di un qualche… convincimento o plagio che io stessi operando in lui? – Canonico Copernico, non so di cosa stiate parlando. Io ho fiducia nelle qualità di mio nipote e se l'ho inviato "a bottega" da voi è solo perché mi sono sempre fidato di voi e della fama che vi accompagna. Non credo che voi poteste avere il potere di convincere un ragazzo come lui, laureato a Lipsia, delle vostre teorie… bizzarre. Io resto del mio convincimento: è la terra che sta ferma, luogo di nascita di Nostro Signore Gesù Cristo e centro dell'Universo. Mentre il Sole gira intorno a essa insieme al creato e ai pianeti. – Ma io ho dimostrato a vostro nipote esattamente il contrario e sembrava essersene convinto. Tre sere orsono, lo portai sulla collina con me a mostrargli la cometa degli "ottant'anni"… – Già, la cometa – lo interruppe Osiander con insofferenza – bella trovata quella! E dove starebbe la novità? Anche Tolomeo la conosceva. La descrisse nell'Almagesto e dopo di lui altri valentissimi astronomi, molto superiori a voi e ai vostri calcoli da giullari di corte. Cosa vorreste concludere, Canonico? Mio nipote eseguì i calcoli insieme a voi, me ne parlò l'altro pomeriggio e combaciavano tranne quella piccola variazione di orbita ellit… – Avanti, Matematico, avanti, non abbiate timore. Parlavate di una variazione di cui solo in due eravamo a conoscenza? Volete forse riferirvi alla possibilità del non impatto? Io ne parlai nel lontanissimo 1497 al mio Maestro, Domenico Novara. Egli non mi rispose e da allora cerco quella risposta che, forse, adesso ho trovato. E voi? Voi come fate a conoscere quella risposta che io avevo trascritto nel mio libro segreto? Forse che un angelo di nome Joseph ve lo aveva mostrato? E stavate per pronunciare la parola "ellittica"? Attento perché pecchereste di eresia.

Osiander, nonostante il pallore naturale della sua pelle, era arrossito. Non si perse d'animo e ribatté: – Smettetela, sono tutte fandonie, queste storie delle ellittiche. Le orbite furono create da Dio, circolari, come le sfere. Dei cerchi perfetti per delle sfere perfette. Aristotele e Platone e Tolomeo… – Smettetela voi, Reverendo! – intervenne deciso il Cardinale Sforza. – Sappiamo per certo che voi inviaste vostro nipote dall' Astronomo Copernico per spiarne i lavori e riferirvi. Purtroppo per voi, vostro nipote rimase affascinato dalla favella di Maestro Niccolò e dalla precisione e pignoleria dei suo studi e dei suoi calcoli e il pomeriggio in cui lo incontraste egli vi raccontò tutto, del pavoneggiarsi di Rhetico e soprattutto della possibilità che quello scontro non ci sarebbe stato. Joseph vi mostrò il libro di Copernico dove il Maestro si diceva dubbioso, così aveva scritto di suo pugno, se rivelare o no, al mondo, lo scampato pericolo. Non sappiamo però perché ciò vi abbia indotto a commettere quel gesto abominevole… o a farlo commettere. – Ma cosa andate ciarlando? – urlò Osiander perdendo ogni imbarazzo verso l'altissimo prelato. – Io amo mio nipote. Di quale gesto andate farneticando? – Attento Andrea Osiander, attento! Noi godiamo della protezione della Santa Chiesa Cattolica e della Corona di Polonia. I Principi Jagelloni ci hanno fornito tutte le garanzie contro ogni atto di intimidazione e violenza nei nostri confronti. Il Vescovo Giese aveva messo in guardia Copernico dalla vostra insolenza e protervia e ne aveva parlato a noi, già da prima. Copernico purtroppo non ha saputo decifrare quel cave andròn che spiccava nella lettera di avvertimento. Non capiamo però perché siate arrivato a tanto. Perché avete ucciso vostro nipote? Un silenzio irreale calò nella sala. I tre uomini sembravano i figuranti di una tragedia che stava per consumarsi sul palcoscenico della Storia. Osiander prese a torcersi le mani. Impallidì e perse ogni sussiego, poi ribatté: – Io… noi… avevamo capito quale fosse il gioco della Chiesa di Roma. Mantenere il segreto sul mancato scontro astrale e lucrare così le indulgenze! – Sforza arrossì. – Mio nipote mi riferì degli studi di Copernico, mi mostrò quel libro e lessi anche io del suo imbarazzo a scegliere se informare il mondo o meno. So che il suo dubbio era quello di un uomo onesto e so che non era dettato da alcun calcolo di ricchezza o potere. Ma nelle rivoluzioni, come anche in questa che sta portando avanti Martin Lutero, i morti sono necessari, e i morti onesti, indispensabili. Non è giusto che la Chiesa si arricchisca sulle paure della gente, lucrando con i soldi

la Misericordia di Dio. Questo va predicando Lutero. L'unico ostacolo a questo punto era… – Aspettate – lo interruppe Copernico. – Vostra Eminenza abbia la compiacenza di far entrare il servitore di Osiander. Le guardie, chiamate dal Cardinale, eseguirono l'ordine. Fu introdotto l'uomo che accompagnava il Matematico.

12

– Sua Eminenza il Cardinale Sforza, perdoni la mia impudenza – riprese Copernico. – Desidero però farvi notare una cosa che avevo osservato ieri mattina, quando incontrai per caso Osiander. Quando egli mi vide, restò di sasso! Avrei capito un senso di gioiosa meraviglia, dato che davo ospitalità a suo nipote, invece fu gelido, quasi infastidito. L'uomo non si rendeva conto di quanto fosse successo. Aveva dato ordine di uccidere e il suo servitore aveva eseguito l'ordine. Avevano anche predisposto tutto perché si addossasse la colpa a Rhetico. Chi altri avrebbe sporcato con l'inchiostro di genziana il manico dello stiletto, se non un astronomo o un suo assistente? È un inchiostro molto raro, costosissimo e che adoperiamo solamente gli astronomi e i cartografi. Tu! – disse bruscamente al servitore in piedi al centro della sala – mostra le tue mani… i palmi. Quello eseguì, mostrando delle profonde screpolature e una serie di macchie viola. – Ecco, Eccellentissima Eminenza, la prova del delitto e di quanto dico: quelle macchie viola sono dovute all'inchiostro di genziana che Osiander ha dato a quest'uomo perché compisse il delitto. Solo che queste non vanno via facilmente. Occorrono diversi giorni e lavaggi "speciali". Occorre scarnificare la pelle. Perché l'inchiostro che adopera Osiander è ottenuto dal vitriolo verde mescolato alla galla di quercia. E il vitriolo è una sostanza che provoca delle bruciature sulla pelle, se non è lasciato ben sedimentare prima di adoperarlo e se non viene cosparso subito di cenere, per asciugarlo. Solo così si può impedire che bruci la carta su cui si scrive. L'inchiostro che adopero io, invece, è ottenuto dalla scorza di verzino, infuso in aceto, e poi mischiato con resina d'acacia e con la galla di quercia. È un inchiostro gentile che va via con poca acqua. Ecco la grande differenza. Osiander ha sbagliato anche in questa messinscena. Voleva far ricadere la colpa sul mio fedele ma sfrontato assistente, reo, nei suoi piani, di volersi prendere il merito delle mie scoperte. Gioacchino aveva e ha un’ammirazione smisurata per me e mai mi avrebbe tradito. Osiander sperava invece che quelle prove potessero indurre il Sacro Tribunale a inquisire il ragazzo, e allora una buona dose di tortura, quella sì, lo avrebbe indotto a confessare.

Il Cardinale era stupefatto da quella dimostrazione e continuava a fissare con occhi di fuoco il Matematico sempre più imbarazzato, che cercava con lo sguardo una via di fuga. – Non capisco ancora, però, Maestro Copernico – intervenne Sforza – perché abbia fatto uccidere il nipote. Cosa temeva da lui? – Ma infatti non era il nipote il bersaglio del sicario, bensì il sottoscritto. Solo che Joseph dormiva nel mio letto e al buio l'assassino ha colpito deciso, convinto che fossi io. Ecco la sua meraviglia nel vedermi ieri mattina. Aveva già provato a intimorirmi con la messinscena della testa mozzata del gallo, ma sapeva quanto io fossi coriaceo. Ero dunque l'ultimo e l'unico ostacolo da rimuovere. Tolto di mezzo me, egli avrebbe rivelato l'inganno del mancato scontro astrale. Andrea Osiander, sarai giustiziato per omicidio e Lutero dovrà fare a meno del tuo aiuto nel fare proseliti, ammesso che tu voglia ancora far parte del suo gregge prima di morire. – No, Copernico – intervenne il Cardinale Sforza, – Osiander non andrà in mano al boia. Per quanto egli sia il mandante di un delitto così efferato e per quanto abbia cercato per l'ennesima volta di pugnalare alle spalle la Santa Romana Chiesa, tuttavia egli resta un nobile e come tale verrà trattato. Il suo servitore sarà impiccato. Non sarà difficile sotto tortura trovare un buon movente ed estorcergli una confessione valida, oltre al suo silenzio sul mandante. – Ma Eminenza, Osiander non merita… – Canonico Copernico, da questo momento vi ordino il silenzio totale sulle vicende, sia le celesti, che le terrene, pena la scomunica ab aeternis e un severo processo nel Sacro Tribunale. Il Matematico Osiander, invece, verrà trasferito, nella sua nuova qualifica di Vescovo, presso uno sperduto villaggio ai confini della Prussia dove potrà svolgere per i prossimi cinque anni opera di evangelizzazione ma anche di riflessione su queste amare vicende. Così ho decretato e di questo decreto farò puntuale relazione a Sua Santità Paolo III. Dominus Vobiscum. – Et cum Spiritu tuo – risposero in coro Copernico e Osiander.

Un enorme fiocco di neve occhieggiava all'orizzonte. Sembrava la luna che sorgeva dal mare.

FINE

Ringraziamenti

A mia moglie e ai miei figli che sopportano con "santa" pazienza i miei lunghi isolamenti per dedicarmi alla scrittura. Un grazie speciale alla mia carissima amica Patricia Blasi, compagna di questi viaggi nella storia, severa e affettuosa giudice di quanto vado scrivendo.

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STAGIONE 0 Salvo Figura, La terra, il cielo e il costato Nella Sicilia del 1548, sotto la corona della cattolicissima Spagna, l'intuizione di un giovane medico e il confronto delle sue teorie con un telo miracoloso impregnato del sangue di Gesù, si scontrano con l'intransigenza dell'Inquisizione in una caccia senza pietà... ISBN: 9788867752782 Marco P. Massai, La maschera di Pietrasanta Un omicidio da risolvere, un furto di gioielli da architettare e un attentato da sventare per Giaco da Pietrasanta, pittore furfante e donnaiolo sempre a caccia di guai ISBN: 9788867752843 Manuela Costantini, Il ritorno del se Nello scenario di una splendida roccaforte, si intrecciano un brutale omicidio e una romantica storia d’amore ISBN: 9788867752966 Claudio Costa, Morgengab Il morgengab è il dono del mattino, il regalo che il marito fa alla moglie la mattina successiva alla prima notte di nozze, regalo che la giovane promessa sposa non riceverà. ISBN: 9788867753024 Marco Frosali, Chirone Chirone, misterioso giullare di corte, Michele Scoto e Piero Delle Vigne, devono risolvere un crimine che potrebbe nascondere un intrigo ai danni del loro imperatore, Federico II Hohenstaufen. ISBN: 9788867753123 Maria Michela Lieto, Il peccato della sirena Chi ha ucciso Veronica Frezza, abbandonando il suo corpo in una grotta? Quale legame c’è fra la sua morte e la barca che è salpata di nascosto, incurante della tempesta? ISBN: 9788867753437 Samuele Nava, Caccia all'untore Quel ramo del Lago Maggiore. Alessandro Manzoni indaga sull’uccisione dell’abate Rosmini... ISBN: 9788867753635 Luca Di Gialleonardo, Il calice della vendetta Giugno 1309. Alessandro della Spina, frate domenicano abile copista e miniatore, indaga su un omicidio avenuto per errore: qualcuno voleva uccidere lui… ISBN: 9788867753895 Marzia Musneci, Idi di agosto Albanum, 210 d.C. Un gladiatore viene ucciso. Non sarà facile per il questore Lucio Cenidio risolvere il mistero ISBN: 9788867754106 Franco Forte, Amore e sangue Una storia d’amore e di vendetta, che vede il soldato di ventura Fulvio Alciati combattere per la propria vita e per quella della moglie, Miriana, messa in pericolo dalle folli ambizioni di un uomo che non si fa scrupolo di uccidere, pur di raggiungere i propri scopi. - Il racconto da cui è stato sviluppato il romanzo “I bastioni del coraggio” ISBN: 9788867754649 Patrizia Debicke, La Congiura

Philippe le Bon 1426: Jan van Eyck, il Maestro pittore fiammingo, diventa un agente segreto per sventare la congiura contro il duca di Borgogna ISBN: 9788867754755 Antonio Tenisci, La Madama Ortona, 1582. Migliaia di fiaccole salutano l’ingresso in città di Margherita d’Austria, "la Madama", illuminando allo stesso modo le strade, un banchetto scellerato e una scia di sangue. ISBN: 9788867754885 Claudio Costa, Mahrskalk Il giovane monaco Bruningo è in missione. Sbarcato a Grado, deve trovare l’ultimo gasindo rimasto in vita e convincerlo a scortare Paolo Diacono, autore della Historia Langobardorum, dall’abbazia di Montecassino alla corte del re Carlo Magno ISBN: 9788867754922 Antonino Fazio, Terrore a Whitechapel Fiona Lynch, giovane prostituta londinese, viene trovata morta con due forellini sul collo nel cuore dell'East End. Che cosa collega questo drammatico evento al noto scrittore Bram Stoker, a parte la bizzarra circostanza che quest'ultimo ha appena pubblicato un romanzo sui vampiri? ISBN: 9788867755066 Elena Vesnaver, Lo sbaglio di Winckelmann Una storia sordida, brutta e sordida. Una storia che non piace a nessuno, che sconvolgerà le vite di tutti quelli che l’avranno vissuta anche solo come comparse. Una storia che nessuno riuscirà a dimenticare, non Teresa e non uno di quelli che lavoravano, nel giugno 1768, alla Locanda Grande. ISBN: 9788867755158 Giorgio Simoni, La strada ferrata della vita Pistoia, aprile 1852. L’ingegner Cioni ha impiegato una vita per la progettazione della prima ferrovia transappenninica. Alla vigilia del ricevimento dell’incarico di direttore dei lavori, muore. Il suo assistente, il comandante Marani, dovrà impegnare tutto se stesso per fare giustizia. ISBN: 9788867755257 Daniele Pisani, Giacomo Casanova Omicidio a Rialto Venezia, 1753. Chi ha ucciso la bella Maria Eleonora? Giacomo Casanova indaga. Tra testimonianze, indizi, false piste, inseguimenti e colpi di scena, non sarà facile per il celebre avventuriero arrivare alla soluzione del caso. ISBN: 9788867755493 Oriana Ramunno, L'ira dell'angelo Nella Basilicata del 1592, un macabro omicidio sconvolge la quiete dei monaci che vivono tra i resti del monastero di Sant’Ippolito. Il cardinale Federico Borromeo, a cui il monastero viene dato in commenda, invia Giovanni Stefano Rainone a indagare sulla morte del novizio Giordano. Segreti inconfessabili verranno alla luce, tra le ombre del cenobio… ISBN: 9788867755707 Luigi De Pascalis, La cena di Dumas Napoli, 9 novembre 1860. In un basso di vicolo Femminelle qualcuno ha pugnalato a morte un garibaldino: delitto ionale o vendetta? ISBN: 9788867755912 Salvo Figura, La pulce e il cappio Quando, nel 1500, reliquie taumaturgiche, Potere e Chiesa, non ti salvano dalla peste, potrà farlo la medicina empirica e blasfema? ISBN: 9788867756193 Luca Di Gialleonardo, Trenta baiocchi Roma, febbraio 1798. Solo un semplice gendarme e una prostituta possono salvare la neonata Repubblica Romana.

ISBN: 9788867756353 sco Grimandi, La reliquia Una preziosa reliquia custodita in un santuario tra le montagne dell’Appennino, una coppia di ladri sconclusionati, un brutale omicidio all’interno di una locanda sulla via Francigena. Un vero history crime dai tratti poetici e divertenti che vi farà rivivere il fascino del medioevo. ISBN: 9788867756537 Sandra Ludovici, Caligine primeva A Petrograd, nella Russia zarista dei primi del ‘900, una vendetta si consuma andando incontro all’inevitabile destino di distruzione e morte. ISBN: 9788867756803 Marzia Musneci, Idi di febbraio Capua, 211 d.C. Il questore Lucio Massimo Cenidio torna a indagare su un brutale omicidio ISBN: 9788867756957 Federico Torresan, La locanda dei fiorai Repubblica delle Sette Province Unite, 1637: un fiore dalla superba bellezza fa impazzire gli uomini e insanguina la prima grande bolla speculativa della storia. ISBN: 9788867757138 Samuele Nava, L'omicidio Cavour Torino 1861. Quale oscura trama si nasconde dietro la morte di Camillo Benso conte di Cavour? ISBN: 9788867757374 Pietro Chiappelloni, L'angelo e la Spina A.D. 1095: nei giorni del grande Concilio convengono a Piacenza migliaia di persone. Un furto sacrilego viene tenuto nascosto, ma il sacerdote Fulberto con l’aiuto del frate irlandese Brendan cercherà di capire chi ha rubato la Sacra Spina. Unico indiziato: un angelo. ISBN: 9788867757503 Daniele Pisani, Il mostro di Richmond Richmond, 1836. Nella più grande piantagione di cotone della Virginia, tre lavoranti vengono ritrovati massacrati. Dall’esame dei corpi e dalle testimonianze pare sia stata una belva feroce e sconosciuta. A indagare sul caso, un capitano di polizia assai determinato, uno zoologo di Boston molto particolare e un giovane Edgar Allan Poe. ISBN: 9788867757541 Lia Tomasich, Il delitto di Ponte Pietra Verona, 1278. Costanza, badessa dell’ordine delle Clarisse, alle prese con una storia di intrighi, amori e vendette. ISBN: 9788867757671 Oriana Ramunno, Briganti si muore Basilicata 1861. Il tricolore dei Savoia sventola per le strade e i briganti si nascondono come lupi, nei boschi del Vulture. La quiete di un paese è turbata da un terribile omicidio, che riporta alla luce incubi di un ato e trascina la piccola Rosina in una storia di sangue e coraggio. ISBN: 9788867757800 Michele Scoppetta, Quella luce in fondo al pozzo All’ombra delle corti medievali, la saggezza del diacono Alcuino e la curiosità del giovane biografo Eginardo al servizio di Carlo Magno. ISBN: 9788867757893 Gianluca D'Aquino, Torino 1835 Torino 1835: l’eterno conflitto fra amore e giustizia, amicizia e dovere, ragione e legalità. ISBN: 9788867757947 Manuela Costantini, Il tesoro del se Due omicidi violenti e la leggenda di un tesoro nascosto. Superstizione, avidità e un amore che sembra impossibile. Riuscirà Jerome a risolvere il mistero? ISBN: 9788867758050 Lorenzo Fontana, Un esercito di spazzaturai Firenze 1849: una

città occupata, un generale ucciso e un condannato a morte da salvare. ISBN: 9788867758180 Giorgio Simoni, La sacra scheggia Volterra, marzo 1291. L’arrivo a Volterra di una seconda Sacra Scheggia è causa di gravi disordini tra i frati Domenicani e Camaldolesi. Dopo la morte di un frate Domenicano, il Podestà chiede al capitano del popolo, Amerigo Narbona, di svolgere l’indagine. Riuscirà quest’ultimo a ricostruire l’intrigo? ISBN: 9788867758340 Salvo Figura, Il sole di Copernico Copernico: complice di un delitto efferato e millantatore di teorie blasfeme e fasulle? Era questa l'Europa del 1536 dilaniata nella guerra tra Riforma e Controriforma? ISBN: 9788867758579

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