sco Arth
Nuovi Racconti
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Table of contents
Nuovi Racconti Introduzione Io e papà Il saggio triste La viltà Il vecchio Re Gracile uomo Gli avventurieri I tre fratelli Ringraziamenti
Nuovi Racconti
Raccolta di brevi racconti
Raccolta breve di racconti di vario genere
di
sco Arth
Introduzione
I seguenti racconti sono privi di qualsiasi collegamento con fonti religiosi, bensì essi rappresentano una sorte di moralismo che è il carattere predominante che li caratterizza. L'umanità, la ragione, il sentimento, i pensieri, sono questi i temi principali su cui si basano essenzialmente i testi, volendo identificare come l'uomo si caratterizza in determinati contesti e situazioni. Il mio obiettivo è di organizzare una sorta di storia basata sulla fantasia e porre l'uomo come unico personaggio protagonista; incentrarmi nel suo modo di affrontare la realtà e riuscire a prendere decisioni giuste o sbagliate che siano. Di fronte a una bella offerta di denaro nessuno rifiuterebbe, ma se per raggiungere quel denaro si dovesse scalare montagne, attraversare foreste e viaggiare per il mondo si accetterebbe ugualmente l'offerta? Precisamente è questo il senso morale della questione, porsi degli obiettivi e con ogni sforzo riuscire a raggiungerli oppure fallire, ma con la consapevolezza di aver tentato. Il carattere umano altro fattore presente e dominante nei racconti, ho deciso di porre l'uomo sopra un piedistallo e farlo cadere in terra privo delle difese su cui poteva poggiarsi. Che sia una mente eccelsa, un fisico possente o una bellezza travolgente, se si riesce a centrarne i difetti e abbassare le difese puntualizzate dal proprio ego come si accebbe il colpo? L'uomo messo di fronte alla sua peggior paura in che modo reagirebbe? Alla fine la vita deve essere vissuta nel modo che ognuno di noi ritiene più opportuno, ma con la coscienza di sapersi assumere le proprie responsabilità al momento opportuno, senza cercare scuse inesistenti. Anche questo vuol dire, essere un uomo.
Grazie per la cortese attenzione e buona lettura.
Io e papà
Figlio- Ciao papà come stai? Papà- Tutto bene figliolo, grazie per l'interesse. Tu piuttosto come stai? F- Ma... sai... non tanto bene. P- Come mai? Che succede? F- No, non ti agitare. Il fatto è che sono dubbioso. Riguarda una ragazza che mi piace. P- Ah! Davvero? E com'è carina? F- Sì, sì, molto carina. P- E ti sei confessato a lei? F- No, in realtà ancora no. P- Non mi dire che ti vergogni? F- Un po’ sì. Il fatto è che questa ragazza è così diversa dalle altre. Per esempio lei non beve, non fuma, non dice parolacce ed è molto educata. Insomma è speciale. P- È identica a te figliolo. Vai a conoscerla perché solo allora capirai se è il tipo di ragazza adatta a te. F- Ma... non so come. Ho tanta paura di sbagliare. E se fossi rifiutato? P- Ricordati sempre: I rischi nella vita vanno affrontati con coraggio. F- Si lo so, ma ho ugualmente timore.
P- Avere paura è normalissimo, e prima imparerai a condividere con essa e prima inizierai a conoscere la vita. F-Ok, mi hai convinto, mi butto e vada come vada. P- Bravo! Così ti voglio. Deciso.
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P- Allora che ti ha detto? Com’è andata? Ci hai parlato? Oh! Sapessi, sono così curioso. F- Sì, ci ho parlato. P- E allora? F- No, papà certamente non era il mio tipo. Vedi è una ragazza vanitosa e anche sfrontata. È proprio vero che le apparenze ingannano. P- Ah... capisco. Mi dispiace figliolo, davvero. F- No papi, in fin dei conti, no. Sai oggi ho imparato una cosa. P- Cosa? F- Se hai un dubbio hai due alternative. O gli affronti rischiando, o la fuggi rischiando di aver perso un occasione. In un modo o nell’altro il rischio c'è. P- Ahahaha! Hai proprio ragione figliolo. F- Grazie papà. P- Per cosa? F- Perché mi sei sempre accanto e non mi abbandoni mai. P- È il compito di ogni padre accudire il figlio.
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Ho sempre considerato mio padre una specie di eroe, del genere fumettistico. Uno di quei papà cui affideresti la tua vita, di cui non potresti mai farne a meno. Perché a mio avviso la figura paterna, senza offesa per le madri, è la persona più meravigliosa del pianeta. Ti aiuta nel bisogno, ti consiglia e ti protegge, ti consola e ti rassicura, ti fa divertire e t’insegna ad affrontare la dura realtà della vita. Il rapporto con mio padre è rappresentato da un insieme di aspetti che ci rendono saldi, possiamo tranquillamente definirci una coppia che scoppia. Molti dei miei coetanei non badano neppure allo splendido rapporto che lega padre e figlio, quel mistico quanto concreto legame che ci rende speciali. Io potrò sempre contare su mio padre. I ragazzi, ormai, sono troppo preoccupati di rimanere simpatici alla cerchia di amici, e speranzosi di attrarre un numero sempre crescente di ragazze. In questo modo si dimenticano dei genitori, per riconciliarsi a loro nel momento del bisogno. Per me e mio padre, invece, è tutto diverso perché noi viviamo al meglio la giornata, assaporando il maggior numero di emozioni che essa ci offre. Ci vogliamo bene e questo è quello che davvero conta. Prendiamo assieme le decisioni e assieme ne assumiamo le responsabilità. Ci distinguiamo dalla comune gente, che ogni giorno si cimentano nel loro lavoro e trascurano i figli e la famiglia, o nei ragazzi troppo attenti alle solite uscite con le comitive. C'è da dirlo, noi due faremmo invidia anche alla famiglia più benestante del
mondo. Perché quello che è importante non è il denaro o il potere, bensì i semplici stati d'animo che ci risollevano il morale e ci elevano lo spirito, quali l'umiltà e l'amore. Mio padre mi ha insegnato ad amare prima ancora di imparare a camminare.
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P- Ehi, papà non ci crederai mai... F- Riguardo a cosa, figliolo? P- Ho vinto il premio scolastico come miglior giocatore di tennis da tavola della scuola. P- Wow! È fantastico figliolo. F- E inoltre, parteciperò al torneo regionale di tennis da tavola. Sono così felice. P- Lo posso immaginare, modestamente sei mio figlio. F- Grazie, papi. P- Lo sapevi che anch’io all'epoca ero il campione... F- Di tennis da tavola del torneo regionale. Si lo so, me lo ricordi molto spesso. P- E con questo, che vorresti dire? Che sono monotono? F- No, non volevo dire questo, il fatto è che... P- È che? F- Va bene, a volte sei un po’ noioso.
P- Ah, davvero? Mi scusi vostra signoria se non sono un tipo originale. F- Suvvia papi, non intendevo dire quello lo sai. P- L'unica cosa che so è che mio figlio mi considera noioso. F- D'accordo allora; aggiungo che sei burbero e testardo, se proprio lo vuoi sapere. P- Ah! Ecco che hai sputato tutta la verità. Bene, bene il mio furbetto. Non provare a chiamarmi più papà. F- E tu non provare a chiamarmi più figliolo. P- Va bene, ci sto. F- Sì. Ci sto. P- Bene. F- Bene. P- Perché mi ripeti? F- No, tu mi ripeti. P- Uffa... ah! P- Ah! F- Ehi papà? P- Dimmi. F- Ti voglio bene. P- Anch’io ti voglio bene, figliolo.
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A volte, ho avuto modo di credere che mio padre fosse fuori dal comune; mi spiego, non soltanto nel modo di fare anche per il suo carattere mansueto e cordiale. A differenza di altri padri che sembrano esclusivamente interessati ai propri lavori e trascurano il benessere dei figli. Anche se in realtà non è sempre così, solo che ogni padre dimostra il proprio affetto per i figli in maniera diversa. A ognuno il suo padre. D'altra parte io ho il mio e sinceramente ne sono totalmente soddisfatto, non lo cambierei con nessuno al mondo. Il mio papà mi ha sempre detto: “Per chi è capace di amare, il mondo appare come una grandissima giostra”. Se ci penso, mi accorgo che è assolutamente vero. Il mondo è una giostra bisogna solo salirci sopra e divertirsi.
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P- Perché oggi non dici nulla figliolo ? F- Mah... forse non ho nulla da dire. P- Mmm... nessuno ha nulla da dire, vuol solo tacere ciò che in realtà sente dentro, ma non riesce a esprimere. F- Sarà vero, papà. P- Allora, cosa hai da raccontare ? F- In realtà sono triste.
P- Perché? F- Oggi al parco ho visto una bambina seduta su una sedia a rotelle, e mi sono rattristato perché non potrà mai correre, saltare, giocare come tutti gli altri bambini. È così triste la sua condizione. P- Ti capisco bene figliolo, il tuo cuore è grande e riesci ad immedesimarti nelle situazioni delle persone svantaggiate. F- Sono troppo sentimentale. P- Non c'è nulla di cui vergognarsi, anzi devi farti onore di questo privilegio e rafforzarlo con il are del tempo. F- Già. P- Non essere triste per quella bambina. Vedi, ogni cosa è stata scritta per noi, anche se la situazione della bambina non è rosea, certamente in Paradiso, le aspetteranno enormi gioie e sono sicuro che pensando a questo sarà ogni giorno più felice. F- Davvero papà? P- Certo, fidati di me. F- Ti ringrazio. Come sempre riesci a risollevarmi l'umore. P- Perfetto, fanno 5 Euro a consiglio. F- Ammazza! Non sapevo che i tuoi consigli valessero un prezzo. P- Nella vita tutto ha un prezzo. F- Che delusione, papi. Sei incredibile. P- Ahahaha! Scherzo, figlio mio.
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Se papà non fosse stato saggio come persona, penso che neanche io lo sarei stato. Per saggio, non intendo una persona saccente con la risposta sempre pronta. Piuttosto una persona affidabile e responsabile come mio padre. Fortunatamente io ho preso il meglio di mio padre, infatti, molte volte sono stato lodato per la mia educazione e senso del dovere. Addirittura mi hanno definito un “santerellino”, perché non bevo, non fumo, non dico parolacce; meglio così, almeno non ho questi vizi gravosi con il are del tempo. Tutto quello che sono e come sono diventato, lo devo esclusivamente ai miei genitori che mi hanno impartito un buon insegnamento di vita. Io gli devo tutto, davvero tutto. Mio padre dice sempre che la miglior arma che abbiamo a nostra disposizione è la ragione. Avere la facoltà di scegliere e poter decidere da che parte stare, se dal bene o dal male. Papà mi ha sempre insegnato che l'uomo deve rispettare ogni essere vivente e non giudicare mai nessun uomo di razza, colore, religione, o idee di pensiero diverse dalle mie. Tutti siamo uguali, lo stesso sangue, la stessa carne. L’uomo non è superiore o inferiore a se stesso, sopratutto dei suoi simili, né deve fare in modo di esserlo o cercare di diventarlo. Questo mi ha sempre insegnato mio padre.
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Figlio- Papà? Papà, dove sei? Mamma- Con chi stai parlando tesoro. F- Con nessuno, mamma... M- Sicuro? F- Certo. M- Lo so, che ti manca tuo padre, manca tanto anche a me. Ma dobbiamo farcene una ragione e andare avanti. F- Lo so, mamma. M- Allora... ti prego smettila di far finta di parlargli. Di parlare da solo. F- No, non da solo mamma. Io ci parlo con papà. M- Figlio mio, smettila di farti del male, smettila di farmi preoccupare. F- Tu non riesci a capire, io ci parlo davvero con papà. M- Tuo padre è morto, Bastian! F- È salito in cielo e ogni sera noi due parliamo, come se niente fosse. M- Io... io... basta perdo le speranze con te. Ti avverto Bastian, se non la finisci con questa storia, prendo un appuntamento con uno psicologo. F- Ma perché non vuoi credermi? M- Finiscila con questa storia! F- No, mai. M- Allora, prendo appuntamento. F- Non c'è bisogno.
M- Da stasera niente più discorsi da solo.
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Da quando papà è morto, mia madre è cambiata radicalmente, non è più la persona dolce e sensibile di un tempo. Ha smesso di sorridere, di essere felice, di vivere la vita con più semplicità. Per lei deve essere stato un duro colpo, la morte di papà, e tuttora a distanza di tre anni non riesce ancora ad accettarlo. È come, se il mondo le fosse estraneo, tutto e tutti gli sono sconosciuti, il suo cuore piange e le lacrime si consumano tutte le notti. Io non ho mai smesso di credere in mio padre, neanche dopo la sua morte ho creduto di averlo perso per sempre, perché è presente costantemente nei miei pensieri.
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P- Bastian. F- Papà... P- Come stai, figliolo ? F- Io bene... ma la mamma no. P- Comprendo il suo dolore, ha bisogno di un aiuto. F- Già. Ma in che modo ?
P- Lascia fare a me.
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Non so come, ma papà mantenne la parola e la mattina successiva la mamma mi strinse forte tra le braccia. Aveva ritrovato la felicità.
Un padre e una madre non si scelgono, né si regalano o si prestano, ma si accettano semplicemente per quello che sono e sopratutto per l'amore che ci regalano quotidianamente.
Bastian
Il saggio triste
Il ragazzo incespicava sulla salita del terreno argilloso, i piedi gli erano stanco e le braccia cadenti pronte ad abbandonarlo al primo cenno di sfinimento. Eppure arduo il ragazzo continuava il suo percorso. Arrivato alla fine della cima, si trovò di fronte un muro cementato.
Ragazzo- Non riuscirò mai a scavalcarlo. È troppo alto.
Si lamentava di non riuscire a portare a termine l’impresa preposta, ossia raggiungere la sommità della scogliera che si ergeva oltre la costa a est, e sporgeva sul mare. Il ragazzo si gettò sconfitto in terra e pianse amaramente la sua disfatta; aveva fallito. Proprio in quel momento di angoscia, un vecchio saggio dalla lunga barba bianca e i vestiti usati che ava di lì, vide il ragazzo e comprese la sua tristezza.
Saggio- Perché piangi, ragazzo ?, R- Lasciami stare. S- Vedo che non sei un tipo paziente. R- Che vorresti insinuare ?
S- Semplicemente che sei un tipo arrendevole. R- Chi sei tu per giudicarmi? Neanche mi conosci, o sai da dove vengo. S- So abbastanza da comprendere il tuo carattere, mi basta guardarti negli occhi per capire chi sei, e da dove provieni. R- Ah...davvero ? Allora sei un mago oppure un chiaroveggente. S- Non mettermi alla prova, ragazzo, non ne hai il potere. Ebbene ti dirò invece, che se la tua saggezza lo permetteva, avresti capito chi sono. R- Mi deve preoccupare? S- Non hai motivo di farlo. R- Allora lasciami in pace. S- Come vuoi tu ragazzo. Ma piangerti addosso non ti permetterà si sorare quel muro.
Il vecchio fece per andarsene senza dire altro, allora il ragazzo piangente lo chiamò da lontano. Desiderava conoscere più a fondo quello straniero inconsueto. R- Ti prego, perdonami, ti porgo le mie scuse. Vedi...desideravo moltissimo attraversare il valico di questa montagna, ma questo alto muro me lo impedisce. E per questo non so più che cosa devo fare. Mi sto disperando. S- La disperazione è una sorte di malessere interiore scatenata da un evento o da una calamità che sia dentro te stesso o causata da un agente esterno. R- Sei molto saggio, vecchio...
Il vecchio saggio rifletté sul problema del ragazzo.
S- Non hai pensato di raggirare il muro ? R- Non credo... ci vorrebbe troppo tempo, non potrei sapere per quanto si protrae il muro. Può essere per alcuni metri, come per molti chilometri. S- Il tuo tempo è forse denaro? Il tuo tempo è forse limitato? R- No... non lo è. S- Allora procedi.
Il ragazzo dapprima titubante si animò di coraggio e voglioso di ricominciare la lunga traversata seppure difficoltosa e all'apparenza impossibile. Rimase meravigliato della banalità del problema e dell'arguzia del vecchio saggio. Nel momento in cui voleva ringraziarlo il vecchio, era sparito senza lasciare alcuna traccia del suo aggio. Come se non fosse mai stato in quel luogo, in quel preciso istante, in quell'occasione. La mente del ragazzo iniziò a formulare ipotesi assurde che in qualche modo spiegassero il motivo di quella comparsa/scomparsa misteriosa, le idee più banali sembravano non avere alcun senso, eppure (forse) in qualche modo erano le più veritiere. _
Dopo molti giorni di cammino, finalmente arrivò alla fine del muro il quale terminava frantumato dalla parete della montagna. Altri giorni ci vollero per raggiungere il vertice della montagna; si arrampicò fino alla vetta più alta, ansioso di incontrare il maestro dei maestri, il saggio dei saggi. Dopo cinque anni di lunga ed estenuante attesa, faticando giorno e notti insonni, alla ricerca del saccente, era giunto il grande giorno. Era tutto eccitato per l'emozione, iniziava a provare uno stato di crescente
agitazione. Non appena varcata la soglia, indirizzò il suo sguardo all'esile figura seduta in posizione di riflessione sopra un masso troppo grande per la sua stazza. Il ragazzo ostentava a guardarlo, incredulo di vedere di fronte a lui un fanciullo di tenera età.
R- Chi... chi... chi sei tu?
Balbettava per lo stupore, faticava nel pronunciare le parole come se a tirarle fuori diventasse un peso troppo grande.
Fanciullo- Chiunque, vuoi che io sia. R- Che cosa vuoi dire? F- Non mi ripeto. R- Come sarebbe? Scusami tanto, fanciullo, ma io speravo di trovare il re dei re, il saggio dei saggi. Insomma il maestro. E invece ho trovato un bebè in fasce. F- Tu parli a sproposito, poiché non comprendi, per questo hai il mio perdono. R- Chi ti dice che desidero il tuo perdono? F- Se la tua intelligenza era pari alla tua arroganza, allora saresti saggio molto più del tuo stato attuale. R- Ah... che parlo a fare con te. È in inutile. F- Nel tuo cuore speravi di incontrare un vegliardo saggio dalla lunga barba bianca, ma dinanzi all'innocenza freni la tua lingua, poiché consideri la tua esperienza superiore. Io ti dico che l'innocenza di un fanciullo non è marcia e corrotta come la sapienza dei più istruiti e facoltosi. Non riconosci chi ti aiutò nel momento del bisogno.
Fu solo, in quel momento dopo aver pronunciato le ultime parole che il fanciullo si destò in piedi e la sua voce fanciullesca si tramutò in una voce poderosa e altisonante.
F- Sciocco! Non mi hai saputo riconoscere la prima volta e ora che ti parlo, apertamente, non mi credi.
Il ragazzo lì per lì rimase allibito, non appena riconobbe la voce del vecchio saggio che lo aiutò la prima volta, ricredette alle sue parole e cadde in ginocchio per terra.
R- Te ne prego perdonami. Ricredo alle mie parole. F- Che cosa cerchi da me, che tu solo non possa ottenere da te stesso? R- Desidero diventare saggio e abbandonare la stoltezza che mi circonda. F- Desisti, poiché la tua richiesta è impossibile. R- No, mai! Te ne supplico, o saggio, istruiscimi. F- Cessa la tua ricerca. Torna a casa. R- Anche se ti rifiutassi di insegnarmi la tua sapienza, in non abbandonerò mai la mia ricerca, bensì mi rivolgerò a un altro saggio, dovessi impiegarci tutta la vita.
Il ragazzo stava per andarsene, quando la voce del fanciullo lo richiamò. Il tono di voce del saggio si era ammorbidito ed era ritornato quello di un fanciullo.
F- Ti senti pronto ? R- Sì, certo... F- Il cammino che ti si parerà dinanzi non sarà facile. Verrai a conoscenza della radice del bene e del male, e ne assaporerai tutte le sfaccettature. Rischieresti tutto te stesso, per portare a termine il tuo obiettivo? R- Sì, lo farei. F- Devi abbandonare te stesso. Dovrai abbracciare una vita sofferta e apporre il tuo aiuto ai bisognosi. Ti avverto, non conoscerai mai la pace, né la felicità, bensì sarai solo in grado di donarla. Vivrai due volte tanto la tua esistenza, e alla fine dei tuoi giorni ti sarà rivelata la beatitudine. R- Come, potrò vivere perennemente nel dolore, anche se acquisissi tutta la conoscenza terrena? F- Ti sarà rivelata più della conoscenza umana. Apprenderai la sapienza dell'intero universo. Sarai in grado di predire gli avvenimenti futuri e la tua morte. E alla fine di tutto; otterrai la pienezza assoluta ed eterna. R- Devo riflettere... non so se riuscirò a sostenere un tale peso. F- Non occorre. Io già conosco la tua risposta. R- Come sempre, hai ragione saggio. F- In virtù di tale giuramento, ti faccio, dono della conoscenza universale e dell'agonia della vita. Patirai tutti i mali di questa Terra, e potrai guarire il tuo prossimo dai sui dolori, portai fermare il tempo attorno a te, e prevenire disastri e turbamenti. Predire il futuro per gli altri ignoto. Ora io ti lascio, poiché la mia ora è giunta. Va incamminati per la tua strada e sana il genere umano. R- Maestro... aspetta ho bisogno di te...
Il saggio fu investito da una folgore accecante e svanì nello stesso istante. Il ragazzo rimase da solo, e su di lui pesava un grave fardello che aveva
sottovalutato in precedenza. Dentro di lui sperava vivamente che la conoscenza universale comportasse più che benefici, e invece si stava rendendo conto che era più pressante del previsto. Decise che sarebbe tornato nel suo lontano paese, e li sarebbe rimasto. ----------Giunto in prossimità di un villaggio un gruppo di persone si avvicinò a lui. Popolani- Sei uno straniero ? P- Da dove giungi ? Che ti ha portato qui ? P- Come ci hai chiamato ? Ci deridi ? P- Uccidiamolo e derubiamolo.
Senza alcun motivo il gruppo prese a schernirlo e si avvicinarono per spingerlo e picchiarlo. Il ragazzo comprese i loro mali e si adoperò per sanarli.
R- Non c'è bisogno che ve la prendiate con me, conosco ciò che vi tormenta dentro lo spirito e oggi io vi curerò.
Il gruppo di giovani fu colto alla sprovvista dalle sue parole, e cominciarono a deriderlo.
P- Che cosa vuoi dire ? Sei pazzo o cosa ? R- Il tuo nome è Preo e sei triste perché la tua ragazza di nome Clara ti ha lasciato, così sfoghi il tuo dolore picchiando i poveri innocenti. Invece, io ti dico che la tua ragazza ti ama ancora e aspetta il tuo ritorno.
Preo- Come fai a saperlo ? Chi se tu ?
Detto ciò fuggì.
R- Il tuo nome è Sile è soffri terribilmente di un male incurabile che ti affligge da quando sei nato; bensì io ti dico che il tuo malessere è guarito.
Il tumore che affliggeva il teppista si sanò e poté finalmente tornare a una vita normale, pianse a dirotto per la felicità.
R- Voi due invece che siete fratelli non riuscite a trovare pace nei vostri cuori poiché insoddisfatti della vita. Andate lontano da questo luogo, coltivate la terra e prendete mogli, così vivrete in armonia.
I due ragazzi spinti da un’irrefrenabile voglia di cambiamento diedero ragione alle parole del ragazzo e fuggirono il più lontano possibile. ------------Il ragazzo fu acclamato dagli abitanti del villaggio e fu definito un saggio, gli offrirono molti doni tra cui cibi, bevande e vestiario. Ma il ragazzo non accettò nulla poiché la sua umiltà di spirito glielo impediva. Sapendo che nulla di tutto ciò lo avrebbe reso più felice. Così diede inizio al suo viaggio attorno al mondo, la sua campagna di aiutare il prossimo era appena iniziata. ------------Fece molte guarigioni ed evitò catastrofi che si sarebbero imbattute irrimediabilmente all'insaputa dei popoli, previde il futuro, e spiegò i concetti
che la gente non riusciva a comprendere. Il tempo ava e divenne un uomo di quarant'anni. Un giorno capitò in una bellissima e grande città, riccamente abbellita e adornata di fatiscenti statue, fontane e incantevoli giardini. La città si estendeva ai piedi di una montagna, ed era abitata da una moltitudine di persone. L'uomo previde la sorte della città ebbe comione dei suoi abitanti e li avvertì del pericolo cui andavano incontro.
Uomo- Abbandonate presto questa città poiché una tremenda frana della montagna la spazzerà via come se non fosse mai costruita. Le rocce distruggeranno ogni cosa, riducendola in un ammasso di detriti e la polvere si solleverà fino alla cima della montagna stessa.
Abitanti- Sparisci pazzoide, non abbiamo intenzione di ascoltare le tue chiacchiere. A- Tu sei pazzo! A- Vattene! Lasciaci in pace! U- Voi non capite il pericolo che correte. Di recente ci sono stati dei terremoti che vi hanno causato enormi perdite, e procurato molti disagi. Ebbene questi sono avvertimenti, prendeteli in avviso. Non sono qui in veste di porta sciagura. Credetemi. A- Via dalle nostre terre profano! A- Via, vattene! U- Abbandonate i beni terreni e la lussuria che vi ha da tanto tempo legati a questo pezzo di terra. L'oro che avete trovato nelle grotte non vi appartiene, esso è della Terra e lasciate che ritorni a essa, altrimenti accadranno enormi tragedie. La natura si scatenerà contro di voi con fare violento e il suo impeto distruttivo vi spazzerà via come nient'altro.
A- Basta ti abbiamo sopportato per troppo tempo. A- Sparisci o ti ammazziamo. Tu vuoi il nostro oro non è vero ? A- Maledetto come hai fatto a scoprire il segreto della nostra città ? U- Addio...popolo sciagurato.
Allora, l'uomo conoscendo l'avidità che dimorava nei loro cuori li lasciò al loro terribile destino. Due giorni più tardi un terribile terremoto squarciò la terra sotto di cui si appoggiava la città, facendola crollare nelle profondità dell'abisso terreno, uccidendo tutti gli abitanti. Pianse per loro, nonostante fosse stato respinto e giudicato un profanatore. Quant'era dura la sofferenza, sopportare tanto dolore anche al costo di tutta la saggezza di cui era a conoscenza. Comprese perché il vecchio saggio voleva morire, per liberarsi di questo tormento che lo assillava giorno e notte. Pensò al suo ato di ragazzo innocente, troppo voglioso di apprendere i misteri del mondo; se fosse potuto tornare indietro, non avrebbe mai fatto lo stesso errore. ------Giunse all'età di centoventi anni, e durante la sua vita aveva compiuto molti miracoli e salvato vite. La sua veneranda età lo aveva reso ancora più saggio e la gente lo riconosceva per la strada invitandolo a feste e banchetti in suo onore. Gli dedicavano sonetti, canzoni, ballate e festeggiamenti per la sua enorme saggezza, eppure non era felice nulla riusciva a destarlo dai suoi pensieri sofferti. Nulla era in grado di alleviare il suo tormento. Un giorno , durante uno dei suoi spostamenti incontrò una giovane affascinante donna, il quale vedendolo lo fermò.
Donna- Io piaccio a molti uomini, perché mi trovano attraente e simpatica. Nonostante questo, però non sono felice. Invidio le mie compaesane perché hanno trovato l'amore della loro vita e sono felici. Saggio- Ma tu ami un uomo seppure non di bell'aspetto. D- Sì, è vero vecchio saggio. È vero io l’amo tanto perché è dolce, simpatico e diverso da tutti gli altri uomini del villaggio. Non m'importa il suo aspetto, o le critiche della gente, desidero stare con lui. S- Ma lui si vergogna del suo aspetto. D- Sei in grado rendermi brutta, cosicché io possa stare assieme all'uomo che amo ? S- Il tuo amore per lui è davvero grande. Il tuo uomo diverrà bello e insieme vivrete felici per tanti anni a venire. D- Io non so come ringraziarti. S- Non è nulla, figlia mia, ora vai ti prego. La donna corse dal suo amato, ansiosa di baciarlo e abbracciarlo. Il vecchio saggio proseguì il suo cammino ancora lungo su questa terra. In realtà avrebbe preferito mettere fine al suo dolore e morire in pace, ma non poteva ancora farlo era troppo presto. Il suo cuore era triste ed era costantemente amareggiato dalla vita. La sua era una dannazione terrena. Un giorno capitò in un paese, dove era rinomata la saggezza di un vecchio settantenne, e nessuno era considerato più istruito di lui. Il saggio fu condotto al cospetto di quest’anziano istruito e messo alla prova.
Anziano- Potresti mai curare un cane che ha ucciso il suo padrone ?
S- Se la perfidia e la stupidità del padrone hanno fatto si che il cane si ribellasse contro di lui, non vedo perché non dovrei. A- E se il cane avesse ucciso il padrone perché rimproverato a parole ? S- In quel caso lontano da me quell’infima bestia, poiché posseduta dal male.
L'anziano si stupì del vecchio saggio, poiché aveva parlato bene, così lo interrogò su molte altre cose, sperando di trovarlo in fallo su un argomento ma questo non avvenne mai.
S- Tu parli a sproposito. Sei il più anziano del villaggio e la tua investitura di saggio ti è stata insignita sotto una falsa verità, perché è distante da te la vera saggezza, piuttosto fai punti di forza sull'ignoranza dei tuoi compaesani, negando a loro l'istruzione di cui hanno veramente bisogno.
L’anziano era afflitto poiché smascherato della sua, falsa veste di saggio, così da quel giorno in poi non si fece più chiamare saggio, e iniziò a istruire i suoi compaesani. --------arono gli anni e il saggio arrivò alla venerabile età di cent’ottantotto anni, si sentiva affaticato dal susseguirsi degli eventi, così presa la decisione di togliersi la vita ma il suo intelletto superiore glielo impediva. Si abbandonò a se stesso nel suo cupo grigiore, fu allora che una luce proveniente dal nulla lo folgorò, e dalla nube abbagliante apparve il fanciullo che aveva incontrato in gioventù. Il saggio rimase esterrefatto, poiché lo considerava morto.
Saggio- Maestro, come mai i miei occhi ti scorgono dinanzi a me ? Ho forse le allucinazioni ?
Fanciullo- Hai saziato la tua brama di conoscenza ? S- Non ti comprendo ? Tu mi hai donato la saggezza ? F- Se la tua umiltà era padrona del tuo animo, allora lontano da te sarebbe stato questo tortuoso sentiero. Ti sei accollato responsabilità più grandi di te. Hai convissuto con la tristezza e la solitudine. Hai consumato la tua esistenza per inseguire con la sfrontatezza una dubbiosa gioia. S- Sì, è vero e me ne compiango per questo. Infatti non potrò più vivere la mia vita come un semplice ragazzo di campagna, come un uomo sposato che lavora sodo per la sua famiglia, o come un vecchio assieme alla sua consorte ma felice di aver vissuto. Maestro ti prego liberami, non ce la faccio più. F- Sia come vuoi tu. ------
Il ragazzo si svegliò dal lungo torpore cui era caduto da alcuni minuti. Un vecchio dalla lunga barba bianca e i vestiti usati lo destò dal sonno.
Vecchio- Stai bene ragazzo ? R- Sì...io credo di sì. Ho fatto uno strano sogno. lo ricordo bene però. V- I sogni sono portatori di buone o cattive novelle sta a te interpretarli. R- Sì, penso che tu abbia ragione vecchio. V- Vai a casa, fra un po' verrà l'oscurità e non è bene trovarsi da soli al buio.
Il ragazzo scrutò il vecchio, e gli parve di averlo già visto da qualche parte, solo non ricordava in che luogo e in che circostanza.
R- Toglimi la curiosità. Noi ci siamo già incontrati da qualche parte ? V- No, io non credo, forse solo nei tuoi sogni... R- Sì, penso anch’io. Quando racconterò ai miei genitori del mio sogno, forse mi potranno dare qualche suggerimento. Addio, vecchio. V- Addio ragazzo. E ricordati non sempre la conoscenza, porta alla felicità. È meglio vivere una vita serena piuttosto che affaccendarsi per raggiungere una conoscenza illimitata.
Il ragazzo acconsentì con la testa e corse in direzione di casa sua. Poi all'improvviso si fermò, le ultime parole del vecchio lo avevano colto di sorpresa. Si girò per chiedergli spiegazioni ma il vecchio era sparito nel nulla senza lasciare traccia dietro di se. Il ragazzo rifletté tra se.
R- Solo un sogno. Solo un sogno.
La viltà
Il leone eggiava tranquillamente nella savana, il suo lento andamento, il o furtivo e la testa fiera lo rendevano il re di tutti gli animali. Era assicurato che dovunque andasse nessuno lo avrebbe disturbato. Durante una delle sue consuete eggiate, gli capitò un fatto assai strano, poiché a poca distanza dal centro della savana, esattamente in mezzo ad un boschetto di arbusti vide una macchina capovolta. Il leone incuriosito si avvicinò con fare sospetto alla macchina, ovviamente valutò ogni eventuale pericolo e al minimo allarme si sarebbe difeso e attaccato. All'interno della macchina non c'era nessuno. Chiunque vi era dentro non aveva perso tempo a fuggire, forse spaventato da qualche animale. Eppure qualcosa non lo convinceva. Improvvisamente vide l'ombra di un uomo esattamente dietro di lui, come aveva potuto commettere un così grave errore da non accorgersi della sua presenza, né aver fiutato il suo odore. Era stato troppo tranquillo, e l'imprevisto lo aveva colto di sorpresa alle spalle. L’uomo tremante, reggeva un fucile da caccia; non si era mai trovato di fronte ad una belva di quelle dimensioni. Il leone lo atterriva solo con lo sguardo, doveva prendere una decisione alla svelta ne andava della sua vita. Fu come un lampo, e il tonfo del fucile risuonò per tutta la valle. Il rumore assordante di uno sparo ? Di certo non lo era, piuttosto il tonfo del fucile caduto di peso per terra. L'uomo non era abbastanza coraggioso da sparare all'animale, sebbene gli incutesse una paura terribile. Si era rassegnato all'inevitabile, questione di attimi
e sarebbe diventato cibo per il leone. Tremava, gli vennero le vertigini e continuava a ripetersi dentro la sua testa: “Quando attaccherà ?”. Eppure il leone non si muoveva dalla sua postazione, si limitava a scrutarlo incuriosito; annusando l’aria come in cerca di qualcosa. I due rimasero per alcuni minuti tesi ad aspettare un segno da parte dell'altro, che non avvenne da nessuno dei due. Chi avrebbe fatto la prima mossa ? E come l'avrebbe fatta ? L'uomo non capiva ciò che stava succedendo, dapprima la risposta gli sembrava così chiara e la sua fine così vicina, e ora invece non ci capiva nulla. Che cosa stava aspettando il leone ? Che gli ava per la mente ? ò un'ora e la situazione era rimasta inalterata. L'uomo iniziò a rilassarsi e irritarsi allo stesso tempo.
Uomo- Ma chi sei tu ?
Il leone aizzò le orecchie e rispose.
Leone- Chi sono io ? Chi sei tu ?
L'uomo si paralizzò. No, non poteva credere di aver sentito ciò che in realtà sapeva di aver sentito, in altre parole il leone parlava la sua lingua. E anche molto bene. Rimase a bocca aperta per alcuni minuti a guardare sbigottito il leone.
Leone- Che ti hanno mozzato la lingua ?
Il leone cautamente si avvicinò all'uomo che farfugliava parole incomprensibili.
Uomo- Tu parli ? Leone- Sì, perché ? Che c'è di strano ? Uomo- Non si vedono tutti i giorni degli animali parlanti. Leone- Molto strano perché tutti gli animali sanno parlare. Uomo- Davvero ? E come fate ? Leone- Ah, io non lo so proprio.
Per l'uomo era una scoperta grandiosa a livello economico ovviamente, finalmente si sarebbe imposto nel mercato e sarebbe stato apprezzato per le sue qualità dai più grandi esponenti del mondo nel campo imprenditoriale. Avrebbe incassato una fortuna se soltanto avesse catturato il leone e posto in fiera mostra dinanzi agli occhi sbalorditi dei media. Era un’idea geniale. L'uomo si rilassò; doveva giocare bene le sue carte se voleva ottenere ciò che bramava.
Uomo- Insomma, che incontro fortuito. Io e i miei amici eravamo andati a caccia... voglio dire a eggio quando improvvisamente la jeep si è ribaltata. Forse abbiamo preso una buca o qualcos'altro. Io sono l'unico sopravvissuto.
Leone- Mi dispiace molto, posso fare qualcosa per te ?
L’uomo ci rifletté sopra.
Uomo- In effetti sì. Leone- Dimmi pure. Uomo- Se venissi insieme con me in città, mi faresti da guida poiché non conosco la zona, ho paura di perdermi. Leone- Ti posso portare fini al confine della savana e poi darti istruzioni per raggiungere la città. Uomo- Sarebbe molto cortese da parte tua, ma vedi, io sono un fifone ho paura di essere aggredito dai briganti. Invece al tuo fianco non temerei nessuno. Leone- Capisco. Dammi il tempo di riflettere.
L’uomo provò in tutti i modi a convincere il leone a seguirlo in città, perché una volta raggiunta la sua destinazione avrebbe acquistato delle cartucce contenenti dei sonniferi che avrebbero addormentato l'animale. Da lì in poi sarebbe stato facile, infatti lo avrebbe portato a New York con il primo sbarco della mattina seguente.
Leone- E il bastone che avevi in mano prima che ti cadesse non è sufficiente a proteggerti da eventuali pericoli ?
L'uomo si destò dai suoi pensieri.
Uomo- Quale...dici questo ?
Indicò il fucile per terra.
Uomo- Questo vecchio pezzo di legno non serve a nulla. È solo un fragile ciocco di legno. Leone- Capisco. Va bene, allora ti farò da scorta fin dentro la città, ti accompagnerò a casa tua e poi ritornerò indietro. Uomo- Non so come ringraziarti. Leone- Aspettami qui, vado a dire alle mie leonesse che tornerò stasera. Uomo- certamente vai pure.
L’uomo fremeva di gioia, era tutto eccitato per quella fantastica occasione che gli si presentava davanti e a stento riuscì a sopprimere un grido di esultanza. Dopo alcuni minuti, il leone ritornò dall'uomo e si misero in viaggio. arono alcune ore di cammino e finalmente giunsero al limitare della savana, dopodiché si accinsero a percorrere la strada che li avrebbe condotti in città. Nel frattempo l'uomo si stava preparando per escogitare il suo piano infallibile che lo avrebbe reso ricco e famoso. Non poteva per nulla al mondo lasciarsi sfuggire quest'opportunità. Infine giunsero in città e sfoggiarono maestosamente sotto gli sguardi attoniti dei popolani. Uomo- Puoi aspettarmi qui, vado da un mio amico a riferirgli ciò che mi è accaduto. Arrivo subito.
L’uomo entrò nell'emporio di un suo vecchio amico.
Uomo- Come stai, amico mio ? Commerciante- Tutto bene ? Cosa ti porta qui ? Uomo- Mi servono delle cartucce con del sonnifero. Commerciante- Mi dispiace, capiti in ritardo le ho finite tutte. Uomo- Ho un grosso affare tra le mani non potresti procurarmi quattro tuoi amici per tendere un agguato a un leone, ma senza ucciderlo sia chiaro. Commerciante- Certamente, ci vediamo a casa tua. Uomo- Perfetto.
L'uomo ritornò dal leone.
Uomo- Scusa per l'attesa. Casa mia si trova nei paraggi.
Imboccarono uno stretto sentiero che terminava al crocevia di due stradine interne, presero la strada di destra e dopo pochi metri si ritrovarono di fronte un cancello marrone.
Uomo- Ebbene siamo arrivati. Io abito qui. Leone- Perfetto, il mio compito è concluso. Uomo- Perché non entri ? Ti mostro l'interno della mia umile dimora. Non capita tutti i giorni di incontrare un leone parlante. Per me sarebbe un vero onore.
Leone- Sia come vuoi tu.
Detto ciò entrarono, la casa era avvolta nell'oscurità. L'uomo accese la luce e inaspettatamente quattro spesse fune cinsero le zampe del leone costringendolo a terra.
Leone- Dovevo aspettarmelo. Vile che non sei altro, mi hai teso una trappola.
Emise un lungo ruggito che fece spaventare i quattro briganti.
Uomo- La fortuna capita una volta nella vita, e tu sei la mia gallina dalle uova d'oro.
Il leone lo fissò e gli mostrò le zanne aguzze.
Leone- Ricordati delle mie parole: Chi commette il male, alla fine gli si ritorce contro.
Improvvisamente un fragore di vetri rotti risuonò nella casa, che si riempì di dieci leonesse furiose. Prontamente spezzarono le corde che attanagliavano il leone e incominciarono a sbranare i briganti. Il fiero leone si avvicinò al suo traditore.
Leone- Quando ti vidi accanto alla macchina ebbi pietà di te, e ti prestai
soccorso.
L'uomo cadde in ginocchio supplichevole.
Leone- Ma quando mi hai detto di accompagnarti a casa tua per paura dei briganti, ho iniziato a riflettere e la tua bugia è stata smascherata nel momento in cui mi hai detto che il tuo fucile era in realtà un vecchio ciocco di legno. Uomo- Ti supplico...abbi pietà di me.
Il leone era a pochi centimetri dal suo viso.
Leone- Tu ne avresti avuta per me ?
Il vecchio Re
Un vecchio Re stanco e provato dai lunghi anni ati da regnante decise di investire un nuovo successore che avrebbe governato il suo regno. Purtroppo, il fato non volle che la sua amata regina gli desse dei figli, per cui il trono era rimasto senza eredi. Così il Re che era saggio e giusto, su consiglio del suo fedele druido decise di indire un torneo di spade. Vi avrebbero partecipato i più valorosi guerrieri del regno sia di nobili sia di umili origini, che si sarebbero dati battaglia fino allo stremo delle forze. Siccome il Re era buono, non si sarebbero consumati inutili spargimenti di sangue, bensì la vittoria sarebbe andata al guerriero che avrebbe sconfitto il suo avversario costringendolo alla resa. Il vincitore del torneo si sarebbe posto affianco del Re in veste di vice, finché non sarebbe stato pronto a ricoprire l'investitura di regnante. Fu così che iniziò il torneo di spade. Vi parteciparono molti guerrieri, scudieri, contadini, falegnami e ognuno di loro sperava di poter giungere alla vittoria. Dopo settimane trascorse a duellare si ebbe il vincitore, Sir Leonard. Egli era un uomo coraggioso, potente, e salda la sua lingua. Il vecchio Re era molto soddisfatto della vittoria del giovane, poiché provava grande ammirazione per lui. Divenuto Vice-Re gli furono affidate diverse mansioni per iniziare il percorso che lo avrebbe reso il sovrano del regno. Tra i vari ruoli ricoperti vi era il giudice del popolo, ossia colui che ascolta e provvede ai bisogni dei sudditi.
Il Vice-Re assiso sul trono si preparava ad ascoltare il popolo, ato dal fedele consigliere del Re, il saggio druido.
Suddito- Abbiamo bisogno del tuo aiuto. Vice Re- Coraggio, dimmi pure. Suddito- Come tu saprai il raccolto quest'anno è andato male e per provvedere alla sussistenza della mia famiglia mi occorre un altro pezzo di terra. Vice Re- E con ciò ? Desideri forse un pezzo del mio terreno ? Suddito- Sire, pensavo che un pezzetto di terra della vostra immensa proprietà non vi avrebbe certamente liso. Vice Re- Contadino, devi essere forte e resistere, ringrazia gli Dei di ciò che hai. Puoi andare. Suddito- Ma così io e la mia famiglia moriremo di fame. Vice Re- Che sei un rammollito ? Mangiate una pagnotta di pane e dividetevela e vedrai che vi basterà fino al prossimo raccolto. Il prossimo.
Il vecchio Re fu informato dal suo consigliere e fidato amico a proposito del cuore spietato del giovane lo bandì per sempre dal suo regno. A causa della sua durezza lo mise a lavorare al pezzo di terra che aveva donato al contadino. Il vecchio Re cadde nello sconforto, non era riuscito nel suo intento di trovare un successore, il suo tempo ava inesorabile giorno dopo giorno, non gli rimaneva ancora molto. Gli anni avano e la vita nel regno proseguiva tranquillamente. Il Re era sconsolato per la morte della sua regina, e la mancanza di un erede che avrebbe governato il suo reame con giustizia, adoperandosi sempre in aiuto del popolo.
Un giorno capitò nel regno e più precisamente al cospetto del Re un bel giovane, alto, robusto e dallo sguardo ostinato. Il suo parlare era disinvolto, tutto ciò che aveva da dire, lo dichiarava senza raggiri di parole come tanti altri. Un ragazzo di notevole intelletto.
Ragazzo- Mio signore, il mio nome è Sir Ignatius di Chesterlet, e vengo alla vostra cortese presenza per reclamare il titolo di vostro successore. Re- Qual è il motivo che ti spinge a diventare mio successore? Sir Ignatius- Il mio Signore mi ha mandato da voi, vi porgo codesta lettera in vece del suo lustro nome.
Porse la lettera al Re. Finita di leggerla tornò a rivolgersi al ragazzo.
Re- Sia così, ho costato la tua lealtà, e all'apparenza sembri avere tutte le credenziali per diventare un buon monarca. Sei il benvenuto ragazzo.
Il Re incamiciava a dubitare della speranza finché la fortuna non tornò a sorridergli nuovamente, forse aveva trovato un degno pretendente al trono. Il giovane Ignatius era un ottimo amministratore, un abile stratega, un fidato consigliere e un convinto pacifista. Finalmente la sorte del suo amato regno sarebbe stata vigile sotto lo sguardo scrupolo e le nobili intenzioni di un giovane capace. Eppure, il consigliere del Re che era sempre accorto sotto ogni particolare non si fidava del giovane. Qualcosa vi era nascosto sotto gli scaltri occhi del giovane; così iniziò a pedinarlo.
Una notte si svegliò di soprassalto, forse scosso da un rumore o da un incubo. Guardando fuori dalla terrazza della stanza, sotto il chiarore della luna, vide Sir Ignatius aggirarsi nei pressi della riserva. La riserva era costituita di un piccolo locale, in cui era conservato il denaro del regno, il quale era equamente spartito a tutto il popolo. Il consigliere insospettito dallo strano comportamento del ragazzo, decise di indagare. Nascosto dietro un cespuglio che affacciava di fronte alla riserva, vide il ragazzo intento a forzare lo scrigno, trafugare il denaro posto all'interno, e porlo dentro la sua sacca di pelle. L'operazione furtiva durò poco, giacché il ragazzo era vigile e troppo scrupoloso nei dettagli. Il mattino seguente il consigliere riferì al Re ciò che aveva veduto la notte prima, così il Re chiamò subito a interrogare Sir Ignatius.
Re- Come stai stamane ? Sir Ignatius- Tutto bene, vostra maestà. Re- Potresti vuotare le tasche ? Sir Ignatius- Sire, non capisco il motivo ? Non ho nulla da nascondere ? Re- Sicuro ? Perché oggi stesso farò contare il denaro contenuto nello scrigno della riserva. E se c'è un ammanco, so chi è il colpevole e lo metterò a morte. Quindi non ti dispiace se frugo nella tua stanza, vero ? Sir Ignatius- Sire, non ho nulla da nascondere ai vostri occhi. Re- Valuta bene le parole che dici. Perché devi sapere che le monete contenute nello scrigno della riserva non sono d'oro, bensì di bronzo macchiate da un colorante giallo che rimane incollato sulle dita per alcuni giorni. Di conseguenza qualora qualcuno volesse rubarle, si accorgerebbe troppo tardi dello sbaglio
compiuto. Mostrami le mani. Sir Ignatius- Ma...ma... vostra maestà, io non credo di poterlo fare. Re- Mostrami le mani è un ordine!
Sir Ignatius s'impaurì dell'ira del Re, che fino a quel giorno lo aveva visto sempre dolce e bonario. Ecco, perché il suo regno era sempre prospero e tranquillo, il suo Re lo governava con giustizia e tolleranza e una buona dose di carattere all'occorrenza. Il ragazzo visibilmente impaurito fuggì lontano, sapeva di essere in torto e preferiva scappare piuttosto che subire l'ira del Re. Intanto, il vecchio Re era caduto nuovamente nello sconforto il nuovo pretendente al trono non si era rivelato ciò che affermava di essere, piuttosto un vile impostore bramoso di denaro. La speranza stava lentamente cedendo posto alla disperazione, così come nel suo cuore. Gli anni trascorrevano serenamente nel regno, e il vecchio Re ormai centenario aveva vissuto più di ogni altro suo predecessore, ma il tempo per lui era allo scadere. Sapeva che quello sarebbe stato il suo ultimo giorno, se lo sentiva nel profondo dell'anima, così fece indire un grande banchetto cui tutti i sudditi del regno avrebbero partecipato. I festeggiamenti durarono fino a notte fonda, ma il vecchio Re che iniziava ad accusare i primi sintomi di stanchezza, decise di ritirarsi nella sua stanza. Durante il tragitto fino al castello, vide un misero ragazzo seduto in terra con pezzo di pane fra le mani. Il Re non lo aveva mai veduto nel suo regno.
Re- Ciao fanciullo, non ti ho mai visto qui. Da dove vieni ? Fanciullo- Me ne vado subito, Sire. Re- No. Aspetta non intendevo questo, non ti voglio cacciare. Vieni con me, ti darò da mangiare e ti farò vivere nel mio castello. Fanciullo- Non posso. Mi dispiace. Re- Perché dici questo ? Non ti senti degno di vivere alla mia corte ? Fanciullo- Io sono povero, senza famiglia, cresciuto nei bassifondi. Non riuscirei mai a vivere in un castello in mezzo alla servitù. Re- Piccolo mio, tu sei degno più di chiunque altro di vivere in un castello e ti dirò di più appena compirai la maggiore età, diventerai il Re di questo reame. Fanciullo- Ma Sire ? Re- È già deciso, governerai il mio regno con giustizia e bontà, e saprai prendere le decisioni assieme al popolo, perché devi sapere che un buon Re si espone personalmente al pericolo e fa di tutto per il bene dei sudditi. Adesso andiamo alla festa ti presento il mio fedele consigliere che ti assisterà durante la tua crescita.
Il vecchio Re e il fanciullo s'incamminarono in direzione della festa, che si svolgeva in piazza. Finalmente il Re aveva trovato il suo degno successore, anzi aveva trovato un figlio.
Gracile uomo
Il possente guerriero si spostò in avanti e afferrò il braccio del suo avversario trafiggendolo con l'ascia a doppio taglio. Dopodiché attaccò gli avversari alla sua sinistra e alla sua destra uccidendoli in pochi colpi. Corse contro l'esercito nemico che lo fronteggiava davanti, sferrando attacchi contro chi gli capitava a tiro, sia a breve sia a lunga distanza. Qualsiasi tipo di arma avesse tra le mani, le faceva diventare strumenti di morte certa. Era incredibilmente forte pari alla sua arroganza. Il suo carattere irruente lo elogiava dinanzi ai suoi simili, sempre determinato a mostrare la sua superiorità in battaglia, e la freddezza di portare a compimento un’esecuzione senza avere rimorsi. Insomma, era una fredda e spietata macchina da guerra. Capitò un giorno di primavera, mentre sedeva comodamente seduto sulla panchina della locanda a bere sidro, un gracile vecchio si avvicinò al suo tavolo.
Vecchio- Così, sei tu il guerriero. Tutti parlano di te. Guerriero- È normale vecchio, io sono il più popolare. Sono il guerriero più forte del mondo. Vecchio- Su questo non ne dubito, che tu sia forte, ma sta attento perché l'arrogata spesso è portatrice di mali. Guerriero- Ma che dici, vecchio. Io posso permettermi tutto ciò che desidero. Non temo nessuno, non è ancora nato chi potrà battermi. Vecchio- Valuta il peso delle parole che dici, poiché dove meno te lo aspetti potresti trovarti in difficoltà.
Guerriero- Vili menzogne. Vecchio- D'accordo. Ti sfido a un duello io contro di te. Se vinci tu, ti farò dono di un’invincibile armatura con la quale nessuno potrà mai batterti. Se vinco io, invece, ne subirai le conseguenze, in altre parole l'umiliazione. Guerriero- Tu vaneggi vecchio. AHAHAH! Vecchio- Vedremo. Guerriero è un nome che s'addice a chi rincorre il pericolo e si espone in prima persona per salvare la vita della sua famiglia o del suo popolo o semplicemente per una giusta causa. Ma di certo non s'addice a te.
Il guerriero si alzò in piedi di scatto, infuriato dall'insolenza del vecchio. La stazza del guerriero alto e possente fronteggiava quella del magro vecchio, non più in fiore degli anni. I due avversari si fronteggiavano l'uno di fronte all'altro in mezzo alla piazza del villaggio. Il guerriero portò un colpo con tutta la forza prorompente del suo braccio, ma il vecchio lo parò facilmente. Nuovamente il guerriero riattaccò e il vecchio scansò senza indugio il colpo. Il guerriero si stava innervosendo e cominciò a portare colpi a raffica con potenza e velocità, e il vecchio contrattaccò tutti i colpi. Il guerriero fece una finta con il braccio destro e attaccò con il gomito sinistro diretto allo stomaco dell'avversario; ma il vecchio aveva già percepito le sue intenzioni e lo anticipò sul tempo di reazione. Gli affondò un diretto al plesso solare, e lo costrinse a piegarsi in due, infine lo scaraventò per terra colpendolo alla gamba destra.
Vecchio- Hai perso. Guerriero- Mai!
Il guerriero infuriato gli si avventò contro con l'intento di strangolarlo, ma in quel preciso istante fu accecato da una luce abbagliante che investì il suo avversario, e lo costrinse a indietreggiare. Svanita la luce, del vecchio non ne era rimasta traccia e al suo posto apparve un bellissimo uomo.
Mago- Io sono un mago, e il mio potere supera di gran lunga le tue inutili forze. La tua arroganza mi ha condotto a te e per questo sarai condannato dal mio giudizio imibile. D'ora in poi il tuo possente fisico tuo vanto, si trasformerà in un gracile corpo che sarà per te, motivo di vergogna. La tua imbattibile forza diverrà fiacchezza. Questa è la tua condanna fino al giorno in cui non avrai fatto ammenda dei tuoi peccati, e avrai capito il vero senso della vita.
Immediatamente il corpo del guerriero si tramutò in un gracile corpicino, basso e rachitico, gli abitanti del villaggio lo schernivano e gli rinfacciavano i vanti di cui andava fiero.
Abitanti- E i tuoi possenti muscoli. Abitanti- E la tua forza che fine ha fatto ? Abitanti- Ahahaha. Guardati, chi prendi in giro adesso ? Abitanti- Ridicolo Guerriero- No!! state zitti, vili. Ve ne approfittate perché sono piccolo. Mago! Dammi il fisico che realmente mi appartiene. Dammi la mia forza. Mi hai ingannato. No!!
Non ottenne risposta, poiché il mago era sparito.
Intanto il gracile uomo rimase tutta la notte sotto la pioggia in mezzo alla piazza, il suo cuore era pieno di sconforto. ava le sue giornate vagando in completa solitudine, spostandosi da un villaggio all'altro della contea. Non sopportava le risa della gente, gli abbracci degli amanti, gli uomini che costruivano faticosamente il fisico lavorando sodo. Un tempo anche lui era ricercato dalle donne, e invidiato dagli uomini per il suo fisico. Ora invece, doveva subire gli sguardi pietosi della gente, e le donne che lo ripudiavano. Non riusciva più a sopportarlo. Decise allora di allontanarsi dalla civiltà per vivere lontano dal mondo civilizzato. Raggiunse le montagne solitarie, all'estremo nord della contea, un luogo disabitato; si sistemò all'interno di una grotta vivendo come un eremita. Erano ati già quattro anni da quando si era emarginato dalla civiltà, e il suo stato di completo isolamento lo aveva profondamente cambiato. Una mattina come tante, il gracile uomo fu scosso da un forte urlo proveniente nei pressi del fiume, giù in fondo nella boscaglia. Incuriosito dallo strillo, raggiunse il luogo da cui proveniva l'urlo e poté appurare il misfatto che si stava consumando. Infatti un uomo stava malmenando una giovane donna con l'intento di ucciderla affogandola nel fiume. Il gracile uomo era consapevole della differenza di forza tra i due, ma non poteva tirarsi indietro, così decise di agire all'istante. Si precipitò in difesa della donna, placcò l'uomo dietro la schiena sbattendolo per terra violentemente. Iniziarono a menarsi con calci e pugni, ma l'uomo ebbe il sopravvento e cinse con le mani il collo del gracile uomo. La presa era forte, e le mani erano dure come macigni, non riusciva a liberarsi dalla morsa.
A poca distanza da loro vi era un sasso, gracile uomo lo afferrò e prontamente colpì l'aggressore in testa. L'uomo lasciò la presa visibilmente scosso, cadde in terra in preda allo svenimento. Il gracile uomo che nel frattempo si stava riprendendo, si alzò in piedi e si diresse verso la donna.
Gracile Uomo- Stai bene ? Donna- Si-si. Grazie per avermi salvato la vita. Gracile Uomo- Chi era quell'uomo ? E Perché ti stava aggredendo ? Donna- Era un bruto che si divertiva a malmenare le giovani donne per puro divertimento. Ma è m-morto ? Gracile Uomo- No, mia signora è solo svenuto. Donna- Allora che cosa aspettate, uccidetelo. Ecco prendete il sasso con cui lo avete frastornato. Gracile Uomo- No, mia signora. Non posso farlo. Per quanto questo possa essere giusto, sarebbe come commettere omicidio. Donna- Ma egli è violento non sarebbe omicidio, bensì giustizia. Gracile Uomo- Sono consapevole dei crimini di cui si è macchiato, ma stai certa che ne subirà tutte le conseguenze. Bisogna condannarlo a scontare la sua pena in una cella. Non esiste giustizia più grande che un uomo paghi le sue colpe con il rimorso di aver compiuto i crimini più efferati, e sapere di non poter più rimediare, o cancellare i ricordi nella sua mente. Donna- Avete ragione. Mi dispiace di avervi detto tali cose. Vi ringrazi, dal più profondo del cuore. Gracile Uomo- Dovere.
Dopo averla accompagnata ai margini del villaggio in cui dimorava, ritornò
dall'uomo che aveva aggredito la ragazza, e dopo averlo legato, lo consegnò alle guardie del paese in cui abitava la giovane, per essere giustiziato dal popolo.
Guardia- Che cosa ti dobbiamo per averci consegnato questo criminale incallito ? Lo cercavamo da mesi senza risultati. Gracile Uomo- Non mi deve nulla, desidero solo che sia fatta giustizia in memoria delle giovani vittime di quest'uomo.
Ritornò alla sua amata grotta scavata nella montagna. Il suo cuore era felice perché aveva compiuto una buona azione e si sentiva appagato nell'anima. I mesi avano, e il gracile uomo conduceva la sua vita meditando, nutrendosi di bacche e di radici e allenandosi nelle tecniche di combattimento. Era diventato vegetariano, consapevole dei suoi limiti, trascorrendo una vita di umiltà. Le lunghe ore di meditazione avevano consolidato il carattere e affinato i sensi, nonché conferitogli una notevole elasticità mentale. Del vecchio guerriero fiero e possente di un tempo non era rimasta traccia nel suo essere, anzi lo aveva quasi dimenticato. Accadde un giorno, mentre era intento alla ricerca di bacche nel bosco, vide un vecchio scarno sostenuto da un bastone.
Vecchio- Ti prego, dammi da mangiare e da bere, per ristorare il mio stanco corpo attempato. Gracile Uomo- Certamente, vieni nella mia grotta. Ho preparato uno stufato di erbe e radici, e il ruscello che sgorga dall'altopiano ci fornirà tutta l'acqua di cui abbisogniamo.
Vecchio- Davvero tu vuoi condividere il tuo cibo con me ? Gracile Uomo- Non dividerlo, ma lo porgo tutto a te, poiché ne hai più necessità di me. Io posso sempre prepararne dell'altro. Vecchio- Il tuo cuore è grande, ma devi sapere con che tipo di uomo stai condividendo la tavola. Ti racconterò la mia storia. Ebbene io da giovane ero un uomo dal temperamento violento e rude. Mi divertivo nel causare dolore alle donne e agli uomini. Scorrazzavo tutto il giorno assieme a una banda di violenti rubando e malmenando tutti coloro che ci capitavano tra le grinfie. Capitò un maledetto giorno, durante una delle nostre scorrerie un bambino innocente perse la vita. Stavamo derubando una famiglia, quando d un tratto uno dei miei compagni colpì violentemente il bambino facendogli sbattere la testa contro un masso uccidendolo sul colpo. Scappammo via terrorizzati. Io non mi ripresi più, considerandomi colpevole dell'incidente. Da quel giorno promisi a me stesso che non avrei mai più commesso un’azione violenta; fino ad oggi vago di villaggio in villaggio elemosinando la pietà degli abitanti. Non merito nulla, se non il rimpianto di quei giorni. Ecco ora sai chi sono. Gracile Uomo- Caro amico, ho udito il tuo lamento e ascoltato le tue parole di vero pentimento e poiché penso che tu abbia già scontato la tua pena per esserti umiliato e aver vissuto di stenti per tutti questi anni, sarò lieto di averti con me a cena. Vecchio- Grande è il tuo cuore come la tua saggezza.
Fu così che i due divennero amici in quella calda serata estiva. Il vecchio che era stanco di vivere da solo chiese al gracile uomo di poter vivere assieme, il quale accettò lusingato. Costruirono un’abitazione di legno, foglie e radici e abitarono insieme. Intanto il gracile uomo cominciò ad applicarsi agli esercizi fisici che lo portarono a un ingrossamento della massa muscolare, si stava lentamente riprendendo il fisico che gli apparteneva.
Una mattina la donna che tempo fa aveva soccorso si presentò all'ingresso della grotta. Gracile Uomo- Mia signora, cosa ci fai qui ? Donna- Dal giorno in cui mi salvasti dalle mani di quel bruto non ho fatto altro che pensare a te. Gli uomini del villaggio in cui vivo sono troppo occupati a pavoneggiarsi per conquistare le donne. Invece, tu che vesti umilmente e combatti come un prode nonostante la tua gracile figura mi hai rapito il cuore. Ora ritorno da te, in piena coscienza delle mie scelte per chiederti se posso diventare la tua compagna. Gracile Uomo- Mia signora, averti al mio fianco equivale ad ambire alla felicità eterna. Tu mi riempi di gioia.
Così il gracile uomo e la bella signora si unirono in matrimonio. Assieme all'aiuto del vecchio costruirono una grande casa fatta di tronchi d'albero, canneti, e foglie di palma; iniziarono anche a coltivare il terreno. La vita trascorreva lieta, lontano dalla malvagità degli uomini. Un giorno mentre il gracile uomo era intento alla lavorazione del terreno, un vecchio basso e magro lo afferrò per un braccio.
Gracile Uomo- Ma...chi sei tu ? Non ti ho sentito arrivare ? Mago- Non ti ricordi di me ? Gracile Uomo- Ma certo, sei lo stesso vecchio che sfidai dodici lunghi anni fa. Che cosa vuoi da me? Mago- Sono venuto per rispettare il nostro accordo, rammenti ? Gracile Uomo- No, è ato troppo tempo. Mago- Il nostro accordo è rispettato, ti restituisco ciò che ti ho sottratto anni fa, poiché ti sei realmente pentito dei tuoi errori.
Il mago lo toccò sulla fronte, nel frattempo il gracile uomo chiuse gli occhi per via della forte luce emanata dal mago, e quando li riaprì il mago era scomparso nel nulla. Il corpo dell'uomo era tornato quello muscoloso di un tempo, ma con un animo buono. La sposa e il vecchio appena lo videro non vollero credere ai loro occhi.
Sposa- Che cosa ti è accaduto ? Uomo- Ho riparato agli errori commessi tanti anni addietro. Come vedi amico mio, non sei l'unico che nasconde dei tormenti. Tutti combattiamo con noi stessi, alla fine sta a te decidere da che parte vuoi stare, se combattere tutta la vita, o renderti umile di spirito e di cuore.
L'uomo aveva capito il vero senso della vita e cosa esso comportasse, prendersi cura della propria famiglia, dare conforto e riparo ai poveri, assumersi le proprie colpe. Finalmente era un uomo libero e sereno.
Gli avventurieri
Il ragazzo non poteva avere più di quindici anni, stava attraversando la fase di sviluppo giovanile, e i risultati si notavano giorno dopo giorno. Le sue idee si progredivano e i concetti riguardo alla vita si stavano evolvendo trasportandolo in uno stato di consapevolezza e responsabilità. Fin da quando era un bambino, sentiva il forte desiderio di aiutare il prossimo, e manifestare le sue qualità alle persone cui voleva bene. Si era preposto un obiettivo, aiutare le persone in difficoltà senza ricevere favori o denari. Il ragazzo aveva compiuto ventitré anni era diventato alto, forte e in salute, e il suo fisico prestante accentuato dal duro lavoro nei campi. Lavorava assieme a suo padre nel campo di grano, raccoglieva le spighe e macinava i chicchi nel mulino della fattoria in cui abitava. Mentre sua madre e sua sorella erano affaccendate a pulire la casa e adornare la tavola di tante pietanze diverse. La sua vita campagnola era semplice, e quando non lavorava, andava nel bosco a giocare con il suo cane. Gli piaceva stare in contatto con la natura e gli animali, poiché gli infondevano un senso di pace profonda. Egli sostava ore al riparo dal sole, all'ombra della vecchia e larga quercia ad ascoltare il canto degli uccelli. Ma il suo desiderio di aiutare le persone era sempre presente, non riusciva a non pensarci. Così un giorno decise di avventurarsi per il mondo, finalmente si diede coraggio per affrontare il presente. Fu molto doloroso salutare la propria famiglia ancora increduli per il suo comportamento, ma il suo cuore gli diceva di partire e affrontare il suo destino. La sua strada era solitaria e le notti tristi, perché non aveva nessuno con cui parlare.
I mesi avano, aveva girato la contea in lungo e in largo, ciononostante non era accaduto nulla d'inconsueto. Nessun disturbo della quiete o qualche situazione di pericolo che avrebbe richiesto il suo intervento. Nessun salvataggio nei confronti di ragazze dalle grinfie di pericolosi bruti, nemmeno un soccorso ai dei poveri disgraziati malmenati da delinquenti, insomma tutto era fin troppo tranquillo. Forse capitava sempre nel momento sbagliato. Una notte particolarmente fredda, si addormentò ai piedi di un faggio coccolato dal calore del fuocherello , fece un sogno assai strano. Sognò il suo cane che lo stava chiamando, e lo invitava a seguirlo. Il ragazzo seguì il suo fidato cagnolino il quale lo stava conducendo verso un paesino disabitato; solo un uomo vi abitava. Un omone grande e grosso alto circa due metri e dieci, che aveva il corpo ricoperto completamente di folta peluria nera; lo sguardo arcigno non prometteva nulla di buono. Una cosa era certa, di sicuro non aveva buone intenzioni. I due si stavano studiando, frementi di combattere, ma nell’esatto istante in cui si preparavano all’attacco, il cane iniziò ad abbaiare energicamente. Il ragazzo si svegliò di soprassalto quello che nel suo sogno sembrava l'abbaiare di un cane, nella realtà era un urlo disperato di una donna proveniente non lontano da lui. Si affrettò a raggiungere il luogo trepidante dall'eccitazione di vivere un’avventura. Arrivato in prossimità del villaggio e vide un omone grande e grosso, ricoperto di peli e con lo sguardo rabbuiato, lo stesso uomo che aveva visto nel suo sogno. L'omone stava attaccando gli abitanti del luogo e devastando tutto ciò che poteva. Gli abitanti erano terrorizzati. Il ragazzo decise di intervenire.
Ragazzo- Ehi! Tu! Fermati. Perché stai attaccando questi poveri paesani che non ti hanno fatto nulla ? Omone- Io faccio quello che pare a me... Ragazzo- Non è giusto quello che stai facendo te ne rendi conto ? Omone- Io sono brutto e cattivo...nessuno mi vuole. Ragazzo- Io non penso che tu sia brutto e cattivo. Omone- Tu dici il falso! Bugiardo! Ragazzo- No, non è vero. Posso giurartelo se vuoi. Omone- Davvero lo pensi ? Ragazzo- Certamente omone, quindi smettila di spaventare questa povera gente indifesa. Omone- Io smetto, ma non per loro per te, loro sono cattivi con me, non mi vogliono. Ragazzo- Ti ringrazio, omone.
Il ragazzo non credeva totalmente alle parole dell'omone per cui interrogò una donna lì vicina, per chiederle spiegazioni.
Ragazzo- Ciò che dice è vero ? Lo avete trattato male ? Donna- Io no, ma i ragazzi lo deridono e le donne lo scansano per via del suo brutto aspetto. Ragazzo- Capisco.
Il ragazzo tornò a rivolgersi all'omone
Ragazzo- Mi dispiace per quello che hai subito. Omone- Tu non capisci, non puoi. Tu non sai cosa si prova a essere me. Le ragazze fuggono da me, perché spaventate dal mio aspetto mostruoso. I ragazzi prendono in giro me. Gli unici amici che ho sono gli animali e le piante loro non prendono in giro. Ragazzo- Forse non posso capire quello che hai ato, ma ti prometto che io non ti prenderò in giro, vieni assieme a me. Andremo in giro per il mondo ad aiutare le persone in difficoltà. Omone- Perché dovrei aiutare chi è cattivo con me ? Ragazzo- Per dimostrare agli altri che oltre il tuo aspetto rabbioso in realtà si nasconde un cuore buono. Omone- Verrò con te, sono stanco di stare sempre da solo. Grazie amico mio.
Da quel giorno il ragazzo e l'omone divennero grandi amici, insieme percossero miglia attraverso deserti cocenti, paludi fangose, pianure e montagne rocciose. Viaggiarono per mare a bordo di potenti galeoni, cavalcarono poderosi stalloni, porsero protezione a chi necessitava di aiuto. Sostennero i Re a difendere le loro proprietà dagli attacchi dei ribelli, difesero paesi e popolani dai selvaggi provenienti dal lontano est, scortarono regine e principi attraverso i regni dei rivali per siglare trattati di pace. Con il are del tempo i loro nomi divennero famosi e conosciuti. Un giorno capitarono in una cittadella dal sinistro aspetto; essa era quasi completamente disabitata e per nulla accogliente. Sembrava che volesse essere nascosta e lontana dal mondo conosciuto. Una notte mentre alloggiavano nella stanza dell'unica locanda del paese, si udì
uno spaventoso ululato nelle vicinanze. Uscirono dalla locanda in cerca del proprietario, ma il locandiere li avvertì del pericolo cui andavano incontro.
Locandiere- Andate via finché siete in tempo. Ragazzo- Perché mai, signore ? Locandiere- La creatura perseguita da qualche tempo il nostro villaggio, tutti noi la temiamo. Compare tutte le notti tormentandoci. Ragazzo- Perché non avete lasciato il villaggio ? Locandiere- Per la stessa paura per cui non abbiamo chiesto aiuto ai cavalieri del Re. Omone- Noi vi aiuteremo. Locandiere- Siete pazzi, fuggite finché siete in tempo, questa non è la vostra condanna.
L'ululato ormai era a pochi metri da loro. Si precipitarono di fuori, e si ritrovarono di fronte un grosso lupo dal pelo nero con svariate chiazze brizzolate sparse lungo il corpo.
Lupo- Chi siete voi stranieri, da dove giungete ? Ragazzo- Veniamo da molto lontano. Perché ogni notte perseguiti questa povera gente ? Che male ti hanno fatto ? Lupo- Tu parli del male che io porto a questa gente, ma i tuoi occhi non vedono oltre. Perché altrimenti capiresti. Ragazzo- Del tipo...
Lupo- Del tipo che non sono affari tuoi. Ragazzo- Quando della povera gente soffre sono affari miei. Lupo- Non ti riguarda...
Il lupo balzò in avanti e colpì il ragazzo facendolo cadere in terra, dopodiché si avventò contro l'omone, il quale tentò inutilmente di colpirlo, ma il lupo era troppo agile per lui. L'omone si ritrovò disteso in terra mentre il lupo digrignava i denti di fronte al suo viso.
Lupo- Andate via da questo luogo, non vi appartiene. Ragazzo- Mai! Faremo di tutto per difendere gli abitanti dalla tua furia. Lupo- E che cosa vorresti fare ? Ragazzo- Non desidero combatterti, né tanto meno ucciderti, ma se non mi lasci altra scelta, lotterò fino allo stremo delle forze, dovesse anche costarmi la vita. Almeno morirò con il tentativo di averci provato. Lupo- Arrgh! Come vuoi!
I tre si affrontarono per tutta la notte. Dopo diversi tentativi di sbaragliare il lupo, l'omone cadde svenuto dopo aver battuto la testa contro una roccia, mentre il ragazzo fu sopraffatto dal lupo. Era la fine.
Ragazzo- Lupo ti prego dopo avermi ucciso, risparmia dalla tua collera l'omone, e ti prego anche di non mangiare il mio corpo, ma fa in modo che la mia salma arrivi alla mia famiglia cosicché.
Essi mi possano seppellire. Spero che un giorno la tua collera si plachi.
Detto ciò il ragazzo chiuse gli occhi in attesa della morte, che però non arrivò mai. Il lupo lo aveva lasciato libero. Il ragazzo si sollevò e aiutò l'omone a riprendersi dallo svenimento.
Ragazzo- Perché non mi hai ucciso ? Lupo- Non posso uccidere un anima innocente. Vai via da questo luogo ricolmo di malvagità.
Il ragazzo vide una lacrima solcare il viso del lupo e giurò che in quel preciso istante stesse ricordando un avvenimento ricorso anni fa. Il suo sguardo era perso nel vuoto e pieno di tristezza. Il suo viso sembrava trasparire una sorta di colpevolezza, come se il rancore lo divorasse dentro e non gli desse tregua.
Ragazzo- Che cosa ti è accaduto ? Ti prego...raccontamelo.
Il lupo sembrò esitare, ma in realtà voleva liberarsi da quel peso mantenuto così a lungo.
Lupo- Io non sono di animo cattivo, e non mi diverto a tormentare questa gente di proposito e senza alcun motivo. Non ho mai ucciso un essere umano e non voglio farlo, ma il mio odio verso questi abitanti è incominciato molto tempo addietro. Mi trovavo al limitare della foresta, nei pressi del ruscello, ero ferito gravemente e rischiavo di morire dissanguato. Credevo che per me non ci
fossero più speranze, ma un ragazzo pressoché della tua età, mi trovò in fin di vita e mi curò. Le sue cure mi salvarono la vita. Il ragazzo era orfano di entrambi i genitori, solo al mondo come me, anche lui non aveva nessuno cui far riferimento, una casa dove tornare calda e accogliente, una madre premurosa, un padre protettivo. Era cresciuto nella miseria e nello screzio che gli altri provavano di lui. Diventammo inseparabili amici, m’insegnò la vostra lingua, e a comportarmi bene nei confronti della vostra razza che io consideravo malvagia. Un giorno un gruppo di bracconieri proveniente dal villaggio nei pressi del bosco, stavano cacciando vicino al nostro rifugio, avevano intrappolato una volpe e stavano per ucciderla. Ma io e il ragazzo intervenimmo per fermarli, così uno di loro lo colpì duramente facendogli sbattere il capo contro il tronco di un albero. Non feci in tempo per fermarlo, e quando andai a soccorrerlo era troppo tardi. Ricordo ancora le ultime parole che mi disse debolmente:
e spirò. Da quel fatidico giorno giurai guerra contro gli abitanti del villaggio, ogni notte li tormento, in attesa di ritrovare i tre bracconieri e ucciderli.
Il ragazzo non sapeva come comportarsi, né tanto meno cosa dire, gli dispiace molto per la triste storia raccontata dal lupo. Aiutò l'omone a risistemarsi in piedi, ancora barcollante.
Ragazzo- Ora capisco. Mi dispiace è una triste storia la tua. Mi rammarico per te. Ma se vuoi io e il mio amico ti possiamo aiutare nella tua impresa e trovare i tre bracconieri. Vieni con noi. Lupo- No, la mia ricerca è solitaria. Omone- Anch’io pensavo come te prima, ma ti prometto che saremo una squadra insieme e non sarai più da solo, a lungo ho atteso un cambiamento nella mia vita, e finalmente è giunto. Lascia che giunga anche da te. Viene con noi. Vieni con noi. Lupo- Va bene verrò. Siete giusti di cuore. Potete chiamarmi Gramo.
Il trio iniziò la ricerca dei bracconieri per far prevalere la giustizia. Fecero domande, interrogando tutti gli abitanti del villaggio, ma con totale insuccesso. O avevano troppa paura di parlare o non sapevo nulla dell'incidente. Con il are dei giorni si persero nello sconforto, nessuno sapeva o aveva udito qualsiasi cosa che li potesse aiutare. Finalmente dopo un mese di vari insuccessi, un’anziana donna si presentò a loro, il volto era coperto da uno scialle nero.
Anziana- Io li conosco ? Gramo- Chi sono ? Dove li posso trovare ? Anziana- Spiacente, lupo, due di loro sono morti caduti in un fossato e mangiati dalle carogne. Il terzo si è impiccato per il dolore insostenibile. Ora conosci la storia. Gramo- In tal caso la giustizia ha fatto il suo corso. Ti ringrazio.
I tre lasciarono il funesto villaggio portatore di dolore. Viaggiarono per il mondo vivendo assieme numerose avventure, ebbero modo di conoscere paesi diversi di culture e razza. Scoprirono luoghi misteriosi, astratti e suggestivi, piante riccamente colorate e fiori di colore e dimensioni strabilianti. La loro fama li precedeva e per questo erano accolti calorosamente, chiamati con il nome “avventurieri”. Erano ati dieci anni da quando ragazzo aveva abbandonato la sua dimora Natale, ormai aveva compiuto ventotto anni ed era diventato un uomo forgiato nello spirito. Dentro di sé avvertiva il desiderio di rivedere la sua amata famiglia, mai dimenticata durante la sua lunga assenza, poiché si sentiva sempre più legato alle sue origini.
Quando aveva diciotto anni, era sicuro d'intraprendere la sua strada nonostante i pericoli, ma per la tutela della giustizia avrebbe fatto qualsiasi cosa. A distacco di tanto tempo avvertiva il bisogno di rivedere il suo paese, la sua casa, i sui boschetti e ruscelli, il suo mulino ad acqua e la cantina dove macinava il grano con il padre.
Ragazzi- Amici voglio farvi conoscere la mia famiglia. Dirigiamoci verso il luogo in cui sono nato, il cammino è lungo ma ne valeva davvero la pena, vi assicuro. Il mio paese è splendido, ricco di boschetti, campi di grano, fiumiciattoli e brughiere sconfinate colorate da bellissimi fiori. Verrete con me ? Gramo- Sì, certo. Omone- Ovviamente, non c'è neanche bisogno di chiederlo.
Fu così che il trio si mise in viaggio diretti verso terre lontane e selvagge. Il maltempo a volte li costringeva a ripararsi, in altre occasioni, invece il sole sembrava volesse spaccare le pietre. Fu in un giorno piovoso, costernato da fulmini che schiarivano il cielo di luci accecanti, che lo incontrarono. Era assiso in posizione di meditazione sopra un macigno, la pioggia non lo toccava.
Saggio- Siete giunti a me, dopo un lungo viaggio estenuante. Ragazzo- Non comprendo le tue parole. Saggio- Le comprenderai. Tutti voi le comprenderete. Gramo- Chi sei tu ? Saggio- Non è importante chi sono, bensì ciò che faccio che mi rende quello che sono.
Ragazzo- Non capisco. Saggio- Ragazzo ti porrò un quesito e tu mi risponderai. Sappi però che io intuisco il vero dal falso, quindi non mi puoi imbrogliare. Bene, quando lasciasti la tua famiglia per rincorrere il tuo desiderio, non pensasti che anche alla tua famiglia occorresse protezione ? Ragazzo- Io...in realtà ero preoccupato per loro quando li lasciai, ma sapevo che nel mondo c'erano persone che avevano bisogno di aiuto. Saggio- E se ti dicessi, che la tua famiglia è stata vittima di un incendio causato da gente malvagia... Ragazzo- No! Menzogne, bugiardo! Saggio- Riferisco solamente ciò che vedo e odo.
Il ragazzo si accasciò in terra piangendo disperatamente, non voleva credere alle parole del vecchio, ma in cuor suo per quanto si ostinasse, sapeva che stava dicendo la verità.
Saggio- Omone, tu sei nato dall'unione di una donna con un mezzo-gigante, entrambi i tuoi genitori sono morti perché considerati dalla gente una coppia abominevole. Rimasto solo al mondo alla tenera età di undici anni fosti rinnegato da entrambe le razze, perché considerato un ibrido, perciò vivesti in completa solitudine. Il tuo spirito è animato da buoni sentimenti verso coloro che ti hanno provocato anni di agonia ?
L'omone era stato ferito dentro il cuore, e visibilmente era rimasto traumatizzato. Quando aveva accettato di accompagnare il ragazzo e aiutare gli innocenti più di una volta si era chiesto il motivo per cui le stesse facendo. Lui non aveva nulla a che fare con quella gente maligna che tutta la vita lo avevano oltraggiato con insulti e rinnegato. Eppure, non si era tirato indietro di fronte alla proposta offertagli dal ragazzo, più che altro perché aveva visto in lui un buon amico e
fedele compagno di avventure. E gli voleva bene. Ma le parole del vecchio lo avevano talmente turbato che il suo spirito iniziò a cedere allo sconforto, all'odio.
Saggio- E infine lupo, dimmi che cosa hai provato quando è morto il tuo amico ? Dolore, tristezza ? Gramo- Certamente. Che cosa vorresti insinuare con questo ? Saggio- Ebbene, ti dirò che se quel giorno il ragazzo non ti avesse trovato gravemente ferito e non ti avesse soccorso oggi lui, sarebbe ancora in vita. In un certo modo, la sua morte è ricaduta sotto la tua responsabilità. Gramo- Stai zitto! Zitto! Saggio- Se ciò non fosse vero, io non saprei tutte queste cose sul vostro conto.
Gramo gli si avventò contro per attaccarlo, ma fu respinto indietro come se fosse circondato da un’aura protettiva invisibile. Cadde in preda alla disperazione, come poteva conoscere il suo più terribile rimorso,che si portava appresso dalla morte del suo giovane salvatore. Nessuno doveva saperlo, nessuno. E ora invece, era tutto finito. I tre avventurieri reduci di tante avventure erano giunti alla loro ultima battaglia forse quella più grande, contro se stessi. La speranza, la condivisione, l'audacia che avevano convissuto in tutti questi anni e che li aveva spinti ad affrontare amare decisioni, sembrava averli abbandonati. Il saggio si alzò in piedi, aveva compiuto il suo scopo, ora poteva anche andare via. Improvvisamente, la voce del ragazzo eruppe dal silenzio accostandosi al
turbinio del vento.
Ragazzo- Ho perseguitato il mio sogno con la benedizione della mia famiglia, sapendo a cosa andavo incontro. Nonostante la loro tragica fine, io so di essere nel giusto e che la giustizia è il mio stendardo che non smetterò mai di sventolare. Omone- Anch’io sono nel giusto. Durante il mio cammino ho conosciuto persone buone che hanno accolto me, e trattato bene, ho conosciuto due fratelli. La giustizia è il mio cammino. Gramo- Se è come dici tu, allora il mio amico è un eroe perché oltre ad avermi salvato la vita, mi ha alleviato lo spirito e mi ha fatto conoscere la bellezza di vivere. E per questo lo ringrazio ogni giorno. Lui vive dentro di me ed io vivo dentro di lui. La giustizia è la mia fedele compagna. Tre avventurieri- Giustizia! Giustizia!
Incitarono a forte voce la parola che da sempre li aveva animati “giustizia” e che li avrebbe accompagnati per sempre. Nulla li avrebbe scoraggiati né il rimorso né l'odio.
Saggio- Molto bene, tutti e tre avete superato la mia prova. Ragazzo- Come ? Gramo- Che vuoi dire ? Saggio- Dicendovi delle menzogne dovevo appurare quanto il vostro stato d'animo avesse reagito di fronte al dolore. Essendo voi, saldi nei principi e negli ideali, vi concederò a ognuno di voi dei preziosi doni. Gramo- Che cosa vorresti dire noi non ti abbiamo chiesto nulla.
Saggio- Verbalmente no, ma io leggo nei vostri cuori e nei vostri pensieri più reconditi. Forse, vi conosco più di voi stessi.
I tre si ammutolirono non sapevano come comportarsi, erano del tutto vulnerabili.
Saggio- Ragazzo, hai vissuto tanti anni a difendere il giusto, e comportarti correttamente verso i tuoi simili, ma il tuo cuore desidera una ragazza da amare, che ancora non hai avuto modo d’incontrare. Ma in verità lei ti sta già aspettando. Quando ritornerai alla fattoria della tua famiglia, troverai una ragazza seduta sulla riva di un ruscello con lo sguardo perso nell'acqua. Lei avrà fiori nei capelli e gli occhi le brilleranno sotto la luce del sole. Tu ti avvicinerai a lei, e le porgerai i tuoi saluti. Il tuo cuore ti sembrerà scoppiare perché mai in vita tua avrai visto donna più bella. Ragazzo- Ma... ma...com'è possibile. Saggio- Omone fin dalla nascita sei cresciuto nella discriminazione e di aspetto malevolo. Eppure il tuo cuore non ha mai toccato l'odio, né la tua mano ti è stata motivo di violenza. Tu desideri la bellezza e l'amore che ti sono mancati per tutta la vita. Bagna il corpo nelle acque del fiume e immergiti completamente nell'acqua. Quando uscirai, sarai bellissimo e ricercato dalle donne. Omone- Io, non so cosa dire. Grazie! Grazie infinite! Saggio- Infine mi rivolgo a te, lupo, conosco il grave disagio che ti perseguita ogni giorno. Ma questo dolore lo porti da troppo tempo è arrivato il momento di liberartene. Avresti preferito morire tu al posto del tuo amico. Ebbene, dirigiti nella foresta e addentrati al suo interno, fermati di fronte alla capanna e chiama il tuo amico ed egli uscirà per venirti incontro. Gramo- No, non è possibile ciò. Ma chi sei tu? Che cosa posso fare in cambio? Saggio- Vivete felici amici cari.
Tutti e tre fecero esattamente come il saggio aveva annunciato e le sue parole si avverarono. Vissero tutti assieme nello splendido paese del ragazzo, vivendo assieme la più strabiliante delle avventure, l'amicizia vera.
I tre fratelli
Si stava svolgendo una festa nel paese degli Acri e la maggior parte degli abitanti danzavano a ritmo della musica, nella pista da ballo adornata appositamente sotto il grande gazebo allestito sopra un’enorme quercia. L'altra parte dei popolani, invece era intenta in altre faccende meno salutari, come ingozzarsi di dolci, e bere fiumi di birre di malto. Insomma, una festicciola in aperta campagna con l'orchestra, il cibo, e le danze; tutti felici e soddisfatti a parte tre fratelli che non erano nemmeno presenti alla festa preferendo il silenzio della loro esistenza. Il maggiore se ne stava tutto il giorno rinchiuso nella sua villa a contemplare il malessere che lo accompagnava. Era molto ricco, pieno di proprietà e di ville sparse per il mondo, a tal punto che non gli occorreva lavorare per vivere, il suo patrimonio lo avrebbe accompagnato fino alla vecchiaia. Eppure in cuor suo era molto triste e turbato dalla sua solitudine. Il fratello mediano contrariamente non era ricco, anche se avrebbe voluto esserlo, e per vivere si occupava di amministrare un’azienda che gli era valsa una discreta notorietà nel campo. Era sposato con una donna molto bella, eppure in cuor suo non era felice. Il più piccolo a differenza degli altri due fratelli, era un semplice e umile contadino, che lavorava il pezzo di terra di cui era proprietario, e i suoi pensieri erano rivolti alla sua amata. Nonostante la miseria in cui viveva, era felice. Una volta l’anno i tre fratelli si riunivano alla consueta taverna del paese per scambiarsi le novità dell'anno ato.
Il maggiore parlò per primo: - quest'anno è ato veloce tra banchetti sontuosi e gite campestri. Il mediano prese parola: - io invece ho avuto il mio bel daffare, poiché ho incrementato i miei profitti e lusingato la mia consorte con ricchi doni, tutto sommato devo dire che è stato un anno esaltante. Infine parlò il più piccolo: - io invece ho faticato molto come ogni anno, ho dovuto seminare e mietere il granturco, combattere i parassiti e le malattie della pianta. Ho fatto fronte alle intemperie e la durevolezza del suolo, ma in definitiva sono contento perché la mia vita è piena di belle cose. La prima in assoluto è la mia adorata moglie e il mio campo di grano.
Finiti i discorsi se ne andarono ognuno per la propria strada per darsi nuovamente appuntamento l'anno successivo. Il nuovo anno ò come il precedente, esso infatti non aveva portato nessuna svolta significativa nella vita dei tre fratelli sempre in lotta con le loro preoccupazioni e impegni. Così si ritrovarono nuovamente alla solita locanda per raccontare gli avvenimenti accaduti durante l'anno trascorso.
Il maggiore prese parola: - il mio anno è stato ricco di eventi e festeggiamenti tra balli di alta classe e persone influenti. Parlò anche il mediano:
- io invece ho fatto molti affari e comprato un bellissimo gioiello per la mia consorte. E infine parlò il minore: - io come ogni anno ho zappato il terreno e raccolto il grano sotto il sole cocente. Sono felice poiché il mio campo è fonte di grandi soddisfazioni e l'amore per mia moglie è sempre più forte.
Terminate, le conversazioni fecero per andarsene dalla locanda, quando un anziano uomo pregò i tre fratelli di assisterlo. Vedendolo curvato sul fragile bastone, acconsentirono alla sua richiesta.
Allora il vecchio parlò loro dicendo: - una lepre, un gatto e una tartaruga si sfidarono a una gara di corsa, il primo che sarebbe arrivato al frassino dall'altra parte del campo avrebbe vinto. Chi vinse dunque ? Il maggiore parlò per primo: - certamente la lepre agile e scattante. Il mediano contestò: -secondo me il gatto, perché il più furbo dei tre, architettando qualche stratagemma li vinse. Infine il minore espose la sua versione: - sinceramente mi sta sorgendo un dubbio, perché non ci sarebbe alcun motivo per una tartaruga di gareggiare a una gara persa in partenza. Seconde me la tartaruga conoscendo bene il terreno di gioco vinse la gara beffando la lepre e il gatto. Il vegliardo li scrutò, e disse:
- tu parli bene giovane, perché fu proprio in questo modo che la tartaruga vinse la gara. Subito si crearono delle divergenze tra il maggiore e il mediano. Così il vegliardo li zittì: - vi spiego, mentre la lepre (la favorita) e il gatto (il più scaltro) si affaccendavano per prevalere, la tartaruga (la saggia) percorse la via più breve, nuotando nel fiumiciattolo che scorreva in direzione del frassino e vinse facilmente la gara. Al traguardo la lepre e il gatto barcollavano per la fatica e nel vedere la tartaruga saporitamente riposata le chiesero come avesse fatto a trionfare. La tartaruga rispose loro che aveva semplicemente percorso la via più breve e li ammonì dicendo che la loro cupidigia gliel'aveva nascosta alla vista.
Sia il fratello maggiore sia il fratello mediano si scambiarono sguardi di dissenso. Allora il maggiore parlò: - è un’assurdità quello che hai detto. Il vecchio gli rispose dicendo: - proprio tu parli che rintanato da solo nel lusso, deprimi il tuo essere, perché sei invidioso della moglie ti tuo fratello mediano, e la brami nei tuoi sogni. Essendo tu di aspetto poco piacente invidi la loro bellezza.
Avendo udito ciò il fratello mediano cominciò a ingiuriare contro il fratello maggiore, ma il vecchio lo zittì: - i tuoi insulti contro tuo fratello maggiore non sono altro che la rappresentazione della tua avarizia verso la sua ricchezza. Poiché detesti il fatto che tuo fratello non debba lavorare per vivere poiché dispone di un ingente somma di denaro.
Detto ciò i due fratelli presero a insultarsi con maggior vigore e nuovamente la voce del vecchio li ammonì a stare zitti: - io vi dico che dovreste prendere come esempio vostro fratello più piccolo, poiché lavorando duramente e con diligenza ha ottenuto il bene più prezioso che si possa ricercare in vita, la pace interiore. Egli, difatti, lavora assiduamente il suo terreno, cui è molto legato, e non esiste oro o argento per cui vorrebbe scambiarlo. Ama sua moglie più di qualsiasi altro uomo, e ogni giorno le dimostra il suo affetto sincero. Vive nell'umiltà, eppure egli è più ricco del regnante del più vasto impero su questa terra.
Da quel giorno la vita dei due fratelli cambiò drasticamente, infatti si resero conto dei loro sbagli e capirono il senso della vita attraverso le esperienze del fratello più piccolo. Il maggiore prese moglie, si trovò un lavoro e donò tutte le sue ricchezze in beneficenza. Il mediano smise di invidiare la ricchezza del maggiore, perché al mondo vi erano beni superiori come l'amore di sua moglie e il lavoro di cui continuò a occuparsi con competenza. Il minore invece, che già viveva nel benessere, proseguì la sua vita con tranquillità e ogni sera ringraziava il suo angelo custode, poiché in realtà sapeva benissimo chi fosse realmente il vecchio.
FINE
Ringraziamenti
Prima di tutto devo ringraziare me stesso, perché sono l'unico ideatore di questo piccolo volume e nessuno mi ha incoraggiato se non io stesso.
In secondo devo ringraziare la natura cui mi sono ispirato che mi ha fornito il o necessario per scrivere e non perdermi nello sconforto. Sebbene sia un volume piccolo ed io non sia uno scrittore famoso e affermato, desidero regalarvi un po’ delle mie emozioni, di quello che sento dentro, con la ripromessa di continuare a scrivere e migliorarmi sempre di più.
In terzo, ringrazio tutti voi, che mi siete stati accanto, e mi avete in parte conosciuto attraverso questi testi. Per me scrivere è una sorta di fuga da questa vita, una specie di cambiamento radicale insomma, se anche voi vi sentite persi e non sapete cosa fare della vostra vita, allora prendete in mano una penna o una matita e scrivete. Scrivete per dare sfogo alla vostra creatività.
Vi lascio con questa citazione: Tutti noi indossiamo una maschera, si tratta solo di scoprire che tipo di maschera indossiamo.