Lucia Mezzalana
Revolver mutilato
Lucia Mezzalana
Revolver mutilato
Rievocando
William Seward Burroughs
Collana Topazio
ISBN 978-88-97060-32-1
L’opera in oggetto è totalmente creazione di fantasia.
Qualsiasi riferimento ad avvenimenti reali o persone esistenti è da considerarsi puramente casuale.
In copertina: Disegno di Lucia Mezzalana
Prima edizione e-book: gennaio 2015
€. 2,99
Proprietà letteraria riservata
EDARC EDIZIONI
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Indice
Prefazione Preludio Revolver mutilato Letteratura e il Verbo Bits of prose Gocce d’acqua Il Silenzio Finale allegro ma non troppo Nota biografica Bibliografia citata
Prefazione
Questa è una forma particolare di saggistica riguardante William Seward Burroughs scrittore statunitense tra i più prestigiosi e dopo quasi una generazione riconosciuto come il loro genio americano letterario del dopoguerra, che parte da dentro me stessa, la qual cosa può spiegare il perché sia composta da varie forme di stili; usando il cut-up che egli collaudò in letteratura, ma anche da semplici forme di narrazioni brevi e realiste o di prosa poetica, intervallate dalla sua scrittura ricopiata alla lettera. Certo, ometto la sua punteggiatura e le maiuscole quando trasformo le sue frasi in poesie scritte nella forma come le mie, ma le sue parole sono sempre solamente ricopiate e vorrei avvisare il lettore, anche se si comprende abbastanza bene, che i tratti in corsivo senza l’autore sottostante sono i suoi. Così com’era stata sua, la consegna data agli allievi scrittori di dovere copiare, di mescolare, per rompere la falsificazione ideologica non solo della parola, ma anche dello schermo, dell’immagine che da essa derivano. Perciò, anche se il libro ha una sua logica intrinseca, lo si può leggere come più pare e piace. Dalla fine a metà o al principio, prendendo qualche frase qua e là come spunto per meditare. Insomma con la massima libertà. È pur vero che in un’intervista rilasciata a Gérard George che si ritrova ne La scrittura creativa edita da Sugarco, egli giunse alla conclusione che continuando con lo scrambling o il fold-in, alla fine ci si riduce al minimalismo, come in effetti ad esempio col taglio di Fontana è avvenuto, ma ogni stile lascia un segno che sarà sempre ripreso nel tempo avvenire. Avevo circa trent’anni quando lessi Il pasto nudo entusiasmandomene nonostante molti poeti e scrittori al riguardo torcessero il naso e tra questi stranamente chi fu in quel tempo tradotto per essere pubblicato a Barkley proprio nel periodo della contestazione. Forse fu per l’eccitazione meramente sessuale che a quell’età mi procurava insieme allo studio di Freud e soprattutto in un successivo momento della psicosomatica approfondendo Wilhelm Reich, il miglior allievo di Freud, che ne fu il capostipite, ma indubbiamente ne sentii la forza, l’urlo e l’energia vitale.
Scrissi i miei libri molto più avanti negli anni e non ricordo neppure per quale preciso motivo, ripresi a rileggere Burroughs. Probabilmente perché spinta dai contenuti che esponevo riguardanti sovente l’uso e l’abuso del computer nei miei primi racconti di fantascienza che ne denunciavano l’invasività ed il rischio spersonalizzante pur nell’impossibilità di astenersene totalmente. Si dice inoltre, che sono i libri a venirci incontro come se magicamente ci conoscessero… Se non avessi in un secondo tempo infatti, esperito nella mia carne, tramite gli stimoli che arrivavano direttamente alle mie viscere mortificandomi per lo più, l’ispirazione data non solamente da una musa amata anche se solo platonicamente, ma comunque in carne ed ossa e conosciuta, che però mi rispondeva letterariamente tramite la virtualità, non avrei mai potuto comprendere fino in fondo Burroughs. Il famigerato B-23, l’altra metà di noi, non a caso i cromosomi sono 46, o per meglio dire quello che crediamo la metà della mela, è per l’autore il virus divorante del nostro Io più autentico che, sposandosi necessariamente col linguaggio come succede soprattutto nell’amore, oltre che con la sessualità, non ci permette la libertà di sentirci, di ascoltare il linguaggio più autentico del nostro stesso corpo. Ogni epoca d’altra parte ha avuto le sue forme sentimentali e di unione generativa famigliare determinate da quel preciso periodo storico. L’illusione dell’innamoramento tuttavia rimane immutata al fine di procreare, come avrebbe detto Schopenhauer, e che deve per forza di cose la sua origine per il nostro autore, a causa della delusione che in fondo ne consegue, a quei lontani anni venti spesso menzionati da Burroughs con nostalgia, vissuti da bambino e da adolescente nel sud degli States. Il suo essere stato allevato nella zona puritana e razzista della Cintura Biblica che ho visitato in un viaggio di piacere, anche se naturalmente ora è molto è cambiata, colpendomi tuttavia per l’antico eco che ancora conserva. Così, leggendolo e rileggendolo per afferrarne il senso sempre sfuggente e sopra determinato com’è quello di ogni grande poeta del linguaggio, contemporaneamente mi dedicavo ai libri che furono la base culturale dei suoi rispetto a questo territorio o che concernevano la letteratura americana moderna che pare si sia proprio sviluppata nel Nuovo Mondo in quanto tale. A parte la lettura del suo autore preferito: Denton Welch, inglese, che soffrì della sua
omosessualità così come avvenne per Burroughs; della eccessiva sensibilità e della malattia causata da un incidente, morendo giovane. Diverrà infatti uno dei personaggi di Strade Morte e non solamente. Mi colpì molto che Eliot, naturalizzato britannico e poeta moderno tra i più apprezzati, fosse anch’egli di Saint Louis, così com’era del sud degli Stati Uniti Flannery O’Connor, entrambi cattolici ferventi anche se non senza travaglio e che insieme a Pound anch’egli americano, parlassero della concretezza del linguaggio e della registrazione dei fatti senza giudizio alcuno. Uno stile che si ritrova anche nei pochi libri pubblicati da Welch. Probabilmente non lo si potrebbe asserire con così grande sicurezza di Burroughs, che, assolutista com’era più che utopista, perché sarebbe un termine contradditorio rispetto allo scrivere ciò che si vede semplicemente registrandolo com’egli diceva, creò tuttavia, attraverso quella che si chiama, come la realizzò Ballard, fantascienza intimista o interiore, la possibilità di rinascita di un essere umano naturalmente senza accoppiamento sessuale, fondamentalmente puro, animalesco, istintivo. Vuoi rifacendosi agli antichi culti maya che contemplavano il sacrificio del Dio del Mais, per assicurarsi la bontà della semina e del raccolto o ad una tecnologia surreale chirurgica con l’ausilio di una buona dose nonostante il furore che spesso emerge dalle sue parole, di una scrittura picaresca, che descrive deridendoli i più raccapriccianti fatti a cui assisteva o che viveva, come egli l’amava definire e che lo salvò da un rifiuto totalitario dell’umano quale sembrava nutrire. Da parte di molti si ritiene che la realtà superi sempre la fantasia, perché ciò che è sotto il nostro naso non lo si vede o semplicemente perché si è all’interno di essa. Si pensi ad esempio alla linearità dei versi della Terra Desolata, alla sua semplicità nel descrivere il quotidiano perché si avverta la terribile profondità di queste descrizioni che ci appartengono così tanto per la loro tristezza ed il senso del limite umano, nonostante la parola di speranza finale: “Shanti”. E se ciò è confermato, per contrappunto, niente è paradossalmente più verista della fantascienza, che spesso ha il dono di avverarsi… Per comprendere Burroughs pienamente e da quanto mi sentivo eccitata anche ad una quinta lettura dei suoi libri, trascrissi intere frasi di ognuno dei suoi testi che lessi, quasi una ventina, accorgendomi com’egli teorizzava parlando di
scrambling e di tagli, che ne uscivano altri testi ancora, i quali mantenevano all’interno una loro logica. Del resto egli disse che non voleva incorrere in un linguaggio troppo astratto alla Finnegans Wake, ché sarebbe stato illeggibile, anche se vi posso garantire che nonostante Burroughs abbia pur con le altissime divagazioni poetiche ed estetiche e con i suoi aggi repentini slang, dato un senso compiuto ai suoi libri, che è stato alquanto arduo decifrarne il cuore e probabilmente non si è mai finito di farlo. Da Il pasto nudo si dipanano tutti i suoi temi, sempre ripresi in maniera diversa nei suoi testi con delle iterazioni poetiche che aiutano a trovare una linea consequenziale. Io ritengo d’altronde che ogni autore scriva sempre magari in un centinaio di libri, chi egli sia, che cosa pensi o senta, variando ovviamente la trama, la forma, i personaggi. E come potrebbe essere diversamente? Ciò si ritrova ovviamente anche nelle altre arti. A proposito della pittura, Burroughs lavorando con Brion Gysin, pittore di derivazione dadaista ed il primo ad usare il cut-up con le registrazioni, è molto interessante ciò che il nostro autore disse dell’assenza di una vera avanguardia della scrittura rispetto alle trasformazioni contemporanee della pittura e della musica. Potremmo servirci come il massimo degli esempi delle Opere di Wagner che nel Ring per la prima volta nella storia, non solo usò scandalizzando il pubblico, il suono Om induista, ma oltreò a livello d’avanguardia attraverso la musica, la parola dei libretti da lui stesso scritti e questo, nonostante la sperimentazione fatta già nel lontano settecento da un mostro sacro come Lawrence Stern, che parodiò il capolavoro di Cervantes, Don Chisciotte, un libro illimitato grazie alla sua forma spiraliforme… uguale solo in apparenza perché sempre diversa nell’ampliare i temi trattati, fino ad arrivare all’epoca della modernità con Joyce e non solo. Ma tutto ciò non certo a livello popolare come ad esempio l’arte astratta si è imposta, anche se il linguaggio è codice sociale e quindi portatore di dogmi, nonostante la lingua si trasformi. D’altro canto tutto ciò è oltremodo coerente con il pensiero dell’autore, perché solo rimanendo coi piedi per terra, scrivendo cioè concretamente registrando i fatti, la O’Connor ne fu una delle più convinte sostenitrici, si può volare alto con la fantasia, fantascienza, poetica, predizione, in quanto si è ancorati, si è dentro il mondo o forse ancor meglio, dentro se stessi. E ancor di più, le sensazioni cinestesiche che provavo leggendo la scrittura di
Burroughs erano di poco inferiori a quelle così sconvolgenti che mi procura la sensualità della musica wagneriana. Arrabbiata perché non sentivo totalmente miei i libri pubblicati a causa diciamo, con le parole di Burroughs, dell’influsso sadomasochistico del virus B-23, che in realtà assume sempre molteplici forme sociali per sopravvivere esso stesso ed ammalare, smembrai allora la sintassi dei miei testi e li resi sostanzialmente sonori o simili a spari di pistola: revolver, ma mutilato perché è una penna appunto, quella che usai. Volevo la mia indipendenza. E l’assenza nei versi e nella prosa della punteggiatura ne accentuava il significante e la sonorità per arrivare alla fine, come auspicò Burroughs al silenzio della parola per l’ascolto del nostro più autentico self proprio come Mallarmé ne diede la prima esemplificazione o come insegnano le parole di Markevitch: “Il silenzio, da un detto indù, è l’assoluto della musica”. Ed il suono o la pittura vengono prima della parola… Questo mi spinse dunque, considerato che la parola doveva essere criticata fino a cancellarla a concepire il mio testo come un’opera musicale, che si configura con il preludio, gli atti, gli interludi e così via, ripetendo come accennai all’inizio, che la si può tuttavia “ascoltare” proprio come si vuole. Fu un’operazione dolorosa, perché se quando componevo una poesia o un racconto, provavo piacere per un’opera compiuta che poi esiste oggettivamente al di là di noi, il suo scardinamento mi portava a sentirmi sottosopra, a vagare tra le ombre, a cambiare pelle senza antalgici, ad avvertire un infinito senso di colpa, a sperimentare il panico, parola che d’altro canta significa il tutto! Accorgendomi da sempre che condividevo con l’autore la sua triste convinzione verso il genere umano, desiderosa di abbandonare il tempo che c’imprigiona, dopotutto nasciamo per morire, e potere quindi in questo modo volare nello spazio com’egli auspicava. Non riuscivo più ad accettare nessun linguaggio mediatico: le trasmissioni televisive ma anche ciò che osservavo e leggevo in Internet, e questo succede tuttora, apparendomi repentinamente le parti più falsificanti e commerciali. Perché la poetica quindi inserita nel mio saggio? Prima di tutto è ovvio che il volo simbolico è soprattutto quello reso dai versi e perché Burroughs stesso è a mio avviso come ho già detto, Poeta, nonostante gli scritti in slang, argot o forse
grazie ad essi come contrapposizione… Tutto in lui è talmente rivolto all’assoluto partendo da una dolce malinconia che non può che scrivere tramite un continuo ossimoro strutturalmente parlando, ma soprattutto si capisce la sua vera essenza leggendo anche solamente qualche riga di vera e propria poesia che di solito egli scrive nella chiusa dei suoi paragrafi. Naturalmente legando sempre la beatitudine con l’abisso… Ultimamente appaiono vari articoli sui nostri quotidiani a proposito del centenario della sua nascita così tanto celebrata in patria e della riscoperta di uno scrittore ambiguo e sfuggente perché Poeta appunto, io dico, che viene dichiarato il profeta americano per ciò che seppe prevedere rispetto alla sorte della comunicazione di massa e all’omologazione del pianeta o alla crisi economica occidentale sul filone dei libri di Ballard, seppur diversi per lo stile. Articoli e libri a profusione, nonché una biografia. E chissà quando saranno pubblicati da noi come successe per tutti i suoi libri? Scrittore purtroppo frainteso in una società, quella Americana, ancora oggi puritana e relegato nella subcultura Beat o classificato come pornografico, dimenticando quanto il suo furore fosse determinato dalla denuncia nei confronti di un potere corrotto che inseguendo i soliti meschini interessi non voleva attivare le cure necessarie per i malati di droga, anzi alimentandola per trarne profitto. L’Apomorfina, sostanza con la quale dopo molti anni di assuefazione, Burroughs si disintossicò, non era accettata dal governo. A proposito di ciò che gran parte della critica dichiara ritenendolo il padre della Beat Generation, c’è da obiettare che egli anarchico ed universale per la sua altezza espressiva, diceva sempre che avrebbe tirato più volentieri un vaso di fiori in testa ai poliziotti più che considerarsi un figlio dei fiori. Falsificazione dei media! Oppure potremmo, come la critica attualmente sta dicendo, considerarlo il loro contraltare. Burroughs non parla mai di una cura psicologica per la disassuefazione ritenendo tutta la società drogata dalla falsità comunicativa e soprattutto scindendo il corpo dalla mente parla di cellule, le quali, una volta che abbiano conosciuto la droga, ne hanno semplicemente fame. Sta a noi leggendolo vederne la nostalgia continua verso gli anni venti della sua infanzia, il timore dei rapporti amorosi per il rischio della perdita… la tenerezza verso se stesso nei momenti di massima crisi o nei confronti degli animali che ritiene esseri puri: uniche vere creature degne di questo nome.
Ritornando al conflitto tra i sessi, v’è una dialettica di fondo antica quanto il mondo, tra Eros e Thanatos, attraverso la quale nonostante tutto, come disse McLuhan, Burroughs è come se fosse riuscito a portare all’orgasmo il mondo intero. E questo mi pone in disaccordo con alcuni pensieri critici di Fernanda Pivano, della quale lessi due prefazioni all’autore, poiché diede soprattutto rilievo al suo sadismo a proposito dello strangolamento durante l’orgasmo, parlandone come di una forma d’ossessione maniacale, paragonandolo a De Sade, in quanto non vedo nulla in lui di affine al Divin Marchese che stando agli scritti di Bataille, ne parla come di colui che volle la sovranità di se stesso a costo della propria morte e che più della sessualità, gli importava il delitto. Ma ciò veniva scritto negli anni sessanta o al massimo nei primi degli ottanta, quando ancora non si usava il Personal Computer che ci pone nello stato di dover comprendere quanto la macchina potenzi la finzione linguistica pur frammentando il linguaggio e con l’uso eccessivo di immagini che finiscono per essere ipnotizzanti, senza tuttavia come una sorta di cimitero che s’ingrandisca sempre più, tirare mai un freno, senza mai giungere alla fine di un compito svolto. Burroughs voleva l’immortalità scrivendo, non attraverso le soluzioni proposte dalle religioni. Voleva guardare la morte in faccia e diventare MORTE, il Virus B-23 per eccellenza, per superarla, in quanto sono le immagini vendute e manipolanti del mercato concernenti la distruzione della propria umanità che ci uccidono. A tal proposito pensiamo a quanto viviamo in una società fondamentalmente pubblicitaria fondata proprio sull’immagine che soprattutto il computer amplifica. E riuscì a non morire prima di avere superato gli ottant’anni, disintossicato dalla droga dopo un periodo lunghissimo di massiccia assunzione. Questo fatto, che aveva sicuramente del prodigioso me lo fece ammirare, considerando la mia profonda vena malinconica… la mia eterna voglia d’oblio. Nel mio testo non a caso cito gli altri summenzionati scrittori seppur religiosi e provenienti dalla Cintura Biblica perché comunque lo stesso Burroughs, come ogni grande bestemmiatore, ricordiamo Joyce, Nietzsche o Céline, si pone sempre dialetticamente in rapporto con Dio: offeso dalla crudeltà e dalla sofferenza umane, lo denigra. Anche certe sue espressioni sembrano parodiare le
frasi evangelici di Gesù predicatore… Ma più di tutto colpisce il suo dire che nessuna parte del corpo umano se creata da Dio, si possa ritenere sconcia! Come fece Cronenberg nel suo film tratto liberamente da Il pasto nudo, se il gioco di tutti i giochi è quello della guerra, citando le parole di Burroughs, e quindi di pari o quello del conflitto amoroso com’egli continuamente descrive, è l’uccisione accidentale di sua moglie, Joan Wollmer, che diventa il fulcro anche del mio testo. La figura in cui probabilmente ogni donna si può identificare ancora oggi o soprattutto oggi, nel porre se stessa a rischio nelle mani di un uomo. Un uomo quale fu nel caso specifico, Burroughs, che amava giocare con le pistole e più in generale con le armi perché massimamente le amava. Fu seppellito infatti insieme alla sua Bunny, una P.38 a canne mozze e diceva, forse a causa della sua timidezza, che non si era mai armati abbastanza. Joan dunque, fu una vittima volontaria, che fece capire a Burroughs quanto l’ombra assassina di qualsiasi scrittore a mio parere, anch’io la possiedo, ma anche di ogni artista in generale, non possa sempre essere controllata e che lo portò a decidere di diventare pienamente scrittore, quasi per riparare alla colpa per ciò che aveva commesso; lui omosessuale, verso l’unica donna che aveva probabilmente amato e con la quale generò, era stato sopraffatto, seppur come diceva guardandosi sempre allo specchio mentre scriveva per non are all’azione... Non aveva più solamente potuto registrare i fatti trascrivendoli. Li aveva resi reali nella loro forma peggiore. Una prova ulteriore, se pur ce ne fosse bisogno, di come dalla morte si generi la vita o una qualche forma di resurrezione. Così, la mia narrazione si svolge attraverso un dialogo immaginario tra i due coniugi, con la dialettica mai risolvibile tra l’amore e la morte, ma anche tra fede e scienza, come se Dio stesso e sicuramente così dovrebbe essere, partecie sempre dei dubbi della nostra fede e del nostro mistero esistenziale. È interessante ed esplicativo che nell’ultima scena del film di Cronenberg, Burroughs esibisca la penna ad una guardia e si veda inquadrata Joan distesa in macchina dietro a lui, come fossero due lasciaare per Annexia, la famigerata clinica del Dr. Benway. Il fulcro appunto di tutta la sua scrittura, della sua misoginia, dell’odio verso le madri, ma anche della nostalgia e dell’amore per Joan. Considerando che il commento a proposito dell’autore di Marshall McLuhan e
cioè che egli riuscì a fare orgasmare l’intero pianeta, mi sembra quello che abbia colto pienamente nel segno, William Seward Burroughs allora, potrebbe essere uno dei pochi artisti, se non l’unico che, come auspicava il critico della moderna comunicazione a proposito di quello che i veri creativi dovrebbero fare riguardo all’innovazione digitale, potrebbe riuscire ad insegnarci a gestire la macchina, ad addentrarci nella virtualità senza essere fagocitati dalla sua potente velocità attraverso la nostra stessa frammentazione.
L’Autrice
Alla memoria di Andrea Zanzotto per il grande amore che insieme nutrivamo per la Poesia – Parola e che sempre mi rimase impresso…
* Onnipotente e pur lieve luce che in te ti celebri E consumandoti vai celebrando le ombre – orme che generi sempre più vulnerate, vulneranti. Luce di non – tramonto, che pur si vuole là oltre la più intensa idea di tramonto
Quale vecchiezza o quale infinita maturità di viola e rosso in folle recenti e traate costrette da divieti all’irtezza più acre Siamo qui, uni ad uni, a farvi accedere in festa, dettami – noi dei colori, dettami dei sovraesposti cieli e, giù, violate vite dell’ombra
e compatto fiorire, e opposto, nel limpido – cupo – tuffo…
A. Z.
Preludio
*
La pratica della poesia non dà necessariamente la saggezza né aumenta il numero delle cognizioni, ma dovrebbe, per lo meno conferire alla mente un’abitudine di valore universale: l’abitudine ad analizzare il significato delle parole proprie e altrui. Questo disorientamento di cui noi tutti portiamo la colpa e non l’insincerità individuale, è responsabile della vacuità di molte dichiarazioni politiche e religiose. Basta scorrere la massa degli articoli di fondo e delle perorazioni politiche per rendersi conto che un popolo senza convinzioni non può scrivere bene.
Thomas Eliot
*
Metabolizzerò una bomba di coca e morfina e attaccherò col sermone del fuoco… Aprile è il più crudele dei mesi mescolando ricordi e desideri, agitando sorde radici con pioggia primaverile… accordi e promesse ricordate solo a metà… vecchi amici e nemici… la Morte e il Pifferaio?
*
... perché un poeta non può trascurare l’etica e perché un’etica che ha paura di analizzare i motivi delle azioni non è che banale impostura… Non si deve imporre nessun cliché, nessuna frase convenzionale, nessun gergo giornalistico e stereotipato… il linguaggio è fatto di cose concrete.
Ezra Pound *
*
* … formica solitaria di un formicaio distrutto dalle rovine d’Europa, ego scriptor. Ezra Pound Dire: fare
Tesse riflessi e li stesse La poesia
Semina occhi nella pagina, semina parole negli occhi. Gli occhi parlano, le parole guardano, gli sguardi pensano. Udire I pensieri, vedere ciò che diciamo, toccare il corpo dell’idea. Gli occhi Si schiudono, le parole si aprono.
Octavio Paz
*
* *
* La forza della parola è la forza dell’amore e possiede il dono d’essere tradita. L. M.
* *
Da bambino Audrey Carson voleva essere scrittore perché gli scrittori erano ricchi e famosi… Il suo primo tentativo letterario s’intitolava L’autobiografia di un lupo.
*
Audrey era un ragazzo pallido con la faccia segnata da ferite spirituali sempre aperte… Ascoltando indietro con un apparecchio a cristalli da scrittore raccolse mormorii di malavita servile.
*
Più tardi Audrey scrisse queste note: Le scene presentate e il modo della presentazione variano secondo uno schema sottinteso… Vengo spinto nel film in un flusso di luce gialla e posso spingere fuori la gente dal film con istantanee di rinuncia che tirano via la carne ai ragazzi nudi.
*
Scene che hanno la stessa struttura enigmatica sono presentate su uno schermo dove la prospettiva rimane costante. In un angolo delle proiezioni ci sono simboli di puntualizzazione. Questo materiale viene elaborato da un computer. Sono in presenza di un linguaggio ignoto che compone sempre le stesse sequenze in sciarade criptiche cui io partecipo come attore.
*
Ci sono anche parole sullo schermo parole famigliari che magari abbiamo letto da qualche parte tanto tempo fa scritte in color seppia e lettere d’argento che svaniscono nelle immagini.
*
“Sono Audrey il tuo freddo dello spazio interstellare John”.
*
Quindici minuti più tardi il bimotore a elica atterrò. Di ritorno alla base… equipaggiamento per teletrasporto. L’equipaggiamento per teletrasporto ed esteriorizzazione può essere costruito da qualsiasi giovane meccanico nel suo laboratorio in cantina. Punti di riferimento sono le Opere scelte di Wilhelm Reich.
*
Audrey cominciò lentamente dapprima, aumentando gradatamente la velocità. Sentì un sapore dolce e metallico, erezione, e poi la sensazione della carne che si staccava via dalle ossa con un dolce dolore tipo mal di denti. Poi le immagini…
*
Suo padre indica Betelgeuse nel cielo della notte mentre lui rotea nello spazio sotto la rabbrividente Orsa..
*
Mentre l’aereo sorvola il campo in cerchio, Audrey fa segno con la mano sinistra mentre il Virus B-23, emergendo dai remoti mari del tempo morto, infuria per le città del mondo come un incendio scatenato nelle foreste. “Hey! Guardate tutti quei corpi morti!”. *
“Il Virus B-23, ora scatenato nelle nostre città sovraffollate, è un agente che causa alterazioni biologiche nei pazienti, fatali in molti casi, permanenti ed ereditarie in coloro che sopravvivono e diventano portatori di questa infezione, che, come mezzo di sopravvivenza, essi propagheranno quanto più lontano ed in fretta possibile per distruggere i nemici e in senso assolutamente letterale fare
amici.
*
“Va bene – Ho solo il silenzio – Polvere di stelle che cade per tremila anni attraverso un vecchio calendario azzurro.
*
*
*
Come studio l’immagine vedo un’isola nel cielo, verde come il cuore di uno smeraldo, scintillante di rugiada mentre cascate d’acqua la frustano intorno festoni d’arcobaleno stracciato.
Le rive sono coperte da pioppi sottili e cipressi e adesso riesco a vedere altre isole che si stendono in lontananza come le città dei mangiatori di odori, che svaniscono nella pioggia…
Quando arrivo alla casa il tetto ha ceduto, calcinacci e sabbia sul pavimento, erbe rampicanti ci crescono attraverso… saranno i secoli… Solo le scale restano che vanno su nel cielo azzurro…
Nitido e chiaro un ragazzo come visto attraverso un cannocchiale, un ragazzo in pantaloni chiari da lavoro… Si alza nel debole sole e orina nel letto del torrente
scuotendo via qualche goccia dal pene come gocce di pioggia su una pianta purpurea. Si abbandona i pantaloni e se ne va.
Foglie morte che cadono mentre andiamo verso la fattoria con il calesse… Soffitta del vecchio granaio… È seduto lì con me, ombre di nubi che si muovono
attraverso la sua faccia, odore spettrale di fiori e di terreno umido… Negozio di fiori di fianco al terreno libero… Fioco ragazzo morto… Il cielo qui è sottile come carta. Corvi
Sui rami del pioppo neri corvi beccano carne d’impiccati.
Orecchi non odono né il cuore sente.
Arrampicati i vecchi su scale di fortuna sfuggono al fiume che ribolle.
Lacrime piovvero in giardino dalla canna rossa per l’amata morta.
Un negro penzola da un pioppo davanti al vecchio tribunale,
donne piagnucolanti ne catturano
lo sperma con denti vaginali. Sensualità negata
Eco dell’Orsa d’amore nel deserto occhi di medusa grembo d’oriente ruba pietre di diamante pesci e lingue al dio che covò le sue uova.
Rovine pietrificano libero è Caino.
Un po’ d’inchiostro da soffiare nel cadavere no?
Ragnatele d’argento dalla pellicola rotta. Amplesso
Odorai il vento
tra declivi di stelle.
L’arca naufragò i suoi detriti andarono alla deriva.
Residui di sale divennero richiami d’aurora.
Levai l’ancora dal mare la mano si posò sulle mie cosce.
Vapore di cometa sui miei seni nudi.
In tre ci mettiamo contro il muro poi stiamo ruotando in cerchi con la luna e il cielo
girano mentre lanciamo sperma attraverso l’asfalto screpolato.
*
Tuonò il sole un lampo nella stanza.
L’aurora mi traò i fianchi osannò d’albume.
Ovazioni del corpo i fiori recisi di sinfonie.
Un lampione tra i rami. Il corpo appeso nell’ironia.
Entità larvali in attesa di Uno Vivo.
*
Nel deserto dipinsi il volto di un’oasi derubata.
Trasudai di linfa apita l’incanto del tempo.
Piovve sul deserto fecondandolo.
Doppio sesso triste come le terre sommerse
dal delta paludoso in un cielo che non muta mai.
*
Le braccia all’indietro i seni puntati all’insù Mary è distesa trafitta da chiodi al neon,
profonda valle della giungla rampicanti penetrano dalla finestra. Il cazzo di Johnny si gonfia,
spuntano grandi gemme rigogliose. Dalla figa di Mary fuoriesce una lunga radice tubero che cerca la terra.
I corpi si disintegrano in verdi esplosioni, la capanna crolla in uno sfacelo di pietre spezzate.
Il ragazzo è una statua di pietra calcarea una pianta gli spunta dal cazzo, le labbra dischiuse nel mezzo sorriso
di un tossico scimmiato.
*
Archi di luce riflessa il paesaggio d’Adamo.
Il fusto reciso allungò le sue braccia.
Latrato di cani che scodinzolano alla luna.
Guardò fuori, attraverso le radici dell’albero, e vide la notte come una grande spugna nera. Calvario
Febbre la luce della Pasqua svenato il vino
è mia questa inquieta Gerusalemme di belletto.
Uccelli covano uova sacrari di lievi silenzi. Crocifissa l’ombra di neve le mani a sera vittime celate.
L’aria un suono imperituro.
Il corpo gratuito destino di un fiore.
*
Vapori rossi avvolgono i due corpi.
Un urlo di rose esplode da labbra tumefatte rose che crescono attraverso la carne strappando spine di delizia
attorcigliavano i cori frementi li schiacciavano insieme a contrarsi ansimare in un’agonia di rose. Nel ventre della montagna
Alfabeti andati suoni della memoria anfratti.
Osammo imbastire comete per mietere vittime bambine di primigeni ventri.
L’oro è il silenzio d’alba
pietra di nuvole scritte.
Pagine che volano attraverso i venti e le immondizie del Messico…
Un ragazzo accovacciato vicino ad un muro di fango fischietta un mambo tra i denti, si pulisce con un foglio del manoscritto.
Vento e macerie, avvoltoi che beccano teste di pesci.
*
Cadere nel ventre della montagna. Il cuore assetato l’albero di palude.
Parola a macerare
sternuti di rane carezzando una voce.
Cuore di frontiera.
*
Particelle elettriche di poesie sfogliano la lingua muta di catodiche percussioni all’addio di scena.
Suggestioni di stagioni visioni nella presa il ramo.
Scansione di un guanto d’amianto.
Ragazzi vomitano sangue e rose sopra ripostigli
dove ragazzi si masturbano spruzzando fuori pettirossi e cinciallegre.
*
L’acceleratore d’ossa e detriti. Divorante cielo in avaria di tentacoli.
Cesura di una testa di ponte.
Macerate carte di Ognissanti circuiscono la piazza.
Gangli di seta. *
Ornamento rosso che si avvicina… peli rossi di gambe che strofinano…
la carta rosa da tappezzeria…
terrier irlandese sotto l’albero di natale… ad anni luce di distanza i cieli pallidi cadono a pezzi.
*
Cicala dagli occhi di serpente inneggia al tempo avvenire.
Lattea mano tra fronde di lingue oscure sul greto del fiume.
Un respiro soffia vento di mare.
*
In una fossa di sabbia al campo di golf due ragazzi serpente
si contorcono in lente copulazioni protetti da un cerchio di cobra.
I ragazzi selvaggi vedono,toccano, assaggiano,annusano le parole.
Alcuni dei ragazzi selvaggi non parlano affatto. Altri hanno elaborato urli, canzoni, parole come armi.
*
Lingua al limitare della tempesta declivio che tagliò le mie mani.
Si ruppe il tetto in visioni.
Eco di profanazione i miei fianchi incatenati alla deriva.
Bufere di vetro sulle rugginose strade di calcare
fecero esplodere la carne dalle ossa che ridevano. *
Orchestrale paesaggio ingordo di sale. Anfore distillano silenzi.
Corpo assordato di carezze. Geme l’ombra
tra lividi di folgore.
La lingua spegne l’abbraccio. dell’orgia smarrita.
Eco d’ottone di strada tropicale dai roteanti avvoltoi di panama City… Bora scura
Amante ibrido di viole bora scura sospende il mondo sparpagliando il vento cielo secco di nuvole galleggiano al presagio del congiungimento.
Scafo la terra smarrisce il timone corpi oltre il tempo l’approdo nel pugno del vento pioggia la nudità rifugge.
Malinconia la mia lingua giostra una maschera in soffitta.
Il tempo stava scadendo e consumando i suoi ultimi grani neri.
* Stavo camminando nel vento dietro a lui, appoggiandomi sul vento…
strade ventose la pistola nel cruscotto sparisce il suo nome è John triste stantia mattina di St. Louis fuori…
alieni il guscio umano è sottile lei mi rifece il letto au revoir
il mio cazzo è duro confusi fantasmi di vento il ragazzo venne nel gabinetto macigni nel crepaccio buio cielo estivo
azzurro pallido su un pesce… Autunno
Lava le foglie asperse in processioni. In baveri di parole dispersero scaglie di pagine filigrana di libri.
Ti vidi celebrare l’amplesso d’autunno i cuori la notte di bruma costellazioni rilucevano le labbra di santità.
Orfani di Dio d’amianto scorci di rubiconda vergogna un o dalla mela proibita. L’essere si squama sfavillando in monete l’oro d’autunno il Gloria.
La gioia del ero essuda fragranza il milite l’alba. La novella d’asfalto deriva di continenti brulica sentenze.
La mano il nano labirinto l’ottava nota a perturbare occhi ossa a trafficare danzando col sogno.
*
Segni di brine la stagione spurga un’ovazione di nuvole la mano intinge nel rossetto la chioma scomposta.
Conchiglie assiderate
lo stagno d’amore. Il ramo s’incunea la bandiera freme di poesia pei campi di luna.
Acciaio di maree smarriscono il senno a sera il tordo scolpisce pietre di cristallo.
Richiamò il tuo sguardo visione di lacci strumento degli strumenti la nana s’intimorì gigante divenne.
*
Facce d’ebano anfratti suture gettami una moneta il ponte attraverso l’andare di i
la mano capovolge.
Al richiamo di vedute tessili fili di case l’uccello ch’estinse la malinconia.
Domanda in rovina d’accesi alberi. Bandiera di ogni cosa terrena mi crocefisse di brina.
*
Il carro vagheggia ninfee giorno che risale stregato d’ossimori perduti. Solitudine declina l’autunno.
Occhi di sogno la fossa comune fiore di campo oscilla al fuoco della malinconia di un muro storpiato.
La Parola più non bussò inondandomi. Carezza del tempo. Circo che spira la caligine della sera.
*
Cielo giallo di sera sotto un ponte ferroviario ombre cadono lago e cielo
fa segno con la mano sinistra serpente colpisce dal cielo vuoto pallido il morso di questo serpente di stelle
l’odore di fungo denso sulle porte colombe cadono in lontananza
sopra il ruscello l’uovo esplode spruzzando il nostro odore di niente che brucia fino all’osso negli sbuffi di finestra cielo fiori muschio l’odore di fungo più netto rossi capelli muscosi al vento città in cartolina che svanisce in
ombra blu di un macigno attraverso il cortile in rovina
(Le Comte emise un secco freddo raglio di risata) Ognissanti
Rami d’asfodelo caligine dalla tomba i morti escono sfavillando monete antiche.
Raccolgo l’oro di foglie. Pianto d’eroi. Un parto nascituri d’ovatta di parole che allattano il canto del gallo.
Quando l’uovo si schiude le nostre spine dorsali servono i clienti speciali dell’orgasmo fossile.
*
Parola che si libra anima di sale d’ombre
la luce vibra una parete d’inchiostro mutilata.
Carnevale di stanze riecheggia la scia di funerali. Nuotai in una fonte dissecata.
Volere degli dei negletto si sparse la cenere di un volto a miglior vita.
La riga sulla quale andare.
*
Foglie pavoncelli sulla piazza esangue. Diavoli circuiscono
le membra stanche.
Giostre infide comete di volti. Luci indiane multi culture camposanti in fiera.
Latrati. Magnifica città si estende in solitudine.
*
Lievi azzurrità saluto immortale ai defunti in cimiteri d’opale.
In bellavista spalando comete di poesia s’inabissa a scardinare tombe antiche.
Il ero sulle dita si posò. Svettò il monte di marmoreo latte.
*
“Non c’è peccato a tirarti via la pelle e ballare intorno nelle ossa…” Gente nuda che balla, rotea, carne che vola via a strisce…
“Quando senti una dolce musica sincopata e la musica morbidamente sospira non c’è peccato a tirarti via la pelle e ballare intorno nelle ossa…”
*
Gioisci
a dipanare parole vacillando i i sull’orda di gemiti spolpati.
Riviera di faggi su scogliere affrante. Il ginocchio piegato del tronco. In memoria
Scosso da un pianto convulso vibra il legno della statica bara.
Roteò il mondo foglie prigioniere d’antiche radici al raggio di luna
aspettando il richiamo della danzatrice.
La guerra del sole morto è una manciata di polvere.
*
“Billy the Kid disse : Quièn es? Pat Garret lo uccise.
Il rotto punto di origine St. Missouri…
Ma quello era molto tempo fa e adesso la mia ispirazione è nella polvere di stelle nel cielo…
Fioche malferme lontane stelle il cassetto infilò la lontana mano
lì è proprio alla mia spalla. Satiro
Il bosco si appallottolò come valve divelte gragnuola di sassi il cuore rese la luce grida di cavalli.
Abbeveratoi le parole non dette. Vascelli navigarono a sera.
Capro l’eroe azteco la perla.
*
Il motivo del flauto scivola giù per una strada di St. Louis con le foglie d’autunno.
Sullo schermo un vecchio libro con gli orli dorati. Scritto a lettere d’oro.
I ragazzi selvaggi.
Un freddo vento di primavera fruga le pagine. Ragazzi del tempo con nubi e arcobaleni
E luci del Nord negli occhi studiano il cielo.
Ragazzi aliante vanno su un tramonto dal bagliore azzurro su ali perla e rosa
e fucili laser d’oro che sparano frecce di luce.
Ragazzi pattinatori girano in lenti cerchi nei sobborghi in rovina
mezza luna blu di Cina nel cielo del mattino. Aculei
Remo nel dissacramento
tu scompari scomposto di visioni oscure. Filo spinato verità d’incubo aculei.
Crisalide d’occhi velata d’eco natività la stagione del silenzio. Mani leccano fichi di riccioli marmorei.
Il frinire di cicala la pietra il vessillo ferito.
*
Vieni a portar via… 1929 è stato il ragazzino. odore di soffitta muffita oscurità un cane nero scende le scale
ha scorto fuggevolmente l’esercito canadese tormenta soffia arcobaleno maschera mortuaria culo… docce… le cuccette erano vuote boschi di betulle… fresco cielo serotino
nell’aereo ho capito quello che era successo teschio il suo nome. dicendo qualcosa labbra screpolate in piedi al finestrino… nontiscordardimé
una stanza ossessionata da caffè freddo… gente estiva piccola città da cartolina illustrata giovane volto spettrale pertica gialla che batte sul molo puzzo di orina sul muschio
ed ecco Joe Nevoso con la faccia contratta ha bisogno della Neve neve silenziosa neve segreta su sudice scale di servizio neve che penetra sotto gli usci delle stanze ammobiliate
neve che ricopre cortili di servizio e pattumiere
Vieni a portar via… 1929 odore di estate stantia in lontananza il ragazzino ha fatto molto poco labbra screpolate orina gialla sul muschio
odore dolce caramellato sul suo fiato stanza con scene navali alla parete una conchiglia polverosa in una stanza vuota un porticato laterale a Cambridge
con gesti ubriachi il dottor Benway
ha aggiunto due centimetri a un’incisione di quattro centimetri con un colpo del suo bisturi e lui era lì come il Ragazzo Limone. *
Calmi giovani volti lavati nell’alba prima della creazione. I vecchi Dei fallici e gli assassini di Alamout ancora si attardano come piloti tristi tra le colline del Marocco per raccogliere i superstiti il motivo del flauto aleggia giù per una strada di St. Louis con le foglie d’autunno…
Ora appaiono i ragazzi selvaggi, che guardano giù, e la polvere ricopre i loro volti impietriti in statue maya… Guardate queste facce che non hanno mai visto una faccia di donna né udito una voce di donna. Guardate il silenzio. I ragazzi selvaggi difenderanno il loro spazio. Stanno imparando la vecchia magia del vento e della pioggia, il controllo dei serpenti e dei cani e degli uccelli. Magia degli uomini dello Juju che sanno uccidere il riflesso di un nemico in una zucca d’acqua. Ragazzi del tempo che cavalcano un uragano attraverso il cielo strappato, ragazzi aliante su una vasta pianura circondata da alte montagne nere dove loro vivono su piattaforme di pietra tagliate nella roccia, i ragazzi pattinatori con ali e autogiri che si levano nelle valli, il posto dei ragazzi di sogno dentro i deserti di silenzio e le porte di vuota aria, mugolanti ragazzi sciamani i giovani volti neri di morte, il puro intento omicida riluce da tutti i loro volti. Morte agli invasori.
*
*
*
Revolver mutilato
Act the first Poetry
*
Raymond A. Dart avanzò la semplice tesi che l’uomo è emerso dall’ambiente antropoide per un unico motivo: perché era un assassino. Un sasso, un bastone, un osso pesante furono per il nostro scimmione ancestrale assassino il margine di sopravvivenza… Ed egli disse che dal momento che avevamo tentato tutto il resto potevamo come ultima risorsa tentare la verità… La natura originaria dell’Uomo s’impone a qualsiasi soluzione umana .
*
“The logic, physical and emotional, of a world in which we have made our environment out of own nervous system. Burroughs follow everywhere to peripheral orgasm of the cosmos… It is amusing to read reviews of Burroughs that try to classify his books as nonbooks. It is little like trying to criticize the sartorial manifestations of a man who is knocking on the door to explain that flames leaping from the roof of our home.”
Marshall McLuhan *
Ehi, Jack… noi che siamo negli anni duemila, ma lo avrebbe mai pensato negli anni sessanta, a prescindere da tutto il rispetto che ho per lui, il Signor Marshall McLuhan, anche se sosteneva o forse solo sperava che gli artisti avrebbero insegnato a gestire con profitto la virtualità, che saremmo arrivati a questo punto? Quali artisti William?Per quanto mi riguarda ora io vado anonimamente in chat con un’anonima qualunque a fare sesso virtuale. Male che vada il Virus se lo beccherà il computer… Ma sai Jack, potrebbe avvenire una saturazione che farà esplodere la parola proprio come un biglietto oblato, copiando copiando senza preoccuparsi di rubare ogni frase ed allora sarà il ritorno del corpo che parlerà nel silenzio d’amore… Dici bene tu, William trafugate, depredate… ma al tempo stesso scrivi che di Warhol ce ne fu uno solo! L. M.
*
“Burroughs is the greatest satirical writer since Jonathan Swift”
Jack Kerouac
*
Praise for William Burroughs:
“William was a Shootist. He shot like he wrote – with extreme precision and no fear.”
Hunter S. Thompson
*
Wyatt Earp diceva: “Non è Il primo sparo che conta. È il primo sparo che colpisce.
* * * *
L’illusione è un’arma rivoluzionaria. Per indicare alcuni impieghi specifici di nastri preregistrati e tagliati fatti suonare nelle strade come armi rivoluzionarie: per diffondere notizie… per screditare gli avversari… come arma di prima linea per produrre e accrescere disordini.
Sto solo indicando che i cut/up su registratore possono essere usati… come arma a lunga gittata per rimescolare e annullare le linee di associazione messe giù dai mass media… e mescolate le vostre notizie fasulle con notiziari autentici. Voi avete un vantaggio che il vostro antagonista non ha. Lui deve nascondere le sue manovre. Voi non avete questa necessità. In effetti potete reclamizzare le notizie… il fatto che state reclamizzando le notizie in anticipo e cercate di farle avverare con tecniche che chiunque può usare.
*
E questo fa di voi una NOTIZIA. E una personalità Tv anche, se vi date da fare nel modo giusto… le tecniche cut/up possono sommergere i mass media con l’illusione totale. È generalmente ritenuto che le parole debbano essere coscientemente comprese per avere un effetto. Vecchi esperimenti con le immagini subliminali hanno dimostrato che questo non è vero. In che misura il tono di voce usato da chi parla impone una certa sequenza di decodificazione in chi ascolta?
*
“Ora senta qui”, le parole erano impastate. Ringhiavano e piagnucolavano e abbaiavano. Era come se le parole stesse venissero chiamate in causa e costrette a rivelare i loro significati più occulti… lettera
di fronte al muro di cinta del cimitero
scrivevo
ti vidi e t’inseguii nel silenzio di tomba
entrasti in una cappella di bianco marmo che un angelo custodiva
era il crepuscolo quando ignaro ti scorsi tra i cipressi
lumini ardevano sospirando tenui i bagliori del cielo
disfacevano il blu una donna vestita di bianco uscì dalla chiesetta
sorridendo l’abbracciasti mentre svaniva
era la signora della morte
una nera nuvola stemperò il tramonto la nebbia si alzò fu notte
ti vidi chino sulla tomba dalla quale spuntò una mano inscheletrita
stringendo le lettere degli amanti sepolti ritornare al tuo loculo scomparire
nella tomba affianco mi calai sotto gli occhi della bianca signora
per consegnare le lettere ai sopravissuti
*
spedire lettere a una bara è come mandarle all’ultima terrazza di un giardino
non avrei mai creduto che i regni e le frontiere della luce esistessero
*
lascia che l’alba azzurra come una fiamma attraversi la città i cortili sono ripuliti
dalla frutta e gli inceneritori rivelano i loro morti incappucciati al di là delle colline
lontano verso l’erba azzurra oltre la farina d’ossa dei prati fino al laghetto
dove pesci rossi sospesi aspettano l’uomo squaw di primavera revolver mutilato
dentro la plancia di nave un relitto invento mondi non uso il caricatore la pelle di un’iguana killer
revolver d’aculei rigetto
l’ironia
ricordo un film inglese lei dura di botte danzava bevendo birra amava il lessico
sudario
manometti le mie rime desideri spurgano corpo sudato libagioni il piacere nel bunker
m’impali
effluvio il mio cuore di balena mi pettino al suono dei tacchi fiaccole bruciano all’arsenale
il vicinato esplode
mi spari
lente reazioni d’animale gli concedono un intero secondo per decidere
ti bacio
occhi di vetro il farsi del tempo profezia frutto di comete stridono cavalli in fiera odore di corpi giustiziati
uscio d’amore
dio trasvola di rime salgo sul treno s’apre al golgota il mio divenire sangue urlando comandante in seconda di rospi
una cagna
ulula alla luna sceglie la neve sangue del parto sulla tolda di pioggia intingo la mano
il corpo
decifra le rotte d’anelito tra i flutti di secoli fa balbettii d’ortiche amplesso sullo sfondo
di quadri
l’alba confonde il maestrale di lepre in fuga piaghe sulla bocca che tace armonie di note
la tua casa
il vino ed il pane strozzate ore nella gola capelli sull’altare del silenzio memorie ti odono
naufragi
a bearmi di note sulla trasparenza dei ricordi talamo di padri uccisi per cortesia madri su vassoi d’argento
agoniche nudo lo trascinò ai polsi le catene spargendo petali di tulipano da un pulviscolo d’amore la mia lingua
squame
un volo dalla finestra giù nella via affollata come una stella cadente con la scia di vetri che luccica nel sole
esangue
regina delle nevi disossa il lupo un sole di metallo arcani di parola i proiettili intingi dita d’acciaio
il giorno cade
belva e steppa tramutandomi in fiaba il mattino tempo del metallo il popolo in una piega
di gomito
scalfisce l’altare finge il tempo risuona il corpo fonde cristallo di tuono singulto
s’inchinano
lune a succhiare pareti remota voce come neve
cade
maschera d’anfiteatro tintinnando risuona scalza la luce che infrange
arranca
i del poeta fili d’oppio recido l’artiglio del drago
bufera il mio sguardo bucò
*
balza su di lei e la scopa come una furia rotolano da una parte all’altra della stanza ruotano all’infinito come una girandola
e fanno alti balzi in aria come arpionati mark fatti strangolare fatti strangolare per favore mark fatti strangolare
certo baby la tira su brutalmente e le blocca le mani dietro la schiena la tira su con uno strattone e stringe il cappio
il collo di mary si spezza una grande onda fluida le oscilla nel corpo johnny inzuppa mary di benzina versandola
da un osceno vaso chimù di giada bianca cosparge anche il proprio corpo si abbracciano
cadono a terra e rotolano sotto un enorme lente
d’ingrandimento incastonata sul soffitto s’incendiano con un grido che sbriciola la parete di vetro rotolano in alto
scopando e urlando esplodono in sangue e fiamme e fuliggine su rocce brune sotto il sole del deserto gancio
appese la sua carne prigioniera a un chiodo
frusta impugno in catene di mozart requiem confonde il salmo desiderio di verdetto in assenza bach la ione amore di resa
argilla la donna
creta incatena d’arte di ceneri il cuore riscalda d’automazione vibrante il sesso robot s’immola san sebastiano dipingo di tentacoli virtuali
ricordi antichi proustiani
dio copulò sopraffatto da mammelle ite occhio di dio a pezzi il corpo leccando i piedi materno antro l’unione d’altare
bimbi
un maniero riarde sul letto a dicembre la notte del vespro d’amore balcone di cipria ossa pelle violacee labbra al chiodo il crocifisso
di sadismo paralizzato
i risolini incanalano un discorso di liquami che aleggiano intorno ai patiboli e fanno girare
le ruote
l’arcangelo corrode di vetro fragile perla una maratona la scala a chiocciola minareti frantuma sputi di caffè
riottosi i cammelli
gabriele trafigge il golgota purezza d’alcool al gancio da due soldi ombra di sirena regina di picche vangelo felino
tv rombante
d’ignuda malinconia i menestrelli il guinzaglio medaglietta tintinna l’anima cura l’imbrunire vento di pane respiro
il tempo baionetta di carne
ma nessuna antenna di scarafaggio percepì le briciole di tenebra inchiodato
viole stinte in grembo colori di lingue trattengo la rena non argina l’aurora batte le case rimira sabbia di specchi
buia
arde il roveto trascende lingua l’ora
inverno di trucioli il pennello briciole d’ossa
mendaci
il sole rimira spighe di ruscelli fumo scavo l’ignoto sibili d’oceano la solitudine per praterie di stagno
o
l’orchestra divaga il sogno falò dal sesso cade una stella il muro piange spigoli di sabbia selvatico gatto sui piedi
chiodi
tradisco dal lenzuolo avvolta altalene umiliate di fulgore
messi schiave di purpureo oceano crepuscolo gli dei suonano
l’arpa
figli dell’orgia laverò in memoria legge trafugo filastrocche smeraldo di vaso scarne lezioni cantami diva d’achille
pelide sorgive acque la musica all’alba il dio sul filo d’amore la notte l’alba recide di ragione disegna il sottile sorriso
il volto
lingua seduce la mano di bimba tesse fiabe di scansioni ciglia cigola la strada di scintille divine
lingua
pulsa il lume d’elettrica voluttà mistico reato il marchio di sfere corrompe la babele di stella torri
il volto muore lampo saremo
jmmy catfield era sempre stato un ragazzo timido tranquillo ma aveva un temperamento omicida plasma la mano avvolge fiamme di lenta ascesa scava la morte velluto di speme sussurra il grembo fulgido di voci puro suono
i morti si confondono in rose d’ossa
diroccata casa inabissa il vento l’ombra accarezza tuoni
bucando la pelle sciogliendo il sesso gufi di notte riarsa
al neon d’ostriche confusa spiragli d’amore eden la frontiera giostra d’artiglio la civiltà il naufragio dei padri
una vecchia
migrazioni viaggi straordinari in deserti e giungle in montagna stasi e morte in chiuse valli montane
dove le piante spuntano dai genitali
grossi crostacei covano dentro e rompono il guscio del corpo oltre il pacifico in una piroga per l’hotel di pasqua
dipingono la valle
saliva recidono d’orchidee l’abluzione dei piedi di cristo il fumo d’insetti ricreando due soldi nella palude
valli d’ulivi il bosco
le strade ricuce suonando il liuto tarkovskij l’osso del tempo licantropi del grande fratello
libri scimmia sulla schiena
cinematografo di cassetti pelle d’amante sesso al gancio amplesso lame carne annuso la gola al capobranco
pugnala la pioggia di poesia
terra il vino crudeltà d’ancelle le note arcani suoni di moneta il tetto un soffio s’inchina
l’anfratto di sera i violini
soffio ruota d’arcobaleni pasto sacrificale moltiplica pesci strimpella il silenzio di babilonia lingua sfavilla
circoncisione di nevi
al varco d’ambra il saio orna le ciglia d’acqua balbettio congiunge ossa di falena scintilla d’aurora
sbarra il cuore di mosca
tu sei
quièn es quièn sabe forma doc
l’abisso mi ha travolto l’alga si è avvinta al mio corpo sono sceso alla radice dei monti e il signore comandò al pesce ed esso rigettò giona nell’asciutto
la trasparenza del cielo d’inverno annulla il mio sentire la corsa all’oro
corpo di un sussulto parola vuota d’essenza pietrifica il tempo d’infinito amplesso
mi specchio nei volti di silenzio lo sguardo su chiome brinate miete il respiro di schegge
m’incatena a parole di sogno racimola pianeti a gerusalemme sconfitta dal mio occhio di profeta
riflesso di monili del dove che non è qui giona
di trasparenza l’inverno annulla macchie d’azzurro la corsa all’oro di vuota essenza una richiesta sale d’infiniti
colori
segreto d’alberi brinati in pasto al calvario in tempesta nutro
il rumore
sogno sbiadito di mulino musica si prostituisce violenta
la notte
nuvole nel cielo il bacio culla di sguarnito muro
la fantasia
un sudario di poeti profanando un giardino
il richiamo
maschera di nuda pelle ossifica tramonti
pianeti racimola
d’angeli la mano sottratta mela di sterminio
plana il nulla
gerusalemme di rondine lune d’amianto dipingendo
senz’ombra scirocco utero di tempesta l’uovo si schiude profanando
sangue di vergine
seni di latte luccicano l’oscurità intinge il tempo
maternità
la gamba genuflessa città tra dita di sesso il napalm
immacolata
pergamena le rime il golem detta nazioni
arde di dannati
luce d’imbiancato volto figlia di nevi
gettato
il cielo labbra di vento inchiostro zampe di pesce
spia
le canne di germoglio
lucifero incendia tram
tradita
la sua faccia da ragazzo di strada devastata dalle nere cicatrici
della droga
conserva un’innocenza da grigi arabeschi di terrore
abbaglia
da fili elettrici d’astinenza dissonante il volo
d’abuso
azzurro l’onda il muro graffiato del primo dire
la stagione
un tornado di vigilantes erompe dalla zona della bibbia impiccando ogni cosa vivente sul loro cammino
*
ricordi chi era lo straniero respirando la conoscenza di sé e la colpa di Dio
ricordi chi era lo straniero respirando foglie nei capelli rossi il tuo odore di noccioline
nella sua mano
una parola oscena scarabocchiata più in là sulla spiaggia tanto tempo fa
polvere fredda del ragazzo morto
un ultimo viaggio a casa attraverso
lo scintillante cielo vuoto frammenti di parole perdute se vuoi
la sua ultima spedizione e qualche volta l’intero villaggio andava
nel silenzio chi ero io lo straniero era i nella neve tanto tempo fa sciolgo
conchiglia trasvolò la nudità l’approdo d’arca incendiò il colle
conchiglia
ali di farfalla note scandendo il volto
conchiglia
bar con un fondale di conchiglie rosa flebile jazz di new orleans nella notte nordica
conchiglia
melodie d’arpa ombra di pianeti l’asfodelo ritrae di silenzio
conchiglia
cielo succhiato di mammelle fosforo hitler svaporò
conchiglia
inchiostro di memoria fiato reciso
conchiglia
offuscata roccia di lune tra feritoie m’avvolse il rasoio
conchiglia
abbecedario di nebbie venezia il suono accarezza
conchiglia
adamà di cristallo una tomba henriette sirena d’ossa
conchiglia
carrozza di falena il tempo volge l’ora di vestale la mano
conchiglia
l’eco ammutolisce violini di neve
campo circonfuso d’occhi
il cavallo alato e il mosaico di ferro tagliano il cielo nella torta blu
su balconi di cristallo angeli pensosi studiano unghie rosa
squame di doratura cadono nella luce solare spiders
sognai di ragni annidati in tele sparse del soggiorno dove scrivo
sembravano aumentare sempre più
il tecnico del PC disinfestatore
mi disse d’usare il detersivo
ma si sbagliò facendomi notare un grosso ragno
che non avevo ancora scorto e fuggii dal terrore quando
suddenly
una delle mie due pazienti ebree decise di non tornare più
chiesi scusa seduta più in basso mentre lei sedeva su una pedana
la mia testa era da un’altra parte dimenticando la sua presenza
con addosso i suoi vestiti rubati chiedendomi se li riconoscesse
avevo camminato in mutande sotto la pioggia per arrivare
ma le pazienti se ne andarono ad una riunione di famiglia
lasciandomi a guardare il televisore
a scrivere controllando il disinfestatore
sul tavolo erica jong la nausea di sartre aperta
quando anny dice di potere sopravvivere perché orfana
di ioni la poesia di puskin
santa giovanna dei macelli
lo scrittore vede se stesso leggere nello specchio come sempre ogni tanto deve controllare per essere certo
che il crimine dell’azione separata non sia stato non possa avvenire fosforo hitler di fosforo marlene fumando ammirava
dal balcone il tramonto nella resa del corpo
dipinse le sbarre dell’amante che scavalcò il suo pube di bimbo
l’orchestra intonava ali d’airone acero tagliata campana lo colse
svanendo la magia di marlene
il ventre tesseva il sogno d’hitler
patria una scia di lumaca sbatté i fianchi delle pozzanghere
tozzo di pane al vecchio disteso
pietà lapidata di una donna vibrante
hanno sempre abbastanza bombe atomiche nel presente da sbatterci fuori dal ato. *
poi portarono la stuoia con la svastica con la svastica che raffigura quattro ragazzi
che formano una svastica ciascun ragazzo che tocca e masturba il ragazzo davanti a lui
il o successivo è il sogno qualcosa in cui si entra lentamente e vi mettete
a saltellare a strisciare dentro e fuori dal corpo davanti a voi e poi vi arriva
l’esplosione blu di luce che spazza il tu e il me via dalla vostra testa e le linee
di fottuta sui pattini a rotelle volti inespressivi come il cielo
di pomeriggio adamà gonna di pizzi e tacchi a venezia della rappresentazione
casanova
la nuova henriette neve e bora acqua di cristallo
evitando nel ghetto la folla
cunicoli di budella vagine topo nell’acqua scarpe nelle vetrine
feticci calzano una fontana di cioccolato
zampilla la musica di mozart il cazzo del marinaio
fasciato di seta il pennello
sculture viventi d’amore costeggiano facciate diroccate
gabbiani all’ospedale di san giovanni
la mia creatura sepolta lì palazzo ebraico di marmo
vaporetti scivolano la mosca d’acqua
invade l’impiantito il rabbino legge salomone
schizofrenia del tempo il pianoforte
una tomba coi denti macchiavelli shakespeare
prospettiva d’alberti ragione di cartesio la pulce d’acqua canto
la bizzarria d’essere altrove fornicazione
odorai il fiume tra declivi di cometa naufragò l’arca tra i detriti raccolsi legni castelli di sale
aurora
fosti il viso di pioggia
l’ancora della mia mano cosce di farina le mie ciglia
lampo
di sole alla mia tavola stanza d’albume ostriche di supplizi
ti vidi
il fuoco divenne ovazione di nudità bava lo sguardo orgasmo di pesce inchiodato
neve
fucili l’arresto gatti le corde di violino il tempo minò i miei fianchi
ardendo
bengala la viola di bimbi il buio sul monte sinai minareti sinagoghe
chiese
piaghe di lebbra il carro tra dune di brina sacrifici di babilonia
scorpioni l’uscita dal cosmo gocciolando chicchi d’uva d’adamo fuscelli di fuoco salgono
alla luna di armigeri guardiani
ragazzi ano nel cielo su uccelli e pesci e compiono pericolose acrobazie sessuali
su un albero di carne blu e rosa
in una nuvola di pettirossi e uccelli azzurri un ragazzo con le ali si leva nel cielo portando un globo rosso che pulsa
altri si preparano ad alzarsi dall’albero di carne
*
un odore di muffa secca di sgabuzzini abbandonati e spogliatoi vuoti
un odore umido di fiori marci l’odore della mutazione
fragili alianti prendono il volo attraverso un abisso
è venuto il tempo per i ragazzi di viaggiare nel tempo riscriveremo tutti gi errori della storia
primo o nell’inventare qualcosa di nuovo è dimenticare quello che sapete già
dimenticate tutto quello che già sapete di molle grilletti parti fatte a macchina
e concentratevi sulla potenza del fuoco abbiamo scelto apposta per questa impresa
personale con menti inventive ma nessuna esperienza come armaioli e nessuna idea precisa circa le parti
essenziali di un moderno fucile o revolver nello sviluppo di ogni invenzione sorgono problemi
e il modo in cui questi problemi vengono risolti determina tutta la forma futura dell’invenzione
appena questa entra in produzione di massa negato
di un bambino mai nato
l’eco
i gemiti dell’orsa di corallo medusa le mani ghirlande grembo di diamanti
le tue cavità
orchidee di crocifissione il ventre d’autunno prostrato al dio
la notte
rombo di un clacson l’eden confiscato oltraggia
una lingua di latte
audrey guardò lo schermo di fronte a lui le labbra gli si socchio
e i pensieri gli si fermarono nella mente c’era là tutto sullo schermo vista suono tatto
nello stesso tempo immediati e spettralmente remoti nel ato shadow
giace la silente luna d’orfani brucia stazioni dormienti d’ombra appesa a chiodi
odissea
labbro di chimera d’ombra il silenzio arde il suono sulla bocca
pioggia
arsi fianchi brucia la poesia di luce fuoco di ghiaccio
viandante stella dell’orsa
suono senza tempo d’ignota agonia lingue rimbomba
nembo
piede nudo i battiti calamaio di chiome gnomi dissetano gli orchi
d’anelli l’amplesso del bosco
ricordo un americano del texas con ombre di prigione negli occhi
che mi parlò nel parco e io andai con lui nel suo appartamento beltà
beltà dissolta in latitudini un pugno d’ali
morte gli occhi di rancore m’appartiene l’ora
covone brucia ossidato giacinto di consunzione
orto d’ulivi le gemme in cielo ingravidano campi di corallo
naufragio l’autunno di carne pietrificò l’amplesso
bosco l’oro di un gioco
spada di lucciole rimbalzò
sbiadito ragazzo morto così ho abitato il tuo odore di fiori vecchi di giovani notti su tendine muffe vuoti abiti da liceale sempre più lontani
avvicinatevi ascoltate attraverso cortili e fosse di rifiuti tristi vecchie carte umane porto
stavo aspettando là
sperma
angeli killer scabre preghiere
l’acrimonia soffia menzogne
pianto sulla coda d’alba abisso del tempo
divinità il diluvio volto oro nei capelli
fiore nocciolo di gnomi anima imprendibile
la luna sgocciola da uno stelo cavalli di polvere
il capo aveva una pistola ma
adattata a un calcio di fucile
audrey riconobbe quest’arma
dal catalogo stoeger the shooter’s bible
che leggeva religiosamente studiando
ciascun’arma e decidendo quali
voleva portare quando sarebbe
diventato un gentleman avventuriero
pioggia di camelie seppellì il sesso
esultò giulietta il sogno rinnovando il mito
fianchi di brughiera madre arcigna
seni di fuoco il blu balugina l’anima sfiora il serpente
nascituro i covoni fiotti di cagna lo sperma
sparai
pistole musicali che tintinnano sulle noterelle della danse macabre
*
uova rosa esplosero nel suo scroto cartoline ricordo un cielo viola di sera
che si alza dal ventre del ragazzo
tristi ritagli del 1920
fioche malferme lontane stelle spruzzano il ruscello stagnante stavo aspettando là
teneva la foto di un ragazzino nella mano avvizzita il ragazzo era i i giù per una strada ventosa
tanto tempo fa luce d’argento esplose nei suoi occhi brina
mi tuffai in quella brina disfò l’anima sulle mani
nudi piedi il prato un velo si posò di luce
spettro
la fantasia distillò la pianura
di là della porta gesti
orpello di rime
la seduzione
l’intero corpo di audrey vibra fuori fuoco i capelli gli si rizzano in testa e ghigna con tutti i denti nudi come un cane selvaggio
il muffo odore blu ozono esala fuori da lui mentre viene la via lattea
to die
notte
sfavillio di tempesta poesia di canto
stalattiti l’andare
raggi di brine d’azzurri sfiniti una vecchia casa di fragore
campana di luglio
si disfò in pietra di parole palude di fiori
sudario di perle
bestemmia il sesso trasuda un ricamo di viscere
diamante
parrucca a spirale musica del liuto latrati
il sangue mestruale
isaac newton d’apocalisse il profeta daniele hawking parlando d’ologrammi panikkar della trinità
fellini la bugia dello schermo
particella di dio
il sangue spruzza le foglie secche nell’aria lo schermo sta esplodendo in crateri lunari
e argentee macchioline bollenti noise divelta dal motore il treno naufragò
da ciascun
lato del treno
torreggiano dirupi nero
blu
coperti di muschio e rampicanti precari villaggi appollaiati
su cornici
stiamo entrando nella valle del sogno dove non c’è risveglio
tribù
ferma alle sbarre auto in attesa
seduta
al tavolino del caffè musica radiofonica il corpo
si spezzò per lo schianto
non feci parola del botto l’autista di autobus
raccontò il collaudo di donne
nei suoi occhi un abbraccio senza sapere dove andare
dissi grazie prego
cani latravano streghe travestirono le strade
zoppicando i bambini d’imperscrutabile mistero
le stanze blindate di dio
desiderio d’omicidi la voce s’espanse
d’ovatta nuda di baci balena
di ferite pupille cecità il paesaggio
senza fame di sete lontana
il libro esplode in crateri lunari e ribollenti punti argentati vallate
azzurre cupole un tempio umano
teofane il greco icona di costantinopoli cancelli il male rubliev
idealmente cancelli l’uomo
il ragazzo una campana d’argento il pittore riconciliato col dio la peste falcidiò
la guerra
del corpo anima d’umano colore russia di frontiera
del tempo il nulla
l’ombra accarezzò d’ossa sparse
il breve amore del tuono
l’energia stava sfuggendo da lui ed egli avvertiva una terribile debolezza
temette il peccato dell’autoinvalidità
devo ricaricarmi si disse con decisione mi presenterò all’etica
barcollò e si appoggiò ad un albero dinanzi agli occhi gli bollivano macchie d’argento orgasmo
mi cattura la carne di luce onanismo d’anima dipingo
glutei d’altare sacrifico di fuoco la lingua vulva
economia ruota il saio d’orgasmo pietra di sensi
riflette bagliori il nord scorie l’imbrunire di sfere
fiaccole di purgatorio pastori di batuffoli
riluttante navigo il confine diamante
parabola dorme barriera la maschera
angeli zappando di lillà il materno sorriso
*
mi piacciono quei tipi viziosi che mostrano il cazzo qui simon aimes-tu le bruit de pas sur le feuilles mortes
l’odore di guerra e morte fumo di polvere da sparo in bocca col respiro fumo di polvere e capelli castani
la morte viene con la velocità di un milione di venti
sottile come carta qui il cielo che ricopre quel pomeriggio quando guardavo il cielo strappato piegarsi al vento ecco che comincia a sussultare
e lacerato cade a brandelli intrappolato a new york tra gli animali del village il pifferaio ha tirato giù il cielo
lasciate che venga giù medea
risorto il peccato si svuota d’anfora
l’anfiteatro s’incorpora
ubriaca di rovi
la poesia trasfigura di vanità
uova d’uccello ho seminato
amaranto di coltri la stagione navigando
marea di rime miscredenti
i deflagrando il tuono di povertà medea
illusione di un corpo d’anima
*
ecco qui i ragazzi che cucinano sui fuochi d’accampamento valle tranquilla lungo un torrente di montagna
sono entrati nell’alba prima della creazione
nessuna femmina fu mai fatta dalla loro carne che si trasforma in luce gialla al sole che sorge
gli dei fallici della grecia gli assassini di alamout e lo stesso vecchio spodestati da generazioni di conquista femminile
ancora si attardano tra le colline del marocco in attesa di raccogliere i sopravissuti maschi freddo e remoto il motivo del flauto
giù per le strade di st. louis con le foglie d’autunno the sea
mare d’infinito una culla racchiudo specchio iside notturna farfalla
sonnecchia il mare una voce sulla scogliera il tempo irto di mare
curvo il cielo di fronte al silenzio piedi di spuma lavanda sensi primigeni
la foce antica nella brezza tracima di correnti lava di coste la goletta
su natie sponde s’incrinano lidi lingua di convolvoli in memoria
nel ventre m’agguanta la balena uccello di pudici veli trao il confine
sensi di perle ulivi diluvi il mare planando sabbia di fuoco
congela l’ossa tripode di respiro scintilla nettuno
cavallo di mare golette d’avanguardia fantasie in crescendo
dipinsi la terra di ventri deflorò spighe di catrame
levigò la chioma il batuffolo del mare chicco d’insetto di zanne travolto
divorata carne vibra l’organetto di parigi rubato dalla marea
di un dardo mistico
il ventre dondola di madreperla brecht
anticomunismo ai salmi lenin di brecht
russa rivoluzione del cuore di cane
la scorta a dieci sottozero fumando
guanti polmoni aperte le porte sta
il pescecane di milva opera da tre soldi
pasolini dell’infanzia lolli fo gaber
un disco di vinile festival del tempo
brecht vangelo del libro rosso l’ombra di famiglia cristiana
melodramma da telegiornale l’estinto giacometti
surreale il dio pigia tasti a formare la quadratura
bechett nera madonna di loreto documento di palestina
prostituta di santità medesima nudità
di robuste gambe il salmo luterano
nazista ovviato da mille bolle blu *
la lebbra acida col tempo scava un buco erbe e viole crescono attraverso le ossa
le epidemie virali svuotano interi continenti nello stesso tempo nuove specie sorgono con la stessa rapidità perché i limiti temporali della crescita sono stati rimossi
la banca biologica è aperta
tutto quello che volete qualsiasi essere abbiate mai immaginato può essere voi
dovete solo pagare il prezzo biologico poeta il fanciullino
ansia di cane freddo l’eros di stanchezza delinque poesia l’attore anima
il limite caravaggio di mistero il tempo
ricuce il ritratto paralitico ricordo di virulenza lolita shoah
storia i figli cataratta da bravo picciotto zoccole
carta tagliata dal poeta di elisabetta prima seven o’clock
la toilette david bowe
danza sufi di salem ubriaconi
trans svedese gremisce il palasport smilzo il gregoriano
a spirale di linguetta convinzione diluvia al bagarino
tela di ragno iperuranio sensi blu di china vanto geova da due cents
smalto sbiadisce di lince femmina ladri di libagione d’affetto
non risolsi al risveglio grinfie d’autunno tracimarono
la mia vulva
filamenti d’ovazione cantai l’andirivieni di labbra mistero balbo
d’infante in fasce le voci bianche
ed ecco i ragazzi del sogno che sognano da svegli e i loro sogni si possono vedere come fantasmi nell’aria immobile
e i ragazzi silenziosi che non parlano mai e vivono dove le parole sono impossibili
pochi sanno respirare lì crepuscolo lava di processione
sassi
scaglie di pagina filigrana l’amplesso d’autunno notti bruma di labbra
orfana di dio
amianto il frutto mutilato bitume di gloria alba milite novella deriva di chiostri
il labirinto
a perturbare frusta nebbia il rossetto d’assiderate conchiglie pei campi acciaio di lune
ossa
l’ombra della notte cadde sulla faccia del ragazzo sulle sartie e sui gabbiani che volavano
a cerchi
john sentì il gelo degli spazi vuoti la faccia del ragazzo era coperta da una bianca crosta di
brina
e schegge di ghiaccio scintillavano tra i suoi capelli arruffati strane e spettrali nel crepuscolo
il tordo scolpisce pietre
senno dei vessilli una moneta il ponte crocifigge di miele
il carro
ossimori d’autunno il carnevale sbriciola pavoncelli circuiscono la rosa inoltra l’africa
l’eco
la danzatrice di filastrocche barcollanti vascelli di clessidre sul muro gronda d’aprile il tempo
valve il liuto nei fianchi buca alfabeti
coltelli
decapita d’elettrico amianto il guanto
cielo d’ognissanti alba consacra la collina
ingordo
il corpo assordato folgore d’orgia
*
il virus B-23 ha aperto un vaso di Pandora di armi chimiche e biologiche
delicati giovani macchiati di putredine come pere mature
volo famelico di vampiro dilaniato da ripugnanti appetiti peti e rutti da cibi ignoti
striduli canti di sirene e viscidi malvagi sussurri che si appiccicano alla gola
parole che si possono annusare riversano ridendo la pestilenza
l’intensa esasperata infelicità di quegli anni si riflette nell’arcobaleno thanatos pellegrino tra pungoli di luna a trattenere il respiro
voce sarei chiedendo
al mondo i silenzi d’inverno lane di brine la nebbia annega di cenere nei risvolti
fumo traspare
d’ironia immolo orizzonti un vagito tocca d’argilla l’anima immacolata
sguardo congiunge la rena palpiti di schegge occhi lo zaffiro hermes d’oro
incendia di sesso
l’universo d’assoluzione diotima tesse il blu serpeggia verde smeraldo il re
venere di vino
la favola d’arianna smarrita dischiuse le sbarre lunari
tiresia la guerra uomo donna
racchiudo
stilettate di guitto rigetto d’eros il serpente capisaldo tra giostra
di fede
rombo di coriandoli chimera i ricordi sgocciolano venezia il corpo danzando ragnatele del tempo
follie d’angelo la madre d’isole nordiche penetra la morte
denti nella carne
onde del tempo spasmo di crudeltà risuona vuota sporgenza nel sangue
d’ordito il sole sconvolge
i balocchi vagabondi gnomi germinano scultura gesto di sabbia
altalena s’addensa d’epoche
il tempo disconferma l’ignoto di seni città matrigne gocce il cristallo scioglie
concerti
il tempo d’oblio danzando l’eden sgretola ciglia
benedetto il morire
di mondi esplode il seme ostrica d’ambiguo suggello
di pietra l’uscio
bunker giudice amante tagliato d’embrione il vetro riflesso di lavagna nera
la morte piscia con dita decrepite l’olandese si lava le mani body
ti spoglio il respiro trattengo slaccio la cintola nudi i piedi alato il battito
la notte trafuga bambini di ragno
aspetta il lento strip-tease dell’erosione con lombi fossili
di lattea nebulosa germoglia il piacere d’angelo su rotaie di tenerezza sensi di beatitudine guado
acqua abbevera il dolore dei fiori corvi beccano l’infanzia dilegua il cane sputa fuoco tra i denti
an hand
l’uomo nero tra i capelli rughe la diva di giano bifronte sul comodino di brace dorme
m’inebrio d’erotico albore uovo marinato nel calice d’ostie
agli inizi del tempo la speme
trafiggendo d’oscurità una sfera
mi scordai le tue nere ciglia
il ragazzo lo guarda negli occhi vuoti come specchi di ossidiana pozzi
di sangue nero armadi di sgombero nel muro di un gabinetto
che si chiudono sull’ultima erezione dissacro
rivoli
d’ombra sul volto guerriera d’ansia placa i pifferai
il volto
di madonna arpe d’ossa il senso sconfissero uva a posate sporche
pifferaio dal cuor contento
libro chiuso marcisce meridiani offuscano walzer marionette di perfezione
fagotti
teschio l’amore trascende geometria d’alberi sdrucciola la mente carezzando una tomba
luna
assassina il muro di cinta
bosco piange di lingua corpo si fa macchina
san sebastiano
trafisse di dei il crepuscolo acido tramuta sepolcri capelli di madre
pipistrelli
vegliano la tempesta di neve mosaico respira del tempo sgozzate gazzelle
il frangersi
di memoria sterpi muto pioppeto di rane acquitrino da qui all’eterno
un vasto silenzioso porto d’acqua iridescente
tra i fumi
all’orizzonte brilla un pozzo di gas naturale
abbandonato
puzza di petrolio e di fogna pescecani malati nuotano nell’acqua nera
ruttano
zolfo da fegati marci ignorano un icaro sanguinante spezzato
eden
coltiva l’abisso
sacer filo d’erba sfibrante testa di drago
tromba
il missisipi brucia inseguendo l’angelo di mistero scalza d’avorio
schiava
il cerchio tempo spazio galleggiando new orleans normandia lo sbarco
eroi
deflorata città il sesso accende capelli di nube cerbero la porta sbarra
neonati
impietrisce di farfalle addormenta ignari di cocaina il latte
sciolgo
d’incerto universo icaro nell’incoscienza paesaggi indomiti in fieri
corvi
l’orizzonte deriva amleto corona di leggio ruppe ofelia tempo di dio
toccò
ciglia remote svelò
corpi ai mondi sottostanti d’apocalisse il tempio
diamanti
risalgo l’abisso amplesso battaglie di labirinto
favella cieca la carne
*
l’omosessuale guarito viene condotto nella stanza
a attraverso contorni invisibili di metallo incandescente
i muscoli si mettono al loro posto come parti autonome di un insetto reciso
una vuota espressione di stupidità gli sfoca la faccia ammorbidendogliela fantasma
dissolvenze il tempo del lampo trasfigura fummo cerchio saremo lapilli
cielo trasuda di sghembo cera di statua l’abbraccio sentiero di bestemmia
ostia il grido valve di musica apre il sesso trasuda lontano
dipana di falce la spiga fiaccola erode il marmo buca d’insolente povertà
biancospino sui vetri
rimira la vela d’ombra scivola di ghiacci la gabbia
notte ossidata di viole nebulosa l’abisso genuflette zampilla tetti l’occhio
dissolve croci scompone arlecchino di grandine la macilenta memoria
disgiunta bocca d’aurora pegaso di primavera taglia la mela il mare
aghi di diamante il regno rompe la pietra di dio mendicante di magra carne
dentro fontane ricrea di venere il belletto
la costola prostituta
dissolse l’orizzonte la venuta di dio estinta riarse di sguardo zecchino
l’unghia intinse la cattedrale dondolò il gallo agonia di straccio abortì
pianeti la mutilazione l’angelo di piacere venne nella bocca trafiggendo
l’eco di vetro reti la brughiera rigovernò terra santa di veleno
idioma prigioniero nel levante s’inabissò di seni don chisciotte
dulcinea trastullò d’amante pallido i fianchi vulva di cruda verginità bambole
il sesso penetrò l’illusione
zoppicando il fulgido congiungimento ombre grigie attraverso la camicia del ragazzo le nubi in corsa le pozze di tenebra taccuini
taccuini volati giù l’aereo sopra il tetto folla di sentimenti
confusi sul prato leccata dal cane gl’insetti facce da fogli urlanti
un taccuino
si tese sotto il cielo di pioggia rotolò sui miei piedi un gatto selvatico
I ran
all’ospedale di luci smeraldo il malato dormiva taccuini ondeggiando
sulla testa bendata accoppiandosi in walzer i soldati del tempo
confrontando il segreto muto di storia ignota la faccia di donna
dilatate pupille ti forarono nel giardino
scappando dalle pagine
dondolandoti alla falce di luna
ali d’avvoltoio crepitano come gusci nell’aria secca apocalisse
sciacalli sulla porta del giorno schegge di vetro dalla terra
tv rombante di finestre danza rossa polvere le fiammelle d’apocalisse
corpi d’ustioni sogno i morti i vivi fusi crepe di cielo dentro il bar sdentata
tre occhi verdi in parallelo grugnisce di bevanda l’acido
d’insetti giganti bevono silenti
dalla città si riversavano dentro le facce silenziose come pesci chiazzate di abiette assuefazioni
e cupidigia da insetti
il caffè illuminato era una campana subacquea dal cavo spezzato in procinto di adagiarsi in abissi di pece
i fenicotteri scagliati di sangue cadaveri d’alberi ondeggianti liquefatta di metallo la casa
lumaca gigante trasforma il pianeta infrange
lo specchio di fronte al silenzio
*
broker di squisiti sogni e nostalgie sperimentali sulle cellule sensibilizzate di chi è in astinenza e barattati in cambio di materie prime della volontà
bevitori del Liquido Pesante sigillato nell’ambra traslucida dei sogni il caffè degli appuntamenti occupa un lato della plaza
un dedalo di cucine ristoranti cubicoli da letto pericolosi balconi di ferro e seminterrati che si aprono nei bagni turchi sotterranei
su sgabelli ricoperti di raso bianco siedono nudi moscibecchi intenti a succhiare per mezzo di cannucce di alabastro sciroppi colorati traslucidi
i moscibecchi non hanno fegato e si nutrono esclusivamente di dolci pianeta
di treno la corsa d’aereo l’eterno volava carneficina selva di gambe il ato
strisciante di paesaggi il cuore muta rotta astrale film esplose la carlinga
di coriandoli sulla pianura smeraldo turista dei cieli d’incendio insetti s’accoppiano
stagioni cadendo in orchidea di mongolfiera diluvio tavole di dio l’oggi futuro
fumo di polvere gli torna indietro attraverso la faccia fumo di polvere e capelli castani la fanciullezza
Burroughs
che si attarda nel fratello morente crepitò fuori con la stella esplosa sparando dall’anca testa iridescente
incorniciata di foglie bagnate tramonto porpora sotto avvoltoi che ruotano la sua tosse contro la mia schiena
bambino il cimitero lacrima d’arcobaleno privi della macchina giocando il pianeta fulgide
ragnatele cantanti d’osso le note mano senza padre madre del magico flauto
il sorriso del bimbo
il corpo magro che sente le ossa mio fratello zio joe kelly è morto
dogale
mutanti notturni gli acuminati vetri rotti piena luna di canale professore di strada bella pronunciò l’invito
nuda di capelli ricoperta eva dipinta barca sull’acqua un teschio osservò remando il mantello di nebbia
nutrie allattavano vino del cugino gli spazzini becco di rostro il manicomio pasticceria d’insegna venezia
dogale la villa caminetto velluto rosso il divano tre uomini incappucciati crollò la parete pietra legata di bende
buio nel buio lama di pelle tagliò le cosce nessun odore il sangue teschio respirò il viso di ragno biscia squittì strada di ghiaccio
d’alba intrappolò il professore
spazzini cugino a testa in giù
frammenti di omicidio cadono lenti come schegge d’opale attraverso la glicerina dissacramento
remo nel dissacramento tu scompari scomposto appari di visione oscura il filo spinato d’aurora
nightmare
sparsi accarezzanti aculei l’esilarante natura il caffè crisalide d’occhi un’estate d’eco senza natività
stagione il silenzio osanna d’erba maciullati i carri gioventù trao di mani leccano fichi maturi l’infantile
vagito di riccioli marmorei frinire di cicala stantie vulve
partoriscono un vessillo di mano ferita
un dirigibile in inchiostro di china ancorato in un campo di erba bagnata contro un cielo viola
tremanti ragazzi color perla chiaro che esplodono in fiocchi d’opale e sbuffi di nuvole bianche
labirinti perlacei pesci di smeraldo
la luce gialla là come miele sulle mie mani Dissacramento doc
Remo nel dissacramento e tu scompari scomposto appari di visione oscura.
Matassa il filo spinato aurora la verità d’incubo sparsi accarezzanti aculei di mordaci ricordi rivelati.
Esilarante mentre bevemmo il caffè crisalide d’occhi di silenzio parlante.
Un’estate velata d’eco nessuna natività si fa tempesta la stagione amata del silenzio.
Osanna d’erba maciullati i carri nella rovente gioventù il trao.
Leccano fichi d’infantile vagito marea di riccioli marmorei il frinire di cicala stantia di vulve.
Urla siccità la pietra partoriente il vessillo d’una morta mano ferita.
Amuleto
america d’aereo tempesta pilota l’atomica d’estasi acrobata oppio il whisky
astinenza
solo deserto montagne e avvoltoi macchioline vorticanti e altre così vicine che ti par di sentire
l’aria
(un suono di guscio secco) e quando adocchiano qualcosa si riversano giù dal cielo
azzurro
lo sconvolgente sanguinante cielo azzurro del messico piombano giù da un imbuto nero
il taccuino nero alla mano vecchia arcigna di bordello corteggiatore strafatto di madama
when
riordino foto zeppe d’amanti zerbino supplica di lettera lo strangolatore d’antica moneta
fabbricante
di libri venezia nebbia le calli budella stringono svaporando inciampo nei rifiuti
fumando
mi dai un regalo nel taxi trasuda laguna di rosa uccisa luna sperduta maschera
baciamano
baldacchino il letto casanova salmastro sogno di sesso
nel taxi ritorno scartando l’amuleto
la foto galleggia lì nell’acqua verde dove tutto affonda e perisce
il pifferaio tirò giù il cielo l’occhio acceca la mia vitrea sostanza messaggi multipli orgasmi dello spirito ineludibili
d’aperture
affetti stantii gocciolano fior di tette avvizzite sui fianchi cammelli tirati a lucido le rughe sfaldano visi d’angelo bambini stuprati al sole di luglio
feroci lumache dal guscio viola
trasudano agnelli verso oriente terra degli zar comica deriva di miele mele profumano di violacciocche spasmi di vulve annidate
in tele di ragno
confettura di ciliegie che lecchi col dito nell’ano della vita d’oro il goldone inacidito testa arruffata di camelie crocifisse sulla punta del cazzo
mi lecchi
di sognante aroma di cannella culla di bambino strafatto di buchi strappati i vestiti la luna inaridisce
gli occhi dallo sguardo di ladro
noi viviamo nel buio proprio fuori della loro vista nei suoni essi non possono udire nei colori non possono vedere dove non sono noi siamo
scarpette rosse
new orleans bignè sciolto negri di catene il flagello d’alligatori morti i suoni stregoneria la tromba d’amplessi sculture di morfina plasmo giarrettiera di coltello affilo
era in un grande cono che ruotava vorticosamente in un centro nero
joselito! Paco! Pepe! Enrique!
in processioni di madonne piangenti nella vasca i riccioli cieca la stanza puttana tacchi a spillo il pane calpesta ventre sudato prominente di peli il cazzo di legno penetra dormendo
grida lamentose di bambini vagano nella sera tiepida l’insegna del trak
joselito! paco! pepe!enrique!
bofonchia legata d’ottone al letto la carta del muro cola orgasmi babbucce pompon la tenutaria fiuta zucchero dal muro scrostato
l’azzurro di tromba suona
freme come una bestia notturna ed esplode in una fiamma azzurra skin
rosari dai chiodi troneggia scimpanzé ma pa ubu nuda lenzuola rosse gli uomini scrivono la mia pelle di china nano deforme di stracci mani sulle spalle bulbi ruotano il viso nome dalle cosce colore cola
nella sua carne morbida esitante nessuna ferita si rimargina i lunghi bianchi viticci di fungo si attorcigliano intorno alle ossa nude l’odore di muffa dei testicoli atrofizzati trapunta il suo corpo in una nebbia grigia e sfilacciata specchio di gobbo ride di sé
mangia il tubo di gomma striminzisce senza volto l’uomo scende di rosso sul pube l’inchiostro sverginata carezza comprendo parole la curva di fianchi il pube trattiene frasi leggo di fremente movimento sprofonda remota notte del tempo
un bacio di pelle dipinto
occhi da pesce morto guizzano su una vena devastata e osservando
modelli di sciatteria come se per anni uomo e vestiti si fossero mossi
nei sordidi veicoli del tempo senza una stazione spaziale per riassettarsi fossile
aironi
lunghe zampe nubi di aggio
man
senza nome prede di guardoni pila in mano appesi l’albero fluviale muore la terra il mare in principio
roses
selvatiche di more assetato sesso si sottopone al rito d’ataviche giungle
silence
libri estranianti d’occhi poesia nuoto sfinimento annego l’inchiostro d’animale braccato
love
ritorno dalla morte nebbia lattea spolpati i rami attendono d’eroi pregano il baratro
wave
schiumosa piange la luna vampiro pone lo scettro pane di secoli la notte gioca i sogni
l’utero
conchiglia carneficina d’osso venere di fiamme romeo
immobile rinasce il tempo
*
lampo bianco grida d’insetti straziati mi svegliai con il sapore di metallo in bocca
di ritorno dai morti
sulle tracce dell’incolore odore della morte placenta di una vizza scimmia grigia
spasimi fantasmi di amputazione
ragazzi taxi aspettano d’essere rimorchiati
disse eduardo e morì di un’overdose a madrid
treni di polvere bruciano attraverso circonvoluzioni rosee di carne tumescente sprigionando
flash orgasmici evidenziano foto di moto arrestato liscio lato marrone accartocciato
per accendere una sigaretta bolla
di missione segreta lulù colonia penale dei morti l’isola d’oriente pandora scarpette a punta seno scoperto arturo da gatto il paggio languido gondola sotto l’altezzosa luna
filo il fumo di cielo rosso
uomini nelle bolle di fantasia sfuggono la morte pesci volanti cadono costellazioni
di secoli solitari il corpo nudo assenza il confine immaginario cane abbaia dilegua il barcaiolo cortile zeppo di gatti
monastero il paggio
struscia una farfalla saluta due lune da qui impazzisce di falci il frate incappucciato lasciate ogni speranza voi ch’entrate campanile rovesciato i ragni coprono di zampe guanti bianchi
gabbiano sul muro staglia abitanti
a quattro zampe testa girata sui nudi corpi la donna mozzata l’orchestra di rane folle rotazione del tempo prezzo di libertà cattura il letto baldacchino velluto di tende
voci dalle pareti rischiarando ali d’uccello
guarda lo specchio fumante la morte fa muovere una grandinata di teschi di cristallo
Bang… bang… bang!!!!! Ratarataratarat!!!!!
Bang! Bang----utot!!!!!
PUM PUM PUM…
Ommmmmmmmmmmmm… In decrescendo alla fine del mi in… silenzio… schhhhh…
Wagner fu colui che lo usò: infinito…
Letteratura e il Verbo
Primo Interludio
*
“Mai come in questo caso”, notava Hesse: “… ho visto con chiarezza che non abbiamo nulla da porre al fianco delle opere dell’antica cultura e che non ci resta altro da fare se non distruggerle del tutto con la totale mancanza di spirito della nostra tecnologia”. Lo scrittore, che sente di rivolgersi a una specie umana oramai ignota con i poveri strumenti linguistici di cui sempre dispone, è “un essere proveniente da un’epoca oramai tramontata… prigioniero nel mondo e nell’aria di questo nostro oggi destinato a languirvi come un animale di uno zoo”. Comunque sia, ama Kafka perché quando scrive lascia aperto il mistero. Biografia di Hermann Hesse di Alighiero Chiusano
*
Lui era soltanto un vecchio ebreo a cui avevano inflitto un colpo dopo l’altro… nella loro peculiare trasformazione: un popolo cambiato in uniforme… che arrivava con macchine d’ogni sorta allo scopo di ammazzare bambini… L’uomo è assassino. L’uomo ha una natura morale.
L’anomalia può essere risolta esclusivamente con la pazzia, coi sogni pazzi in cui le illusioni della consapevolezza vengono conservate dall’organizzazione, in stati di folle perdizione aggrappati a forme di amministrazione commerciale. Trasformandola in lavoro governativo. Saul Bellow *
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* * La gioia di scrivere. Il potere di perpetuare. La vendetta di una mano mortale . Giobbe, provato nel corpo e negli averi, maledice l’umana sorte. È grande poesia. Arrivano gli amici e stracciandosi le vesti esaminano la colpa di Giobbe al cospetto di Dio. Giobbe grida di essere stato un uomo giusto. Giobbe non sa perché Dio lo abbia colpito. Giobbe non vuole parlare con loro. Giobbe vuole parlare con Dio. Dio appare sul carro di una tempesta. Davanti all’uomo aperto fino al midollo loda la propria opera. I cieli, il mare, la terra e gli animali. E specialmente Behemoth, e in particolare il Leviatano, bestie che riempiono di orgoglio. È grande poesia.
Giobbe ascolta. Dio parla a sproposito, perché non desidera parlare a proposito. Perciò si affretta a prosternarsi davanti a Dio. Ora gli eventi si susseguono rapidamente. Giobbe recupera gli asini ed i cammelli, i buoi e le pecore, aumentati del doppio. La pelle comincia a coprire il cranio che mostra i denti. E Giobbe lo permette. Giobbe acconsente. Giobbe non vuole guastare il capolavoro.
Wislava Zimborska *
Non trovando ciò che cercavo, sollevai la palpebra stravolta più in alto, più in alto ancora, fino a quando percepii un trono, fatto di escrementi umani e di oro, su cui troneggiava, con un orgoglio idiota, il corpo ricoperto di un sudario fatto delle lenzuola non lavate di un ospedale, colui che si fregia del nome di Creatore! Lautréamont
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Sciupio di cruda vergogna rosa fino all’orizzonte azzurro pastello dove vaste mesas di ferro cozzano contro un cielo in frantumi. “Tutto bene”. Il Dio grida per tramite tuo un carico rugginoso di tremila anni. Una grandinata di teschi cristallini sbriciola la serra nella luna invernale.
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“Nulla è vero tutto è permesso”: così parlai a me stesso. Io mi tuffai nelle più gelide delle acque. Ahimè, quante volte sono rimasto in piedi, nudo e rosso come un gambero, dopo un tal bagno! Friedrich Nietzsche
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Il vecchio della Montagna rappresentava per il generale la pura malvagità demoniaca. Certamente quell’uomo aveva commesso il terribile peccato menzionato nel Corano di aspirare ad essere Dio. J. W. – Esattamente come nella Bibbia il o che descrive l’innalzare della Torre di Babele, William! Proprio così Joan!
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Dolce Lettore, il Verbo ti balzerà addosso con gli artigli di ferro dell’uomo leopardo, mozzerà dita di mani e piedi come un granchio di terra opportunista, ti strangolerà e si prenderà la tua sborra come un cane scrutabile, ti si attorciglierà intorno alle cosce come un crotalo muto iniettandoti ectoplasma rancido.
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Il verbo essere può facilmente essere omesso da ogni lingua e i seguaci del conte Korzybski lo hanno fatto, eliminando il verbo essere in inglese con esclusioni arbitrarie di concetti finché la lingua parlata è immutata. L’articolo determinativo IL. IL contiene l’implicazione di uno solo: IL DIO, l’universo, IL modo; IL giusto, L’errore. Se ce n’è un altro, allora QUELL’universo, QUEL modo non sono più L’universo… L’intero concetto di O sarà cancellato dal linguaggio e sostituito con E. Considerate l’È di identità… Io non posso essere e non sono l’etichetta verbale “me stesso”. La parola ESSERE in inglese contiene, come un virus contiene, il suo precodificato messaggio di distruzione, l’imperativo categorico di condizione permanente.
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Se vedete la relazione dell’io con il corpo, come la relazione di un pilota con la nave, vedete in pieno la forza devastante del comando della mente reattiva di essere un corpo. Se dite al pilota di essere l’aereo, allora chi guiderà l’aereo? COSI’/OPPURE. Questa è veramente la formula del conflitto che si mostra come il meccanismo virale archetipo. Il linguaggio proposto… sarà un
linguaggio tonale come il cinese, e sarà quanto più possibile a immagini… Questa lingua lascerà l’opzione del silenzio… Armi che cambiano la coscienza possono mettere in questione il gioco della guerra. Fondamentalmente c’è un solo gioco e quel gioco è la guerra. *
È una regola di questo gioco che non ci sia vittoria finale perché questo significherebbe la fine del gioco della guerra. Tuttavia ogni giocatore deve credere nella vittoria finale… Così tutte le tecnologie esistenti con crescente efficienza producono armi sempre più totali finché abbiamo la bomba atomica che potrebbe distruggere il gioco di tutti i giocatori.
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In principio era la parola e la parola era Dio ed è rimasto uno dei misteri di allora. Cos’è la parola? Nel fare questa domanda si dà per scontato lo è dell’identità. Qualcosa che la parola essenzialmente è. Il Conte Alfred Korzybski, che sviluppò il concetto della Semantica generale nel suo libro Scienze and Sanity, ha mostrato che l’è dell’identità ha portato a una confusione di fondo nel pensiero occidentale. L’è dell’identità è raramente usato nella scrittura ad immagini egizia. Invece di dire egli è il mio servo loro dicono egli(è omesso) come mio servo: un’affermazione di relazione non d’identità. In questo ordine d’idee non vi è nulla che la parola in sé essenzialmente sia. La parola esiste soltanto in un sistema di comunicazione di trasmittente e ricevente. Ce ne vogliono due per parlare. Forse ce ne è voluto uno solo per scrivere. *
Gli animali comunicano e trasmettono informazioni. Ma non scrivono. Non
possono mettere le informazioni a disposizione delle generazioni future… Questa è la distinzione cruciale tra l’uomo e gli altri animali Korzybski ha mostrato questa distinzione umana e ha descritto l’uomo come “l’animale che lega il tempo”… È dubbio che la parola parlata avrebbe mai potuto evolversi senza la parola scritta.
* Hassan i Sabbah era un amico d’infanzia del poeta Omar Kayam. Divenne un adepto della setta dissidente ismaelita e fuggì dalla sua nativa Persia in Egitto dove ò alcuni anni. Ho posto la domanda al Controllo: Domanda: Qual è il segreto che Hassan i Sabbah apprese in Egitto e che lo mise in grado di controllare i suoi assassini da lontano? Risposta: Energia da virus. Dopo anni di vagare con un pugno di seguaci Hassan i Sabbah si stabilì nella fortezza montana di Alamout in quello che oggi è l’Iran settentrionale. Inviando i suoi assassini da questa fortezza divenne noto come il Vecchio della Montagna, Signore degli Assassini… Ogni volta che si progettava una mossa contro Alamout gli assassini colpivano. Energia da virus? E cosa è un virus? Forse solo una serie di immagini come i geroglifici egizi che si fa reale. Prima che le immagini concepite in opposizione ad Alamout potessero farsi reali gli assassini colpivano, derivando la loro energia precisamente da queste immagini ostili.
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* Introibo ad altare Dei
La messa è un’offerta di noi stessi. Ceno senza TV perché è il mezzo che più di ogni altro tradisce la santità della povertà. Senza per questo rievocare un’eco calvinista in quanto la critica al potere temporale della Chiesa in realtà si pervertì nell’idolatria del lavoro e nell’arbitrarietà della Grazia. Non penso tuttavia al sacrificio cristiano della Croce ma rievoco la sacralità scana della povertà. L’unica bellezza possibile in comunione con il creato ed anelito alla speranza. Mi accorgo che tutto è già stato detto tranne la libertà che da ciò scaturirebbe. Mi angoscia identificarmi con la fiscalizzazione richiesta per tutto ciò che sono e che faccio. L. M. *
La narrativa riguarda tutto ci che è umano e noi siamo polvere, dunque se disdegnate d’impolverarvi, non dovreste tentar di scrivere narrativa… Lo scrittore deve rendere La corruzione plausibile, prima di poter rendere significativa La grazia. Flannery O’Connor
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Bits of prose
Second act
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Mica male come idea. La storia di qualcuno che legge la storia di qualcuno che legge una storia. Avevo la strana sensazione che sarei finito anch’io nella storia e che qualcuno avrebbe letto di me leggendo la storia in chissà quale sala d’aspetto. Mentre la seguivo lungo il corridoio le parole che avevo letto incominciarono a spostarsi tutte per conto loro nella mia testa come se… si spostassero inesorabilmente in un punto al di là del mare… la distanza un cane abbaiava da… quel punto… piscina abbandonata al fondo di un ripido pendio… giardino di villa… vento impetuoso nei mercati deserti… i nostri corpi riflessi… chincaglieria che acciottola nei venti di Dio… Cigno per qualche pinta vorresti adesso? Voltai la pagina e mi trovai davanti i suoi seni coriacei…
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Voi conoscete tutta la vostra storia ata esattamente in quale anno mese giorno e ora ogni cosa è accaduta. Se avete ascoltato un linguaggio per un periodo di tempo abbastanza lungo voi quel linguaggio lo conoscete. Voi avete nel vostro cervello un Computer. *
È appena giunta voce da B & C… completa, precisa e permanente programmazione di pensiero e sensazioni e dati sensori dimostrata in preparazioni sperimentali dopo un’unica esposizione al Virus Rover questa informazione trasmessa in un promemoria interno di tre parole… rover è pronto… Nessuna ulteriore necessità di spiegare scusare produrre argomenti o fatti a sostegno delle direttive dipartimentali. Sarà ben presto neurologicamente impossibile opporsi o anche soltanto discutere. Il virus è ereditario naturalmente una formula cromatica permanente circuiti di protesta chiusi per sempre. A questo provvederà rover. J. Fondamentale ha la responsabilità di sguinzagliare rover negli Stati Uniti d’America. Alza gli occhi alla Old Glory sospesa sopra la sua scrivania. Programmazione americana naturalmente… ci penserà lui a questo. Si alza e si mette a eggiare per la stanza. “Devo precedere i comunisti.”
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Il dollaro che scompare: 1959 mancano Pochi Minuti: “Sono debolissimo è tanto se riesco a trascinarmi fino a casa il dollaro è crollato”. Calcolando un lasso di tempo di dieci anni il dollaro dovrebbe crollare nel 1969. In tutta la concezione del denaro vi è qualcosa di totalmente sbagliato. Ne occorre sempre di più per comperare sempre di meno. Il denaro è come la droga. Una dose che basta il lunedì non basta più il venerdì.
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MILIARDARIO (sul suo letto di morte): “Clem, giurami per tutto ciò che noi riteniamo sacro che tu ai ogni centesimo di quel denaro per riportare indietro l’orologio al 1899 quando con un dollaro d’argento si pagava un buon pasto o un bel culo.”
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Il vecchio scrittore viveva in un vagone ferroviario vicino al fiume… Dopo il primo romanzo ne cominciò un altro, ma non lo finì mai. Ma mano che scriveva, un disgusto per le sue parole si accumulava fino a soffocarlo e non riusciva più a vedere le sue parole su un pezzo di carta… Spesso al mattino se ne stava a letto a guardare strutture di parole scritte a macchina che si muovevano e mutavano davanti ai suoi occhi mentre cercava di leggere le parole, ma non ci riuscì mai… Una mattina invece delle parole scritte a macchina, vide parole scritte a mano e cercò di leggerle. Alcune parole erano su pezzi di cartone e altre su carta bianca per macchina da scrivere, ed erano tutte nella sua calligrafia. Qualche frase era scritta sul fondo di una scatola di cartone di circa sette centimetri per dieci. I lati della scatola erano in parte strappati. Guardò attentamente e decifrò una frase: “Il destino degli altri”… e un’altra su un pezzo di carta… “2001”… una pagina è scritta tutta intorno ai bordi su un lato e in cima. Non riesco a leggerci niente.
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I vecchi romanzieri come Scott scrivendo cercavano la loro via d’uscita dai
debiti… La tenacia è una dote preziosa per uno scrittore. Così William Steward Hall si propone scrivendo di trovare la sua via d’uscita dalla morte. La morte, riflette,equivale ad una dichiarazione di bancarotta spirituale.
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* Gioco
A J. W. – Joan Wollmer – sembrò d’avere la febbre. La misurò ma no non aveva la febbre. A dire il vero da più di vent’anni nemmeno l’influenza. Come il vento che fuori va e viene anche se il cielo è fermo sembrava anch’ella scaldarsi e raffreddarsi. Attacco ipoglicemico tachicardia. Infanzia nelle mani come fosse un giocattolo. Uscì con in testa prendi il fucile e vattene alla frontiera che lì il nemico aspetta. Camminò sotto un cielo fermo alla Bruges color grigio azzurro. Alberi smorti ed entrò da C. Junior. Caffè ristretto. – Come va? – Credevo d’avere la febbre. – Successe anche a me la settimana scorsa. Ma niente. C’è un virus tuttavia nell’aria le allergie di stagione. La primavera! – Eccerto! Ma non lo becco da vent’anni e più il virus. Soffro di tutto il resto. Soprattutto mi cadono i denti uno alla volta. Ho più ferro in bocca io di un cavallo. aporto implantare. Una mutante! Senza contare i sintomi simili a
quelli d’astinenza di un tossico terminale che provo al mattino quando mi appare il mondo. C. Junior col solito maglione di cashmere estate-inverno rigorosamente marrone bruciato come le foglie morte. Sguardo privo di luminosità. J. W. Attaccò – Sto leggendo Ionesco. L’abisso di Dio. C. Junior – Non l’ho mai letto e non sono credente ma la spiritualità sì. Quella sì! – Bé c’è differenza! Da brivido il delitto di Caino. Ionesco Bechett Burroughs! Brecht era luterano convinto. Vita di Galilei. Pensa che l’abiura non favorì la rivoluzione del popolo ritenendolo colpevole. Gli hanno dato l’aut-aut. C. Junior comincia a stiracchiarsi come un gatto. Un bimbo annoiato.
Le donne al mercato mi chiamano “El Niño Muerto” (Il Bimbo Morto) e si fanno il segno della croce quando o. Non mi piacciono le donne né giovani né vecchie. Non mi piacciono nemmeno le femmine di animali e le cagne che ringhiano e guaiscono quando mi vedono.
J. W. – Bisogna rileggere i vecchi libri a distanza di tempo specialmente quelli che sono censurati tenendoli rigorosamente fuori mercato. Sto scrivendo e rileggendo per niente soddisfatta. * Ha stava facendo colazione quando il Tenente lo chiamò:”Tu e il tuo socio dovete prelevare un certo Lee, William Lee, quando andate Downtown. Sta all’Hotel Lamprey. 103esima angolo Broadway”. “So dov’è. E mi ricordo anche di lui”.
“Bene camera 606. Prelevatelo e basta. Non perdete tempo a perquisire la stanza. Prendete solo i libri, le lettere, i manoscritti. Tutto quello che c’è di stampato, scritto a macchina o a mano. Capito?
J. W. – Lavoro di terapeuta in dosi minime. Nei libri ci si ritrova altrimenti si pensa sempre d’essere gli unici e fortunatamente mi consolano per la perdita economica e la scarsa qualità con la quale sono costretta a lavorare in un mondo di matti legalizzati. Leggere è il punto e soprattutto Ionesco che scriveva come un dio. C. Junior – Ma il mondo va diversamente – lanciandole uno sguardo cupo. – Un dio? Entra gente. Appena Joan fu uscita dal caffè si sentì chiamare. Era un amministratore di palazzine B. C. – Bene Comune – mascherato da nobiluomo veneziano per via del Carnevale festeggiato in quaresima tranne che per le scarpe da tennis impolverate. Scartoffie in mano. B. C. – Le sto portando in Comune per la potatura. Siamo venuti veramente bene nella foto di domenica! – disse ammiccando. – Me le farai vedere! Stai bene vestito da Casanova e non stonava affatto che io fossi infagottata in un giaccone che faceva intravvedere la tuta. Poi camminò ascoltandosi. Si toccò la fronte che era decisamente più fresca. Andò al supermercato. All’improvviso il pensiero di C. Junior che si stiracchiava mentre gli parlava dei suoi manoscritti!
Audrey Carson a sedici anni era in molti modi più vecchio dei suoi anni. Possedeva già la conoscenza di sé e il disgusto di sé dello scrittore, e il senso di colpa-divina che tutti gli scrittori sentono di avere nel creare.
Vampata micidiale di calore. Afflusso di sangue alla testa. Sudorazione. Batticuore. J. W. allora pensò – Dovrei dominarlo quel cane nonostante siamo lupi entrambi. Ma è il mio oggetto del desiderio. Il gioco. La fonte d’ispirazione. Intelligente per giunta! Lupi coi lupi si capisce che sfugga qualche morso anche se è sicuramente una checca dai modi di fare e dall’ostilità. Dalla fascinazione! Il gioco è sacro! E assolutamente sbagliato dare retta ai nazisti. Prendono tutto come un lavoro anche il campo di Concentramento si sa. Mi viene da fracassare la testa sul muro a chi non capisce quanto sia serio il mio gioco. Hein! Mah! Mi limiterò a comprare qualcosa da mettere sotto i denti. La Regina di Cuori continuava ad urlare dicendo di tagliare le teste. Alice rimbalzò. J. W. – Se ora fossi in un suk algerino ad esempio sarebbe altrettanto noioso aspettare per pagare? Contratterò un cestino di fragole. Sono sempre di più i single nella nostra società. Non ne posso prenderne una cassa intera perché soffro di mal di pancia. Tuttavia ci sono i single golosi per sedare la disperazione. Baccalà mantecato tralasciando le polpettine di carne. Chissà come le fanno? Pericolose. Chissà cosa c’è dentro? Meglio le carote al vapore per quanto mi ricordino troppo gli ecologisti – igienisti. Siamo sempre ai nazisti! Un uomo impertinente che eggia sotto la sua casa col cagnolino al guinzaglio – una vera e propria epidemia – sta limonando con la cassiera. J. W. – Monotono come il suo bassotto. Se fossi in un suk sarebbe tutt’altro gioco! Lo vorrei fulminare con lo sguardo ma ipocritamente gli domando come stia il cane. Di ritorno a casa trangugio un frullato di fragole ottenuto da un vecchio Krupp rigorosamente ex nazista. Gli avevano assolti a Norimberga per produrre acciaio. Naturalmente è così vecchio che fa le bizze. Lo tengo come testimonianza.
Intanto continua a rimbombarmi in testa la voce di C. Junior come fosse lì. A volte quella di sua madre. Jawol! Mi concentrerò sulla rilettura di Santa Giovanna dei macelli. Martire!
Gli artisti confonderanno la trasmissione con la creazione. Pianteranno le tende strillando: “Un nuovo mezzo di comunicazione” finché il loro indice di gradimento crollerà. I filosofi si azzufferanno sui fini e sui mezzi non sapendo che trasmettere non potrà mai essere altro che un mezzo per ottenere altro trasmettere. Come la droga. Il Trasmettitore non è un individuo umano. È il Virus Umano. … Un vecchio mago saggio mi disse una volta. “Io non ho nemici, li trasformo tutti in amici”. Era il mago più leale che avessi mai incontrato. Gli insegnamenti di Cristo hanno senso a livello di virus. Che cosa fa il virus con i nemici? Li trasforma in se stesso. Se non ti contagi con la prima guancia porgi la seconda. *
I discendenti degli albini cavernicoli sono gli attuali abitanti dell’America e dell’Europa occidentale. In queste caverne i coloni bianchi contrassero un virus propagatosi lungo l’arco della loro generazione maledetta che doveva farli ciò che sono oggi una ributtante minaccia alla vita su questo pianeta. Questo virus questo antico parassita è ciò che Freud chiama l’inconscio moltiplicatosi nelle caverne d’Europa su carne già ammalata per gli effetti delle radiazioni. Tutti coloro discesi da questa schiatta sono fondamentalmente diversi da quelli che non hanno avuto l’esperienza delle caverne e che non hanno contratto questa malattia mortale che vive nel vostro sangue nelle vostre ossa nei vostri nervi che vive dove voi eravate soliti vivere prima che i vostri antenati entrassero strisciando nelle loro sudice grotte.
Quando uscirono dalle grotte non furono capaci di badare ai fatti loro. Non avevano fatti loro a cui badare perché non appartenevano più a se stessi. Appartenevano al virus. Dovevano per forza uccidere torturare conquistare asservire degradare come un cane idrofobo deve per forza mordere. A Hiroshima tutto fu perduto, la malattia metallica assopita per 30 000 anni risvegliatasi ora nel sangue nelle ossa nella carne calcinata.
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* L’idolo di pietra
… con le dita su nelle piaghe dell’orgasmo lui inarca il corpo e tocca il soffitto e la pelle gli si apre dall’inguine al mento. Gli altri ragazzi la tirano via a fogli e di sotto il ragazzo ha una pelle nuova bianca come marmo… in queste condizioni sono così sensibili che un soffio d’aria li fa partire… Quando si svegliano i ragazzi sembrano statue greche. Se ne vanno camminando nudi tra portici di statue e fontane. Dopo un po’ marciscono di nuovo e devono andare in muta completamente ogni mese. E le pelli si ammucchiano. È un po’ come il problema delle scorie radioattive.
Lui era lì di pietra. Alto e possente con la pelle ambrata nonostante la luce fosse fioca. Il tramonto di un giorno qualunque su due esseri che potevano essere chiunque in una stanza anonima come tante. Gente d’albergo senza tetto ma con l’idea in testa di possedere una stanza almeno per una notte o un giorno.
Lui era alto robusto possente. La faccia squadrata coi lunghi capelli spettinati setosi e chiari senza una vera espressione. Stava lì nudo in piedi davanti al letto tenendosi a distanza. Privo di coperte. Solamente le lenzuola tirate giù da un lato di un colore pallido indefinito. Se ne poteva sentire il lieve odore di bucato ed immaginarne il fruscio. Aveva bei muscoli addominali e spalle larghe. La faccia dal naso camuso e occhi a fessura. Labbra carnose. Una leggera peluria bionda gli ricopriva il corpo come fosse quello di una donna. Joan Wollmer posò lo sguardo sulle maniglie dell’amore ben tornite ed il cazzo duro che si protendeva sbilanciandosi un poco di lato dello stesso colore della pelle ambrata. Lo guardava senza vederlo perché voleva fosse una statua. Una statua di pietra morbida come la carne al tatto che non si sarebbe mossa. Gli si avvicinò per sfiorargli il cazzo prima con dita leggere poi disegnando strani arabeschi magici con le sue unghie affilate. Lui non si mosse. Non batté ciglio. Joan voleva che fosse una statua eterna per soddisfare le sue stagioni. Gli indefinibili umori. Le voglie negate. Lo condusse come un automa sulla sponda del letto e con una spinta lo fece sedere. Gli fu sopra senza che lui muovesse un dito. Lo penetrò sentendo il suo cazzo turgido dentro la vulva che cominciò a stringerlo senza vederlo senza baciarlo abbracciarlo. Sollevò e abbassò il culo lentamente ritmicamente senza affannarsi accelerando di poco man mano che sentiva il piacere invaderle i lombi. Irradiarle il corpo. Orgasmò a bocca chiusa mentre lui non diede alcun segno di vita. Dopo essersi alzata J. W. lo prese per mano richiudendolo nell’armadio. Serrò il lucchetto e andò a farsi la doccia pensando che Leopold von Masoch sarebbe stato sicuramente soddisfatto. Joan sapeva benissimo infatti quanto masochisti siano i maschi!
A Parigi mi mostrò l’Uomo incolore che su questi fogli dipinge quadri nell’aria. – E l’Uomo invisibile disse. Questi fogli incolori sono ciò di cui è fatta la carne – Diventa carne quando ha colore e scrittura – Cioè parola e Immagine scrivono il messaggio che voi siete su fogli incolori e determinano tutta la carne”. Il Rosso
Un faro nella notte il Rosso O. R. – Obbiettivo Raggiunto – anche se oramai incanutito vedovo barbone a sessant’anni nonostante in fondo non si sarebbe dovuto pagare così tanto lo strumento che appena entrava nel corpo di Joan la faceva orgasmare. Dopo averlo lasciato tuttavia l’aveva fatto riciclare egregiamente esaltandone la virtù ma ora rivedeva la morta che l’aveva usato in tutte le donne che le somigliavano. Nell’estate di Pietroburgo. Tra gli avidi bambini dalle voci stridule al mare. Donne col cellulare conficcato nell’orecchio in perpetuo. Il gabbiano che tentava d’ingoiare una sogliola braccato dagli altri uccelli. Una donna plasticamente grassa ma avulsa da cellulite. Un’indiana col suo boy che usciva eroticamente dall’acqua coi jeans attillati e maglietta bianca mentre Joan delusa si osservava le pieghe della pelle dell’intercoscia promettendosi di fare gli affondi. Ma questo era un altro il problema. No! Non voleva leggere il quotidiano bensì guardare le foto russe. Inoltre a Joan in quel momento interessava solamente un video porno americano e Maometto che incitava l’orgia omicida in Nord Africa.
Mr. Hart si predispose a essere la morte. Impara a uccidere per mezzo dei suoi giornali… mentre biascica sopra bambini arrosto, incidenti stradali, esplosioni come un uomo della legge sudista che sente le sue tacche dei negri ammazzati. Ora queste immagini di cronaca, non importa quanto orribili, si logorano ben
presto. Si logorano perché sono mostrate e la gente ci si abitua. Ricordate che i libri maya non venivano mai mostrati ai lavoratori… Mt. Hart parla in un freddo sibilante linguaggio da serpente dentro il pannello degli strumenti e l’ordine parte: Andate fuori a prendere le immagini. E specialmente quelle che non possiamo pubblicare. Se possiamo pubblicarle non le vogliamo. La siberiana del cesso aveva gli occhi di zaffiro sulla neve quando le aveva dato i suoi libri mentre a lei si accendevano senza più desiderare d’avere orgasmi quando estenuata si dava al piretro nonostante non fosse uno scarafaggio. In verità J. W. non usava né il piretro né altri tipi di droghe non essendole necessarie a causa della sua eccessiva psicolabilità. Ricordò che il Nazi uno degli XY peggiori un O. G. M. – Organismo Geneticamente Modificato – e al massimo grado possibile l’aveva a suo tempo corteggiata ma la poverina che lei continuava ad immaginare – pace all’anima sua – diceva che J. W. vinceva sempre in amore nonostante l’incanutimento precoce del pelo pubico difficile da tingere anche se ci si può sempre depilare come faceva mamma. Le ò allora per la testa che da quell’altro suo spasimante dal nome inidentificato e che tuttavia non meritava d’averlo perché così volgare se lo sarebbe fatto mettere certa tuttavia di non volere più scrivere di nuovo insieme. Accorgendosi che scrivere insieme è realmente scopare seppure la carne lasciva impudica e surreale marcita del PC. In quel mentre Zola si dissolse in Burroughs riproponendole lo stesso dilemma. In quest’ultimo s’era talmente identificata da innamorarsene. Di una Checca dalla pelle sottile ma dai robusti attributi. Ambigua verso l’uso delle macchine. La sua misoginia – parola che non ha corrispondente maschile guarda caso – si adattava di certo al sentimento di Joan verso gli uomini. La misantropia era la medesima anche se in realtà non è che un estremo amore e sensibilità verso l’umano solamente andato a testa in giù o quest’ultima capovolta per svariate cause. Sicuramente l’accomunavano la labilità interiore che sfociava in follia poetica e rabbia o viceversa tristezza ed amore autodistruttivo per il rischio ma con alte note di energia vitale. E sicuramente nutrivano il medesimo giudizio sulle madri ed i padri. La base del potere.
Joan d’altronde aveva iniziato a scrivere seriamente per ripicca contro il computer quando imparò ad usarlo. Erano racconti di fantascienza che ricordavano quelli di Asimov nei quali con infinita nostalgia ma ineluttabilità il corpo pur mantenendosi di carne per quanto in alcuni racconti alla fine si dissolva in puro etere si trasforma per sopravvivere grazie ad ausili meccanici. Protesi di riparazione.
Una moglie saluta con la mano il marito che parte su un autogiro. Il cielo ne è pieno. Lei dà ordini a un robot che fa i lavori di casa. In città sbriciolate storpi che bisbigliano cercano tra i rifiuti.
L’eroina dei suoi racconti trasformava volontariamente il suo corpo in una sorta d’automa per celarsi alla massa sempre più decadente della nostra terribile modernità scrivendo di nascosto le sue poesie e racconti ché se scoperta sarebbe senz’altro ata per una lebbrosa psichica. Joan ricordò che lesse da giovane Zola seduta sullo sdraio in spiaggia difendendosi dai cugini piccoli e sentendosi in colpa perché rimproverata in quanto la lettura è il lusso del tempo che detto in questo modo mortifica la lettura mentre la macchina da scrivere ora divenuta PC la ricrea. Capì allora che l’amore per William Seward Burroughs le derivava dall’avere attraverso le sue opere potuto spazzare via ogni colpa che le veniva ingiustamente attribuita. Era libera di non censurarsi più!
“Vediamo che cosa sta cercando di contrabbandare attraverso l’onesta dogana americana questo sudicione di scrittore…”
Uscì dal dilemma summenzionato rispetto all’ambiguità della robotica dopo che il tecnico del computer le annunciò di volere uccidere il venditore di Smartphone incolpato di non togliere la flag dell’abbonamento scolante quattro euro giornalieri. Prima o poi gli avrebbe sicuramente sparato.
Per Joan scopare ad esempio era descrivere col più poetico dei linguaggi e non attraverso una fasulla chat l’amica gazzella che contattava la morte correndo per dimagrire fino alla consunzione mentre lei pronunciava scorrettamente il cognome che non ricordava della defunta riferendosi alla podista sfuggente. La buon’anima – che Dio l’abbia in gloria – negli ultimi tempi era dimagrita troppo perché si rifiutava di curarsi. Forse un verme nel colon o un millepiedi gigante l’aveva sicuramente mangiata dall’interno. – Ho visto sul giornale il tuo nuovo libro – le disse un’altra presunta amica. – Sì Charlie sta bene grazie andrò in libreria a comprarlo. Dieci bugie in un nano secondo!
Audrey si prese la sua rivincita… “io sono un cane ammazza-pecore”. I mulini di uno scrittore macinano lento ma macinano fin troppo bene. Si sentiva come chiuso da qualche parte in una squallida soffitta, guardando impotente quando i bottegai gli sbattevano lì il resto senza un grazie… Queste piccole ferite facevano dolere le ferite non guarite come allume di rocca. Sentiva che nessuno voleva il genere suo in nessun posto… Dal momento che l’avventura era virtualmente impossibile in un matriarcato del middle west, questi erano sogni sottili come carta, nostalgie del 19° secolo. Ciò che più di tutto sperava era di sfuggire alla sua carne torturata attraverso qualche atto eroico.
Voce del mondo – Non vuoi proprio Joan il Gazzettino o per tre euro una spremuta d’arancia? – Ma dove siamo arrivati con questi prezzi e le ciarle del giornale? Il glifo viene prima del parlato basti pensare al suono come richiamo e poi alla pittura come descrizione a differenza dell’odierna barbarie del Potere Scritto. Se fossi lesbica l’Innominabile perché indegno di nome m’avrebbe senz’altro scopata come fossi stata un frocio alla rovescia invece di stare appeso al PC
giorno e notte per farmi stalker con le sue assurde crudeltà! Lungo la strada del ritorno laguna turchese smeraldo e d’oro. Alberi nell’estate pietroburghese e le parole ben calde dentro la sua pancia. *
Il tossicodipendente ha intravisto la formula, la nuda ossatura della vita, e questa conoscenza ha distrutto per lui le ordinarie fonti di soddisfazione che rendono la vita sopportabile. Andare un o avanti, scoprire cosa sia esattamente la tensione, e cosa sia il sollievo, scoprire i mezzi per manipolare questi fattori.
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Quando uno psicotico depresso comincia a guarire… la malattia sferra un attacco finale… e questo è il punto di massimo pericolo di suicidio. Si potrebbe dire che la razza umana è ora a questo punto… in virtù della conoscenza che si potrebbe distruggere… di liberarsi di registrazioni autoimposte e vedere tutta la vita come un fatto. Quando vedete il mondo in modo diretto è una delizia…
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Esisto nel momento presente. non posso e non voglio fingere di essere morto. Questo romanzo non è postumo. Un “romanzo” è qualcosa di finito, cioè morto… Sto cercando come Klee, di creare qualcosa che avrà una vita sua, che possa mettermi in pericolo reale, un pericolo che io sono pronto ad affrontare.
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Klee esprime un’idea simile.”Il pittore che è chiamato giungerà vicino all’abisso segreto dove la legge degli elementi nutre l’evoluzione. E Genet, nel suo Diario del ladro. “Il creatore si è impegnato nella tremenda avventura di prendere su di sé, fino alla fine, i pericoli corsi dalle sue creature. La Zona
A Joan venne in mente solo in quel momento. Temeva che potesse esplodere il reattore nucleare. Una donna così audace proveniente dal Capo di Buona Speranza che dirige le ricerche negando se stessa sbattendo ciglia e bocca e gambe. Zeppa di tic! Fortuna vuole che non le sbattesse sotto il naso il culo fasciato dai jeans a bauletto stile afro quando li indossava perché oltre tutto Joan la considerava piuttosto bella. Alla faccia di Mister Fiorucci J. W. li aveva riposti da secoli arrotolati nell’armadio. Le donne afro hanno il culo naturalmente così! Si sa! E chi la capiva se era assalita da sacro furore aspettando per un tempo biblico che le tingessero i capelli ad uno ad uno tipo diavolo per capello coi culi a baldacchino delle apprendiste sotto gli occhi? Joan s’interrogò sulla buona fede di chi li portava. Ché se poi fosse stata un uomo e le fosse venuta la legittima voglia di toccare loro il loro deretano sarebbe finita difilato davanti al tribunale. Una sfilza di ragazze tuttavia dalla parrucchiera proprio belle. Brigitta coi rossi capelli come Martina dagli occhi limpidi. La sua Nana Rossa del libro. Un’altra ricordava Botticelli sformata tuttavia dal cavallo basso dei jeans e le gambe arcuate da dietro. Peccato per Canova simbolo dell’estetica sensuale! Così J. W. domandò loro come fossero state originariamente le brache dei contadini del Sud degli States. Nessuna risposta. Mutismo da pesci.
Così come nessuno sapeva dirle come si arrivasse al Quartiere Liberty dello zuccherificio a tre chilometri dalla zona nella quale abitava. L’assalì la paura di andare del tutto simile a quella provata per tante altre banalità come se tutte le cose avessero un cuore pericoloso e un’anima malvagia. Come mai poi se vi aveva lavorato suo nonno insieme al fratello nel drago sputa fuoco rombante? E questo prima di vendere gelati. Era in realtà una vera magnificenza a parte il tremendo odore di polpe di bietole che si sentiva a chilometri di distanza per vari mesi all’anno! Joan Wollmer si svegliò la mattina prima pensando di recarsi al prestigioso museo di pittura a Teolo Alta e ricordò che un tempo guidava come una saetta fino alle Terme di Abano a Treviso dal poeta a Mestre per frequentare la scuola. Cos’era successo tra lei e la zona da non riceverne più alcuna felicità? Tutto sembrava amalgamato. Vivevamo in un alveare.
I Divisionisti occupano una posizione intermedia, in realtà li si potrebbe definire moderati. Sono detti Divisionisti perché si dividono, letteralmente. Ritagliano pezzetti minuscoli della propria carne e riproducono repliche esatte di sé in gelatina embrionale. È probabile, a meno che il processo di divisione venga interrotto, che alla fine ci sarà un’unica replica di un unico sesso in tutto il pianeta. Cioè, un’unica persona al mondo con milioni di corpi separati. Questi corpi sono davvero indipendenti? Ne dubito. Le repliche devono periodicamente ricaricarsi con la Cellula Madre…
Joan telefonò allora per chiedere aiuto mentre addentava un panino farcito di baccalà. Il prete aveva l’hobby del ciclismo e al giorno d’oggi sono ministri introvabili. D’altro canto non si capivano perché non possedeva alcun palato letterario nonostante fosse un divoratore di libri ma solo se rigorosamente didattici! Avrebbe sprecato le sue parole. Il filonazista non avrebbe risposto. Troppo indaffarato con la mamma. Heil mein Fuhrer!!!
L’amica gazzella la temeva perché J. W. nonostante tutto era leonina ed aveva l’abitudine di nascondersi sotto le sottane di o dentro la patta di? Ugualmente la chiamò dato che girava in lungo e in largo correndo dopo avere tuttavia rigorosamente consultato la sibilla del Web osservando perplessa le foto dei caseggiati della fabbrica. La gazzella le indicò la strada chiamandolo lei stessa il drago. I bambini durante la stagione delle bietole bucavano il suo ventre col trenino divertendosi molto. Ma ormai era tardi ed aveva scovato nella sua biblioteca un magnifico libro su Venezia. Doveva correggere le bozze. – Domani sì. Potrebbe essere domattina. La gazzella inoltre l’aveva invitata ad una mostra femminista alla quale declinò. J. W. allora ci ripensò. Prese il coraggio a due mani o il toro per le corna. Indossò la giacca e partì. Tuttavia il drago mentre dormiva non sembrava più tale. Una vera delusione! La Palazzina Liberty inoltre risultava patinata coi suoi nuovi appartamenti di lusso al fetido odore di bietole. Al contrario le case scure e dimesse prive d’intonaco rivelavano il loro volto mangiato dal tempo che vi si era sedimentato. Così le casette operaie a schiera. – Lontani anni venti – pensando all’infanzia di Burroughs. Si diresse verso le panchine che costeggiavano il fiume per ritrovare un briciolo di pace e serenità ma l’ululato dei cani chiusi nei cortili e l’abbaiare infuriato dei bastardini fuori dei cancelli la fecero retrocedere. – Gesus Christ Superstar! Tornò indietro annoverando non so quanti TIR nello spazio di una manciata di chilometri. Crash! Ottimo film ispirato ai racconti di J. G. Ballard. Un vero peccato che lo scontro non la eccitasse o forse non era esatto dire così. Inconsciamente il farsi fuori o il far fuori qualcuno stava probabilmente lì dentro la sua testa e proprio
per questo aveva tanta paura di sé proiettandola nella guida dell’auto. O desiderava solamente la mutilazione trasformando arti e corpo in macchina? Seppellire l’umano ripensando alla Foresta di cristallo appena letto nel quale il mondo tutto si cristallizza ed il tempo – spazio implodono in una staticità infinita? Migliaia di grosse auto stile carro armato invadevano rombando quelle strade morte mentre Joan ricordava quanto amasse l’aereo e che più facilmente si sarebbe imbarcata per l’Australia. Tuttavia quanta bellezza s’intravvedeva come un puzzle da sistemare sparpagliato sul tavolo!
La Città Composita dove tutte le potenzialità umane si distendono in un vasto mercato silenzioso…
Un paesaggio mutilato profanato sotto un cielo limpido greco da bussolotti metallici sparati a più non posso così simili ai grigi condomini di cemento tutti uguali parto di bizzarri cervelli d’architetto scorgendo tuttavia dovunque gioielli sparsi da raccattare.
La Zona è un unico ampio, edificio. Le stanze sono di un tipo di cemento plastico che si gonfia per accogliere sempre più gente, ma quando in una stanza ce n’è troppa si sente un soffice plop e qualcuno dal muro a direttamente nella casa accanto, cioè nel letto accanto, dato che le stanze sono per lo più costituite da letti nei quali avvengono le transazioni economiche della Zona. Un ronzio di sesso e traffici scuote la Zona come un vasto alveare… Lover
Sempre più difficile a zero gradi perché il viandante impazzisce se il caffè viene servito freddo. Congelata da un giovane uomo attratto che non sopporta la rivalità.
C. Senior le teneva le mani nelle sue. Mani che lavoravano proprio come quelle di C. Senior mentre Joan gli diceva che le considerava la parte sua più bella come fosse stata la Duse mentre C. Senior gliele accarezzava senza malizia. Così per pigrizia d’amore. Il suo nemico che faceva il caffè li guardava di sbieco anche se da molto tempo un agghiacciante silenzio era piombato sopra un letto rimasto immacolato. – Perché – Joan Wollmer si domandò. – Perché avendo fatto anche lei silenzio dopo la guerra ora le scaraventava addosso piattino e cucchiaino tossicchiando infuriato a causa dell’apprezzamento delle sue belle mani? Perché il suo nuovo spasimante non poteva elogiarla in virtù dell’arte e di nient’altro nonostante lui il nemico fosse oramai solamente una vecchia musa? Oppure le donne non possono averne a bizzeffe di modelli ispiratori senza somigliare alle femmine dai troppi malori e svenimenti cattivi umori? Dopotutto da sempre gli uomini hanno creato così. Il problema non era di certo suo. Egli evitò di immortalarsi nella sua carne disfacendo quel bel visino tra le sue suadenti cosce. Orfano di se stesso. Ritratto solamente sulla carta. Quali dubbi J. W. gli suscitò d’amore se rimase assente per lungo tempo? Miscredente di lodi azzannate dalla furia del parto. Un coacervo di rose e spine ch’ella inghiottì accettando muta la sua scomparsa.
Scesi a guardarli di notte quando gli uomini lo facevano con le donne mi mettevo tra le loro gambe sentendo una morbida rete che mi tirava sempre più vicino. Sapevo che se entravo nelle palle di un uomo e sprizzavo fuori in una donna sarei rimasto irrimediabilmente nella rete. Così mi tenni lontano su tra le cime degli alberi.
Ora si gongolò in un ricordo amaro come quel caffè.
Nessuno è più solitario di un amante ricambiato o no. Rievocati i giorni delle contraddizioni a Joan non rimase che firmare nell’etere l’amplesso avuto con la sua ombra di ragazzo. Ombre che vagano ritraendo le mani dalla delusione. Cuore cieco che scrisse d’amore come fosse stato il più bel fiore!
Insomma ho l’esclusiva, perché non tiro fuori la parola viva? La parola non si può esprimere direttamente… Forse la si può indicare con un mosaico di giustapposizioni come gli articoli abbandonati nel cassetto di un albergo, definiti dai negativi e dall’assenza. L’Esposizione
Carl andò a trovare Joselito in una grande camera linda piena di luce, con bagno privato e balcone di cemento. E niente di cui parlare in quella stanza fredda, con i giacinti che crescevano in un vaso giallo, il cielo azzurro porcellana e nuvole in continuo movimento, e guizzi di paura che si accendevano e spegnevano nei suoi occhi. Quando sorrideva, la paura volava via in frammenti di luce, si appostava enigmatica negli angoli alti e freschi della camera. E cosa potevo dire nel sentire la morte intorno a me e con le piccole immagini spezzate che affiorano nella mente prima del sonno?
Questo succedeva tanto tempo fa.Ma ora era diventato sicuramente così come Joan Wollmer stava supponendo sebbene non lo avesse mai visto nudo ma solamente scorto nei suoi sogni. Davanti agli occhi l’immagine dei piedi ed in particolare delle dite ricoperte da folti peli neri e quell’immagine la inquietò senza che per altro fosse un motivo sufficiente. La rimandava ad un uomo ferrigno animalesco tanto più che guardando le sue recenti fotografie prima d’incontrarlo aveva chiaramente visto la terribile trasformazione di un uomo un tempo avvenente. Dopo l’operazione era dimagrito e la testa appariva sproporzionata come fosse malato.
Tra un po’ le operazioni si faranno con il telecomando su pazienti che non vedremo nemmeno. Non faremo altro che premere bottoni.
Gli occhi luccicavano di cattiveria ed il sorriso era a denti stretti. I capelli rasati come se uscisse da un lager e le sue mani ah le sue mani! Ossute e nodose con la pelle gialla e vizza stringevano con pena il libro che le stava leggendo. Un insetto. Era divenuto un insetto con le zampine pelose. Come aveva potuto con la scusa d’invitarla a bere il tè e avere preparato una torta permettersi di mettergliele addosso? Quale segnale mai Joan gli aveva dato perché lui osasse stringerla a sé cercando di toglierle i vestiti? Perché si ostinava a dirle che entrambi avevano bisogno di tenerezza quando sembrava che qualsiasi cosa lei gli raccontasse fosse gettata al vento? Forse non si rendeva conto di quel mutamento repentino del suo corpo e si pensava ancora l’uomo il cui sguardo catturava la sua attenzione. Era probabile tuttavia che fosse lei ad averlo ricordato come meglio le pie per dare forma ai suoi desideri nonostante ci fossero tutti i segni sul suo volto che ne presagivano da sempre il mutamento. Non era d’altro canto strano che in un periodo come quello che stavano vivendo di bancarotta e degrado nessuno ascoltasse più nessuno. Che i rapporti si consumassero all’ombra della pura immaginazione soventi intrisi di tutte le perfidie e le frustrazioni accumulate in quegli anni di malessere. J. W. non poteva di certo più né telefonargli né incontrarlo. L’avrebbe visto sempre più abbruttito mentre il suo intento sarebbe stato di possederla nonostante la donna non gli manifestasse il minimo segno di resa volendo solamente conversare da buoni amici cercando di condividere la sua intimità. Tuttavia nessuno può sfuggire seppur delirando seppur mentendo alla condanna della propria natura.
Lo specchio s’era infranto ed il suo ritratto era emerso lucido tagliente inconfutabile.
* O. A. – Ostentata Agonia – stava infatti seduto lì di fronte a lei esibendo com’era solito fare con tutti la sua malattia anche se si sapeva che era guarito come se immedesimandosi nella morte stessa pensasse di sconfiggerla. Quel suo corpo esile come una foglia morta che spariva dentro la felpa nera dei pantaloni e del maglione troppo largo incolore lasciava presagire quanto non volesse liberarsi del ruolo del malato.
Mr. Hart certamente non si considera cristiano, eppure tutto il suo modo di pensare è formato sul modello cristiano occidentale. Pensa in termini di sì o no, vale a dire in termini di Dio uno. Sta cercando i segreti della paura e della morte…. è tutto molto semplice – i sacerdoti diventavano MORTE e perciò non potevano morire… Non si possono lasciare cose in sospeso a ciondolare in giro, ad ogni modo…
Nell’atrio della sala dell’Esposizione Simbolista le aveva telefonato dicendo che l’aspettava là dentro perché aveva freddo nonostante quel pomeriggio d’inverno il clima fosse decisamente primaverile e offrendole di comprare il biglietto s’accorse d’avere dimenticato a casa il portafoglio. Le chiese inoltre i soldi per fare la spesa al ritorno invitandola a mangiare nel suo appartamento che sarebbe stato come sempre a soqquadro. Saltellava tra i quadri esposti come se il pavimento non potesse sorreggerne il corpo che sembrava tramutato in un uccello da cortile che tenta di sollevarsi senza riuscirci. Incurante dei commenti che lei proferiva sui dipinti prendendolo sottobraccio non riusciva per nulla ad adattarsi.
Non comprendeva quella danza che avrebbero potuto eseguire davanti alle splendide tele. L’accoppiarsi teneramente sebbene in una sala gremita. Sarebbe stato sufficiente il suo spirito a guidarlo ma la morte era diventata l’unica sua amante nelle braccia della quale si rifugiava per sfuggirle. Non accorgendosi che sfidandola aveva già perso il gioco spegnendo l’anima.
Un individuo potrebbe morire per il semplice fatto che non sopporta di rimanere entro il proprio corpo.
Sotto la fioca luce della lampada a stelo seduto di fronte al tavolino ingombro di mille oggetti inutili di vecchi giornali ingialliti di libri consunti le leggeva osannandolo un brano di critica riguardante D’Annunzio come un presentatore televisivo che doveva convincere il pubblico di un programma culturale a quiz. Usava una lente d’ingrandimento mentre una gamba accavallata dondolava facendo oscillare la ciabatta indossata scalzo che lasciava in vista la caviglia inscheletrita. Era il piacere che avevano visto dipinto sul viso delle Ofelie morte e delle madri snaturate che tanto infervorarono la mente sia dei pittori sia del Vate che combatté per il gusto di sentirsi partecipe della grandezza. Una guerra proclamata santa e madri neglette perché non partorivano più i figli che avrebbero sicuramente perso in battaglia. Perverse odalische e l’Immacolata che scendeva dal Trono Celeste. Le volte affrescate come chiese. Pure melodie trasognate per stimolare i sensi accecati dalla distruzione del conflitto. Sembrava che Dio avesse smarrito la strada consumandosi estenuato tra i fiori che ornavano ogni soggetto e le chiome fulve ondeggianti dei corpi ignudi che dissetano l’uomo alla fonte dell’eterno oblio. La donna pensò allora che quell’uomo avrebbe dovuto morire senza trascinare più a lungo la battaglia perduta nel mare di ponente. In quella lussuosa casa che aveva da poco acquistato vantandosi delle onde che talvolta entravano dalla finestra.
Liberato così dall’inguaribile ipocondria e dalla colpa. Doveva ucciderlo impunemente non nella realtà di quella stanza dalle persiane abbassate e dalla luce fioca ma dentro di lei. Non arrabbiarsi più per non essere capita senza averne pietà considerato che per lui il mondo non esisteva e tantomeno la donna. Per quell’uomo divenuto un fantasma gli esseri viventi erano indegni di considerazione e la sua presunta potenza elargita dal denaro frutto dell’avarizia. Joan se ne andò facendosi accompagnare alla fermata dell’autobus mentre l’uomo continuava a protestare per il freddo e per la fretta di dovere fare la spesa. Senza dargli neppure un bacio sulla guancia lo salutò. Una sensazione di ribrezzo la invase al ricordo delle sue mani che tentavano di accarezzarla di snudarla con un puerile pretesto e il richiamo della morte che l’uomo le faceva provare la indusse a rabbrividire convincendola del tutto che non avrebbe più potuto considerarlo un amico. Pensò che sarebbe marcito in quelle scogliere come succede ai granchi impigliati o alle alghe in superficie ricoperte dai mosconi. Alla carogna di un cane che il mare avrebbe riportato sulla spiaggia senza avere nemmeno la decenza di seppellirla affondandola. Sarebbe stata inesorabile proprio come quel mare che rigetta a terra ogni rifiuto ed i corpi galleggianti dei cadaveri con la faccia tumefatta e sconvolta. Quell’agonia non gli avrebbe in fondo procurato un grande tormento quando svanendo il momento del terrore il suo corpo trasparente di medusa sarebbe affogato volteggiando simile ad una bianca spirale. Le bolle d’aria sarebbero emerse in superficie per l’ultima volta mentre i raggi del sole nell’acqua sottostante la scogliera avrebbero illuminato l’azzurro solo per i suoi occhi.
Nelle forme di transizione della Morte, la Morte in una certa misura si identifica con l’uomo che uccide e partecipa della sua morte. In questo modo la Morte perde il suo carattere assoluto… a un certo punto la morte deve correre il rischio. Deve diventare un mortale e morire per poter rinascere.
Musica
Ragazzi della Musica con flauti e tamburi e cetre, intricate ragnatele di lana e corde e cavi che prendono musica dal vento… Il ragazzo Pan suona il flauto sempre più in fretta e quando viene sbatte Brad e me per terra. È IL PANICO.
Al Teatro d’Opera ottocentesco. Edificazione dell’Unità del Regno! Joan Wollmer s’imbatté in un musicista F. M. – Fiondatore Mancato – Era di città. – Verona – nella quale cantava come baritono nel Coro dell’Arena anche se suonava svariati strumenti e componeva. Un intenditore ed anche un XY piuttosto attraente malgrado l’aria da pretino! Sempre tuttavia un XY ovverosia un OGM – Organismo Geneticamente Modificato – il quale le si fiondava addosso ogni volta che s’incontravano specialmente se c’era gente o dentro ai bar affollati per esibirsi davanti ad un pubblico. A maggior ragione quindi reticente per non dire bigotto alla prova dei fatti. Si dimostrò infatti proprio così quando andò a trovare Joan per portarle un prezioso volume antico di Storia della Musica timoroso persino d’oltreare la soglia senza neppure fermarsi a parlare dell’argomento bevendo un caffè. Possedeva un villino in campagna dove stavano i suoi perché da tempo oramai e strano a dirsi nei piccoli centri si assisteva spesso a spettacoli più interessanti di quelli dei grandi teatri. Senza un vero motivo l’assalì tuttavia un senso di timore nell’incontrarlo. Dal momento però che gli spettatori erano pochi si sedettero accanto. Isterico come sempre. Agitato senza ascoltare nessuno. Le disse solamente che il pianista elaborava la musica di Rossini superbamente. Spiegazione alla quale lei rimase del tutto indifferente. Sarà perché la musica toccava troppo i nervi di J. W. o al contrario l’annoiava. E soprattutto perché il piano le risultava pesante! Fracassone com’è con quella sua
lunga coda nonostante chiaramente ci siano brani e brani. Va bene che sostituisce l’orchestra ma vuoi mettere il canto degli uccelli? Edith Piaf ad esempio – l’usignolo drogato? – E che invidia Joan provava per il fatto che prima di morire – un usignolo di così tanto dolore – sposasse il suo Antinoo. L’idolo di pietra divenuto carne! Una statua vivente che tuttavia la induceva a chiedersi se quell’adone veramente l’amasse. Allo stesso modo ad esempio parlando di pittura tanto per arricchire il quadro a Joan procurava orrore la grandiosità di Michelangelo salvo gli incompiuti. Per fortuna non era la sola considerando il grande Antonio Canova veneto come lei che la pensava allo stesso modo rispetto all’esimio scultore. E nonostante il musicista stesse suonando in quel mentre una rivisitazione Jazz di Vivaldi non godette per niente. Si sentì solamente piena d’orgoglio e non fu poca cosa essendo veneta – questo sì – quando venne a sapere che era la musica più ascoltata di tutti i tempi ed ai suoi tempi criticata perché ritenuta banale. Le quattro stagioni. – Niente è più attuale – disse infatti il pianista – dell’Adagio dell’inverno. Poi si prodigò in amplificazioni e piroette virtuose mentre J. W. sbadigliava chiedendosi in assenza di violini dove fosse finita la tensione orgasmica. L’assoluta prerogativa del Prete Rosso! Alla fine il pianista si cimentò sulle note che trasfigurò di Rossini dal momento che suo padre le cantava sempre conoscendo le sue Opere a memoria anche se J. W. amava in verità i madrigali la musica barocca e sopra ogni cosa la voce umana considerando però che i gorgheggi si potrebbero considerare superati anche se senza dubbio è un dovere ascoltarli. Allora era Wagner naturalmente che Joan senza dubbio prediligeva. La sacra e il melodramma così come sta. Senza bisogno di variazioni ritenendola ancora la forma più attuale e compiuta d’espressione dell’animo. Indiciamo un Referendum anche se uno tra i mille e più per l’abolizione perpetua delle scenografie e i costumi contemporanei! Il Jazz le sembrava quindi giù di moda rispetto a quella musica così come il Rock. L’antico è sempre il più contemporaneo. Si sa che la modernità si mangia il più presto con le sue stesse mani come ogni nostro oggetto. Solamente di consumo. Si chiese dunque dove fosse finito il grido della gazza ladra.
Nel frattempo F. M. pareva andare in estasi dimenticandosi com’era ovvio completamente di lei. Spesso Joan si era chiesta infatti come certa musica indipendentemente dall’epoca potesse essere così venerata o al massimo nel migliore dei casi censurata solamente accantonandola per un po’ a differenza dei libri ch’erano stati innumerevoli volte bruciati. Soprattutto quelli più meritevoli ovviamente mentre la stampa commerciale l’ha sempre fatta da padrone fin dall’antichità! Mai che uno spartito fosse stato usato per accendere un falò! Ma d’altro canto a parte le sette note o dodici come poi fu la musica non possiede di certo un vocabolario della lingua. Joan non conosceva neppure pitture arse o statue distrutte a parte nel periodo di furore religioso medioevale. Tutt’al più si usavano foglie di fico o qualche paio di mutande per nascondere le oscenità ritornando sempre a Michelangelo!
Perché tanta carta straccia per spostare la Gente da un posto all’altro? Forse per risparmiare al lettore lo stress di improvvisi mutamenti spaziali e tenerlo Buono? Così si compra un biglietto. “Parla antalgico, Dolcezza, e ti ascolterò”. Non sono l’American Express. Se si vede uno dei miei personaggi in giro per New York in borghese e la frase dopo lo si vede a Timbuctù che attacca bottone con un ragazzo dagli occhi di gazzella, si può desumere che lui (la parte non residente a Timbuctù) ci sia finito attraverso i consueti mezzi di comunicazione. Lee l’Agente (un doppio-quattro-otto-sedici) sta cercando di ripulirsi… trip spazio temporale prodigiosamente famigliare quanto i luoghi di spaccio per il tossico… cure ate e future costringono le immagini a fare la spola nella sua sostanza spettrale vibrando in venti silenziosi di Tempo accelerato…
L’eccitazione per quanto soggettiva fosse le era stata offerta a Chioggia quella stessa mattina a casa di zia Regina mentre dal suo balcone guardava il mare in burrasca. Poco dopo arrivò il cugino amato in gioventù che per essere stato rifiutato sessualmente non la tenne più in considerazione per tutti gli anni a venire.
Joan provò un’intensa emozione e palpito dati dal ricordo dell’amore provato un tempo. L’uomo invece dopo un primo momento in cui parve toccato ritornò imibile e se ne andò. Il maschile si appropria del rapporto col sesso oppure lo nega. Si sa! Joan nonostante il tempo trascorso provò allora una forte nausea della quale soffriva ultimamente soprattutto a causa com’è stato già detto della distruzione in atto economica e morale che nemmeno Platone in fondo risolse alla sua epoca se pensiamo a cosa scrisse riguardo all’ingannare i soldati promettendogli un meraviglioso aldilà morendo per la Repubblica. Fortunatamente però era leggendo la Poesia che J. W. riusciva a consolarsi almeno un poco autenticando la musica tramite il silenzio
* A una Madonna, sette acuti coltelli, e del tuo amore, giocoliere insensibile, facendomi bersaglio, li pianterò profondi nel tuo cuore che piange… Charles Baudelaire Ristampa
J. W. avvertì quasi impercettibilmente la contraddizione religiosa scaturire dai salmi – perché così le parvero – di Brecht e Lenin. La rivoluzione russa. Il cuore di cane. Scorta di Brecht a dieci sottozero mentre col colbacco e guanti fumando a porte aperte. Polmoni aperti. Milva cantava il pescecane.
Rimproverò per gelosia il Vate nazionale di farle recitare i suoi canti ammirandola nell’Opera da tre soldi. Rimane pur sempre Paolini. Il pescecane che aveva in bocca non lo poteva dimenticare fin dall’infanzia. Le canzoni di Gaber da Lolli a Fo. Meraviglie da Festival in un disco di vinile. – Non siamo più quelli – si disse. – Ancora quel Brecht del Vangelo e del libro rosso. Il Capitale oramai fuori moda.
Il Bisbigliatore (senza muovere le labbra): “Arthur Flegenheimer l’uomo che colleziona libri rari.” … Però quando Abhooth e i tentacoli vengono in superficie nell’Olandese lo schermo si ingrandisce. Altre scene e facce appaiono… L’Incendio del Reichstag. La gioventù Hitleriana che brucia libri,la fredda faccia grigia di Ivan Kruger il re del Fiammifero…
Niente è come sembra e ci si sbarazza dell’attuale vivendo in verità in un eterno presente. La qual cosa significa vivere la morte. L’ombra di Famiglia Cristiana a ridosso di Marx. Del melodramma. Predicatori alle otto e mezzo di sera parlano di liberare il capitale di pagare le tasse. Predicatori del telegiornale. Gli estinti dei giornali dimentichi di Brecht. Lezioni surreali.
Strano quello che si trova nei vecchi rotocalchi. “Il vento muore. Noi moriamo. Voi morite.” Francamente proprio ossessionante… il non più giovane Tiresia
che si sposta da un luogo all’altro con la sua tesi impopolare, trascorrendo le giornate in biblioteche pubbliche, campando malamente scrivendo narrativa per riviste scandalistiche…
Giacometti la libertà del nulla di Dio. Mano che pigia i tasti per formare la quadratura del cerchio di Pollini. Madonna Nera di Loreto. L’architettura pittura della casa in Palestina. Non pare così diversa dalle rime del pescecane di una prostituta. Di uguale santità. Piumaggio di libertine all’arrembaggio. Nudità. Una protesi robusta tra le gambe. Solennità delle 95 tesi affisse a Wittenberg in un salmo rosso della nazione nazista nella casa del poeta tedesco che J. W. visitò. Più attuale delle mille bolle blu di carta da ristampare. * “La parola che ha fatto di una scimmia un uomo e in questo processo ha ucciso la scimmia mantiene l’uomo un animale come a noi piace vederlo. E la Regina è soltanto un altro puntello per sostenere la parola. Voi tutti sapete quello che possiamo fare con la parola. Discorrere dell’energia di un atomo. Tutto l’odio tutta la paura tutta la sofferenza tutta la morte tutto il sesso stanno nella parola. La parola è stata un tempo un virus assassino. Potrebbe tornare ad essere un virus assassino. La parola scotta troppo per essere maneggiata così ce ne stiamo seduti con le chiappe ad aspettare la pensione. Però qualcuno raccoglierà quel virus e lo à… Virus B-23…” “È vero? E avete freddato anche gli ubriaconi? Potete freddare tutti quelli che hanno idee? Avete intenzione di freddare questo barile di polvere con la vostra Regina camolata?
Io vi dico che chiunque potrebbe farlo esplodere. Voi tutti sapete quanto fondamentalmente semplice questo è… parola sesso immagine incisa con parola morta e immagine…” “Già noi potremo farlo.” “Ma come la mettiamo con Washington? I nostri ordini?” “Basta una provetta e SPUT… Quale Washington? Quali Ordini?”
* Un virus è un’immagine vivente che fa se stessa usando voi
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* Mother – Matrix Joan Wollmer andò a casa con un mazzo di fiori d’erica per sua madre ancora incapace di accettare la sua follia la sua mania per nulla innocente di contrapporsi per dirle che lei è la più bella del reame. Cosa vecchia come il mondo!
“Le restituisco la mela signor maestro.” Va alla lavagna e cancella la parola MADRE. Accompagnato da Brad e Greg si affaccia sul palcoscenico e si inchina a un gruppo di ragazzi che applaudono mangiando noccioline e facendosi seghe.
Mother – Io lo so che risorgeremo col corpo. Mi devi truccare in un certo modo quando sarò morta e ti devo dare una fotografia giusta per la lapide. Ma guarda in che mondo viviamo! Spranga la porta oramai non c’è più da fidarsi di nessuno. Gli omosessuali poi non sono di certo brave persone senza contare il male che fa. Il mio culo è ancora vergine. Intatto. No! I preti non possono essere pedofili ci mancherebbe! Cambiando discorso a me non l’ha mai detto la colf Francisca che di notte parla col fantasma del marito. Èsolo una matta che si ostina ad inseguire il figlio che si sposa. Doveva rimanere qui a casa sua vicino a me. Daughter – Ma non hai mai pensato che risorgere col corpo è un’idea non molto diversa dall’incarnarsi in un’altra forma di vita? La Madonna che ora in molti dichiarano di vedere si potrebbe considerare un’allucinazione collettiva. Cosa anche sensata se detta così. Gli indios per avere visioni devono prendere gli allucinogeni. Ed i preti sono come tutti gli altri e anche se tu non lo sai di certo non fanno né voto di castità né di povertà. Solo i frati e guarda caso le suore! A sentire il nostro dovevo mandare a casa la domestica perché era sicuro che rubasse. Invece no! Aveva solamente spostato la mia pettinina. Mi sono fatta prendere dalla paranoia. Ascolta le voci della perpetua perché R. N. – Ribelle Nata – non si conforma alle regole di Madre Chiesa. E ad ogni modo le vere checche oggi sono piuttosto rare. Non è come credi tu. Mother – No non è possibile! Sicuramente il prete sa di più di te. Hai freddo? Tieni un golf. Hai il trucco sbavato ed un brufolo sulla guancia. No non me le metto le ciabatte nuove perché le tengo per l’ospedale quando andrò ad operare le vene anche se queste mi affaticano la schiena. Stai attenta che la cameriera non cada dalla scala. Andresti incontro a guai terribili! Riposati hai la faccia stanca! Daughter – Nemmeno tu fossi così pezzente da non poterti comperare un paio di pantofole!
Mother – Non discutere! È morta D. D. – Donna Divina – perché fumava troppo. Non credo sia stato a causa della malattia cardiaca. Vedrai che aveva sicuramente qualcos’altro che non si dice perché non si muore di bronchite. Father – Eh no! Più malata di cuore di lei non si poteva proprio! Operata due volte e con esiti incerti. Se poi pensiamo agli stregoni che fanno magie per curare ammalati ed indemoniati non vedo niente di diverso dal prete quando ci benedice. Inoltre corre voce che abbiano ripristinato gli esorcismi! Pare li faccia anche il Santo padre! Comunque voglio dirti che stare a casa propria è sempre meglio. Stai attenta a quello che mangerai in giro ora che stai per andare in Olanda. Come facevi in India? Che bagni c’erano? Daughter – Di solito la gente defeca lungo il ciglio delle strade. Era sufficiente tuttavia non bere l’acqua e ad ogni modo non ho contratto nemmeno la dissenteria nonostante vi pullulino tutte le malattie possibili perché laggiù stavo bene. Qui a casa o il mio tempo al cesso con le budella in mano. Mi ci vogliono quintali di carta igienica e quasi senza mangiare! Father – Puoi sempre usare i giornali così potremo risparmiare. È indubbiamente il modo migliore d’usarli. Comunque presta attenzione mi raccomando a non comperare mai niente nelle rosticcerie tantomeno le polpette quando fai la spesa! Per farle usano carne avariata ed ossa tritate di non si sa quali bestie! Diverse centinaia di migliaia di Norms si massacrarono vicendevolmente sul posto. Poi Mike Finn prese il controllo: “Dobbiamo strappare dalle sue radici infette perfino il concetto di Paranormale”. Organizzò una vasta Polizia del pensiero. Chiunque avesse un’espressione assente era immediatamente arrestato e giustiziato. Chiunque esprimesse qualsiasi idea che deviasse in qualche modo dalla moralità della gente per bene che va in chiesa subiva lo stesso destino… Ridere era severamente proibito. Sotto il governo di Mike Finn non conveniva essere bravi per niente. Di conseguenza l’intera struttura della società occidentale era crollata. * J. W. – È oltremodo necessario seppellire i morti altrimenti il loro fantasma ci
porta con sé. Uccidere padre e madre Leviatani d’indicibile potenza. Altrimenti il mondo non può che invecchiare come di fatto sta succedendo o vivere nell’Eterno Presente. Ma quale Resurrezione del corpo dopo l’Apocalisse! Chi vuoi che ci creda? È chiaro come suggerisce mio padre che gli stregoni seppelliscano i loro morti con maggior convinzione ed il culto degli antenati lo conferma.
“La morte era l’Eroe della loro cultura” disse la mia Vecchia alzando gli occhi dai codici maya. “Dalla morte hanno avuto il fuoco, la parola e le sementi del grano. La morte si trasforma nella semente del mais”. Gangsters
Dutch si alza da una poltrona vicino al camino. La Vita di Napoleone di Ludwig è sul tavolo di fianco alla poltrona insieme a una caraffa di vetro inciso con l’etichetta SCOTCH appesa al collo. Dutch porta una veste da camera ornata di ricami che gli dà una maestosa e misteriosa aria da gran sacerdote di un culto d’adorazione democratica in qualche film dimenticato…
J. W. – È tutta una seduzione Milord! Una fottuta seduzione che soppianta l’essere con l’apparire. Tu non ci sei ed io nemmeno. Un’infangata fantasia del cuore che conosce la verità e grida per chiedere aiuto. È più potente della droga. Alcol. Ed ecco allora venirci in aiuto una forma di suspense. Recitazione rovesciata come un uovo che si guardi controluce. Diaframma scomposto. Luci all’orizzonte di una scopata dove il mio corpo non è. L’alloro incorona un bidone della spazzatura nel vuoto d’anima. Non ho goduto. Come potevo? Un ologramma nuotò nell’oscurità consapevole. Altra natura che si dispiega. L’occhio non vede più in là dell’atmosfera che si sfa
di luci grigie. Scarna recitazione di sogno dove le anime non si interrogano navigando nel vuoto.
È in un certo senso un libro dei morti, un intervallo sospeso tra prigioni.
Non posso dire di più Milord se mi tieni legata ai fili del tuo dire. L’orgasmo sfuma in immagini meccaniche di un altro autore benché non ne conosca il nome. Menzogne delle quali sono consapevole!
“Lei si interessa si interessa di linguistica, ho pensato che forse le piacerebbe dare un’occhiata a questo…” Era impossibile fermare quell’individuo e il ritaglio era effettivamente interessante, lo capì alla prima occhiata. Si riferiva ad una teoria che Clinch aveva scritto nel senso che ogni linguaggio ha una cadenza o un ritmo particolari che si possono ridurre ad una partitura musicale neutra. Questa partitura, una volta appresa, avrebbe alla lettera fissato il linguaggio nella mente dello studente…
Non è il mare che mi ammalia. È la sua idea. Così come la nebulosa più lontana. Parole ardite accompagnate da musiche d’epoca riflettono la resurrezione di un attimo. Come un ladro elegante dalla mano abile. Un vuoto sacco fa di me un’anima senza corpo. Senza frontiere tra bene e male. Le vittime naufragano dentro le mie cosce sonnecchiando al chiaro di luna.
Insegnante: Arthur Flegenheimer… Arthur Flegenheimer… Arthur Flegenheimer…
È il rischio che corrono i ladri fremendo col revolver in tasca mentre i miei piedi danzano come al tempo di Al Capone. Di Arthur Flegenheimer alias Dutch Schultz alias l’Olandese Schultz alias L’Olandese Volante. Gioventù bruciata sull’orlo di una stiva.
L’enigmatico e inquietante personaggio di Albert Stern il “Professore” esercita una misteriosa influenza. Perché è identificato e ricercato come l’uccisore di Dutch Schultz? Chi è o che cosa significa veramente il “Professore”? Queste domande rimangono insolute alla fine del film dove egli appare come il respinto alter ego di Dutch… la porta si apre. Albert Stern, magro, tubercolotico, ebreo, sta sulla porta. Dottor Stern: “Può entrare adesso signor Flegenheimer… un bel bambino… Dove posso lavarmi le mani? * Albert Stern, il “Professore”, è l’esempio di uno che entrò nel set per errore quando era ricercato dalla polizia come il gunman che sparò a Schultz. Non c’è ragione di credere che abbia mai sparato a nessuno oltre che a se stesso. I set sono il medium nel quale i personaggi vivono e che inesorabilmente modella le loro azioni. Quando un personaggio non è più nel set è finito.
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Ehi William ti stai dimenticando per caso di Lucky Luciano? Sempre in Italia siamo. Hai torto Jack. L’ho citato eccome. Leggi meglio! L. M.
La crescente potenza del Sindacato è rappresentata da Lepke “il Giudice” Buchalter, Lucky Luciano e Charlie Workman, il killer del Sindacato.
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* Poetry J. W. – Mare infinita distesa azzurra distesa distorta capovolta nell’infinito di una culla racchiudo un pensiero di mare specchio assetato di mare. Nuota il corpo Iside farfalla notturna inclemente marea della guarigione. Stonato mare che lambisce gli organi della terra. Note che sonnecchiano aizzandomi contro le voci che non sono del mare stesa sulla scogliera del mio tempo irto di mare. Il cielo si curva chino di fronte al mare. Rimpiango il silenzio dell’onda. * La tua azzurrità mi sommerge di spuma. Deterge lavanda di suoni antichi. Primigeni sensi d’onda del mare. Lo sguardo nell’abbraccio del corpo infossato dalla brezza. Vela che tracimò le correnti. Una goletta solitaria approdò in altri suoli coste di lava. Di sponde che s’incrinano laggiù negli sconosciuti lidi della mia lingua. Memoria di fiori convolvoli assetati narcisi di mare. Orchidee d’alga la balena che mi avvolse dentro il suo ventre. *
Morendo morendo morendo “salute salute salute” Il silenzioso saluto benedicente del dottore cade su città silenti da mare a scintillante mare. * Non ti racchiudo nel mio navigare d’uccello marino. Trao il confine dell’azzurrità di pudici veli. Conchiglia che apre le sue valve rivelandosi. Detergi di pioggia il mare metamorfosi dei miei sensi! Perle di un’odissea mentre il mare mi voltò le spalle planando su continenti retrivi. Divenni l’humus che si perpetuò a rinvigorirmi. * Tu hai lingua di fuoco. Dardo è il tuo sesso che mi congela dentro le ossute braccia del mare. Il tripode di Nettuno infierì sul mio respiro irrorandomi di scintille.
* “Vecchia fregna di vetro”la schernì. E vide una figa piena di schegge di vetro colorato alla luce dell’aurora boreale. Loneliness
Quella notte Lee sognò di essere in una colonia penale. Tutt’intorno c’erano montagne alte e brulle. Viveva in una casa dormitorio dove non si stava mai caldi. Uscì a camminare. Quando svoltò l’angolo di una sporca viuzza a ciottoli, il freddo vento montano lo investì. Strinse forte la cintura della giacca di cuoio e sentì il freddo di una disperazione finale… gli abitanti della colonia sanno che ogni espressione spontanea di sentimento porta il più aspro castigo. Agenti provocatori si mescolano continuamente ai prigionieri, e dicono: “Rilassatevi. Siate voi stessi. Esprimete i vostri sentimenti”.
J. W. – Risveglio precoce all’alba. Cuore che pulsa impazzito. Le cinque ed il
solito senso d’angoscia d’inadeguatezza. Di dissoluzione dell’esistenza. A chi parlarne se non so cosa dire circa le cause del mio smarrimento? È già così difficile dire dei problemi reali figuriamoci di quelli immaginari della mia fragile mente che sta sempre al di là. Dove si può cercare la felicità? Santa pazienza per l’ottusità!
La solitudine geme attraverso il continente come le sirene antinebbia sulle immobili acque oleose dei fiumi in piena. “Signore, il fiume è servito”.
Attaccata al muro l’epigrafe della Signorina B. D. – Bella Donna – morta a settantotto anni per cause da accertare. Mal di cuore? Vene occluse dal fumo? Cancro per eccesso di fumo? Tuttavia osservo il volto di una delle donne più attraenti della zona. Alta bionda dal viso regolare. Bocca turgida. Morte e vita giocano a rimpiattino scambiandosi la parte. In quel mentre a di lì il fratello di un’amica dal fisico perfetto. Robusto muscoloso allettante. Sono tentata di complimentarmi e lo saluto sorridendo. Tuttavia l’uomo è sfuggente e forse da parte mia non sarebbe prudente. M’assale un senso di maggiore sgomento nonostante s’imponga una riflessione. È il contemplare quei volti dei vivi e dei morti l’unica prova di verità? Cos’altro siamo se non l’essere di un momento? Non siamo in fondo che un testamento.
Domanda. Se il controllo del Controllo è assoluto perché il Controllo ha bisogno di controllare? Risposta: il Controllo ha bisogno di tempo. Precisamente il controllo ha bisogno di tempo in cui esercitare il controllo proprio come la MORTE ha bisogno di tempo in cui uccidere…
Mr. Hart sta mettendo su la sua macchina di controllo. Lui sa che Morte è l’immagine della Morte. Della tua morte. Ciò è provato dal fatto che c’è lì qualcuno a ritirarne l’immagine. Mostrate a qualcuno l’immagine della sua morte e lo ucciderete. Paura è le immagini della tua paura e lo metterete in stato di paura… * Quello che non fu detto che fu. Cavalli venuti dal mare. Tamerici e l’ossido furore di nuvole. Golette d’avanguardia. Annali di fantasie in crescendo. In chiaroscuri d’oltremare dipinsi la terra. Dita che mi sfiorarono nell’eco di ventri marini. Distese dove ti scrissi se tu fossi qui. Il tuo nome mi deflorò. Raccolsi spighe con mani di catrame. Le alghe inquinarono baci al carillon. Dormivi nel pugno che racchiudeva il mare odorando di salsedine e la gabbianella reclinò l’ala tranciando i tuoi frutti. Raccolsi mitili per levigare la sua chioma e fui la mongolfiera che planò sull’onda asciutta del mare. Il porto da navigare nell’ansa di un batuffolo di mare. * L’Accademia della morte, fondata da Audrey Carson, fu concepita come un programma di immunizzazione per sviluppare un’immunità generale all’organismo morte. Un vecchio vaccino della morte, in effetti. L’immunità è ancora l’arma di maggior affidamento contro i virus, e la morte è un virus che si manifesta in molte forme… Gli studenti devono esperimentare la morte in molte forme per acquisire un’immunità generale… Morte è sempre la tua morte. E come ogni virus, deve venire di sorpresa sull’ospite per avere un punto d’entrata. Se lui ha già visto quel tipo di morte, non erà dalla porta.
Come trasmettiamo l’esperienza della morte senza la morte fisica? Lo facciamo elettronicamente producendo nel soggetto le onde cerebrali e le registrazioni fisiche del tipo di morte in questione. Questo procedimento è continuato finché il cuore si ferma. Poiché non c’è danno fisico, resurrezione e normalizzazione possono essere facilmente ottenute… La morte cede i suoi segreti a coloro che le sopravvivono.
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La vostra morte è un organismo che voi stessi create. Se lo temete o vi prostate dinanzi a lui, l’organismo diventa il vostro padrone. L’organismo è anche un organismo proteiforme che non si ripete mai parola per parola… non ci sono parole giuste… Guardate con tutto il corpo. Scegliete il vostro punto e atterrate al buio.
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Il tempo non ha significato senza la morte. La morte usa il tempo. È un processo cumulativo così che il tempo viene usato sempre più in fretta. Qui c’è un esatto parallelo con l’inflazione… I lavoratori non sapevano leggere i libri… se fossero stati capaci di leggere i libri avrebbero imparato a ricordare, a familiarizzarsi con la morte e a identificarsi con la morte. Questo avrebbe portato l’immunità. La morte è un virus ed i libri maya sono un vaccino… Inoltre, famigliarità con la morte e conseguente immunità viene prodotta dalla semplice copulazione. Un glifo raffigura la Dea Luna che copula con una figura di morte…
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La morte, che può prendere forma sia maschile che femminile, fotte il giovane Dio Mais e il Dio Mais eiacula quattrocento milioni di anni di mais dalla semina al raccolto e ritorno. Questa operazione richiede del mais vero e proprio e un vero e proprio corpo umano che rappresenti il giovane Dio Mais. Questo perciò, è un assegno avvallato con la firma del giovane Dio Mais. Una volta che lui abbia firmato l’assegno, qualsiasi numero di zeri può essere aggiunto. La banca del tempo maya operava su questi assegni avvallati. La morte accettata dal morente.
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L’ime dello stato attuale consiste in tempo di sempre minor qualità per sempre più gente. Alla fine nessuna esperienza qualitativa, soltanto tempo a casaccio su una base puramente quantitativa. Da ultimo, il tempo sarà esaurito. Il sistema maya è l’esatto contrario. Sempre meno gente per tempo sempre più precisamente scritto. Un sistema porta a un eccesso di mortali e a una scarsità di Dei: l’altro a un eccesso di Dei e a una scarsità di mortali. In entrambi i casi a un punto morto.
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Tempo è ciò che finisce. L’unica via fuori del tempo è nello spazio. Perché i preti maya avevano bisogno di corpi umani e di tempo? Aspettate un momento. Avevano bisogno di questi corpi e di questo tempo come campo d’atterraggio e come rampa di lancio verso lo spazio. Avevano bisogno di vero granoturco e di un umano Dio Mais.
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* Eros Il sesso è potere.
J. W. – Mi farò scopare. Caldeggiare da un’idea. Profanazione di un chicco d’uva. Minuscolo insetto che giace travolto. Zanne feroci del diluvio planarono nell’invenzione. Lapilli a ricreare frontiere. Tetti ed ossa sbriciolate. * La parola si divide in parti che devono stare tutte intere e così dovrebbero essere prese, ma si possono prendere i pezzi in qualsiasi ordine legandoli insieme avanti e indietro dentro e fuori prima e dopo come un interessante arrangiamento sessuale. * Carne che s’ammucchia a riva mentre ordini un gelato. Vibrante all’organetto di Parigi. Seppellita dai i. Selciato rovente d’ambra. Di velluto. Il corpo che fu mio rubato dalla muta corrente diventò la pelle del serpente. * …pallido serpente di stelle attraverso il cielo l’odore di fungo sopra l’acqua… * Richiami delle dita del cuore. Amore crocifisso. La nudità trascolorò in sciolte membra riflesso marino del tuo dardo. Mistica duna! Suono che si sfa in onde di risonanze sui miei seni. Penetrò il mio sesso.
* È già notte il ventre dondola. È la madreperla silente conchiglia. Nuotiamo fino all’altra sponda. Oscura il sole un melograno di primizie. Lingua nativa nella bocca una parete di pergamena. * Lei non poteva immaginare che il suo romantico innamorato anzianotto era in realtà un pederasta rimasto in secca in quale aveva una notevole difficoltà nel recitare un ruolo maschile. Qualcosa val meglio di niente è un pessimo approccio al sesso. Theatre
Joan Wollmer – Stavo osservando le stelle dal prato di fianco alla vecchia villa la torre antica. Sfuggendo all’applauso miscredente da quando è abolito il manicomio perché lì il monologo scespiriano del becchino ed i suoi burattini sarebbe stata una cosa sopraffina. Lo realizzò infatti il Divin Marchese. La pazzia conclamata l’avrebbe reso celebre senz’altro più credibile.
Prima di tutto ho riconosciuto lo scrivere come un’operazione magica… e quando il lavoro è separato dalla sua funzione magica, perde la sua vitalità cioè quando una tribù comincia a fare bambole per turisti, è finita… sarà l’arte sacrificale molto lontana?... prima o poi non puoi abbandonare il tenero criminale. Un bambino molto giovane voleva qualcosa chiamata il ricordo autobiografico… Gli scrittori ci sono per scrivere dentro.
Né pomodori né uova da tirare sulla scena. Da tempo si sta in religioso silenzio trattenendo il respiro. Sono gli arcieri provenienti da Sherwood. Eroi che si soffiano il naso. Dio è morto.
Ossa di cadaveri lanciate sul palco borotalco come neve. Magnifica la vecchia porta di assi di legno. Il teschio grande e quello piccolo del burattino. Sul palco ò un gatto.
Accovacciati su ossa vecchie, escrementi e ferro arrugginito, in una bianca vampa di calore, un paesaggio pieno di idioti nudi si estende fino all’orizzonte. Assoluto silenzio – i centri del discorso sono distrutti – con l’eccezione di un crepitio di scintille e dello scoppiettio di carne strinata mentre applicano elettrodi lungo tutta la spina dorsale.
Eppure accarezzando qualcuno con lo sguardo si lambisce la pelle senza toccarla. Inutile cercare la Parola tra questi campi palazzi e torri. Monumenti dei sensi. Alberi ignudi dondolano al frinire dei grilli. Uno scorpione in casa non fa rumore. È l’ombra di uno sparo al cuore. L’amore tesse fila di placidi umori quando le nubi si staccano dalla mano. Angeli del pudore scoccano frecce nella nudità.
* Ecco un corrispondente straniero scuoiato vivo e fatto rotolare su bottiglie di Coca-Cola rotte. Un po’ come l’arte moderna, il risultato finale – sapete quegli artisti che si cospargono di vernice e poi si rotolano su una tela e ci buttano su un po’ di plastica colorata. Il redattore capo all’inizio credeva che fosse uno scherzo.
*
*
* Ragni
Ogni volta che il soggetto commette un errore i trapani vengono attivati per venti secondi. I segnali vengono gradualmente accelerati oltre il tempo di reazione del soggetto. Dopo una mezz’ora il soggetto crolla come una macchina pensante sovraccarica. Lo studio delle macchine pensanti ci insegna di più sul cervello di quanto sia possibile imparare grazie ai metodi introspettivi. L’uomo occidentale si sta esternalizzando sotto forma di congegni elettronici.
Joan Wollmer sognò di ragni ch’erano da tempo annidati nelle tele sparse per tutto il soggiorno dove solitamente scriveva o guardava il televisore e dei quali non s’era mai accorta. Diventavano sempre più numerosi. Il tecnico del computer T. B. – Terzo Braccio – che fungeva anche da disinfestatore stranamente le disse di usare il detersivo. J. W. gli rispose che si stava sbagliando mentre le faceva notare un grosso ragno che non aveva ancora visto. Cercò allora di allontanarsi terrorizzata. Cambiò la scena del sogno – film e J. W. si ritrovò ad ascoltare due sue nuove pazienti in una casa che sembrava appartenere ad una famiglia ebrea. Ma si distrasse. Una delle due stizzita le disse che non avrebbe più continuato con lei la terapia nonostante Joan le chiedesse scusa. La psicologa era seduta in una sedia molto bassa mentre la paziente sopra una pedana. Per qualche minuto la sua testa fu da un’altra parte. Aveva dimenticato la sua presenza ed inoltre rubato quello stesso giorno nella loro casa due indumenti. Una maglietta ed un giubbotto perché per arrivare aveva dovuto camminare sotto la pioggia senza vestiti con le sole mutande
addosso. Si chiese se li avessero riconosciuti nonostante non le sembrasse affatto. Subito dopo le pazienti raggiunsero i famigliari per una importante riunione o almeno così le parve. E la seduta si scioglie. – Chissà che cosa dovevano fare di più importante ? – si domandò. Dissolvenza.
J. W. si ritrovò di nuovo nel suo appartamento guardando dal balcone per vedere se fosse parcheggiato il furgoncino di T. B. il quale doveva salire a ripararle il computer che un virus aveva fatto ammalare. Ricordò allora un documentario concernente una classe di alunni islandesi che apprendevano attraverso uno schermo chiedendosi se si fossero creati ugualmente un insegnante immaginario a cui affezionarsi. Probabilmente sì.
I truffatori interstellari non cambiano, si rompono, vanno in mille pezzi – esplosioni di materia in freddi spazi interstellari, vanno alla deriva nel pulviscolo cosmico, si lasciano dietro il corpo vuoto… mendicanti di sogni, ato che invade il presente, rancida magia di slot-machine e locali malfamati. Nell’interno: un vasto terreno lottizzato, antenne televisive protese verso un cielo vano.
E le tornò in mente per via associativa il brano de La nausea riletto recentemente che più le era piaciuto. La parte finale nella quale Anny dice al suo innamorato di un tempo che semplicemente può sopravvivere perché oramai sa che non correrà più il rischio di provare nessuna ione. * Dopo poco tempo Joan Wollmer sul set – sogno vide ancora i ragni. Questa volta
però erano piuttosto piccoli nelle loro tele minute in un angolo dello stesso soggiorno. Era questa l’unica zona illuminata a differenza di tutte le altre stanze semibuie dell’appartamento. Quest’ultimo le apparve molto più spazioso ma era invaso da giovani maschi trasandati che Joan intravvedeva solamente di spalle. Sempre nel sogno l’aveva svegliata nel cuore della notte una sua paziente con la quale J. W. andava d’accordo condividendo parecchi tratti del suo carattere e che dormiva perpendicolarmente al suo letto. Improvvisamente tuttavia le era scivolata addosso. Il letto infatti era simile a quello usato dai paralitici con lo schienale che si solleva e questo alzandosi l’aveva fatta slittare giù. Joan s’infastidì e la sgridò. Fu allora che si alzò per andare in bagno e quando srotolò la carta igienica si accorse che al suo posto c’erano lunghe fila di cravatte dai colori brillanti. Fu quando uscì alquanto stupita per quella scoperta che si rese conto della presenza di quei ragazzi sconosciuti e domandò loro spiegazioni senza tuttavia ricevere risposta. Neppure si voltarono mentre Joan presa dal panico per gli strani avvenimenti scorse l’angolo infestato dai piccoli ragni che proprio per questo però non le fecero per nulla paura tanto più che ora si usavano le cravatte. Ornamento tipicamente maschile bello e colorato al posto della carta igienica!
Durante il Panico biennale, quando la rozza, rumorosa Polizia del Sogno prende d’assalto la Città, i Moscibecchi si rifugiano nei crepacci più profondi del muro, richiudendosi in cubicoli di argilla e per settimane rimangono in biostasi…
*
La scena seguente mostra una sala del tempo soffusa di verde luce subacquea. Un vecchio sacerdote nudo con le tette cascanti e i testicoli atrofizzati è seduto a gambe incrociate su un sedile da cesso messo sul pavimento. Il sedile è foderato di pelle umana su cui sono tatuate immagini di un uomo che si trasforma in un millepiedi gigante. Il millepiedi lo sta divorando dal di dentro zampe e pinze che crescono attraverso la carne che urla. Ora il millepiedi sta mangiando la bocca urlante. “I delinquenti e i prigionieri condannati alla morte vengono tatuati con queste immagini su ogni centimetro del corpo. Sono lasciati a digiuno per tre giorni. Poi li si fa uscire, gli danno un afrodisiaco, vengono scuoiati vivi in orgasmo e legati dentro un millepiedi di rame a segmenti. Il millepiedi viene collocato con oscene moine in un letto di carbone al calor bianco. I sacerdoti si radunano abbigliati con vestiti da granchi e mangiano fuori la carne dall’involucro con artigli d’oro.” Il vecchio sacerdote sembra una parte viva di un computer esotico.
* * * Fotografie
K9 combatteva contro lo schermo mentale alieno – Chele magnetiche che brancolavano in cerca di schede perforate del virus – lo spingevano in piroette vertiginose… i piani nemici esplosero in una vampata di calcoli fulminei – Far ticchettare schede perforate di ordini reindirizzati – C statica a onde corte – Bliiiiiiiiiiiiip – Suono di metallo pesante – Chiamata per i partigiani di tutte le nazioni – parola che cade – Foto che cade – Irrompere nella Stanza Grigia…
* Il silenzio cadde pesante e azzurro sui villaggi montani – pulsante silenzio minerale mentre polvere di parole cade da schemi smagnetizzati – Attraversò un vecchio calendario azzurro nella gioventù di Weimar… ma se disintegriamo le unità verbali, cioè vaporizziamo i contenitori, allora l’esplosione non potrebbe avvenire, in effetti non sarebbe mai esistita.
J. W. – No! No! Oggi la connessione non andava. Ho chiamato tutti ma niente da fare. Test fatti al telefono. Cava e metti gli spinotti. Tutto inutile non navigo. T. B. – Terzo Braccio – salirà da me domani quando ritornerò dal mare. X. Y. Uno dei suoi vari amanti O. G. M. non degni di particolare rilevanza – Ah sei qui! Non ti vesti? Non mangiamo? J. W. – Lasciami guardare quest’album di vecchie fotografie. X. Y. – Ma non ci sono. Sul letto non vedo niente.
E poi ho visto i fotografi, più fotografi di quanti ne attirerebbe una perquisizione normale. Mi preparai in mano una granata da film… Abbassai la sicura e tirai su le mani, lanciando in aria la granata. Un’esplosione nera cancellò il set e stavamo correndo giù per la strada buia verso la barriera. Dietro a noi la città andò su in pezzi.
J. W. – Come no mi prendi in giro? Guarda qui com’ero paffuta da piccola col vestito che mi si tende sulla pancia e la mia palla rossa in mano. La ricordo bene. Ero proprio robusta! I capelli erano come adesso non trovi? Dai non cominciare sto rivedendomi attraverso il tempo. Ti prego di non baciarmi sul collo. X. Y: – Soltanto un po’ per favore!
J. W. – Non mi distrarre! X. Y. – Dai lasciami fare. Ti voglio! Mettiti giù! Stai solo sognando. J. W. – Ma va! Accarezzami e basta senza seccarmi. La schiena. Ecco sì. Mi fa sempre male. Più giù! Quella non è la schiena. Anche i piedi se vuoi. Devi massaggiarli. Guarda! Qui ero con un cagnolino ed i nonni così impettiti e la zia che mi accudiva. Bella! Molto bella anche se alquanto diversa dalla mamma. No non così. Non toccarla! Non ne ho proprio voglia! X. Y. – Apri le gambe su da brava. Sollevale! Guarda quanti capelli hai. Non riesco neppure a baciarti. Sono ancora bagnati. Sei così profumata! J. W. – Ti prego no. Ho detto di no! Insomma cosa vuoi? Ecco sì così ma stai calmo. Non voglio venire. Sto guardando il nonno col suo pancione. Fai piano. Così sì! Anche con le dita ma come se tu non ci fossi. Stai sciupando tutte le foto. X. Y. – Smettila ti voglio e tu sei proprio impazzita! Ti amo. Mi piaci persino di più. Lasciati andare. Le guarderai dopo le foto. Le metto qui sul comodino. J. W. – E va bene come vuoi. Ti voglio anch’io. Baciami!
“Voglio parlare con Ha o con O’Brien”. “Quante volte devo dirle che qui non c’è nessun Ha e nessun O’Brien. Chi parla? ”Riappesi, salii su un taxi e lasciai la zona. Sul taxi capii che cosa era successo. Ero rimasto occluso dallo spazio-tempo come il culo di un’anguilla si occlude quando smette di mangiare in viaggio verso il mar dei sargassi. Chiuso fuori. Non avrei mai più avuto una Chiave, un Punto d’Intersezione. La legge mi aveva sganciato relegandomi con Ha e O’ Brien in un ato
da tossico chiuso fuori da tutto. * Si tratta semplicemente di avviare un programma di vaccinazione nel tempo assai limitato che rimane – la parola genera l’immagine e l’immagine è un virus…. Cos’è il dolore’ – ovviamente un danno all’immagine – la droga è immagine concentrata e ciò spiega le sue proprietà analgesiche – e se non esistesse l’immagine non potrebbe esistere neppure il dolore… Sex Pistol
All’interno del negozio dei film porno – shop slot machine.
La scena deve essere scritta prima che sia filmata. “Il new look del cinema pornografico amplia trama e personaggi. Questa è l’era spaziale e i film di sesso devono esprimere l’anelito ad evadere dalla carne attraverso il sesso. La via d’uscita è la via attraverso.” Accende un proiettore.
– Ciao Joan! Qual buon vento? Ti faccio subito il caffè. J. W. – Grazie mille! Mi raccomando fallo lungo. Sono venuta per lo spinotto tedesco del vibratore design. Margy mi ha detto al telefono che l’avete anche voi in negozio. È veramente un pezzo d’arte. Proprio bello color antracite. Raffinato nel suo sacchetto foderato di seta nera. Non mi posso lamentare del fatto che mi sia costato un occhio della testa. So che hai buon gusto. Tuttavia è freddo al contatto e non lo caricherò di certo per farlo vibrare. Mi fa ribrezzo solo l’idea. L’ho comprato con l’intento d’usarlo con il mio amante. Stupirlo. Non è mai da sottovalutare il valore dell’artificio. Ed inoltre sai com’è ultimamente riguardo
alla virilità! Sarà per via di questi tempi oscuri! P. S. – Pronto Sex – Io non l’ho mai usato e d’altra parte mi basta allungare una mano sul letto per averlo. Tuttavia ti sbagli a proposito di questo articolo. È una lega di caucciù che entrando si scalda facendoti provare una sensazione naturale. Comunque tu vedrai che cosa terrò in negozio quest’anno per Natale! Hai preso le mutandine vibranti? Ti ho mostrato i vibratori mignon da pochette pronti per l’uso dovunque tu sia? J. W. – No! Lo scorso Natale comunque e solamente per curiosità ho noleggiato due porno rivelatesi veramente noiosi. Privi di pathos. Non sono più quelli di una volta. Più naturali dove la carne sembrava reale. Erano Patinati! Ecco sì patinati come le figure della pubblicità. Ne vendi molti di questi giocattoli? Perché per quanto mi riguarda al di là d’averlo preso senza in realtà riuscire a provare la soddisfazione che m’ero proposta sono persino in riserva di fantasia. E sì che sarebbe davvero importante! Un tempo non era così. Non so cosa sia mi successo e dove sia andata a finire la mia immaginazione. La masturbazione è l’atto più autentico verso noi stessi. Quasi quanto il vizio solitario di leggere. Tu ed il libro. Tu e l’autore e nessun altro immaginando a piacere senza uno schermo di mezzo che ti dia la pappa fatta. P. S. – Mah! Si possono usare col partner per ampliare le prestazioni. Tu ben sai che i tempi dell’orgasmo tra uomo e donna sono differenti. E non c’è dubbio quindi che ne venda molti anche se non voglio più prenderli a scatola chiusa da catalogo. Mi recherò sul posto a comperarli. Dopo di che andrò a venderli porta a porta come già da tempo fanno in Spagna che in questo settore sono all’avanguardia proponendoli alle amiche mentre prendiamo il tè. Joan – Se rinasco reincarnandomi voglio essere un ibrido che si auto feconda come alcune specie di piante! P. S. – Ma va cosa dici? Non potresti mai sapere quello che ti perdi! Hai visto il nuovo angolo dei videogiochi? Joan si recò allora in una saletta tutta dipinta di blu elettrico a guardare le macchinette metalliche intriganti coi video sorridenti ammiccanti. Seduta su un
trespolo fissando il vuoto.
Hai mai fatto sesso in assenza di gravità? La sborra fluttua nell’aria come un bellissimo ectoplasma, e gli ospiti femminili sono soggetti all’immacolata concezione o almeno a una indiretta. Junkie – Ovvero Scimmiato
Alla fine lo schermo si spegne. Il Trasmettitore si è trasformato in un enorme centopiedi. Così arrivano giustamente i lavoratori, gli danno fuoco ed eleggono un nuovo trasmettitore con il consenso di tutti. I maya erano limitati dall’isolamento. Ora un solo Trasmettitore potrebbe controllare l’intero pianeta. Come vedete il controllo non può mai essere un mezzo per conseguire un fine pratico. Non può mai essere un mezzo per perseguire qualcosa che non sia un controllo maggiore come la droga.
Joan Wollmer al telefono – Ma insomma non posso di certo essere toccata più di tanto dalla morte recente del mio primo boyfriend. Lo sai bene che parlava del fatto di drogarsi come di qualcosa che per lui aveva una giustificazione un senso. Non ha mai provato nessun conflitto in merito ed è per questo che è vissuto a lungo. Tanto meno si preoccupava di spacciare. Pensa che a suo parere la nevrotica ansiosa e zeppa di dubbi ero io! Lo arguiva dalle centinaia di lettere che gli mandavo perché mio padre mi proibì di vederlo e con modi non di certo corretti giusto per dirlo con un eufemismo. È così che ho cominciato a scrivere. Gliele recapitavo per mezzo di un vero e proprio messaggero d’amore. Proprio come dice Burroughs a proposito delle lettere ai suoi amici e amanti che si confo o si mescolarono poi con la sua letteratura. Grande somiglianza!
Mi stavo inoltre sforzando di trovare un modo per continuare a scrivere, per mettere le cose in chiaro, scrivere è come un vaccino.
Sono molto più triste per il vecchio cane dei miei. Vedessi a causa del caldo come fatica a respirare. È malato di cuore e mi fa una pena tremenda. L’ho rinfrescato con l’acqua della pompa e ho tentato di portarlo dentro ma non vuole. Del resto è un cane da caccia. Mangia poco e mentre prima era sempre vivace ora ha gli occhi spenti. Sta immobile senza capire dove andare per cercare un po’ di frescura e mi si avvicina per chiedere aiuto. Sono gli animali i più indifesi. D. L. – Dyning Love – Tò! Credevo ti dispie anche se è vero che D. C. – Droga Convinta – ha sempre mantenuto un pensiero coerente in merito.
Ho imparato l’equazione della droga. La droga non è, come l’alcol o come la marijuana, un mezzo per intensificare il godimento della vita. La droga non è euforia. È un modo di vivere.
J. W. – Ha proprio vissuto come ha voluto vorrai dire perché per lui era una forma di ribellione drogarsi anche se ritengo che fosse in realtà solo per giustificare la sua debolezza. Quando parecchi anni fa venne a vendermi cocaina non ne fui certamente lusingata. Mi guardò dritto negli occhi con aria d’accusa pensando di farmi sentire in colpa perché l’avevo lasciato. Lo interpretò come la prova del mio essere – come ingiustamente riteneva – una borghese viziata mentre lui si definiva una vittima proletaria. Figurati! E pensare che l’avevo amato molto prima che decidesse di assumere la roba. Non ho altro da aggiungere!
Bé, il compratore assomiglia sempre più a un tossico. Non riesce a bere. Non gli tira. Gli cascano i denti. (Come le donne incinte perdono i denti allattando l’estraneo, così i tossici perdono le loro zanne gialle allattando la scimmia)… Mentre il tossicomane è indifferente all’impressione che suscita negli altri, durante l’astinenza può sentire il bisogno coatto di un pubblico, il
riconoscimento della sua esibizione, che ovviamente è una maschera che sta a nascondere una spaventosa disintegrazione.
Sì certo, aveva degli orribili denti cariati a pezzi e tutti gialli! Inoltre tu mi riporti sempre notizie che riguardano malattie o defunti. Non sono mai gioiose. Vai a tutti i funerali e scansi le feste ed i matrimoni. Insomma sembri amare la morte o forse ti consoli pensando così di averla scampata tu. *
… Io sono l’eterno spettatore, separato da incolmabili abissi di conoscenza, sentendo lo sperma che si raccoglie nelle palle tese, i retti che fremono, fiutando il sentore di ferro del sesso, del sudore, e del muco rettale, guardando i bruni corpi che si torcono nel sole calante dilaniato da un dolore di bramosia disincarnata e dalla bruciante sofferenza della disintegrazione. Punti argentei ribollono davanti ai miei occhi. Sono in piedi nel vuoto cortile in rovina a centinaia di anni da oggi, un triste spettrale visitatore in una città morta, odore di niente e di nessuno là. I ragazzi sono fluttuanti ombre di ricordo, evocano corpi che si sono da tempo trasformati in polvere. Io sto chiamando , chiamando senza una gola, senza una lingua attraverso i secoli: “Paco… Joselito… Enrique”.
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L’amore fisico
Prima si proiettava il film a velocità normale, poi al rallentatore – Lo stesso procedimento si poteva applicare ad altri processi fisiologici orgasmo compreso – (Mi spiegarono che dovevo mettere da parte ogni reticenza, poiché per una persona il sesso è forse l’ancora più pesante che la trattiene al presente.)
Joan Wollmer immaginò mentre succhiava il suo cazzo come fosse una mammella di aspirare una boccata d’oppio da un narghilè. Che sarebbe stato meglio dire all’interessato dottore dalle mani sudate e dai piedi gelati che invece di mangiare la torta avrebbe preferito fumare. Magari si sarebbe riscaldato continuando comunque ad osannare alle sue grandi labbra. Cercando di assecondare la sua vulva che però s’era seccata così come si sentiva lei non permettendogli più di tanto. Non sopportava la fatica. Pura pigrizia estiva come il massimo dei piaceri. Le carezze invece erano sempre gradite. Conosceva il valore della sua lingua e sapeva della sua soggezione senza che lui le dicesse mai il perché. La sua pelle le piaceva. Liscia e dorata come quella di un’albicocca. Il corpo era ben fatto anche se quando le era sopra pesava troppo. Indisciplinato irrequieto ed impotente. Le diceva che gli succedeva soltanto con lei. Sentiva il suo affetto destreggiarsi tra le carezze ruvide delle palme bagnate. Sdraiati abbracciati come se fuori nevicasse e tentassero di scaldarsi a fatica. Gli chiese il perché di quella sua impotenza senza avere risposta. Era strano non afferrare mai il senso dell’amore fisico e dei suoi ostacoli. Sembrava l’ondeggiare di una barca tra la spuma. L’immaginare l’azzurro cenere del cielo e dell’acqua che si fondono tra le sferzate della pioggia mentre avvinti ci si protegge. Impotenti solo all’apparenza
perché si sa di non affondare. Godere è possibile col barlume della fantasia. Joan orgasmò con un urlo trattenuto per timore dei vicini e poi si rinchiuse come il mollusco infastidito della conchiglia. Un attimo d’intesa un abbraccio sincero anche se subito dopo l’uomo ricominciava come un motociclista che romba gratuitamente. Tuttavia J. W. non si spiegava che cosa significasse l’antico affetto che provava per lui che in fondo valeva così poco. Il quale tuttavia inscritto sui loro corpi tornava a rivivere. Rinnovandosi proprio come lo scafo che non affonda nonostante il mare ritorni grosso. Chi stava amando veramente?
La guerra dei sessi divise il pianeta in schiere armate proprio lungo la linea mediana che divide una cosa dall’altra – e io li ho visti tutti: i colonnelli lesbici nelle aderenti uniformi verdi, i giovani aiutanti in campo e le direttive che riguardano il nemico sessuale proveniente dai dipartimenti di proliferazione. Sulla linea c’è il mercato del bambino e del seme dove i sessi s’incontrano per scambiare la merce basilare nota come la “proprietà” – le proprietà non note vengono mostrate con un proiettore del tempo. Mentre una faccia giovane e aperta lampeggia sullo schermo della vendita all’asta checche di tutte le nazioni gridano istericamente: “Una bambola! Una bambola! Una bambola!
All’improvviso Joan vide l’immagine del millepiedi che aveva annegato quella mattina nella vasca da bagno.
Poi disse qualcosa: il tuo nome. Tirò su la coperta. La mia faccia. * Durante la notte J. W. sognò I. I. – Inseminatore Impotente –
Si trovava a casa sua mentre la moglie non c’era. Ma ciò nonostante Joan non poteva esprimergli nessuna effusione. Vi erano parecchie persone che non conosceva affatto. Decise allora seccata di andarsene rubando degli strani oggetti che non riusciva ad identificare anche se sapeva che alcuni le appartenevano. In quel momento però I. I. le confidò che la moglie desiderava che si truccasse da donna e che l’aveva sempre assecondata. Joan allora assistette incredula alla sua trasformazione. A poco a poco i suoi capelli scuri e corti si allungarono e divennero biondi mentre la faccia cambiò decisamente lineamenti apparendo come quella di una vecchia signora piuttosto smunta e dalla pelle chiara. Le palpebre dipinte d’azzurro e le labbra di uno scintillante rossetto. – Eh sì – ricordò J. W. – che si recavano insieme molti anni addietro in una clinica che raccoglieva lo sperma guadagnando i soldi che poi I. I. giocava alle Corse dei cavalli!
In piedi davanti alla finestra a guardare giù il muschio e qualche tardo non-tiscordar-di-me, una camera pervasa di assenza, di niente e nessuno lì. E improvvisamente non ero lì nemmeno io la domanda: “Chi sono?”, che svaniva nel cielo blu, fiori e muschio, il richiamo di colombe che tubano… * La “proprietà” può anche essere spostata in avanti nel tempo e venduta a qualsiasi età – la vita di una proprietà avanti negli anni è a dir poco difficile. Agenti virali velenosi marciano avanti e indietro continuamente… * “Orvil andò allo specchio, ruotò il tubetto di colore e cominciò a dipingersi le labbra… Pitturò sulle guance due grossi cerchi rossi, trasformandosi in una bambola olandese. Si arricciò i capelli fino a sembrare effeminato e perverso. Sempre con l’estro di usare quel rossetto, Orvil si dipinse sulla punta del naso una gran bolla vermiglia da ubriacone. Fece un largo sorriso, poi cominciò a lavorare la pelle attorno agli occhi per farla sembrare paurosamente infiammata.”
Denton Welch
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Quando mi chiedono chi sia lo scrittore che ha influenzato in modo più diretto la mia opera, posso rispondere senza esitazione. Denton Welch… Parto dal presupposto che funzione dell’arte e di tutto il pensiero creativo sia rendere consapevole la gente di quello che sa e non sa di sapere… Denton Welch rende consapevole il lettore della magia che è lì, proprio sotto i suoi occhi, perché la maggior parte delle esperienze da lui descritte è di tipo comune. Una eggiata, un tè, una pesca Melba, la pioggia sul fiume, la visita a un antiquario…
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* * Perché nessuno s’è mai chiesto:”cos’è il sesso?” – Oppure ha svolto una precisa indagine scientifica dei fenomeni sessuali? È stato il parassita cerebrale ad impedirlo – E perché nessuno s’è mai chiesto: “ Cos’è la parola?” – perché parli sempre da solo’ – “stai parlando da solo’ – Quando parli non c’è lì qualcuno o qualcosa? Metti le immagini sessuali su uno schermo cinematografico e lascia che ti parlino… E cos’è la parola e a chi è rivolta? – Parola evoca immagine non è vero? – provaci – metti su uno schermo una
colonna visiva accompagnata da una qualunque colonna sonora – ora fai are da sola la colonna sonora e guarda la colonna visiva che si riempie – allora? Cos’è la parola? – maya – Maya – Illusione- Cancelli la parola e se ne va pure la colonna visiva… “Cos’è il sesso? Cos’è la parola? Cos’è il colore’ – Il colore è intrappolato nella parola – le parole ti servono? … E l’amore cos’è’ – Chi è che ami? – Se avessi una tua foto parlante avrei lo stesso bisogno di te?... * La morte è la separazione ultima tra colonna sonora e colonna visiva. Tuttavia, una volta che hai spezzato le catene associative che collegano il linguaggio subvocale coi suoni del corpo l’interruzione del linguagg io subvocale non implica necessariamente l’interruzione dei suoni del corpo e la conseguente morte fisica.
*
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* Il risveglio
J. W. – Senti che puzza di profumo sanno queste lenzuola mentre io sembro una puttana col viso sporco di trucco sfatto! Adesso sono gli uomini a camuffare l’odore. Lo ricordo molto forte il suo odore ma piace solamente quando si ama altrimenti non lo si tollera più. E non so davvero perché dopo quasi trent’anni sembra che siano solo i corpi a
dettare le condizioni.
… la privazione dell’odore è avvertita come cecità dagli occhi, silenzio delle orecchie, stress e assenza di peso dall’equilibrio e dal senso di orientamento…
Giocatore di cavalli sì. Bugiardo e infantile. Come talvolta così tenero! Sembriamo gli attori redivivi di un film della Nouvelle Vogue nei quali ci si interroga per ore sul perché dell’amore incasinando sempre tutto ancor di più. Spesso l’amore non è reciproco e non risolve affatto le questioni.
… Il tempo presente è un film e se tu sei sul set nel tempo presente non ti accorgi del tempo presente perché ci sei dentro.
Ricordo che li guardavo distesa sul tappeto a volte per tutta la notte per stare più comoda. Sono di fatto girati in tempo biblico ed al mio fianco uno spasimante che mi distraeva alquanto. Bei film comunque ed in tempo reale da diventare eterni!
Sezioni narrative nelle quali lo schermo scompare. Esperimento una serie di eventi del tutto comprensibili e coerenti come uno degli attori, le sequenze narrative sono precedute dal titolo sullo schermo e poi mi ritrovo nel film. La transizione è indolore come entrare in un sogno. Il peep-show strutturalizzato può sparpagliare la narrativa e poi mi ritrovo davanti allo schermo e mi muovo dentro e fuori di questo.
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Zac!!! La tela rossa squarciata dal taglio del coltello di Fontana. Wow! L’occhiata e il pugnale della poesia di Borges William, ma non vedo il sangue sgocciolare. Si vedrà Joan si vedrà. Abbi pazienza!
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D’altra parte la realtà supera sempre la fantasia. Noi scrittori non possiamo che registrarla lo sai bene. Non hai forse letto L’albergo bianco di DM Thomas? La descrizione delle catastrofi che avvenivano nel luogo di villeggiatura di montagna e delle perverse fantasie sessuali di una paziente di Freud? Erano sicuramente eventi drammatici minori per quanti morti si annoverassero rispetto alla sciagura della seconda guerra mondiale. E già!
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William ho appena visto in TV Uriel Moreno detto El Zapata nell’arena di Mexico City che scaraventava via la muleta e guardava il toro negli occhi inginocchiato davanti al suo muso.
Capisci William che guardava dritto in faccia la morte! Come me e te Joan! Bodas de sangre William. La tua poesia anche se probabilmente tu non lo sai mi rimanda alla nostalgia di Lorca. Lontani anni 20 Joan!
L. M. * Uno scrittore può scrivere soltanto di una cosa. Di quello che c’è davanti ai suoi sensi al momento di scrivere. Sono uno strumento di registrazione. Non presumo d’imporre una “storia”, una “trama”, una “continuità”. Finché riesco a registrare direttamente certe aree del processo psichico posso avere funzione limitate. Il mio obiettivo non è quello di intrattenere. “Possessione”: è così che la chiamano. Certe volte un’entità balza nel corpo – i contorni vacillano in una gelatina giallo arancio – e le mie mani si muovono per sventare la puttana di aggio o per strangolare il bambino del vicino di casa nella speranza di porre fine a una carenza cronica di alloggi. Come se di solito fossi lì ma ogni tanto con la testa fra le nuvole. Sbagliato! Non sono mai qui. Mai pienamente in possesso ma in qualche modo nella posizione di prevenire mosse avventate. La mia principale occupazione, in realtà, è pattugliare. Per quanto strette siano le maglie della Sicurezza, io sono sempre fuori a dare ordini e dentro questa camicia di forza di gelatina che cede e si allunga ma sempre si riaggiusta prima di ogni movimento, pensiero, impulso, con impresso il sigillo di un’ispezione aliena.
Gli scrittori parlano dell’odore leggermente nauseante della morte mentre qualsiasi tossico può dirvi che la morte non ha odore. L’assenza di odore colpisce il naso prima di ogni cosa perché la vita organica ha un odore.
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Murder
… ogni parola e ogni gesto mi fanno rabbrividire. La ragione di questa riluttanza mi diventa più chiara quando mi costringo a guardare. Il libro (Checca) è motivato e plasmato da un evento che non viene mai menzionato, che è anzi evitato con cura: l’uccisione accidentale di mia moglie Joan con un colpo di pistola, avvenuta nel settembre del 1951. * Crudi venti escoriati d’odio e di sventura cannarono il colpo… * Sono obbligato a giungere alla terrificante conclusione che senza la morte di Joan io non sarei mai diventato uno scrittore, e a rendermi conto di quanto questo evento abbia motivato ed espresso la mia scrittura.
J. W. – Mi hai sparato tu William mentre è vero sì stavamo giocando a quello
che è ato poi alle cronache come la freccia tirata da Guglielmo Tell. Aveva persino il tuo stesso nome anche se per la verità noi ci amavamo nonostante tu scrivessi sempre di odiare le donne e se anche per la stessa verità io prestandomi al gioco non dovevo di certo provare dei sentimenti così diversi dai tuoi nei confronti del sesso maschile. E niente come tu insegni è casuale.
Gli scrittori potrebbero espugnare lo studio della realtà. Così non gli si deve permettere di scoprire che possono farlo accadere. Kerouac lo capì molto prima di me. “La vita è un sogno”. Diceva. … Quanto a caso è il caso? Sappiamo così tanto che non sappiamo coscientemente di sapere, che forse il taglio non è stato a caso… Il cut-up vi mette in contatto con ciò che sapete e non sapete di sapere. Probabile che tu non avessi come molti che condividono due diverse anime sessuali l’idea dentro di te di una madre e di una donna accettabile nonostante la tua virilità e tenerezza con le quali il mio eccesso di femminilità si complementava. Basti ricordare tuttavia il tuo amore per i gatti i lemuri in via d’estinzione.
Mission spinge via il masso e prende tra le braccia il lemure morente… Il lemure alza lentamente una zampa ad accarezzargli la faccia, con un lamento flebile e triste. La zampa ricade. Mission capisce che un’occasione che si presenta solo una volta ogni centosessanta milioni di anni è andata perduta per sempre.
Le parole di dolcezza per il ricordo dell’amore materno quando tu ti prendevi cura di te stesso sentendoti come un bambino nei momenti in cui giungendo al culmine dell’assuefazione decidevi di smettere di drogarti. La nostalgia che continuamente descrivi per quei lontani anni venti della tua infanzia. Il timore che dichiari per ogni legame che potrebbe finire per comprendere che la tua dipendenza descritta socialmente politicamente e mai psicologicamente fosse per forza di cose legata alle tue emozioni. Non possono di certo essere scollegate dalle cellule del corpo che dici avere solamente fame di droga dopo averla
assaggiata. Ovviamente è vero che la tua esperienza doveva fare i conti col Potere e la corruzione di una Nazione denunciandoli. Per una donna morta uno scrittore immortale come volevi diventare solamente con i tuoi libri tralasciando a sentir tuo l’immortalità offerta dalle credenze religiose che detestavi. Guardare la morte in faccia per essere la MORTE e sconfiggerla quindi equivalse veramente alla lettera a scrivere per rigenerare la vita e raggiungere l’immortalità come il seme che feconda la terra del Dio del Mais che muore. Ci sei riuscito e come sempre tuttavia niente di nuovo sotto il sole mio caro William com’è scritto nell’Ecclesiaste. La Parola.
E l’immortalità di uno scrittore deve essere intesa alla lettera. Ogni volta che qualcuno legge le sue parole lo scrittore è lì. Vive nei suoi lettori… * Si è fatto un gran parlare di amore su questo pianeta, e dopo tutto quello che si è detto e fatto – e si è detto più di quello che si sia fatto – pochi si rendono conto che c’è un amore più intenso di qualunque amore di un uomo per una donna, o di un uomo per un uomo, un amore che non ha implicazioni sessuali né religiose. L’amore per una creatura che avete creato dal vostro profondo essere trascende ogni altro amore. E si può morire di questo, per la perdita di una sola cosa in un’intera vita che abbia significato, ogni respiro, ogni gesto, ogni sofferenza per questo unico atto – un dolore simile può uccidere. Comincia a capire perché la gente farebbe di tutto per evitarlo. Ma lui non può evitarlo. Si è assunto il ruolo di Custode. * Davanti a un Bungalow di Palm Beach in attesa del taxi per l’aeroporto. Il viso gentile, infelice di mia madre l’ultima volta che la vidi. Una vera benedizione. Era stata malata a lungo . Il volto morto di mio padre al crematorio.
“Troppo tardi. Andato da Cobblestone Gardens”.
Go back!
Fogli trasparenti con perforazioni virali come schede perforate arono attraverso l’ospite sulla macchina morbida in cerca di un punto d’intersezione. L’attacco virale è diretto prima di tutto contro la vita affettiva animale. * La parola è carne umana e la parola è due cioè il corpo umano è composto da due organismi e dove ce ne sono due lì c’è la parola e la parola è carne… nato e rinato a ancora rinato attraverso le galassie ferite – io sono unico ma non “solo” – la solitudine è il prodotto della struttura duale dei mammiferi – “Solitudine”, “amore”, “amicizia” e tutto il resto – Io non sono due – Io sono uno – ma per mantenere il mio stato di unicità ho bisogno della duplicità in altre forme di vita – Altri devono parlare affinché io possa stare in silenzio… però io non sono uno nello spazio ma nel tempo…
Cinepresa all’indietro. J. W. – Pensando a tutto ciò che mi racconti riguardo allo scopare in giro e come dottore non curi nessun paziente drogato? Devi portarmi dell’l’hascisc tanto più che lavori all’Ospedale. Avrai pure qualche droga a portata di mano? E all’ippodromo? Non mi dire che non circola droga? I. I. – Sì certo cocaina. J. W. – Figurati agitata come sono! I. I. – Sai che là c’è una barista con due tette grosse come una casa. J. W. – Ma guarda proprio come le mie! Carino a dirmi indirettamente che le ho piccole.
I. I. – Quando finisce il turno le accarezzo la schiena. J. W. – Incredibile! I. I. – Ti ricordi com’eravamo a trent’anni? J. W. – Direi idioti. I. I. – Già ma penso sia normale. J. W. – Forse da vecchia tollererò di condividere la mia vita con qualcuno. I. I. – Tu ti senti vecchia? J. W. – No ma gli anni ci sono. Tutto d’un tratto è tardi. L’Inseminatore Impotente se ne va rischiando di ruzzolare per le scale. Il dovere coniugale lo chiama. Prestazione fallace e superba ad un tempo. Maschera che si rivela. La vulva s’inchina alla sua lingua. Lodarlo quel tanto che basta. Solo il suo profumo m’ha invasa. Ma tant’è!
Mentre i nani del sesso frollano orifizi erogeni. * Fino all’età di trentacinque anni, quando scrivevo Junky, sentivo una specie d’orrore per lo scrivere, per i miei pensieri e sentimenti messi su un pezzo di carta. Magari scrivevo qualche frase e poi smettevo, sopraffatto dal disgusto e da una sorta di orrore. Adesso, scrivere mi appare come un’assoluta necessità, e nello stesso tempo ho la sensazione che il mio talento vada perduto e che io non riesca a concludere niente, una sensazione come la conoscenza corporea della malattia, che la mente cerca di evadere e negare.
*
I governanti di questo che è il più insicuro dei mondi sono governanti per puro caso, inetti, timorosi piloti ai comandi di una vasta macchina che non possono capire, e chiamano degli esperti che gli dicano quali bottoni premere. La droga è una chiave, un prototipo di vita. Se uno capisse fino in fondo la droga, troverebbe qualcuno dei segreti della vita, le risposte finali.
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Continuo a scrivere, ma la pubblicazione non ha speranze. Il mercato del libro è saturo. Si fa tutto nello staff editoriale e assomiglia molto a lavorare in un’agenzia pubblicitaria. Non c’è nemmeno uno a cui possa leggerlo, cosicché quando so che va bene mi sento ancora più triste perché la solitudine è più acuta.
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La qualità frammentaria del mio lavoro è inerente al metodo e si risolverà da sé man mano che sarà necessario. Vale a dire includo l’autore, Lee, nel romanzo, e così facendo separerò me stesso. Da lui proverrà un altro personaggio, centrale certamente, non occupante una posizione speciale, ma davvero non me stesso. Questo potrebbe andare avanti in un arrangiamento seriale senza fine, ma io sarei sempre l’osservatore e non l’attore per il fatto stesso di scrivere una figura che rappresenta me stesso.
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* Wall and colours
J. W. – Stasi di pietra nonostante sia il mese più splendente. Anemia di baci di pensieri d’ovatta insanguinata. Ricordo altri luoghi dove l’aria straniera partoriva parole. Meandri di un vivere sepolto. Materia di corde vocali. Non mi raccapezzo più. Colpa cancellata da stagioni defunte. Il lampadario riecheggia un sudario. Non odo voci notturne. È un muro segnato dai graffiti. Un muro spoglio come il palmo delle mie mani. Le osservo senza capire. Si aprono nella voliera che cade cercando di scappare dalla finestra sfumando nel grigio della graffite. Dissennati disegni m’inducono a muoverle. Come fumo ispessiscono emanando calore. La pagina non conosce ragioni. Solo una follia di luci che danzano.
Muro incolore davanti… Audrey lancia l’ultimo uovo e il muro si trasforma in una membrana trasparente.
Corpi s’intrecciano sull’orlo di un sentiero d’alta quota svanendo mentre sale la nebbia. Un fremito di non so quale lingua descrive una lieve scia. Travalica i confini della memoria. Petali avvizziti sul mio seno. L’eco lontano di un mondo nuovo. Poesia che mi conduce ai lavacri. Agli orti inceneriti di pigra frutta. Ai tetti
modellati dalla neve. Non sei. Non sono.
Toby Tyler culla nelle sue braccia la scimmia morente. Il vecchio agricoltore è accanto al muro incompiuto. Nei vecchi libri le figure sono incisioni. I libri diventano polvere.
Le mie membra da secoli adagiate su un letto alla rinfusa. Accenno di pittura sulle mura attonite in attesa. La scala a pioli appoggiata al muro dipinto dalle mani di un infante. Note suonate in silenzio. Parole implose. Sordo richiamo del tamburo. o di piedi nudi. Battiti ed inchiostro attendono. Ma i colori vorticosi ora danzano come invisibili farfalle sapendo di morire.
Una lunga lumaca uscì ondeggiando dall’occhio destro di Lee e scrisse sul muro in bava iridescente: “Il Marinaio è in Città a fare incetta di tempo”. Biennale
J. W. – Avvolgente succhiante ragno del Nord. Ibrido lega i miei sensi. Macchina ch’evolve di libidine non consumata. Danimarca stretta nelle pastoie d’Amleto. È il nettare necessario al mio coronamento. La bomba lanciata d’Israele. La pace dei sensi. Vita ritrovata dove i rovi tacciono. Privilegio dei folli quando l’antico non ritorna. Il cedro del Libano si ossifica per stratificazioni. Briccole d’attracco a rischio. Prendiamo l’aereo. Mille voci possono servire alla causa della democrazia.
Villaggio di sentieri in verticale. Volontà fatta di stampelle umide ai bordi del lago quando il critico disdegnò la mia femminilità. Mare incatenato di schiavi alle galere scolpisce il mio corpo come polena. Digrignano i denti del ragno. L’onda di Venezia arricchisce prigioni. Soldati nella metamorfosi del carro armato rovesciato. Resuscito nella filigrana della tela disegnando palme d’occhi. Sesso d’oscure salmodie. I padri dettano la Legge di tribolata astinenza nel grembo di Maria. Gerusalemme usa i cannoni. Respiro d’oscura luce. Sei collegato? Connesso alle costellazioni?
Appunto. È un tipo con pretese artistiche. Senza scrupoli.
Flusso mestruale d’intelligenza perduta la millenaria idea della copia unica. Esistente nell’inclemenza. Divarico le gambe a guisa dell’Arsenale vedendoti languire in preghiera. Pillole della felicità in agguato. Ne dipendo come dalle tue ossa. Cava di marmo esaurita. Storpiato il corpo da mozziconi di sigarette. L’aracnide non è più tale. Edifica pantomime al voluttuoso sapore di ciliegia. Arranca sulla stampella post-diluvio del Dio che morì dopo averci creato. Sulla guglia del campanile odo tamburi di guerra. L’odio forgia zampe pelose celando l’acre sapore del seme. L’organo suona con carte magnetiche la cicala danzante sulle molotov. Arsenale d’arte e di catene trasudando tasti d’automazione.
Ma l’eccitazione ed il tremendo bisogno (sete d’insetti in posti asciutti) finirono col rompere il contagocce affondato nella coscia devastata. Ma che vuoi che gliene importi? Non si dà nemmeno la pena di togliere le schegge di vetro mentre si guarda il coscio sanguinante con occhi freddi, privi d’espressione, da commerciante di carni. Che vuoi che gliene importi della bomba atomica, delle cimici nel letto, della cancrena, della Finanza Amica che aspetta di entrare in possesso della sua carne delinquenziale… Sogni d’oro. Pantopon Rose…
Maria assurge il nettare tenendo tra le braccia la spoglia di Cristo. Cuore di tempeste adriatiche resuscita lapidi di corallo. Turismo di strada. Una scia d’opzioni s’inabissa nelle fauci del ragno. Sono l’aracnide ch’evira il tuo sesso. Traduce la prole in animali di minuziosa sostanza. Fiori sulle tute mimetiche. Deriva del desiderio. Mi dicesti – Bada uso la vecchia macchina da scrivere ed il resto è salutare pubblicità trasformando gioielli in carne in scatola. Nei canali i girini sorridono nella putrescenza. Una farfalla si offre in pasto all’aracnide silenziosa. – Un delirio – ti dissi mentre la schiacciavi imbevendo di sassi il tessuto dei nervi. La flora apì. Morì il pesce e l’insetto facendoti il segno di Croce sotto l’Arco di Trionfo. Dita d’amianto rimpiangono il sapore della carne. Body
J. W. – Acqua limpida oggi verde e temperata. Orche e delfini inneggiano alla creazione senza dover gareggiare. La nudità coincide con l’anima. Il corpo ama. Le decorazioni dell’uomo a differenza delle penne a ruota di un pavone sono il
segno di una mancanza. Tribù primitive emulano la bellezza animale. Ne assurgono la sessualità l’aggressività.
In quale altro modo si può vincere il freddo? Risposta. Sentite una parola dai Ciuckci della Siberia: Costruite un’intelaiatura di legno alta circa due piedi, larga otto e lunga abbastanza da farci star gente. Coprite l’intelaiatura con pelle e coperte da farne una scatola lunga e bassa. Tutto il personale si denudi ed entri nella scatola a riscaldarla coi propri corpi. Questo promuove l’esprit de corps.
Il bambino barbone sta seduto sulla panchina del parcheggio. Mi saluta e mi chiama. Sporco ed inquietante. Tiene vicino a sé una bottiglia di vetro senza etichetta piena di un liquido giallo che non sembra vino.
Gli occhi gli si accesero dentro e sorrise come un animale leccandosi le labbra, desiderio verginale nudo sul giovane volto.
Lo zainetto a lato. Ha i capelli folti e ricci tendenti al rossiccio ed un viso regolare ovale dalla pelle liscia. Occhi chiari. Non credo abbia più di sedici anni. Mi dice contento di rivedermi – Buongiorno signora!
Io sono il ragazzo come un bambino che giace nudo nella sua biancheria strofinandosi la polvere dei morti negli occhi. I cieli pallidi cadono a pezzi. Strade suburbane luce di pomeriggio smorta e chiara chiave che arrugginisce. Me ne andai dalla porta posteriore con la polvere di un migliaio di anni.
Allarmata mi avvicino tenendomi tuttavia a debita distanza e gli chiedo come mai stia sempre là. Mi risponde che in verità se ne va spesso in giro. Ha appena rivisto un amico e mi domanda perché me ne vada così presto in uno scorretto italiano. Riesco solo a sapere che è cecoslovacco. Rivivo l’intima comunione col corpo anche se mi pare a volte di svenire di stare per morire. Il barbone bambino ha qualcosa di speciale perché non sembra soffrire della sua condizione rimanendo male quando me ne vado senza neppure sapere chi io sia. Emana ciò che reprimiamo col linguaggio con le movenze. Presunta bellezza che ci allontana dall’istinto. Il suo occhio coglie la verità. L’olfatto il cibo la sessualità.
Si tratta di fare una nuova persona da un innesto. Hanno una clinica moderna e i donatori sono fatti are attraverso canali… C’era un mucchio di ragazzi che arrivavano così – attraenti ragazzi dall’aria normale. Molti di loro avevano attitudini che volevano tramandare e noi prendiamo innesti dei ragazzi mentre fanno la loro specialità: lanciare il coltello, sparare, planare, pattinare… Conoscono le lunghezze d’onda degli animali, sanno accendere e spegnere… I ragazzi parlano in ringhi e grugniti e fusa e guaiti e si mostrano i denti l’un l’altro come cani selvaggi… Chiedo al ragazzo come fa a scrivere e lui scrive su una lavagna: “Vedo quello che voglio che accada e quando vengo accade”. Country
Bisogna tenere a mente alcune regole o, meglio ancora, alcuni principi guida. Il soggetto non deve capire che i maltrattamenti costituiscono un attacco premeditato alla sua identità personale da parte di un nemico antiumano. Deve essere indotto a pensare che merita le terapie a cui viene sottoposto perché in lui c’è qualcosa di spaventosamente sbagliato senza mai specificare che cosa. Il bisogno dei tossicomani sotto controllo deve essere discretamente coperto da una burocrazia arbitraria e complessa affinché il soggetto non possa mettersi direttamente in contatto con il nemico.
J. W. – Mi trovo al parco della scuola elementare Santa Domitilla di un paese di campagna. Vecchia di centodieci anni. Architettura importante. Cena non si sa con precisione per quali ragioni umanitarie di duecento cinquanta persone. Associazione di restauro dei beni ambientali e parrocchiali. D’altronde l’arte è legata alla Chiese. Al sacro. Gazebo con tanto di dee-jay e menù pretenzioso. Rimane libero il tavolo dell’autorità clericale col Dr. Banway che desiderava farsi prete. Moglie a lato biologa simile ad una conventuale e numerose coppie somiglianti alla loro. Vi è una vasta zona di verde a disposizione anche se a nessuno viene in mente di ballare. Dopo poco un amico col quale Joan Wollmer e Jane la Rossa fumano in disparte per evitare i giudici igienisti comincia com’è solito fare ad esprimersi in un linguaggio triviale. L’altra faccia della medaglia. Dio allora solleva un gran vento e comincia a piovere facendo fuggire i genitori di chi oggi si vive in bilico.
Grandi gocce di pioggia cadono come teschi di cristallo attraverso l’aria verde, e gauchos portoghesi con enormi baffi neri ano a cavallo per la radura, cantano strane canzoni tristi. I piantatori usano palle di negro lavorate sul campo da golf, lanciandole fin sopra le forche. Le loro donne sono sedute sulla
veranda del club. Palle scuoiate come squame di opale in recipienti di glicerina appesi a colli grigi avvizziti, una tiara splendente al ballo del governatore prende il luccichio da lampada di Aladino di ali d’insetto che bruciano.
Chi si arricchisce nella zona o riveste qualche ruolo di spicco di solito si unisce in scomparti associativi dandosi reciproca sicurezza. Il limite della democrazia o il suo fallimento. Lo scrisse Musil secoli fa ne L’uomo senza qualità. Il nuovo lavoro dell’eroe senza gloria consisteva nel registrare le migliaia di associazioni di ogni tipo possibile mentre il lettore si sbellica dalle risate per la sua impareggiabile vena ironica. Tragica! Un lavoro burocratico ed imperiale. La ricchezza mangia se stessa. Il Globo sprofonda come sempre e più di sempre nelle mani di pochi.
Inquadrato un titolo di giornale: Dutch Schultz assolto dalle accuse fiscali… il giudice critica la giuria… Dutch: “Cosa c’entra Cincinnati? Io dico che deve prendersi un colpo in testa. Dobbiamo dare un esempio…” Lepke: “Considera le ripercussioni… una cattiva stampa… un pubblico eccitato… Se gli diamo un colpo anche i federali salteranno addosso al racket. Ci cacceranno dal paese. Devi dare un largo sguardo generale alle cose. … “È proprio come uccidere l’immagine del padre…” Un rude Fratello Sardo salta in piedi in una nuvola di aglio con i denti d’oro che lampeggiano. Gesticolando selvaggiamente si volta verso Dutch Schultz. … i Killer sono attori spettrali nel futuro… le luci del tunnel coronano le loro teste di un’aureola arancione. Sono angeli di morte. Bloomery
J. W. – Dolcezza della carne che si confà con la luce. Paralleli universi del sonno mi catturano. Voce d’onanismo dell’anima dipinta sull’altare dei miei glutei. Sacrificale alla memoria dei posteri. * Infiggi una lingua di fuoco nella vulva del mondo. Mi rappresenta l’economia. Il denaro ruota sui tulipani. L’orgasmo sotto un saio abbandonato. Pietra purpurea che inganna i sensi coi riflessi delle costellazioni. * I cieli del nord gemono di bagliori. Amputati della carne per la gloria di Dio. L’amianto di una ione nell’armonia delle sfere. Pastori come fiaccole di Purgatorio. * Il tuo membro risorge dal rifiuto. Malferme ginocchia navigano canali di confine di puro diamante mentre l’inchiostro esulta di là della diga. Battito d’ali recise! * Ancestrale il suono dona silenzi d’orgasmo. Barriere d’Inferno. La tua maschera d’oro statua d’Apollo. L’ara delle mie cosce di dolore. Vangelo della materia. * Mia madre sorrise e sbocciò un fiore di lillà quando il tuo cuore si spezzò cadendo.
Il suo volto aveva l’aspetto di una foto sovrapposta, riflettendone uno spirito spezzato che non avrebbe mai potuto amare uomo o donna con completa dedizione. Eppure era spinto da un bisogno intenso di fare reale il suo amore, di cambiare i fatti. Di solito sceglieva qualcuno che non avrebbe potuto contraccambiare… Gli oggetti del suo amore ad alta tensione si sentivano costretti a dichiarare neutralità, sentendosi circondati da una lotta di motivi oscuri, e, se non in pericolo diretto, con il rischio di restare sulla linea del fuoco. Lee non metteva mai su scene alla uccidi-amante-e-te-stesso. In fondo l’amato era ancora e sempre un estraneo, uno Spettatore, un Pubblico. Nessun dorma
J. W. – Tutto tace. Nessun dorma nella sconfinata distesa del cielo! * Paesaggio immaginario d’aereo. Suono oltre le carovane del villaggio. Diaccio e diaspora di lingue. Ascolto il silenzio. Le macchine si trasformano in scatole di gelatina di vibranti sembianze. Tremula luce d’estate quando il ero nicchia per sognare. * Stridori mutilati contemplando dal balcone la luna piena. Sguscia un arabo all’angolo del palazzo avvolto da un caffetano nero alto ed etereo. Silente voltandomi le spalle. Una donna vestita di tutto punto porta a so il suo cane. * Distesa che si fa priva di lingua. Parola spesa al vento d’agosto a rimirare un cuore di cane attonita negli abissi della caffetteria. Rintocco del vecchio campanile. Attraversa la strada con o sbriciolato il ballerino biondo che si reca al club. *
Disciolte nevi ed effluvi di pensieri i gesti denudati dal contatto. aggio che s’allunga nella notte. Una ruota gira ed il volto è il vellicare del mio piede scalzo dalla lingua di un gatto. * … i gatti sono come piccoli dei del focolare, compagni psichici… gli spiritelli domestici di un vecchio scrittore sono le sue memorie. I fatti, i personaggi che popolano il suo ato, reale o immaginario… Sì, del tutto naturalmente e letteralmente, i gatti, quando investiti dei ruoli appropriati, fanno da schermi sensibili che riflettono atteggiamenti precisi. * Rimiro costellazioni dai nomi dimenticati. Il tuo aggio innominabile. Nessun dorma nel muto linguaggio che si tinge dell’odore di selciato bruciato. Vagabonda nel silenzio la Parola si trasfigura. * Questo libro sul gatto è un’allegoria, in cui lo scrittore vede are in rassegna la sua vita ata in forma di sciarada. Non che i gatti siano marionette. Tutt’altro. Sono esseri che vivono e respirano, ed è una cosa triste quando si stabilisce un contatto con qualsiasi essere. Perché vedi le limitazioni, il dolore e la paura, la morte finale. * Corpi che sgusciano dai pesci d’uovo. Pellicani di cemento. Statua d’Afrodite all’orizzonte. I palazzi turbano l’occhio di una sera silente. Una scia di lumaca la processione del divenire coriandoli da spazzare. Parents
Una mattina d’aprile mi destai in preda a un po’ di malessere. Giacevo sul letto contemplando le ombre sul soffitto imbiancato a calce, ricordavo giorni lontani,
quando stavo a letto accanto a mia madre, contemplando le luci della strada muoversi sul soffitto e giù per le pareti. Provavo una nostalgia acuta dei fischi dei treni, degli accordi di un pianoforte nella via di qualche città, delle foglie secche bruciate. Un blando malessere per mancanza di droga mi riconduceva invariabilmente all’incanto della fanciullezza. “Non fallisce mai”, mi dissi. “Proprio come una puntura. Mi domando se tutti gli intossicati si procurino droga per provare questa meravigliosa sensazione.” Andai nel bagno a farmi una puntura… La droga si diffuse nel mio corpo: un’iniezione di morte. Il sogno si era dileguato. Abbassai gli occhi sul sangue che scorreva dal gomito al polso; sentii un’improvvisa pietà per quelle vene, per quei tessuti violati. Con tenerezza asciugai il sangue dal braccio.
J. W. – La madre mi chiese d’avere un letto di fiori. Fresche lenzuola avvolgevano i suoi i. Gli occhi sbiadivano di grigi riflessi. Me ne accorsi dal pane che mangiava. Si consumava in un involucro che s’infuocava. L’ineluttabile che sbatte le palpebre nella stagione a venire. Rinchiusa nella prigione di fossili spolpati dal tempo con mio padre che innaffiava le zolle del suo seme. Masticare in un limbo d’uovo era un delitto. Non farlo un insulto. Lo stomaco si gonfiò dei linguaggi di muri screpolati. Mi sorrideva per non farmi pesare la colpa d’avere colpe. L’assurdo della felicità. Insetti pungenti del cane che trotterella invecchiando. Respiro paterno che rotola come cantilena di bimbo. * L’azzardo è una buccia d’arancia in una bottiglia d’orfani. Parto del mio seme che dono al fuoco.
* Dipartì la madre nell’ora in cui la coperta si bucò di saliva. L’amarti fu una sedia a dondolo. * L’uovo scrotale diede alla luce un bambino nero – il suo nome è John… in una grande ventata fantasma sul lago arrivammo ad una stretta vallata buia estate blu pallido in lontananza… * Sapete ci sono? (Illeggibile) raccogliendo polvere di fiori sulle piante in vetrina e frutta dappertutto camicia macchiata di inchiostro che sventola… c’era un senso di male triste come fiori stantii… pesce morto un ragazzo che nuota il nido della cicogna la finestra del cottage cose di là da venire cesso bianco campane del porto… Sensualità negata
J. W. – Tengo in braccio un bimbo mai nato. I suoi gemiti sono l’eco dell’Orsa. È figlio dell’ignoto amore dei deserti. Bruciano spuma di corallo i suoi occhi di medusa. Intrecciano le mani ghirlande mute. * Grembo che fu barca d’Oriente. Corpo che non si volse al suono del tuo gracidare. Sconfisse la tempesta rubando pietre di diamante lanciando in cielo le sue orchidee. * Velluto d’Oriente. Crocefissione. Il o di foglie umide irrora d’autunno il mio ventre. Germinano pesci e lingue d’uomini inginocchiati per la preghiera al Dio che covò le sue uova sulla terra.
* Velocità di zanna della morte liberazione di Caino. Fornaci di bimbi e rombi di clacson. Sarà l’Eden della stagione confiscata nell’oltraggio di una lingua che scava e latte essuda di rugiada. * Su a Lincoln Park dove i poliziotti stanno imparzialmente pestando Yppies giornalisti e spettatori. Dopotutto non sono spettatori innocenti. Che cosa fanno lì in primo luogo? Il peggior peccato dell’uomo è essere nato
* Immagini seppia in un vecchio libro dai bordi dorati. Il MIRACOLO DELLA ROSA scritto a lettere d’oro. Volto la pagina. Un color rosso che ferisce rose trasparenti che crescono attraverso la carne l’altro si china in avanti a bere rose dalla sua bocca i loro cuori rose traslucide che si agitano in un’agonia lucida arrossendo ansimando l’aria di alberghi vuoti bocca che parla di un letto di ottone… * Il Compimento . Rose e spine attraverso la carne traslucida che si agita in un lungo urlo di rose. Volto la pagina. L’Elisir della Rosa. Farja con i ginocchi su il retto una rosa che pulsa. Il monaco raccoglie un fluido che scorre dal suo fallo traslucido. L’Albero della Carne . Un odore muffo si leva dalle pagine. Un sacerdote maya sta togliendo la linfa carnosa da un bulboso albero fallico. Ha inserito un tubo d’ossidiana nella morbida carne dell’albero e fa colare la linfa in un’anfora di pietra. Scoperta delle Anfore. Una piramide maya. I monaci hanno rotto una porta e trovato le anfore.
I Fogli di Carne. Il monaco ha dei fogli di linfa di carne arrotolati sul tavolo. La carne è di un color grigio perla. La scrittura. Il monaco sta scrivendo sui fogli le immagini di un vecchio libro. Il Costruttore di Corpi. Il monaco sta avvolgendo i fogli di carne intorno ai due scheletri. Due giovani sono stati formati. Bocca pene e retto sigillati. La Creazione. Il monaco ha sistemato il giovane in un baldacchino con i ginocchi in su. Raccoglie una trasparente anfora fallica di elisir. Lascia cadere una goccia tra le natiche allargate una goccia sulla punta del pene. Con una cannuccia di cristallo strofina una goccia sulle labbra. Dove il fluido tocca si levano fumi nitrosi seppia arancione rosa cupo. Le labbra si aprono il retto freme il fallo spruzza. Il giovane sta respirando. Volto la pagina. Volto la pagina sentendo la rosa che si contorce viva dentro la mia carne.
*
*
*
City
J. W. – Un vero e proprio pellegrinaggio non c’è che dire l’arrivare sotto un sole infuocato pomeridiano fino al selciato di cemento di fronte al Santo di Padova. Il disco infuocato è accettabile in Sicilia o giù di lì con relativi danni ed estasi. Oggi è Sant’Antonio e dentro la Basilica affollata si celebra la messa.
Osservo ammirata la Cappella affrescata da Altichiero di fronte alla tomba del Santo e mi reco al bazar della Basilica di mala voglia dovendo fare i conti con la devozione di mia madre. E questo dopo avere tanto sbirciato dubbiosa i libriccini per i fedeli che indicano la via della felicità dilaniata dal dilemma di non dover incrementare i suoi spunti visionari d’apparizione della Madonna. Gravata tuttavia dal peso della sua angoscia esistenziale in verità simile alla mia compero una candela al prezzo di un soldo. Bisogna dire che i servizi sanitari di questo sacro luogo diversamente dal solito non sono a pagamento e che l’acqua non scorre a tempo. Sto camminando infatti sul suolo pontificio! Senza contare il Giornalino del Santo che arriva ogni mese alle famiglie di mezzo mondo senza spendere un cent per l’abbonamento! Tuttavia i due chiostri silenziosi del monastero scano rispetto alla devozione popolare che qui erompe mi ridanno fiducia. Più tranquilla mi dirigo verso il Mausoleo di Rimondino dei Lupi di Soragna e l’Oratorio di San Giorgio. Il custode mi chiede se voglio visitare anche la Sala del Priorato affrescata da Vecellio e dopo il mio assenso mi conduce dinnanzi al portone di ferro attiguo a quello del Mausoleo per richiuderlo alle mie spalle. Mi assale il panico all’idea d’essere sola in questa grande sala dalla porta sbarrata che potrebbe non aprirsi più. Così molto gentilmente il custode mi fa provare il catenaccio rassicurandomi con l’indicarmi l’ufficio dove sta seduto il Priore. Tuttavia non faccio in tempo ad affacciarmi sull’uscio per ringraziarlo che piomba addosso al mio vestito nuovo stile impero l’evacuazione di un irriverente piccione. Al ché il custode mi confida quanto ciò sia una calamità per l’assenza di spuntoni di ferro sul cornicione. Essendo però territorio pontificio dentro le mura di Padova risulta impossibile accordarsi riguardo al compito di prendere i necessari provvedimenti.
Carl attraversò una barriera di nebbia bianca uova sbuffi di polvere in una stanza grigia piena di urne funerarie il registratore deforma un nastro sbriciolandolo in una pioggia radioattiva di parole metalliche sulle città di confine, la polvere delle parole gli sporcava il corpo che cadeva nello spazio tra i mondi.
Rimango tuttavia estasiata anche se macchiata nella magnifica Sala del Priorato dalle vicende dipinte della vita del Santo Portoghese tanto più che me la godo in quanto sono sola e così dicasi per il Mausoleo sottostante nel quale il timido custode improvvisamente smette di suonare l’organo appena rientro non trovando io il coraggio dato il sacro luogo di chiedergli di continuare. C’è chi coltiva fantasie squisitamente religiose e chi artistiche. Che cosa sarebbero tuttavia le due cose separate? Neppure esisterebbero. Ripenso quindi nonostante si biforchi in due strade diverse all’affinità visionaria che condivido con mia madre. All’uscita una vecchia signora leggermente fuori rotta mi chiede dove può trovare il parroco della chiesa. Le indico l’entrata del chiostro e ritorno per non fare torto a nessuno lungo Via Galileo Galilei nella quale è situata la casa che abitò a suo tempo lo scienziato. Città bellissima per i suoi porticati ed i magnifici palazzi. Alquanto suggestiva grazie alle sue strette vie somiglianti a budella che pare ti stritolino se qualcuno ti cammina davanti non potendo più procedere. Luci al neon e musica a tutto volume come dovunque verso sera nei caffè quando s’inizia a bere. Ma come non si ammira il tramonto che nonostante in questa stagione sia breve è il rimedio all’estenuante luce che persiste oltre l’estate Il nome
J. W. – Proprio così! Ogni cosa parla. Ogni cosa ha un nome.
Il nome ed il naso. Calvino lo dice con l’odore il profumo il fetore. È sufficiente registrare ciò che vedo. Una città è lo specchio dei suoi abitanti. Le case sono i loro corpi. Viviamo un periodo di siccità che durerà ancora a lungo e persino lo sguardo è secco. L’autobus in fuga trasporta bambine nere puttane coi sederi prominenti che le donne bianche cercano di imitare. Una di esse dal viso bellissimo seduta in prima fila ostenta una cresta sopra le tempie rasate e colorate come bandiere si ed italiane. Di fianco una donna slava ricicla la sua fitta conversazione usando due cellulari. Di soppiatto la sbircio. Non noto nulla di speciale in lei che anch’io non abbia. Le vie della città nauseabonde per l’odore di vecchie osterie e di fogne mal curate si adattano ai corpi dei anti. Profili di visi botulinati e corpi ritoccati di donne che però si allarmano per timore d’essere trafugate in rete. O. A. – Ostentata Agonia – s’inebria seduti al caffè. – Ecco una bella donna! – Bella donna?
“Fats”terminal veniva dai serbatoi a Pressione della Città dove getti vitali all’aperto spruzzano un milione di forme subito divorate, mentre chi le divora viene cancellato dalla madama del tempo nero. Dato che i nervi di Fats, grezzi e sbucciati, sentivano gli spasmi mortali di un milione di brividi di gelo, Fats imparò l’Algebra del Bisogno e sopravvisse.
Iscrizioni antiche risuonano come polvere d’acciottolato. Qualche palazzo bugnato restaurato in rosa carnicina. La libreria di vecchio stampo di metalliche fotocopie. La storia di libri polverosi si annulla in un negozio alla moda.
Studenti muti in cellulari scomposti e Jeans attillati sulle cosce grasse di donna. Sotto i portici oscuri la città si dissolve in un vecchio mantello. Rive di un fiume negro che s’inoltra verso la stazione. I bianchi ne respingono il flusso arrivati a destinazione. È un crocevia a scacchiera. Corpi fasciati da bende lacere. Ovatta grigia del rosa carne che traspare. Addossata ai muri pitture che accarezzo con lo sguardo. Un sudario che freme volando. Barboni della rivoluzione senza piazza. Anime morte nel blu solare. La statua equestre di un intorpidito Gattamelata. Gli orinatoi si confondono dove le razze camminano imitando i suoni dell’alfabeto. Incrostazioni del tempo. La mia faccia sul muro oltrea il confine del fiume fino al bastione. Frutti che divorano insetti racimolando qualche spicciolo al suono del violino del Conservatorio. Uovo riposto nel cassetto un panno ad asciugare. Labirinto d’epoche che si fa strada nella mia mente scalza. La bambina puttana adora le sue bambole. Svuota il calice di vino – sangue nel selciato sbucciato riempiendo i buchi dell’asfalto.
Tutte le vie della Città digradano tra canyon sempre più profondi fino a un’ampia plaza reniforme fitta di tenebre. Il Santo venerato
J. W. – Sto qui a parlare con te nella Hall della Casa del Pellegrino fino a tarda notte. Le parole sgorgano ed io le bevo dalla bocca dell’America Latina perduta e ritrovata nell’Asilum di un santo.
Certo come posso credere al miracolo ma tu dici di avere trovato una famiglia considerato che non sai chi siano i tuoi veri genitori. Migliaia di devoti scorrono sulla sedia a rotelle nella Basilica. Credenti nei miracoli. Non dico di no se tu stai così bene imbevuta della spiritualità di un grande scano che vide Gesù. – Cerniera – dici – Testa di ponte tra la città e l’erudito agostiniano seppur semplice predicatore di San sco. Ti commuovi per l’Ostensione del Corpo. Fai picchetto incappata d’azzurro. C’è chi ti tocca il mantello per fervore e rifà il giro tutto il giorno. La processione sfila in queste e quest’altre strade e avete un aggancio olandese con la confraternita di un altro santo. Diverso tuttavia considerato il clima calvinista nel quale i cattolici si confrontano laggiù. Sento profumo di ceri e l’inumana bellezza del chiostro oltre la devozione. Che luce dorata ci avvolge a quest’ora del tramonto! Come si stagliano soffuse la piazza le cupole e la facciata! – Svecchiato – dici – Il precedente gruppo addetto alla beneficenza e Paladino del Santo. Bollette saldate per i poveri al posto della legna ed il pane da condividere comprato con le offerte mentre nel frattempo i frati insegnano nell’insigne Scuola di Teologia.
Inquadrata la cena in chiesa… prosciutto della Virginia e tacchini affumicati il tutto offerto da Mr. Flegenheimer. Il bisbigliatore è travestito da sacerdote in visita. Il Bisbigliatore: “Arthur Flegenheimer, generoso” (Inquadrati tutti gli agricoltori che affondano le facce nel prosciutto e nei tacchini di Dutch)
“gentile”… J. W. – Ma William mi sembra proprio di assistere ad una scena de L’opera da tre soldi di Brecht del resto pregno di una forte educazione luterana…
Vecellio sta dentro i rigidi binari dei suoi teleri gloriosi. Discosto dagli affreschi dei miracoli. Sì davvero molto bello il soffitto a cassettoni del cinquecento come tutta l’aula! È vostra sì. Vostra e dell’insigne Priore. – Le rispondo con gentilezza. – Vecellio sta al di qua della santificazione. * Joan Wollmer – No sono prevalentemente Calvinisti in Olanda e Luterani in Germania. Non lo sai? Le 95 tesi di Martin Lutero. Ah non le conosci! No! No! Niente di che. Non se la prese in fondo col Papa più di tanto. Sei fiduciosa che si possa ancora camminare soli di notte per la città? Un bel carattere indubbiamente grazie a Dio. Mi racconti che hai seguito il marito devoto al Santo e a Montecchio oramai rovinato dalle concerie e dagli effluvi. Inoltre vi si annusa l’insopportabile odore dell’ospedale dove lavori. Odore di malati proprio come nel Medio Evo. Non conosci il castello di Romeo? Sì è proprio quello dell’innamorato proibito. Non l’hai visitato ma lo scorgi. Tò non ci avevi pensato! Dici che potresti farlo durante la pausa del pranzo mentre domani ascolterai la messa qui in Basilica perché è vicina all’albergo. Ritieni che Vecellio da vecchio divenisse arrogante imponendosi alla Chiesa e questo ti sembra innaturale. Mi parli dei miracoli di Lourdes dal momento che tu trasporti i malati con gli appositi taxi.
– Ne sei stata testimone? Mi racconti che talvolta te li confidano anche se taluni si sottraggono per evitare la burocrazia. Mi chiedo chissà che cosa pensasse veramente in cuor suo Vecellio di Dio. Nessuna casetta di legno sul noce per meditare. Non era malato di malaria. Senza dubbio un cultore della bellezza femminile quindi di Dio. Nessuna opera di misericordia. Carnale nel dipingere Madonne. Sono le sue virtù d’artista come quelle di Giorgione morto di peste contratta in amore. Faceva molto caldo nella sala e parecchi uscirono. La riunione era stata decisamente troppo lunga. – Comunque dimmi! Come pensi che sarebbe meglio che io pregassi? Io di solito mi commuovo con l’arte. Stai in silenzio e mi fissi. – Capisco che tutto sommato sia così personale!
“La città può essere anche un grosso cancello di partenza”. Erario
J. W. – Esisto al di là del denaro come i gigli del Signore. Esisto! Ieri È stata l’ultima volta che tu R. V. R. – Residuato Virile Radioattivo – ti sei permesso d’insultarmi a causa della tua decadenza dicendomi che in fotografia sono più bella che di persona. Disegnasti inoltre sotto i miei occhi una faccia di vecchia raggrinzita che oscillava tra me il tuo viso e quello di tua madre.
E pensare che il mio sogno sarebbe di andare alle terme a nuotare tra i vapori turchini che si stagliano sulla collina preferibilmente in compagnia! Amare? Soprattutto farsi amare. Non ne posso più di questa fasulla rivoluzione femminile sfociata nella resa dei miei coetanei e non solo di chi ha la loro età! Ma guarda dove mi trovo oggi? Qui a Padova davanti al Tribunale tra grappoli e racemi di targhe d’avvocati. Psicologi forensi e banche costruite dentro palazzi di vetro che svettano nel cielo. Selvatiche costruzioni se non fosse per questi gatti che mi stanno camminando tra i piedi al parcheggio. Una moto selvaggia sfreccia. Eccolo là il poliziotto che fischia e quell’incartapecorito di vecchio che mi strombetta mentre attraverso sulle strisce! Mai visto una zona tanto brutta cresciuta come un giardino impazzito. Ruderi che si trasformano in grattacieli di frigida violenza.
Sbirri, portieri, cani, e segretarie ringhiano al solo vederlo. Il Dio biondo è caduto così in basso da essere intoccabile. I truffatori non cambiano, si rompono, vanno in mille pezzi – esplosioni di materia in freddi spazi interstellari, vanno alla deriva nel pulviscolo cosmico, si lasciano dietro il corpo vuoto. Pelagatti di tutto il mondo, c’è un micco al quale non riuscite a farla in barba: il Micco Interiore.
Rimane sempre una qualche bellezza tuttavia. La Fiera poco più in là che ospita auto d’epoca. Ma no cosa sento mai? Sciopero degli autobus fino alle dieci e mezzo? Cani! A che serve mentre io sono qui snervata nel comprendere che si procede per raccomandazioni giudiziarie. A sborsare quattrini per un corso esistente se non nella mia mente. Per chi? Ovviamente per l’Erario e soprattutto per tentare d’arricchirsi nuovamente per ritornare a spendere.
Un ufficio opera sulla base del principio opposto. Si inventa dei bisogni per giustificare la propria esistenza. La burocrazia fa male come un cancro. Si discosta dalla direzione assunta dall’evoluzione umana, basata su potenzialità infinite. Sulla differenziazione e l’azione spontanea indipendente, per abbandonarsi all’assoluto parassitismo di un virus.
È riconosciuto da tutti che sarà sempre più una società di violenti in astinenza dagli adorati balocchi. Farò dunque sciopero anch’io come lavoratrice autonoma contro me stessa. E adesso come faccio a ritornare? Prendo il treno per Venezia e da lì al paese? La nostra vecchia Vacca Mora? Tò guarda ho lasciato a casa il cellulare! Buon segno. Sospetto d’essere l’unico esemplare italico che lo scorda mentre O. A. – Ostentata Agonia – impersona la parte del malato immaginario senza potermi aiutare. Ospitarmi o accompagnarmi a casa anche se più di tanto non varrebbe perché domani dovrò ritornare. Che fare? Orde di taxi non basteranno. Fra poco sarà un bailamme per uno sciopero della fame o del sindacato morente anche se prepotente comunque scordando i fiori di giglio più belli del mantello di Salomone. Fatto sta che stamani anche tu sporco O. G. M. – Organismo Geneticamente Mutato – m’insultasti ricattasti dicendomi persino che dovevo comperare i tuoi prodotti d’erboristeria e così sia! Pena il ricatto di non fare quello che ti chiesi lecitamente di fare a proposito del pezzo sul tuo giornale. Farò finta di non avere sentito considerato che ti risposi di no! I reduci di un Vietnam mentale di mal accumulate ricchezze. Stravaganze di libertà! Prendo il taxi. Suvvia che magnifici colori quei campi dorati e rosseggianti che scorgo a lato! Dopotutto sono accanto ad un altro lavoratore autonomo con due figli a carico.
Taxista – Pensi che i pastori abruzzesi sono oramai tutti rimpiazzati dai macedoni ed i vendemmiatori albanesi lavorano nei nostri vigneti. Un tempo erano gli studenti a raccogliere le mele per mantenersi! – Che bei colori però! Taxista – Dicono che i migranti siano utili per impinguare l’Erario. Ma come avranno mai fatto a censirli? Mah potenza della statistica! J. W. – Io ho due genitori vecchi e dovunque pullulano badanti slave anche all’ospedale per vegliare di notte. I giovani inoltre – tanto per fare un esempio – studiano svariati anni per esercitare come periti la maggior parte delle volte bisognosi d’essere raccomandati dai giudici dei tribunali. Proprio come succedeva trent’anni fa. Solo che ora si paga l’iscrizione all’Erario. Tuttavia mi consola il fatto che siamo tutti comunque belli perché per vestirci non c’è alcun problema se consideriamo che i gigli del Signore rappresentano la speranza d’avere sempre qualcosa addosso per ornarci e soprattutto per ripararci dal freddo in quanto Egli sicuramente provvederà. Non abbiamo alcun bisogno di spendere e spandere anche se siamo sull’orlo della bancarotta. Il vizio del sordido occidente che si sta estinguendo.
… Ma la noia U.S.A. non ha uguali. Non si vede. Non si sa da dove viene. Prendi una di quelle sale da cocktail in fondo a una via: ogni isolato ha il suo bar, il suo drugstore, il suo mercato e negozio di alcolici. Tu entri e lei ti stende. Ma da dove viene?non il barista, non i clienti, non la plastica color crema che ricopre gli sgabelli davanti al banco, non la fioca luce al neon. Nemmeno la TV. E poi alla noia ci si assuefa, così come ci si assuefa a dosi sempre maggiori di cocaina… È un territorio noioso a meno che non ti diverta sparare su un ciglio paralitico dentro un pozzo nero. Radiografie
J. W. – Mi chiedi se puoi farmi una critica. Te la concedo. Dici che sono entrata al bar immusonita. Che cosa? A quanto pare devi esserti offesa perché ti sei sentita trascurata mentre eri tu che stavi parlando col critico d’arte di città – Venezia – che diventa isterico se solo si travalica il suo labile omosex confine osando discutere innocentemente sulla sua ambizione. Inoltre devi capire che non ho nessuna scelta nei confronti del barman paranoico ossessionato dal giudizio che mi attacca scaraventandomi addosso i biscotti perciò per forza maggiore mi rabbuisco. Ti ascolto! Eccomi qui tutta per te davanti alla bottega d’ortofrutta e fortuna vuole che non siamo di fronte ad un luogo di cultura. Tu ben sai quanto la kultur se presa alla lettera annoi e soprattutto decada. Ed in questa zona vige la mortificante tendenza d’agire proprio così. Su dai sono tutta orecchi! Immensa soddisfazione per avere radiografato più di un crocifisso. J. W. – Capisco! Ti sei confrontata con una sovrintendete cazzuta tenendole testa mentre gli altri quattro che erano insieme a te si cagavano sotto e dovevate inoltre essere di più perché alcuni erano malati. Potenza dell’arte che dona l’aura a chi lavora con un reattore! Il nucleare perde i suoi dardi. J. W. – Io invece sono stata ricattata giusto stamattina dal giornalista pena il mio depennamento pubblicitario dei miei libri se non compro i prodotti di bellezza che per arrotondare smercia una sua parente. Una vera fortuna che tu non sia di queste parti perciò per il momento ti viene risparmiato e presto ritornerai al Capo di Buona Speranza. Sbatti le ciglia. Ti ballano gli occhi. Mi sembri alquanto nervosa e mi dici che hai mangiato le solite pizzette serali e nient’altro. J. W. – No! Io non le compro mai. Troppo cariche di burro. Mi stanno sullo
stomaco. Ah però! Ribatti che lavori dieci ora al giorno e che non puoi fare diversamente. Sto avvertendo tuttavia intensamente il tuo bisogno d’affetto caso mai non fosse stato crocefisso sotto i raggi X anche se in verità in questo caso lo si potrebbe osservare meglio. Allungo allora una carezza sul tuo viso tirato suoi corti capelli da ragazzo seppure folti e biondi. Setosi! Mi dici che l’importante è il lavoro di restauro di tutto il nostro mondo e te ne do atto che ti diverta. Tuttavia credo che sarebbe meglio cominciare dal nostro stesso restauro. Costretta però a sfuggire per non essere anch’io radiografata magari con lo stomaco zeppo di dolcetti che perdono le briciole dentro il cuore. Come posso farti capire se mi rispondi che io godo della fortuna d’avere ancora l’affetto di mia mamma mentre tu no? Non è mai uno scherzo coi genitori lo so bene! Si a dalla grande piovra all’era glaciale. Mi confidi infatti che la tua se ne infischia.
I matriarcati sono tutti omofobi. Conformisti e prosaici. … Dunque qualcuno vuole stabilire una testa di ponte di omogeneità in un casino potenziale come l’Europa Occidentale e gli Stati Uniti? Un altro matriarcato del cazzo, a dispetto di Margaret Mead…
J. W. – Capisco! Anche se ritengo che non sia ancora un buon motivo per continuare a radiografare senza mangiare.
D N I dice Benway. Danno Neurale Irreversibile. Eccesso di liberazione, si potrebbe dire… un peso per l’industria.
Posso sfornarti delle torte di mele se ti va o qualsiasi altra pietanza. Che importanza ha l’inebriarsi come stai facendo ora coi brillanti del tuo prezioso anello? Non amo i gioielli. Non ti sei nemmeno accorta che sono guarita dall’angoscia del fare. Ora mi lascio andare al richiamo di una luminosa censura come fosse una musica che vorrei condividere con te. Ho aspramente lottato per cercare di seppellire i miei fantasmi d’amore! Ricordi com’ero fuori di me? Furono momenti di tremendo abbandono perché i fantasmi in quanto tali non si possono mai del tutto eliminare ritornando quando meno te lo aspetti. Incorporei come sono ti fanno sempre pensare.
Ero fuori di me e cercavo di fermare quelle impiccagioni con dita fantasma e voglio quello che vogliono tutti i fantasmi: un corpo, dopo che il Lungo Tempo si è mosso in vicoli inodori di spazio dove non c’è vita solo il non odore incolore della morte.
Tu dici che sia stato l’abbraccio dato ai miei vecchi? Probabilmente hai ragione ma sono qui per te perché amo sognare.
… Lee viveva oramai in vari gradi di trasparenza sebbene non proprio invisibile, se non altro destava particolare attenzione. La gente lo considerava una proiezione o lo liquidava come un riflesso,un’ombra. “Qualche trucchetto della luce o una pubblicità al neon”. Fotografati
J. W. – Cammino tra le foglie sulle strade ma vorrei non vorrei. Così solamente per un senso di sublimazione alienazione spersonalizzandomi. Scorgendo ovunque sempre più gatti a malincuore fotografati per miagolare sui social – net!
Ne accarezzo uno che vive in libertà sul balcone al pianterreno. Mi tollera appena. Il linguaggio è inutile se vivo una questione di cuore di sensi smarriti per via. E tanto più mi pare di capire tanto più mi perdo.
Coppie attaccate a finimenti con ali artificiali copulano nell’aria gridando come gazze. Trapezisti eiaculano nello spazio con un unico tocco sicuro. Gli equilibristi se lo succiano con destrezza, bilanciandosi su pali precari a sedie in bilico sul vuoto. Un vento caldo porta odori di fiumi e di giungla da profondità brumose.
Ieri tua madre mi disse che la puttana badante rumena voleva metterle il veleno nel tè per poi sposarti e risiedere qui e quanti vecchi. Oh sì quanti vecchi sono stati rovinati con lo stesso stratagemma da queste farabutte! Inoltre bestemmiava. Bestemmiava in continuazione l’immigrata e questo non lo si può di certo accettare. Dopo essere stata cacciata è andata a stare dal vicino di casa che si è rassegnato alla sua presenza. Mi disse inoltre che non eri in casa ed invece poco dopo sei apparso. Stavi dormendo e la mamma giustamente ti proteggeva a differenza della rumena che voleva solamente provocarti per capire se tu fossi omosex. D’altronde l’odierno male sociale consiste nella frigidità. J. W. – Eccoti qui i libri. Ma come sarebbe? Appena hai acquistato un mio libro l’hai subito regalato? Ad ogni modo tua madre mi disse che non sarebbe morta campando possibilmente fino a cent’anni se prima non fosse caduto il Premier. Quel ladro farabutto e causa di tutti i nostri mali. Un autentico demone venduto a Mammone! Matrix – Una delle mie innumerevoli nipoti adolescente questo fine settima manifesterà in piazza contro l’ingiustizia sociale e soprattutto da buona cattolica
è di sinistra. – Però! – le dissi di rimando – Ma se si sono negate le radici cristiane d’Europa? Siamo solo in pasto al denaro nonostante sia oramai una pura chimera. Nel Medio Evo sì che era Dio a guidarci malgrado non si escludesse la ragione e con gli inevitabili inconvenienti del caso si capisce. * – Ritornai lungo strade rumorose d’auto rombanti fermandomi per leggere un accattivante menù davanti ad un’osteria. Ero alquanto indecisa se aspettare tra gli impiegati il mio pasto in quanto erano tutti maschi. Decisamente troppi gli X. Y. Feci capolino sull’uscio e subito dopo feci marcia indietro accusando un lieve malessere per avere sentito a tutto volume la TV. Me ne andai sbattendo contro il ato. Una mia vecchia insegnante oramai centenaria stava eggiando con l’aiuto del bastone ed il braccio della figlia quasi non riconoscendomi più. Il sole dava qualche cenno di divino oltraggio mentre attendevo che calasse la sera. Un rifugio! Una via di fuga nonostante tentassi di raspare gli affumicati camini di questo nostro mondo. Gli occhi si posarono su stronzi di cane lasciati sull’asfalto mentre la puzza di merda fresca mi saliva alle narici. Mi convinsi allora ancor di più di non andare a regalare i libri a chi congela una vecchia amicizia nel diktat materno come se il tempo non fosse mai ato. Un vero macigno sopra la nostra adolescenza dimenticata e sentii la pancia borbottare come se mi tramutassi in rana. Mi bruciava la gola e tuttavia rammentai con piacere che nella sala d’aspetto del dentista era situata in bella mostra di sé una bicicletta d’epoca laccata d’azzurro turchese. Una Bianchi fabbricata a Milano. L’infermiera era contrariata per via delle manovre da fare per le pulizie.
J. W. – È tutta un’altra cosa però in questo modo la sala d’aspetto!– le dissi. – Perché mai ora suona il cellulare mostrandomi un numero oscurato che per norma anzi contro la norma legale viene chiamato lavoro effettuato in un Call Center e non l’aberrazione del presente? Non risposi di certo e pensai a ciò che ieri tu C. D. M. – Cocco Di Mamma – che rispecchi appieno gli amanti del melodramma mi dicesti a proposito di Puccini così armonioso ma che tuttavia spezza le note e poi di Verdi il tuo preferito e non accennasti minimamente a Wagner per non parlare di Nietzsche. Immagino per non offendere la Madre Chiesa oltre alla tua! Il libraio è veramente colto è vero. Direi magnifico. Non per nulla me lo presentasti aggiungendo – Sicuramente un bell’uomo ma sposato! Così per la tua alquanto disinteressata intercessione accettò i miei libri. Eravamo decisamente innocenti quand’eravamo giovani. Dei veri amici per la nostra santa ingenuità. Ma ora? Respirai l’incostanza delle emozioni che tratteggiarono linee a penna rossa cancellando il presente. Il richiamo della vita che non si comprende. * – Riguardo alla mia amica che proviene dal Capo di Buona Speranza le dissi giusto ieri in piazza quando l’incontrai che dovremmo cenare insieme. Che non era affatto sufficiente per vivere bene radiografare crocifissi per determinarne l’epoca. Mi diede ragione seppur scappando via dopo avermi tuttavia riferito seccata che il Critico aveva fatto una figuraccia alla mostra del giorno prima sentendosi scavalcato dal collega. – Ed è infatti per questo – le risposi che faccio del mio meglio per evitare la sua isteria. D’altro canto che cosa vogliamo aspettarci da un mummificato che proviene da una città museo qual è Venezia se si sente troppo sul collo il fiato di qualcuno che è più vivo di lui o che ha semplicemente il torto di essersi avvicinato troppo anche se solo per qualche istante? Una nuvola insistente di nebbia si rifletté ancor di più sulla mia testa che
ciondolò sopra un aereo scaffale mentre stava di nuovo telefonando l’anonimo del Call Center come se io non lo fossi più di lui. In un mare di granchi che si sfaldano mi adatto alla rossa corrente dell’autunno. Alle sue mute processioni. Si tuffa dal primo piano di un vecchio palazzo una bambola nuda fatta di carne rosa avariata dal tempo. Maschera che si snuda sconfitta. Film meno eccitanti della realtà. La donna si confonde in un albergo veneziano tra trine e finti balocchi. Il corpo stregato da un alone di pece e di prematura fine. – Tu C. S. – Occhio Che Spia – mi confidi che l’hai fotografata esattamente come lei voleva. Non è perciò in causa nessuna scopofilia o un vago sentore di pornografia ma soltanto la sua femminile vanità. Per me è oramai ato il tempo in cui interrogavo lo specchio come una matrigna. Comunque sia questa tua foto non la posso usare per la copertina del libro. Sono le scarpe nere a punta dal tacco a spillo che rendono il tutto un po’ troppo mercenario tanto più se indossate scalza. È più o meno dai tempi della Rivoluzione di Mao Tze-tung infatti che nemmeno in Cina si sfracellano i piedi per mantenerli piccoli. Mi dico tuttavia che il suo corpo così liscio e magro mi cattura. Un piccione straziato dalle ali sanguinanti. Recidivo sotto il mio naso mi riconduce nella valle.
La manica a vento nera della morte ondeggia sulla terra, sentendo, annusando il crimine della vita separata, motori della carne raggelata dalla paura tremano sotto un’ampia curva della probabilità. Acrobata
J. W. – E se andando per strade quasi del tutto deserte senza badare al rombo dei motori in momenti graziati dal silenzio. E se andando per strada nei luoghi
famigliari di un piccolo paese ci si accorgesse all’improvviso del rumore dei propri i? Del suono regolare costante e pervicace dei tacchi delle proprie scarpe? Se appunto andando così semplicemente per strada si guardasse all’insù amalgamando con gli occhi il cielo d’autunno composto di chiazze celesti ci si sentisse ritornando poi giù con lo sguardo sui colori pastello delle vecchie case i signori del mondo? Iniziando quasi per caso a meditare senza averlo mai fatto prima a scuola sulle mutevoli macchie di foglie morte. O ancora agoniche sui rami senza neppure entrare per bere un caffè in un’osteria che millanti antichità. Situata davanti alla quercia secolare di un giardino. Rimanendo senza nemmeno fumare seduti sulla panchina umida di pioggia. Di nuvole che si rovesciano come una calza di seta chiara. Così solamente andando per strada! Economia di un ecosistema. Risparmio d’idrocarburi. Palestra per sciogliere i grassi ballando il flamenco coi tacchi degli scarponcini accompagnati dai fantasmagorici colori del cielo. La piazza irride cantilene d’annata. Il nonno vendeva gelati sotto il campanile.
Era a Monterrey messico… una fontana un caffè. Mi era fermato presso la fontana per annotare sul mio taccuino: “fontana asciutta piazza vuota carta d’argento al vento rumori intermittenti di città lontana”.
A ritroso nel tempo la flotta aerea decolla ed io ne sono al comando. In formazione per entrare nel ventre molle dei cieli.
Tieniti fuori dalla contraerea del tempo – tutti i piloti che cavalcano i Flauti di pan tornino alla base…
Sconfinate le mie braccia dove si disperde il colore. Diaframma che tolgo e giù verso la terra che si avvicina per il piacere di un’acrobazia. Vagando per una fetta di mondo privo di seduzioni. Oberata della sola spesa per l’abbecedario del poeta pilota della fantasia. Senza alcun gioco se non il suono dei miei tacchi ed il volteggiare nell’aria. Disperso lamento nell’insicurezza del tempo. Eppure camminando per strade quasi deserte dopo il desinare ricamo umidi ricordi stonati di gioventù. La stagione dell’amore che danzò sull’onda del mio respiro. Ora cammino battendo il suolo in ritmiche oscillazioni sconfiggendo la follia. Il rombo del motore si placa come l’armonia di una vela spargendo scintille di stelle. Una fusoliera di carne riecheggia il ripetersi dell’abbandono pur se l’amore risorge. Rarefatto ossigeno d’alta quota rovistando dentro le mie vene. È un saluto di compianto a chi amai inscritto in nembi di bufera. Disinfesto
Joan sentì quell’irritante odore di dopobarba che lui aveva lasciato nella stanza poco dopo che se n’era andato. Scalza e risoluta prese il detersivo più profumato con le mani ricoperte dai guanti di lattice ed impugnata la spugna ripulì per bene il bagno da cima a fondo strofinandolo con furia. Aprì la finestra nonostante il primo gelo e la fronte sudata dallo sforzo per lasciare entrare l’aria frizzante che rinnovò la bellezza della sua libertà. L’odore svanì insieme a lui mentre il suo ricordo si riassorbiva sullo specchio che svaporando la ritrasse colpendola. Si guardò timidamente quasi sentendosi colpevole per averlo scacciato dalla sua anima.
Lasciatemi dire che per molti anni mi ha ossessionato la possibilità di rilevare un corpo giovane mi svegliavo mi guardavo mi stiravo mi guardavo nello specchio l’aspetto diverso quel tanto che bastava degli altri pensieri e sentimenti rimasti per renderlo veramente nuovo capite un sogno antico e banale come la fontana della giovinezza così quel giorno ho lasciato la casa di Ladue Road.
Non le piacquero i suoi occhi cerchiati e le rughe che le circondavano la bocca ma non per questo un sorriso mancò di socchiuderle le labbra. Sciacquò il viso e si spazzolò i capelli prima di vestirsi per uscire a eggiare.
Chiunque si sia mai guardato allo specchio sa che crimine è e che cosa significhi in termini di perdita di controllo quando i riflessi non obbediscono più. Troppo tardi per chiamare la Polizia.
Nel suo appartamento il silenzio stava cancellando il ricordo della sua voce mentre sulle pareti delle stanze vuote si disegnarono cerchi di luce. Solamente poco tempo prima vi regnava solamente il buio dei suoi pensieri che le si arrovellavano nella mente ogni volta che l’uomo se ne andava. Quell’eloquente pace sembrava chiederle con un muto strano linguaggio se lei l’avesse veramente amato. La risposta l’aveva già scritta parecchie volte su ogni pagina o muro della stanza nella quale facevano l’amore nonostante l’amante non le fosse stato riconoscente. Tutto era ristabilito a cominciare dall’arredo che le sembrò rinnovato o dalle coltri del letto senza una piega. Dai libri riposti che lui soleva scomporre sparpagliandoli sul letto per leggerli trascurandola mentre giaceva insieme a lei. Musa di cacao
J. W. – Lollypop fra le labbra di una Lolita. Questioni di casalinghe che non usano i giusti termini rifacendosi con foto sboccate. Antidiluviano! È sicuramente più opportuno inviarmi una foto didattica in modo che io stia in allerta vicino ad una pompa che potrebbe esplodere insieme all’auto mentre si sta facendo il pieno di benzina pigiando i bottoni automatici. Molto più eccitante com’è da poco capitato ad una mia vecchia conoscenza!
Il Presidente è un tossico ma non può farsi direttamente per via della sua posizione. Così si buca tramite me. Ogni tanto ci mettiamo in contatto, e io lo ricarico. Ha sacrificato ogni forma di controllo ed è dipendente come un bambino non ancora nato. Le tensioni si accumulano e un’energia pura, priva di contenuto emotivo, deflagra infine nel corpo scuotendolo tutto come fosse a contatto coi cavi dell’alta tensione.
Tutto iniziò domenica con l’acquisto di tre tavolette di cioccolata. Gettai una goccia di bagliore sessuale. Una chiave di volta riguardante C. Junior. Entrai per il caffè come sempre di pomeriggio alla fine della mia eggiata sotto un cielo nordico in perpetuo movimento. E dopo il solito ghiaccio iniziale ed il lei futile col quale mi si rivolse seppur sempre una sorta di significativo convenevole mi chiese con addosso come al solito il suo maglione di cachemire marrone bruciato chi ci fosse in piazza. Proprio come se lui vivesse rinchiuso alla guisa di una principessa sequestrata in una qualche fortezza. – Tranquillo – dico è la Domenica delle Palme e la gente eggia. Niente di che in centro. – Già. Sono contenti così! – È un rituale – dico io per altro con una certa convinzione e ordino della cioccolata. Non la vedo in bottega nonostante le gigantesche uova artigianali fatte da C.
Senior mentre mio nonno vendeva gelati e non così gratificanti in verità per il palato come appaiono agli occhi. Lo vedo allora uscire da dietro il bancone e agitarsi alla ricerca della cioccolata tra gli scaffali come fosse stata una mappa del tesoro. Risalire in fretta sulla pedana per servire le rinomate pastine piene zeppe di fluidi cascanti e mandare via frettolosamente i mocciosi scontati per l’acquisto – sotto i quattordici anni si fa un prezzo di favore – ricominciando poi a cercare. Non potevo neppure dirgli quali gusti volessi da quanto era assorto finché me ne porse un grosso blocco. C. Junior – Questa si chiama Porzione perché è simile a quella militare essendo di puro cacao. Preferii tuttavia acquistare le stecche non completamente fondenti ripiene di mousse senza per altro senza occhiali poterne leggere la composizione. A questo punto allora si diresse al bancone del bar. Prese un grosso coltello scartò la Porzione e la tagliò offrendomene dei pezzi e dicendomi con molta serietà e contentezza al contempo – È dolce però! Come ciò fosse stato d’importanza vitale mentre da parte mia assaggiandola gli risposi ch’era troppo dura per i miei denti caduchi. – Ma lo sai – gli dissi allora che ho visto una sfilata di moda con abiti fatti di cioccolato anche se chissà di che cos’erano veramente? C. Junior – Da leccarsi le dita! Solo allora notai che si era lasciato crescere barba e baffi. M’imposi considerato il magico momento che s’era creato per merito del cacao di non aprire più bocca impegnandomi solamente a masticare lasciando parlare il silenzio. Ma subito mi tradii perché m’assalì l’impellente bisogno di raccontargli che avevo appena letto un articolo sui Mormoni osteggiati un tempo dai Cattolici che m’era parso alquanto interessante. Non l’avessi mai fatto nonostante conoscendolo non potevo certamente essere sorpresa!
Panico! Silenzio! Proprio come se avessi tirato una bestemmia o un coltello. Rotto un vaso di vetro pieno di caramelle. Non rispose ed io osai nonostante lo smarrimento chiedergli il perché. C. Junior – Non ho il livello mentale – mi disse sull’orlo di una crisi di rabbia furibonda. Gli tenni testa rispondendogli ch’era una frase che ripeteva spesso. C. Junior in uno stato febbrile – Per forza! Senza avere nessuna voglia di continuare. J. W. – È per via del lavoro? Ma non ricordo affatto che cosa mi rispose perché tutto si tramutò nuovamente in un blocco di ghiaccio ed egli prestò solamente attenzione ai nuovi clienti quasi fiondandosi loro addosso. J. W. – Ti ho pagato? Finii per domandargli per celare il turbamento. C. Junior – Sì mi rispose tra i denti. J. W. – Renditi conto anche tu del mio livello! C. Junior – È colpa della cioccolata – sussurrò di nuovo a denti ancora più stretti salutandomi incattivito. Soffrii fino a mezzanotte sentendomi pugnalata. La lama e l’occhiata Borges di nuovo. La cioccolata mi sembrò disgustosa rimandandomi inspiegabilmente ad una sorta di sentimento eretico considerato l’amore che nutro per essa. Ma nonostante l’apostasia momentanea sebbene profonda divorai l’intera stecca. Tuttavia il giorno dopo ritornai non potendo sopportare il rifiuto e trovandolo nuovamente solo. Primi minuti di silenzio glaciale anche se subito stemperati domandandomi se mi fosse piaciuta la stecca farcita. – La pensavo più dark anche se così aveva il vantaggio d’essere morbida. Andò a prendere la stessa Porzione del giorno prima cominciando a tagliarla meticolosamente a pezzi – vedi Fontana e la tela pugnalata – per offrirmela dicendo con sarcasmo ch’eravamo diventati compagni di merenda anche se in un tono che sembrava quello di una domanda.
Seguì una lunga disquisizione sugli svariati tipi di caco. Quello bianco del quale andava matto fino alla nausea mangiandolo in laboratorio senza contare dato il periodo in cui eravamo quello delle uova pasquali. Senza parlare del fatto che lo mangiava anche d’estate fino a farsi venire le bolle. Il cioccolato nordico inoltre era senz’altro il migliore perché da noi si specula sul prezzo considerato il basso consumo di cacao in un paese caldo. Parlando ovviamente senza il minimo spiraglio d’emozione della voce non avendola affatto naturale e profonda ma altalenante come un xilofono percosso sulle note più alte. Come stesse disquisendo intorno ai massimi sistemi dell’esistenza. Pronto a contraddirmi ad ogni mia esclamazione. Dicendo no anche quando era sì. Non unendosi a me per niente per professare insieme con la dovuta venerazione la religione del cioccolato. Sarebbe stato niente il disquisire pro o contro quella mormone e cattolica! Così comprai per forza la Porzione mentre un risolino maligno gli mutava la faccia solitamente di marmo dicendomi di fare attenzione a non farmi cascare continuamente i denti. Proudly
J. W. al telefono con un XY tra gli O. G. M. – Organismo Geneticamente Modificato – più mutati. – Sono orgogliosa alla fine di come mi stiano i capelli. Spero che non mi dirai anche tu come mamma che sono troppo ricci! Dieci sedute dal parrucchiere che lavora col suo compagno estetista per ottenere un riccio negro indelebile con taglio alla Valentina. Selvaggi! Sensuali! Vado a letto e al mattino mi alzo senza che facciano una piega. Senza un capello fuori posto! Dieci sedute perché tu ben sai che sono soliti tagliarli a tutte le donne sempre nello stesso modo e lisciarli scalati come punte di spighe. Dici che non ti piaceranno. Figuriamoci se mi dai mai soddisfazione. Nemmeno una volta! Sentissi che buon odore di bagnoschiuma c’è per tutta la casa! Crema al latte.
Non sapevo proprio come fare a cambiare l’aria che puzzava di tubi di scarico e di gas acidi che provengono dalle strade a nord troppo trafficate e soprattutto dall’eco centro. L’immondezzaio che ora ha cambiato nome. E che continua ad essere giustamente tale perché ho saputo che non si effettua a monte una vera e propria raccolta differenziata. Pensa d’altronde che chiunque arrivando in macchina sottocasa mia scarica barili di rifiuti nei cassonetti condominiali! L’altro giorno c’era per terra persino un televisore affianco al bidone per quanto sia sicuramente giusto sbarazzarsene! Sì! Sì! Sono uscita con l’amica dell’Associazione Culturale A. C. M. – Associazioni Culturali Multiple – ma sono stata graziata. Abbiamo soltanto mangiato insieme e non è poca cosa al giorno d’oggi perché doveva sbrigarsi per organizzare l’incontro dell’associazione che fa conoscere qualsiasi tipo di strumento musicale ai bambini. Graziata sì perché tu sai quanto siano noiose queste manifestazioni che ricordano come si doveva studiare a scuola. Encomiabile tuttavia che i bambini scrivano poesie per commentare la musica. Sono quasi in mille attualmente che inviano i loro testi! Non sanno più come fare a leggerli. Scrivono anche racconti. Sì proprio così! Mi riferirono che in questo modo i bambini riescono ad esprimere i loro guai famigliari perché le insegnanti non sempre li capiscono. Ci sono zone particolari infatti nelle quali la situazione è veramente grave.
Terra libera era uno stato assistenziale. Se un cittadino voleva qualcosa – da un carico di farina ossea a un partner sessuale – c’era sempre qualche dipartimento pronto a dare un aiuto effettivo. La minaccia implicita in questa avvolgente benevolenza soffocava il concetto stesso di ribellione.
L’ho accompagnata all’Auditorium rimanendo per pochi minuti ad ascoltare gli organizzatori piuttosto distratta preferendo andare al cinema. Ottimo film stranamente ed inoltre concernente il territorio della nostra laguna. Mistico direi. Sala gremita come non mai. C’era il Dr. Benway – luminare di città – in trasferta dai suoi vecchi appostato di
fronte ad un banchetto per raccogliere le firme riguardanti il varo della legge per la cittadinanza agli immigrati. Sì effettivamente è una questione difficile. Probabilmente è giusto averla per chi nasce qui. Non c’è in nessun altro Paese d’Europa tuttavia salvo la possibilità di ottenerla dopo i diciotto anni solamente però se si fa domanda. Ad ogni modo ieri sera chiedere le firme fuori della sala del cinema così senza un contesto adeguato in cui discutere sfruttando un film mistico o forse sarebbe meglio dire evangelico mi parve piuttosto fuorviante. Il film dopotutto parlava della fratellanza universale non tanto dell’integrazione. Io sono favorevole ma forse sarebbe opportuno avere delle regole nonostante siamo naturalmente tutti fratelli. Non comprendo tuttavia perché non combattano per la loro Patria come noi abbiamo fatto all’epoca del Risorgimento ad esempio con i rischi e gli inconvenienti che di sicuro si prospetterebbero. Senza dire che ora molti dei nostri vecchi per sfamarsi vanno ad abitare in Tunisia. Per non parlare del continuo ed inopportuno paragone con la nostra migrazione di un secolo fa in America del nord. Un territorio desertificato umanamente dallo sterminio degli indiani e pronto all’uso per nuove tribù. Senza contare la quarantena ad Ellis Island quando arrivavi! Luogo che come tu ben sai ho visitato. Dici che non ha importanza perché siamo tutti figli di Dio? C’è però chi si lamenta perché la Caritas li privilegia rispetto ai nostri poveri. Lo stesso succede per la sanità e le abitazioni. Me lo disse proprio giovedì mattina la colf che confina con i vicini di casa nigeriani. Ti stupisce che ho la colf perché accuso d’avere pochi soldi? Sì hai ragione sono alle strette con l’economia ma ripudio i lavori domestici. Ritengo infatti che dovrebbero essere maschili almeno per qualche generazione giusto per bilanciare il conto di secoli. Comunque sia veramente un’ottima pizza quella di ieri sera. Sai che non l’apprezzo particolarmente considerandola invitante più per l’occhio e l’olfatto che per il palato. Non l’avrei mai detto inoltre considerando com’era il locale tempo fa. La prima trattoria del paese. Ora invece è la prima che s’è trasformata in pizzeria lavorando moltissimo grazie a questo tipi di vivanda a poco prezzo.
Ottima anche l’insalata di pesce! Mi chiedi come sia la mia amica? Esoterica! Mi riferisce d’imbattersi per strada in espliciti segni junghiani ritenendo che le porteranno sicuramente fortuna. Ad esempio recentemente ha trovato una penna per terra. Indubbiamente il segno che la sua vocazione a poetare sarà trionfante. Sostiene inoltre sempre da segnali direi cosmici che il Pianeta si stia ribellando e quindi proprio non capisco perché m’invidiasse tanto quando me ne andai al cinema. In Italia inoltre l’arte ha quasi sempre una matrice cristiana e non siamo noi cattolici la Chiesa stessa? Dunque perché non ammirare la bellezza senza bisogno dell’occulto o dell’inconscio collettivo? Ad ogni modo è sicuramente più importante che io circoli in bicicletta anche d’inverno per via di questa maledetta puzza di scarico. Sai bene che in Olanda nonostante il clima la usano persino i Ministri per recarsi al Parlamento. Va bé che la scambiano per una Spider venendoti addosso a tutta velocità in piena zona pedonale. Crash!!! * – Paesaggio sublime al tramonto ora che il gelo si è sciolto e si è alzata la nebbia. Cielo a strisce rosa. Una meraviglia! Non ho potuto ascoltare stamattina la conferenza nella Sala Consigliare riguardante Guariento perché il Presidente di città – proviene infatti da Belluno – desidera da me qualcosa che si allontana molto dall’arte. Ah pensi che esageri? No tutt’altro. Ogni giorno ho le prove di quanto i maschi siano soliti porre in atto simili metodi per tapparmi la bocca. Sì è vero – te ne do atto – ci sono anche se rari degli uomini che amano dialogare. Spesso tonti però. L’ho sempre saputo fin dai tempi della scuola che se provano una benché minima emozione stai pur certo che ti maltrattino o peggio ancora che ostentino un’orgogliosa indifferenza. Tuttavia cadono come l’asino al primo ostacolo. E di solito – cosa risaputissima – ciò avviene a causa di una morbosa gelosia o meglio di uno sconfinato senso del possesso. Sono infatti i loro maggiori difetti
ritenendosi tuoi padroni proprio come secoli fa. Inoltre non è affatto vero che si innamorino né che sia così importante l’età o l’attrattiva. Semplicemente come fanno i cani annusano chi spande per strada la maggiore quantità di feromoni. Mi succede che cerchino di concupirmi e non solamente con gli sguardi specialmente quando esco senza lavarmi. Non che io puzzi ma ho proprio l’aria d’essermi appena alzata facendo trasparire una sorta di naturale sciatteria e soprattutto come tu ben sai io non uso il profumo. Senza contare l’aria selvaggia che hanno i miei capelli. Altro che conferenza su Guariento solamente perché è nato qui! La sua Pala d’altare dipinta per il nostro Duomo si trova in verità a Los Angeles e tanta energia spesa per non averla neppure potuta trasportare ed esporla mi fa veramente riflettere. Come avrebbero mai pareggiato il bilancio con una spesa ed un rischio simili? Ma ti sembra sano ostentare un simile campanilismo? Così sono rimasta a letto come faccio spesso considerando che vivo di notte. Perché mai dovrei credere che il mattino abbia l’oro in bocca in mezzo alla brina e alla nebbia acida da inquinamento? Vuoi mettere rimanere a poltrire in dormiveglia tra sogno e realtà? Rumori permettendo che solitamente d’inverno svaniscono. Così posso permettermi di viaggiare volando con la fantasia magari insieme a te.
Appena avete un compagno di sogni un amigo de senos cambiate nome con lui così il rosso era Audrey e Audrey era Pinkie.
Tu non ne sei convinto. Dormi poco e ti alzi presto. D’accordo ognuno ha i suoi piaceri! Ti sei chiesto per lo meno quante volte io abbia domandato a questi altri personaggi A. C. M. – Associazioni Culturali Multiple – amici per giunta di
cenare insieme o di trascorrere una serata alle terme? Per esempio alla Fisica che lavora al Reattore e che afferma d’essere stata illuminata da San Filippo Neri il Santo che la sta incoraggiando a restaurare la Cappella che gli è dedicata prima di fare ritorno al Capo di Buona Speranza? Solamente accettando questi salubri inviti si otterrebbe in realtà una condivisione artistica ed erotica! I due aggettivi vanno sempre insieme si sa! Posso condividere sebbene a sprazzi solamente col Diacono gay che comprende il senso dell’ultima cena anche se naturalmente so benissimo che cosa pensa delle donne. Dici che sono blasfema? Che il lavoro è lavoro scientifico o artistico che sia com’è scritto nel primo articolo della Costituzione? Ma per carità! Vuoi mettere il primo articolo di quella americana nonostante s’immolino al dollaro? È l’eros che crea l’arte per godere ancor di più della magnificenza di Dio. Ovvio no? Ad ogni buon conto stasera affronto i dialoghi di Ruzzante perché si scrive come si mangia specialmente dopo aver visto il primo frigido spettacolo teatrale della stagione. Città o campagna che sia cambia poco. Sono addirittura più belli in periferia! L’anestesia emotiva ha colpito nel segno salvo furibondi raptus omicidi-sessuali che confermano la regola. Ho regalato l’abbonamento sempre che si possa chiamarlo un regalo come avevo già fatto gli anni scorsi! Holy Christmas
Stava piovigginando in modo crudele. Era una specie di nevischio che non si decideva a prendere forma. Joan Wollmer aveva le braccia a pezzi per lo sforzo d’avere portato un pesante cesto di frutta quella stessa mattina al solito Critico d’Arte come segno di riconoscimento il quale si trovava in zona per inaugurare la Mostra di un pittore locale. Brontolando si tirò allora sulla testa la sciarpa che una sua vecchia zia le aveva di recente regalato. – Chissà perché – si chiese – il fruttivendolo non si era offerto d’aiutarla? Né d’altro canto gliel’aveva chiesto. Comunque fosse Joan considerava quella sciarpa perfetta. Le era stata utile quando pochi giorni prima per le festività di Natale era andata a far visita alla zia
di Chioggia sprovvista d’ombrello sotto la pioggia che scendeva quel giorno simile ad aghi aguzzi. Era di colore neutro e non pungeva. Le sembrava di non averla neppure addosso sentendosi sempre soffocare da tutto ciò che le avvolgeva il collo. Non poteva portare con sé l’ombrello a causa dei pacchi e dell’impaccio procurato dalla borsetta che senza capire il perché era sempre troppo pesante. – Sono davvero utili le vecchie zie – disse tra sé. – Hanno la stessa importanza dei bambini. È da poco morta la migliore la più intelligente con la quale mi sono sempre confidata. Senza vecchi non si può stare anche se in verità la nostra società ne pullula e d’altra parte c’è vecchio e vecchio – bisogna pure ammetterlo – quasi sempre col delirio dell’eterna giovinezza. Tuttavia com’è giusto che sia le nonne muoiono ed io non lo sarò perché non ho figli. Le nonne ci vogliono e comunque le si può sempre adottare – pensò ricordando la meraviglia della laguna illuminata di notte mentre attraversava il ponte che congiungeva l’isola alla terraferma e l’acqua scura ed oscillante sotto la pioggia l’avvolgeva spezzando il confine tra cielo e terra. Con i documenti della banca in mano racchiusi in una cartellina cerata entrò dalla porta girevole dell’ufficio e si sedette attendendo il suo turno mentre due cinesi erano alla cassa ed un signore indiscreto entrato dopo di lei le si parò davanti. Si alzò irritata per farsi notare quando vide il Dr Benway dirigersi verso la cassa automatica senza che per altro la scorgesse. Non era affatto sicura di volergli parlare sapendo già tutto quello che le avrebbe detto. Tuttavia terminate le sue operazioni gli si avvicinò. Contento di vederla il dottore le chiese se avesse bisogno del computer ma Joan gli rispose che avrebbe sempre preferito il cassiere e nonostante insistesse nel dirle che non bisognava perdere tempo le propose di bere un caffè. – Ho comunque un appuntamento alle quattro – le disse camminando in fretta non sapendo bene verso quale bar dirigersi – E la macchina da quest’altra parte. Tu dove stai andando?
– Sto ritornando in Posta perché ieri c’erano venti persone per quanto mi dica spesso per calmarmi che il tempo dev’essere quello africano se si vuole sopravvivere. – Mah è veramente una seccatura aspettare negli uffici! – Più che altro è noioso anche se si potrebbe ovviare conversando comodamente seduti nell’attesa benché al giorno d’oggi sia una possibilità del tutto superata. Vi è una lunga fila infatti di panchine se non altro per i pensionati! – Su andiamo alla torrefazione che è di fianco all’ufficio. E con o spedito quasi correndo si diresse verso il locale mentre J. W. gli arrancò dietro. Seduti al tavolino per prima cosa gli chiese se avesse potuto inviarle dei pazienti perché la situazione s’era fatta grama da quando le persone si stavano impoverendo ma soprattutto sceglievano d’evadere nella virtualità. Sapendo tuttavia che lui non avrebbe minimamente considerato la sua richiesta era come se gli parlasse per mettersi il cuore in pace e non pensarci più. Ed in fondo era Natale. Bisognava pure dire qualcosa! – Bé sì oramai lo sanno tutti che è troppo impegnativa una psicoterapia – rispose il dottore voltando la faccia verso il bancone mentre il barista goffamente posava sul tavolo i caffè dimenticandosi lo zucchero. – Naturalmente sono convinta che gli psicofarmaci siano d’aiuto ma è tutt’altra cosa – soggiunse Joan conciliante. – Io non so proprio niente di quello che succede usando il computer – le disse Benway ingollando tutto d’un fiato il suo caffè. – Dovresti invece se non altro per capire in che tempi viviamo! Solo così inoltre potrai scegliere in che modo usarlo. Il Dottore la guardò a lungo negli occhi senza che Joan capisse il motivo come del resto aveva sempre fatto quasi per carpirle un segreto o svelare un mistero. Poi assumendo un’espressione compita le disse – Sono estremamente stupito dal fatto che tu attualmente non frequenti nessuno. Per me sarebbe impossibile non
fare all’amore. Joan non si scompose sapendo che stava mettendo in atto la solita recitazione anche se reputò doveroso considerata la sua precedente richiesta dargli una risposta. Tuttavia nonostante le paresse di conoscere il motivo del suo stato non sapeva proprio che cosa dire. – Credo sia perché il desiderio fisico si discosti troppo dalle vie del cuore. Se vuoi la solita faccenda di Amore e Psiche oppure perché non ritengo di stimare i maschi a sufficienza. Non saprei! – Ora tuttavia sono le donne ad essere predatrici – le rispose Benway convinto.
La voce del dottore era appena percettibile. L’intera stanza stava esplodendo nello spazio…
Joan si rese conto solo allora che sembrava proprio un vecchio con un minuscolo ciuffo di capelli rimasti al centro della testa e le sopraciglia bianche ed arruffate. Decise di non dire più niente. La risposta alla sua domanda era già stata evasa da ciò che le suscitava il suo aspetto. Ciò nonostante lo accompagnò alla macchina incapace com’era di rinunciare all’affetto che ancora nutriva in nome dell’amicizia di un tempo dirigendosi poi verso la Posta. * Quel pomeriggio Joan Wollmer doveva recarsi a casa dei suoi per l’arrivo dei cugini che non vedeva da tempo evitando sempre di andarli a trovare. La paura di guidare sulle strade sempre più trafficate la bloccava ed i mezzi di trasporto erano scomodi. Ancora una volta carica di pacchi Joan entrò per i preparativi e poco dopo invece di arrivare come avevano preannunciato solamente in due il soggiorno si affollò di tutti e tre i fratelli insieme ai due figli e alla nuova fidanzata di Giampietro il primogenito.
I cugini che si avvicinavano alla quarantina differivano solamente per un anno d’età anche se erano del tutto diversi l’uno dall’altro sia per l’aspetto sia per il carattere. Solamente la bellezza li accumunava. Aveva sempre avuto un debole per Gilberto il più giovane che fin da piccolo le aveva suscitato una vera e propria ione. Dimenticato dalla madre che quando nacque soffrì di depressione fu allevato dalla nonna e dalla stessa J. W. che stregata dalla sua dolcezza a volte trascorreva il suo tempo rimanendo solamente a guardarlo incantata. Inoltre quando frequentò l’università che si trovava nella città vicina al piccolo centro nel quale viveva si era stabilito dai suoi ed allora fu sua madre ad occuparsene. Suo figlio Michele di quindici anni con il nasino all’insù ed uno sguardo triste se ne stava appartato giocando con il cellulare. – Tu pensa che Marylin si è rivolta all’avvocato perché oltre ai soliti alimenti dice che avanza i soldi che avrei dovuto darle un tempo. Ma se praticamente l’ho allevato io Michele mentre lei era impegnata a partecipare ai concorsi di Miss Italia? Suppongo che sia il suo nuovo compagno ad incitarla – aveva confidato a Joan il giorno prima al telefono. Per delicatezza J. W. lo aveva lasciato trastullarsi nella sua illusione perché Gilberto sembrava dimenticare che Dio li fa e li accompagna anche se fortunatamente si erano separati. Seduto attorno al tavolo mentre Michele continuava a chattare riprese a dire – Guadagno poco come ingegnere meccanico in un’azienda che non sempre riesce a produrre ed ho il mutuo da pagare. Roberta per fortuna anche se non in qualità di psicologa nell’Istituto per disabili in cui lavora gode comunque di un buon stipendio ma dev’essere sempre reperibile rimanendo tutto il giorno fuori casa. – Anche per quanto riguarda il mio lavoro di terapeuta è un momento difficile perché è un impegno costoso e diciamo pure che ora sono di moda altri tipi di cure. Gilberto la guardava coi suoi grandi occhi simili a due laghetti alpini nei quali sembrava che la natura si specchiasse mescolando i suoi colori mentre era solito parlare con una certa affettazione pronunciando le parole in fretta come se le mangiasse.
Da quello sguardo prolungato la cugina si sentì consolata parendole di trovarsi nel bel mezzo di quello splendido paesaggio. E quando Michele uscì dalla stanza le disse cercando di non farsi sentire – Hai visto? Sta sempre a giocare col telefonino. Come faccio a staccarlo? Pensa che io non lo uso mai e lo dimentico! – Tanto è vero che non mi rispondi mai al telefono! Nel frattempo il fratello Stefano direttore di banca lampadato e snello aveva iniziato una fitta conversazione con suo padre riguardante l’attuale stato economico. La figlia Mia di tre anni scorazzava libera come un furetto andando a sbattere contro i mobili e rovesciando la cesta del Presepe che trascinò con un gran tonfo il tavolino sottostante ammutolendo gli ospiti per lo spavento. Stefano la prese in braccio dicendole di raccontare a tutti in quanti paesi stranieri fossero stati mentre Joan finse di non sentire. Infastidita dal fatto che sua madre continuava ad assentarsi si alzò di scatto per cambiare posto sedendosi vicino a Giampietro. Coi capelli biondi e l’aspetto virile di un calciatore e molto goloso fin da piccolo era tutto assorto a gustare la sua fetta di torta. Ricordò di quando soggiornando a casa loro da ragazzina le contendesse il cibo. Faceva infatti una tacca con un pennarello la sera prima di dormire sui vasetti di marmellata per vedere quanto lei non meno ingorda ne avesse mangiato. – È strano – si disse J. W. – Stefano al telefono mi confidò che è sempre più scontroso perché dovrebbe finalmente innamorarsi. Eppure trascorrerà la notte a casa dei genitori di Flora la logopedista che l’accompagna! La ragazza dal viso pulito e molto sobria nel vestire sembrava l’unica che riuscisse a calmare Mia prendendola in braccio per farla volteggiare nell’aria senza irritarsi. – Lo sai vero che sto andando in analisi? – le confidò Giampietro mentre entrambi ammiravano le sue doti materne. – Sì certo me l’ha detto la mamma. Ti è utile?
– All’inizio sì ma più a il tempo e più sento la difficoltà di raccontare della mia vita ad uno che ti fa stendere su un lettino si mette di spalle e fa silenzio. Sai che io sono di poche parole. – Ah è un freudiano ortodosso! Strano che ne esistano ancora. Io non lavoro così e comunque certi miei colleghi seppure siano stati in analisi didattica stesi sul lettino col terapeuta voltato di spalle per più di dieci anni tre volte alla settimana sono peggiorati. Sembra di stare dentro una bara!
Mi sentii ancora tagliato fuori dalla vita… Decisi di sottopormi alla psicoanalisi e continuai con quella terapia per tre anni, la psicoanalisi eliminò l’inibizione e l’ansia, per cui potei vivere come più mi piaceva. Gran parte dei miei progressi nella terapia vennero compiuti a onta dell’analista, al quale non garbava il mio “orientamento”, come lo definiva lui. Egli rinunciò infine all’obiettività analitica e mi classificò come “un bluff di prim’ordine”. Rimasi più soddisfatto di lui dei risultati.
– È stata la moglie di Gilberto a consigliarmelo. Non ne conosco altri nella zona. Ma dov’è la zia? – Sta poco bene ha il raffreddore. Comunque ci saranno pure altri terapeuti! – gli rispose cambiando discorso senza indagare tuttavia ulteriormente rispetto a quell’affare privato nonostante avesse le sue idee in merito a Giampietro sul quale gravava la responsabilità d’essere il primogenito. Sempre più preoccupata tuttavia dall’assenza della madre la cercò giù nello scantinato trovandola intenta a conversare con un’amica che si era precipitata a confidarsi dopo un’aspra ma tuttavia consueta lite col marito. – Ciao Marylù non sapevo che tu fossi qui – sbottò irritata – Non ho proprio sentito il camlo. Ma perché non venite sopra? Non vediamo i cugini da anni e si stanno chiedendo dove tu sia mamma! – Ha ragione – disse l’amica – Tolgo subito il disturbo mentre un urlo imperioso uscito dalla bocca della bambina le fece trasalire.
* Se mi permettete una piccola digressione… un analista di mia conoscenza parla soltanto lui – i pazienti ascoltano pazientemente o no… lui rievoca ricordi… racconta barzellette sporche (vecchie), raggiunge contrappunti d’idiozia che il Funzionario di Contea manco si sogna. Illustra con dovizia di particolari che nulla si può ottenere a livello verbale… È giunto a questo metodo osservando che l’Ascoltatore – l’Analista – non leggeva nella mente del paziente… Era il Paziente – il Parlante – a leggere nella sua… il paziente, cioè, ha una coscienza extrasensoriale dei sogni e dei piani dell’analista mentre l’analista entra in contatto con il paziente solo attraverso la corteccia cerebrale… Molti agenti usano questo approccio – tutti sanno che sono dei rompiballe logorroici nonché cattivi ascoltatori… “Signori, vi regalerò una perla: Si scoprono più cose su una persona parlando che ascoltando”. Accorrono frotte di maiali e il prof versa secchiate di perle in un trogolo… “Non sono degno di mangiargli i piedi” dice il porco più grasso. “D’argilla comunque”.
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* Il vecchio scrittore viveva in un carro merci riadattato in una discarica accanto
al fiume. Il terreno apparteneva a una città di demolizioni, e lui ne era il custode. Comandante di un mucchio di rifiuti… lo scrittore non scriveva più. Bloccato. Succede… Si stava portando via un sandwich quando udì un gatto che miagolava… la neve veniva giù a grandi fiocchi soffici, cadendo come la discesa della loro ultima fine sui vivi e sui morti, ricordò lo scrittore. Così portò con sé il piccolo trovatello nero al carro merci, e si divisero il sandwich di tacchino… E Smoker era uno strano gatto. Crebbe rapidamente. Smoker, creatura degli abissi senza luce, dove la vita come noi la conosciamo in superficie non può esistere, portò luce e calore con sé così come i colori possono riversarsi fuori dal catrame. Dalla totale mancanza di aria, da pressioni che schiaccerebbero un sommergibile come una lattina di birra appiattita, lui porta una compressa varietà di vita. Nutrito di minerali fosforescenti, i suoi occhi brillano come diamanti. Il suo corpo è modellato dall’assenza di luce. E Smoker nutre per lo scrittore un affetto del tutto speciale, con un messaggio urgente come un vulcano, o un terremoto, che solo lo scrittore sa leggere. E lo scrittore ricomincia a scrivere… Poi Smoker scomparve. Il vecchio scrittore tappezzò la zona di foto di Smoker. Offrì una ricompensa di cinquanta dollari. Alla fine comprò una Macchina dei desideri. Le istruzioni dell’uso sono semplici… sapeva che l’esaudirsi del suo desiderio poteva causare un terremoto( sconosciuto in quella zona) o un tornado invernale. Poteva perfino spaccare in due l’universo conosciuto. “Che crolli pure”… Il suo desiderio è un braccio gigantesco… Riesce a vedere Smoker che corre tra le stoppie invernali, cristalli di neve sul suo pelo, sempre più vicino. Poi, incredibilmente, un grattare alla porta e il miagolio pigolante di Smoker. Socchiude piano la porta e l’oscurità si riversa dentro. “È come se avesse aperto la porta per prendere un po’ d’aria e avesse avuto una crisi cardio-circolatoria e fosse morto per il freddo”.
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Gocce d’acqua
Risoluzione: la musica
Il Silenzio
Secondo Interludio
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L’artista, quello migliore e più raro, è preso come da un sogno stordente, al punto da non vedere tutto ciò, e ripete esitando con voce incerta parole spettralmente belle, che egli crede di udire da luoghi lontanissimi, ma che non percepisce abbastanza chiaramente… – Con se stessi! – questo pensiero agita le anime moderne, è questa la loro angoscia e la loro paura dei fantasmi… Una volta non si metteva in guardia da nulla come dal prendere troppo seriamente il giorno, il momento, e si raccomandava il nihil irari e la cura degli interessi eterni; nell’anima moderna è rimasta oggi solo una specie di serietà, essa va alle notizie che il giornale o il telegrafo porta. Friedrich Nietzsche
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Nel periodo della ragione positivista borghese, nell’era dei nascenti “capitalismo” e “socialismo”, a nostro avviso facce di un’unica moneta, quella dell’“industrialismo”, nel turbine della società di massa, Nietzsche è ancora capace di affermare: “Noi siamo Iperborei”.
Uno dei suoi più grandi amici, quell’uomo amato e odiato, ma sempre con impressionante, reverente ammirazione, l’uomo che aveva contribuito a ridestare nel filosofo sentimenti sfrenati e talvolta opposti, il Maestro Richard Wagner, era scomparso pochi anni prima lasciando il vuoto attorno a lui e l’atroce ombra del nulla sopra il mondo, un immenso sudario sull’ultima era degli uomini… Vincenzo di Mauro
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* * Appoggiare, secondo la pagina, al bianco che la inaugura la propria ingenuità, obliosa anche del titolo che parlerebbe troppo alto: e quando si sia allineato, in una incrinatura, anche minima, disseminata, il caso vinto parola per parola, in defettibilmente il bianco ritorna, poco prima gratuito, ora certo, per concludere che non esiste nulla al di là e autenticare il silenzio… Verginità che solitariamente, davanti alla trasparenza di uno sguardo adeguato,a sua volta si è come divisa nei suoi frammenti di candore,l’uno e l’altro prove nuziali dell’idea. L’aria o canto sotto il testo, conducendo la divinazione da un punto all’altro,vi applica il suo motivo in rosone e fregio invisibili. Stéphane Mallarmé
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Il silenzio è l’assoluto della musica. È questo senza dubbio, il significato profondo del detto indù: musica perfetta non più musica. Igor Markevitch
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Ma non eravamo ancora pronti per il silenzio nei deserti del silenzio non c’è suono il vostro corpo non fa suono da fuori com’è un film muto e uno ci gira intorno un pezzo prima di trovare la strada per entrarci una volta dopo l’altra torna indietro all’esposizione con la svastica che tira le facce rosse in un tornado di libidine
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* Rumori come suoni musica di un aereo in lontananza fischio del treno sega di falegname battito di martello voce umana grido d’uccello canto fruscio di foglia pioggia di colori aromi
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The only stone to compare love is poetry.
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È partendo ad esempio da Un coup de dés William che ti ho gettato tra le mie righe dentro di me. Fa come vuoi Joan lo sai bene che ritorna sempre un senso e sicuramente quello più vero…
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La poesia non va compresa perché è lei a comprenderci. La solitudine del suono L. M.
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Il silenzio scese come un sudario pronto a polverizzarsi al primo movimento di Mission. Una folata di vento, carezzevole e giocosa come una zampa di gatto, attraversò la baia e salì su tra le foglie e le felci, portando fino a lui un alito di panico. Piccole zampe di fantasma gli percorsero la spina dorsale, facendogli drizzare i peli sulla nuca nel punto in cui il centro della morte s’incendia brevemente al momento della fine di un essere mortale. Il capitano Mission non temeva il panico, l’improvvisa intollerabile consapevolezza del fatto che ogni cosa è viva. Era lui stesso un emissario del panico, della conoscenza che l’uomo teme più di ogni altra. La verità sulle proprie origini… È chiaro. Basta spazzar via le parole e guardare.
* “Il grande dio pan è morto!” La data era il 25 dicembre dell’anno zero dopo Cristo.
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* Il vento scompiglia le foglie dei miei capelli volando l’anima alla luce di un autunno smarrito.
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Immoto il sesso spira valve luminescenti ti cercano l’ostrica si schiude. Cade l’antro nella tua bocca succhiandoti il cuore.
* *
Ticchettio di lamine riflette d’aurore boreali vomito prosciuga pianeti estende
filamenti di carne avvolgendoti. Esplode la cordigliera a testa in giù.
* * Bianca odissea di spazi riposa nel chiarore lunare nelle tue labbra m’intinge. Vespro mattutino deflorami!
* *
Di codardo sonno dispersa l’alba di smeraldo s’impenna.
* *
Un’immagine scolpisci
di musica spacca l’anfora di pietra.
* *
Scocco scintille di luna spargendo fetido l’odore dei morti.
* *
Sanguisughe vacillano ostentando parole la gogna furia del mare.
* *
L’oasi si dileguò aprendo prigioni. Monotone scale salii di lava la fornicazione.
* *
Naufragai il tempo l’orgia di nebbie profanata valse l’attesa.
* *
Amore cieco attraverso una benda. Liberatosi il sole splende amputando arti di gloria disseminando tendenze.
* * Specchio che si rovescia in controluce riflettendosi sdoppiato.
* *
Pensami in assenza esisto sdoppia il denso nero indistruttibile.
* *
Siamo petali sfioriti di rosso naufragio che il corpo ricamano.
* *
Note accordi discordi palpiti blandisci d’effimero circuisci. Scocca il veleno bile di delizia.
* * Assente è la Corte parallelo risuona il tempo.
* *
Gocce di sangue rattrappito respiro d’acqua irrompo
nella tua bocca mani fiato di corde spezzo.
* *
Abbandono di ricordo infantile trangugiando riflessi di luna.
* *
È ciò che non scrivo a cui penso ciò che non vedo.
* *
Nebbia trafitto destino di silenzi Metallo romba s’appiana in schegge di mar morto.
* *
Frassini disboscati scindono di fragola il mondo.
* * Eiaculo sulle tue mammelle d’oro nell’ora che volge al desio.
* *
Ossificami dietro farina di sbarre.
Uno sparo di biscia sulla luna.
* * Gracidii di rane alla frontiera dei capelli planando vortici di silenzio.
* * Terre di fuoco scavano. Sprofonda il ero in un mare di pece.
* * Rosso il colore del corpo che danza nel fuoco. Rosso colore delle pieghe
di corpi lontani nel fuoco riposano.
* * Lambisci d’affanno la pelle del mare corpo del fiore reciso.
* * Lingua di fuoco dardo il tuo sesso che mi congela nelle ossute braccia del mare.
*
*
*
* i miei pattini su un muro lustro di monconi lava il suo orizzonte di lavanda
ha una bella faccia di povero ragazzo dormitori dita sporche
hanno fischiettato nell’ombra “Aspettami alla svolta.”
Fiume… neve… qualcuno vago sbiadito in uno specchio filigrana di alisei
il film è finito
*
il ricordo è morto quando le loro foto logorate tempo punti di acqua inquinata sotto gli alberi della nebbia ombra di
ragazzi all’alba nei campi di peonie fredde perdute
bilie nella stanza garofani tre fiale
di morfina piccolo occhio azzurro crepuscolo ride fra le sue gambe gialle dita azzurre stelle ragazzi eretti di sonno
hanno gelidi sogni perché io sono un minorenne ate parola carne e ossa trattenute troppo a lungo sì signore oui oui
dadi ultima carta… lago… una canoa… si levò un tornado nel raccolto bronzea eco tropicale irride da Città di
in giro e forse una pelle di ragazzo si allarga a qualcos’altro su Long Island i cani sono tranquilli.
È solo nel ventre di uno scrittore che scrivo la mia poesia. L. M. *
23 giugno 1988. Oggi siamo ati sani e salvi attraverso la barriera e siamo entrati nel Deserto Azzurro del Silenzio. Il silenzio è devastante all’inizio ci si annega; le nostre voci sono ovattate come se parlassimo attraverso un feltro.
*
Lenta la casa si fuse creata nella silenziosa concentrazione dei lavoratori della terra del Silenzio dove parlare è impossibile… templi greci sorsero nell’aria tersa e ricaddero in capanne di calcaree accanto a una laguna nera punteggiata di gondole – una forma di vita terminale di bella gente languida che fuma bacche nere in minuscole pipe di giada –
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Finale allegro ma non troppo
sex and love women and men with cow
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_______ Quando Obadiah irruppe in mezzo alla stanza con un reclamo, che esigeva di essere ascoltato immediatamente. Il caso era questo. Mio padre, o per antica consuetudine del feudo, o come laico al quale venivano pagate dopo la Riforma le decime ecclesiastiche, era tenuto a mantenere un Toro al servizio della parrocchia, e Obadiah gli aveva portato la sua vacca per una breve visita un giorno o l’altro dell’estate precedente______ dico, un giorno o l’altro___ poiché si dava il caso, che fosse il giorno in cui avesse sposato la cameriera di mio padre_______ così che l’uno serviva come punto di riferimento all’altro. Pertanto quando erano iniziate le doglie della moglie di Obadiah, Obadiah aveva ringraziato Dio____ ____ Adesso, diceva Obadiah, avrò un vitello. E così Obadiah andava ogni giorno a trovare la sua vacca. Figlierà lunedì__o martedì__ o mercoledì al più tardi____ La vacca non partoriva _____ no__ non partorì fino alla settimana successiva_____ finché alla fine della sesta settimana i sospetti di Obadiah (come quelli di un altro bravuomo) caddero sul toro. Ora essendo la parrocchia molto grande, il Toro di mio padre, per dirla tutta, non era assolutamente all’altezza del proprio compito, aveva, in un modo o
nell’altro, e poiché faceva il suo lavoro con espressione solenne, mio padre s’era fatto un’alta opinione di lui. ______ La maggior parte dei compaesani, con licenza di vostra signoria, disse Obadiah, crede che sia tutta colpa del Toro______ _____ Ma una vacca non potrebbe essere sterile? Replicò mio padre rivolgendosi al dottor Slop. Non accade mai: disse il dottor Slop, ma sarebbe abbastanza naturale che la moglie di costui avesse partorito prima del termine della sua gravidanza ____ dimmi il bambino ha capelli sulla testa? __ aggiunse il dottor Slop_____ _____ È peloso quanto me, disse Obadiah, ____ Obadiah non si radeva da tre settimane ___ Iuh… Uh… Uh… …esclamò mio padre, incominciando la frase con un fischio____ e così, fratello Toby, questo mio povero Toro, che è il miglior toro di quanti abbiano mai pisc__o, e che in tempi migliori sarebbe andato bene per la stessa Europa _____ se soltanto avesse avuto due gambe di meno, potrebbe essere trascinato davanti al Tribunale dei Divorzi, e perdere la reputazione _____ che per un Toro di Città, fratello Toby, equivale a perdere la vita_______D.o! disse mia madre, ma di che cosa parla questa storia? ____ D I BALLE, disse Yorick ____ ed è una delle migliori del suo genere che abbia mai sentito. Laurence Stern
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Dio dopo quel bacio lungo quasi mi mancava il fiato sì ero un fiore di montagna à detto sì siamo tutti dei fiori il corpo di una donna è un fiore sì la sola cosa giusta che à detto in vita sua e il sole splende per te oggi sì è per questo che mi piaceva… e i gerani e i cactus e Gibilterra da ragazza dove ero un Fiore di montagna sì quando mi sono messa la rosa nei capelli come facevano le ragazze andaluse o dovrei portarla rossa sì e come mà baciato sotto le mure moresche e ò pensato bè lui o un altro che cambia e poi gli ho chiesto con gli occhi di chiederlo ancora sì e poi me là chiesto se volevo dire sì dire sì mio fiore di montagna e prima lò abbracciato sì e lò fatto stendere su di me per fargli sentire i miei seni tutti profumati sì e il suo cuore che impazziva e sì ò detto sì lo voglio. James Joyce * * La cosa più importante che potrei imparare è amare ed essere amato… * * ** Lo spot televisivo riusciva a colmare il vuoto tra realtà ed illusione, creando un nuovo mondo dove il falso diventava vero e viceversa.
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La gente è pericolosissima quando non le rimane nient’altro a cui credere oltre a Dio.
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La potenza del motore è praticamente illimitata, una capacità di venti litri. Al giorno d’oggi non c’è più nulla del genere. Noi abbiamo la tecnologia, ma non riusciamo a costruire sogni. *
I ricordi, la sensazione della psicopatologia sono l’unico modo che al giorno d’oggi la gente ha di entrare in contatto. Ben presto gli spettatori sapranno cos’è la vera follia, sotto forma di prodotto o di movimento politico. Incoraggiamo le persone a impazzire un po’ – è la cosa che rende lo shopping e le relazioni sentimentali più interessanti. *
Il fascismo consumista ha comunque una sua ideologia bella e pronta, e quindi nessuno deve mettersi a dettare un nuovo Mein Kampf. Il male e la psicopatologia si sono trasformati in stili di vita. *
Comprare una lavatrice è un atto politico, l’unica vera forma di politica che ci rimane al giorno d’oggi. * “Bene. È giusto che siano i pazienti a controllare i medici. Direi che questa cosa spiega molto bene l’essenza del ventunesimo secolo”.
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“E infatti siamo dei degenerati. Non abbiamo spina dorsale né fiducia in noi stessi. Abbiamo una visione del mondo da tabloid, ma nessun sogno, nessun ideale. Abbiamo bisogno di essere stuzzicati con la promessa di forme devianti di sesso. I nostri guru ci dicono che desiderare la donna d’altri ci fa bene, e forse ci fa bene anche desiderare il culo d’altri. Non onorare il padre e la madre, e liberati dalla trappola del complesso d’Edipo. Non valiamo nulla ma adoriamo i nostri codici a barre… James Graham Ballard
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Vedete, la droga è morte, l’ospite più antica dell’industria.
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La mia gloria sono i libri che ho letto. La lettura è più nobile della scrittura! Jean Luis Borges * * * *
“Be Silent!” * * Dall’ultima frase Di Mullholand Drive Di David Lynch
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Ma di Enland Empire così infinito cosa ne dici Jack? Lo sai che è realizzato interamente in digitale vero?
Già… un capolavoro William! Un capolavoro assoluto tutto a pezzi che però poi si riuniscono… giusto come siamo noi.
Per questo Jack sono così pochi a capirlo. L. M.
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Deposizione tecnica del potere del virus. “Signori, in un primo momento ci hanno suggerito di concentrarci sulla nostra immagine e di studiare in che modo avremmo potuto incrementare la trasmissibilità. Scoprimmo che alcuni semplici sistemi di codifica binaria erano sufficienti a contenere l’intera immagine, anche se necessitavano di un notevole spazio di memorizzazione finché non si scoprì che le informazioni binarie potevano essere scritte a livello molecolare e che l’intera nostra immagine si poteva contenere in un granello di sabbia. In ogni caso si scoprì che queste molecole d’informazioni non erano materia morta, ma mostravano una potenzialità di vita che in altri campi si ritrova sottoforma di virus. Il nostro virus infetta gli umani e crea in essi la nostra immagine.
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– Benedetto sia colui sulle pareti e finestre persone e cielo – Su ogni parte della mia polvere che cade dolcemente – che cade nel buio ribelle. “Basta” – Il braccio con cui scrivo è paralizzato su questa terra verde – Mano Morta, basta sceneggiature di carne – Ultima porta – Spegnete Mr Bradly Mr – ha sentito le tue convocazioni – Si fuse nel nulla – Tu stesso sei “Mr Bradly Mr Martin – tutti i vivi e i morti – Tu sei te stesso – C’è – *
Qui non c’è più nulla tranne le registrazioni – Spense la baracca – Silenzio – Quando rispondete alla macchina le fornite altre registrazioni che verranno riprodotte per i vostri “nemici” così continuate a far funzionare l’intera macchina nova – L’ideogramma cinese per indicare il “nemico” significa essere simile a oppure rispondere – non rispondete alla macchina – Spegnetela –
Nota biografica
William Seward Burroughs nacque a St. Louis nel 1914 e morì a Lawrence nel Kansas nel 1997. Proveniente da una famiglia benestante, suo nonno inventò uno dei primi calcolatori dell’IBM, invenzione che probabilmente influenzò per tutta la sua vita l’interesse seppure critico per l’elettronica approfondito con l’informatico Ian Sommerville, divenne ben presto “la pecora nera” della casa per il suo essere ribelle e per la dichiarata omosessualità. Si laureò in Letteratura ad Harvard specializzandosi in Antropologia e studiò medicina senza però portare a compimento il corso di studi. Dal 1942 cominciò ad assumere droghe e come egli stesso scrisse nei suoi libri dai contenuti ampiamente autobiografici, pressoché casualmente ma, come da copione, diventandone ben presto schiavo. Nel 1943 si trasferì a New York dove conobbe Allen Ginsberg, Jack Kerouac e svariati artisti della Beat Generation intrattenendo rapporti di collaborazione letteraria e di tipo sentimentale, soprattutto per quanto riguarda la stesura dei suoi libri, considerata la frammentazione ed il disordine con i quali ne scriveva i brani in stato di perenne assuefazione, senza mai tuttavia perdere la sua estrema lucidità letteraria. Generò un figlio del quale si presero cura i suoi genitori, dalla seconda moglie: Joan Wollmer, un’intellettuale di dieci anni più giovane, che condivideva con lui l’uso degli stupefacenti e, nonostante la sua aperta omosessualità, fu una coppia affiatata sul piano affettivo. Accidentalmente la uccise giocando con le armi delle quali era un apionato, in un gioco ato alle cronache come: “Il Guglielmo Tell che deve scoccare la freccia sulla mela posta sopra la testa del figlio”. Fu scagionato e cominciò a girovagare decidendo quasi per riparare alla colpa
del delitto commesso, di diventare completamente uno scrittore. Visse a Città del Messico, Londra, Parigi, Berlino, Tangeri e viaggiò alla ricerca dello Yage, una liana dalla quale si ricava un potente allucinogeno, in America latina, spinto in quanto antropologo dallo studio degli effetti della droga sull’organismo umano nonostante la sua potente assuefazione. Esperienza dalla quale scaturirà il libro: Lettere dello yage, un epistolario tra Burroughs e Ginsberg che ne descriverà il resoconto. Tentò molte volte di disintossicarsi, ma i sistemi medici proposti non erano efficaci, finché non assunse l’Apomorfina, una sostanza inibente dell’eroina usata dal Dottor John Dent di Londra, accompagnata da forme di suggestioni elargite con parole propositive a livello subliminale. Sostanza che tuttavia non venne mai messa in commercio. Molte saranno le pagine da lui scritte a proposito dell’induzione alla droga da parte del governo stesso. Ebbe il suo primo successo letterario con il libro concernete la droga: La scimmia sulla schiena, uscito a Tangeri nel 1953, seguito da Checca e da Il pasto nudo, riconosciuto come il suo libro più famoso. Negli anni settanta ritornò a New York dove lavorò come insegnante e nel 1983 si trasferì a Lawrence dove visse fino alla morte provocata da un attacco cardiaco. Scrisse circa una ventina di testi tra libri e saggi. Nel 1983 ottenne la nomina dell’American Academy and Institute of Art and Letters e nel 1984 il riconoscimento dell’ordine del Arts e des Lettres dalla Francia. Si interessò di filmografia e di musica, collaborando con personaggi quali Laurie Anderson, i REM, gli U2 e improvvisandosi come attore nel film: Drugstore Cowboy di Gus Van Sant. Fu lo scrittore di fantascienza J. G. Ballard a dire che Burroughs si poteva considerare il più grande scrittore americano dopo la seconda guerra mondiale e Norman Mailer lo definì l’unico che si poteva meritare l’appellativo di genio.
Bibliografia citata
La scimmia sulla schiena, ed. BUR Checca, ed. Adelphi Il pasto nudo, ed. Adelphi Sterminatore, ed. Sugarco Porto dei santi, ed. Sugarco Ragazzi selvaggi, ed. Sugarco È arrivato Ah Pook, ed Sugarco Interzona, ed. Sugarco Le ultime parole di Dutch Schultz, ed. Sugarco La scrittura creativa, ed. Sugarco La macchina morbida, ed Adelphi Il biglietto che esplose, ed. Adelphi Nova Express, ed. Adelphi Le città della notte rossa, ed. arcana Strade morte, ed. elliot Terre occidentali, ed. elliot La febbre del ragno rosso, ed. Adelphi
Il gatto in noi, ed. Adelphi