CINZIA CAPECE
Ricordi Attuali Veneziani
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Titolo | Ricordi Attuali Veneziani Autore | Cinzia Capece Immagine di copertina a cura dell’Autore ISBN | 9788867515707 Prima edizione digitale 2012
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CONTENUTO
INTRODUZIONE PITTORI RICORDATI DI PIÙ CHIESE PREFERITE DAI VENEZIANI I FRARI LUOGHI DI AGGREGAZIONE O DI RIFLESSIONE MAGGIORMENTE RICORDATI I MEZZI DI TRASPORTO PIÙ USATI DAI VENEZIANI A VENEZIA E DINTORNI RICORDI SUL CARNEVALE DI VENEZIA E MASCHERATE CARNEVALESCHE MEDIA E POLITICA: I POLITICI PIÙ RICORDATI IL VENEZIANO E IL TURISTA DETTI VENEZIANI E PAROLACCE VENEZIA È UNA CITTÀ.. DA FILM MISCELLANEA SU VENEZIA E CONCLUSIONI CONCLUSIONE BIBLIOGRAFIA
INTRODUZIONE
INTRODUZIONE
La ricerca antropologica sui Veneziani qui presentata è una raccolta di elementi riletti dopo lunghe osservazioni sul “campo”.
Non sarà qui utilizzato un gergo antropologico per il semplice motivo che questo saggio è personale e non accademico.
E’ una ricerca che ho fatto dopo aver studiato per cinque anni in Italia a Bologna e a Venezia la disciplina, ma che non vuole riproporre un metodo già conosciuto se non quello dell’intervista qualitativa un po’ modificata. Modificata come? Non vis à vis, come tutti gli antropologi sono tenuti a fare durante la loro carriera in posti sconosciuti lontani dalla loro zona d’origine o in città metropolitane anche conosciute, ma ho tentato di usare uno strumento nuovo: l’intervista “via internet”, via e-mail per la precisione. Ho utilizzato uno strumento web molto conosciuto, un social network di moda, fb, non sapendo bene o male come si usasse, ho semplicemente comunicato come sapevo comunicare, cioè facendo domande.
Il risultato è chiaramente sintetico avendo acquisito capacità di sintesi in molte delle mie attività da studente e lavorative durante i miei periodi formativi. Tutto deve essere letto con uno sguardo antropologico super partes perché è chiaro che io sia innamorata della mia città, com’è altrettanto chiaro che avendo conosciuto molte altre città e molti altri popoli, anche solo nei libri a volte, so che esiste un altro mondo all’infuori di questo analizzato. Qui però non si parla della bellezza di Venezia in sé, anche se è stata forte la tentazione di fare un trattato storicoartistico avendone le competenze, ma ho preferito lasciare le cose come stavano: attuali e antropologiche.
In parole povere: cosa fanno i Veneziani? Perché e come la pensano soprattutto della loro città? Sembrano domande semplici, arrivare alle risposte è stato sicuramente più complicato.
Ho mandato decine di mail di richiesta a chi metteva ad esempio “mi piace” sotto il mio messaggio in bacheca e acconsentiva a che io inviassi il mio questionario gratis sui veneziani dal 27 Novembre 2009. Ho dovuto sottolineare la gratuità del questionario per il semplice motivo che molti contatti non mi conoscevano di persona e potevano ritrarsi nel richiedere il questionario pensando chissà cosa. Solo in 56 soggetti hanno risposto alle 6 facciate di domande da me poste a risposta aperta e in appendice come vedrete ho scelto 39 di essi come campione. La scelta è stata data da vari fattori che poi mi sono posta come criterio. Ho altresì deciso di non pubblicare nessuno dei nomi dei partecipanti visto che per lo più mi era stato chiesto l’ anonimato e comunque la pubblicazione dei nomi non mi tornava utile allo scopo della ricerca, cioè la ricerca stessa in sé. Ed ho fatto una selezione delle risposte più significative, che comprendevano i miei interessi. Non può certo essere presa come fotografia totale dei “ricordi attuali” veneziani essendo i Veneziani circa sui 60mila e di più in giro per il mondo. D’altronde ci sono state persone che hanno portato avanti ricerche basandosi sulle testimonianze di un informatore unico, senza che questa frase sia presa come critica a nessuna delle ricerche fatte in ato dagli antropologici storici, c’è sempre e comunque chi si erge a paladino di un metodo e io non sono di queste persone semplicemente perché credo che per studiare una popolazione nel migliore dei modi o si riesce ad intervistare pedissequamente tutta la popolazione (cosa facile in zone tipo villaggi) o appunto meglio parlare di saggio metodologico o di soggetti o poche persone “X” e “Y” come campioni di un insieme cresciuto in un posto, nello stesso periodo storico, con le stesse problematiche sociali e con lo stesso “immaginario collettivo”. Ho intervistato tizio che è cresciuto in un determinato contesto sociale? Sì, ebbene, tizio ha quella sua storia e le sue idee sono sue non certo di tutta la popolazione, ma vale il concetto psichico ed antropologico dell’ambiente in cui si cresce, si vive e ci si “accultura” ma come prima cultura in questo caso. Detto ciò dico questo perché un conto è fotografare un tizio che cammina per la strada, un altro è dire che quel tizio cammina come tutti gli altri. E’ solo quel determinato ambiente che
forgia l’opinione pubblica o è un altro tipo di domanda che ci si deve porre? Secondo me è un’altra la domanda da porsi sempre stando fermi sul punto chiave: siamo tutti antropoi cioè esseri umani e pda tali ci comportiamo che sia a Venezia, che sia un’altra città. Vi incollo alla fine di questa introduzione un esempio del mio questionario che tra l’altro è stato pubblicato anche su due siti internet che troverete in bibliografia e ringrazio dell’ospitalità sia i siti che il social network sopracitato che mi ha aperto una porta alla conoscenza di persone che per la strada sarebbero state difficili da fermare e non avrei mai avuto modo di conoscere. Il mio questionario che si evince essere un inizio di approccio antropologico a un metodo poco usato prima come dicevo sopra, un metodo sicuramente poco consono ma che è stato comodo e che comunque viene usato sempre di più in vari settori statistici e disciplinari. E’ facile chiedere come stai a un tuo amico. E’ difficile pensare di poter chiedere cosa ne pensi della tua città a uno sconosciuto. Ecco in pratica il lavoro che ho svolto è stato proprio quello di chiedere a persone per lo più sconosciute che ricordi avevano della loro città e come se la vivevano socialmente e culturalmente. E anche se non tutti hanno risposto a tutte le domande poste sui 6 fogli in word e non stampati devo dire che la maggior parte mi ha incuriosita, arricchita di conoscenze attuali e soddisfatta culturalmente. Ho notato una vita consapevole degli abitanti di Venezia nella loro città e questo devo dire mi ha stupita perché l’antropologo non deve avere dei pregiudizi, ma ricordo che è pur sempre un essere umano. Avrei potuto non avere dei pregiudizi su una popolazione mai vista e mai conosciuta nemmeno sui libri, ma sono nata a Venezia e tranne che per qualche anno di studio a Bologna ho trascorso tutta mia vita a Venezia e per questo motivo pur non volendolo ammettere all’inizio qualche pregiudizio mi restava del mio personale vissuto ato. E’ questo che ho fatto, ho dato fiducia a persone che non conoscevo e mi hanno dato una chiave di lettura nuova del mio stesso tessuto sociale che con o senza pregiudizi di fondo quello è: un’isola formata da tante isole e zone limitrofe come ampio Comune. Spezzo qui una lancia a favore delle ricerche antropologiche sul proprio territorio per chi ha la fortuna di poterlo fare e di essere antropologo perché la conoscenza di un territorio approfondita non significa perdita di sé a priori per poterla fare non è necessario, mi si i il termine antropologico lo “spaesamento”, ma anzi a volte semplifica almeno il poter interloquire con i toni giusti e senza per forza dover chinare la testa “ o sembrare troppo curiosi dove di curiosità ce n’è ma non è una curiosità nata dalla non conoscenza. Sono tanti i miti che vorrei sfatare sulla mia professionalità ecco, questo è uno di quelli ed è per questo che mi sono permessa di portare avanti questo mio personale progetto sul mio stesso territorio. Ho chiesto, e mi pento per averlo fatto dove i Veneziani si ritrovavano ad esempio con gli amici,
io da fresca ex studentessa universitaria sapevo che la maggior parte dei giovani si ritrovava a Campo Santa Margherita, e così si evince da molte risposte, quando mi sono capitate delle risposte diverse mi sono spaesata lo stesso come se fossi andata in Cina a fare una ricerca senza sapere nulla del territorio. “Ma come non mi rispondi Campo Santa Margherita?” ecco quello che intendo per pregiudizio che decade… ed è questa la bellezza della ricerca antropologica, del fatto di essere curiosi, antropologi di dire quello che è quello che vedi quello che ti riferiscono. La tua attualità non è quella di tutti, la tua vita è una delle tante e la tua struttura sociale sebbene tu sia nel tuo stesso tessuto di appartenenza non è quella di altre 20 persone e puoi partecipare a 10 feste di laurea o di fine esame tutte e 10 nello stesso posto tutte e 10 con lo stesso rituale di “stare assieme” ma queste verranno percepite dagli altri 30 invitati (per dire un numero) in modi totalmente diversi. La percezione e l’intuizione sono fattori da non escludere a priori perché non è solo una fotografia di quello che succede, ma anche di come si sente.
Ecco il questionario che ho spedito via e-mail alle persone che l’hanno voluto accettare. Lo commento in questa sede in carattere corsivo.
QUESTIONARIO VENEZIANI : Grazie in anticipo per le risposte che darete al seguente questionario, fanno parte del mio progetto di ricerca su Venezia che mi auspico verrà pubblicato un giorno (e vi farò quindi sapere se).
SE NON SAI USARE WORD ASSA PERDER. PECCATO. Frase che richiama un approccio vis à vis quasi teatrale per creare meno tensione nell’intervistato e mettersi sullo stesso piano.
Prima mi presento io: la maggior parte degli intervistati non sapeva chi fossi. Non erano conoscenti.
Sono Cinzia Capece, sono laureata in Scienze Etno-Antropologiche in triennale, in Antropologia Culturale, Etnologia, Etnolinguistica, in Specialistica, ho la ione per la ricerca antropologica.
Sono nata a Venezia il 03/08/1983
Questionario: ho giustamente spiegato la modalità di compilazione del questionario.
per cortesia compila tutti i campi. Sono domande alcune che richiedono solo delle date altre la tua storia di vita che puoi scrivere anche tutta o rispondere brevemente, altre risposte sono sui tuoi gusti ed emozioni quindi si possono utilizzare molte parole o poche. Dipende da te.
Giorno e h. di compilazione questionario:
NOME E COGNOME:
Quando sei nato/a?
Dove sei nato/a?
Se sei nato a Venezia qual è il tuo primo ricordo della tua vita nella città?
Se non sei nato a Venezia e ci sei arrivato dopo: Che cosa ti ha spinto ad andare a Venezia e da quanto ci abiti?
Abiti a Venezia o in Terraferma?
(se abiti in Terraferma specifica dove, es. Mestre, Mirano, Chirignago, Gaggio, Marcon, Dese)
Se abiti in terraferma le domande valgono comunque: se vai ogni tanto a Venezia.
Tutte domande a risposta aperta, non ci sono cioè limiti di descrizione:
Che detto popolare ti piace di più Veneziano?
Sai parlare il Veneziano?
Che parola veneziana ti viene in mente adesso?
Che studi hai fatto?
Se hai studiato a Venezia dove?
Che lavoro fai?
Cosa utilizzi per andare al lavoro?
Che musica ti piace di più?
Ti piace l’arte visiva? Se sì preferisci quella “contemporanea” o quella “classica” (intesa quella un po’ più paesaggistica o con figure?
Che luogo di Venezia preferisci per stare a pensare a te stesso?
Che luogo di Venezia preferisci per ritrovarti con i tuoi amici?
Ti piace un luogo in particolare di Venezia?
In Inverno ti piace camminare per Venezia?
Durante le tue vacanze dove preferisci andare se devi rimanere a Venezia? (Se non ci rimani scrivi dove ogni tanto ti rechi per distrarti)
Pensi che Venezia sia una città cosmopolita? Se sì cos’ha di cosmopolita?
Pensi che Venezia sia un museo a cielo aperto? Se sì cos’ha di museo a cielo aperto?
Ti piace fotografare la città in cui vivi? Se sì cosa fotografi più spesso?
Mi dici un ricordo che adesso ti viene in mente sulla tua vita a Venezia?
Hai una Chiesa che ti piace di più a Venezia? (es Frari o Redentore etc…) Se sì perche?
Il pittore Veneziano che preferisci è:
Se hai una famiglia: vorresti che i tuoi figli rimanessero ad abitare a Venezia?
Se sì cosa pensi che dovrebbe studiare per il suo futuro?
Se no: Perché?
Pensi che il problema dell’acqua alta sia molto grave? Perché?
Un aggettivo per descrivere Venezia, il primo che ti viene in mente:
Il primo personaggio famoso Veneziano che ti viene in mente:
Il primo politico Veneziano che ti viene in mente:
Il primo evento storico che ti viene in mente:
Il primo Carnevale che ti ricordi cosa hai fatto?
Ti piace il Carnevale se sì perché?
La maschera Veneziana che ti piace di più è?
Se abiti in terraferma, vorresti abitare a Venezia?
Vai a mostre o musei? Se sì quale Museo ti piace di più di Venezia?
Sei mai stato a uno spettacolo alla Fenice?
Quale teatro veneziano ti piace di più?
Preferisci andare a teatro o al cinema?
Che cinema veneziano ti viene in mente per primo?
Quanti cinema ci sono a Venezia e quali?
Cosa ne pensi del turismo a Venezia?
Il primo ricordo che ti viene in mente di te in vaporetto:
Il primo ricordo che ti viene in mente di te in autobus:
Sei mai stato in taxi acqueo? Se sì in che occasione? Se no perché? Pensi che la vita a Venezia abbia un costo alto?
Quale film ti piace di più su Venezia?
C’è una canzone in particolare che potresti definire colonna sonora della tua vita a Venezia?
Se sì quale?
Ti piace vivere a Venezia? Se sì perché?
I tuoi nonni erano/sono Veneziani?
I tuoi genitori erano/sono Veneziani?
Hai fratelli o sorelle? Se sì quanti.
Hai figli?
Cosa fate nel tempo libero in famiglia? Vai a trovare i tuoi genitori o nonni?
Un tuo ricordo a Venezia con i tuoi nonni: (anno circa)
Un tuo ricordo a Venezia con tua mamma: (anno circa)
Un tuo ricordo a Venezia con tuo papà: (anno circa)
Un tuo ricordo d’amore:
Un tuo ricordo con i tuoi figli:
Un tuo ricordo con un tuo amico:
Un tuo ricordo con una tua amica:
Venezia ispira all’arte? Perché secondo te?
Bisogna salvare Venezia? Da cosa?
Che libro ti piace di più?
Hai amici Veneziani?
Hai amici che provengono da altre “culture”? Se sì da quali “altre culture?”
Cosa cambieresti di Venezia?
L’acqua a Venezia è pulita?
Dove preferisci andare a mangiare? (in che sestiere di Venezia)?
Pensa a te a Venezia:
Il primo nome di calle che ti viene in mente:
Il primo nome di donna che ti viene in mente:
Il primo nome di uomo che ti viene in mente:
Cosa pensi della storia di Casanova?
Cosa pensi di Marco Polo?
Ora se vuoi raccontami un po’ la tua vita a Venezia in 5 6 o 20 righe.
Ora se vuoi raccontami un po’ l’esperienza più bella che hai vissuto a Venezia in quante righe vuoi.
Ora se vuoi dimmi cosa pensi manchi a Venezia.
Ora se vuoi dimmi come vedi il tuo futuro a Venezia.
Infine:
Venezia è la città più romantica del mondo?
Venezia è la città più bella del mondo?
Quale città ti piace di più nel Mondo che hai visitato?
A cosa compareresti Venezia?
Quando devi raggiungere un luogo e hai solo il sestiere e il numero civico come fai a raggiungerlo? Descrivi l’iter che utilizzi per andare dove non sei mai andato. (chiedi a qualcuno, fermi per la strada tutti, non chiedi a nessuno e guardi la mappa etc..)
Se sei andato all’Università di Venezia che cosa ti rimane della tua esperienza universitaria?
Pensa un attimo a Venezia: cosa provi? Un aggettivo o un’emozione che riguardi il tuo pensiero sulla tua vita a Venezia.
Grazie per aver partecipato al questionario.
Quest’ultima è stata una giusta richiesta che bisogna fare a tutti gli intervistati anche a quelli che di solito vis à vis si riprendono. Comunque la mia decisione è stata non pubblicare nessun nome.
NB. IN CASO DI FUTURA PUBBLICAZIONE IO POSSO PUBBLICARE ANCHE IL TUO NOME E COGNOME SOLO SE TU VUOI.
TU VUOI RIMANERE ANONIMO O VUOI CHE PUBBLICHI IL TUO NOME? (SCRIVI: PUOI PUBBLICARE IL MIO NOME- non puoi pubblicare il mio nome)
Grazie per la tua attenzione. Cordiali Saluti. Cinzia.
Detto ciò avevo finito le domande, le richieste e le precisazioni.
Come si può notare sono domande che lette in ordine possono sembrare od apparire un po’ ripetitive; in realtà di ripetitivo hanno solo il fatto che chiedono come una persona si orienta a Venezia e come vive la sua città o i suoi ricordi con la sua città, nulla di più nulla di meno. E’ vero che il fatto che siano molte ha precluso la risposta di tutte le domande a molti che non avevano trovato né voglia né tempo di leggerle fino alla fine, ma ciò non significa che non sia un’ottima prova su come si possa far emergere i propri ricordi attuali o ati sul proprio tessuto sociale. Chi ha avuto l’accortezza di scrivere e leggere fino alla fine ha individuato spesso che molte cose le aveva già descritte semplicemente perché essendo le domande a risposta aperta il soggetto intervistato ha potuto spaziare a piacimento su cosa dire, cosa omettere e su cosa puntare dei propri ricordi che in libertà sono riaffiorati esattamente come se chiacchierasse con una persona presente in quel momento se non di più. Chiarisco: a volte è più facile essere sinceri con questo metodo, quello per cui ogni barriera di timidezza o di espressioni facciali, corporee non viene notata. Nessun imbarazzo nel rispondere, nessun pregiudizio. Molti non sapevano nemmeno che tipo di fisionomia avevo o che carattere, nessun tentativo da parte di nessuno reciprocamente di farsi accettare. Semplicemente rispondere a delle domande, che possono sembrare una serie di domande poste in una chiacchierata fra conoscenti, domande leggere ma che lasciavano la massima libertà di esprimere sia il proprio parere personale su dei fatti, sia i fatti stessi. Qualcuno
potrebbe obiettare che la domanda sul problema dell’acqua alta sia posta in malo modo, io rispondo subito che una buona percentuale di persone hanno risposto (come a tutte le altre domande cvd) come la pensavano sulla questione, molto spesso anche che il problema non era poi tanto grave se è da anni che c’è e ci si convive tranquillamente. Altri invece proprio perché ci convivono e devono lottarci hanno anche spiegato perché non ne possono più. Ricordo che le domande le ho poste tutte ad adulti più che maggiorenni e con delle loro idee ben radicate su ogni questione aperta, anzi devo dire che molte delle risposte hanno insegnato a me cose che proprio non avevo assolutamente notato della vita veneziana. Su Venezia come città ci sarebbe tanto da voler ancora sapere e capire, la sua magia. Il suo fascino, il fatto che molti l’abbiano descritta proprio con le parole usate per promuoverla turisticamente come “è magica, è unica” etc.. etc.. anticipando alcune delle cose che ho notato leggendo i questionari ed analizzandoli. E’ magica è unica è sicuramente una di quelle città che ti lasciano spaziare, pensare di essere anche in epoche antiche se si sa sognare, pensare di poter immergersi quotidianamente in un “museo a cielo aperto” (altro cliché). Venezia è stata comunque descritta dagli stessi veneziani come una città da amare, il suo mistero, la sua unicità è racchiusa nelle sue pietre nei suoi angoli. Anche se si vive giorno dopo giorno nella modernità, come molti dei centri storici italiani è una città d’altri tempi, con la sola differenza che non serve imporre delle zone pedonali per preservarla nell’aspetto “antico”. Queste “chiacchierate veneziane” mi hanno fatto capire come l’amore per la città in cui nasci o in cui vivi possa continuamente essere rinnovato da un senso civico di partecipazione al proprio ambiente cittadino e in effetti anche lo strumento che ho usato per raccogliere contatti per la mia ricerca, un noto social network oggi in voga, mi ha spalancato le porte delle ancor di più a quello che avevo intuito di mio: cioè che anche in questa città c’è voglia di interagire e il così detto “individualismo” che fa parte delle grandi metropoli o delle realtà dispersive può essere facilmente contrastato dalla creazioni di scopi comuni, di mete da raggiungere, di gruppi che a Venezia sono nascenti o esistono e che comunque non mancano. In Fede. Cinzia Capece.
Venezia vista da me Cinzia Capece
PITTORI RICORDATI DI PIÙ
Nella storia a Venezia sono ati tanti pittori: si pensi alle numerose corporazioni di lavoratori di artisti e artigiani che nel corso dei secoli hanno prodotto numerose opere per committenti, illustri e non.
Venezia, come Milano, Firenze, Roma e altre capitali culturali Europee è sempre stata al centro di scambi artistici, scuole diverse di pensiero e di commercio e sono altresì molti i pittori Veneziani che sono andati all’estero per parte della loro vita e tornati con nuovi sguardi sull’arte, l’hanno sempre più ampliata con nuove prospettive. Ricordiamo il Canaletto o il Guardi ad esempio (il primo molto citato nelle risposte date all’interno dei questionari), ancor oggi ospitati in mostre, sia temporanee sia permanenti, in numerosi importanti musei e centri culturali, contemporanei o meno, come quelli presenti a Londra, città che è stata spesso rifugio culturale per molti di questi autori.
Stranamente, mi è saltato subito all’occhio che molte risposte si sono soffermate nel ricordare un pittore che, sì, può essere considerato Veneziano per acquisizione, ma non per nascita: Tiziano Vecellio. Tiziano Vecellio era nato a Pieve di Cadore e non a Venezia; ho notato che sono stati pochi quelli che hanno specificato la sua “adozione” in Venezia ma non è un dato su cui mi soffermerei più di tanto, visto che la presenza delle sue opere in loco possono farlo risaltare di più alla mente, piuttosto che un Longhi ad esempio (epoca 1700). D’altronde per essere ancora più precisi, Pieve di Cadore era compreso come Paese nella Repubblica Serenissima fino ad un certo periodo. Nello specifico il Vecellio morì poi a Venezia.
A livello turistico sono stati molti i pittori che per un motivo o per un altro hanno acquisito fama dal loro aggio sul territorio veneziano, e penso a ragione sia successo anche a Tiziano, il quale, è fuori dubbio, si è fatto però “un nome” per suoi meriti. Si dice che il rosso Tiziano sia scaturito da un suo ricordo in Laguna, legato ai colori delle foglie degli alberi di montagna in autunno. Questo tipo di malinconia ha dato lustro al suo stile e al suo nome per sempre.
Ho notato che tra gli intervistati, sono stati in pochi coloro che citano l’arte contemporanea come “prima scelta” nei “ricordi artistici”, lo trovo interessante, vista comunque la presenza massiccia di arte attuale che, vuoi per la Biennale d’Arte, vuoi per la grande quantità di gallerie d’arte presenti nel territorio, dovrebbe far “girare lo sguardo” sull’arte contemporanea. Invece molto spesso le risposte hanno privilegiato l’arte considerata “canonica” o “classica”, paesaggistica e ritrattistica, per lo più appunto con la citazione preponderante di artisti come Tiziano o Canaletto; l’arte contemporanea risulta poco apprezzata dai Veneziani che hanno risposto alla domanda : “Quale pittore Veneziano Famoso ti piace di più?”. Di contemporaneo è stato ricordato Emilio Vedova, forse per la sua recente scomparsa, forse perché è stato aperto uno spazio a suo nome per esporre le sue opere, forse semplicemente perché il suo nome è circolato recentemente.
Sono solo ipotesi, resta ancora a me oscura questa predilezione per l’arte “datata”, visto appunto il fatto che strutturalmente la città si sta rivolgendo sempre più verso tendenze culturali meno “antiche”. Quello che individuo è un certo attaccamento di fondo ad uno stile di “propaganda”, cioè a uno stile che richiama l’ideale della bellezza canonica, l’ideale di paesaggio acquatico, l’ideale di territorio di epoche ate, vivibile anche dentro un quadro che richiama lo splendore, uno splendore solo paesaggistico, uno splendore delle forme, dei vestiti, della potenza data dalla perfezione, dall’innaturale connubio fra colori splendenti e colori cupi che in natura non esistono se non nelle foto satellitari. Quello che piace di più è l’evidente richiamo fotografico, una pseudo scoperta dell’antico attraverso il dipinto che fa credere come tutto possa essere rimasto immutato nei tempi, che fa sognare di essere lì e non altrove in un chiaro rimando a quello che però si sta vivendo in quest’epoca. Non è facile capire se molto spesso siano stati ricordati pittori per lo più per sentito dire, o perché sono
quelli più rinomati nel mondo o perché sono quelli che bene o male si studiano in quasi tutte le antologie scolastiche, e con orgoglio nel territorio, arrivati a certi personaggi molto spesso si pensa: “questo è uno di noi”… e non è chiaro se la risposta sia stata data per sentito dire o per ioni e reale conoscenza insite negli intervistati, ciò che conta per il conteggio e quello che se ne evince, è un attaccamento forte a chi è riuscito a dare di Venezia un’immagine perpetuabile nel tempo, come il Canaletto ad esempio.
Canaletto le cui tele sono più grandi rispetto a molte tele della sua epoca, e qui già si comprende che l’intento del pittore era orientato verso il maestoso e il propagandistico che non un semplice paesaggio da appendere ad una parete. Questa maestosità piace, è piaciuta ed è rimasta in mente sino ad oggi esattamente come quella che evoca il “rosso Tiziano”, un rosso che tutti sanno esistere, un rosso che rimanda alla mente le simbologie di potenza dei vari re, imperatori, dello scialle del doge, ma che come ho scritto prima con il secolare non aveva invece nulla a che fare, ma piuttosto ispirato dalla natura. Sta di fatto che il detto “rosso Tiziano” l’abbiamo un po’ in mente tutti, è rimasto anche questo fra i banchi di scuola per aiutare anche a capire che Tiziano aveva mutato modo di percepire un colore, il suo rosso è solo suo, poi fu imitato da molti, ma da lì nasce, dal suo rapporto fra i suoi ricordi e la sua permanenza in città veneziana, lontano dalle foglie dei suoi alberi di montagna, a voler quasi indicare che la nostalgia è riuscita a produrre un colore eterno, esattamente come in eterno Tiziano viene comunque riconosciuto parte dei nostri beni culturali e richiama alla vivacità.
Anche se di vivace nel rosso Tiziano c’è ben poco se non l’arte creativa di aver inventato un modo d’espressione di un colore naturale che prima non esisteva ed averlo adoperato per colorare anche artefatti e non solo paesaggi naturali. Canaletto, Tiziano, Vedova sono stati i pittori più ricordati all’interno dei questionari, mentre per altre motivazioni, in molte domande si estrapolano altri tipi di interessi per vari artisti (sempre veneziani o parte della vecchia Repubblica Serenissima più ampia): Tintoretto, Giorgione, Luigi Nono, sono alcuni degli altri autori ricordati dai molti che hanno partecipato alle interviste scritte, a volte ancor prima di arrivare alla domanda in questione spontaneamente richiamavano fra i loro interessi e ricordi questi grandi della storia dell’arte e
spiegavano anche dove li avevano per la prima volta incontrati sul loro “cammino culturale”.
La maggior parte delle reminiscenze derivava da percorsi fatti in città anche casualmente, dove l’intervistato spiegava che recandosi in chiesa aveva potuto notare la bellezza di alcune tele o di alcuni affreschi di uno o più pittori famosissimi nel campo dell’arte. Molte volte addirittura una o più chiese alla domanda “ che chiesa preferisci?”, sono state scelte attraverso il canone di bellezza interna, cioè attraverso il ricordo di una pala o un affresco o un dipinto. Quasi con orgoglio alcune persone hanno specificato l’importanza di abitare in una città che offre la possibilità di conoscere dipinti e opere che altrimenti senza viaggiare non si potrebbero mai vedere, se non nei libri di storia dell’arte.
C’è un orgoglio nell’essere e sentirsi parte di un territorio che offre simili vantaggi culturali, e qui, dovrei astenermi dal dare un’opinione personale, ma condivido totalmente questo entusiasmo.
Ho citato quindi uno dei criteri che ha fatto decidere agli intervistati quale sia la Chiesa veneziana preferita da un Veneziano. Andiamo nel dettaglio.
CHIESE PREFERITE DAI VENEZIANI
Chiesa dei Tolentini
Facciata Chiesa Degli Scalzi
La chiesa preferita da chi ha risposto a questo questionario scritto è la Chiesa dei Miracoli
Calle dei Miracoli (in parte alla Chiesa dei Miracoli)
Che in realtà oscilla nel computo con quella della Salute e quella dei Frari.
Sono altri però gli indicatori che fanno capire come comunque la “Zona Salute” sia fra le più apprezzate nel territorio. “Zona Salute” così definita a volte da molti per il ricordo del “pellegrinaggio” alla Madonna Della Salute del 21 novembre di ogni anno; la zona Salute che è presente molto spesso nelle risposte alla domanda “che luogo preferisci per riflettere a Venezia?”. La Chiesa della Salute è conosciuta per essere stata edificata per proteggere i Veneziani dalla peste che appestava la città marittima, un po’ come il “Redentore”, chiesa edificata per la stessa motivazione e la cui festa continua a svolgersi ogni anno alla metà di luglio, come ringraziamento per la liberazione da una piaga diffusa e comune in una città che ospitava navi partite e tornate da molte vie marittime e navali nell’epoca della Serenissima.
I FRARI
Santa Maria dei Frari
Un’altro dei luoghi sacri spesso citati, mentre stranamente la Basilica di San Marco è poco “gettonata”, forse perché oramai è diventata più di una Basilica sacra, è uno dei simboli e dei musei della città.
Questo forse potrebbe succedere nell’immaginario collettivo per altre zone o anche per altre città “abitate” più che dai cittadini stessi, dai turisti. Dovrei fare un raffronto con Milano (Duomo), Bologna (San Petronio) o altre località per poter azzardare tale ipotesi con più forza. D’altronde queste sono le chiese rimaste in mente o per la bellezza architettonica, o per la pianta diversa da altre (come la Madonna della Salute ricordata per la pianta circolare), o per la presenza di qualche pala o pittore famoso o per la maestosità che le caratterizza anche se non sono le principali. Un’altra teoria che mi sovviene è che molti dessero per scontato San Marco come Basilica e che si siano addentrati nella loro “cultura del ricordo”, una cosa è certa: molte chiese sono state ricordate in quanto parrocchia della persona che ha risposto, ovvero chiese ancora frequentate abitualmente, come ad esempio la chiesa di San Sebastiano o della Bragora.
Un ‘altra è stata citata, quella della Pietà, perché non ancora in balìa del turismo sfrenato che a volte può rovinare anche momenti di raccoglimento o culto.
Una persona ha anche citato una chiesa, quella di Santo Stefano, perché ne aveva fatto il guardiano e così fra ricordi di vita vissuti e devozione reale, sono state molte le chiese ricordate dai veneziani, chiese maestose, chiese che richiamano uno spirito culturale, artistico ed a volte musicale, visto che sono molti i concerti che vi si tengono (ai Frari ad esempio), chiese che come un po’ in tutto il mondo occidentale, non sono solo atte a luogo di culto ma anche ad ospitare eventi tra il sacro e il mondano.
Chiesa e Scuola di San Rocco
Chiesa della Misericordia
LUOGHI DI AGGREGAZIONE O DI RIFLESSIONE MAGGIORMENTE RICORDATI
Molto spesso le risposte dei Veneziani sono andate in una direzione univoca: Venezia è molto bella, è tutta da vedere, tutta da camminare, tutta da amare, tutta da vivere e così la sua Laguna, barca possedendo, “perdendosi “ fra le sue isole.
Venezia è da vivere… navigandola…
Santa Margherita è stato il luogo più citato come ritrovo giovanile, l’”Erbaria”
Ponte di Rialto, dietro l’angolo a sinistra “zona Erbaria”
per il ritrovo con amici, giovani e meno giovani, e i vari Campi sono (ad es. Campo San Bortolo) come luogo di aggregazione e primo ritrovo per poi andarsene in giro altrove, più quindi come luogo di incontro momentaneo che non come luogo di “ritrovo stabile”.
Prima di indagare maggiormente questi aspetti scopriamo la difficoltà maggiore che può incontrare chi non è di Venezia: capire dov’è e dove andare. Il percorso, in due parole.
Questo problema esiste anche per gli stessi Veneziani più giovani che non hanno ancora memorizzato tutte le strade, che non hanno in mente un determinato punto di riferimento richiamato da altri, che in pratica non conoscono tutti i punti di riferimento che la città di Calli e Campielli propone.
In teoria basterebbe (come pensano molti turisti osservati ad esempio) una mappa, in pratica, come in altre città si chiede dove andare, a Venezia è quasi un obbligo.
Mi chiedo sempre il perché di questo, anche ad intuito è quasi ovvio:
Venezia è un labirinto, una città detta a “forma di pesce”, insomma, è una città circolare, semicircolare in vari punti, lineare ma non troppo in altri - è come ritrovarsi in continue rotatorie che si sa, non è facile percorrerle se non si conoscono. La numerazione secondo il mio modesto parere conta poco, perché
potrebbe essere tutto numerato come nelle altre città (di fatto Venezia ha due numerazioni e non è come le altre città) ma in realtà anche una nuova numerazione non credo servirebbe molto ad aiutare il giovane Veneziano a trovare ad esempio un punto di Dorsoduro
Zona Dorsoduro: Zattere
o Cannaregio, o un turista a trovare un Hotel X. Bisogna sempre dire: vicino ad un monumento che però bisogna già conoscere - sopra il ponte di X… ma bisogna già sapere dov’è il ponte - vicino al negozio che vende X… ma bisogna sapere in che strada è… non è facile se non conosci Venezia sapere dove andare e come.
La soluzione? Percorrere le strade il più possibile, ripeterle e ricordarsele, ma a volte anche sapendole a memoria si può essere ignari di qualche nuovo negozio o nuovo ente o nuova sede o nuovo hotel, ed è allora che uno pensa di usare la mappa, alcuni Veneziani la chiamano correttamente “lo stradario”, ma poi si ritrovano a dover chiedere informazioni a negozi, a gondolieri, a anti.
E meno male che a parte il ponte nuovo non si costruiscono nuove calli, altrimenti immagino lo sconforto.
E’ difficile mantenere un calmo senso dell’orientamento, quello che succede il più delle volte è che ci si perde per Venezia anche se ci si abita da una vita e questo è anche romantico a volte, quando c’è la nebbia e porta ad un senso di meditazione certamente, altre è un motivo di sconforto se si arriva in ritardo da qualche parte o se si aspetta qualcuno che non trova il posto indicato sulla “cartina”. Sono molti i “foresti” a dover chiedere informazioni anche ai Veneziani che sono un po’ stufi di sentirsi in dovere di conoscere inglese, se, tedesco, cinese, giapponese, sanscrito, arabo, solo per tentare di essere gentili con il turista medio che nemmeno si sforza di parlare italiano e di accettare le informazioni stradali nella lingua del Paese dove va. Bisognerebbe per assurdo inventare un navigatore portatile solo dedicato a Venezia, che illustri il percorso a piedi.
Questo è un punto certamente a favore del Veneziano medio che pur di andare incontro alla “clientela cittadina” cerca di imparare anche le lingue altrui, a volte anche in maniera maccheronica e per questo magari si sente deriso, o vede le facce stranite dei turisti che continuano a non capire dove devono andare e perciò molto spesso ci si avvale dei buoni e vecchi, ovunque riconosciuti “gesti” di indicazione sulla mappa, per poter andare incontro alle richieste più disparate di informazione e anche a volte con enorme difficoltà; a Venezia, come detto, si cammina con punti di riferimento derivati dalla propria esperienza personale di vita quotidiana, più che con punti di riferimento universali che continuano ad essere comunque i palazzi, i monumenti, le chiese, le statue conosciuti dagli “stranieri”.
Il problema è che molte volte una statua che tutti i veneziani sanno dov’è, conoscono, ne sanno dire anche la leggenda o la storia dell’edificazione, non è una statua che Americani o Cinesi o Inglesi o si o Tedeschi conoscono. Questo piccolo dettaglio rende difficile la comprensione della città, del paesaggio, e dei punti di arrivo o ritrovo per molti turisti smaniosi di vedere la città in meno di un giorno. Molte volte li ritrovi a Piazzale Roma che ti chiedono come fare per arrivare in Piazza San Marco, andrebbe tutto liscio se prendessero un bel vaporetto e ci andassero così senza troppi intoppi… no, loro vogliono sapere esattamente la strada a piedi per arrivarci… più di rispondergli “avanti verso sinistra e poi a destra” non è che si possa fare, anche perché, come rinomato, non vi è in nessun luogo o città a pianta complessa, un’unica via o strada che porti in un tal posto e a Venezia le strade si intersecano, girano e rigirano più che in altri centri storici.
Molto spesso per chi non conosce il tragitto, che sia un turista o un Veneziano che si reca da qualche parte per la prima volta, è necessario chiedere “a tappe” informazioni, in bar, ostarie, ristoranti, edicole, negozi di souvenirs e ai gondolieri che stanziano vicino ai canali per accogliere turisti. Ho intervistato un gondoliere un po’ di tempo fa in Strada Nuova e la mia ultima battuta è stata: “ dovrebbero pagarvi per dare informazioni”… visto che il loro lavoro non sarebbe quello di dare informazioni cartografiche, ma si sa, tutti i Veneziani per
fortuna sono gentilissimi e dedicano il loro tempo anche ad andare incontro alle richieste più disparate se ne hanno la possibilità, a meno che non si incontri quello che ha già dato mille informazioni in mezza mattinata ed esasperato, ti mandi in un posto che non è proprio quello che cercavi.
Ovviamente ci si arriva comunque alla meta, con qualche ritardo e come ironia del destino ci insegna, a volte l’informazione errata si dà a chi tempo da perdere a fotografare piccioni svolazzanti non ne ha.
Ho parlato del vaporetto che molti turisti dovrebbero prendere per evitare di perdersi, infatti è vero, molti lo prendono, ma poi scesi si perdono lo stesso.
Questo è normale, anche un Veneziano può perdersi sceso dal vaporetto, ma ai turisti che non conoscono per nulla la città succede più spesso; ed è tutto un salire ed uno scendere dal mezzo, da una parte e dall’altra a meno che non si sia accompagnati da qualche “Cicerone” o da qualche guida turistica.
I MEZZI DI TRASPORTO PIÙ USATI DAI VENEZIANI A VENEZIA E DINTORNI
Cartina della navigazione mezzi pubblici esposta vicino agli imbarcaderi
Come spiega Marc Augé (famoso antropologo) nel suo libro “Un etnologo nel metrò”, ognuno di noi ha i propri ricordi e percezioni anche solo legati al nome di una fermata (in quel caso del metrò di Parigi); lo cito qui perché sarebbe interessante fare un bello studio sui ricordi personali dei Veneziani nel vaporetto, o in autobus, o a piedi per le calli. E’ un po’ quello che ho cercato di fare con varie domande nel mio questionario ai Veneziani che hanno risposto, ho chiesto loro se avessero dei ricordi sugli autobus (il primo ricordo) o simili, ma per indagare la storia dei ricordi personali ci vorrebbe uno studio continuativo e vis à vis preferibilmente. Comunque, tirando le somme non sono bellissimi i ricordi che la maggior parte dei Veneziani hanno dell’autobus, in quanto molti di loro ricordano l’odore di sudore o la calca (calca sta per la massa di persone) che più in piedi che seduti prendono il mezzo. Detto ciò uno si potrà chiedere “scusa.. dove ano gli autobus a Venezia?”, rispondo subito: la maggior parte dei Veneziani va a piedi a Venezia, prende poco il vaporetto a meno che non debba fare enormi spostamenti o la spesa, visto che in tutte le stagioni i vaporetti sono pieni di turisti e risultano ostici e scomodi e non spiccano certo per la puntualità in tutte le fermate (devono far fronte a molti imprevisti i “vaporetti”, anche ovviamente ai turisti che in massa scendono e salgono quindi il tempo, di 10 minuti in 10 minuti, in realtà si può ampiamente ampliare per queste cause… di forza maggiore…) e quindi i Veneziani (cosa che non dovrei giudicare ma definisco tranquillamente ingiusta), vengono poco tenuti in considerazione come cittadini “attivi” di una città, e ivamente si ritrovano per forza a scegliere la via più salutare per carità, ma anche più faticosa (magari dopo 8 ore di lavoro)… andare a piedi molto più spesso di quanto farebbero.
Tabella Oraria vicino agli imbarcaderi (linea ½ /N per Notturno in questo caso) sponsor di una lattina lasciata sopra il lettore Imob.
Da Venezia a Mestre in Autobus vista binari e cavi ferrovia, e Laguna
I Veneziani prendono l’autobus per spostarsi sull’isola del Lido ad esempio, o per recarsi negli uffici o sedi pubbliche distaccate a Mestre (e zone limitrofe) o a Marghera e via dicendo. Quindi la maggior parte dei Veneziani usa per forza di cose i trasporti pubblici o i propri piedi, sono veramente pochi quelli che possiedono un’ automobile per recarsi da Piazzale Roma in terraferma, anche perché per molti è superfluo spostandosi poche volte all’anno.
E’ una questione molto difficile quella dei mezzi di trasporto, perché da una parte uno può pensare: “hanno le barche private”, dall’altra la realtà è diversa. Non tutti possono permettersi la barchetta (che secondo la sottoscritta sarebbe indispensabile a volte), non è solo un discorso prettamente economico, ma come per i parcheggi delle auto, in città mancano proprio i punti di sosta per le barchette private nei punti essenziali della città.
D’altra parte se tutti avessero la barca, i vaporetti e le “gondoete” non erebbero più e forse un controllo sui parcheggi è a questo punto una buona soluzione per lasciare in fondo tutto così come sta.
Ed ovviamente in caso di sciopero, se uno lavora in terraferma o a Burano o a Murano, deve scegliere tra il non recarsi al lavoro e il dover avvalersi di ingenti risorse economiche per pagarsi un taxi acqueo.
E anche qui.. forse è meglio telefonare al capo visto che, come da risposte, il taxi si prende di solito per casi eccezionali, come funerali, matrimoni, e aggiungo io.. ospedale se non ci sono ambulanze disponibili.
E’ complesso capire come tutti riescano a recarsi al lavoro a Venezia da una zona all’altra, per chi non possiede un negozio sotto casa i tragitti non sono proprio dei migliori e felici, a volte ci sono masse di turisti che ostacolano il flusso, tutti se ne fanno una ragione, perché le calche di persone sono di più in occasioni come il Carnevale o la Salute e insomma… durano relativamente pochi giorni, che sono i giorni comunque di maggiore afflusso monetario nelle tasche dei commercianti. Per chi non possiede negozi e deve per forza di cose essere puntuale perché commesso o impiegato, anche in quei giorni deve ad esempio svegliarsi ore prima per trovarsi puntuale.
Questo vale anche per chi si reca a scuola o all’università. Chiaramente sono tutte cose che si mettono in conto se una persona vive a Venezia o ci va per lavorare dalla terraferma; si sa che i tempi di percorrenza non sono dei più veloci e ci si “prende per tempo”.
Con un bambino in carrozzina è molto ostico e poco veloce spostarsi a causa dei ponti, per non parlare dei problemi di chi ha difficoltà di deambulazione o non cammina proprio, che spero risolveranno sempre di più anche nella città dei ponti. Non è mai una questione di comodo la lamentela, molto spesso le giuste lamentele derivano da esperienze di vita e devono essere prese un po’ più in considerazione, quando giuste e poco invasive ed atte ad andare incontro alla comunità e non ad una sola persona.
Vaporetto
Si può pensare che se una città è comunque moderatamente grande da poterla percorrere a piedi piuttosto che usando altri mezzi, sarà anche di facile comprensione e visitabile velocemente da chiunque. Ma qui è un errore madornale pensare che ad esempio un Veneziano la possa conoscere tutta (a meno che da 40 anni tutti i giorni non faccia solo quello, cioè visitare la sua città, cosa molto fantascientifica visto che nel corso di una giornata si devono fare molte altre cose). Venezia per conoscerla non basta una vita, è un detto chiarissimo che io qui sottoscrivo pienamente perché è ricca di angoli sconosciuti anche per me che posso dire di averne visto almeno tutti i musei e non per una volta sola… ma per essere davvero esperti di Venezia bisognerebbe conoscerne tutte le Chiese e tutte le pale e i quadri e gli affreschi contenuti nelle sue chiese e tutte le parrocchie e i mattoni delle case e tutte le calli (senza perdersi mai..) e tutte le sue isole che a loro volta contengono immensi regali della storia, anche quelle che di solito esulano dal canonico circuito turistico. Mi viene in mente una mia esperienza personale, quella di scavi al Lazzaretto Nuovo ad esempio (l’isola dove venivano confinati gli appestati intorno al 1500), ecco, lì vicino c’è Sant’Erasmo e un po’ più in là Burano: Burano la conoscono (quasi) tutti, Sant’Erasmo?
Facile ricordare qui, che sono molte le guide turistiche a Venezia e molti sono i percorsi che si possono creare in base ai gusti del turista che vuole conoscere una parte piuttosto che un’ altra della storia dell’arte ad esempio, o avvicinarsi ad un certo periodo storico che ha segnato la città tralasciandone altri e via dicendo.
Come detto però conoscerla tutta per filo e per segno è un compito arduo se è la città che vivi e non la città che puoi studiare per una vita intera o magari, azzardando.. più di una vita attraverso un’équipe. Anche se Venezia venisse studiata da un’intera équipe sono pochi quelli che potrebbero conoscere tutti gli scritti o gli spostamenti di Veneziani illustri come quelli spesso ricordati all’interno del questionario: Casanova, Marco Polo, Vivaldi, Carlo Goldoni e via
dicendo. Una delle maschere di Carnevale veneziana più ricordata dopo quella del medico della peste è la “bautta”. Qui c’è veramente poco da dire perché dovrei aprire un altro libro sui significati delle maschere Veneziane e il Carnevale nel corso dei secoli cosa che in molti hanno già tentato di fare, ma alcune dritte posso darle.
RICORDI SUL CARNEVALE DI VENEZIA E MASCHERATE CARNEVALESCHE
Maschera di Arlecchino dipinta sui pannelli del mercatino del carnevale veneziano 2010
Come si sa il Carnevale è nato durante l’avvento del Cristianesimo per sostituire alcune feste pagane. Antropologicamente sono sparsi un po’ su tutto il pianeta abitato dall’essere umano, feste che implichino uno scambio di ruoli tra potenti e non potenti, capi e sudditi e via dicendo. Carne Vale.. cioè in poche parole mangiare carne o più semplicemente “addio Carne” perché se n’è mangiata parecchia, è un rito per poter sfogare la “repressione” la “frustrazione” interiore che può derivare da una vita quotidiana vissuta in rigide routine e ruoli.
A Carnevale ci si sceglie il ruolo che più si ama, dal medico della peste, alla colombina, alla bautta, all’Arlecchino al Pantalone. Si va dalla Commedia Italiana alle maschere tipiche della “venezianità”.
A Venezia il Carnevale era molto sentito quando ci si poteva mascherare per 6 mesi all’anno per non essere riconosciuti in giro per le calli, almeno fino alla fine dei fasti della Repubblica con l’avvento di Napoleone nel 1797, poi il rituale si è ridimensionato e il Carnevale viene comunque celebrato tra la fine di gennaio – e l’inizio di marzo (secondo il calendario di ogni anno), nel periodo freddo dell’anno.
Molti Veneziani intervistati hanno citato come loro maschera preferita la maschera del medico della peste che è una di quelle maschere intramontabili, legate alla storia della peste a Venezia e che ha la particolarità di essere riconosciuta tra tutte per la forma strana, col naso lunghissimo. In epoche ate non era certo solo una maschera di Carnevale, per il divertimento… anzi, si indossava proprio (e con il naso così lungo) perché era una maschera per evitare il contatto e non venire contagiati dagli appestati durante i tentativi di soccorrerli; dentro il lungo naso si poneva un fazzoletto pieno di profumi ed erbe
per far sì che fero da “filtro” contro il mortale virus. Per quanto concerne la veneziana “bautta”, essa è molto ricordata in quanto spesso esposta per l’intero anno fuori dalle vetrine dei negozi di maschere, ma in epoche ate era una delle maschere apprezzate perché consentiva di parlare e mangiare meglio, per la sua forma che lasciava anche agli occhi la sua parte.
A Venezia da subito nacquero i “maschereri”, addetti a creare maschere e la città continua ad essere famosa per le sue creazioni di costumi. Ancor’oggi è un rituale che dura tutto l’anno quello di confezionarsi il vestito di Carnevale e per un anno si cuciono perline e si creano vestiti nuovi per il Carnevale dell’anno dopo. E’ un’arte di poche persone ma è rimasta nella tradizione. I vestiti di Carnevale canonici, come quelli che si vedono nelle fotografie famose costano migliaia di euro (non meno di 1000, o se vogliamo, dai mille in su) e per questo molte brave sarte tradizionali se li confezionano da sole. A volte si preferisce noleggiare il tutto.
Le stoffe preziose una volta solo a portata dei nobili, ora con sacrificio si possono comunque indossare.
Nella cultura del Carnevale di Venezia ci si può vestire come si vuole, ad oggi se non si possono fare enormi sacrifici ci si veste da un po’ di tutto, ma le maschere più gettonate sono sempre quelle che si vedono nelle vetrine dei negozi, le mascherine sugli occhi fatte con perline cucite con pazienza, di legno e altri materiali. Molti usano vestirsi col tricorno del doge, molti altri semplicemente da fantasmi con lenzuola addosso, poi si sono immerse nella cultura carnevalesca anche le maschere dei supereroi dei “nostri tempi” e del “nostro immaginario collettivo”: così è facile vedere bimbi vestiti da batman, paperino, topoline e pokemon e molti altri personaggi dei cartoni animati o dei fumetti.
Il trucco di Carnevale proposto da ragazze e ragazzi dell’accademia delle belle arti in bancarelle preposte a chi non si può permettere una maschera o a chi la ritiene scomoda, è un “must” in certi giorni dove per non sfigurare ci si fa
truccare in qualunque modo basta che sia ricco di brillantini. Non mancano le canoniche maschere “scambio di genere”, uomini che si vestono da donne e viceversa.
Consiglio anche di andare a visitare Ca’Rezzonico dove un intero affresco mostra alcune maschere italiane dell’epoca e di visitare Venezia sia in periodo carnevalesco che fuori dalla massa del Carnevale, per godersi di più una certa tranquillità e perché a Venezia si può camminare tutto l’anno sognando il periodo di Carnevale, basta pensare di abitare nel 1700 o nel 1300 e un po’ di sogno ad occhi aperti; la naturale struttura senza macchine e metropolitane porta a potersi immedesimare in epoche più tranquille. O quasi. Vi propongo delle foto del Carnevale del 2010, posso confermare che è da una decina d’anni che bene o male le feste che si fanno nei Campi e nei campielli sono simili, c’è musica in un Campo (ad esempio Campo San Luca), ci sono feste letterarie organizzate in un altro (ad esempio a Campo San Maurizio). Piazza San Marco è sempre la Piazza dove inizia tutto con il volo della Colombina, si inaugura solitamente alla domenica poi tutto finisce il martedì grasso (prima c’è il giovedì grasso che di solito è appunto il giorno che inaugura un lungo weekend di bagordi).
Un tempo in piazza San Marco al giovedì grasso si ammazzavano un toro e dodici porci per simboleggiare la vittoria del Doge sul Patriarca di Aquileia, simbolicamente il toro era il patriarca e i dodici porci i suoi dodici canonici, ma le simbologie carnevalesche sono cambiate.
Sì, le simbologie Carnevalesche sono cambiate ma ricordiamoci che un po’ in tutti i Carnevali nelle città italiane ci sono carri parodistici del potere contrastato di turno e oggi più democraticamente dell’”antipatico” di turno, del personaggio più chiacchierato o in vista.
Sul Carnevale e i suoi rituali di liberazione si è parlato tanto. Vorrei però qui ricordare una mia osservazione da bambina, quando ero piccola mi ricordo che in mezzo alla folla festante di Piazza San Marco in un angolo, sotto Palazzo
Ducale c’era una vecchietta che chiedeva la carità.
Sì perché c’è la festa dell’opulenza ma c’è sempre un rovescio della medaglia e certe feste fanno sempre risaltare di più i veri problemi che anche durante il carnevale attanagliano la società. Magari bastasse un Carnevale di frittelle (fritoe) per poter essere soddisfatti di tutto.
Le foto che seguono mostrano e dimostrano come un po’ di pioggia possa per un po’ infastidire i festeggiamenti ad un’ora poco tarda (sette di sera), ma assicuro che verso mezzanotte, luoghi come campo Santa Margherita ed altri Campi pieni di musica e luoghi di ritrovo ad hoc per la festa siano comunque pieni di persone festanti e mascherate da carnevale, indipendentemente dalle condizioni meteo.
Devo anche sottolineare che prima e durante tutto il periodo del Carnevale ci sono molti cartelloni e manifesti che segnalano il tema del carnevale dell’anno, e questa è un’altra particolarità dei carnevali moderni cittadini, ad esempio nel 1997 era stato tutto dedicato a Casanova, questo del 2011 alle donne veneziane, quello nelle foto (2010) ai sensi, e le “trovate” per ogni anno sono spettacolari e sempre tutte una sorpresa.
Locandine Carnevale di Venezia 2010: Zona Accademia.
Maschera Medico della Peste cammina vicino a Rialto e San Bortolo (calle per andare verso San Bortolo, alla sua sinistra il Centro Telecom)
Infine..
Il dinamismo dell’immagine ricorda pur sempre che a Venezia si cammina e per non perdersi nemmeno un secondo del carnevale si scattano le foto più disparate anche in movimento. Qui decido di pubblicare questa dove nessuno è riconoscibile e che comunque presenta delle tipiche maschere che si possono facilmente incontrare, quelle comprate nei negozi di maschere, tutti sparsi in giro per la città.
MEDIA E POLITICA : I POLITICI PIÙ RICORDATI
Dai questionari mandati ai Veneziani che gentilmente hanno risposto alle mie domande è apparso chiaro che il politico più ricordato è stato (l’ex) sindaco Massimo Cacciari. Il sindaco – filosofo come dicevano e dicono ancor’oggi i media durante le sue numerose ospitate televisive.
Cacciari andava spesso infatti a parlare in vari programmi televisivi e veniva interpellato su argomenti politici non solo riguardanti Venezia. Ai tempi in cui scrivo c’è il nuovo sindaco Orsoni che nel 2009 nelle risposte non era mai stato citato, infatti non era ancora tempo di elezioni, ma era stato citato Brunetta per il suo ruolo governativo.
Alla mia domanda a risposta aperta e diretta:
Quale politico veneziano ti viene in mente ? sono stati ricordati anche personaggi politici storici, che hanno fatto la storia di Venezia (vd. tabella in appendice), e personaggi della “vecchia” politica. Sta di fatto che a livello mass mediale l’ex sindaco Cacciari è stato per anni sotto i riflettori anche dopo il mandato essendo un filosofo e non solo un politico di professione. Questa è una mia riflessione più ampia che dimostra come oramai il ruolo dei mass media faccia parte del circuito politico e di immagine di qualunque personaggio che diventa famoso: egli viene ricordato anche grazie ai continui richiami in televisione, e oramai anche su internet.
IL VENEZIANO E IL TURISTA
Il rapporto che emerge dai questionari con la città, i cittadini e i turisti non è dei migliori. Se Venezia è una città da salvare, sembra che sia da salvare non tanto dal fenomeno dell’acqua alta che la martoria, ma più che altro dalla sua stessa fonte di guadagno: cioè il turismo. Ovviamente non sono le persone a disturbare il Veneziano, ma la problematica maggiore, come si capisce un po’ da tutta la mia analisi è quella degli spostamenti e dei trasporti che non sono adatti a consentire una vita adeguata in una città che comunque deve essere dinamica, al o con i tempi lavorativi e degli uffici e allo stesso tempo però deve anche garantire relax e romanticismo al turista che da Venezia stessa si aspetta meno affanno e più “o da lumaca”. Accodarsi ad una fila di turisti a Carnevale (ma anche in quasi tutti i periodi dell’anno) non è il massimo della quiete, accodarsi ad una fila di turisti che bloccano il aggio perché pieni di ombrelli in una giornata di pioggia in una calle stretta è tutto tranne che divertente e rilassante. Venezia vive un equilibrio instabile fra queste dinamiche, fra sorrisi di vero piacere quando arrivano i turisti a comprare, consumare, soggiornare nelle strutture alberghiere, ed il Veneziano residente, quello che non possiede negozi, hotel, o simili, quello che non si arricchisce col turismo, non ci campa per lo meno; è quello più scontento, quello che è portato un giorno o un altro a trasferirsi in terraferma per poter vivere meglio la sua quotidianità e il suo spostamento verso tutti gli uffici e le aziende che a loro volta si stanno spostando, verso le sedi operative dell’economia. Chi ha la fortuna di abitare e lavorare a Venezia deve maturare una pazienza sconosciuta a molti abitanti, azzardo dire forse esagerando, di tutto il globo.
Perché Venezia no, non è quieta, è da vivere, bisogna camminare velocemente per poter andare da una luogo all’altro e se non lo si fa, non si arriva in tempo e molto spesso ad impedire questo cammino verso scuole, università, uffici, ospedali, medici, negozi di primo consumo, o anche “baretti” per riposarsi dal duro lavoro, sono proprio quelli che portano denaro alle casse cittadine. Tant’è. Una bella gatta da pelare.
DETTI VENEZIANI E PAROLACCE
Sarò breve, ogni Veneziano mi ha tirato fuori bene o male un detto diverso dall’altro e ci sono libri specializzati sui proverbi e plichi sulle parolacce da osteria, qui mi preme solo ricordare il “di moda”:
“Ghe sboro” che mi è stato citato e mi è rimasto molto in mente perché lo sento ovunque con la sua variante meno colta, “Ghe sbiro”, più “campagnola” diciamo… che è semplicemente un “accidenti” ma che richiama l’atto dell’eiaculazione.
Poi ci sono varie parole veneziane ricordate dagli intervistati, tutte fra il colorito e quella che definirei figlia di una cultura un po’ invadente e impicciona. In fondo è pur sempre una piccola città: “marantega” che indica una donna brutta e cattiva, in poche parole una strega; “mona” che richiama la vagina in termini anatomici ma significa che una persona è stata sempre è un po’ torda, imbecille insomma, e “putana”, questa di più facile comprensione nella lingua italiana, d’altronde nel 1700 a Venezia di bordelli ne fiorivano e nascevano a non finire, era in fondo un porto di mare.
Detti rinomabili ricordati:
Prima de Parlar tazi, questo è un detto che molti di noi hanno sentito, non solo col significato di pensare prima di parlare ma proprio come vera lezione di vita visto che a volte si dice una cosa e molto probabilmente verrà ingigantita da qualcun altro, e visto che spesso è meglio stare zitti per non fare brutta figura su un argomento di cui non si sa nulla o per non essere presi per.. rompi uova nel paniere.
Un altro detto molto significativo del concetto di giudizio acuto è :
Chi parte mona torna mona, che significa che se una persona non riesce a fare le cose in un posto sicuramente non vi riuscirà nemmeno in un altro posto, ma molto più nello specifico essendo Venezia rinomata come città di mercanti, i più sponsorizzati dalle autorità sicuramente riuscivano a fare commerci migliori, i più furbi anche, i più mona no.
Un detto interessante che si può ricollegare a molte vecchie storie, come ad esempio quelle descritte da Casanova nelle sue memorie è:
dove ghe xe campane ghe xe puttane. Questo può stare certo a significare una vecchia leggenda storica romanzata, cioè quella che le monache un tempo non avevano molta vocazione di essere in clausura; d’altro canto a Venezia è pieno di campane, di campi che fanno parte di parrocchie, qualche prostituta in zona la si trovava per forza visti i fiorenti postriboli di cortigiane locali. E qui dopo il detto precedente è facile ricollocare a Venezia la mania quasi smodata del mal pensiero e dei pettegolezzi, basti pensare a un detto tale:
Se tutti i becchi portasse un lampion, ti sa che illuminasion che sta ad implicare la credenza secondo cui le donne maritate possano avere un certo “andazzo” all’interno della coppia. Ma qui spezzo una lancia contro dicerie che sono state da sempre create ad hoc in una società maschilista per secoli e secoli, dove comunque la donna vista come peccatrice cronica non ha mai creato un detto all’incontrario: se tutte le “becche” portasse un lampion etc… etc… perché comunque il “costume” maschile è sempre stato più ben visto, anche in questa zona aperta all’altro. Evidentemente il genere femminile è sempre stato considerato in senso negativo e i pettegolezzi sono sempre stati ben ascoltati ed hanno portato al proliferare di detti in questo senso. Pensare meglio no? Comunque è un detto ancora in voga.
Ghe xe più giorni che luganeghe è un detto che chiaramente si rifà alla tradizione popolare, quando il popolo non aveva molto da mangiare se non la polenta e qualche pesce; la luganega è la salsiccia e il detto sta ad indicare che con difficoltà si riusciva ad arrivare a mangiare bene per tutto l’anno. Questo è ovvio anche nella bella e ricca Venezia, che tanto ricca non è mai stata se non per quelle poche… famiglie in vista e aristocratiche che, come storia ci insegna, si sono arricchite a spese dei meno abbienti.
Tagia Tabarri è più che un detto un epiteto che si dà a un uomo solitamente, ma anche a una donna di brutto carattere che taglia i tabarri appunto, cioè i mantelli, in poche parole, che disturba sempre le intenzioni di qualcun altro.
Tira più un peo dea mona che do buoi e restando sempre sul filone eroticosessuale ecco un altro detto ricordato nelle interviste, un detto molto comprensibile che sta a significare che in pratica fa più successo una bella ragazza che usa il suo potere di bellezza, che non un poveretto che fa di tutto per farsi strada con onestà e sudore, facendo il mestiere di contadino che tira l’aratro con i suoi unici averi. Peo de mona: pelo di mona, mona nell’accezione di vagina. E qui si capisce che di nobile il detto ha ben poco.
Chi bei vol parer el culo ghe ga da doer : Il detto sta a significare che per diventare o apparire belli si deve soffrire, el culo ghe ga da doer, significa che deve dolere di deretano.
Dopo questa carrellata di qualche detto citato nelle risposte dei veneziani devo dire che ancor oggi se ne sentono veramente tanti parlare utilizzando questi detti, in giro per la strada e non è difficile incappare in persone che parlano più a parolacce che a lingua normale. Comunque anche questo è costume e non si può certo rinnegare per snobismo. Molti detti anzi sono più istruttivi di qualsiasi altri “aforismi” che riteniamo più culturalmente elevati e che vanno tanto di moda.
VENEZIA È UNA CITTÀ.. DA FILM
Di Fronte a uno dei cinema veneziani rimasti.
Venezia è una città vivibile, abbiamo visto con che difficoltà ma ancor oggi si va avanti, è una città che deve essere rispettata e a volte amata più di altre di più recente costruzione. E’ sempre in restauro, con uno sponsor o con un altro.
E’ sempre sotto i riflettori del turismo e questo per molti è un bene, anzi ringraziano i turisti che vengono a dare lavoro ai pochi che ancora riescono ad averne uno serio qui, spesso perché possiedono già qualche attività. Ma quelli turistici non sono gli unici riflettori. Mentre facevo il questionario era il periodo in cui si girava a Venezia il film: “The Tourist”… guarda caso, ma nessuno l’ha citato fra i film che si ricordava di aver visto, anche perché doveva ancora uscire nelle sale.
A Venezia c’erano tanti Cinema, tutti ricordati dalla maggior parte degli intervistati, oggi molti vanno solo alla videoteca Pasinetti, e al Giorgione, il più citato, anche se si rimpiangono il Rossini e l’Accademia.
Il teatro è frequentato, la Fenice poco, ma viene ricordata (costa troppo), una o due volte nella vita si va…
Tanti sono stati i film girati a Venezia, sembra un set che va bene per tutte le epoche, si è girato “Il mercante di Venezia”, “Casanova”, “Il Giovane Casanova” ancor prima di quello americano, il “Casanova”, Fellini ne ha fatto una macchietta triste, altri lo hanno fatto vedere come un eroe, quale nell’epoca della donna sfruttata era oltretutto (ma questo è un altro discorso); “Pane e Tulipani” di Soldini è stato il più gettonato, poi “Quello con Sordi” molti hanno detto, “dove faceva il gondoliere”.. insomma, “Venezia, la Luna e tu” in un solo titolo.
“Morte a Venezia”, famoso ma forse un po’ troppo d’essai per essere ricordato, il triste e toccante “Anonimo Veneziano” di cui penso tutti ricorderanno la colonna sonora.
Sì, sono tanti i film a cui Venezia ha dato e continuerà a dare il proprio “esistere” come set e sono anche questi film che a volte fanno ricordare quando si cammina il luogo dove sono stati girati: “toh, guarda il ristorante di Anonimo Veneziano” e via dicendo. Strano che nella città della Mostra del Cinema abbiano chiuso così tanti sale cinematografiche. D’altronde la vita non è un film.
MISCELLANEA SU VENEZIA E CONCLUSIONI
Come abbiamo visto Venezia è una città amata dai propri abitanti o da chi la conosce da tutta la vita, ed è anche una città complessa per quanto riguarda la sua vivibilità al o con i tempi contemporanei.
Traghetto Gondola (San Samuele San Tomà)
Come d’uso in varie città turistiche e non, gli innamorati lasciano il loro ricordo d’amore o attraverso incisioni su cortecce di albero o su muri o pareti, o attraverso i più comuni lucchetti sui ponti… e qui di ponti ce ne sono tanti…
Uno dei ponti Veneziani con ricordi d’amore sotto forma di lucchetti.
Non solo ricordi d’amore sotto il cielo di una città così gettonata dalle coppie e per i viaggi di nozze o fidanzamento, ma anche altri ricordi storici si riscontrano nelle sue “vie”. Vediamo alcuni esempi:
Effige per vittime San Giacomo Da l'Orio
Come si vede in “Effige per vittime”, come l’ho chiamata, una delle tante targhe e targhette incastonate nelle pareti dei palazzi o delle case private o pubbliche che siano, si trova un ricordo storico, in questo caso è la giornata delle donne, 8 marzo, in altri Venezia è costellata di targhe che ricordano “qui visse Carlo Goldoni”, “qui nacque tal dei tali” ecc… ecc… sono molte le targhe e molto visibili, più che in altre città che ne sono prive o che semplicemente si percorrono con altri mezzi, a Venezia a piedi è più facile osservare. Effigi e capitelli di Santi o Madonnine.
Una delle icone di Madonne e Santi sparse per la città. Madonna col Bambino.
La Storia con la S maiuscola, quella fatta da uomini e i capitelli del “sacro”, sempre fatti da uomini ma con rimandi alle diverse religiosità presenti sul territorio.
Effige Zona Ghetto per Adolfo Ottolenghi.
Non solo simbologie di vecchie corporazioni quindi, non solo vecchi metodi di misurazioni o altre simbologie sparse per tutta la misteriosa città lagunare, ma anche più concretamente ricordi religiosi di una fede che perdura o di un credo che resta immutato che sia sacro, profano o che richiami l’attenzione sui molti personaggi che hanno contribuito a creare la fama di Venezia nel mondo.
A Venezia sono presenti anche molte zone verdi:
Giardini Papadopoli (particolare interno)
e luoghi per rilassarsi non mancano di certo, non solo “verdi”, ma anche permeati di cultura, come ad esempio i numerosi teatri che ospitano sempre opere di un certo livello internazionale e che danno lustro a questa città che ha bisogno di ancora più arte, anche se sembra essa stessa un’apoteosi di storia, arte, musica, cultura e teatralità.
Anche se resta la sua anima commerciale.
Calle Verso Teatro Goldoni
Bancarelle in Lista di Spagna, particolare.
Come nella maggior parte delle città a Venezia si vendono anche beni di consumo, sono numerosi i luoghi dove Veneziani e non, possono acquistare dalla frutta all’abbigliamento.
Non è facile capire che il costo della vita è un po’ più “salato” rispetto ad altre città anche solo a causa dei mezzi di trasporto utilizzati per poter trasportare una merce da una parte all’altra, ma tutto sommato chi ha bisogno solo di un po’ di cibo può ancora farcela e “tirare un po’ la cinghia”, altrimenti la maggior parte degli abitanti di Venezia fanno grandi scorte di spesa in terraferma nei “centri commerciali”, che sono stati i primi a poter dare la possibilità al Veneziano medio di poter fare la “spesona” e tenersi le scorte in frigorifero.
Scorte che nel momento della crisi diventano un po’ meno per tutti e a volte l’offerta sotto casa può essere migliore, altre volte no.
Dipende comunque da prezzo del trasporto e delle bollette da pagare come in tutte le città del mondo anche e non solo per il compratore.
Abbiamo visto che la maggior parte dei Veneziani di Venezia vivono una vita pressoché normale e semplice all’interno di una città incantata e che porta ad avere una pazienza fuori dal comune, e ad un senso di pace che solo chi sa cosa vuol dire il rumore del traffico cittadino può cogliere. I Veneziani sono sempre meno in città a causa degli elevati costi degli immobili e della ristrutturazione e della manutenzione che essi richiedono continuamente e che con stipendi non fissi e garantiti sono costi duri da mantenere e potersi permettere; la maggior preoccupazione dei Veneziani rimasti è quella di poter restare nella loro città o
almeno nelle zone limitrofe.
Non ho notato particolare attaccamento al luogo per quanto riguarda le aspettative future, per i propri futuri figli che a detta di molti Veneziani con la mente aperta: “possono andare dove vogliono”.
Certo che potendo scegliere, sarebbe d’altri tempi poter pensare di stare tutti nello stesso luogo, ovviamente resterà chi troverà un lavoro che possa offrire per lo meno un futuro. Futuro che attualmente sembra sorridere a poca gente. Ma anche questa è la crisi.
Da che mondo è mondo chi già è “inserito” ha più facilità a restare inserito, chi ha tanti soldi va dappertutto e come cita un detto che è anche in tabella (vd tabella in appendice)
“chi parte mona torna mona”.
CONCLUSIONE
Mi ci sono voluti due anni per raccogliere tramite i nuovi strumenti internet i questionari sui Veneziani, mettere in ordine le cose, calcolarle, fotografare Venezia (con 1200 e più scatti) nelle sue parti quasi mai toccate se non da veri amatori, e chiarirmi le idee in modo antropologico. Come metodo è stato sicuramente un metodo canonico di “osservazione partecipante”, non ho dubbi sul fatto che qualche pregiudizio l’avevo prima di iniziare e anche nel mentre ponevo le domande, devo dire che per la prima volta molti pregiudizi che già non avrebbero dovuto esserci, sono caduti dopo la ricerca sul campo.
In meno di due anni mi sono crollate le convinzioni e le idee sulla città e i suoi cittadini che mi ero fatta in quasi 27 anni di vita (all’inizio della ricerca 25). Come antropologa sono anche una persona e come persona che abitava il luogo, ho vissuto un po’ in un’idea che Venezia fosse un “Paesotto”, una piccola città piena di quelle cose che succedono un po’ in tutte le città: pettegolezzi, chiusure mentali, poca disponibilità, e via dicendo. Invece intervistando con questo metodo le persone mi sono resa conto che c’è apertura, vero cosmopolitismo, molto sense of humor, persone aperte al confronto, aperte all’accettazione e all’errore. No, non è un “paesotto”, non è una cittadina di poco conto, non vi è più pettegolezzo che non vi sia anche in alcuni quartieri di metropoli, Venezia è una Signora città e se prima da non antropologa avevo qualche pregiudizio, proprio questa ricerca antropologica un po’ fuori dal comune mi ha fatto capire che non c’è miglior palestra per un antropologo che iniziare dalla destrutturazione delle proprie cognizioni preconcette, partendo dallo studio del proprio “back yard”. Cinzia Capece.
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SITI UTILIZZATI
www.venessia.com
www.facebook.com e tutti i gruppi correlati a Venezia che ho sulla mia pagina e anche che non ho
Ho utilizzato e ringrazio in particolare:
Il sito dei Quaranta per Venezia http://40xvenezia.ning.com/ che per primo ha pubblicato il mio questionario On-Line.
Il sito beavecio.com che l’ha pubblicato dedicandomi una pagina.