Alessandro Cola
SCOPERTA FINALE “ Il segreto di David Krupp”
Uno speciale ringraziamento al Maestro Silvano Agosti, senza il suo incontro ed i suoi consigli non avrei mai scritto questo libro.
1.>UNA NUOVA AVVENTURA 10
2.>LA SQUADRA DI KRUGER 34
3.>LA GRANDE FORESTA 48
4.>LA CITTA’ SEPOLTA 58
5.>IL GENERALE GUTIERREZ 88
6.>UN MISTERO INATTESO 102
7.>UN IMPREVISTO DOLOROSO 113
8.>RICHIESTA D’AIUTO 125
9.>SCOPERTA FINALE 178
A Diego, il mio primo fan
Qualsiasi riferimento a fatti o persone è puramente casuale, alcuni luoghi citati nel romanzo sono frutto di pura fantasia.
1.>UNA NUOVA AVVENTURA
David Krupp era sdraiato sul divano immerso nella lettura di un fantastico libro di spionaggio, era caldissimo quei giorni ad Amsterdam ed alla TV gli esperti del meteo avevano annunciato che questa sarebbe stata l’estate più calda degli ultimi cinquanta anni. Il condizionatore che aveva installato nella sala da qualche giorno aveva smesso di funzionare ed un po’ di refrigerio lo riceveva dal vecchio ventilatore che aveva preso in cantina e che teneva ininterrottamente. L’ufficio assistenza gli aveva promesso l’intervento di un tecnico al più presto possibile ma nonostante l’interessamento di una gentilissima segretaria, David non aveva ancora visto nessuno. Il camlo della porta cominciò a suonare. (Chi poteva essere? ) si domandò. In cuor suo sperava nel tecnico del condizionatore ma l’orario era abbastanza insolito. Si alzò controvoglia dal divano e andò ad aprire la porta. “Ah, sei tu” disse David con aria stupita “come mai da queste parti?” Davanti a lui c’era Marco, un suo carissimo amico avvolto in un bagno di sudore. “Abbiamo una nuova pista, dobbiamo partire subito” disse Marco sottovoce come se avesse paura che qualcuno lo stesse ascoltando. David si spostò e gli fece cenno di entrare. Chiuse la porta ed alzò un po’ il volume dello radio che in quel momento trasmetteva American Woman di Lenny Kravitz. “ Cosa ti offro?” gli chiese mentre si avvicinava al frigobar che era vicino al divano; non era molto grande ma sempre ben fornito. “ami una birra, ho la gola arida come un deserto” disse Marco mentre si ava la lingua tra le labbra. Andarono in cucina e si misero seduti sui due alti sgabelli che David aveva acquistato pochi giorni prima in un mobilificio vicino
casa, erano bellissimi, struttura in acciaio con seduta e schienale in pelle color rosso, l’ideale per il suo appartamento ultramoderno situato al primo piano di un palazzo settecentesco nel centro di Amsterdam. Non era molto grande ma l’ideale per quando si trovava in città per lavoro. La sua magnifica villa alla periferia di Amsterdam era in ristrutturazione ed i lavori sarebbero terminati a marzo dell’anno seguente, giusto in tempo per trasferircisi dopo il matrimonio. La sua fidanzata, Sandra, era sempre stata contraria all’acquisto di quell’appartamento che si trovava nella parte vecchia della città, nel quartiere Oude Zijde appena dietro il red light discrict e non vedeva l’ora di sposarsi per poterlo così vendere. Ne parlavano spesso ed a volte con toni molto accesi, anche se lei cercava di non far trasparire emozioni per David era chiaro che quell’accanimento era dovuto alla gelosia. Come avrebbe potuto David tradirla?
Anche se era un bell’uomo poco più che quarantenne, alto un metro e novanta e sempre in gran forma, i tempi in cui era conosciuto come un playboy erano finiti il giorno in cui Marco li fece incontrare in un ricevimento benefico allo Stedelijk Museum. David gli fece una corte spietata dal primo momento che la conobbe. Notò subito che non era come tutte le altre che si sarebbero gettate ai suoi piedi. Non si era mai trovato in una situazione simile con una donna ed il comportamento di Sandra lo intrigava molto. David dovette aspettare a lungo prima che lei accettasse di uscire con lui. Un’ attesa ben ripagata, finalmente ad un età abbastanza matura poteva dire di aver trovato la donna della sua vita. Sandra era la donna che aveva sempre sognato, anche se non si vedevano molto a causa dei rispettivi impegni di lavoro erano veramente una coppia affiatata ed innamorata. Il matrimonio sarebbe arrivato dopo circa quattro anni di fidanzamento, la casa era già in costruzione quando David durante una cena al ristorante Vinkeles gli chiese se voleva sposarlo. Sandra accettò immediatamente e con entusiasmo ma volle una promessa da David, voleva diventare mamma al più presto. Marco si sedette accanto alla finestra , si accese una sigaretta appoggiando poi i gomiti sul tavolo. “Dimmi tutto” disse David incuriosito. “ Mi ha contattato il nostro amico dal Perù, vuole che lo raggiungiamo al più
presto” L’ amico in Perù era il cognato di Marco, un loro socio in affari da diversi anni. Non era la prima volta che li chiamava e tutte le volte gli avevano sempre fatto buoni affari. Juan Pinilla, così si chiamava, non li avrebbe mai cercati se non per qualcosa di veramente importante, sapeva bene come la pensava David ed era grazie alle sue intuizioni che Juan poteva vivere nel lusso. Aver conosciuto gli olandesi era per lui come aver vinto il primo premio alla lotteria nazionale. Juan era soprattutto legato a Marco non solo perché erano diventati cognati, ma aveva nei suoi confronti una forte riconoscenza da quando lui e David lo salvarono, una decina di anni prima, da una sicura condanna a morte. Juan non aveva pagato un debito di gioco in una bisca clandestina di Lima e mentre aveva una pistola puntata alla fronte Marco riuscì a salvargli la vita. Per chiudere la faccenda dovettero pagare diecimila dollari americani come risarcimento di un vecchio debito di quattromila dollari contratto da Juan. Dopo questa disavventura Juan che era il loro contatto in Perù divenne anche un loro amico e gli olandesi cominciarono a frequentare la sua casa. Diverse volte tornarono in Perù sempre ospitati da Juan nella sua fattoria che ormai era diventata il loro quartier generale. Quel ragazzo era troppo importante per loro, anche se ancora acerbo e scavezzacollo David vedeva in lui un ottimo investimento. Gli altri non ne erano molto convinti, in un anno Juan non gli aveva fatto fare nessun buon affare anzi gli aveva procurato solo guai. Fu compito di Marco fare in modo che quel ragazzo diventasse un uomo e non deludere le aspettative del gruppo.
Marco in quel periodo si era innamorato della bellissima Monica, la sorella di Juan, si erano sposati dopo pochi anni di fidanzamento andando a vivere ad Amsterdam. “E’ sicura la fonte?” disse David “Dubiti di Juan?” rispose Marco con tono infastidito. “Di Juan? Assolutamente no. Chiedevo solo da chi aveva avuto la soffiata” “Questo non me l’ha detto” rispose mentre dalla sua bocca usciva il fumo
della Philip Morris “forse da qualcuno che lui paga in cambio di informazioni, posso solo dirti che erano anni che non sentivo Juan così eccitato” “Mmmmm se mi dici così è sicuramente qualcosa di grosso, quando pensi di partire?” “Due giorni al massimo” “Due? Non ti sembra di essere un po’ precipitoso” disse David “Non sei sempre stato tu il primo a dire che appena avuta un’informazione da una fonte sicura bisogna agire al più presto?” ribatte prontamente Marco. David non rispose e si avvicinò al lavandino “Hai avvisato Max e Lia?”chiese David mentre si sciacquava il viso, l’acqua fresca era un tocca sana per contrastare quell’afa. “Non ancora, appena saputo sono venuto da te” “Ok, pensa ai biglietti. Li avviserò io.” Muy bien” rispose Marco spegnendo la sigaretta e alzandosi dallo sgabello si diresse verso la porta. Max e Lia erano due carissimi amici e compagni di ogni loro avventura. Tutti e quattro si conoscevano dall’età di sei anni quando iniziarono le scuole, fin da bambini erano sempre insieme vedendosi anche il pomeriggio per giocare, e per studiare una volta cresciuti. Le loro famiglie abitavano nello stesso quartiere così per loro era molto facile vedersi. Frequentarono insieme tutte le classi fino al termine del liceo ma poi ognuno scelse la propria facoltà all’Università di Amsterdam. David si laureò in architettura, Marco in Legge, diventando un buon avvocato, mentre Max e Lia si laurearono in ingegneria informatica. Loro due sembrava vivessero in simbiosi, non potevano fare a meno uno dell’altra, si fidanzarono all’età di tredici anni e la loro unione non intaccò mai l’amicizia con David e Marco. David prese il cellulare che era in carica vicino allo stereo e chiamò Max.
Sperava in una risposta positiva, ma non ne era completamente sicuro. Max sicuramente non aveva problemi con il lavoro dato che faceva il programmatore e lavorava in proprio alla periferia di Amsterdam dove aveva ricavato un piccolo ufficio nel seminterrato della sua villetta, confinante con quella dove David si sarebbe trasferito dopo il matrimonio; più difficile sarebbe stato per Lia che lavorava per una multinazionale farmaceutica svizzera. “Pronto” rispose Max con quel suo tono di voce inconfondibile, sin da bambino aveva sempre avuto una voce abbastanza roca. “ Ciao Max sono David, i da me?” lui sapeva già che qualcosa bolliva in pentola e doveva essere leggermente eccitato. “ Certo tra una mezz’ora dovrebbe tornare Lia e veniamo subito da te” David non si era sbagliato e il tono di voce del suo amico lo confermò. “Ok a dopo”. Riagganciò e posò nuovamente il telefonino vicino allo stereo, neanche il tempo di arrivare sul divano che il telefono cominciò a squillare. Era Marco. “ Li hai sentiti?” “Si tra mezz’ora sono da me” rispose David. “ Ok fammi sapere subito così mi metto al lavoro. Ciao” Finalmente David poté tornare sul divano. Mentre aspettava i suoi amici non prese il libro ma si rilassò ascoltando un cd ed in breve si addormentò. Lo squillo del camlo della porta lo svegliò, gli sembrava di aver dormito un’eternità, guardò l’orologio a led che proiettava l’ora sulla parete della sala, ma erano soltanto le cinque e dodici, erano ati soltanto quaranta minuti, ma sufficienti per sentirsi abbastanza riposato. Si alzò dal divano sapendo già chi poteva essere prese la canottiera nera che aveva lasciato sulla sedia e l’indossò mentre si dirigeva verso la porta. “ Ciao ragazzi” disse salutando con un bacio sulla guancia Lia e poi stringendo
la mano a Max. I due amici entrarono e si accomodarono sul divano mentre David apriva il frigobar per prendere tre birre, non poteva mancare la Corona, per loro era come una droga, andò in cucina per tagliare tre spicchi di limone, li infilò nelle bottiglie e tornò in sala. “Dicci tutto” chiese Lia mentre David gli ava la bottiglia. “ Ho visto Marco un’ora fa, il nostro amico in Perù l’ha contattato, sembra sia una pista sicura” “ Per quando?” “ Due giorni al massimo” rispose appoggiando la birra sul tavolo. Lia si alzo di scatto dal divano “ Cristo!!!” disse con aria stizzita guardando Max “devo chiamare subito in ufficio” prese il telefono dalla borsa e andò in camera da letto. “ Spero non gli facciano problemi” esclamò David “Conoscendola se gliene faranno li manderà a quel paese. Non rinuncerebbe mai ai nostri viaggi” disse Max con un ghigno mentre sentivano Lia discutere al telefono senza riuscire a capire cosa stesse dicendo. “ Marco ne è proprio sicuro?” David rimase sorpreso, non avrebbe mai pensato che Max gli fe questa domanda. “ Lo sai che si fida ciecamente di Juan, come tutti noi del resto. Non è così?” rispose David cercando di capire se Max avesse qualche dubbio. “ Certo che è così, Juan è a posto, è come un fratello”. La porta della camera si aprì e la loro conversazione terminò. Lia uscì mentre con la mano destra si asciugava il sudore dietro la nuca sollevando i suoi lunghi capelli castani che mostravano un collo armonioso ed una semplicissima canottiera rossa che metteva in risalto le sue splendide forme, era bellissima. Lo era sempre stata fin da ragazza, ma era la donna di Max. Anche se amante delle donne ed un playboy conosciuto, David non si sarebbe mai permesso di corteggiare la donna di un suo amico.
“ Tutto ok” disse rimettendo il telefono nella borsa”hanno provato a farmi storie, ma è tutto ok, ho tre mesi di aspettativa ma posso rientrare quando voglio se dovessimo finire prima” “Lo spero davvero” disse David “Non è da te” Lia rimase incredula alle parole del suo amico “Ho promesso a Sandra una vacanza, non vorrei deluderla” disse David mentre si sedeva sul bracciolo del divano “Portala con noi, il Perù è un bel posto” disse Max “Mi piacerebbe ma il suo studio legale è stracarico di lavoro. Riusciamo a vederci a malapena in questo periodo, poi lo sapete meglio di me che non lascerebbe mai i suoi dipendenti da soli” “Conoscendola non mi stupisco” sorrise Max “Vuole spingere al massimo tutto questo mese per poter chiudere lo studio ad agosto” “Non ha tutti i torti, spero che torniamo in tempo altrimenti sono guai seri per te” I tre amici scoppiarono in una grande risata. “La cosa più importante è che noi ci siamo tutti. Per il momento preoccupiamoci del Perù” disse David tornando serio. “ Hai ragione, la squadra è di nuovo al completo” disse Max ed i tre in simultanea alzarono le bottiglie di birra facendo un brindisi. David prese il telefono e chiamò subito. “Si” rispose Marco. “Ci siamo tutti” gli disse David “Muy bien” e riagganciò
“ Noi andiamo. La partenza arriva presto. Ci vediamo domani in aeroporto” disse Lia Dovevano solo aspettare l’sms di Marco che gli comunicava l’ora del volo. Marco era incredibile, aveva agganci dappertutto, riusciva a procurare qualsiasi cosa. Non era facile in luglio trovare quattro biglietti per il Perù due giorni prima del volo, ma David, Max e Lia erano certi che lui ci sarebbe riuscito.
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“18.00” questo era l’sms che Marco inviò ai suoi amici per comunicargli l’orario del volo. Sapevano tutti cosa fare e dove era il luogo dell’incontro. David cominciò a preparare il bagaglio, prese dal ripostiglio il borsone nero ed andò in camera da letto. Aveva bisogno di indumenti non troppo leggeri dato che in Perù la temperatura massima sarebbe stata intorno ai venti gradi, un po’ di sollievo finalmente dopo tutta quell’ afa pensò. Aprì l’armadio e cominciò a riempire la borsa, non era molto grande ma riuscì a mettere il necessario, se avesse avuto bisogno di qualcos’altro l’avrebbe comprato a Lima. Chiuse il borsone e lo lasciò ai piedi del letto. Non mancava molto per l’appuntamento. Si spogliò, aveva bisogno di un bagno prima di partire, mentre l’acqua tiepida riempiva la vasca prese una birra dal frigo e tornò in bagno. Amava rilassarsi una mezz’ora nella vasca bevendo una birra ed ascoltando della buona musica. Questo metodo gli era stato suggerito da un certo Tom Gear, suo compagno di corso a New York, quando si trasferì per un master dopo essersi laureato. Vivevano nello stesso appartamento nella quinta strada. Tom era un fanatico della meditazione e qualche volta usava David come soggetto per i suoi esperimenti. Quello della vasca fu il suo esperimento di maggior successo. David lo chiamava il metodo Gear e spesso lo consigliava ai suoi amici. Sapeva che qualcuno l’avrebbe preso per pazzo, ma lui provava davvero dei benefici. Riusciva a rilassarsi, pensare, trovare nuove idee ed ogni volta pensava di non aver mai ringraziato abbastanza Tom per i benefici che aveva ottenuto da questo
metodo. Purtroppo questi momenti sembrano durare sempre poco, il tempo era trascorso in fretta, doveva andare. L’appuntamento come ogni volta era due ore prima del volo davanti al Terminal B. Per raggiungere l’aeroporto decise, come ogni volta, di prendere il treno. Dal suo appartamento doveva fare poco più di cento metri a piedi per raggiungere la stazione ferroviaria. Scese alla fermata Aeroporto dove il treno terminava la sua corsa, un tunnel con i tapis roulant lo portò all’interno del Terminal. Si diresse subito verso l’uscita e dalle vetrate vide Max e Lia che già erano arrivati e stavano aspettando sotto una pensilina per ripararsi dal sole. Mentre si salutavano arrivò Marco a bordo di un taxi. “Ecco i biglietti, andiamo” disse senza neanche salutare. Entrarono e si diressero verso il check-in. L’aereo era un Boeing 767 della KLM con partenza da Amsterdam alle ore 18.00, circa dodici ore e trenta minuti di volo per raggiungere Lima. Fortunatamente David aveva portato il libro che stava finendo di leggere, con tutte quelle ore l’avrebbe aiutato ad addormentarsi, per lui la lettura era meglio di un sonnifero. Tolse il libro dalla borsa altrimenti sarebbe finito in stiva e lo mise nello zainetto che avrebbe portato come bagaglio a mano. Fatto il check-in e ata la dogana si fermarono al bar del duty free, David ordinò tre caffè ed un cappuccino per Lia mentre gli altri cercavano un tavolo libero. “Come mai Monica non è venuta?” chiese Lia “ Ci raggiungerà dopodomani, aveva delle cose da sbrigare” rispose Marco accavallando le gambe “ha già il biglietto, non vede l’ora di riabbracciare i suoi” “Ci credo, sono ormai quasi due anni che non andiamo in Perù” disse Max “l’ultima volta facemmo buoni affari trovando quel piccolo tesoro, Juan è un tipo in gamba”
“ Si lo è, ma lo sarà di più se ci farà trovare quello che stiamo cercando” rispose Marco stringendo la tazzina. David pensò che gli si rompesse in mano vedendo le vene sul collo del suo amico gonfiarsi. “Vedrai che ci porterà a quello che cerchiamo prima o poi, l’importante è fare sempre buoni affari, e i buoni affari ci fanno vivere senza problemi” disse David sperando di far calmare Marco. “ Hai ragione, e poi è sempre un piacere are del tempo insieme ed è anche un buon modo per ricaricare le pile ” Marco posò finalmente la tazza sul tavolo. L’aeroporto a quell’ora era molto affollato, come sempre d’altronde, così non si fermarono a lungo al bar per dar modo ad altre persone di sedersi. Raggiunsero il gate e si sedettero in attesa che il loro volo venisse annunciato, David ne approfittò per andare in bagno, uscendo vide Max che eggiava nervosamente e si mise seduto vicino a Lia “non vedeva l’ora, lo conosco troppo bene” lei annuì con un sorriso. Alle 17.30 annunciarono il volo e si avvicinarono per essere imbarcati, la navetta li aspettava fuori per portarli all’aereo. Erano riusciti ad entrare tra i primi sulla navetta e dopo loro moltissime altre persone che li schiacciarono come sardine, finalmente dopo circa quindici minuti di attesa il bus partì mentre David cominciava a sentire le goccioline di sudore che gli scendevano lungo la schiena. Ad aspettarli in cima alle scale il comandante ed una bellissima hostess che gli diedero il benvenuto a bordo. I posti a loro assegnati erano quelli centrali della quinta fila, Marco era addirittura riuscito a trovare quattro posti vicino. David aspettò che l’aereo si riempisse e si guardò intorno, tutti i posti sembravano occupati, non riusciva a credere come avesse fatto Marco anche questa volta a trovare i biglietti.
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Anche se lungo il viaggio era stato abbastanza piacevole ed i quattro erano riusciti anche a riposare in modo che il fuso orario non gli pesasse troppo una
volta arrivati in Perù. Atterrarono in perfetto orario e prima di scendere le hostess consegnarono un foglio da compilare per la richiesta del visto turistico, poi i quattro salutarono il comandante e scesero dall’aereo. Il Jorge Chávez di Lima è uno dei più moderni aeroporti e con maggior traffico eggeri del Sud America. La navetta li accompagnò al ritiro bagagli, loro ormai conoscevano bene la prassi essendo stati in Perù una decina di volte. Scesero dal bus ed entrarono nella grande stanza per il controllo aporti, un grande stanzone anonimo con le pareti verde chiaro e pavimento in gres porcellanato tipo marmo privo di qualsiasi mobilio eccetto un lungo bancone situato in fondo la stanza, gli agenti doganali come al solito si trovavano dietro il bancone e davanti a loro 4 lunghe file di eggeri che ordinatamente aspettavano il proprio turno per la verifica del aporto, David ed i suoi amici si accodarono dietro gli altri turisti. La loro fila scorreva velocemente, il doganiere era un ragazzo sulla trentina di bell’aspetto che a parte qualche domanda non esitava a vistare i aporti. Marco fu il primo a raggiungere il banco e consegnò il aporto e la carta turistica. “Buona sera, qual’ è lo scopo del vostro viaggio” chiese gentilmente il militare. “Sono venuto con questi miei tre amici” disse Marco in un perfetto spagnolo “per il matrimonio di mia cugina. Mia moglie è di Cuzco e ci raggiungerà dopodomani”. “Come mai non è con voi?” chiese il militare” “Avevamo già prenotato il viaggio all’agenzia turistica, ma lei ha avuto un imprevisto al lavoro così siamo partiti noi, avremmo perso troppi soldi annullando la prenotazione” “Capisco, quanto tempo pensate di fermarvi?” chiese il doganiere “Finché mia suocera non mi caccerà di casa” disse Marco “Spero di non rivederti troppo presto allora” rispose sorridendo il militare mentre timbrava il aporto, poi fece segno agli altri di argli i aporti. “Ripartite tutti insieme?”
“Credo di si” rispose David . Timbrò i aporti e con una biro scrisse valido novanta giorni. Perfetto. Era quello che volevano. Salutarono cortesemente il doganiere e arono al ritiro bagagli. Fortunatamente le loro valigie erano già tutte sul nastro scorrevole, non c’è cosa peggiore in aeroporto di non trovare i propri bagagli. Prese le valigie andarono verso l’uscita dove li attendeva un altro step, il controllo dei bagagli da parte della dogana. Si misero nuovamente in fila davanti ai soli due gate attivi quel giorno. Il doganiere aveva l’obbligo di chiedere se le dichiarazioni compilate sul foglio dei beni dichiarati corrispondevano al vero. “Ha dichiarato il vero?” chiese con aria sospetta il poliziotto. Era diverso dal suo collega che gli aveva controllato i aporti, questo era uno di quei poliziotti che vorrebbe tornare a casa la sera e raccontare alla propria famiglia di aver catturato i cattivi. Ma purtroppo per lui a parte i prodotti per l’igiene intima, un profumo e la macchina fotografica nella borsa di David c’erano solo indumenti. “Si” rispose tranquillamente poi si avvicinò alla colonnina dove a circa un metro d’altezza era posizionato un grosso pulsante rosso, mentre in alto si trovavano due luci, una verde ed una rossa, funzionava come un semaforo, se lampeggiava verde uscivi dall’aeroporto altrimenti con il rosso c’era il controllo bagagli. David schiacciò il pulsante e lampeggiò la luce rossa. “Prego signore da questa parte” disse un agente vicino ad un tavolo. David si avvicinò e posò il borsone sul tavolo. Il doganiere l’aprì e rovistò all’ interno.“Bellissima” disse prendendo la Nikon D800 che aveva comprato il mese scorso, completa di zoom ed accessori quel giocattolo era costato a David quasi tremila euro. “La fotografia è il mio hobby” disse il militare tenendo la macchinetta come se fosse una reliquia. “E’ anche il mio, lei che macchinetta ha?” chiese David. “Una D3000, un po’ vecchiotta ma con quattro figli e con questo stipendio è il massimo che mi posso permettere” disse con aria sconsolata. “Capisco” rispose mentre guardava la targhetta che aveva sul petto, Pedro Navarro così si chiamava il militare . Riposò la macchinetta nel borsone e si
salutarono con una stretta di mano. David chiuse la valigia e raggiunse i suoi amici all’uscita. Nella sala accanto all’uscita c’erano diversi tassisti con cartelli recanti il nome dei eggeri che avevano prenotato il transfert dall’aeroporto, tra questi c’era un signore distinto in giacca e cravatta con in mano un foglio in cui era scritto con un pennarello rosso il nome Marco. “ Come al solito hai pensato proprio a tutto” disse David. Marco lo guardò sorridendo e si avvicinarono all’autista. “Buonasera Manuel, si ricorda di noi?” “Certo signor Marco,buonasera, spero abbiate fatto un buon viaggio. Sempre al solito Hotel?” “Si, alloggeremo anche stavolta all’hotel Continental” disse Marco L’autista prese la valigia di Lia e lo seguirono verso l’uscita. Parcheggiato fuori c’era un Mercedes Viano nero con vetri oscurati, niente a che vedere con quei taxi sporchi e la tappezzeria impregnata di fumo pensò David. Entrarono tutti e quattro dalla porta scorrevole e si accomodarono nei sedili dietro l’autista. L’albergo era distante una quindicina di chilometri, arono il tempo in silenzio osservando i fari delle macchine sfrecciare lungo l’autostrada. David notò che era molto trafficata per essere così tardi. L’autista scelse la strada più breve e ò vicino alla baraccopoli, luogo di povertà che non manca mai in nessuna metropoli sudamericana ed in breve arrivarono davanti l’ albergo che si trovava a Miraflores, il quartiere più turistico di Lima. Situato ai margini di una scogliera dove è possibile ammirare la bellezza delle spiagge oceaniche, ma anche quartiere in continua evoluzione con ristoranti, alberghi, discoteche e negozi che nulla hanno da invidiare a quelli europei. In tutti i loro viaggi avevano sempre pernottato a Lima, sempre in questo quartiere e le ultime tre volte all’hotel Continental, sembrava ogni volta di trovarsi in un quartiere differente visto il costante sviluppo di Miraflores. L’autista accostò davanti al cancello principale dell’hotel che a quell’ora era chiuso. “Siamo arrivati signori, vi auguro un buon soggiorno” Il transfert dall’aeroporto era stato prenotato e pagato tramite internet,
Marco lasciò all’autista dieci dollari di mancia. “Mi lasci il suo numero di telefono, fra due giorni dobbiamo tornare in aeroporto” disse Marco. L’autista prese un biglietto da visita dal bauletto e lo consegnò a Marco “Siete gentilissimo, è sempre un piacere servirvi” disse l’autista “potete chiamare per qualsiasi cosa avrete bisogno, non fate complimenti”. “Grazie, ma non ce ne sarà bisogno, conosciamo bene il posto” disse Marco. Scesero dalla macchina, David alzo lo sguardo verso il cielo grigio a causa della garùa, l’inseparabile nebbia costiera che avvolge Lima per circa otto mesi l’anno, e pensò alla tristezza che possono provare quegli otto milioni di abitanti che pur vivendo in una città in riva all’oceano durante il giorno non riescono a vedere il sole brillare. Camminarono lungo la stradina asfaltata circondata da un bellissimo giardino ed in pochi minuti si trovarono davanti l’ingresso dell’hotel. Il Continental era uno dei migliori alberghi di Lima, anche se era classificato quattro stelle non aveva da invidiare nulla agli alberghi di categoria superiore. Era costituito da quasi duecento camere, dotate di ogni comfort, di cui la maggior parte con una spettacolare vista sull’oceano. L’edificio era di sei piani di colore bianco e le finestre marrone chiaro tutte con una piccola tettoia in stoffa dello stesso colore recante il logo dell’hotel, dall’altro lato le camere che si affacciavano sull’oceano avevano tutte il balcone. David sperava che Marco si era ricordato di prenotare quest’ultime, a dire la verità ne era quasi sicuro perché sapeva quanto amasse quel posto, ma soprattutto quanto gli piaceva are del tempo sul balcone ad ammirare il panorama. Entrarono e ad accoglierli alla reception una ragazza mora coi capelli lunghi ed un bellissimo sorriso. “Bentornati all’hotel Continental, spero abbiate fatto buon viaggio” disse. “Si, davvero un buon viaggio, grazie” disse Marco. Consegnarono i aporti e la ragazza gli diede le chiavi. “Due singole ed una doppia come da lei richiesto, tutte con vista sull’oceano” disse la ragazza “l’altra persona arriva domani, giusto?”
“ Si” disse Marco, presero le chiavi e si diressero verso l’ascensore. Le camere erano al quarto piano e tutte vicine, “ quanto stiamo?” chiese Max mentre camminavano verso le camere. “ Due notti, domattina arriva Juan ed insieme andremo a trovare il generale, dopodomani arriva Monica, mangiamo qualcosa ed alle 15.00 abbiamo l’aereo per Cuzco” disse Marco. “Bene” rispose David “abbiamo anche il tempo di fare shopping, ho bisogno di qualche indumento pesante”. “Buona idea” rispose Lia sorridendo. David ringraziò Marco per la camera con vista sull’oceano e andarono a dormire. La camera era fantastica, dotata di ogni comfort, David si rattristò un po’ ripensando a quella baraccopoli vista pochi minuti prima e pensò di essere davvero fortunato a potersi permettere questo tipo di vita. Ma non fu solo la fortuna ad aiutare David , lui possedeva il dna del leader e del vincente. Qualsiasi cosa si proponeva di raggiungere, in un modo o nell’altro, con le buone o le cattive, l’avrebbe senz’altro raggiunta. Anche se proveniva da una famiglia modesta, sua madre insegnava filosofia in un liceo e suo padre impiegato presso il Rijksmuseum di Amsterdam, riuscì a laurearsi in architettura senza gravare nel bilancio familiare. Era diventato a quarantatre anni un architetto di fama mondiale. Le sue opere, così lui amava definirle, si potevano ammirare in città come Milano, Tokyo e Los Angeles. Ma David anche se ancora giovanissimo ed aver già raggiunto l’apice del successo sentiva dentro di se di non essere pienamente appagato. Lui aveva sempre amato l’archeologia ed insieme ai suoi amici coltivava questa ione sin da bambino. Un hobby che gli fece guadagnare moltissimi soldi, sempre alla ricerca di tesori nascosti in varie parti del mondo. Questo fu il motivo per cui cominciarono a frequentare il Perù e più precisamente la zona di Cuzco e Machu Picchu dove i quattro amici olandesi erano convinti di fare una sensazionale scoperta. David quella mattina si svegliò presto, prese un succo d’ananas dal frigobar e andò sul balcone a guardare quel magnifico panorama, ò molto tempo seduto sulla poltroncina con le gambe distese sulla ringhiera in ferro finché il telefono che iniziò a squillare lo fece risvegliare da quel sogno ad occhi aperti. Era Max che gli diceva di scendere al ristorante per la colazione.
Non ci mise molto a trovare il tavolo dei suoi amici, seduto accanto a Marco c’era Juan, quel damerino col vestito bianco e la camicia nera attirò immediatamente l’attenzione di David che lo riconobbe tra le centinaia di persone sedute ai tavoli. Juan gli venne incontro e lo abbracciò, si fermarono a parlare qualche minuto in mezzo alla sala poi si sedettero con gli altri. “Abbiamo appuntamento alle 11.00 in caserma con il generale” disse Juan “Chiamo subito Manuel” disse Marco prendendo dal portafogli il biglietto da visita che gli aveva lasciato la sera prima l’autista. “Chi è Manuel” chiese preoccupato Juan “Il nostro autista personale” disse sorridendo David Alle 10.10 Manuel era già davanti l’ingresso principale dell’hotel Continental, la garùa faceva sembrare la Mercedes umida come se fosse uscita da un autolavaggio, era venti minuti in anticipo rispetto all’appuntamento e nell’attesa Manuel asciugava la carrozzeria con una pelle di daino per rendere l’auto il più presentabile possibile per i suoi ospiti. “Buongiorno Manuel, visto ho avuto bisogno di lei” disse Marco stringendo la mano all’autista “dobbiamo andare alla caserma de Los Santos” “Buongiorno, Señor Marco che Dio vi benedica è un onore per me servirvi di nuovo” rispose l’autista. Arrivarono in caserma con estrema puntualità e ad attenderli nel suo mega ufficio il generale Diego Gutierrez, comandante della caserma. “Buongiorno signori è un piacere vedervi” li salutò il generale stringendogli la mano. “Il piacere è nostro generale” rispose David “Mi ha detto Juan che siete tornati in Perù per affari” “Come sempre Generale” “Ho visto spesso Juan in questo periodo” disse il generale
“Lo so erano mie disposizioni” disse David accennando un sorriso “Ad essere sincero non me l’aspettavo, sento il dovere di ringraziarvi” disse il generale mentre David scuoteva la testa come per fargli capire che non ce n’era bisogno. “Quindi andate nuovamente a Cuzco. Vi ho preparato i documenti, qualsiasi problema non esitate ad esibirli, equivalgono ad un immunità” disse il generale con fierezza. “La ringrazio generale, anche l’ultima volta ci ha tirato fuori dai guai” “Speriamo stavolta fili tutto liscio” disse il generale “Lo spero anch’io, e speriamo di fare buoni affari in modo da ripagarla del disturbo” “Disturbo? Con quello che ho ricevuto da quando vi conosco potrei andare in pensione oggi stesso” “Questo è niente, vedrà che ci toglieremo altre soddisfazioni e lei naturalmente ne sarà partecipe” “Dio benedica il giorno che vi ho conosciuto” disse il generale mentre si avvicinava alla libreria. Doveva benedirlo davvero pensò David, avevano conosciuto il generale sette anni prima dopo aver avuto problemi coi militari che operavano nella zona di Cuzco. Li avevano sorpresi una notte mentre si dirigevano verso un sito archeologico, fortunatamente non erano ancora entrati nelle rovine quando dei militari di pattuglia li fermarono e li condussero in caserma. arono tutta la notte sotto interrogatorio, ma David e i suoi amici erano tipi scaltri ed avevano pianificato tutto prima di partire, anche la versione da dare in caso venissero sorpresi dalla polizia. Infatti l’indomani furono rilasciati in quanto i militari non avevano nulla per incriminarli. Fu dopo quella spiacevole esperienza che David pensò che avevamo bisogno di protezione e dovevano trovare qualcuno che li togliesse dai guai in caso ne avessero avuto bisogno. Chi meglio del generale Diego Gutierrez gli suggerì Juan, uno dei militari più potenti del paese ma con un piccolo difetto,
amante della bella vita e che, fortunatamente per loro, con lo stipendio che prendeva non era in grado di permettersi. Mandò Juan a contattarlo per proporgli la sua idea e lui accettò immediatamente. Il Generale aprì l’anta di un armadio al cui interno era incassato un frigorifero e prese una bottiglia di Martini, riempì sei bicchieri e brindarono al loro incontro. Presa la busta contenente i documenti si salutarono con la promessa di rivedersi prima di lasciare il Perù.
2.>LA SQUADRA DI KRUGER
In un piccolo appartamento nel centro di Lima l’agente capo della Cia, Alex Kruger, guardava le news via satellite trasmesse dalla CNN. Era diverso tempo che gli agenti che si trovavano in Perù non erano operativi, così dalla centrale di Langley in Virginia stavano valutando la decisione di ridurre l’organico. Kruger questo lo sapeva da diversi mesi, ma era riuscito a far desistere i suoi superiori da questa decisione. Era certo che qualcosa sarebbe accaduto in Peru e per questo il vice direttore dell’agenzia, Jim Plant, gli aveva concesso altro tempo. Dalla centrale non ne erano molto sicuri ma Plant si oppose con fermezza, lui si fidava delle intuizioni di Kruger, avevano lavorato insieme in ato in due diversi casi spinosi in Arabia e Turchia ed in entrambi i casi le intuizioni di Kruger erano state fondamentali. Grazie a questi successi e a qualche conoscenza influente Plant divenne vice direttore e nominò immediatamente Kruger agente capo. Non si era dimenticato di lui e per riconoscenza gli fece scegliere dove avrebbe preferito operare. Kruger senza indugio scelse il Perù una nazione che aveva sempre amato, lì avrebbe agito sotto copertura lavorando come analista contabile presso la multinazionale americana Switford & Blame ed avrebbe avuto alle sue dipendenze quattro o cinque agenti. L’ iphone che aveva attaccato alla cintura squillò due volte, Kruger guardò il display, era un messaggio di Pedro. Prese dall’armadio la camicia azzurra, si infilò un paio di Levi’s, le sue inseparabili Hogan nere e scese di corsa le scale. Quel messaggio doveva significare che qualcosa si stava muovendo, erano mesi che aspettava di vedere quel numero comparire sul telefonino e finalmente era apparso. Si diresse verso il bar Pampero che si trovava poco distante dalla Catedral de Lima, era lì l’appuntamento e come tutte le volte Pedro lo avrebbe aspettato quarantacinque minuti dall’invio del messaggio altrimenti Kruger avrebbe dovuto fissare un nuovo appuntamento. Quest’ordine Kruger l’aveva sempre imposto fin dai suoi primi anni di servizio in agenzia, era molto prudente e nel caso si fosse sentito pedinato o in pericolo non avrebbe mai condotto il nemico dalla sua fonte. Forse
non ce n’era bisogno in Perù, ma Kruger non amava mettere in pericolo i suoi collaboratori così anche in Perù adottò le direttive che l’agenzia dava per i paesi più a rischio. Il bar Pampero era molto frequentato soprattutto dai turisti che dopo una visita alla Catedral si fermano per bere un caffè o mangiare qualcosa per poi continuare la visita della città. Un posto frequentato da persone provenienti da ogni parte del mondo non avrebbe destato molti sospetti, essendo statunitense poteva essere tranquillamente scambiato per un turista. Entrò salutando il cameriere facendogli segno che si sarebbe accomodato al tavolo vicino la finestra. Il locale necessitava di una ristrutturata, il pavimento era in legno ormai consumato dal continuo are dei clienti, in alcuni punti si erano creati dei solchi che costringevano le persone a camminare guardando a terra per evitare di inciampare, i tavoli quadrati marroni avevano forse trenta anni e le scritte fatte con coltelli e chiavi erano coperte da una tovaglietta a scacchi rossa e bianca, anche i bagni sicuramente non erano un granché vedendo le facce schifate della gente che ne usciva. Alex Kruger si avvicinò al tavolo scelse una sedia decente e si sedette di fronte a Pedro. “Finalmente, cominciavo a pensare che ti fossi dimenticato il mio numero” disse Kruger mentre alzando la mano cercava di attirare l’attenzione del cameriere. “Spiritoso” disse Pedro dopo aver finito di bere il suo caffè “ordinami un altro caffè”. Kruger accennò un sorriso e strizzo l’occhio a Pedro. “Due caffè e del latte freddo, per favore” Il cameriere tornò dopo pochi minuti “sono sei sol” disse appoggiando le tazze sul tavolo. Kruger pagò lasciando due sol di mancia al cameriere. Rimasti soli si avvicinarono simultaneamente spostando le sedie verso il tavolo. “Stamattina è arrivato in città anche Juan Pinilla, si è diretto subito all’Hotel Continental dove alloggiano i suoi amici” disse Pedro “Immagino il motivo del suo arrivo” “Poi tutti insieme sono andati ad incontrare il Generale Gutierrez” disse Pedro mentre con il cucchiaino girava il caffè. “Juan Pinilla è il loro contatto in Perù, è lui che foraggia periodicamente il Generale”
“Questo non lo sapevo” disse Pedro con un espressione stupita “Juan Pinilla cura tutti i loro affari in Perù. E’ lui che mantiene i contatti, piazza i reperti trovati e paga per avere informazioni. Pinilla ha carta bianca, si fidano ciecamente di lui” lo istruì Kruger “E’ anche il cognato di uno di loro se non sbaglio” aggiunse Pedro “Si, di Marco Van Host. Ma a parte questo è la quinta persona del gruppo” “Ho capito” “Hai saputo altro?” chiese Kruger “Domattina alle 11.00 aspettano una persona all’aeroporto e tutti insieme si imbarcheranno alle 15.00 per Cuzco” “Ottimo lavoro, chi abbiamo a Cuzco?” disse Kruger spostandosi con la sedia ed accavallando le gambe. “C’è Vincent Taylor, giovane ma un buon elemento, lo conosco personalmente” “Altre informazioni?” “La persona che aspettano è Monica Pinilla, la sorella di Juan” “Bene, domani in serata partirò pure io per Cuzco. Chiama Taylor e digli che ci vediamo in aeroporto” “Vengo con te,capo?” disse Pedro “No, vado solo. Tu mi servi a Lima, resteremo in contatto”. Il viso di Pedro si fece leggermente triste che non ò indifferente allo sguardo attento di Kruger che rivedeva in lui i suoi primi anni ati in agenzia. Pedro era giovane ed ancora privo di esperienza sarebbe stato un onore per lui vedere in azione Alex Kruger, quasi un eroe da come veniva descritto. Pedro Vidal era entrato in agenzia cinque anni prima come esperto informatico, dopo due anni in ufficio fece la domanda per essere trasferito all’estero in servizio operativo, figlio di padre peruviano e madre americana aveva il doppio aporto così l’agenzia non esitò a mandarlo in Perù dove Kruger aveva richiesto un agente
che si potesse muovere in modo indisturbato nel paese. Pedro ne fu onorato, ed anche se il Perù non era il massimo per un ragazzo come lui che amava l’azione, accettò con entusiasmo sapendo di poter lavorare al fianco di Alex Kruger. “D’accordo capo, ma se avrete bisogno di un'altra …..” “Non preoccuparti per questo, chiamerei certamente te” disse Kruger interrompendo Pedro.
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Juan aveva lasciato l’auto nel parcheggio a pagamento dell’aeroporto di Cuzco, andò solo mentre gli altri lo aspettavano davanti la grande porta girevole. Una leggera pioggia cominciava a bagnare il nerissimo asfalto della strada, le persone che uscivano dall’aeroporto restavano a ripararsi sotto la tettoia per evitare di bagnarsi. Marco e molte altre persone ne approfittarono per accendersi una sigaretta, spostandosi tutti verso i lati della porta dove erano posizionati due grossi vasi riempiti di terra da cui spuntavano centinaia di mozziconi di sigarette. Juan arrivò fermando la sua nuovissima Mercedes GL5000 color blu-notte e vetri oscurati, scese dall’auto ed aiutò i suoi amici a caricare le valigie. Lasciarono l’aeroporto e si diressero verso Ollantaytambo dove Juan e Marco avevano acquistato su consiglio di David una fattoria con circa 40 ettari di terreno. Era un piacere viaggiare su quell’auto, la strada era bagnata ed il manto stradale non in perfette condizioni ed anche se Juan viaggiava velocemente, non avvertivano nessun segno di pericolo. Dopo circa 65 km Juan lasciò la strada principale e girò a destra prendendo una stradina in cemento talmente stretta che la Mercedes sembrava non poterci are. “Dovresti allargare questa strada” disse Marco mentre osservava i rami degli alberi sfiorare la macchina. “Ci sto pensando ma è talmente breve che forse la lascio così” neanche il tempo di finire la frase che Juan fermò la macchina. Davanti a loro un cancello in legno modello ranch del “far-west” dove dai due lunghi pali posti lateralmente era situata a circa tre metri d’altezza una lunga tavola orizzontale agganciata con catene, cui il vento la faceva dondolare e cigolare, con una scritta a fuoco recante
il nome “Ranch Pinilla”. “Me l’aspettavo” disse Marco “Anch’io” aggiunse David Tutti scoppiarono in una grossa risata. Juan suonò il clacson ed un domestico che si trovava nei paraggi arrivò di corsa ad aprire il cancello, entrando non si fermò davanti la villetta dove viveva con i genitori ma proseguì lungo la stradina che scendeva verso la vecchia stalla fermando la macchina nel piazzale. “E questa?” chiese Marco con voce sorpresa, davanti a loro non c’era la vecchia stalla ma una splendida villetta a due piani color beige con finestre bianco avorio. Juan aprì il bauletto del cruscotto e prese un portachiavi in argento con due lettere “M” sovrapposte. “Un po’ in ritardo ma è il mio regalo di nozze”disse Juan sorridendo “Sei impazzito?? Non dovevi” “E’ il minimo che potevo fare, sei parte della famiglia ed io ti sarò sempre riconoscente per tutto quello che hai fatto per me. Se non ti conoscevo sarei morto o se mi andava bene un operaio che avrebbe faticato ad arrivare a fine mese, è solo grazie a te, ed anche a tutti voi ragazzi, se sono riuscito ad arrivare a questi livelli. Neanche nei miei migliori sogni potevo immaginarmi questo tipo di vita” “Juan , è veramente troppo non dovevi” disse emozionato Marco “Non sei anche tu il proprietario del terreno? Mica posso ogni volta ospitarvi tutti a casa mia” sorrise Juan “ho soltanto fatto ristrutturare un edificio abbandonato e per il progetto mi sono affidato ad uno dei migliori architetti in circolazione, la cosa buona è che non ha voluto un soldo” disse Juan voltandosi verso David. “Tu lo sapevi e non mi hai detto niente, gran bell’amico” “Doveva essere una sorpresa come avrei potuto tradire Juan” rispose David
sorridendo. Marco ò le chiavi a Monica e scesero dalla macchina. Un piccolo ingresso li accolse appena entrati nella nuova casa, sulla destra quattro gradini che salivano portandoli verso un grande salone con pavimento in parquet marrone chiaro e pareti rosso bordeaux, le lampade erano incastonate nel controsoffitto e agli angoli quattro casse per la filodiffusione. Tre divani in pelle di colore bianco erano posizionati a forma di “U” verso la parete in cui era incassata nel muro una TV al plasma da 54 pollici, al centro dei divani un tavolino basso in ebano posto su un grande tappeto in stile peruviano. Lungo le pareti sette colonne bianche alte circa centoventi centimetri che facevano da base a cinque statuette e due vasi frutto dei loro ritrovamenti degli anni precedenti. Un bagno, un ripostiglio ed una grande cucina erano le altre stanze che costituivano il piano terra. Monica rimase estasiata, era la casa che aveva sempre sognato e si getto tra le braccia del fratello cercando di trattenere le lacrime per l’emozione. Una scala in marmo che salendo curvava leggermente portava al primo piano dove c’erano quattro camere da letto tutte provviste di bagno. David progettò ogni stanza con un tema differente, scelse per la camera di Marco e Monica il tema del sole, mentre luna, cielo e terra erano i temi delle altre stanze. Visitata la casa tornarono in sala per fare un piccolo briefing. “Come ci organizziamo David? “ disse Marco mentre ava il braccio sinistro dietro le spalle di Monica. “Domattina incontreremo il contatto di Juan e studieremo il da farsi” “Lo conosciamo già?” chiese Max “No è nuovo, è della tribù degli Yaicatar ed è un tipo affidabile” rispose Juan “Non conosco questa tribù” aggiunse Max “La loro riserva confina con il parco di Machu Picchu, sono tra le tribù più integraliste e difficilmente fanno affari con i peruviani” disse Juan “E tu ci sei riuscito” disse Max sorridendo “Ho sentito parlare di questa tribù soltanto quando mi sono trasferito qui, non la conoscevo neanche io prima. Come non la conosceva nessun altro di voi suppongo” “Esatto, non ne avevo mai sentito parlare” disse David appoggiando i gomiti
sulle ginocchia mentre fuori la pioggia cominciava a scendere abbondantemente, sembrava una bufera vedendo dalle finestre gli alberi che si piegavano a causa del forte vento. “Il loro territorio è una zona che noi avevamo sempre snobbato, però volli ugualmente prendere informazioni” “E……” aggiunse Max “Per mia fortuna un operaio che lavora nella fattoria è originario di questa tribù, così non mi è stato difficile avere le informazioni che volevo” “Che informazioni hai avuto?” chiese Lia “Sembra ci sia un sito all’interno della foresta mai visitato prima” “Ci credo che è immacolato, a chi verrebbe in mente di entrare nella foresta e trovarsi davanti una tribù indigena” disse Max “Solo a noi” disse Marco sorridendo “Hai già fatto un sopralluogo?” chiese Lia “Sono stato solo una volta con questo mio operaio, la zona è costituita da un fitto bosco con profonde gole e numerose caverne. Il sito è in una di queste gole ma non sono sceso, i nativi credono che ci sia una maledizione” “Ottimo, il posto ideale” disse David “Sarà il posto che cerchiamo?” chiese Lia guardando David “Sinceramente non saprei, ma da come dice Juan saremo i primi ad entrare in questo territorio ed anche se non troveremo quello che stiamo cercando faremo sicuramente ottimi affari” “Ne sono convinto” disse Max mostrando a tutti l’eccitazione che trapelava dal suo viso. “Quanti dipendenti ci sono nella fattoria?” chiese David “Una quindicina di solito”
“Che tipo è questo Indio?” “Devo dire veramente in gamba anche se non è qui da molto tempo, tutti dicono che è un gran lavoratore” “Può farci lui da guida?” chiese David “Io sono andato con lui, ma è stato sincero con me dicendomi che ci sono altri indios che conoscono molto bene la zona e lui può metterci in contatto, ma penso che nessuno vorrà aiutarci a causa della maledizione. Spero di convincere lui a mostrarci almeno la strada per raggiungere questo posto ” “Aspetta Juan, per prima cosa trovagli un posto di responsabilità, chiedigli se vuol portare a lavorare qui sua moglie o un suo familiare ed aumentagli lo stipendio” disse David “Nient’altro?” disse Juan sorridendo “Non possiamo entrare nella foresta senza il benestare del capo tribù, quindi gli proporrai di accompagnarci da lui e di farci da guida perché ci servirà un interprete quando saremo dentro, se tutto andrà bene avrà una ricompensa extra. Conoscendo gli Indios darebbe la vita per te e questo è il modo migliore per ottenere la sua fiducia” concluse David “Vado subito a parlargli, adesso sistemate i bagagli e datevi una sciacquata e ci vediamo da me per cena”
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L’aereo con a bordo Kruger atterrò alle 22.16 a Cuzco. Ad attenderlo all’aeroporto il giovane agente Vincent Taylor che come vide Kruger uscire gli andò incontro. “Buonasera Mr Kruger, ho la macchina parcheggiata qui vicino, se vuole seguirmi” gli disse
“Buonasera, lei è?” disse Kruger di proposito dato che sapeva molte cose di lui “Vincent Taylor” rispose stringendogli la mano “se vuole darmi la valigia”. I due non si erano mai incontrati prima ma Taylor aveva visto alcune foto e l’aveva riconosciuto immediatamente. Kruger restò piacevolmente sorpreso, consegnò la valigia pensando che forse Pedro aveva ragione quando glielo descrisse come un ragazzo in gamba. Uscirono dall’aeroporto, Taylor posò la valigia nel portabagagli ed entrarono in macchina. “Ho visto la tua scheda, se vogliamo andare d’accordo non prendere decisioni senza prima avermi consultato” disse Kruger voltandosi verso il ragazzo. “Non si preoccupi per questo e vorrei anche aggiungere che per me è un onore lavorare con lei” disse Vincent mentre sfrecciava con la sua Subaru Impreza lungo la strada bagnata che li portava verso Ollantaytambo. “Hai qualche novità?” chiese Kruger “Non molte, sono arrivati in perfetto orario e adesso sono a Ollantaytambo, precisamente a quattro chilometri dal paese dove Pinilla ha una specie di ranch” “Stiamo andando là suppongo” chiese Kruger “Stiamo andando ad Ollantaytambo, ho prenotato due camere all’Hotel Estrella, non è un granché ma è il migliore del paese” “Non preoccuparti, per il momento andrà benissimo. Poi vedremo il da farsi” disse Kruger mentre con la mano destra stringeva il bracciolo dello sportello. “Sono persone pericolose” chiese Taylor “Non credo, ma dobbiamo agire con discrezione. Sono dei formidabili cercatori di tesori, forse i migliori ma sono anche molto furbi e sospettosi, non lasciano niente al caso” “Da quando l’agenzia si occupa di tesori e soprattutto fuori dagli Stati Uniti? Sembra un caso più adatto alla polizia locale o tutt’ al più per l’Istituto delle risorse Naturali” disse Taylor con voce alquanto stupita.
“Sono anni che seguo le loro imprese, cercare tesori è una specie di copertura, anche se li ha fatti diventare molto ricchi, loro stanno cercando qualcos’altro e l’agenzia vuole sapere cosa” “Qualcos’altro?” “Si, qualcos’altro, e non sono ancora riuscito a capire cosa. Avrei potuto prenderli già un paio di volte in ato, ma d’accordo con l’agenzia abbiamo deciso di aspettare, non ci interessa la fetta, noi vogliamo tutta la torta. E se sarà necessario non interverremo neanche questa volta” “D’accordo Mr Kruger” annui con il capo Taylor “Mi sembri un ragazzo sveglio, capito adesso perché ti ho detto che prima di prendere una decisione mi devi sempre consultare?” ripeté Kruger “la copertura non deve assolutamente saltare” “Certamente, mi atterrò alle sue direttive” “Bene, era quello che volevo sentirmi dire “ disse Kruger voltandosi verso l’autista. Taylor parcheggiò l’auto nel piccolo cortile, prese la valigia ed accompagnò Alex Kruger alla reception. L’albergo su tre piani aveva quarantadue camere tutte con doccia, a prima vista sembrava una struttura di una trentina d’anni e li dimostrava tutti non essendo mai stato ristrutturato. A Kruger questo non interessava molto, non era mai stato un tipo sofisticato e si adattava bene ad ogni tipo di sistemazione, nel ato aveva avuto esperienze nei paesi medio orientali alloggiando per lunghi periodi in vere e proprie topaie, l’Hotel Estrella era un lusso ripensando a quei periodi. Il ragazzo del ricevimento gli assegno la camera numero venticinque al secondo piano, accanto alla stanza di Taylor. “Continuo a pedinarli?” chiese Taylor chiudendo la porta della camera “Si, mi raccomando usa sempre la massima discrezione” “Certo Mr Kruger, non mi farò notare”
“Ok ci vediamo domani, buona notte” concluse Kruger aprendo la porta.
3.>LA GRANDE FORESTA
Alle 9.00 Juan era con la sua Mercedes davanti la nuova casa di Marco, puntuale con l’appuntamento che si erano dati la sera precedente. Il sole brillava già alto da qualche ora asciugando lentamente le pozzanghere lungo la strada, il temporale della sera precedente sembrava essere un lontano ricordo. Dopo pochi minuti i quattro amici uscirono di casa ed entrarono in macchina. “Ciao Juan dov’è l’indio?” chiese David con aria preoccupata. Juan accese la macchina e si diresse verso la stradina che scendeva a valle “Nella foresteria, stiamo andando a prenderlo” Urutoya così si chiamava l’indio, aspettava davanti la foresteria e nell’attesa stava spaccando della legna con una grossa ascia. Di carnagione scura, alto e rasato eccetto una leggera cresta, aveva un fisico statuario, vedendo la Mercedes arrivare posò l’ascia e si mise la canottiera bianca che aveva appeso al ramo di un albero. “Ci hai parlato?” chiese David prima di scendere “Si e mi è sembrato anche entusiasta dell’offerta” “Bene andiamo a conoscerlo” disse David aprendo lo sportello e invitando tutti a scendere. Juan chiamò Urutoya e gli presentò David e gli altri. “Ho saputo da Juan che hai accettato la nostra proposta” disse David “Certamente, come avrei potuto rifiutare. E’ un onore per me servirvi” rispose l’indio in un perfetto spagnolo, anche se con un accento non tipico di quelle zone, David sentendolo parlare rimase piacevolmente sorpreso “Conosci bene la zona?”
“Abbastanza, ma già l’ho detto al signor Juan che io nella città sepolta non scendo” disse l’indio mentre si asciugava il sudore con uno straccio. “Pensi che il capo ci darà una guida?” chiese David “Non credo. Nessuno vuole scendere là sotto” rispose con fermezza l’indio. “Paura degli spiriti?” chiese subito David “Si, nessuno è mai ritornato vivo dopo essere sceso” disse l’indio con il terrore negli occhi Era la risposta che David voleva sentire, se gli indios avevano paura di scendere significava che quel sito era intatto “Sei sicuro che saremo i primi ad entrare nel tuo territorio?” chiese David “Sicurissimo, se qualcuno prova ad entrare senza il benestare del capo non esce vivo, e che io sappia il capo non ha mai dato permessi eccetto ad un gruppo di taglialegna di Cuzco, ma lavorano proprio ai margini della riserva ” disse l’indio sorridendo. “Taglialegna?” disse David con stupore “Tagliano le piante di mogano in cambio di molti regali per la mia tribù” “Sicuro che restano ai margini della riserva?” “Sicurissimo, a loro interessa solo il mogano, il capo non vuole stranieri nella riserva” “Non vuole stranieri … ma noi si?” intervenne Max leggermente preoccupato. Non gli sarebbe piaciuto venire torturato da una tribù di indios ma soprattutto vederlo fare a Lia. “Voi siete con me e nessuno vi farà del male. Io sono molto riconoscente al sig. Juan. Lui è stato un buon padrone con me e questo la mia gente lo sa”. Max tirò un sospiro di sollievo. “Quando il sig. Juan mi ha detto che voleva fare delle ricerche nella riserva ne
ho parlato con il capo e lui ha accettato di incontrarvi”. Concluse l’indio. “Muy bien, è ora di andare” disse Juan aprendo la portiera. La strada che portava alla riserva era talmente fatiscente che Juan faticava a guidare la Mercedes. Una strada strettissima con grandi buche, rami che sporgevano ed enormi sassi rendevano la guida praticamente impossibile, ma Juan per evitare un lungo tratto a piedi cercava di andare più avanti possibile. Arrivato in prossimità della foresta fu però costretto a fermarsi. “Dobbiamo proseguire a piedi” disse Urutoya Scesero dalla macchina presero il necessario e si inoltrarono nella foresta. In lontananza sentivano il rumore delle motoseghe, di camion e ruspe che lavoravano incessantemente, erano i taglialegna e a David questa situazione non piaceva affatto. Camminarono per una mezz’ora seguendo Urutoya lungo il sentiero che li portò al villaggio. Il capo era seduto su un grosso tronco al centro di un piazzale sabbioso, le capanne in paglia e foglie di palma circondavano il piazzale. Il villaggio sembrava deserto si sentivano solo le grida dei bambini che giocavano nelle vicinanze. All’arrivo di David e dei suoi compagni i bambini vedendoli gli corsero incontro e li scortarono fino al centro del villaggio. Alla vista degli stranieri il capo alzò un braccio facendo segno di avvicinarsi, poi con voce autoritaria fece allontanare i bambini. Urutoya salutò il capo tribù chinandosi in segno di riverenza, poi restò in piedi accanto a lui per fargli da interprete. David aveva portato diversi regali per accattivarsi simpatie del capo tribù, il quale non restò per nulla deluso e ringraziò David . “Buongiorno capo” disse David chinando la testa “siamo venuti da lei per chiederle il permesso di fare delle ricerche nella vostra riserva” “Ho saputo che volete visitare la città sepolta” disse il capo nella sua lingua tradotta impeccabilmente da Urutoya “Si, proprio così, avremmo bisogno di una guida che ci scorti alla vecchia città” “Vi posso dare solo il permesso di andare alla città sepolta, ma nessuno dei miei uomini può accompagnarvi, è un luogo pieno di spiriti malvagi, nessuno è mai uscito vivo da quel posto” disse l’indio. Queste parole erano musica per le orecchie di David, era molto razionale e non credeva a spiriti malvagi e non era affatto superstizioso.
“Cosa sapete dirmi di questa città sepolta?” chiese David “E’ a mezza giornata di cammino, all’interno di una gola molto profonda. Era abitata molti anni fa da un migliaio di uomini ma una notte una maledizione li fece morire tutti” rispose l’indio ”Una maledizione?” chiese incuriosito Max “Proprio così, e chiunque è sceso la sotto non ne è più uscito vivo” continuò l’indio come se volesse mettere in guardia gli olandesi. “Grazie per l’informazione, andremo a controllare di persona” disse David con voce ferma “cominceremo domattina e vi prometto altri regali se ne usciremo vivi” “Vi guiderà Urutoya fino all’ingresso della gola, nessuno dei miei uomini scenderebbe mai nella città sepolta” “D’accordo” disse David Restarono alcune ore a conversare, affascinati dai racconti del capo tribù e sempre tradotti da Urutoya, ma si stava facendo tardi così David decise che era il caso di andare per non rischiare che il buio scendesse durante il loro ritorno alla macchina. “Cosa ne pensi?” chiese Lia appena lasciato il villaggio. “Una bella storia” rispose David sorridendo “Il capo tribù sembrava molto suggestionato” continuò Lia “L’ho notato, ma noi non ci impressioniamo tanto facilmente” “Signor Juan state attento, ho visto con i miei occhi guerrieri scendere alla città sepolta e mai tornare” disse Urutoya con voce spaventata. “Non preoccuparti, sappiamo quello che dobbiamo fare, la superstizione la lasciamo agli altri” disse Juan con tono deciso. “L’attrezzatura di cui avremmo bisogno è tutta in ordine” chiese David
“Si, l’ho controllata la settimana scorsa” rispose Juan con orgoglio “Avremo bisogno anche delle maschere antigas, forse in quella gola si sprigiona qualche gas tossico” “Giusto, potrebbe essere questa la causa perché nessuno è tornato in superficie” disse Max rassicurandosi sentendo le parole di David. “Forse, domani avremo la controprova” Juan entrò dal cancello e si diresse al magazzino. Un edificio di trenta metri quadrati ed alto due con una porta blindata e due finestre con sbarre che vedendolo da fuori sembrava fosse una prigione oppure un posto di punizione per i vaqueros. Questo era il magazzino che David gli aveva ordinato di costruire per tenere tutto il materiale di cui avevano bisogno per le loro missioni. Avrebbe fatto invidia ai più forniti negozi che i fanatici dell’esplorazione sono soliti frequentare. C’era di tutto dagli indumenti alle bussole, dai coltelli alle lampade, corde, telefono satellitare, binocolo ad infrarossi,kit pronto soccorso e via dicendo. Prepararono con cura i propri zaini e li lasciarono nel magazzino per prenderli l’indomani mattina.
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Vincent Taylor tornò in albergo per l’ora di pranzo. Era stata una giornata stressante per lui, aveva dovuto guidare la sua Subaru per quelle strade impraticabili ma per sua fortuna la sua macchina si era comportata egregiamente. Salì le scale fino al secondo piano e busso tre volte alla porta venticinque. “Entra” gli disse Kruger mentre metteva la sua Beretta M9 nella fondina “stavo uscendo per pranzo, hai mangiato?” “No, sono tornato adesso” “Mi dirai tutto al ristorante, dove possiamo andare?” chiese Kruger che ancora non conosceva il paese.
“ando ho visto La Taberna de Santiago, possiamo provare mi ispira fiducia” “E’ distante ?” “Saranno cinque minuti a piedi” Il ristorante La Taberna de Santiago non era molto affollato quando i due arrivarono. Entrando capirono subito perché si chiamava taberna e non ristorante. Un posto squallido e poco curato, con tovaglie di carte e tanto fumo. A Kruger era venuta subito voglia di uscire e cercare un altro posto ma il proprietario, un uomo gigantesco alto due metri per circa centoventi chili di peso si avvicinò da dietro poggiando le sue pesanti braccia sulle spalle dei due americani, parlarono qualche minuto poi Kruger scelse un tavolo all’angolo della sala. “Pensavo te ne volessi andare” disse sedendosi Taylor “Il Señor Santiago mi ha convinto” disse sorridendo Kruger
“Proviamo queste especialidad, come le chiama lui”
“Ok, io prendo el cuy al horno ed una Cusqueña” disse Taylor guardando il menu, che altro non era che un cartoncino scritto con un pennarello.
“Cioè?” chiese Kruger “El cuy al horno è il piatto tipico della zona. Non è altro che un porcellino d’india al forno che viene servito su un piatto di spaghetti con due patate e un peperone, vederlo sul piatto con tanto di testa e zampette fa quasi impressione, ma mangiarlo è davvero delizioso. La Cusqueña invece è la birra tipica della zona di Cuzco, leggermente più amarognola e alcolica rispetto alle altre birre peruviane, ma servita molto fredda è buonissima” spiegò Taylor a Kruger.
Ormai Vincent conosceva le usanze delle varie regioni andine e per non sbagliare ordinava quasi esclusivamente le stesse cose quando andava al ristorante. “Bene. Lo stesso per me” disse Kruger “Allora cosa mi dici degli olandesi?” chiese Kruger “Li ho seguiti fino all’inizio della foresta” disse Taylor “Sei stato discreto?” “Certo capo, non mi hanno potuto vedere” “Dove erano diretti?” chiese Kruger incuriosito “Sicuramente alla tribù Yacatari, portavano due grossi borsoni” “Cosa????” Kruger rimase stupito da quel nome “ne sei sicuro? Quegli indios sono degli integralisti. Come è possibile”. “Me lo sono chiesto anch’io, ma ho saputo che da Pinilla lavora un indio di quella tribù” rispose Taylor “Chissà cosa li ha spinti fin quaggiù” “Forse cercano qualche giacimento?” disse Taylor sperando di indovinare il pensiero di Kruger “Quelli non cercano di diventare ricchi, sono già ricchissimi, cercano qualcosa in particolare sicuramente Juan Pinilla parlando con l’indio è venuto a conoscenza di un sito inesplorato all’interno della riserva degli Yacatari” disse Kruger con aria seccata. “Dopo un paio d’ore sono usciti dalla foresta senza le borse ed hanno fatto ritorno alla fattoria” gli fece notare Taylor “Sono sicuramente andati a chiedere il permesso al capo Yacatari, portandogli qualche regalo” fece notare Kruger “Non hai altro da dirmi? Hai notato qualcosa di strano? Hanno cambiato strada
al ritorno? Qualcosa li ha insospettiti?” Kruger era un perfezionista voleva sapere tutto nei minimi dettagli. “Tutto tranquillo, non sospettano niente” disse ancora Taylor “Lo spero, ricordati che queste persone sono molto in gamba, altrimenti non arrivavano a questi livelli in poco tempo e senza mai nessun problema” ribadì Kruger per far capire al ragazzo di non prendere la faccenda alla leggera. “Solo una cosa potrei aggiungere ma non riguarda loro” disse Taylor mentre Kruger sbarrava gli occhi in segno di stupore “nelle vicinanze, sempre nel territorio degli Yacatari c’è una squadra di taglialegna illegali, ma sono proprio ai margini della riserva” “Taglialegna?? Scopri tutto su di loro. Quanti sono, i loro nomi, di dove sono, le loro famiglie, voglio sapere tutto anche quante volte vanno a pisciare” “Bene capo, me ne occuperò subito” rispose Taylor “No aspetta, tu resta sugli olandesi, chiamerò Pedro. Se ne occuperà lui. Avremo bisogno di una sistemazione per lui, cerca di trovare un appartamento in una zona tranquilla” “Pedro?” chiese incuriosito Taylor “Pedro Vidal, un buon elemento ma privo di esperienza sul campo. Ci sarà utile” disse Kruger “Lo conosco, siamo entrati in agenzia lo stesso periodo. Era un cecchino al poligono ma fu assegnato al CED per le sue straordinarie conoscenze informatiche” gli ricordò Taylor “Non più adesso, ha fatto domanda per essere operativo ed è stato assegnato a me. Buona notizia, quella del cecchino non la sapevo, ne dovrò tenere conto” disse sorridendo Kruger “Mi metterò subito al lavoro, conosco un paio di agenzie immobiliari in paese” disse Taylor I due mangiarono di gusto le pietanze portate al tavolo direttamente da Santiago
che si accomodò al loro tavolo per scambiare quattro chiacchiere. Era una persona simpaticissima che li trattenne a lungo facendogli gustare altre cose tipiche del posto, tutte rigorosamente di produzione artigianale. Pagato il conto si salutarono affettuosamente con la promessa di ritornare presto a trovarlo.
4.>LA CITTA’ SEPOLTA
Alle 7.00 David e gli altri erano davanti al magazzino impazienti di iniziare questa nuova avventura. Juan e Urutoya arrivarono pochi minuti dopo a bordo della Mercedes. Juan fece manovra e parcheggiò in retromarcia davanti la porta blindata. Era tutto pronto e non ci misero molto a caricare il materiale sulla Mercedes. “Juan i fucili?” disse David. Ci fu un momento di silenzio. “Fucili? Perché?” chiese Juan con voce sorpresa. “Ieri abbiamo parlato di gas tossici ed andremo con le maschere ed il rilevatore di gas ci dirà se l’aria è salubre, ma un'altra causa del non ritorno è che potrebbero esserci delle bestiacce la sotto, e non vorrei trovarmi faccia a faccia con un giaguaro e per giunta senza un fucile” “Hai ragione, a questo non ci avevo pensato, Juan dove sono i fucili?” urlò Marco “Ce ne sono due nell’armadietto in fondo, la combinazione del lucchetto è tredue-nove” disse Juan mentre cercava di far entrare tutto il materiale in macchina. Dopo poco Max uscì con due bellissimi fucili a pompa Remington 870 color nero con una cinta in cuoio per portarlo a tracolla. “Wow” esclamò Marco “non pensavo avessi questi due gioiellini” “Sai come si usano?” gli chiese Juan ironizzando. “Se qualcosa si muove laggiù te lo farò vedere” “Mmmmmm, dovrò camminarti sempre vicino” disse David e tutti scoppiarono in una risata. “David abbiamo solo due fucili, se ci sono davvero delle bestie non è molto sicuro” chiese Max
“Infatti, scenderò solo con Marco”disse David mentre caricava il fucile “resteremo in contatto con i walkie-talkie e poi vedremo il da farsi” “Bene, aspetteremo il tuo ok” disse Max mentre ava l’altro fucile a Marco, poi si voltò verso Lia “Vorrei scendere con loro …………” ma venne interrotto “Fai come dice David, se davvero ci fossero giaguari non conviene rischiare di scendere senza un arma, vedrai che entreremo presto in azione anche noi” rispose Lia con un sorriso che rassicurò Max. In meno di un ora erano nuovamente ai margini della foresta, Juan parcheggiò la macchina nello stesso punto del giorno precedente. Mentre scaricavano il materiale in lontananza percepivano l’incessante rumore dei taglialegna, presero tutto il necessario e si addentrarono nella foresta. Il materiale era stato tutto sistemato a dovere negli zaini che ognuno portava sulle spalle, Urutoya e Max portavano anche delle lunghe corde che sarebbero servite per scendere nella gola. Procedevano in fila indiana con a capo Urutoya seguito da David mentre Marco chiudeva la fila, entrambi impugnando il fucile e pronti ad usarlo in caso di spiacevoli incontri. Il sentiero non era quello che li aveva condotti al villaggio, infatti dopo poche centinaia di metri girarono per proseguire sulla destra su di un sentiero in leggera salita che i rami e la vegetazione stavano ricoprendo. Urutoya procedeva con o regolare benché ogni pochi metri doveva usare il machete per farsi largo tra quella fitta vegetazione. Il rumore delle motoseghe dei taglialegna si sentiva sempre più vicino, ma visto com’era intricata la foresta David non se ne preoccupò molto, senza una guida non li avrebbero mai trovati pensò. Urutoya si fermò davanti ad un dirupo alto una cinquantina di metri “Questo è il punto migliore per scendere” “Pensavo peggio” disse David affacciandosi dal dirupo “Peggio? Volevi il Grand Canyon?”disse Marco David neanche rispose, si infilò l’imbragatura e ò la corda dentro il moschettone, mise la maschera antigas ed il fucile a tracolla poi con il pollice alzato fece segno di essere pronto a scendere. Max e Urutoya tenevano saldamente la corda, lasciandola pian piano con movimenti sincronizzati per dar
modo a David di scendere nel miglior modo possibile. La ripida parete che stava scendendo era intervallata da qualche pietra e tronco d’albero che sporgevano oltremodo, ma David abilmente li evitava dandosi uno slancio con i piedi mentre da sopra mollavano la corda. Arrivato in fondo sganciò la corda dal moschettone che venne recuperata in superficie pronta per essere usata da Marco. Mentre aspettava l’arrivo del suo amico, David prese dalla tasca dello zaino il rilevatore di gas per vedere se l’aria fosse salubre. Il piccolo strumento non aveva rilevato segni di avvelenamento nell’aria, David spense e riaccese il rilevatore ma ancora una volta i valori erano gli stessi. Arrivato in fondo Marco trovò David senza maschera antigas. “Aria pulita?” disse Marco mentre slacciava la corda “Così sembra, il rilevatore l’ha confermato” rispose pensieroso David “Non è un buon segno” disse Marco sicuro di aver letto bene il pensiero del suo amico. “Infatti non lo è per niente, la minaccia a questo punto dovrebbero essere i giaguari. Dobbiamo risalire subito” disse David ando nuovamente la corda a Marco. “Risalire? ” disse incredulo Marco mentre ava nuovamente la corda attraverso il moschettone “Sicurissimo, adesso sappiamo che l’aria è pulita. Ma se incontriamo un giaguaro?” “Abbiamo i fucili David, ti sei forse dimenticato?” disse Marco imbracciando il suo Remington “Appunto, se spariamo metteremo in allarme i taglialegna. E al 99% verrebbero a curiosare. Dobbiamo tornare con delle balestre, i fucili li emo solo in caso di estrema necessità” “Hai ragione, non ci avevo pensato” “Max stiamo risalendo” disse David chiamando con il walkie-talkie
“Qualcosa non va?” rispose immediatamente Max con voce preoccupata. “E’ tutto ok, risaliamo e ti spieghiamo tutto, tirate subito su Marco” disse David Max e Urutoya portarono i due in superficie in brevissimo tempo. “Cos’è successo la sotto David? Perché siete risaliti subito?” chiese Lia preoccupata “La cosa buona è che l’aria è pulita” disse David “Quella cattiva?” chiese immediatamente Lia “Non possiamo usare i fucili, troppo rischioso” rispose David “Come rischioso, sono in perfetto stato” disse Juan sentendosi tirato in causa. “Non intendevo questo Juan” disse David appoggiando la mano sulla spalla dell’amico peruviano “non voglio che i taglialegna ci sentissero” “Scusa David, non ci avevo pensato” disse Juan quasi arrossendo. “Non preoccuparti, torniamo a casa. Andrai con Marco a Cuzco, ci occorrono due balestre” Juan sapeva come muoversi, i tempi in cui rischiava grosso a causa del suo carattere erano ormai un lontano ricordo. Aver conosciuto David e gli altri l'avevano reso, oltre che ricco, un uomo. Non agiva più d'impulso, adesso le sue decisioni erano estremamente ponderate e razionali, tutte cose che aveva appreso frequentando i suoi amici olandesi. Juan aveva un grande pregio, quello di mettersi in discussione e capire i propri errori, aver trovato dei professionisti con cui dialogare e ricevere consigli lo gratificava molto. Lui aveva il compito di piazzare nel più breve tempo tutti gli oggetti e ricavarne il più possibile. In questo Juan non aveva rivali, aveva moltissime conoscenze ed era un maestro nel contrattare, ricavava sempre il massimo da ogni vendita e i compratori restavano sempre soddisfatti.
Da quando Juan era entrato attivamente nel gruppo David decise che da quel momento non lo avrebbero più pagato per i suoi servizi, ma avrebbero diviso tutto il ricavato in parti uguali includendo anche lui.
Juan non aveva compiti operativi all'interno del gruppo, quello spettava agli olandesi che erano dei professionisti in materia, lui si occupava di tutt'altro ed i suoi amici erano pienamente soddisfatti del suo operato. Anche se stimava David e lo riconosceva come un ottimo capo, il suo punto di riferimento era sempre stato Marco. Forse perché grazie a lui era ancora vivo, ma forse perché erano caratterialmente molto simili.
A Cuzco Juan andò subito all'officina Reyes. Sergio era il proprietari dell'autofficina, aveva alle sue dipendenze circa dieci operai, tra i più bravi che si potessero trovare a Cuzco, li aveva convinti a lavorare per lui offrendogli quasi il doppio dello stipendio che solitamente prendeva un capoofficina e questi accettarono con entusiasmo, era diventata un autofficina all'avanguardia, anche se i prezzi erano molto alti la gente si fidava moltissimo e non esitava a lasciargli le proprie auto. I meccanici si occupavano di tutto all'interno dell'officina, dal motore alla carrozzeria ed erano specializzati per ogni marca di auto anche delle più lussuose. Sergio indossava sempre una bellissima tuta da meccanico originale della scuderia Ferrari, rasato e pieno di tatuaggi era un grande apionato di Harley Davidson, possedeva una Black Line ed una Fat Boy. Anche se era un eccellente meccanico, adesso era il capo e non si sarebbe mai sporcato le mani riparando un motore, però provava personalmente ogni macchina prima di riconsegnarla per assicurarsi che il lavoro fosse stato eseguito al meglio.
Oltre che per le Harley Davidson, Sergio aveva una grande ione per le armi.
Se volevi un arma moderna ed in completo anonimato questo era il posto adatto. Sergio li portò in un bunker sotterraneo dove custodiva un piccolo arsenale, ma Juan e Marco erano andati per un arma in particolare. Nel bunker c'erano alcuni tipi di balestre ma la scelta, anche su esplicito consiglio di Sergio, cadde su due magnifiche Desert Stryker. Molto maneggevoli, facili e veloci da caricare e soprattutto leggere pesando appena quattro chili (ottima arma anche per Lia ) pensò Marco mentre la impugnava. Erano dotate di un mirino con zoom 6X a cui Juan su richiesta di David fece aggiungere un mirino laser da poter utilizzare per colpire un bersaglio ravvicinato. Sergio fece montare i due mirini, poi avvolse le balestre in una grossa coperta di lana e successivamente le mise dentro un sacco di juta, ma prima cambiò le frecce da 425 grani in dotazione con la Desert Stryker con quelle di tipo professionali da 620 grani. Juan lo ringraziò per il gesto e pagati i duemila dollari americani pattuiti salutarono Sergio ed uscirò dall'officina. Arrivarono alla fattoria in serata e sistemate le due balestre nell’armadietto di ferro insieme alle altre armi, Juan chiamò due operai e gli ordinò di costruire un bersaglio con balle di fieno o quant’altro. La mattina seguente un forte acquazzone non impedì ai cinque amici di incontrarsi davanti al magazzino. Juan aprì la porta e David si diresse subito verso l’armadietto delle armi. “Con questo schifo di tempo oggi conviene restare qui, faremo un po’ di pratica, queste le ete voi” disse David porgendo le balestre a Max e Marco.
“Preferivo il fucile” disse Max guardando la sua balestra. "No, i fucili sono per me e Lia. Tu sei troppo impulsivo, meglio che prendi la balestra" rispose David accennando un sorriso
"Forse hai ragione, programmi per oggi?" chiese Max
"Farai pratica con la balestra insieme a Marco, segui i suoi consigli se non ricordo male lui è un esperto" gli ricordò David
"Ero esperto, dovrò riprenderci la mano" disse Marco strizzando l'occhio a David "e poi con un gioiellino come questo non ho mai tirato"
"Dov'è il bersaglio?" chiese David voltandosi verso Juan
"Dietro la foresteria"
"Bene, andiamo"
Camminarono lungo la stradina ormai diventata un pantano a causa della pioggia, facendo attenzione a non scivolare quando la strada cominciava a scendere. Il piazzale sabbioso davanti la foresteria sembrava una piscina e lo aggirarono ando quasi a ridosso della staccionata trovandosi così direttamente nel campo dietro la foresteria . Un enorme balla di fieno a forma di ruota era posta a circa settanta metri dall’edificio, gli operai per maggior sicurezza ma soprattutto per non farsi rimproverare da Juan avevano messo in posizione verticale un grosso carro di legno in cui i due lunghi pali che venivano agganciati ai buoi spuntavano da dietro la ruota di fieno per alcuni metri in altezza. Nel caso in cui la freccia avesse traato il fieno si sarebbe certamente fermata sul carro.
David aveva con se diversi fogli con stampato un bersaglio,dal diametro venti per venti, si diresse verso la gigantesca ruota di fieno camminando attraverso l’erba bagnata, attaccò due fogli poi si spostò e fece cenno che potevano cominciare. Dopo un intera giornata di tiri sotto quel diluvio David era molto soddisfatto dei progressi che aveva ottenuto Max. Erano tutti dei perfezionisti ma ormai da qualche ora i due tiratori non sbagliavano mai un bersaglio, così David alzando un braccio fece cenno che l’ esercitazione era terminata, recuperò le frecce e tornarono a casa.
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Vincent Taylor aveva trovato per Pedro un piccolo appartamento indipendente poco distante dal centro di Ollantaytambo, lontano da sguardi indiscreti. L'appartamento si trovava nella periferica via Castillo a poche centinaia di metri dall'albergo dove alloggiavano Kruger e Taylor. Faceva parte di un complesso di appartamenti a schiera, ogni edificio era composto da due appartamenti, uno per piano con un piccolo giardino davanti la porta d'ingresso. Taylor aveva scelto quello al piano terra anche se l'ufficio immobiliare a cui si era rivolto gli aveva fatto presente che erano entrambi liberi.
L'appartamento era completamente arredato e composto da un salone, una cucina, due camere da letto ed un bagno, per un totale di circa ottanta metri quadri. Per l'affitto Taylor dovette lasciare una caparra non rimborsabile se l'inquilino avesse lasciato l'appartamento prima ma la cifra era talmente irrisoria che Taylor accettò immediatamente la proposta, senza neanche visionare l'appartamento e pagando come da contratto i tre mesi d'affitto in contanti.
Uscì dall'agenzia immobiliare già con le chiavi della nuova casa di Pedro, poi si diresse ad un negozio elettronico per acquistare alcune cose di cui Pedro aveva fatto richiesta.
Pedro era arrivato in paese da meno di ventiquattrore ma era talmente determinato che salutato Kruger e messo al corrente dell’ incarico assegnatogli, si mise immediatamente in azione. Erano circa le 22.00 quando bussarono alla porta, Pedro controllò dallo spioncino ed aprì. Alex Kruger entrò e con lui anche Taylor. “Come andiamo,Pedro?” chiese Kruger “Bene capo” “Novità?” “Venite” disse Pedro facendo cenno di seguirli in sala. “Wow, non hai perso tempo” Kruger restò stupito dall’enorme quantità di materiale che si trovava in quella stanza. Pedro aveva trasformato la sala dell’appartamento in una specie di ufficio con pc portatile, stampante e fax messogli a disposizione da Taylor mentre aspettava che il corriere gli consegnasse tutte le altre apparecchiature elettroniche di cui aveva fatto richiesta. “E queste?” disse Kruger guardando delle foto in formato A4 attaccate con del nastro adesivo sulla parete sinistra della sala. “Sono subito andato a fare un sopralluogo, così ho fatto alcune foto” disse Pedro “Hai usato la massima discrezione?” “Certamente, ho un obbiettivo talmente potente che li potrei fotografare da qui” disse Pedro sorridendo mostrando con orgoglio la sua fotocamera digitale in cui aveva montato uno zoom che sembrava un bazooka. “Hai solo le foto?” chiese Kruger
“No ho raccolto anche informazioni” disse con orgoglio Pedro “nel pomeriggio ho fatto ricerche, si tratta di un gruppo di taglialegna abusivi che hanno avuto un permesso dal capo della tribù Yaicatari per tagliare alberi di mogano ai margini della foresta” disse Pedro “Questo lo sapevamo già” lo interruppe Kruger con aria seccata “voglio dell’altro” “Sono nove in totale, questo è il loro capo” disse Pedro indicando la foto di un peruviano sulla cinquantina con capelli e baffi brizzolati ed una faccia poco raccomandabile “Si chiama Emilio Echebarria, meglio conosciuto come El Diablo, ha diversi precedenti tra cui estorsione e rapine e diversi anni ati in prigione”. “Un tipo poco raccomandabile” mormorò Kruger “dove vive?” “Non lontano da qui, in una villetta appena fuori dal paese sulla strada per Cuzco” “Tienilo d’occhio, sicuramente non è lui il capo, in genere queste organizzazioni sono gestite da ricchi uomini d’affari con la complicità di politici” disse kruger mentre continuava a fissare la foto. “Sarà fatto capo” “Degli altri cosa sai dirmi?” chiese ancora Kruger “Tutti peruviani eccetto questi tre che sono americani” disse Pedro indicando tre foto che aveva attaccato leggermente distanti dalle altre. “Lo immaginavo,sappiamo chi sono?” “Non ancora” disse Pedro quasi volendosi scusare “mi sono concentrato su El Diablo ma al massimo domani avrò tutte le risposte” “Bene, fai in fretta. Tre americani che vengono fin quaggiù a lavorare” disse Kruger pensieroso restando qualche secondo in silenzio “quest’organizzazione ha sicuramente agganci nel nostro paese”
“L’ho pensato anch’io” ribatté Pedro “il mogano a foglie larghe è un buon business, un buon albero può valere anche diecimila dollari ed i maggiori clienti di queste organizzazioni illegali sono quasi esclusivamente negli Stati Uniti. Sicuramente questi tre sono qui per scegliere le piante ed organizzarne il trasferimento” “Scopri chi sono e sapremo per chi lavorano” concluse Kruger che poi si voltò verso Taylor “novità sugli olandesi?” “Sono andati di buon ora alla riserva, ma sono tornati alla fattoria verso mezzogiorno” disse Taylor “Così presto?” lo interruppe Kruger “cosa diavolo è successo per andarsene così presto?” “Questo non lo so, ma una volta a casa, Juan Pinilla e suo cognato sono andati a Cuzco da un certo Sergio dove hanno acquistato due balestre. Non ho proprio idea a cosa gli servano, stamattina avevano con loro due magnifici fucili a pompa per difendersi in caso di pericolo” disse Taylor “Non ne hai idea?” disse Kruger quasi rimproverandolo “ti avevo detto che David Krupp è in gamba, forse più di quanto noi immaginiamo e questo lo conferma. Ha sicuramente notato anche lui i taglialegna ed un colpo di fucile rischierebbe di compromettere la loro missione” “Pensi che i taglialegna andrebbero a curiosare?” disse Pedro incredulo “Certo, sono li illegalmente e non vogliono problemi nel loro territorio, non hai pensato perché ti sto facendo fare ricerche su di loro?” disse Kruger rimproverando anche Pedro “ragazzi vi ho detto di non prendere decisioni senza avermi prima consultato, ma cercate di usare il cervello perché ogni mossa che fanno è un tassello di un puzzle che noi dobbiamo costruire ed ogni tassello è strettamente correlato ad un altro” “Hai perfettamente ragione capo, scusaci” disse Taylor vergognandosi di aver fatto la figura del pivello. “Ok, ci siamo detti tutto. Qualsiasi novità mettetemi al corrente altrimenti mi faccio vivo io tra qualche giorno” concluse Kruger uscendo dall’appartamento.
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David aprì la porta con in mano una tazza di te verde che solitamente beveva la mattina appena alzato, con sorpresa il sole risplendeva in un bellissimo cielo azzurro. Decise di sedersi sulla grande sedia a dondolo posta sotto la veranda sulla sinistra della porta ad aspettare gli altri che ancora si stavano preparando. Juan e Urutoya arrivarono come sempre in leggero anticipo rispetto l’appuntamento, scesero dalla macchina e salutarono David.
“Andate a caricare il materiale, non voglio fare tardi stamattina” disse David “Ancora dormono?” disse incredulo Juan “ digli di sbrigarsi tra dieci minuti siamo di ritorno” Mentre Juan andava al magazzino David rientrò in casa ed urlando chiamava i suoi amici dicendogli di fare in fretta. La strada che li conduceva alla riserva era un vero e proprio pantano, il fango aveva ricoperto letteralmente la jeep che ormai il colore della carrozzeria era praticamente irriconoscibile, soltanto il parabrezza era pulito poiché per vedere la strada Juan teneva costantemente azionati i tergicristalli e spruzzava acqua ripetutamente. “Alle mie spalle c’è qualcuno che sta curiosando” disse David avvicinandosi a Marco mentre scaricavano la macchina. “Sei sicuro? Forse è solo una tua impressione” rispose Marco per non creare allarmismi. “Sono sicuro, fidati. Voltati lentamente verso la collina da dove siamo venuti, c’è qualcuno con un binocolo, noterai il riflesso delle lenti” ribadì David Mentre scaricava Marco cercava di captare il riflesso di cui parlava David.
“L’ho visto” disse finalmente Marco “pensi ai taglialegna?” “Non credo, forse nemmeno sanno che siamo qui” rispose David. “Che succede?” disse Max sentendo i due bisbigliare. “Qualcuno ci sta spiando” disse perentorio Marco “Facciamo finta di niente, ed entriamo nella foresta, parleremo strada facendo” concluse David “Chi potrebbe essere?” chiese Lia preoccupata “non ci era mai successo prima” “Forse non ce siamo mai accorti” “Lo credi davvero?” disse Lia, a cui la risposta di David non era piaciuta affatto “Sinceramente non lo so, ma le opzioni sono diverse. Potrebbero essere i taglialegna come dice Marco, ma mi sembra molto strano, siamo stati molto discreti e sicuramente non sanno neanche che siamo qui” “Quindi?” lo interruppe Lia “Forse un curioso o un cacciatore di frodo che ci ha visto arrivare con la macchina e vuole sapere chi siamo e questa sarebbe l’opzione migliore per noi” disse David “E la peggiore?” chiese ancora Lia “Come ti ho detto prima, qualcuno che ci sta spiando. Qualcuno che sa che stiamo cercando qualcosa. E vuole sapere cosa” concluse David “Cosa pensi di fare?” chiese Marco “Continuiamo come se nulla fosse, stasera avvertiremo il generale di quest’inconveniente, ce lo dirà lui chi ci sta spiando” “Il generale è a Lima” gli fece presente Max mentre camminavano in fila indiana lungo il sentiero “Il generale è molto potente e manderà qualcuno ad investigare, e poi se oggi
troviamo qualcosa di interessante la sotto verrà lui in persona a smascherare chi ci sta spiando” disse David accennando un sorriso e facendo scoppiare in un risata gli altri. David come ogni volta scese per primo, seguito da Marco,Max e per ultima scese Lia. La discesa a causa della pioggia caduta ininterrottamente il giorno precedente era da affrontare con molta cautela, così decisero di scendere solo con le armi lasciando tutto il resto in superficie. I quattro, anche se si trovavano in situazioni estreme erano talmente esperti che non ebbero nessuna difficoltà ed in pochissimo tempo erano tutti scesi ad aspettavano che da sopra Juan e Urutoya facevano scendere gli zaini.
"Occhi aperti come sempre" disse David come ogni volta rivolgendosi ai suoi amici. Non si sarebbe mai perdonato se a qualcuno di loro fosse capitato qualcosa di spiacevole.
"Non preoccuparti, sappiamo quello che dobbiamo fare" disse Lia strizzando l'occhio .
"Certo che lo so, ma un ambiente simile non lo abbiamo mai trovato in precedenza, cerchiamo di usare la massima prudenza" rispose David sempre più premuroso
"Ok, capo" rispose Lia cercando di sdrammatizzare conoscendo bene il carattere di David "Bene, le ultime cose prima di dividerci, i fucili vanno usati solo in caso di estrema necessità " disse David guardando Lia annuire "ed i walkie-talkie sempre accesi e cerchiamo di usarli spesso. Io e Marco andremo verso est, voi due verso ovest ogni tanto lasceremo dei segni con la vernice in modo da ricordarci dove siamo ati. Se il segnale dei walkie-talkie scompare cerchiamo di accentrarci"
"D'accordo David" disse Max con in mano la sua balestra che scalpitava per mettersi in azione
"Bene, se non ci incontriamo prima ci vediamo qui fra cinque ore" disse David mentre guardava l'orologio "esattamente alle tre"
"Ok, andiamo" disse Lia dirigendosi verso ovest facendosi largo tra la fitta vegetazione. “Aspetta” le urlò Max “vado avanti io che ho il machete” e scomparvero tra la fitta vegetazione. David cominciò a camminare tirando colpi di machete per farsi strada mentre Marco impugnava saldamente la sua balestra pronto ad usarla in caso di pericolo. “Perché segui questa direzione?” chiese Marco notando che da diversi minuti David camminava lungo il perimetro della gola. “Qualcosa non mi quadra” rispose mentre guardava costantemente il precipizio “Cosa esattamente” disse Marco che non capiva a cosa alludesse l’amico. “Guarda questo dirupo, cosa ti sembra?” “Non saprei sei tu l’esperto, che idea ti sei fatto?” chiese Marco sempre più incuriosito. “A prima vista questa vallata sembrerebbe il cratere di un vulcano, ma non è così ne sono più che certo” “Quindi?” domandò Marco “Sembrerebbe sprofondata in basso, non so come sia potuto accadere ma ho questa sensazione” disse David
Marco si fermò a guardare il dirupo ed anche lui cominciava ad avvalorare questa teoria. “Non entro nel campo della geologia che non ne so niente ma osservando bene dove siamo, in effetti solo dei pazzi potevano scegliere un posto simile, senza vie di comunicazione questo paese era praticamente destinato a morire” disse Marco “Appunto, se nessuno costruirebbe un paese in un posto simile, perché c’è un paese quaggiù?” chiese David perplesso “Non dimentichiamoci che questa gente ha costruito Machu Picchu” disse Marco sorridendo “forse volevano contrapporsi a loro” “Non scherzare, non può essere. Qui c’è qualcosa di strano. Sicuramente è successo qualcosa, queste pareti sono tagliate in maniera quasi perfetta sembrerebbe un sinkhole gigantesco” “Un sinkhole?” disse Marco che conosceva il termine ma non ne conosceva la causa. “Uno sprofondamento della terra, generalmente di forma circolare” gli spiegò David “Dovuto a cosa?” chiese ancora Marco incuriosito “In genere un dissesto idrogeologico dovuto a forti piogge con un successivo periodo di siccità, a volte una forte scossa sismica oppure causati dall’attività dell’uomo, ma credo sia impossibile qui” spiegò David “Quindi potrebbe essere successo qualcosa del genere?” “Razionalmente potremmo dire di si, ma è una superficie talmente vasta, non si conoscono sinkhole tanto grandi. Non so perché ma mi ritorna in mente il capo tribù e la storia della maledizione” “Mmmmm non è da te, adesso non pensiamoci più, conviene proseguire la marcia” disse Marco David cominciò a farsi strada verso l’interno della gigantesca voragine sperando
di trovare delle risposte ai suoi dubbi lungo il cammino. Nel frattempo Max continuava con forza a tagliare rami e sterpaglie col suo machete per rendere il cammino a Lia il più agevole possibile. La sua compagna lo seguiva come un ombra imbracciando il fucile a pompa con entrambe le mani e girandosi frequentemente con la speranza di non fare brutti incontri. Ricordava benissimo le raccomandazioni che David gli aveva dato, sparare solo in caso di estremo pericolo, per questo motivo controllava spesso intorno a se, in modo da poter avvertire per tempo Max che avrebbe potuto così usare la sua balestra. Una Piha urlatrice li accompagnava con il suo cinguettio lungo la marcia, non era facile vederle ma si facevano sentire con tutto il loro baccano che rimbombava nella foresta, ai due non dispiaceva sentirle ma copriva ogni rumore che avrebbe potuto metterli in preallarme in caso di pericolo.
"Ci siamo" esclamò Max appoggiando i piedi su una strada lastricata di mattoni
"Cosa hai trovato?" Rispose incuriosita Lia
"Una strada, il paese deve essere vicino" disse Max continuando a camminare lungo la strada
"Avviso David" disse Lia mentre prendeva il walkie-talkie che aveva agganciato alla cintura.
"David, sono io"
"Dimmi Lia, come va?" rispose immediatamente David
"Tutto ok, nessun brutto incontro fino a questo momento ed abbiamo trovato una strada, forse stiamo andando verso il paese" disse entusiasta Lia
"Bene, anche noi ci stiamo dirigendo verso l'interno ma vediamo solo una fitta vegetazione"
" Cercate di trovare una strada , poi la via sarà più libera" disse Lia
"D'accordo restiamo in contatto"
Lia riagganciò il walkie-talkie nella cintura e proseguì la marcia.
“I dubbi sono ati?”chiese Max “Non ancora” rispose perentorio David mentre si faceva largo in quel groviglio di erbacce. “Perché non hai detto niente a Lia?” “Non voglio creare allarmismi, forse è solo una mia sensazione e niente di più” disse David “Le tue sensazioni le conosco bene, non hai mai fallito. Ma quello che pensi adesso non ha nulla di razionale” “Appunto, cerchiamo questa strada e proviamo a riunirci agli altri” disse David che in cuor suo sperava vivamente che la sua sensazione fosse sbagliata, non
credeva così diceva (o forse non voleva credere) a stregonerie e sortilegi vari, ma sapeva che potevano esistere soprattutto in posti simili. Camminarono ancora del tempo finché anche David non calpestò un pavimento di mattoni, era la strada come quella che qualche minuto prima avevano trovato Max e Lia. “Abbiamo trovato la strada” disse avvisando Marco che era sempre dietro di lui. “Molto bene” “Non direi” disse David pensieroso “Cosa succede adesso, volevi restare a tagliare rami col machete?” “No, assolutamente. Ma guarda questa strada.” disse David mentre si chinava a guardare il lastricato sotto i suoi piedi. “In effetti non è quello che pensavo” disse Marco mentre fissava la strada. “Abbiamo trovato un paese del tardo periodo Inca se non più recente” “Proseguiamo e speriamo di fare ugualmente buoni affari” disse Marco accennando un sorriso “Lia mi senti?” disse David mentre cominciò a camminare lungo la strada ormai quasi libera dalle erbacce, adesso c’erano solo alti alberi dalle cui chiome filtravano dei piccolissimi spiragli di luce. “Benissimo David, dimmi” rispose Lia “Abbiamo trovato la strada, ci stiamo dirigendo verso il centro” disse David “Anche noi ci stiamo dirigendo verso il paese” “Vedendo la strada non sarà così vecchio come ci aspettavamo” “L’abbiamo notato anche noi, periodo Inca se non sbaglio” disse Lia “Esatto, ci vediamo dopo” concluse David.
Un lunghissimo muro in pietra alto circa tre metri circondava il paese, era favoloso, tutte quelle pietre incastrate perfettamente una all’altra che David non esitò a prendere la macchinetta fotografica dallo zaino per immortalare quell’opera tanto perfetta. Lasciò la macchinetta appesa al collo, perché era sicuro che all’interno gli sarebbe servita e prosegui lungo il perimetro cercando una via d’accesso al paese. “E’ fantastico, ancora intatto sembra stato fatto di recente” disse Max fissando l’altissimo muro di cinta “E invece è qui minimo da quasi seicento anni” “Incredibile, mai visto nulla di simile” disse Max “Cerchiamo l’ingresso, forse anche il paese sarà intatto” disse Lia che non vedeva l’ora di esplorare il paese. “David e Marco sono già dentro” disse Max mentre camminavano lungo il perimetro “Ne sei sicuro?” disse Lia “C’è della vernice su quell’albero e l’ingresso è proprio di fronte” disse Max Il paese non era molto grande, erano circa ottanta case e una quarantina di templi costruite in forma concentrica con al centro un grande palazzo. In genere tutti le città Inca venivano costruite in questo modo, man mano che si procedeva verso il centro si trovavano i ceti più abbienti. Anche le case come le mura di cinta erano tutte in ottimo stato anche se tutte prive di tetto. Gli Inca per contrastare le intemperie costruivano in genere tetti spioventi in paglia, un materiale che a differenza della pietra non può resistere tutti quegli anni. Le case erano tutte costruite con pietre aderenti una all’altra in un fantastico puzzle, tutte incastonate a secco senza il bisogno della malta per farle aderire. Il clima umido aveva favorito la crescita di edera in quasi tutti i muri delle case e i giganteschi alberi che si innalzavano verso il cielo avevano creato uno scudo mimetico che nascondeva il paese dalla vista di aerei ed elicotteri anche se sarebbero volati a bassa quota. “Dove siete?” chiese Lia parlando al walkie-talkie
“Dall’ingresso dove abbiamo lasciato il segno di vernice siamo nel secondo tempio sulla destra” rispose David Max e Lia tornarono indietro per incontrarsi con gli amici. “La prossima volta veniamo insieme, non c’è bisogno di dividersi” sentenziò Max “Sono d’accordo” disse Marco mentre cercava qualcosa all’interno del tempio. “Ragazzi facciamo un giro, qui intorno fra un ora usciamo” disse David “Un’ora soltanto?” disse meravigliato Max “Si, per oggi va bene così” replico David “Cosa ti turba David, non ti ho mai visto così” disse Lia vedendo David poco tranquillo. “Sta cominciando a credere alla maledizione” disse Marco sorridendo a Lia “La maledizione? Non ci posso credere, è uno scherzo vero?” replico Lia “Non del tutto” disse David “Cosa significa, hai visto qualcosa?” “Cosa intendi per qualcosa?” disse David “Spiriti, spettri” disse Lia preoccupata “Ma dai, niente di tutto questo”rispose David con una specie di sorriso “Allora cosa intendi? Sei una persona talmente razionale, se dimostri un dubbio mi fai seriamente preoccupare” “Sai dove siamo?” disse David “In una gola o forse in un cratere” disse prontamente Lia “Penso invece che siamo in un sinkhole” disse David
“So cos’è, tu lo credi davvero?” “Si, ne sono certo” disse David aggrottando la fronte “Non ne ho mai sentito di così grandi” “E’ un sinkole gigantesco, sprofondato per circa sessanta metri, ed aspettavo di vedere il paese per poter dire che qualcosa non quadra” disse David mettendosi le braccia sui fianchi. “Cosa?” chiese preoccupato Max “Sembra che questa vallata sia caduta su un enorme cuscino,è rimasto tutto intatto” rispose David “Forse ti ha suggestionato la storia del capo tribù, che ne pensi Marco?” disse Max “Ti ripeto quello che ho detto a David, soltanto dei pazzi avrebbero costruito un paese qua sotto” disse categorico Marco “In effetti non hai tutti i torti, ma non voglio credere alla storia della maledizione” disse Max “D’accordo restiamo insieme e tra un’ora usciamo” concluse David "Forse anche qui non troveremo quello che stiamo cercando" disse Max
"Non pensarlo nemmeno" intervenne David con aria seccata "questo potrebbe essere davvero il posto giusto"
"Non prendertela David" disse Max mentre in ginocchio si allungava sotto una specie di altare "anche se non fosse il posto giusto il viaggio ce lo siamo ripagato"
Max mostrò agli altri una splendida maschera in oro, forse appartenente al sacerdote del tempio, era così grande da coprire il viso di uomo ed all’estremità in alto aveva una specie di cresta che forse rappresentava i raggi del sole e due buchi per permettere agli occhi di vedere.
"Wow, è fantastica" sentenziò Lia
"Facciamo un giro qui intorno, se questo paese è stato costruito come Machu Picchu, e come grandezza ci assomiglia molto, dovrebbero esserci una quarantina di templi" disse David
"Non abbiamo molto tempo però " disse Lia con voce sconsolata
"Non preoccuparti Lia, di tempo ne abbiamo a sufficienza, l'aereo per Amsterdam non parte domani" gli ricordò David
"Lo spero" disse Lia sbarrando gli occhi" Certamente, prima di partire dobbiamo ripulire tutto ma cerchiamo soprattutto di trovare la cosa che cerchiamo e che ci ha fatto venire nuovamente in Perù " gli ricordò David C’erano talmente tante cose da prendere che i quattro potevano scegliere cosa mettere negli enormi borsoni che avevano piegato con cura e messo negli zaini, decisero però di portare tutti gli oggetti all’interno del tempio dove si erano incontrati precedentemente. Era un andirivieni, anche se avevano pochissimo tempo a disposizione non fecero le cose in fretta, sapevano come cercare e dove cercare ma soprattutto erano consapevoli che sarebbero tornati per più giorni in quel sito e per la prima volta potevano lavorare alla luce del sole e senza la paura di essere scoperti. Ogni edificio che scrupolosamente controllavano lo
segnavano all’ingresso con la vernice, in modo da non tornarci in seguito. “Ok ragazzi, vediamoci al tempio fra cinque minuti” disse David al walkie-talkie mentre appoggiato ad una colonna li stava aspettando. Gli altri arrivarono a breve portando ancora moltissimi oggetti ritrovati nelle abitazioni e li posarono per terra accanto alle altre cose portate precedentemente. Era un piccolo tesoro, in tutti quegli anni non avevano mai trovato una tale fortuna in così poco tempo “Bene, carichiamo il più possibile, per oggi abbiamo finito” disse David Cominciarono a riempire gli enormi borsoni preferendo soprattutto le cose in oro e in metallo, poi statue e vasi mettendo tra essi degli strati di foglie per evitare che si rompessero. I quattro borsoni erano quasi tutti pieni, uscirono dal tempio ripresero la strada del ritorno. “Juan stiamo arrivando” disse Max quando era quasi giunto in prossimità del precipizio “Finalmente, mando giù la corda” rispose Juan al walkie-talkie contento di sentire la voce del suo amico “Bene, mandiamo prima su i borsoni” “Caccia grossa?” disse Juan incuriosito “Caccia d’elefanti” rispose Max sorridendo “Musica per le mi orecchie” disse Juan lanciando la corda nel precipizio. Legarono insieme i quattro borsoni che Juan e Urutoya in un attimo recuperarono, poi salirono tutti gli altri che Juan abbracciò uno ad uno felicissimo di rivederli.
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Pedro aveva preso molto sul serio il compito che gli era stato assegnato, era la prima volta che aveva un incarico operativo e non voleva deludere l’agenzia ma soprattutto Alex Kruger il quale si fidava molto di lui. In questi primi due giorni aveva dormito pochissimo per raccogliere più informazioni possibili sui taglialegna ed i risultati erano più che positivi. Per non fare una brutta figura aveva controllato una decina di volte le cartelle che aveva preparato per Kruger, nove cartelle in totale, una per ogni operaio. Aveva fatto un ottimo lavoro, ne era sicuro e non vedeva l’ora di mostrarlo a Kruger. Alle 12.00 come da accordi presi telefonicamente Alex Kruger parcheggiò la sua Toyota Corolla, presa a noleggio, lungo la strada e si avviò verso il piccolo cortile dell’appartamento, Pedro lo vide dalla finestra ed andò immediatamente ad aprire la porta. “Ciao Pedro, novità?” “Si capo” disse Pedro chiudendo la porta Kruger si mise seduto sulla poltrona vicino il caminetto, accavallò le gambe e guardò il suo iphone per vedere se aveva ricevuto delle email. “Prendi un caffè? L’ho appena fatto” disse Pedro “Si grazie, con latte senza zucchero” disse Kruger rimettendo il telefono nel taschino della camicia. Pedro andò in cucina e tornò con due tazze di caffè fumanti, diede la tazza di caffè con latte a Kruger poi si voltò e prese dalla scrivania le cartelle che aveva preparato “E’ tutto qui” disse Pedro appoggiandole sul tavolinetto vicino alla poltrona. “Sembrerebbe un buon lavoro” disse sentendo la consistenza delle nove cartelle. “Ho fatto del mio meglio, capo” disse Pedro con orgoglio “Lo so” disse Kruger guardandolo fisso negli occhi. Pedro rabbrividì, sentiva che in quello sguardo ed in quelle due parole c’erano la
stima che Kruger provava per lui “Spero che quello che troverà scritto, sia quello di cui hai bisogno capo” “Le studierò più tardi in albergo, dimmi intanto degli americani” chiese Kruger “ I tre americani si chiamano McTash, Connors e Blade.
I primi due hanno piccoli precedenti per rissa e resistenza, mentre Blade è pulito, è uno degli uomini di fiducia del sig.Cooper, della Cooper & Sail” “Lo conosco, è un armatore di Houston se non ricordo male” lo interruppe Kruger “Esatto, una delle persone più ricche degli Stati Uniti” confermò Pedro “Non sapevo avesse affari pochi chiari in Perù” disse Kruger mentre apriva la cartellina riguardante Blade “Nessuno lo sapeva finché non abbiamo identificato Blade, è grazie a lui che sono risalito a Cooper negli Stati Uniti” disse Pedro “Hai pensato pure di mettere sotto controllo la Cooper & Sail” disse Kruger sorridendo. “Certamente, però non posso. Questo spetta a te capo” ribatté prontamente Pedro. “Bravo il ragazzo, farai strada” disse Kruger mentre notava per la seconda volta un aria compiaciuta nel volto del ragazzo “ avviserò subito il vice direttore” “Da come ho capito El Diablo non ha voce in capitolo eccetto per trattare con gli indios e i peruviani, chi comanda è Blade che si occupa anche della logistica e gli altri due americani oltre a lavorare gli guardano le spalle” disse Pedro sorseggiando il suo caffè. “Dovrebbe essere sicuramente così” annui Kruger "Un altra cosa capo, ieri sera Blade era a cena con il giudice Pablo Gonzales di
Cuzco, uno dei più influenti della regione" disse Pedro
"Non lo conosco, sicuramente gli piace il profumo dei dollari"
"Sembrerebbe proprio di si" annuì Pedro
"Quindi il loro appoggio qui è un giudice, buona scelta per non finire in prigione. Ma se sgarrano troveranno aperta quella di San Quintino" disse con fermezza Kruger
“Ne sono certo” aggiunse Pedro “Degli altri cosa sai dirmi” “Tutti lavoratori della zona e tutti avanzi di galera” “Chi potrebbe lavorare nell’illecito? Soltanto chi non rispetta la legge” disse Kruger guardando nuovamente il suo telefono “bene vedi se scopri dell’altro, ne avremo sicuramente bisogno. Vedrai che appena fiuteranno il profumo dei soldi ci si piomberanno come falchi” “Ma noi non glielo permetteremo” “Ne puoi star certo, non saranno questi rubagalline a mandare a monte mesi e mesi di ricerche” concluse Kruger alzandosi e salutando Pedro
5.>IL GENERALE GUTIERREZ
Il generale Diego Gutierrez e sua moglie scesero dalla Mercedes nera proprio davanti l’ingresso dell’Hotel Hilton di Lima. Ad attenderli sul tappeto rosso i soliti fotografi ed un signore dello staff in smoking che li accompagnò all’interno. Il generale come sempre per queste occasione indossava la sua divisa da cerimonia ornata da decine di medagliette che forse nemmeno lui sapeva a cosa si riferissero, ma le donavano prestigio e questo lo riempiva d’orgoglio. Sua moglie una bellissima donna, anche lei molto a suo agio in queste situazione indossava un vestito nero che non copriva le spalle mentre un foulard rosso gli scivolava dietro la schiena con le estremità appoggiate sugli avambracci. Si diressero verso il ricevimento sottobraccio sorridendo e scambiando battute con i fotografi. Una grande sala con moltissimi tavoli di forma rotonda apparecchiati con tovaglie bianche e ornati da pregiati vasi in cristallo riempiti di rose rosse accolsero i due invitati. All'interno c'erano già molte persone che vedendo il generale in sala si avvicinarono per salutarlo, il generale e sua moglie erano ormai diventati delle celebrità negli appuntamenti mondani. Il tavolo a lui assegnato era composta dal console americano a Lima, dal magnate della TV Nico Reyes e dal ministro dell'economia del Perù Emilio Suarez tutti con le rispettive consorti. L'atmosfera tra i commensali era cordiale e non mancavano le risate soprattutto per le battute di Reyes a cui si aggiungevano le pronte repliche del generale che tra amici svestiva i panni del rigido militare risultando con le sue battute di fino umorismo molto simpatico.Nella sala i sommelier giravano continuamente tra i tavoli versando dell'ottimo vino bianco frizzante come aperitivo, mentre i camerieri cominciavano ad entrare in sala con pentole in porcellana fumanti pronti per servire un profumatissimo brodo di pesce.
Il generale si alzò di scatto, chiese scusa ai presenti e si allontanò dirigendosi verso il giardino. Il suo telefonino aveva emesso un beep e quel suono lui lo teneva impostato solo per Juan. Doveva essere successo qualcosa pensò preoccupato mentre camminava tra i tavoli per raggiungere il giardino, oppure ricevere bellissime novità pensò successivamente. Ma purtroppo il primo
pensiero era quello dominante e che lo rattristava, doveva sapere subito perché Juan lo stesse cercando. Prese il telefonino dalla tasca interna della giacca e cercò nella rubrica il numero di Juan.
“Generale sono Juan” “Ciao Juan cosa è successo?” disse preoccupato il generale “Le o subito David, ha bisogno di parlarle” “Buonasera generale” disse David “Buonasera David, per cercarmi non saranno buone notizie” “Perché no?” disse David che sentendo la voce preoccupata decise di dare prima al generale la notizia che aspettava sentire “Bene, mi rincuora questo. Dimmi tutto.” “Adesso può davvero andare in pensione” “Tanta roba?” chiese il generale incuriosito “Se continua così questa spedizione sarà più fruttuosa di tutte le altre messe insieme” “ Una bellissima notizia, ho sempre detto che siete i migliori” aggiunse il generale “Grazie per i complimenti, da lei sono sempre ben accetti” gli rispose David sapeva che aveva toccato il suo punto debole, il guadagno, e adesso poteva chiedergli qualsiasi cosa “Abbiamo solo un piccolo problema” aggiunse David “Quanto piccolo?” disse il generale aggrottando le ciglia. “Ho l’impressione che qualcuno ci stia spiando”
“E’ una tua impressione oppure hai delle prove?” chiese il generale infastidito al solo pensiero che qualcuno poteva intromettersi nei suoi affari. “Stamattina su una collina ho visto il bagliore di una lente, era qualcuno con un binocolo ne sono certo” “Che pensi di fare?” chiese il generale “Puoi mandare qualcuno a controllare?” chiese David “Dimmi il posto preciso” disse il generale mentre camminava nervosamente nel giardino cercando di stare lontano dalle persone “La collinetta di Santo Isidoro, sul versante che guarda la riserva Yacatari, dovrebbe essere subito dopo la chiesetta, così mi ha detto Juan” “Domattina evitate di andare, manderò una pattuglia da Cuzco a controllare” disse il generale “Voglio sapere chi è” disse deciso David “Certo avrà un interrogatorio per spiegare cosa faceva lassù, poi ti metterò al corrente” “Grazie generale, aspetto sue notizie” Appena agganciò il telefono il generale chiamò subito il capitano Ortega a Cuzco e gli diede tutte le direttive per l’indomani mattina poi rimesso il telefonino nella tasca tornò al ricevimento.
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Vincent Taylor uscì come tutte le mattine alle 7.30 dall'Hotel Estrella dopo aver fatto una ricca colazione e si diresse con la sua Subaru Impreza verso la collina di Santo Isidoro. Parcheggiò davanti la chiesetta, aprì il portabagagli e prese la borsa sportiva dove aveva messo una coperta, il binocolo e la macchina
fotografica poi ando davanti la piccola cappella intitolata al santo si fermò un istante davanti la porta che a quell'ora era già aperta e guardò all'interno. Anche se dentro era molto buio, le luci delle candele lasciate accese dalla sera prima illuminavano l'ambiente facendo intravedere le due file di banchi posti di fronte l'altare desolatamente vuoti. Si fece il segno della croce e continuò il suo cammino, giunto nel punto dove era solito osservare l'arrivo degli olandesi, posò la borsa, prese la coperta e la distese. Il cielo era di un azzurro intenso e sarebbe stata una bellissima giornata calda pensò mentre guardava verso l'alto, poi si sdraiò pancia a terra sulla coperta con il binocolo tra le mani ad aspettare l'arrivo della Mercedes di Juan. Il capitano Ortega prestava servizio nella caserma militare di Cuzco che era un distaccamento della caserma de Los Santos di Lima comandata dal generale Diego Gutierrez. La telefonata ricevuta la sera precedente aveva riempito d'orgoglio il capitano Ortega che scelse accuratamente gli uomini per non fare brutta figura nei confronti del generale. Dal tono della telefonata aveva percepito che il suo superiore ci teneva particolarmente e sentirsi chiamare personalmente da lui aveva provocato in Ortega una forte emozione che la notte quasi non riuscì a dormire. Per accompagnarlo in questa missione scelse il sergente Chávez, e due soldati che conosceva molto bene, tutti militari in gamba di cui si fidava ciecamente. Salirono sulla jeep con alla guida il sergente Chávez e si diressero alla volta di Ollantytambo, il capitano Ortega era seduto davanti e continuava a studiare la mappa dove con una biro rossa aveva cerchiato la collinetta dove dovevano dirigersi. La jeep procedeva a velocità sostenuta lungo la strada per Ollantaytambo, il tempo splendido e il traffico molto scarso permise ai militari di arrivare in anticipo rispetto all’orario previsto. La strada che portava in cima alla collina non era asfaltata e la jeep lasciava dietro di se un enorme nube di polvere, motivo di esclamazioni poco piacevoli verso i militari da parte di alcuni pastori che si trovavano nelle vicinanze della strada.
"Questo deve essere il posto e questa la sua macchina" disse il capitano Ortega vedendo la Subaru Impreza parcheggiata davanti la chiesa.
"Sicuramente, Signore" non era difficile immaginarlo pensò il sergente Chávez essendo l'unica auto che sostava nel parcheggio.
"Andiamo a conoscere questo signore" disse il capitano aprendo la portiera della macchina.
I quattro militari scesero dall'auto e si diressero verso la piccola chiesa, il capitano fece segno con la mano ad un soldato di entrare a controllare e questi entrò per vedere se il sospettato fosse all'interno della chiesetta.
"E' vuota, Signore" disse uscendo quasi subito. "Bene, cerchiamo qui intorno" disse il capitano
"Il sospettato è pericoloso?" chiese il sergente Chávez mentre appoggiava la mano sulla pistola
"Non credo, ma prestiamo la massima attenzione" si raccomandò il capitano Ortega
"Ma cosa ha fatto di preciso" chiese ancora il sergente.
Il capitano Ortega sembrò spiazzato da questa domanda, neanche lui sapeva il motivo perché era li. Stava soltanto eseguendo un ordine datogli dal suo comandante al quale non aveva chiesto nessuna informazione.
"Ancora niente, dobbiamo solo fargli qualche domanda e sapere chi è, forse sta progettando qualcosa. Questi sono gli ordini" rispose prontamente il capitano Ortega. “Buongiorno signore, può mostrarci i documenti per favore” chiese gentilmente il capitano in piedi a pochi metri da Vincent Taylor. Taylor si girò di scatto e trovò quattro militari dietro di lui, ancora sdraiato sulla coperta con una rapida occhiata studiò i quattro, non era quello il momento di fare l’eroe ma mentire per non far saltare la copertura come gli aveva raccomandato Alex Kruger. “Certamente, li prendo subito” disse Taylor cercando di mostrarsi il più calmo possibile per non destare sospetti, prese il aporto dalla tasca della giacca e lo porse al capitano. “Vincent Taylor” disse il capitano “Esatto, sono io” rispose prontamente “Americano” “Si” “Cosa l’ha spinta fin qui?” domandò il capitano “Faccio birdwatching” “Un posto insolito, ne conosco di migliori”disse il capitano incuriosito da quella risposta “Un posto bellissimo direi, c’è il aggio di diverse specie di uccelli che in questo periodo vengono a nidificare nella foresta” “Capisco” disse il capitano che non aveva creduto nemmeno ad una parola di quella storia. Vincent accennò un sorriso, sperando di aver concluso così l’incontro e rimettersi al lavoro
“Dove alloggia signor Taylor” chiese il capitano cogliendo di sorpresa Vincent “Ad Ollantaytambo, all’Hotel Estrella” “E’ qui in vacanza?” “A dire la verità sono in Perù per lavoro, qui ad Ollantaytambo per una meritata vacanza” “Dove lavora?” “La mia società in Perù a sedi a Lima e Cuzco” “Ed è venuto fin qui?” chiese sempre più sospettoso il capitano “Come le ho detto è un ottimo posto per fare birdwatching” “I documenti sono a posto Capitano” disse il sergente Chavez dopo aver ricevuto risposta dalla centrale. “Bene, grazie per la collaborazione. Le auguro una buona giornata” disse il capitano porgendo il aporto. “Buona giornata anche a lei, capitano” rispose Taylor.
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David e gli altri decisero di seguire il suggerimento datogli dal generale Gutierrez e quella mattina restarono a casa riposando fino a tardi. David come sempre fu il primo a svegliarsi, prese la solita tazza di te verde ed uscì, guardò il cielo e vide che era una bellissima giornata e questo aumentò la sua frustrazione per aver perso un giorno di ricerche. Decise quindi di non sprecare inutilmente il tempo e si diresse verso il magazzino, avrebbe cominciato a catalogare e sistemare i reperti trovati il giorno prima nell'attesa di ricevere la telefonata che stava aspettando. Il generale Gutierrez quella mattina era un vulcano in eruzione, una
volta ricevute le notizie che aspettava dal capitano Ortega, mise in moto la sua macchina organizzativa per raccogliere più informazioni possibili da are a David. Ormai esausto e sicuro del buon lavoro svolto, prese il telefonino che aveva appoggiato sulla scrivania e chiamò Juan
"Pronto generale, sono David"
"David? Ero sicuro di aver chiamato Juan" disse il generale per rendere la conversazione non troppo pesante
"Infatti non ha sbagliato, ho soltanto risposto io"
"Bene, ho qualcosa che ti può interessare" disse il generale
"Mi dica tutto" rispose David mentre appoggiava il telefonino sul tavolo ed azionava il viva voce per far sentire anche agli altri.
"Si chiama Vincent Taylor, per caso lo conosci?" chiese il generale
David si guardò con gli altri che all'unisono scossero la testa
"Mai sentito prima d'ora" rispose David
"Ti sto inviando una foto"
David aprì il messaggio e guardò la foto ma non lo conosceva, ò il telefonino agli altri ma le risposte furono ancora negative
"Buio pesto, generale" disse ancora David
"Lei cosa ha scoperto invece"
"Al mio capitano che l'ha beccato sul posto dove mi avevi suggerito ieri ha detto che stava facendo birdwatching"
"Bella immaginazione" disse David
"Infatti, non gli ha creduto nessuno" disse il generale
"Allora chi è?" chiese David incuriosito
"Non l'ho fatto trattenere per non creare ulteriori sospetti, doveva sembrare un normale controllo di routine"
"Ha fatto bene generale, ma voglio sapere dell'altro" disse David
"E' Americano, risiede a Cuzco dove fa il programmatore per una multinazionale. È arrivato a Ollantaytambo la stessa sera cui siete arrivati voi"
"Mmmmmm" borbottò David "non mi convince"
"Quando ti dirò il resto sarai ancora più perplesso" disse il generale che si era tenuto la sorpresa per il finale
" Mi dica c'è dell'altro? " David era ancora più incuriosito
" Alloggia all'Hotel Estrella, dove ha prenotato due camere, l'altra per un certo Alex Kruger giunto da Lima sempre il vostro stesso giorno "
" Alex Kruger mai sentito neanche lui " disse David scuotendo la testa
"Anche lui americano, fa l’analista contabile ed anche lui presso una multinazionale americana" disse il generale
"E' tutto generale?"
"Si, per il momento. Se scopro dell'altro ti avviserò immediatamente " concluse il generale
" D'accordo, la ringrazio per l'aiuto " disse David chiudendo la conversazione "Cosa diavolo sta succedendo?" chiese Lia con un tono di voce preoccupato.
"Succede che ci stanno spiando" sentenziò Max
" Cosa pensi di fare David?" chiese Marco
"Nulla, continuiamo come se nulla fosse" disse pacatamente David "domattina torneremo nella riserva"
"Ne sei sicuro?" intervenne Lia "qualcuno ci sta spiando, non sappiamo chi è e perché lo sta facendo e noi ce ne torniamo laggiù come se nulla fosse"
"Hai qualche idea su chi potrebbero essere questi americani" chiese Marco
"Non so perché ma mi vengono in mente solo gli sbirri" rispose David
"Perfetto" disse Lia con sarcasmo
"Si, se fossero veramente sbirri sarebbe davvero perfetto" rispose seriamente David
Rimasero tutti sbigottiti da quella risposta, come poteva pensare che era perfetto avere gli sbirri con il fiato sul collo.
"David ma sei impazzito?" disse Lia con aria stupefatta
"Per essere arrivati il nostro stesso giorno, ci stavano aspettando. Sicuramente non è la prima volta che ci spiano quindi se ci volevano prendere ci avevano già preso. Non gli interessa cosa abbiamo trovato ma gli interessa cosa stiamo cercando" disse David
"Come possono saperlo?" chiese Max
"Non lo sanno, ci scommetterei. Ma forse hanno notato qualcosa di strano ed hanno pensato che cerchiamo qualcos'altro oltre i soliti reperti" rispose David
"Ed aspettano che lo troviamo per poi piombarci addosso" aggiunse Marco
"Esatto, quindi torniamo tranquillamente nella città sepolta e prendiamo quello che c'è da prendere poi ci regoleremo di conseguenza" disse David.
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Alex Kruger era nella sua stanza d'albergo mentre guardava le cartelle sui
taglialegna preparate con estrema cura da Pedro, indossava ancora l'accappatoio e le infradito anche se era uscito da più di un ora dalla doccia. Tre colpi sulla porta lo distolsero dalla lettura ed andò ad aprire la porta sapendo già chi era ad aver bussato.
"Novità Vincent?" chiese Kruger mentre richiudeva la porta
"Diciamo di si"
"Cosa significa diciamo" replicò Kruger aggrottando le sopracciglia
"Gli olandesi non si sono fatti vivi oggi, ma in compenso ho ricevuto visite"
" Visite? Dove e da chi?" domandò Kruger pensieroso
"Mentre aspettavo gli olandesi mi sono trovato i militari alla spalle che stavano facendo dei controlli di routine nella zona" disse Taylor mentre con la mano si toccava la nuca
"Controlli di routine. Ti hanno chiesto i documenti?"
"Si e cosa stessi facendo"rispose Taylor "gli ho detto che facevo birdwatching"
"Perfetto, copertura saltata" esclamò Kruger sbattendo le cartelle sul tavolo
"Cosa intendi, capo?" chiese con aria stupita Taylor
"Tu credi davvero ad un controllo di routine? Io,no. Penso invece che Krupp ha notato qualcosa di strano ed ha avvisato il generale, il quale ha mandato qualcuno a controllare" disse Kruger con tono seccato
"Conoscendoti capo, sò che difficilmente sbagli. Non capisco come è stato possibile" disse un allibito Taylor
"Ho sempre detto che David Krupp è un tipo maledettamente in gamba" “Posso solo dirti che sono stato abbastanza discreto” cercò di scusarsi Taylor “Forse non lo sei stato abbastanza” "Adesso ?" chiese preoccupato Taylor
"Adesso siamo bruciati, conoscendo le tue generalità sono sicuramente arrivati anche a me. Ci resta solo la copertura di Pedro" disse Alex Kruger mentre camminava nervosamente nella stanza
"Da domani comincerai a fare birdwatching, ogni giorno in posti differenti, così se i militari ti dovessero tenere d’occhio gli farai venire dei dubbi" concluse Kruger aprendo la porta per far uscire Taylor.
6.>UN MISTERO INATTESO
La mattina seguente Juan aspettava seduto in macchina che i suoi amici uscissero di casa. Si era svegliato presto quella mattina così dopo aver preso un caffè decise di andare in magazzino a caricare la macchina ed aspettare David e gli altri. Era ancora presto ed il sole quella mattina tardava a sorgere ma il cielo privo di nuvole faceva supporre ad una bellissima giornata. Juan nell'attesa ascoltava un vecchio cd dei Dire Straits che erano sempre stati uno dei suoi gruppi preferiti, abbassò leggermente lo schienale del sedile, aprì il finestrino e si accese una sigaretta.
David come abitudine uscì per primo con la sua inseparabile tazza di te verde, vedendo la Mercedes di Juan parcheggiata nel cortile rientrò immediatamente a chiamare gli altri e dopo pochi minuti erano tutti fuori pronti per partire. Arrivarono ai margini della foresta in leggero anticipo rispetto alle volte precedenti, la strada anche se brutta quella mattina era asciutta ed aveva reso il viaggio più veloce. David si raccomandò durante il tragitto di scaricare lentamente la macchina e guardare spesso in direzione della collinetta di fronte.
Niente bagliori di lenti quella mattina, impiegarono diverso tempo a scaricare ma non notarono nulla di sospetto, sicuramente chi li spiava aveva rinunciato quella mattina pensò David.
Presero il necessario e si diressero verso il sentiero.
"Avrà cambiato posto per spiarci?" disse Max rompendo il silenzio
"Non penso, forse per qualche giorno se ne starà buono a casa" rispose David sperando di tranquillizzare i suoi amici
“Adesso non pensiamoci più” disse Marco che recepì subito il pensiero di David “siamo arrivati, pensiamo a scendere”
“D’accordo” disse Max posando lo zaino per terra, e come lui fecero tutti gli altri.
David mise subito l’imbragatura e cominciò la discesa seguito poi da tutti gli altri. “Che direzione seguiamo?” chiese Lia quando tutti si ritrovarono a piedi del precipizio. “La strada che abbiamo fatto io e Marco mi è sembrata la più breve” disse David “Ok, andiamo” disse Lia “Ragazzi, come sempre occhi aperti, mi raccomando” aggiunse David sempre molto premuroso. "Come sempre David, non preoccuparti" rispose Max
I quattro come deciso in precedenza seguirono il percorso fatto nei giorni precedenti da David e Marco, il sentiero era ancora ben visibile ed usarono pochissimo il machete. In breve arrivarono alla strada lastricata e da lì l'ingresso era abbastanza vicino.
"Non capisco perché la chiamano città maledetta, e perché gli indios ci hanno detto che nessuno è mai risalito vivo" disse Lia alla vista delle mura di cinta
"Forse è solo una leggenda, forse per terrorizzarci" rispose Max
"Siamo scesi due volte e non è successo niente, per me è solo superstizione" aggiunse Lia
"Non abbassiamo la guardia, non abbiamo visitato molto fino adesso e non sappiamo cosa ci aspetta. Stiamo attenti potrebbero esserci trappole o chissà cosa" disse Marco "Iniziamo da dove abbiamo terminato la volta scorsa" disse David "tu e Lia controllate i templi, io e Marco le case e i palazzi"
"Ok David, ci sentiamo coi walkie-talkie" disse Lia salutando
Anche se i templi erano in numero decisamente inferiore alle case, essi richiedevano molto tempo per essere controllati in quanto all'interno vi si potevano trovare moltissimi oggetti e nella maggior parte dei casi oggetti in oro.
Quella mattina avevano molto tempo a disposizione e fare le cose con calma significava molto per loro, sapevano che dovevano fare le cose molto scrupolosamente ma da quando erano venuti a conoscenza che qualcuno li stava spiando, inconsciamente tutti e quattro volevano terminare quell’ avventura il più presto possibile.
Controllarono minuziosamente ogni singolo edificio sperando di trovare una traccia che avvalorasse la loro teoria che da vent'anni li portava in giro per il mondo e da un decennio costantemente in Perù. Purtroppo per David e gli atri la speranza di trovare una traccia anche se piccolissima si affievoliva sempre di più ad ogni edificio visitato, in compenso stavano facendo un ottimo bottino e questo li aiutava a stemperare la rabbia e la delusione che li stava assalendo. Le case e i templi che si trovavano ai margini del paese furono in poco tempo controllati e tutti contrassegnati dalla vernice rossa, erano tutti di modeste dimensioni poiché appartenevano alla classe operaia, quindi all'interno non c'era molto da prendere.
Adesso i quattro stavano controllando la zona dove sicuramente risiedevano i mercanti, David e Marco trovarono all'interno delle abitazioni dei piccoli tesori e dovettero dedicare molto tempo ad ogni singolo edificio.
"Lia, com'è la situazione" chiese David al walkie-talkie vedendo che il tempo ava inesorabilmente .
"Buona, direi buonissima. È bello essere i primi, non ho mai visto tanta roba tutta insieme, alcuni templi sono molto più vecchi di quello che pensavamo, forse il paese è stato fondato nel periodo pre-incas e poi si è ingrandito con il are degli anni"
"Lo penso anch'io " rispose David leggermente eccitato dal fatto che Lia stava confermando le sue ipotesi.
"E a voi come sta andando?" chiese incuriosita Lia
"Adesso che abbiamo lasciato la zona povera, qui ogni casa ha un tesoro ne avremo per molto prima di are ai palazzi nobili" rispose David
"Noi abbiamo quasi finito con i templi, sono rimasti un decina ma se vuoi veniamo da voi"
"Finite con i templi poi ci risentiamo" concluse David ed agganciò il walkie talkie alla cintura.
I successivi due luoghi di culto che Max e Lia si trovarono di fronte erano situati al centro del paese, il più grande proprio di fronte ad un enorme edificio che presumibilmente era il palazzo della famiglia che governava quella zona.
Davanti l'ingresso del grande tempio un obelisco alto una decina di metri era posto al centro di una piccola piazza, questo veniva presumibilmente usato per rilevare con estrema precisione la posizione del sole e delle stelle. La porta d'ingresso del tempio era di forma trapezoidale con all'estremità due serpenti simmetricamente bilanciati. L’ingresso, i serpenti insieme ad altre cose come la lavorazione delle pietre e la costruzione degli edifici con un inclinazione verso l'interno, che assicuravano una forte resistenza ai terremoti molto frequenti in queste zone, fecero pensare a Max e Lia a delle similitudini molte strette con l'architettura dell'antico Egitto. Queste due nazioni erano talmente lontane che le loro culture non
sono mai entrate in contatto eppure l'architettura, il simbolismo, l'arte, la religione erano pressoché analoghe, un vero mistero ma che avvalorava con forza le loro teorie e tutti gli anni spesi a fare ricerche. Entrarono nel tempio ando dalla grande porta centrale, come i templi egizi anche gli incas costruivano altre due porte più piccole una sulla destra e l’altra sulla sinistra della grande porta trapezoidale. Appena entrati rimasero senza parole, una grandissima stanza con un trono in pietra e dodici colonne ai lati della grande sala, ma una piccola nicchia dietro l’altare attirò subito la loro attenzione, che vollero subito andare a vedere. "Max è favolosa" esclamò Lia non credendo ai suoi occhi
"Non ho mai visto nulla di simile, varrà una fortuna" disse un emozionato Max
"David, ci sei" disse Lia al walkie-talkie
"Si Lia, dimmi"
"Non crederai a quello che abbiamo trovato"
"Cosa?" rispose David incuriosito
"Una statuetta in oro alta mezzo metro, ha il corpo di un uomo con le braccia
alzate e la faccia di un giaguaro con due rubini come occhi, è spettacolare" disse Lia
"Wow, non vedo l'ora di vederla. Incontriamoci all'uscita per oggi abbiamo finito"
"D'accordo " disse Lia, agganciò il walkie-talkie alla cinta e prese una piccola borsa in tela ben piegata che aveva nello zaino. Max e Lia si avvicinarono alla nicchia sul muro dove era alloggiata la statuetta
"Cristo, peserà più di dieci chili" disse Max entusiasta mentre la prelevava dalla nicchia.
"Sarà tutto oro?" chiese Lia
" Penso proprio di si" disse Max mentre teneva sollevata la statua
"Chissà quale Dio rappresentava per gli incas" disse Lia
"Non ne ho la più pallida idea, ce lo dirà sicuramente David" rispose Max
I due sistemarono con cura la statuetta nella borsa, Max prese degli altri oggetti in oro che si trovavano all'Interno del tempio e si diressero verso l'uscita.
"Attento Max" l'urlo di Lia rimbombò all'interno del tempio.
Un enorme giaguaro era comparso sopra di loro accovacciato su di una grande colonna pronto a sferrare un attacco.
Max impugnò la balestra con entrambe le mani e lo colpi alla gola mentre il giaguaro si stava scagliando su Lia.
"Grazie Max, bel colpo" disse Lia mentre rialzandosi guardava la bestia ancora sanguinare.
"Sei ferita? " chiese Max con voce preoccupata
"No, solo qualche contusione per la caduta, ma niente di che" aggiunse Lia mentre con la mano si toglieva la polvere dai pantaloni
"Bene, avvisa David dell'accaduto ed usciamo subito da qui" disse Max mentre continuava a guardarsi intorno.
"David c'è un problema" disse Lia al walkie-talkie
"Cosa è successo? " urlò preoccupato David sentendo il tono di voce della sua amica
"Appena presa la statuetta è comparso un giaguaro che ci ha assaliti, per fortuna Max l'ha ucciso" disse Lia ansimando.
"Siete feriti ?" chiese David a cui non piaceva per niente quella storia
"No, stiamo bene" lo rassicurò Lia
"Bene, vediamoci subito all'uscita" concluse David
" O mio Dio, un'altro" urlò Lia "Max alla tua destra"
Max non diede nemmeno il tempo a Lia di finire la frase che scoccò una freccia che stese definitivamente il giaguaro.
"Lia, Lia " urlò David al walkie-talkie
"David, tutto ok. È andato anche questo. Ma che diavolo sta succedendo? Da dove sbucano queste bestie? " chiese Lia sperando che il suo amico gli fornisse delle risposte
"Non ne ho idea, venite immediatamente verso l'uscita" li implorò David
"Arriviamo"
David e Marco era già da qualche minuto che aspettavano i loro amici appena fuori le mura di cinta e cominciavano a preoccuparsi non vedendoli arrivare. Marco teneva sempre imbracciata la sua balestra voltandosi ad ogni piccolo rumore.
"Stai calmo, colpisci a colpo sicuro solo quando li vedi" si raccomandò David
"Non preoccuparti, spero per loro che non mettano il muso fuori" disse sicuro di se Marco
"Perché non arrivano" chiese un ansioso David
"Pensi sia il caso di andargli incontro? " chiese Marco
"Aspettiamo qualche minuto ancora e poi rientriamo" disse David
Poco dopo David li vide sbucare da una stradina mentre correvano verso di loro.
"Eccoli" disse
Marco si voltò di scatto verso di loro.
"Da dove è sbucato quello" disse Marco vedendo materializzarsi un giaguaro sopra il muro di una casa pronto a saltare addosso ai suoi amici
"Uccidilo" urlò David mentre lo teneva sotto mira con il suo fucile nel caso in cui Marco lo avrebbe mancato.
Non era facile colpirlo con la balestra vista la distanza, ma Marco scagliò una freccia che colpì il giaguaro al costato trafiggendo sicuramente qualche organo vitale, la bestia cadde dal muro e rimase inerme al suolo priva di vita.
"David dimmi che l'hai visto pure tu" disse uno scosso Marco
"Si, l'ho visto" confermò David
"Quella bestia è comparsa dal nulla" continuò un incredulo Marco
"Questa storia non mi piace affatto" disse David
"I giaguari sono comparsi dopo aver preso la statuetta" disse Lia
"Abbiamo trovato il motivo perché nessuno è mai uscito vivo da qui" disse Max
"Sicuramente hai ragione, ma non si spiega la comparsa di queste bestie" replicò
David
"Forse sono i guardiani del tempio, ricordi che la statuetta ha la testa di un giaguaro" gli ricordò Lia
"Comincio ad avvalorare la tesi della maledizione" disse Marco
"Per il momento pensiamo ad uscire da qui e poi ci preoccuperemo di questa storia" disse David.
Seguirono la strada lastricata senza incontrare imprevisti con la speranza che quelle bestiacce non fossero uscite dal paese. Ma non fu così appena incominciato il sentiero che li avrebbe riportati in superficie Marco vide un giaguaro che nervosamente camminava su un grosso ramo. Si fermò e dietro di lui si fermarono tutti, Max appena notò il giaguaro prese anche lui la mira ma Marco non sbagliò il tiro e ripresero la marcia.
"Juan mi senti" disse David al walkie-talkie
"Forte e chiaro, dimmi" rispose immediatamente Juan che nell'attesa era seduto a terra con la schiena appoggiata su un grosso albero.
"Comincia a scendere le corde siamo in pericolo" disse David
" Cosa c'è che non va?" Chiese Juan preoccupato
"Quaggiù è pieno di giaguari" rispose David
"Cristo Santo, Siete lontani da qui?"
"Se tutto va bene al massimo mezz'ora "
"Ok vi aspetto, fate attenzione" disse Juan mentre già preparava le corde da scendere con attaccata l' imbracatura.
Marco camminava per primo con la balestra tra le mani e sempre con la freccia inserita pronta per sparare.
"Attenti" gridò Marco quando dal sentiero proprio di fronte a lui vide sbucare due giaguari che gli correvano incontro, si abbassò e scoccò una freccia che ne colpì al cuore uno, Max scoccò immediatamente anche lui una freccia che colpi al collo il giaguaro ma non impedì allo stesso di piombare su Marco scaraventandolo a terra. In brevissimo tempo il felino con il dardo conficcato nel collo e sanguinante aveva già i denti sul collo di Marco che cercava invano di divincolarsi.
Un colpo di fucile sparato a bruciapelo fece rotolare il giaguaro a due metri di distanza. Lo sparo fece ammutolire per un istante la foresta, per poi riprendere i suoi abituali suoni anche con più fragore.
"Non avevo scelta ragazzi" disse David quasi chiedendo scusa
"Ma stai scherzando, stava per uccidere Marco, cosa volevi fare, parlargli?" disse Lia con un tono di voce che andava sempre più alzandosi
"Dobbiamo uscire al più presto da qui" disse preoccupato David
7.>UN IMPREVISTO DOLOROSO
A poche centinaia di metri dalla città sepolta, i taglialegna stavano caricando il legname su due grossi camion per la spedizione del giorno seguente. La nave sarebbe partita dal porto di Matarani ando per lo stretto di Panama e giungere alla destinazione finale, il porto di Houston in Texas.
Il quartier generale dei taglialegna si trovava un centinaio di metri all'interno della Foresta Amazzonica, anche se non avrebbero avuto problemi con la legge le autorità locali gli avevano consigliato di fare il campo base lontano da occhi indiscreti.
Il campo si presentava con un grosso piazzale in sabbia ricavato dall'abbattimento di decine di alberi ed all'estremità sulla sinistra una baracca che ospitava Francisco, il guardiano. Un uomo sui quaranta anni magrissimo e con diversi tatuaggi sul corpo che mostrava con fierezza indossando sempre delle canottiere bianche, la sua pelle secca e rugosa e i suoi capelli brizzolati gli facevano dimostrare una ventina di anni in più . El Diablo lo aveva assunto per fare la guardia a tutte le attrezzature che si trovavano all'Interno del piazzale del campo, Francisco aveva preso molto sul serio questo lavoro e restava al campo giorno e notte per mesi interi girando a qualsiasi ora per il piazzale sempre con il suo fucile a tracolla. Era ormai entrato in simbiosi con quell'arma che lucidava ogni giorno. Non aveva mai posseduto un fucile e questo gli dava un senso di forza che non aveva mai avuto in tutta la sua vita, sempre schernito e umiliato dai prepotenti a causa del suo esile fisico che non gli permetteva di ribellarsi, sentiva adesso imbracciando il fucile una sensazione nuova, una forza nascosta che finalmente era venuta fuori.
"Hai sentito?" disse El Diablo rivolgendosi a Miguel
"Si, un fucile a pompa se non sbaglio
"Uno sparo porta guai o soldi, andiamo a vedere" disse El Diablo ai peruviani
"E qui capo?"
"Restano Jose e Paco, da caricare non è rimasto molto ce la faranno da soli " rispose El Diablo
"Francisco, noi andiamo a vedere cosa è successo là dentro, tieni gli occhi aperti mi raccomando" disse El Diablo mentre ava davanti la baracca del guardiano
"Non ti preoccupare Diablo" rispose Francisco dalla piccola finestra della baracca.
Lo sparo che avevano sentito proveniva da molto vicino, forse quattro o cinquecento metri in linea d'aria, i quattro peruviani si addentrarono nella foresta ando da nord con in testa Miguel che aveva un incredibile senso dell'orientamento. Conosceva benissimo quella parte di foresta avendola perlustrata svariate volte per individuare gli alberi da abbattere che segnava con una X di vernice rossa.
In pochissimo tempo facendosi strada tra la fitta vegetazione giunsero alle spalle di Juan e Urutoya. Un grosso cespuglio li separava, ma potevano vederli molto
bene. El Diablo ordinò ai suoi di restare nascosti e stare in silenzio, voleva capire se c'erano altre persone con loro.
"Juan saliranno Max e Lia, porteranno una parte del bottino pensate di farcela?" disse al walkie-talkie David
"Certo, cerchiamo di uscire al più presto" rispose Juan
"Appena salgono i primi due interverremo" disse sottovoce El Diablo appena udita la parola bottino
"Ok" rispose Miguel prendendo la pistola che teneva nella cinta dei pantaloni .
Max e Lia salirono quasi contemporaneamente grazie all'aiuto da sopra di Juan e Urutoya, a metà risalita El Diablo ed i suoi uomini uscirono con le pistole in pugno e si diressero verso il precipizio. El Diablo puntò la pistola sulla tempia di Juan dicendogli di continuare come se nulla fosse, mentre Miguel faceva lo stesso con Urutoya. “Buongiorno signori” disse El Diablo appena Max e Lia terminarono la risalita. I due vedendo le pistole puntate sui loro amici non tentarono nemmeno una minima resistenza e posarono lentamente le loro armi sul terreno. “Francisco sarà felicissimo per il suo nuovo fucile” disse ridendo El Diablo mentre prendeva da terra il fucile a pompa. “Vediamo cosa c’è di buono negli zaini” continuò El Diablo rivolgendosi agli altri due complici. “Capo, guarda qua” disse uno dei taglialegna aprendo lo zaino di Lia e tirando
fuori la statuetta in oro. “Wow, colpo grosso. Lo avevo immaginato” “Faremo tanti soldi anche fondendo tutto quell’oro” disse Miguel sbalordito alla vista della statuetta. “Fonderlo? Ma sei scemo, questa la venderemo sarà la nostra fortuna” disse El Diablo come se sapesse già come piazzarla “Non sarà facile, capo” disse un perplesso Miguel “Non preoccuparti ho già l’acquirente” “Anche qui niente male, capo” disse l’altro taglialegna aprendo lo zaino di Max “Bene, avevamo un tesoro sotto il naso e nessuno di noi lo sapeva” disse El Diablo scoppiando in una grossa risata “Ma qualcuno è stato così gentile da portarcelo” aggiunse Miguel sorridendo “Legate questi due dietro qualche cespuglio e imbavagliateli” disse El Diablo indicando Juan e Urutoya “E questi capo?” chiese incuriosito Miguel “Verranno con noi, per riaverli i loro amici ci dovranno dare il resto del tesoro che hanno trovato” disse legando dietro la schiena le mani di Lia con una corda. Miguel fece lo stesso con Max, poi una volta imbavagliati e legati ad un albero Juan e Urutoya, tutti insieme ritornarono al campo base.
__________
"Perché non mandano giù la corda? " disse preoccupato Marco
"Juan, Lia mi sentite?" Urlo' David al walkie-talkie
"Cosa sarà successo?" chiese Marco
"Non è un buon segno. Forse i taglialegna sono arrivati prima di noi sentendo lo sparo" "Cristo David, non possiamo restare quaggiù " disse Marco mentre guardava il precipizio
"Dobbiamo arrampicarci, è l'unica soluzione " replicò David mentre posava lo zaino a terra "svuotiamo gli zaini e mettiamoci il più possibile di quello che abbiamo trovato"
"D'accordo " Marco svuotò immediatamente tutta l’attrezzatura dal suo zaino trasferendoci i reperti che teneva nel borsone.
"A prima vista non sembra un arrampicata difficile"
"E' abbastanza lunga, ma ne abbiamo fatte di peggiori " rispose David per incoraggiare il suo amico
"Spero non abbiamo fatto del male a nessuno" disse Marco mentre respirava nervosamente
"Lo spero anch'io, altrimenti non ci sarà posto dove potranno nascondersi" esclamò sicuro di se David
La risalita era da compiere con estrema attenzione, anche se non molto difficile c'era il pericolo che la terra o qualche ramo per aggrapparsi avrebbero ceduto a causa delle frequenti piogge che rendevano molto morbido ed instabile il terreno.
"Prendi la corda David" urlò Marco lanciando al suo amico la corda che Juan aveva lasciato a terra.
David era a poco più di metà salita, avendo lasciato a Marco la via più facile, quando prese la corda e la ò nell'imbracatura.
"Ci sono" urlò David "tira"
In pochi minuti anche David aveva compiuto la sua ascesa.
"Dove saranno?" Chiese Marco mentre si guardava intorno
"Cerchiamo in quella direzione, sono venuti sicuramente da li" disse David notando dei rami spezzati
"Ok, tieni il fucile carico" si preoccupò Marco
"Non c'è bisogno di ricordarmelo" rispose David
"Cosa ne pensi?"
"Meglio non pensarci, cominciamo a cercare" concluse David I due amici con le armi in pugno pronti a far fuoco in caso di pericolo iniziarono a perlustrare la zona circostante alla ricerca di qualche traccia utile per condurli ai loro amici. “David ho trovato Juan” urlò dopo qualche minuto Marco “Juan cosa diavolo è successo?” chiese David arrivando di corsa “dove sono Max e Lia?” chiese ancora non vedendoli. “David sono sbucati fuori all’improvviso mentre stavamo tirando su Max e Lia, erano armati” disse Juan mentre si toccava i polsi doloranti. “Dove sono Max e Lia?” urlò nuovamente David “L’hanno portati con loro” “Hai visto chi erano?” “Erano i taglialegna, vero?” intervenne anche Marco “Si, penso di si. Uno lo chiamavano capo, e l’altro Miguel” “Se li hanno rapiti ci contatteranno” disse David “Da quello che ha detto il loro capo, per liberarli dovremmo dargli il resto del tesoro ritrovato” disse Juan “Se è questo che vogliono per liberarli glielo daremo” disse David “Potremmo seguire le loro tracce e fargli visita, Urutoya potrà condurci a loro” disse Juan che non accettava l’idea di aver fatto una brutta figura.
“Meglio di no, così facendo metteremo in pericolo la vita di Max e Lia. Sicuramente saranno già in qualche posto sicuro” disse David “Non ci avevo pensato” rispose uno sconsolato Juan “Comunque per toglierci qualsiasi dubbio seguiremo le loro tracce fino al loro campo, soltanto per vedere se hanno abbandonato Max e Lia lungo la strada” disse David che aveva ancora una flebile speranza di ritrovarli “Se così non fosse? Se non li ritroviamo?” chiese Marco “Torneremo a casa e penseremo il da farsi” rispose David I quattro con in testa Urutoya seguirono le tracce dei rapitori fino al campo base, ma sfortunatamente non trovarono i loro amici e il campo dei taglialegna come aveva previsto David era completamente deserto.
__________
“Dove sono Max e Lia?” chiese Monica non vedendoli scendere dalla macchina “Sono stati rapiti” disse Marco con lo sguardo abbassato “Cosa?” esclamò agitata Monica “Hanno preso alle spalle Juan e Urutoya poi visto quello che avevamo trovato hanno rapito Max e Lia” disse Marco “Cosa vogliono per liberarli?” chiese ancora Monica “Non lo sappiamo, ma Juan ha sentito che vogliono tutto quello che abbiamo trovato” “Un momento” disse David che si era seduto sulla sedia a dondolo sotto la veranda a pensare “Cosa David?” chiese Marco
“La statuetta” “Meglio pensare ai nostri amici, anche se di enorme valore adesso non mi interessa proprio” disse Marco appoggiandosi alla ringhiera in legno di fronte a David “Anche a me interessa ritrovare Max e Lia quanto te, ma stavo pensando a quella statuetta. Lia l’ha descritta alta mezzo metro con la testa di un giaguaro, ricordi?” disse David staccando la schiena dalla sedia e appoggiando i piedi per terra non facendola più dondolarla. “Certo, e ricordo che da quel momento sono comparse quelle bestiacce” rispose Marco “Non ti ricorda niente la descrizione di quella statuetta?” domandò David “Sinceramente no” disse Marco “Se non mi sbaglio è la statuetta trafugata nella piramide azteca di Caral e portata a Machu Picchu” disse David “Si, è vero adesso ricordo” disse Marco “ma se non sbaglio era solo una leggenda” “Sembrerebbe di no a quanto sembra” mormorò David facendo dondolare nuovamente la sedia “La statuetta di Tacuzima, il Dio degli animali” precisò Marco “Esatto e la leggenda dice che decretò la fine di Machu Picchu, poi la statuetta scomparve” aggiunse David “Per poi ricomparire nuovamente nella città sepolta e decretare la fine anche di essa” disse Marco “Sai cosa significa questo?” domandò pensieroso David “Certo che lo so David” rispose Marco “Che le nostre teorie sulla fine di Machu Picchu vanno a farsi fottere, e che
anche questa volta non troveremo quello che stiamo cercando e che ci ha spinto nuovamente a venire in Perù” disse sconsolato David “Non voglio pensare a questo, ci restano ancora diversi giorni e tutto può accadere” disse Marco vedendo la tristezza negli occhi del suo amico “Hai ragione, pensiamo a ritrovare Max e Lia e la statuetta. Poi ci occuperemo nuovamente delle nostre ricerche” disse David “Se ha decretato la fine di Machu Picchu e della città sepolta è davvero maledetta, doveva restare nella piramide” affermò Marco “Quale stregoneria può possedere?” chiese David “Se lo sapessi………….” rispose Marco “Riflettiamo Marco, è stata portata a Machu Picchu e messa in un tempio, quindi dovrebbero essere comparsi i giaguari ed un forte terremoto che ha ucciso tutti gli abitanti” disse David “Penso di si” confermò Marco “Poi è stata portata nella città sepolta e una volta messa nel tempio sono accadute le stesse cose, con la differenza che la città sepolta è anche sprofondata dopo il terremoto, dovuto anche ad un dissesto idrogeologico, e rimasta nascosta tra la vegetazione della più grande foresta del mondo, come se nessuno potesse più ritrovare la statuetta” teorizzò David “E invece siamo arrivati noi, dimmi la verità credi nella maledizione?” chiese Marco abbassando la voce “No, ma per questa volta potrei fare un eccezione” rispose David “Bella risposta, dopo aver visto quei giaguari spuntare dal nulla penso di condividerla appieno” replicò Marco “Comunque maledizione o no quella statuetta non può girare per il paese, potrebbe causare grossi problemi” disse David “dovrebbe restare chiusa da qualche parte oppure riportarla al suo posto”
“Dovremmo ritrovarla al più presto” disse Marco “Penso proprio di si” “Ma come possiamo fare a ritrovarla?” chiese Marco “Un idea ce l’avrei” “Spara David, quale idea?” chiese incuriosito Marco “Dobbiamo andare a trovare gli sbirri americani che ci stanno sorvegliando” propose David “Scherzi? Non mi piace tanto come idea” disse Marco sbarrando gli occhi in segno di stupore “Penso sia la cosa migliore da fare” confermò David “Potremmo sentire qualche mio amico” disse Juan “No, meglio di no. Oltre a Max e Lia dobbiamo ritrovare anche la statuetta e sicuramente gli americani hanno le persone ed i mezzi giusti per questo lavoro. Il mio istinto mi dice che è meglio rivolgersi agli americani” replicò David “Il tuo istinto difficilmente sbaglia, ma questa volta abbiamo bisogno di qualcosa di più” disse Marco “Per seguirci gli americani vogliono qualcosa da noi, e noi glielo daremo in cambio del loro aiuto” disse David “Vuoi svelargli il nostro segreto?” chiese uno sbigottito Marco “Se il prezzo è questo non abbiamo scelta” disse con fermezza David “ e poi rifletti, se ci stanno sorvegliando ci sorveglieranno sempre, quindi ogni volta che ci sposteremo ci saranno alle costole. Quindi tanto vale fare un accordo” “In effetti non hai tutti i torti” replicò Marco
8.>RICHIESTA D’AIUTO
Due colpi secchi alla porta insospettirono Alex Kruger che prima di aprire la prese la sua pistola e con il colpo in canna la mise nella fondina “Sto cercando il signor Kruger?” “Posso sapere chi lo cerca?” chiese Kruger “Krupp, sono David Krupp” “Entrate, state cercando me” disse Kruger spalancando la porta “Grazie” disse David entrando “Posso sapere il motivo della visita?” chiese Kruger "Hanno rapito due miei amici, lei mi deve aiutare" disse David quasi supplicandolo
"Perché dovrei?"
"Lei vuole sapere qualcosa da me, ed io potrei aiutarla" disse David guardandolo fisso negli occhi
"Dovrei fidarmi?" Chiese sospettoso Kruger
"Certo che deve! Perché dovrei mentirle, i miei amici sono la mia vita, non deve succedergli niente. Li rivoglio vivi"
"Sospetta qualcuno?" chiese Kruger che già conosceva la risposta
"I taglialegna, ma sono scomparsi"
"Lo immaginavo, ma ho molte informazioni su di loro. Li tenevamo d'occhio da un pezzo" disse Kruger con un pizzico di superbia, avendo capito dal primo istante che i taglialegna potevano creare dei problemi.
"Non è tutto Mr Kruger, c'è dell'altro" disse David
Kruger aggrottò le ciglia "dell'altro? Cosa intendi?"
"Hanno preso una statuetta d'oro "
"La rivolete indietro? Credo non sia possibile, verrà sicuramente confiscata" disse in modo perentorio Kruger
"Non la rivoglio indietro ma penso sia il caso di rimetterla al proprio posto "
"Cominci ad avere rimorsi di coscienza?" disse Kruger rimasto colpito da quell'affermazione
"Assolutamente no, ma quella statuetta porta guai, grossi guai da quando è stata trafugata" disse David
"Potevate lasciarla al proprio posto"
"Soltanto dopo ho scoperto di cosa si trattava" rispose David
"Fammi capire ? " chiese Alex Kruger incuriosito dalle parole di David
"Era venerata in una piramide azteca vicino Lima, si tratta della statuetta di Tacuzima, il Dio degli animali"
"Ho sentito già questo nome, ma è solo una leggenda se non erro. Non viene presa in considerazione da nessuno storico "disse Kruger che dimostrò di non essere uno sprovveduto
" Una leggenda, certo perché non fu mai ritrovata. Ma da quando è stata trafugata dalla Piramide Maya a Caral e portata a Machu Picchu causò la fine di quella cittadina sulle Ande e la stessa sorte capitò al paese dove l'abbiamo rinvenuta" disse David con aria preoccupata
Kruger lo guardò attentamente " Ed uno come te crede a queste cose ? "
"Continuo a non crederci" disse David accennando un sorriso indecifrabile "ma resto dell'idea che sia meglio per tutti che venga riportata dov'era, meglio non
sapere quello che potrebbe causare"
"Sicuramente la porteranno negli Stati Uniti dove hanno dei contatti, se è vero quello che dice è meglio non rischiare"
"Mi creda è meglio ritrovarla al più presto"
"Signor Krupp so che lei è un grande studioso e un tipo maledettamente in gamba, e penso anche che sia una persona leale, per questo voglio aiutarla" disse Kruger mentre lo guardava fisso negli occhi.
"Può fidarsi di me, avrà le sue risposte" rispose David senza abbassare minimamente lo sguardo
"Bene, farò il possibile" disse Kruger
"Ha già qualche idea? Posso aiutarla?" chiese David
"Lasci fuori da questa storia i militari, me ne occuperò io con i miei uomini. I suoi amici sono sicuramente qui da qualche parte e se li hanno presi è perché vogliono chiedervi un riscatto, ne sono certo" disse Kruger con tono deciso
"Se fosse davvero così come mi dovrei comportare? " chiese pensieroso David
" Lei non deve fare niente. Penso di riuscire a liberarli prima del previsto, so tutto di loro. Se avessi bisogno di lei o dei suoi amici militari ve lo farò sapere" disse Kruger accennando un sorriso.
" E per la statuetta ? " chiese David
"La prenderemo insieme ai rapitori se non l’hanno già venduta" rispose Kruger
"Cristo Santo" imprecò David " non deve uscire dalla scatola "
"Mi sembrate turbato" disse Kruger quasi schernendo David
" Turbato mi dice. Spero di aver fatto un brutto sogno quando ho visto materializzarsi intorno a me decine di giaguari, neanche io so come ho fatto ad uscire vivo da la sotto"
Kruger notò nell'espressione di David ancora il terrore vissuto rievocando quei momenti.
"Quindi lei crede ma non crede, giusto? "
"Senta, da quando è cominciata questa missione che ho avvertito qualcosa di strano. Tutto questo mi ha distolto non poco dalla mia ricerca principale perché
la mia curiosità mi spingeva a cercare delle risposte"
"E le ha trovate infine con la statuetta di Tacuzima" sentenziò Kruger
"Diciamo di si, anche se non vorrei crederci, perché così facendo significherebbe la fine di tutto. Una sconfitta per me. Venti anni di studi e ricerche sprecati a cercare qualcosa che non esiste, forse solo il frutto della mia fantasia. Non voglio credere che queste siano le risposte che ho sempre cercato".
"Egoisticamente dopo l'accordo che abbiamo fatto spero che le vostre ricerche continuino" disse Kruger strizzando l'occhio a David come per ricordargli la sua promessa
"Lo spero anch'io Mr. Kruger" aggiunse David
"A questo punto conviene che mi metta subito al lavoro" disse Kruger alzandosi dalla sedia
"Si occuperà lei dei miei amici ?" chiese David
"Per il momento si "
" E per la statuetta ? Il tempo è prezioso " disse David preoccupato
" Ci occuperemo anche di quella, non si preoccupi" replicò Kruger
" Bene Mr. Kruger, la vita dei miei amici e di molte altre persone è nelle vostre mani"
" Troveremo i suoi amici e recupereremo in tempo la statuetta, ne può star certo. Ma non dimentichi il nostro accordo" concluse Kruger stringendo la mano a David per poi aprire la porta della camera e vederlo andar via.
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Max e Lia erano tenuti prigionieri in una stanza nel seminterrato di una graziosa villetta alla periferia di Cuzco.
Il posto scelto da El Diablo era abbastanza sicuro, la villa era di proprietà di un commerciante di Cuzco a cui in ato aveva fatto diversi favori tra cui quello di assumersi tutta la responsabilità per un affare andato male, questo costò a El Diablo tre anni di prigione ma il suo silenzio gli garantì la riconoscenza di uno dei personaggi più influenti del paese . La villetta era abbastanza distante dalla strada principale, per accedervi bisognava entrare da un cancello in ferro monitorato da una telecamera e proseguire per circa un chilometro lungo un viale costeggiato da una bellissima siepe. Era il posto ideale per un nascondiglio non essendo visibile dalla strada e perché appartenente ad un ricco e insospettabile commerciante. Sei larghi gradini in marmo salivano verso la porta d'ingresso mentre prendendo il marciapiede sulla destra, appena voltato l'angolo c'era una piccola porta in ferro che conduceva alle cantine da cui si poteva accedere anche dall’interno della villa.
Max era particolarmente nervoso, tutto avrebbe pensato ma non quello di ritrovarsi in una situazione del genere e per giunta insieme alla sua compagna. Anche se era sicuro che David l'avrebbe tirato fuori da quella situazione e Lia costantemente lo rassicurava non riusciva a calmarsi e continuava a pensare al peggio. El Diablo gli aveva fatto legare anche i piedi ed in quella piccola stanza buia priva di tutto erano seduti a terra con la schiena appoggiata al muro.
"David ci tirerà fuori da questa situazione" disse Max
"Lo so', troverà sicuramente il modo, non ci lascerebbe mai in mano a questi sciacalli" confermò Lia
"Dovrà consegnargli gran parte di quello che abbiamo trovato" disse sconsolato Max
"Per le nostre vite David consegnerebbe anche dell'altro" disse Lia
"Vero, David non se lo perdonerebbe mai se ci succedesse qualcosa" rispose Max
"Chissà come starà soffrendo adesso, conoscendolo non se ne sarà ancora dato una ragione" disse Lia cercando di slegarsi i polsi
"Spero solo che questa brutta storia non influisca sulle nostre future missioni" disse preoccupato Max
"Ne dubito" disse perentoria Lia
"Che dici avrà avvisato il generale ?" Domandò Max
"Mmmmm, spero di no" rispose Lia
"Come speri di no" disse Un esterrefatto Max
"Anche se sono taglialegna mi sono sembrati tipi in gamba, gente che sa come muoversi. E se sentono puzza di sbirro a rimetterci saremo solo noi. E poi il generale non si esporrebbe mai per una situazione come questa, ne andrebbe di mezzo la sua reputazione" disse Lia
"In effetti hai ragione, David avrà pensato sicuramente a qualcosa di diverso " replicò Max
La porta della cantina situata in cima ad una scala di una decina di gradini si aprì all'improvviso e Max e Lia dovettero interrompere la loro conversazione.
"Ben trovati signori, avrei bisogno di un numero di telefono in modo da farvi uscire al più presto da questa spiacevole situazione" disse El Diablo senza scendere dalle scale
"Ma cosa volete ancora, non vi basta quello che vi siete presi?" chiese seccato Max
"No, non mi basta. Chissà quante cose avete trovato là sotto" rispose El Diablo
"Siamo scesi solo due volte, forse ti sei fatto pensieri sbagliati" precisò Lia
"Quello che avete trovato in due giorni basterà sicuramente per la vostra liberazione " disse sorridendo El Diablo
"Sai che ti farai molti nemici?" lo rimpreverò Lia sperando di persuaderlo
"Uno in più, uno in meno non fà differenza per me" disse El Diablo mentre si appoggiava al muro.
"Spero per te che riuscirai a godertela questa fortuna" aggiunse Lia
"Farò il possibile, non preoccuparti. Quindi mi date il numero per contattare i vostri amici?" chiese nuovamente El Diablo
"Cosa ne pensi Max ?" Bisbigliò Lia senza farsi sentire dal suo sequestratore
"Che glielo dovremmo dare" sentenziò Max
"D'accordo , ma vorrei parlarci" disse Lia a El Diablo
"Non mi sembri nella condizione di dettare le regole, ma voglio chiudere questa storia al più presto, così ti darò la possibilità di parlarci " disse El Diablo sicuro di se.
"Miguel slegagli i piedi e portala di sopra"
Lia tenuta sotto braccio da Miguel raggiunse El Diablo nel piano superiore, un telefono viva voce l'attendeva per comunicare con i suoi amici.
"Pronto David"
"Lia, come stai?" chiese immediatamente David
"Sto bene, anche Max sta bene. Non ci hanno trattato male" lo rassicurò Lia
"Vi tirerò fuori da questa brutta avventura" disse convinto David
"Ne sono sicura, David "
"Bene signor David , adesso che ha sentito che i suoi amici stanno bene possiamo parlare d'affari" disse El Diablo togliendo il viva voce e prendendo il
telefono “Cosa vuole?” chiese bruscamente David “Tutto quello che avete trovato là sotto, lo metta in degli zaini ed entro le cinque del pomeriggio lasci tutto nel posto dove ha trovato legati gli altri suoi due amici. Poi la contatterò per dirgli dove può riabbracciare i suoi amici. Un ultima cosa non faccia scherzi e non avvisi la polizia se vuole rivederli vivi” disse El Diablo con voce autoritaria “Una cosa signore, lei ha preso una statuetta. Quella statuetta ….” David non finì la frase che El Diablo riagganciò il telefono. “Riporta la ragazza di sotto, ho ancora delle telefonate da fare” disse El Diablo a Miguel "Blade ho bisogno di parlarti" disse El Diablo
"Anch'io, vorrei sapere che fine avete fatto tu è i tuoi uomini" rispose seccato Blade
"Vediamoci tra un ora al Cafe Imperial a Cuzco, ho grosse novità"
"D'accordo" disse Blade "spero che sia davvero importante"
Blade arrivò in anticipo al luogo dell'appuntamento. Il bar era uno dei più belli e più frequentati della città, la sua clientela era composta soprattutto da uomini d'affari di giorno mentre la sera era il ritrovo dei giovani della Cuzco bene e di bellissime ragazze sempre presenti dove c'è profumo di soldi.
Blade ordinò una birra alla spina mentre attendeva l'arrivo di El Diablo. Neanche il tempo di bere il primo sorso che la sagoma di El Diablo era all'ingresso del bar che controllava i tavoli per capire dove dirigersi.
"Emilio, da questa parte" disse Blade alzando un braccio
El Diablo si girò di scatto, in pochi lo chiamavano Emilio e Blade era uno di quelli
"Ciao Blade è tanto che aspetti?" Chiese El Diablo sedendosi di fronte all'americano
"No, giusto il tempo di ordinare una birra" rispose Blade per poi chiamare il cameriere
"Bene , c'è un grosso affare che ti potrebbe interessare" disse El Diablo prima di ordinare anche lui una birra alla spina
"E' questo il motivo della vostra scomparsa?" chiese infastidito Blade
"Si, hai indovinato " rispose secco El Diablo
"Allora, quale è questo affare?" chiese Blade
"Il tuo capo ancora è interessato ad acquistare oggetti antichi?" chiese El Diablo prendendo il bicchiere di birra
"Si, soprattutto cose di un certo valore" rispose Blade appoggiando i gomiti sul tavolo.
"Perfetto, allora ho quello che cerca" disse El Diablo sorridendo
"Cos'hai di preciso" chiese incuriosito Blade
"Una statuetta di mezzo metro, sono circa dieci chili d'oro" disse con soddisfazione El Diablo
"Cosa, e da dove sbuca? Non dirmi che l'avete trovata al campo" chiese Blade
"Ma quale campo, questa proviene da un'altra zona, è stato un colpo di fortuna” disse El Diablo lasciandosi scappare un sorriso. “Una bella fortuna” sentenziò Blade “Allora cosa pensi di fare?” chiese El Diablo
"Mi metterò in contatto col capo, la mia parte quale sarebbe in questo affare?" Chiese Blade che voleva entrare trarre un profitto per la sua mediazione.
"Voglio un milione di dollari, quello che riesci a fare in più è tutto tuo" disse El Diablo
"Mi piace viaggiare sul sicuro, voglio duecento mila. Sono tanti soldi un milione di dollari, non so se riuscirei a farmela pagare di più" disse pensieroso Blade
"D'accordo allora chiedi un milione e duecento, e duecento sono per te" disse El Diablo che alzando il bicchiere fece un brindisi con Blade come a voler suggellare l'accordo.
"Chiamerò il capo appena arrivo a casa poi ti farò sapere" disse Blade alzandosi dalla sedia.
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Il tramonto stava scendendo a Ollantaytambo e in lontananza si sentivano i tuoni e i bagliori dei lampi rischiaravano il cielo, il vento cominciare a soffiare sempre più forte, segno di un imminente temporale. Pedro stava chiudendo le finestre per non far volare tutti i fogli che aveva sparsi per la sala, quando vide parcheggiare l’auto di Kruger. Dalla camminata pensò subito che il capo non era di buon umore così si affrettò ad aprire la porta. "Buon giorno Mr Kruger" disse Pedro aprendo la porta.
"Ciao Pedro, sai dove li hanno portati?" disse Kruger scuro in volto.
Pedro restò esterrefatto, come poteva sapere del rapimento pensò. Aspettò un attimo prima di rispondere, chiuse la porta e fece accomodare Kruger.
"Capo mi scusi, ma come ha saputo dell'accaduto?" chiese Pedro mentre versava il caffè
"Mi ha fatto visita David Krupp prima di venire da te" disse Kruger sedendosi sulla poltrona.
"Davvero in gamba per arrivare a lei" disse Pedro mentre ava il caffè con latte freddo come piaceva a Kruger
"Ve l'avevo detto che conoscendo l'identità di Taylor sarebbero risaliti anche a me"
"Si, ma non pensavo venissero a farle visita" disse Pedro mentre si appoggiava al tavolo pieno di scartoffie
"Allora hai una pista?" chiese Kruger
"Si, li stavo spiando stamattina quando El Diablo e gli altri tre peruviani hanno lasciato il campo per un paio d'ore e si sono diretti all'Interno della foresta"
"Avevano sentito degli spari" lo interruppe Kruger
"Non lo sò questo. Io ero troppo lontano per sentirli" disse Pedro
"Continua" lo invitò Kruger
"Quando sono ritornati al campo c'erano con loro due persone con i polsi legati e prima di salire in macchina sono stati bendati. Ho pensato subito che fossero due della squadra degli olandesi" disse Pedro
"In macchina?" chiese pensieroso Kruger mentre posava la tazza di caffè sul tavolinetto
"Si, in macchina. Sono sceso di corsa dalla collina ed ho preso la strada per Cuzco, per fortuna il mio istinto non ha sbagliato e dopo una decina di chilometri li ho raggiunti" disse orgogliosamente Pedro
"Finalmente una buona notizia, era quello che volevo mi dicessi" disse Kruger accennando un sorriso
"Grazie capo" disse un estasiato Pedro
"Fin dove li hai seguiti?" chiese Kruger
"Ad una villetta alla periferia di Cuzco, mi sono dovuto fermare perché è
monitorata da diverse telecamere"
"Chi è il proprietario?" chiese con curiosità Kruger alzandosi dalla poltrona
"Uno ricco e stimato commerciante di Cuzco" rispose Kruger
"Per essere amico di El Diablo sarà un farabutto che l'ha sempre ata liscia" sentenziò Kruger
"Sicuramente lei ha ragione" confermò Pedro
"Dobbiamo agire al più presto per liberare gli ostaggi e recuperare la refurtiva. Sai qualcosa del posto dove sono tenuti gli ostaggi?" chiese Kruger mentre camminava per la stanza
"Ho visto solo che ha un lungo viale che a attraverso un giardino"
"Non molto, dovrò chiamare Sanchez a Lima. Avremo bisogno anche di lui e di un po' di materiale" disse Kruger
"Quando pensa di agire Mr. Kruger?" chiese un impaziente Pedro
"Se Sanchez arriva in tempo, domattina alle quattro"
"Vuole fare le cose in fretta" disse Pedro con un lieve sorriso che compariva dalle sue labbra
"Si, meglio approfittare del fattore sorpresa"
"Giusto" replicò Pedro
"o a prenderti verso le tre, cerca di riposare un po' " disse Kruger avvicinandosi alla porta
"Ci proverò capo, a più tardi allora" disse Pedro aprendo la porta e vedendo Alex Kruger allontanarsi, poi prima di salire in macchina prese il telefonino dalla giacca e fece una telefonata. Nel frattempo Jim Plant era nel suo ufficio a Langley con i suoi collaboratori per fare il punto della situazione sulla missione che si stava svolgendo in Pakistan. Non era di buon umore quella mattina dopo aver saputo che i suoi uomini avevano perso le tracce di un uomo legato ad Al-Qaida.
"Scusate ragazzi, facciamo una pausa" disse Plant quando vide comparire sul display del suo telefono il nome di Alex Kruger.
Appena anche l'ultimo agente del suo staff uscì dal suo ufficio Jim Plant alzò il telefono e chiamò Kruger .
"Ciao Jim, come và?" disse Kruger rispondendo al telefono
"Ciao Alex, va uno schifo. Mi servirebbe in squadra uno come te, non ti andrebbe...."
"Lascia stare" disse Kruger interrompendo il suo amico "ho già i miei problemi qua"
"Dimmi cosa è successo?" chiese Plant
"Sai chi mi ha fatto visita? Non ci crederai"
"Chi? Non posso credere sia quello che stò pensando" disse incuriosito Plant quasi certo di conoscere la risposta
"David Krupp" rispose Kruger che confermò la sensazione di Plant
"Sapeva di te?" Disse con stupore Jim Plant "cominci a perdere colpi amico"
"Un ragazzino che mi avete assegnato si è fatto notare, ma lasciamo perdere" disse seccato Kruger
"Cosa vuole Krupp?" chiese Plant
"Una banda di balordi peruviani ha rapito due suoi amici e mi ha chiesto di ritrovarli" disse Kruger
"Non sarà difficile per te" ribatté Plant " cosa offre in cambio ?" domandò ancora
"Per gli amici e il ritrovamento di una statuetta ci dirà quello che vogliamo sapere da lui" disse Kruger
"Direi un buon accordo" affermò Plant
"Lo penso anch'io " confermò Kruger
"E' così importante questa statuetta? Ha un valore enorme immagino"
"Si, saranno dieci chili d'oro" disse Kruger
"Cosa? " disse con stupore Plant
"Si, dieci chili. Ma la cosa strana che Krupp ne è rimasto talmente suggestionato credendola portatrice di sventure che la vuole riportare al suo posto " disse con distacco Kruger
"Mmmmm, portatrice di sventure, per dirlo ha visto qualcosa" disse perplesso Plant “E’ la famosa statua di Tacuzima” “Cristo! Non decretò la fine di Machu Picchu?”
"Sembra di si, secondo lui è stata la causa della fine di Machu Picchu e del paese all' interno della Foresta Amazzonica dove l'ha ritrovata" disse Kruger
"Brutta storia se fosse vera" disse Plant
"E Krupp ha paura che la statuetta faccia la stessa cosa nel prossimo luogo dove verrà portata"
"E dove sarebbe questo posto?" chiese con curiosità Plant
"Stati Uniti, penso sia diretta a Houston" disse Kruger
"Houston? Dobbiamo ritrovarla, se per caso quello che dice Krupp fosse vero sarebbe una strage. Non mi avevi chiesto di controllare Cooper, della Cooper & Sail a Houston, c'entra qualcosa?" chiese Plant
"Penso di si" confermò Kruger " puoi tenerlo d'occhio se gli arriva il pacco? Dice Krupp che per evitare guai non deve uscire dalla scatola"
"Chiederò un favore ad un mio amico all'FBI, non gli sembrerà vero ricevere una dritta per beccare dei trafficanti di opere d'arte" disse Plant
"E' fidato?" chiese preoccupato Kruger
"E' come se lo fi io" disse Plant “ma sai bene che questi sono lavori per l' FBI "
"Bene, tienimi informato. Se la statuetta arriva a Houston deve ritornare al più presto in Perù, se vogliamo scoprire il segreto di Krupp " disse Kruger
"Non preoccuparti Alex, sono ansioso anch'io di sapere cosa ha da dirci Krupp, ci sentiamo presto. Ciao" concluse Plant agganciando il telefono.
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El Diablo stava programmando con i suoi complici come agire l'indomani per prelevare il riscatto e liberare gli ostaggi in un posto sicuro senza essere visti. Miguel e Paco si sarebbero occupati del bottino mentre lui e Jose avrebbero lasciato Max e Lia in una baracca a metà strada tra Cuzco e Ollantaytambo. Un posto sperduto, al quale era possibile arrivare percorrendo una strada sterrata all'interno della foresta per una decina di chilometri. El Diablo sapeva che quel posto era praticamente sconosciuto a molti, a chi verrebbe l'idea di addentrarsi nella foresta facendo tutta quella strada e rischiare di fare brutti incontri per non trovare niente. Infatti era una strada senza uscita chee terminava in mezzo al bosco proprio davanti ad una baracca. El Diablo non aveva mai capito il motivo che aveva spinto qualcuno a fare una cosa del genere. Ogni volta che ava davanti quel bivio, col segnale di strada senza uscita spesso si chiedeva a cosa
fosse servita, forse il governo aveva fatto dei sopralluoghi per la ricerca di giacimenti di gas oppure qualche compagnia l'aveva fatta costruire per tagliare la foresta, ma adesso non gli importava più trovare risposte a queste sue curiosità, quando la mattina ò davanti al bivio con in macchina Max e Lia legati e bendati pensò subito che era il posto ideale per il loro rilascio.
Nella sua testa era affiorata anche l'idea di ucciderli una volta recuperato il riscatto, un idea che cancellò subito dalla sua mente pensando alle indagini che si sarebbero svolte una volta denunciata la scomparsa dei due olandesi ritrovati i corpi di due olandesi. El Diablo guardava con impazienza il telefono in attesa della chiamata di Blade . Telefonata che tardava ad arrivare e lui cominciava ad innervosirsi, camminava lungo il perimetro del salone accendendosi una sigaretta dietro l'altra e gettando i mozziconi dalla finestra. Finalmente alle diciotto e trenta il telefono cominciò a squillare. “Blade, finalmente” disse El Diablo rispondendo immediatamente al telefono “Ciao Emilio, non è così facile come sembra riuscire a parlare col capo” disse Blade quasi scocciato “Ti credo, hai da darmi buone notizie?” chiese El Diablo “Ottime per entrambi direi” disse ridacchiando Blade “Dimmi tutto” disse El Diablo incuriosito “Avrei un milione e duecentomila cosa da dirti” disse Blade che scoppiò in una risata contagiando anche El Diablo. “Benissimo allora, come ci organizziamo?” chiese El Diablo tornando serio. “La facciamo partire domattina all’alba con la Black Princess, anche se lungo penso sia il viaggio più sicuro” “Sono d’accordo” confermò El Diablo che aggiunse “per quanto riguarda il pagamento?” “In contanti quando ritorna la Black Princess” rispose Blade
“Possiamo fidarci?” chiese preoccupato El Diablo “Al cento per cento, ricordati che i suoi affari sono in Perù, pensi che non sappia cosa accadrebbe ai suoi cantieri?” rispose Blade per rassicurare El Diablo “Se fa il furbo dovrà cercarsi una nuova nazione per i suoi affari” disse con tono deciso El Diablo “Non lo farà, è un uomo di parola. Lo conosco molto bene” “Se lo dici te che lo conosci bene, mi fido Blade” disse El Diablo che poi domandò “quando ci ti consegno il pacco?” “Per essere al porto di Matarani domattina devo partire prima di mezzanotte” disse Blade facendo un rapido calcolo delle ore che gli occorrevano “Ci vediamo alle nove e trenta a Plaza de Armas” disse El Diablo controllando il suo orologio. “Benissimo Emilio, a più tardi” disse Blade riagganciando il telefono.
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La luce nella camera venticinque dell'Hotel Estrella quella notte era ancora accesa. Kruger non riusciva a riposare ed aspettava con ansia l'arrivo di Sanchez da Lima. Aveva pianificato tutto per liberare gli ostaggi e sperava che i suoi uomini avrebbero eseguito alla lettera i suoi ordini. Finalmente verso le due e trenta vide dalla finestra i fari di una macchina fermarsi sul lato opposto della strada. Il tempo non era buono, da qualche ora aveva ripreso a piovere ma a Kruger questo non dispiaceva molto, con la pioggia sarebbero stati meno visibili ed avrebbero potuto agire con più disinvoltura.
Sanchez scese dall'auto per sgranchirsi le gambe dopo quel lungo viaggio, trovò riparo dalla pioggia sotto un albero e si accese una sigaretta nell'attesa dell'arrivo
di Kruger.
Neanche il tempo di terminare la sigaretta che Alex Kruger e Vincent Taylor erano davanti a lui pronti per andare a casa di Pedro.
Quando arrivarono davanti l'appartamento, notarono che le luci erano accese e che Pedro aspettava affacciato alla finestra incurante della pioggia che stava scendendo .
Kruger scese dall'auto e si diresse verso la casa di Pedro mentre Taylor e Sanchez presero i due grandi borsoni nel portabagagli che Sanchez aveva portato da Lima.
"Bene, ci siamo tutti" disse Kruger guardando l'orologio "Fra mezz'ora partiamo "
"Sono in sei, giusto?" chiese Sanchez
"Si, sembra di si" rispose Kruger
"Non dovrebbe essere un lavoro difficile" continuò Sanchez
"Ti ricordi come si spara?" chiese sorridendo Taylor
Sapevano tutti che Sanchez aveva partecipato a diverse guerre, l’ultima in Iraq e sempre con la Delta Force dove aveva maturato un curriculum di tutto rispetto, in seguito fece domanda ai servizi segreti e voluto fortemente da Kruger in Perù . Anche se erano diversi anni che non partecipava a missioni operative averlo al proprio fianco dava maggiore sicurezza a Kruger ed agli altri.
"Cosa hai portato di buono?" chiese Taylor guardando i borsoni
Sanchez si avvicinò al tavolo dove erano stati poggiati i borsoni e li aprì .
"Due carabine con silenziatore e mirino a raggi infrarossi" disse tirandole fuori e andone una a Kruger e l'altra a Taylor che le guardarono con ammirazione. “Questa è per te, ho saputo che eri un cecchino in Accademia” disse Kruger ando l’arma a Pedro.
"Due M4, la mia arma preferita" disse Sanchez tirandola fuori dalla borsa ed accarezzandola dolcemente
"Poi quattro granate stordenti e quattro giubbotti antiproiettile, penso sia sufficiente" disse Sanchez
"Ottimo" disse Taylor
"Le pistole penso le avete tutti" concluse Sanchez sorridendo
"Si, quelle le abbiamo" disse Kruger " Pedro mettiti qualcosa di scuro prima di partire" aggiunse notando i pantaloni beige che indossava .
La pioggia continuava a cadere incessante mentre i quattro a bordo della macchina di Sanchez si dirigevano verso il luogo dove El Diablo teneva in ostaggio i due olandesi.
Lungo il tragitto Kruger ripeteva fino alla nausea come si sarebbero dovuti comportare. Tutti ascoltavano con attenzione le sue parole, era la prima missione operativa in Perù e tutti erano consapevoli che non doveva essere un fallimento. Sanchez parcheggiò l’auto in una stradina adiacente il cancello principale come suggeritogli da Pedro che aveva studiato bene il perimetro esterno della villa. A quell’ora la strada era completamente deserta, la città mostrava sempre i propri bagliori, mentre anche gli ultimi locali andavano chiudendo ed i frequentatori dei locali notturni cominciavano a fare ritorno a casa. Quella sarebbe stata l’ora migliore per prendere di sorpresa qualcuno, quella è sempre stata l’ora in cui la maggior parte delle persone dorme con il sonno più pesante. Scesero dall’auto facendo attenzione a non sbattere gli sportelli e si diressero verso il lato opposto alla strada principale. Kruger si raccomandò con Pedro e Taylor di usare al meglio le carabine, di attendere appostati nel giardino e controllare i due ingressi della villa in caso qualcuno tentasse di scappare ed intervenire solo dopo un suo segnale oppure in caso di pericolo. Kruger e Sanchez sarebbero entrati nella villa. “ami la carabina” disse Kruger a Taylor una volta entrati nel giardino. Guardò attraverso il potente binocolo dell’arma. “Pedro, cosa sai dirmi di quella piccola porta in ferro ad est dell’ingresso principale?” chiese Kruger “Non saprei capo, forse è l’ingresso per le caldaie o la cantina” rispose Pedro
“Lo avevo pensato anch’io” disse Kruger. Poi si voltò verso Sanchez “Ti ricordi come si apre una porta senza le chiavi?” “Senza? Le chiavi le ho sempre con me” rispose Sanchez con un sorriso e prendendo dalla tasca una scatoletta con all’interno una specie di chiave ed una lunga spilla. “Sei sicuro che funzionino?” chiese incredulo Kruger “Non hanno mai fallito” rispose con tono deciso Sanchez che aggiunse “vuoi entrare da quella porticina? E se non comunica con la villa? Sarebbe tempo sprecato” “E se i prigionieri fossero lì?” rispose Kruger “Entriamo dalla porticina, conosco il tuo fiuto” disse Sanchez strizzando l’occhio a Kruger I due camminarono lungo il parco che circondava la villa, con Taylor e Pedro che gli coprivano le spalle pronti a far fuoco nel caso qualcuno uscisse a prendere una boccata d’aria. Arrivati alla porta Sanchez prese la scatoletta e cominciò a lavorare sulla serratura. “Hai sentito” disse Max dando un calcio a Lia “Cosa?” disse Lia mezza addormentata “Ascolta, qualcuno sta cercando di aprire la porta” disse a bassa voce Max. Neanche un minuto dopo Kruger e Sanchez erano dietro di loro che con due grossi coltelli stavano tagliando le corde che li tenevano legati. “Fate come vi dico e tra pochi minuti saremo fuori di qui” disse Kruger a voce bassa “Chi siete?” chiese Lia mentre si massaggiava i polsi ormai liberi dalle corde “Non importa chi siamo, ci manda David Krupp. Ti basta?” rispose Kruger “Sapevo che David ci avrebbe tirato fuori” disse Max
“E’ un tipo in gamba” aggiunse Kruger “Scusate se interrompo la vostra conversazione, ma penso sia il caso di andare” gli ricordò Sanchez "Sapete usare questa?" chiese Kruger mostrandogli la sua pistola M9. "Si" risposero all'unisono Max e Lia
"Bene, adesso sbrighiamoci ad uscire da qui" disse Kruger mentre anche Sanchez ava la sua pistola a Lia
I quattro salirono le scale senza fare il minimo rumore ed in breve erano nel giardino. "Sveglia !!!!" urlò Paco vedendo dalla finestra delle persone che correvano nel giardino della villa. Uscì dalla porta con la pistola in pugno pronto a far fuoco ma un proiettile esploso dalla carabina di Pedro lo raggiunse al cuore facendolo cadere a terra proprio davanti l'ingresso, cadendo dalla pistola di Paco partì un colpo che mise in allarme i suoi complici che in precedenza non avevano sentito le sue urla. "Questa non ci voleva, voi restate a terra" ordinò Kruger a Max e Lia
"Sanchez, entra nella villa dalla porta della cantina"
"Ok, quanti ne sono rimasti?" chiese Sanchez
"Cinque, andiamo ed occhi aperti" si raccomandò Kruger
I peruviani allertati dallo sparo cercavano di scorgere dalle finestre qualche movimento in giardino, mentre Miguel imbracciando un fucile si diresse subito nella cantina a controllare gli ostaggi. Come aprì la porta una raffica di colpi esplosi dall'M4 di Sanchez lo fece rotolare privo di vita dalle scale.
"Miguel è morto" urlò uno dei peruviani
"Ammazziamoli tutti" disse Jose
Nel frattempo Kruger era arrivato alla porta d'ingresso rimasta ancora aperta, sempre tenuto d'occhio da Pedro e Taylor.
Kruger entrò lentamente, ma Jose appostato nella sala dietro il divano come lo vide sull'uscio sparò diversi colpi che non andarono a segno, Kruger rispose trivellando di colpi il divano finché non vide il sangue scorrere sul pavimento.
"Alex sono io" disse Sanchez aprendo la porta che comunicava con la cantina
"Quanti ne ha presi?" chiese Kruger
"Uno, che era venuto a curiosare di sotto" rispose Sanchez mentre ricaricava il suo mitra.
"Ne sono rimasti tre" gli ricordò Kruger
Uno sparo proveniente dal corridoio interruppe la loro conversazione, Kruger crollò a terra privo di sensi. Sanchez vide del sangue uscire dalla testa del suo amico, si gettò a terra e sparò diversi colpi che uccisero uno dei rapitori poi si voltò verso Alex Kruger sentendogli il polso.
Il polso era debole, ma per fortuna era vivo. Il proiettile lo aveva colpito di striscio facendogli perdere i sensi, Sanchez tamponò immediatamente la ferita e fasciò con una benda, che teneva nel taschino del giubbotto, la fronte di Kruger.
Aspettò qualche minuto che Kruger riprendesse i sensi, poi lo prese sottobraccio e lo accompagnò fuori.
"Hai preso El Diablo? " chiese Kruger ancora stordito
"No, è rimasto solo lui e un altro" rispose Sanchez "A terra" urlò Pedro
I due si getteranno sul prato bagnato e Pedro sparò un colpo che colpì alla testa un peruviano che si era affacciato dalla finestra del primo piano facendolo cadere di sotto.
"Chi era?" Chiese Kruger
"Uno degli scagnozzi di El Diablo " rispose immediatamente Pedro
"Quindi è rimasto solo lui" disse Sanchez
"Dubito che sia in casa, uno come lui è sempre in prima linea. Difficilmente si nasconde" disse Kruger
"Andiamo a dare un occhiata dentro?" chiese Sanchez
"Si, vai tu con Taylor, cercate di ritrovare la statuetta. Noi restiamo qui con gli olandesi"
"Ok, Alex" disse Sanchez avviandosi nuovamente verso la villa seguito da Taylor
"Fate in fretta, non vorrei che qualcuno venisse a curiosare" disse Kruger guardandosi sempre intorno
"Hai fatto un buon lavoro Pedro, bravo" disse Kruger stringendogli la mano
"Grazie Mr. Kruger" rispose emozionato Pedro "lei come si sente?"
"E' solo un graffio, niente di grave" disse Kruger toccandosi la benda
"Volevamo ringraziarvi" disse Lia avvicinandosi
"Ringraziare? Non scherzi signorina, noi siamo i vostri angeli custodi " disse sorridendo Kruger
"Voi siete quelli che ci tenevano d'occhio?" chiese incuriosito Max
"Diciamo di si" rispose Kruger
"Sembrate dei professionisti. Per chi lavorate? E perché ci state aiutando?"
"Wow, quante domande. Vi dirà poi tutto Krupp, abbiamo un accordo con lui e adesso dobbiamo andare" concluse Kruger vedendo Sanchez e Taylor uscire dalla casa con due grosse borse.
"Nessuna traccia di El Diablo " disse Taylor
"Lo immaginavo" disse Kruger " e neanche della statuetta, giusto?"
"Esatto" rispose Sanchez
"Usciamo da qui, e riportiamo loro a casa di Pinilla, poi studieremo il da farsi" disse Kruger
David non riusciva a dormire quella notte così decise di uscire e sedersi sulla sedia a dondolo sotto la veranda. Il sequestro di Max e Lia l'aveva scosso e si sentiva in parte responsabile dell'accaduto, non a causa del colpo di fucile da lui sparato, perché era certo che senza quel colpo il giaguaro avrebbe sbranato Marco, ma perché non era riuscito a tutelare i suoi amici come sempre aveva fatto. La pioggia continuava a scendere ininterrottamente dalla sera precedente e aveva reso nuovamente un pantano il piazzale davanti alla casa , alle prime luci dell'alba David sentì il rumore di una macchina avvicinarsi e poco dopo un clacson suonare, con uno scatto si alzò dalla sedia e cominciò a correre verso il cancello principale. Una Mercedes nera era ferma fuori sulla stradina d'accesso, David la guardò attentamente come se conoscesse già quel l'auto poi aprì il cancello "Buongiorno signor David" disse l'autista mentre entrando abbassava il finestrino
"Lei?" disse David con stupore
"Si, signor Krupp avevamo bisogno di lui per liberare i suoi amici" disse Kruger aprendo la portiera posteriore e facendo scendere Max e Lia
"Max, Lia come state" disse David abbracciandoli entrambi
"Bene David , è tutto finito ormai" disse Lia
"Finalmente, come vi hanno trattato?"
"Non male a parte le corde troppo strette e la vista di qualche morto" disse Lia
"Non è stata una cosa facile?" disse preoccupato David
"Non proprio, qualcuno ci ha visto fuggire ed ha dato l'allarme. Era meglio fosse restato a dormire" disse Kruger
"Li avete presi tutti?" chiese con curiosità David
"Purtroppo no. Manca all'appello il loro capo, un certo El Diablo e la famosa statuetta " aggiunse Kruger
"Cosa pensa di fare adesso?" chiese ancora David con aria preoccupata.
"Come le avevo detto, la statuetta sarà spedita sicuramente negli Stati Uniti, già ho informato chi di dovere, nel frattempo fate attenzione a questo El Diablo, vi fornirò delle foto che è meglio vi imprimiate nella mente. Sarà una furia quando al suo ritorno troverà tutti i suoi compagni morti e soprattutto il bottino sparito"
"Avete recuperato anche il bottino?" chiese David
"Si, tutto?" confermò Max
"Wow, siete proprio dei professionisti. Non lasciate nulla al caso" disse David
"Da quello che ho visto, devono essere tutti ex Marines di qualche corpo speciale " disse Max
"In genere lo è chi lavora nei servizi " confermò David sorridendo a Kruger
"E' solo un piccolo favore che vi ho fatto, quei reperti ho preferito ridarli a voi visto quello che avete ato, piuttosto che finire chissà in quali mano. Noi non potevamo riconsegnarli visto la nostra posizione, non possiamo far saltare la nostra copertura. Consideralo un gesto di riconoscenza per il nostro accordo" gli ricordò Kruger “David cosa significa questo accordo? L’ho chiesto anche prima al signor Kruger ma non me ne ha voluto parlare” chiese Lia con aria scocciata “Ho fatto un accordo con Kruger, per la vostra liberazione e il ritrovamento della statuetta gli sveleremo il perché siamo venuti in Perù” rispose David “Sei sicuro di quello che stai facendo?” “E’ una decisione che ho preso con Marco e Juan dopo il vostro sequestro. Senza il loro aiuto non so se vi avremmo rivisti” disse David “ adesso dobbiamo ritrovare la statuetta e rimetterla al proprio posto nel minor tempo possibile” “L’abbiamo pensato anche noi in quei brutti momenti, quella statuetta doveva restare nel tempio, può causare altri guai. Sai per caso di cosa si tratta?” disse con curiosità Lia “E’ la statuetta di Tacuzima. Ti ricorda qualcosa?” “Wow, certo che mi ricordo. Fu portata a Machu Picchu per poi far perdere le sue tracce” disse Lia “Finché non siamo arrivati noi” aggiunse David
“Se la leggenda è vera, credo sia davvero il caso di rimetterla al suo posto”disse Max Nel frattempo anche Juan si era svegliato. ed aveva raggiunto gli altri al cancello, dopo essersi salutato con Max e Lia mandò un domestico a chiamare Marco che arrivò di corsa seguito da Monica.
"Ma lui?" disse Marco
"Buongiorno signor Marco " rispose Sanchez
"Tutti mi sarei aspettato ma non quello di vederti qui" disse un esterrefatto Marco
"Non sarebbe dovuto venire, ma il rapimento dei vostri due amici ha richiesto il suo intervento" rispose Kruger
"Pensa da quanto tempo ci tengono d'occhio" disse Marco rivolgendosi a David
"Da molto più di quello che lei può immaginare" disse Kruger
"Stavolta dobbiamo dire che è stata una fortuna per noi " disse David
"Chi chiamerò adesso per il transfert dall’aeroporto?" disse sorridendo Marco
Scoppiarono tutti in una grande risata, Juan e Max presero i borsoni con i reperti e si diressero verso il magazzino intanto David si raccomandava ancora una volta con Kruger di ritrovare la statuetta al più presto mentre insieme ai suoi uomini saliva in macchina per tornare al paese.
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El Diablo e Blade erano in viaggio verso il porto di Matarani dove la Black Princess era ancorata, pronta per salpare alla volta di Houston . El Diablo aveva voluto accompagnare lui stesso l'americano al porto, la statuetta era la garanzia per la sua pensione dorata e non avrebbe permesso che le succedesse qualcosa lungo il tragitto, anzi se avesse potuto l'avrebbe scortata fino a Houston lui stesso. Mentre andava all'appuntamento con Blade si era fatto i suoi calcoli, e sarebbe tornato in tempo per l'altra faccenda riguardante i due olandesi, così decise all'istante che avrebbe accompagnato Blade alla nave. Da Cuzco i due viaggiarono circa sette ore per raggiungere il porto di Matarani, si diedero il cambio alla guida a circa metà strada nei pressi di Espinar dove fecero rifornimento di benzina.
Considerando la pioggia incessante che li accompagnò per gran parte del tragitto, il viaggio di notte, le strade al limite della decenza avevano impiegato pochissimo tempo, arrivando alle cinque in punto davanti alla grande sagoma color nero e arancio della Black Princess. L'equipaggio era già tutto operativo che aspettava l'ok dalla capitaneria per lasciare il porto, Blade con un urlò attirò l'attenzione di un marinaio che riconoscendolo avvisò immediatamente il comandante della nave. “Signor Blade la stavamo aspettando” disse il comandante della nave. El Diablo e Blade si guardarono stupiti, come poteva sapere il capitano del loro arrivo?
Dalle spalle del comandante sbucò la figura di un uomo in elegante abito blu, sulla cinquantina con capelli brizzolati. El Diablo capì subito chi poteva essere, ed a confermarlo fu un istante dopo Blade. “Buongiorno signor Cooper, una piacevole sorpresa” “Buongiorno Blade, salite a bordo” disse Cooper facendo segno con la mano "Non sapevo venisse di persona" disse Blade appena salito a bordo
"Un affare del genere meritava la mia presenza, non potevo aspettare l’arrivo della Black Princess ero troppo ansioso di vedere la statuetta. Appena mi hai avvisato ho fatto subito preparare l'aereo per il decollo" disse Cooper
"Le presento Emilio Echebarria" disse Blade mentre i due si stringevano la mano
"Andiamo nella cabina del capitano a parlare d'affari " disse Cooper
I tre seguiti dalle due guardie del corpo di Cooper si diressero verso la cabina del capitano.
"Voi aspettate fuori" disse Cooper ai suoi gorilla quando arrivarono di fronte la porta.
"Quindi tu saresti il famoso El Diablo , mi hanno parlato di te. Mai nessun problema e consegne sempre puntuali da quando lavori con noi" disse Cooper
"Faccio del mio meglio signor Cooper"
"Mi fa piacere, parliamo di affari adesso. Mi ha detto Blade che hai qualcosa per me"
"Si" disse El Diablo aprendo la scatola
"Mio Dio" esclamò Cooper "allora esiste davvero "
"Cosa intende dire?" chiese El Diablo
"E' la statuetta di Tacuzima, l'hanno fatta are come una leggenda ed invece esiste davvero" disse Cooper guardandola con ammirazione.
" Non so chi sia questo Tacuzima" disse El Diablo
"Non importa, ho fatto bene a venire di persona"
"Ha portato i soldi?" chiese El Diablo
"Un milione e duecentomila dollari" rispose prontamente Cooper
"Esatto, erano questi gli accordi" disse El Diablo
"Non preoccuparti, avrai quello che hai chiesto per la statuetta" disse Cooper “Quando?” disse El Diablo “Tra ventiquattrore saranno in un conto sicuro nella Banca Nacional de Lima” disse Cooper “D’accordo, mi fido di lei” “Fai bene, grazie a me stai per diventare ricco” disse Cooper sorridendo “Aspetterò domani con impazienza” “E’ stato un piacere fare affari con te, se trovi qualcos’altro sai come contattarmi” disse Cooper stringendo la mano a El Diablo.
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Alex Kruger chiamò immediatamente Plant per metterlo al corrente degli ultimi avvenimenti. Jim Plant era un tipo mattiniero, tutti i giorni si svegliava all'alba per fare i suoi abituali dieci chilometri di jogging ma quella mattina prima di uscire di casa il suo telefono squillò con insistenza. "Alex cosa succede? " chiese Plant appena uscito dal bagno
"Jim ci sono novità"
"Dimmi"
"Abbiamo fatto irruzione per liberare gli ostaggi"
"Com'è andata?" chiese incuriosito Plant
"Bene per noi, i cattivi sono tutti ati a vita migliore" disse Kruger
"L'avevo immaginato, scontrandosi con te era il minimo. Hai ritrovato anche la famosa statuetta?" Chiese Plant che voleva andare a fare jogging con una bella notizia
"Mancava all'appello la statuetta e il capo banda, un certo Emilio Echebarria chiamato El Diablo " disse Kruger
"Mmmmm, brutta notizia" disse Plant mentre si allacciava le scarpe
"Si, per non essere presente nella villa forse stava trattando la vendita della statuetta"
"Chiamo subito Porter per accelerare le indagini" disse Plant
"Grazie Jim, tienimi informato" concluse Kruger agganciando il telefono
Bill Porter era un grande amico di Plant avendo fatto il college insieme dividendo per quattro anni un appartamento a Dallas. Erano sempre rimasti in ottimi rapporti e spesso si scambiavano favori, questa volta toccò a Plant chiamarlo e Porter accettò con entusiasmo di aiutare il suo amico, forse anche perché il sospetto principale era Cooper, della Cooper & Sail, che Porter aveva schedato come un personaggio poco pulito ma non era mai riuscito a dimostrare le sue intuizioni a volte per l'astuzia di Cooper ed a volte per le sue conoscenze che avrebbero messo in pericolo la sua carriera di investigatore. Questa volta era deciso di andare fino in fondo, anche perché aveva l'appoggio di un suo grande amico che non l'avrebbe abbandonato se le cose si fossero messe nel verso sbagliato.
"Pronto" disse Bill Porter con voce assonnata
"Pronto Bill, scusa l'ora ma è una questione importante" disse Plant sentendosi in colpa per aver svegliato il suo amico
"Ciao Jim, lo immagino visto l'ora" rispose Porter sedendosi sul letto
"Riguarda quella questione di cui ti avevo parlato"
"Si, ricordo"
"Hai novità riguardo Cooper?" chiese Plant
"E' partito stanotte per il Perù con il suo aereo privato" disse Porter
"Perfetto, Kruger ha fatto centro anche stavolta" disse sorridendo Plant
"Cosa vuoi dire?" chiese Porter ormai completamente sveglio
"Cooper è andato in Perù a prendere una statuetta d'oro, un reperto archeologico risalente all'epoca azteca" gli fece presente Plant
"Sei sicuro? Lo potrei incriminare per ricettazione di beni archeologici" disse entusiasta Porter
"Sicurissimo" rispose Plant
"Bene, lo aspetterò all'aeroporto. Vediamo cosa avrà da dire questa volta"
"Bill, quella statuetta deve ritornare al più presto in Perù , non lo dimenticare" si assicurò Plant che il suo amico si ricordasse l'accordo
"Non preoccuparti, tempo di fargli qualche foto e la rimpacchetterò per il Perù "
"Cerca di fare in fretta con le foto, quella statua porta guai da come ho saputo" disse Plant che era rimasto scosso dalla storia di Tacuzima
"D'accordo Jim , farò come mi dici" disse Porter “grazie per l’informazione”
"Grazie a te Bill, sei un vero amico " disse Plant chiudendo la comunicazione ed avviandosi verso la porta per i suoi dieci chilometri quotidiani.
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El Diablo e Blade ritornarono a Cuzco nel primo pomeriggio. La pioggia li aveva accompagnati per quasi tutto il tragitto eccetto che per un breve tratto, nonostante ciò i due impiegarono pochissimo tempo per ritornare soprattutto grazie alla guida veloce di El Diablo che doveva tornare in tempo per la liberazione degli ostaggi ma soprattutto per la riscossione del riscatto.
All'arrivo davanti la villa il cancello socchiuso attirò subito l'attenzione di El Diablo, che decise di scendere dall'auto e raggiungere la casa a piedi.
Salutò Blade ed entrò richiudendo il cancello. Camminò velocemente lungo la stradina per dare una strigliata al responsabile di quella dimenticanza. Giunto nel piazzale antistante la villa il silenzio che regnava tutt'intorno mise in preallarme El Diablo. Cominciò a camminare lentamente ed a guardarsi intorno per scoprire se fosse successo qualcosa durante la sua assenza ma eccetto il silenzio non notava nulla di strano. Le sue domande svanirono quando davanti la porta d'ingresso vide il corpo privo di vita di Paco.
Come una furia El Diablo entrò un casa, per scoprire l'amara verità che tutti i suoi uomini erano stati uccisi. Corse in cantina ma dovette incassare un altro brutto colpo vedendo il fido Miguel riverso a terra e gli ostaggi liberati (Chi poteva aver fatto un simile lavoro? ) pensò El Diablo. Sicuramente non gli amici degli ostaggi e nemmeno la polizia, quest'ultimi sarebbero stati ancora sul posto a fare i rilevamenti. (E’ opera di professionisti, sicuramente pagati dagli olandesi) questa era la spiegazione che si era dato El Diablo. Uscì dalla cantina ed andò nel salone per controllare la refurtiva, ma i due grandi borsoni contenenti i reperti erano spariti. El Diablo cominciava ad andare in escandescenza, doveva riordinare le idee e far sparire quei cadaveri prima di tutto. "Blade sono io" disse El Diablo
"Cosa c'è Emilio? Hai una voce preoccupata"
"Ho un grosso problema, mi devi aiutare"
"Dimmi" disse incuriosito Blade
"Qualcuno è ato a farmi visita, ha fatto fuori tutti i miei uomini"
"Cosa?" disse un incredulo Blade
"Hai capito bene, sono rimasto solo"
"Cosa pensi di fare?"
"Cambiare i nostri accordi" disse El Diablo
"Potrebbe interessarmi, continua"
"I duecento li diamo ai tuoi uomini il resto lo dividiamo io e te"
"Una proposta difficile da rifiutare" disse un estasiato Blade. Cinquecento mila dollari erano una somma di tutto rispetto, avrebbe fatto qualsiasi cosa per tutti quei soldi. Già sapeva come investirli, avrebbe comprato qualche appartamento a Houston ed affittarlo per avere una rendita mensile che gli assicurasse una pensione dignitosa.
"Quindi accetti?" chiese El Diablo
"Certo, non c’era bisogno di ripeterlo. Chiamo subito i miei uomini, conoscendoli accetteranno immediatamente " disse Blade
"Appena li senti venite subito da me, dobbiamo far sparire questi corpi" disse El Diablo
"Cosa pensi di farne ?" disse Blade a cui non piaceva la vista dei cadaveri
"Li porteremo al nostro campo base, con l'aiuto di Francisco gli troveremo una sistemazione" disse El Diablo
"Buona idea Emilio, vado a prendere i miei uomini e veniamo subito da te" disse Blade che poi riagganciò il telefono.
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L'aereo privato con a bordo il signor Cooper si avvicinava velocemente all'aeroporto William P. Hobby di Houston.
Fino al 1969 anno di apertura dell'aeroporto Internazionale G.Bush, il William P.Hobby era l'aeroporto principale di Houston, adesso è utilizzato quasi esclusivamente per voli interni e privati. Era il posto ideale per far are la statuetta, forse anche più sicuro del porto dove avrebbe attraccato la Black Princess. Il signor Cooper era al di sopra di ogni sospetto con quei suoi modi gentili e sempre molto generoso con chiunque ruotasse intorno alla sua orbita. Per il Natale e la festa della Liberazione le sue segretarie avevano una lista lunghissima di persone a cui inviare un pensiero da parte del signor Cooper e tra questi anche gli aeroportuali di Houston, non dimenticava neppure gli impiegati o gli operai che si erano mostrati gentili con lui ai quali faceva avere di solito una cassetta con sei bottiglie di vino italiano. Per i doganieri ed i funzionari dell'aeroporto di William P. Hobby i suoi regali erano molto più generosi ed ogni volta che il signor Cooper si recava in aeroporto era considerato una bravissima persona e rispettato da tutti, ed il fatto che non aveva mai avuto problemi con la giustizia, cosa rara per un imprenditore di quel livello, contribuiva in maniera
notevole alla sua fama di brava persona. Il Bombardier Global Express con lo stemma della Cooper & Sail atterrò alle 16.27. L'aereo acquistato dalla sua società era costato quarantacinque milioni di dollari, lungo circa trenta metri con un apertura alare di circa ventinove l'aereo poteva ospitare fino a diciannove eggeri ma il signor Cooper fece apportare delle modifiche in fase di costruzione, riducendo a nove il numero dei eggeri e preferendo un lussuosissimo salotto dotato di ogni comfort.
L'atterraggio come sempre fu morbidissimo, tanto da risultare difficile ai eggeri capire quando l'aereo toccò terra. I due turbofan Rolls Royce di cui il Bombardier era equipaggiato ancora giravano quando la scaletta si avvicinò all'aereo, dopo qualche minuto il portellone anteriore si aprì per dar modo ai eggeri di scendere dall'aereo .
"Nessuno si muova senza un mio segnale" disse il capitano Bill Porter appena il portellone si aprì
Gli uomini dell'Fbi erano quasi tutti all'interno dell'aeroporto nell'area arrivi internazionali mischiati alla polizia aeroportuale ed ai doganieri .
Tutti erano muniti di auricolare e attendevano le disposizioni di Porter che dalla torre di controllo con un binocolo voleva prima vedere se dall'aereo sarebbe scesa una scatola. Quella sarebbe stata la prova che il signor Cooper stava facendo entrare illegalmente la statuetta di cui gli aveva parlato Jim Plant.
I primi a scendere dall'aereo furono due guardie del corpo, poi dopo aver salutato affettuosamente il comandando ed il suo vice fu la volta del signor Cooper ma nessuno portava con se scatole o borse. Bill Porter cominciava ad innervosirsi, non poteva credere che il suo vecchio amico Jim Plant uno dei più apprezzati dirigenti dei servizi segreti americani gli avesse dato una informazione sbagliata.
Stava ormai per perdere le speranze quando dal portellone dell'aereo vide la sagoma di un uomo in abito nero con occhiali da sole che attirò la sua attenzione, continuò a fissare con il binocolo l'aereo e dopo pochi secondi un altro uomo anche lui in abito nero scese dalla scala tenendo in mano una borsa sportiva.
"Bingo" esclamò il capitano Porter
Il signor Cooper ed i suoi uomini salirono su un minibus che li accompagnò al terminal degli arrivi per sbrigare le consuete pratiche doganali, una formalità come sempre dato che il signor Cooper era un abituee dell'aeroporto. Entrando nella stanza semi deserta degli arrivi notò più personale del solito in servizio ma non diede molto peso al fatto anche perché essendo uno scalo merci importante forse erano in programma dei controlli più accurati a qualche aereo in particolare.
"Buongiorno signor Cooper "
Il signor Cooper si voltò di scatto, la persona che l'aveva salutato per quanto lui potesse sforzarsi non ricordava di averla mai incontrata prima d'ora. Un uomo sui cinquanta anni di bell'aspetto, capelli brizzolati e barba di un paio di giorni ben curata, per quanto il signor Cooper fosse un buon fisionomista, quell'uomo proprio non riusciva a ricordarselo.
"Mi scusi, ma non ricordo il suo nome" disse Cooper mentre si toccava il mento. Il capitano Bill Porter alzò leggermente la giacca facendo intravedere il distintivo dell' Fbi.
"Sono il capitano Porter . Se vuole essere così gentile da seguirmi, avrei qualche domanda da farle" disse indicandogli la porta di una stanza poco distante.
"Certamente, devo chiamare il mio avvocato?" chiese in modo ironico Cooper
"Per il momento no. Solo qualche domanda inerente al viaggio" rispose prontamente Porter
Il signor Cooper seguì Bill Porter in un ufficio messogli a disposizione dalla Polizia Aeroportuale, c'era soltanto una scrivania con un telefono e due poltroncine dove i due si sedettero .
"Di ritorno dal Perù signor Cooper ?" chiese subito Porter
"Si"
"Motivo del viaggio?"
"Affari, viaggio quasi esclusivamente per affari" disse seccamente Cooper
"Vuole dichiarare qualcosa ?"
"Cosa intende?" chiese insospettito il signor Cooper
"Per esempio cosa ha riportato dal Perù, cosa c'è nella borsa sportiva scesa con voi dall'aereo"
"Sicuramente già lo sapete"
"Immagino di si" disse Porter
"Bene siete stato più furbo di me, le faccio i miei complimenti " disse Cooper sentendosi sconfitto
"Non sono stato io furbo, ma lei ingenuo"
"Cosa intende dire? " chiese Cooper accavallando le gambe iniziando ad innervosirsi .
"Le conveniva sondare prima il terreno, avrebbe capito che sarebbe stato rischioso"
"Il rischio fa parte del gioco" disse Cooper con un ghigno
"La statuetta è nella borsa?" chiese Porter "Si, adesso devo chiamare il mio avvocato?" chiese il signor Cooper che voleva
chiudere al più presto questa spiacevole avventura.
"Penso proprio di si. Lei rischia un incriminazione per ricettazione "
"Questo è tutto da vedere" disse Cooper sicuro di se.
La conversazione fu interrotta da qualcuno che bussava insistentemente alla porta.
"Avanti" disse spazientito il capitano Porter
"Signore mi scusi, una persona vuole vederla. Dice che è urgente" disse il poliziotto appoggiato alla maniglia della porta.
"Urgente! Chi è?" Chiese Porter incuriosito
"Non me l'ha detto signore. Ma forse è meglio che venga subito. L'aspetta all'ufficio dodici" insistette il poliziotto che aveva capito che la persona in questione fosse un pezzo grosso.
"Torno subito signor Cooper" disse Porter alzandosi dalla sedia e dirigendosi verso la porta.
Un lungo corridoio divideva Porter dal misterioso personaggio che aveva così tanto insistito per vederlo, dalla sua lunga esperienza nell'Fbi sapeva già che non dovevano essere buone notizie, quindi accelerò il o per togliersi al più presto ogni dubbio. Arrivato davanti la porta dell'ufficio dodici Bill Porter bussò due volte aspettando che qualcuno dall'interno gli dicesse di entrare.
"Entra" disse una voce apparsa subito familiare a Porter
L'uomo era in piedi di spalle alle porta che guardava dalle enormi vetrate le piste di atterraggio dell'aeroporto.
"Jim? Cosa diavolo ci fai qui" esclamò un incredulo Porter "Ciao Bill , sono venuto a prendere il pacco" disse Jim voltandosi ed avvicinandosi a Porter per stringergli la mano.
"Ok, ma non ho ancora finito con Cooper " disse perentorio Porter
"Per stavolta hai finito Bill. Sono questi gli ordini. " disse in modo categorico Jim
"Ti prego dimmi che non stai dicendo sul serio. Lo posso incriminare Jim !" disse Porter alzando la voce
"Lo so, ma questa statuetta deve tornare al più presto in Perù. Se smuovi qualcosa eranno dei mesi prima di poterla riconsegnare" disse Jim sperando che il suo amico comprendesse
"No Jim , stavolta no. Mi dispiace, ma non lascio andare via Cooper " disse Porter appoggiando i pugni sulla scrivania
"Bill è un ordine, mi dispiace ripetertelo ma devi chiudere qui" disse seccamente Jim
"Jim sai cosa significa ? Posso incastrare Cooper per ricettazione, e poi poter investigare su tutto il marcio che gli gira intorno" disse sconsolato Porter
"Ti capisco Bill , ma ti prometto che avrai ancora la tua occasione, ma questa è una questione troppo importante per l'agenzia e la nazione, fidati di me appena posso mi sdebiterò "
"D'accordo Jim , mi fido di te e non voglio entrare in merito alle vostre questioni. Come mi devo comportare con Cooper ?"
"Portami da lui, ci parlerò io"
"Andiamo" disse un Porter scuro in volto
"Volevo dirti che mi ha fatto piacere rivederti, erano diversi anni che non ci si incontrava, anche se in una circostanza del genere" disse Plant mentre camminavano nel lungo corridoio
"Anche a me ha fatto piacere, Jim . Non parliamone più di questa storia, già ti ho detto che è tutto ok" rispose Porter
"Grazie Bill "
"Buongiorno signor Cooper , ho buone notizie per lei" disse Jim Plant aprendo la porta
"Con chi ho il piacere di parlare?" disse Cooper vedendo Plant
"Il nome non importa , l'importante è che lei esca di qui senza nessun capo d'accusa"
"I miei avvocati sono stati così solerti?" disse un incredulo Cooper
"I suoi avvocati ? Non li abbiamo neanche sentiti" rispose Plant
"Allora cosa c'è sotto" disse Cooper insospettito da tale offerta.
"Non c'è nulla sotto, lei ci consegna la statuetta e noi la riporteremo subito in Perù . Evitiamo in questo modo che si creino problemi" “Non pensavo di creare un caso internazionale” “Non si preoccupi non l’ha creato”
“Mi fa piacere” disse sorridendo Cooper “Non c’è bisogno di fare dell’umorismo, sto solo cercando di farla uscire pulito da questa storia”
"Dovrei fidarmi?" disse Cooper che non si fidava molto degli sbirri, soprattutto quelli che si presentavano come amici.
"Deve fidarsi signor Cooper oppure preferisce che il mio collega la incrimini per ricettazione e non so poi quali altri reati" disse con tono deciso Plant
"D'accordo , vi restituisco la statuetta così finalmente potrò andarmene" disse un esausto Cooper
"Un ultima cosa signor Cooper , non dimentichi che ci deve un favore" disse Plant che già sapeva dove voleva arrivare
"Come potrei sdebitarmi?" chiese incuriosito Cooper
"Se vuole può farlo anche subito. Mi dovrebbe prestare il suo aereo per riportare la statuetta in Perù " chiese sfrontatamente Jim Plant
"Ok, se per sdebitarmi serve così poco può prenderlo quando vuole" disse Cooper
"Grazie signor Cooper partirò il prima possibile, non dimentichi che questa conversazione tra noi non c'è mai stata" gli ricordò Plant
"Certo mister, non c'era bisogno di ricordarmelo" rispose quasi seccato Cooper
"Grazie per la collaborazione" disse Plant stringendogli la mano
"Grazie a voi " rispose gentilmente Cooper
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In quel pomeriggio piovoso Blade, dopo aver lasciato El Diablo a Cuzco, correva con la sua macchina verso Ollantaytambo per prendere McTash e Connors. Avrebbe dovuto spiegargli bene le condizioni dell'accordo, anche se al telefono erano entusiasti di guadagnarsi così tanti soldi. Blade però li avrebbe dovuti mettere al corrente che c'erano cinque cadaveri da dover far sparire.
Durante il tragitto cercava di pensare quale scusa sarebbe stata più credibile da raccontare visto che era rimasto d'accordo con El Diablo che non doveva assolutamente raccontare la storia della statuetta e del suo prezzo di vendita, ma lasciare i due all'oscuro di tutto. Avrebbero così preso i centomila euro a testa, non ci sarebbero stati problemi e tutti sarebbero stati contenti.
Blade parcheggiò la sua Chrysler Voyager sotto la tettoia della villetta che McTash aveva preso in affitto da tre mesi.
Aveva lasciato il piccolo appartamento nel centro di Ollantaytambo che divideva con Connors e grazie al buono stipendio che prendeva e al costo della vita in Perù nettamente inferiore agli Stati Uniti aveva trovato una graziosa villetta indipendente ed era riuscito a convincere sua moglie a raggiungerlo insieme alla figlioletta di due anni. La moglie di McTash non era molto convinta di quella scelta ma sapeva che era una sistemazione provvisoria, sarebbero tornati presto negli Stati Uniti, forse doveva aspettare qualche anno ma sarebbero sicuramente tornati. Anche se lei era follemente innamorata di McTash fu la bambina il motivo principale della scelta di trasferirsi in Perù. La signora McTash non voleva che capitasse alla figlia quello che era successo a lei, la bimba doveva crescere con l’affetto di entrambi i genitori.
La moglie di McTash si accorse dell'arrivo di Blade e andò ad aprire la porta con la bambina in braccio, i due si salutarono e Blade diede un bacio alla bimba che contraccambiò con un dolcissimo sorriso.
"Una cosa importante a quanto pare" disse McTash sbucando all'improvviso
"Molto importante. Connors è arrivato?" chiese Blade
"Si, è sul divano che sta finendo il caffè"
"Bene. Chiamalo che andiamo, vi spiego tutto strada facendo" disse perentorio Blade
"Spero che ne valga la pena farci lavorare anche nei giorni di riposo" disse Connors salendo in macchina
"Centomila motivi a testa vi bastano?" chiese Blade
"In dollari?" rispose un incredulo McTash
"Si, in dollari"
"Cosa dobbiamo fare?" chiese McTash
"Aiutare me e El Diablo a far sparire cinque cadaveri" disse Blade andando subito al nocciolo della questione
"Chi sono?"
"Gli amici di El Diablo" rispose Blade
"Bel lavoro non c'è che dire. Perché li avreste dovuti accoppare?" chiese Connors
"Non li abbiamo accoppati noi. Li ha trovati El Diablo in una villetta a Cuzco che avevano affittato per una festa. Quando è tornato stamattina li ha trovati tutti morti"
"Una bella festa, non c'è che dire" disse con sarcasmo McTash
"Non fare lo spiritoso" lo ammonì Blade "il proprietario della villa è un facoltoso uomo d'affari di Cuzco e non vuole rogne. Cento a testa per far sparire tutto "
"Io ci stò" disse McTash
"Dove li dobbiamo portare?" chiese Connors "Al nostro campo base, troveremo un posto adeguato per farli riposare in pace" disse Blade
"E Francisco ?" chiese ancora McTash
"Nessun problema con Francisco , ci ha già pensato El Diablo "
"Ok , quando pensi di agire? "
"Adesso. El Diablo ci sta aspettando" disse Blade mentre con la sua macchina si dirigeva verso Cuzco .
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La pioggia che cadeva ininterrottamente da ventiquattro ore accompagnò Blade e i suoi amici lungo la via per Cuzco. La strada era diventata un acquitrino e Blade
aveva dovuto ridurre notevolmente la velocità.
I tre restarono a lungo in silenzio, McTash e Connors pensavano alla loro ricompensa di centomila dollari. Un colpo di fortuna che anche se rischioso in poche ore gli avrebbe fatto guadagnare quello che prendevano in due anni di lavoro.
Nel frattempo El Diablo cercava di ripulire la casa per non lasciare tracce dell'accaduto sia per il proprietario della casa che per eventuali domande da parte di McTash e Connors. Aveva trovato diversi bossoli di proiettile tra cui quelli di mitra ed era sempre più convinto che a fare quel lavoro dovevano essere stati sicuramente dei professionisti assoldati dagli olandesi.
Nella memoria del suo telefono aveva ancora il numero di David e il suo primo istinto era stato quello di chiamarlo. Voleva vendicarsi del torto subito, della morte dei suoi amici ma soprattutto della perdita della refurtiva, quella gli avrebbe fruttato altri cento o duecentomila dollari , ma mentre puliva la casa pensò che forse era meglio lasciare stare e pensare soltanto a far sparire quei cadaveri e che in sostanza la situazione attuale non era per nulla a lui sfavorevole anzi con la morte dei suoi compagni avrebbe incassato più del doppio.
Lo squillo del citofono fece voltare di scatto El Diablo verso i monitor che proiettavano le immagini delle telecamere. Dalla telecamera numero uno vide la macchina di Blade ferma davanti al cancello, la fece entrare ed aspettò davanti lo schermo che il cancello si richiudesse totalmente.
"Diablo una festa finita male?" disse con sarcasmo McTash
"Non fare lo spiritoso " lo ammonì immediatamente El Diablo
"Chi può essere stato?" domandò ancora McTash
"Come faccio a saperlo, non c'ero quando è successo"
"Come non c'eri?"
"Stavo accompagnando il proprietario della villa nella sua casa a Cuzco " rispose El Diablo
"Questa la usa solo per le feste?" disse con un ghigno Connors
"Si" rispose quasi scocciato El Diablo
"Forse cercavano lui" disse ancora McTash
"Forse" rispose ancora El Diablo
"Ma....."
El Diablo non diede il tempo a McTash di fare un altra domanda "siete venuti per aiutarmi e guadagnarvi la paga oppure solo per fare domande?"
"Scusa Diablo ma cinque cadaveri e per giunta nostri amici, era solo curiosità " disse McTash capendo che El Diablo stava perdendo la pazienza.
"Ok, lascia la curiosità da parte adesso. Pensa che c'è un benefattore che ti dà centomila dollari per far sparire tutto e tenere la bocca chiusa "
"Ho capito, mettiamoci al lavoro" disse McTash rimboccandosi le maniche
"Ho sempre detto che eri un tipo sveglio" disse El Diablo facendo sorridere tutti i presenti.
Blade reclinò i sedili in modo da avere più spazio e mise un grosso telo di plastica verde nel bagagliaio per non sporcare la tappezzeria, poi McTash e Connors adagiarono uno ad uno tutti i corpi privi di vita dei loro amici. Infine Blade coprì accuratamente con un altro telo verde i cadaveri . Una volta constatato che era tutto a posto El Diablo salì in macchina insieme a Connors mentre Blade avrebbe portato con se McTash .
Francisco eggiava nel piazzale con la sua nuova arma , aveva ormai dimenticato il vecchio fucile da quando El Diablo gli aveva regalato quel magnifico fucile a pompa della Remington. Il piazzale era diventato un pantano a causa della pioggia caduta ininterrottamente quei giorni così Francisco doveva fare una specie di gimcana per evitare le pozzanghere e camminare lungo i tratti
rimasti asciutti.
El Diablo gli aveva telefonato dicendogli che stava arrivando insieme a Blade, così decise di farsi trovare nel piazzale facendo vedere che stava controllando il campo base, avrebbe fatto una più bella impressione.
Francisco si accorse subito vedendo le luci dei fari che una macchina stava venendo verso il piazzale, cominciò a correre verso la sbarra che ostruiva l'ingresso al campo per aprire il lucchetto in modo da poterla alzare. Era sicuro di chi fosse la macchina ma i fari abbaglianti non gli facevano vedere chi fosse alla guida, puntò il fucile verso l'auto urlando di farsi riconoscere.
"Abbassa quel fucile Francisco, sono Blade" urlò l'americano "non ti ha telefonato El Diablo che stavamo arrivando?"
"Si Mr Blade, ma è meglio essere previdenti" rispose Francisco sulla difensiva
"Hai ragione, ma non è affatto piacevole vedersi un arma puntata addosso" disse Blade
L'americano parcheggiò la macchina vicino la baracca di Francisco mentre nel frattempo arrivava anche El Diablo "Emilio qual'é il piano?" chiese Blade
"Pensavo di sotterrarli qui da qualche parte, ma forse è meglio gettarli nella
gola"
"Quale gola?" chiese Blade che non ne aveva mai viste nei dintorni.
"C'è una gola molto profonda non lontano. Li lasceremo qui per stanotte, domattina li faremo sparire"
"Ciao Diablo " disse Francisco arrivato dopo aver chiuso la sbarra
"Francisco hai capito tutto?" chiese El Diablo con tono minaccioso
"Certo capo, potete stare tranquillo"
"Avrai la tua parte, come tutti noi. Ma ti ricordo che questa storia non è mai successa" disse El Diablo alzando la voce in modo che lo sentissero anche gli altri.
McTash e Connors nel frattempo scaricavano i corpi in una baracca usata come ripostiglio per gli attrezzi
9.>SCOPERTA FINALE
Alle ventitre e dieci la torre di controllo dell'aeroporto William P. Hobby di Houston diede il via libera per il decollo del Bombardier Global Express con a bordo Jim Plant.
Era rimasto senza parole dalla bellezza e dal lusso di quell'aereo, scelse per il decollo la poltroncina in prima fila per poi accomodarsi nel salottino su un comodo divano in pelle. Alla sua destra un armadio con ante in vetro custodiva alcune centinaia di DVD, Plant dopo qualche minuto estrasse dal secondo ripiano la custodia di Mission con Robert De Niro e le stupende musiche di Ennio Morricone. Un film che dal 1986 anno della sua uscita aveva visto una decina di volte ma non si stancava mai di vedere. A volte si guarda un film oltre che per la sua bellezza anche per ascoltarne la sua colonna sonora pensava Jim. L'aereo atterrò a Cuzco dopo circa sette ore e mezzo di volo, erano quasi le sette quando Jim Plant scese dall'aereo. Ad attenderlo all'interno dell'aeroporto Alex Kruger. Aveva deciso di andare di persona a ricevere Plant per poterlo riabbracciare dato che da qualche anno si erano persi di vista.
I due si salutarono affettuosamente poi Kruger gli fece strada fino al piazzale esterno dove aveva parcheggiato la macchina .
"Gli hai perfino confiscato l'aereo?" chiese sorridendo Kruger
"No, ma ci stò facendo un pensiero. Non ho mai viaggiato così comodo in vita mia"
"Per prestartelo....."
"Ha evitato il carcere" lo interruppe Plant
"Gli è andata di lusso, ma chissà quanto gli è costata questa furbata"
"Conoscendo un poco il suo tenore di vita, direi come un dollaro per noi" disse Plant amareggiato.
"Non hai avuto problemi?" chiese Kruger
"Diciamo che li ho evitati, andando di persona all'appuntamento " rispose Plant strizzando l'occhio. "Infatti, sono rimasto sorpreso. Pensavo mandassi qualcuno dei tuoi "
"Ho preferito così , avevo bisogno di staccare la spina qualche giorno. Quell'ufficio mi sta facendo invecchiare" le parole di Plant fecero sorridere Kruger
"Vuoi are in albergo per darti una rinfrescata ?" chiese Kruger
"Meglio andare subito da Krupp " rispose Plant
"Vuoi liberarti al più presto della statuetta" disse sorridendo Kruger
"Dalla storia che mi hai raccontato, meglio stargli lontano. Io sono già dodici ore che me la porto appresso"
"Ok andiamo subito da Krupp , fra mezz'ora saremo arrivati" disse Kruger
"Che tipo è?" chiese Plant
"In gamba , più di quanto possa sembrare"rispose Kruger
"Lo immagino, ho letto il suo rapporto ed arrivare a certi livelli alla sua età non è da tutti. Per quanto riguarda gli altri cosa sai dirmi?"
"Posso solo dirti che sono della stessa pasta di Krupp, tutti maledettamente in gamba. Ma il leader è Krupp, le decisioni le prende lui. Non dico che i suoi amici lo venerano, ma ci manca poco" disse Kruger.
Plant era stato diverse volte in Perù, ma era la prima volta che visitava quella zona. Sempre bellissimi posti e gente cordiale, nulla a che vedere con le zone del medio oriente dove era solito recarsi. Mentre guardava la strada dal finestrino capiva perché il suo amico Alex Kruger dopo anni ati nelle zone più a rischio per l'agenzia avesse scelto proprio il Perù .
Kruger prese la stradina che conduceva alla fattoria ed in breve si trovò davanti al cancello che a quell'ora era già aperto.
Nel cortile principale gli operai erano tutti indaffarati che neanche prestarono attenzione alla macchina dei due americani eccetto che per un indio di carnagione scura che sembrava essere il capo, Urutoya aveva riconosciuto Kruger e si avvicinò alla macchina, parlarono un attimo poi Urutoya corse verso la casa di Marco. David si era svegliato molto presto quella mattina, era uscito come sempre in veranda con la sua immancabile tazza di te.
Anche se la liberazione di Max e Lia gli aveva placato il suo nervosismo, non riusciva ancora a dormire tranquillo a causa della statuetta di Tacuzima che era da qualche parte chissà dove .
Seduto sulla sedia a dondolo continuava a fissare il cielo grigio che ancora non voleva saperne di far uscire un bel sole splendente anzi le nubi scure all'orizzonte preannunciavano una nuova giornata piovosa. In cuor suo sperava che Kruger ritrovasse al più presto la statuetta e si chiudesse questa spiacevole avventura. I servizi segreti americani volevano sapere il motivo dei loro viaggi e lui a malincuore glielo avrebbe rivelato.
I suoi amici dormivano tutti profondamente, anche Max il più ansioso del gruppo che quella notte lo aveva persino sentito russare, buon segno dopo la disavventura che gli era capitata.
Urutoya camminava con o veloce verso David , i due parlottarono qualche istante poi David rientrò in casa e chiamò i suoi amici. Dopo pochi minuti tutti e quattro si diressero verso l'ingresso della fattoria dove ad attenderli c'erano
Kruger e Plant ancora seduti in macchina.
"Buongiorno Krupp" disse Kruger scendendo dalla macchina " le presento il vice-direttore venuto in persona a portarle quello che aspettava"
"Buongiorno" salutò David stringendo la mano ad entrambi
"Complimenti non pensavo si risolvesse tutto in così breve tempo"
"E' stata una fortuna per lei che in Perù operasse uno dei più validi agenti" disse Plant appoggiando la mano sulla spalla di Kruger
"Non esageriamo Jim " disse Kruger poi si voltò verso Max e Lia " a proposito voi due come state?
"Tutto bene, grazie" rispose immediatamente Lia
"Veniamo a noi mister Krupp, ecco la statuetta" disse Plant porgendo la borsa
David aprì leggermente la cerniera per vedere se era tutto apposto e richiuse subito
"Benissimo, per fortuna non ha fatto altri danni"
"Quindi mister Krupp cosa vi spinge a venire così spesso in Perù ?" chiese finalmente Kruger
"La risposta l'avete riportata voi" disse David guardando dritto negli occhi Kruger
"Cosa intende?" chiese Plant che non aveva capito il senso della frase
"Siamo spesso qui perché volevamo scoprire quale è stata la causa della fine di Machu Picchu. A dire la verità già lo sapevamo da un po' di anni ma non avevamo la prova tangibile. Eravamo certi che la statuetta di Tacuzima esistesse davvero e non era soltanto una leggenda ma dovevamo trovarla e dove l'abbiamo trovata ci ha confermato i nostri sospetti, un altro paese ha fatto la stessa fine di Machu Picchu"
"Signor Krupp spero che quello che ci sta dicendo corrisponda alla verità" disse un diffidente Kruger
"Cosa vuol dire con queste parole, che sarei un bugiardo" disse risentito David
"Non ho detto questo, ma ricordo che quando lei è venuto da me in albergo ha detto che se questa era la causa della fine di Machu Picchu tutte le sue ricerche per scoprire la verità andavano a farsi fottere e quella sera mi sembrava sincero" disse Kruger senza battere ciglio
"E cosa dovevo dirle? I miei amici erano stati rapiti, chi mi garantiva che lei li avrebbe liberati se le dicevo tutto subito"
"La mia parola, signor Krupp " disse un imibile Kruger
"Io non la conoscevo, e a dire la verità non la conosco ancora, come potevo fidarmi? Le ho detto subito la verità ma era una verità che a lei non piaceva, ho capito subito che lei si aspettava dell'altro così per convincerla ad aiutarmi le ho detto quello che lei voleva sentirsi dire" disse David
"E cosa avrei voluto sentirmi dire? Continui" chiese Kruger
"Sicuramente qualcosa di diverso, così le ho detto che le avrei rivelato il mio segreto, ma non esiste nessun segreto. Le ripeto che abbiamo trovato quello che ci interessava. Come faccio a convincerla se lei è così scettico nei miei riguardi "
"Mi dia delle prove concrete"
"La leggenda dice che la fine di Machu Picchu è stata causata da un violento terremoto che a colpito la zona dopo l'arrivo della statuetta di Tacuzima che fu trafugata dalla piramide di Caral, ma nessuno degli storici dava credito a questa teoria. Le nostre ricerche erano incentrate ad avvalorare questa teoria e posso dirle che sono terminate con il ritrovamento della statuetta, infatti dove l'abbiamo trovata è successa la medesima cosa, un forte terremoto ha sprofondato il paese per oltre cinquanta metri ma la cosa che ci ha lasciati perplessi è stata che con il ritrovamento della statuetta, per quanto noi fossimo delle persone razionali al massimo, abbiamo potuto vedere con i nostri occhi che ha con se una maledizione ed abbiamo pensato che forse era meglio lasciare
tutto al proprio posto per evitare il ripetersi di qualche catastrofe"
"La storia dei giaguari" disse Kruger che ricordava le parole di David
"Si, quelle bestie sono comparse dal nulla appena presa la statuetta e sicuramente hanno contribuito alla morte degli abitanti, ma ormai era troppo tardi per rimetterla al suo posto. Decidemmo quindi di tornare in seguito e rimetterla dove l’avevamo trovata. Se non mi crede può venire con noi" disse David invitando l'americano .
"D'accordo mister Krupp, mi farebbe piacere" disse Kruger
"Sei sicuro Alex ?" chiese bisbigliando sbalordito Plant dopo aver spostato a se Kruger
"Perché no, voglio togliermi ogni dubbio prima di dichiarare chiusa l'indagine " disse sottovoce Kruger
"Benissimo , partiamo tra poco. Lei scende con noi signor Plant ?" chiese David
"No grazie, preferisco aspettare sopra" disse Plant che non amava molto questo genere di imprese
"Ok, lei signor Kruger dovrebbe avere grosso modo la mia taglia, le farò avere degli indumenti adatti. Andiamo in magazzino a cambiarci ed a prendere il
necessario. Partiremo subito" disse David
__________
Caricata la macchina di Juan e dopo essersi cambiati lasciarono la fattoria per dirigersi nuovamente alla città sepolta. La Mercedes di Juan viaggiava lentamente lungo la strada sempre più infangata dopo due giorni di pioggia, seguita come un ombra dalla macchina con a bordo Kruger e Plant. "Credi alla storia di Krupp?"chiese Kruger rompendo dopo qualche minuto il silenzio tra i due. "Mmmmm, non molto" disse pensieroso Plant
"Neanche io" confermò Kruger "non penso che tutti questi anni li abbiano spesi per ribaltare una leggenda"
"Pensi se la sia inventata per depistarci?"
"Molto probabile" disse Kruger che seguiva come un ombra la Mercedes di Juan.
"Ma cosa diavolo staranno cercando allora" disse Plant
"Una vaga idea potrei anche averla, ma mi servono conferme"
"Per questo li hai voluti seguire?"
"Diciamo di si , anche se le possibilità di trovare qualche risposta è ormai ridotta al lumicino"
"Sinceramente non mi piace la tua idea di scendere la sotto, è abbastanza rischioso non trovi?"
Kruger annui con la testa, poi si voltò verso il suo amico
"Ne abbiamo fatte di più pericolose, non ricordi"
"Certo che ricordo, ma avevamo a che fare con cose razionali. Se fosse vera la storia raccontata da Krupp sarebbe un bel problema " disse preoccupato Plant
"Perché? Se sono usciti vivi una volta ci sono buone probabilità che ci riescano anche stavolta" disse Kruger mentre era impegnato ad evitare le profonde buche che si erano create lungo la strada
"Beh Alex , non mi piace che tu metta in pericolo la tua vita solo per un calcolo delle probabilità " disse Plant che era molto legato al suo amico
"Non preoccuparti per me Jim , so quello che faccio. Mi conosci bene" disse
serio Kruger
Ci fu un momento di silenzio in macchina, Jim Plant avrebbe voluto convincere il suo amico a desistere ma purtroppo era troppo determinato e conoscendolo sapeva che nulla gli avrebbe fatto cambiare idea.
"Ok Alex, non insisto" disse Plant
"Sai bene che sarebbe tempo sprecato" disse sorridendo Kruger
"Cosa pensi di fare con Krupp ?" chiese Jim
Alex Kruger aspettò un attimo prima di rispondere mentre si mordeva il labbro.
"Hai tutti i documenti che ti ho spedito in questi anni ed oggi hai conosciuto personalmente il mitico David Krupp con la sua banda. Che idea ti sei fatto?"
Plant rispose immediatamente come se aspettasse quella domanda
"Che scendere la sotto è una stronzata, vuole soltanto portarci fuori pista per farci credere che la storia della statuetta di Tacuzima è il motivo delle sue frequenti visite in Perù "
" Sei sulla mia stessa lunghezza d'onda?" chiese incredulo Kruger
"Non fare lo spiritoso Alex " lo ammonì subito Plant
"Dai non te la prendere, era solo una battuta" disse Kruger poggiando la mano sul ginocchio dell'amico
"Quindi a parte questa statuetta che idea ti sei fatto?" domandò Kruger
"Che sia il caso di tenerli d'occhio ancora un altro po' , dovrai cambiare i tuoi uomini e tu non dovrai farti vedere in giro, soprattutto dovrai cambiare le generalità se vuoi restare in Perù "
"Mi hai tolto le parole di bocca" disse sorridendo Kruger poi facendosi serio disse a Plant
"Questi nascondono un segreto, sono convinto che qualcosa hanno già trovato"
"Si ma cosa ?" chiese incuriosito Jim
"Sicuramente qualche traccia di quello che stanno veramente cercando"
"E questo li spinge a tornare nuovamente in Perù " proseguì Plant
Kruger annuì con il capo mentre sulla macchina cominciavano a cadere le prime goccie di pioggia, all'orizzonte il cielo era sempre più scuro.
"Esatto, ed ogni volta sempre in posti in cui loro sono i primi a metterci piede. Avranno sicuramente trovato qualcosa di cui solo loro sono a conoscenza"
"Stagli ancora addosso, prima o poi faranno un o falso e ci serviranno il tutto su un bel piatto d'argento"
"Dubito che faranno i falsi" disse Kruger
"Abbiamo tanti mezzi Alex non dimenticarlo, a costo di farli sparire e vedere cosa hanno trovato finora"
"Non voglio arrivare a tanto,Jim" disse quasi preoccupato Kruger dalle parole del suo amico
"Sono sicuro che non ce ne sarà bisogno" lo rassicurò Jim sentendo inquietudine nelle parole di Alex
"Ne sono convinto anch'io"
__________
"Gran bella storia David, complimenti " disse Lia con un bellissimo sorriso "Pensavi davvero che gli dicessi la verità?"
"Conoscendoti neanche un po'"
"Erano due giorni che cercavo una storia da raccontargli ma non riuscivo a trovarne una credibile, questa mi è venuta all'istante" disse orgoglioso David
"Credi che l'abbiano bevuta?" chiese Marco
"Lo spero, ma ne dubito" rispose David
"Come ne dubiti, non era poi così male" disse sorridendo Marco
"Kruger è un tipo in gamba, ma secondo me non ci avrebbe creduto neppure se fosse vera"
"Cosa te lo fa pensare?" chiese Lia appoggiandosi con le braccia sul sedile anteriore
"Sono anni che ci sta dietro te lo sei dimenticata?" disse David
"Non me lo ricordare, odio essere spiata. Comunque non ci siamo mai accorti di nulla e questo è punto a suo favore" disse Lia
"Ed un altro punto è come ci ha liberati, certe cose si vedono solo in Tv. È' sicuramente un professionista da cui guardarsi bene" aggiunse Max
"Esatto, hai detto le parole giuste. E secondo te un personaggio del genere avrebbe accettato la mia storia anche se fosse vera?"
"Cosa intendi David ?" chiese perplesso Max
"Dopo anni di pedinamenti e davanti al suo capo, Kruger non avrebbe mai accettato la storia della statuetta di Tacuzima, lui si aspettava sicuramente che gli raccontassi una storia che avrebbe fatto clamore così da far aumentare il suo ego " spiegò David ai suoi amici le sue conclusioni "Perché non gli hai raccontato qualcosa di più eclatante se era davvero quello che voleva sentirsi dire Kruger?" chiese Juan che cercava in tutti i modi di evitare le buche lungo la strada.
"Te l'ho già detto, non sono riuscito a trovare nessuna storia credibile e poi perché inventare quando ne avevo già una più che valida. La cosa che mi interessava era di fargli venire qualche dubbio"
"Dubbi sulle nostre ricerche in Perù?" chiese Marco
David annuì e continuava costantemente a guardare perplesso il cielo minaccioso, non gli piaceva affatto scendere la sotto con il temporale.
"Pensi sia stata una buona idea invitarli a venire con noi?" chiese ancora Marco a cui non piaceva il fatto di avere estranei tra i piedi e soprattutto sbirri.
"Era l'unica cosa da fare per rendere più credibile la storia e vedrai che quando si troverà davanti qualche giaguaro come è capitato a noi i dubbi se la mia storia fosse vera oppure no gli aumenteranno vertiginosamente. Poi per concludere la sceneggiata partiremo al più presto per Amsterdam facendogli capire che non abbiamo più motivo per restare in Perù "
"Speravo di stare più tempo" disse sconsolato Max
"Per noi è meglio ripartire subito, se vogliono resteranno Marco e Monica. Loro non destano troppi sospetti avendo i parenti qui" disse David voltandosi dietro verso Marco
"Ci fermeremo sicuramente qualche altro giorno, Monica è così felice di stare qui e poi io aiuterei Juan con i reperti " disse Marco incrociando dallo specchietto lo sguardo compiaciuto di Juan .
"Buona idea, appena torniamo Juan ci procurerà i biglietti per l'aereo. Partiremo dopodomani " disse David
"Tornerò al lavoro in anticipo " disse Lia fingendosi triste
"Fatti portare in vacanza?" disse Marco facendo l'occhiolino a Lia
"Non mi dispiacerebbe" disse Lia sorridendo
"Cosa ne pensi della Grecia ?" disse Max
"Se andate in Italia veniamo anche io e Sandra" intervenne David a cui una vacanza non sarebbe dispiaciuta
"Per me va bene anche l'Italia" rispose senza pensarci Max
"Anche per me, appena arriviamo ad Amsterdam vado a prenotare" disse entusiasta Lia.
"Perfetto, la vacanza l'abbiamo scelta" disse sorridendo David "adesso pensiamo al presente"
Juan continuava a guidare molto lentamente sia per evitare le buche che l'acqua aveva riempito e che non riusciva a capire quanto fossero profonde, sia per non allontanarsi troppo dalla macchina di Kruger che lo stava seguendo. La pioggia adesso cominciava a cadere incessante e i lampi che erano all'orizzonte adesso si facevano sempre più vicini.
"Non abbiamo scelto il momento migliore per tornare nella riserva" disse preoccupato Juan
"Non preoccuparti del temporale, pensiamo solo a chiudere questa storia" disse David
"Come ci dobbiamo comportare una volta scesi?" chiese Marco
"Io, Lia e Kruger porteremo la statuetta al suo posto nel tempio" disse David
"E noi? Non dirmi che dobbiamo restare sopra?" disse immediatamente Max
David si girò nuovamente verso i sedili posteriori dove erano i suoi amici, poi guardo Max sorridendo
"Tu e Marco controllerete i due palazzi signorili che non abbiamo potuto controllare la volta scorsa"
"D'accordo" disse Max tirando un sospiro di sollievo
"Voi prenderete il sentiero più breve in modo da avere più tempo per controllare, noi seguiremo l’altro sentiero e cercheremo di rallentare il più possibile la marcia. Dobbiamo uscire insieme. Porterete anche la macchina fotografica e non esitate
ad usarla" disse David
"Per comunicare come ci comportiamo?" chiese Marco
"Ricordatevi che con noi c'è Kruger, quindi facciamo attenzione a cosa diciamo, altrimenti ne riparliamo al ritorno" disse David mentre Juan parcheggiava l'auto ai margini della foresta.
__________
Alle otto in punto di mattina era l'orario dell'appuntamento che El Diablo aveva fissato con gli americani, dovevano vedersi tutti al campo base. L'unico ad arrivare con venti minuti di ritardo fu Blade che ancora doveva smaltire la stanchezza delle ultime ventiquattro ore ate quasi interamente sveglio. Quella mattina non sentì neanche suonare la sveglia che aveva impostato sul telefonino, la sua sveglia biologica però gli fece aprire di colpo gli occhi alle sette e cinquanta, si alzò di scatto dal letto e si preparò in tutta fretta sperando di recuperare qualche minuto lungo la strada ma salito in macchina il tempo pessimo lo fece desistere dalla sua idea e preferì guidare con cautela fino al campo dove aveva appuntamento con El Diablo e gli altri.
"Blade pensavo non venissi più " disse El Diablo con disappunto ma in cuor suo contento di vederlo
"Non so neanche io come ho fatto a svegliarmi" disse con aria stravolta Blade
"Francisco ha appena fatto il caffè, prenditi una tazza che ne hai bisogno e poi ci muoviamo" disse un premuroso El Diablo
"Fammi compagnia" disse Blade
"Voi aspettate qui e tenete gli occhi aperti" disse El Diablo che capì subito che Blade aveva qualcosa da dirgli in privato. Dopo qualche minuto El Diablo raggiunse Blade nella baracca intento a versare due tazze di caffè.
"Tieni Emilio " disse Blade ando la tazza di caffè
"Cosa è successo?"
"Mi ha chiamato il signor Cooper mentre ero in macchina” "Quindi?" chiese con curiosità El Diablo
"All'aeroporto di Houston gli hanno sequestrato la statuetta"
"Cristo Santo, e i nostri soldi?" chiese preoccupato El Diablo
"Ha detto che non ci sono problemi sono già su un conto protetto a Lima "
El Diablo tirò un sospiro di sollievo, per fortuna aveva fatto affari con la persona giusta pensò.
"Meno male" disse sospirando El Diablo
"Te l'avevo detto che il signor Cooper è una persona affidabile"
"Hai ragione, ho sbagliato a dubitare di lui" disse El Diablo quasi scusandosi
"Non preoccuparti, gli affari sono affari. Avrei fatto anch'io lo stesso" disse Blade
"Cos'altro ti ha detto?" chiese El Diablo
"Che la statuetta è stata riportata in gran segreto in Perù” "Ma perché in gran segreto?” “Questo non lo ha capito neanche lui. Lo hanno fermato all’aeroporto di Houston, gli hanno preso la statuetta e lo hanno lasciato andare” “E’ abbastanza strano, ma il signor Cooper è talmente potente negli Stati Uniti” disse El Diablo “Questo è vero, ma stavolta non ha avuto bisogno delle sue conoscenze. Volevano solo la statuetta e per sbrigarsi a riportarla in Perù gli ha dovuto dare il suo aereo” “E’ molto strano, potevano fare il sequestro del secolo e rovinare una delle
persone più ricche d’America ed invece hanno fatto tutto in gran segreto. Ma per noi è senz’altro una bella notizia” "Si, molto bella. Perché da quando l'ha vista la vuole per la sua collezione. È farebbe qualsiasi cosa per riaverla" disse Blade
"Cosa offre?" chiese El Diablo
"Di nuovo uno e duecento" disse secco Blade
"Mmmmm un'altra bella cifra" commentò pensieroso El Diablo
"Ma stavolta vuole fare diversamente, poi ci spiegherà lui” "Visti i precedenti, non posso dargli torto"
"Se la ritroviamo diventeremo milionari Emilio , e poi addio lavoro" disse sorridendo Blade
"Hai detto bene, se la ritroviamo "
"Dobbiamo provarci" disse Blade che non voleva farsi scappare quest'altro colpo di fortuna
"Un modo ci sarebbe" disse El Diablo accennando un sorriso
"Quale?" chiese curioso Blade
"Ho il numero di telefono della persona che la trovata"
"Bene, chiamalo allora" disse Blade
"Dopo l'ultimo affare non siamo proprio in buoni rapporti" disse sorridendo El Diablo
"Ho capito, immagino già come è stato l'affare. Un affare a senso unico " disse sorridendo Blade
"Comunque quando finiamo questo lavoretto lo chiamerò sicuramente " disse El Diablo che cercava di ritrovare il numero sul telefonino per memorizzarlo.
"Emilio non voglio farmi scappare quest'occasione" disse serio Blade
"Neanche io, bevi il caffè e andiamo”
__________
"Ci mancava solo questo temporale" disse Kruger scendendo dalla macchina
"Sono i rischi del mestiere " disse con un sorriso David
"Speriamo che almeno ne valga la pena" disse Kruger mettendosi il cappello da esploratore che gli aveva prestato David
"Certamente Mr Kruger, la statuetta deve tornare al suo posto ed al più presto possibile"
"Sempre convinto della sua maledizione?" disse Kruger
"Non sia così scettico, vedrà che dovrà ricredersi una volta scesi" lo ammonì David
"Vedremo" disse Kruger
"Ha un arma con se? Potrebbe servirle" chiese David
"Una pistola" rispose Kruger estraendola e controllando il caricatore
"Servirebbe dell'altro" disse David
Kruger andò dietro la macchina ed aprì il portabagagli poi fece ritorno con un mitra M4 che si era fatto lasciare da Sanchez .
"Penso che questo sia più che sufficiente" disse sorridendo David
Nel frattempo Juan e gli altri scaricavano la macchina mentre David continuava a dare consigli a Kruger sul come comportarsi una volta scesi, il tutto sotto lo sguardo attento di Plant .
Man mano che si addentravano nella foresta la vegetazione sempre più fitta faceva da schermo alla pioggia mentre il sentiero ormai diventato una palude costringeva David e i suoi compagni a procedere con estrema cautela .
"Siamo arrivati" disse David voltandosi verso Kruger, nel frattempo tutti gli altri scaricavano gli zaini e le corde a terra.
"Dobbiamo calarci da qui?" chiese Kruger affacciandosi dal dirupo.
"Si, questo è il punto migliore" rispose David
"Ok, le ultime istruzioni prima di scendere?" chiese Kruger
"Lei verrà con me e Lia, porteremo la statuetta al suo posto" disse David
"Scendiamo solo noi?" chiese perplesso Kruger
"No, Marco e Max nel frattempo faranno visita ad un paio di palazzi" rispose David
"Mr Krupp conosce la nostra posizione, non possiamo essere complici...." intervenne Plant che fu subito interrotto da David
"Signor Plant dovremmo pur pagarci in qualche modo il viaggio, e poi non mi sembra che siamo nella vostra giurisdizione" disse sorridendo David
"Va bene Mr Krupp non insisto ma cerchiamo di fare una cosa veloce" disse Plant
"Scendo prima io, mi raccomando ragazzi sparate solo a colpo sicuro, e lei signor Plant tenga gli occhi ben aperti " disse David
"Stia tranquillo" disse Plant sicuro di se
"Lei sa usare una pistola?" chiese Kruger rivolgendosi a Juan
Juan annuì, ne aveva sempre posseduta una fin da quando era giovane.
"Prenda questa" disse Kruger porgendogli la sua Beretta
Si ritrovarono in breve tempo tutti nella gola nonostante la pioggia aveva reso fangosa la parete da cui dovevano scendere non trovarono nessuna difficoltà, tantomeno Kruger di cui David si dovette ricredere poiché nutriva qualche dubbio delle sue capacità sportive.
"Bella discesa Mr Kruger , non me lo sarei aspettato" disse David
"Grazie, sono anni che non pratico più"
"Restiamo in contatto con i walkie-talkie ed occhi ben aperti" si raccomandò David
"Ok David a dopo" disse Marco chinandosi a prendere il fucile e si diresse con Max verso il sentiero
__________
Adagiati i cadaveri su due barelle che Francisco aveva costruito la notte, El Diablo e i suoi compagni erano pronti per entrare nella foresta. Non era un impresa semplice ritrovare la strada che gli aveva mostrato Miguel la volta precedente ma El Diablo ricordava abbastanza bene il percorso aiutato anche dai rami spezzati di recente che gli permisero di seguire velocemente il sentiero.
Le rudimentali barelle erano portate da Francisco e Blade quella con sopra due cadaveri, gli altri tre erano portati da McTash e Connors .
"Forse era meglio seppellirli al campo" disse Blade mentre si riposava appoggiato ad un albero
"Siamo quasi arrivati, non lamentarti sempre" lo ammonì El Diablo
"Parli bene, tu viaggi libero da pesi"
"Io conosco la strada" disse sorridendo El Diablo
"Lo spero, avevi detto che era vicino. Mi sembra un eternità " disse sconsolato Blade
"Pensa a riposarti, intanto vado a dare un occhiata più avanti così ti dico quanto manca con precisione " disse El Diablo per poi allontanarsi nella foresta .
"Anche se è fatica a questo prezzo ne vale la pena" disse McTash avvicinandosi a Blade
"Sono d'accordo con te" disse Blade "speravo che El Diablo avesse un po' di comione e mi dava il cambio”
"Eppure lo conosci bene" disse McTash scoppiando a ridere seguito nella risata da tutti gli altri .
"Cosa c'è di tanto divertente?" chiese El Diablo appena tornato e sentendo i suoi amici ridere
"Niente Diablo , si diceva solo quanto tu amassi i lavori di fatica " rispose sorridendo McTash
"Penso che la risposta lo conosciate bene" disse sorridendo El Diablo
"Purtroppo si" disse Blade "allora quanto manca?"
"Dobbiamo fare una deviazione" disse tornando serio El Diablo
"Cosa? Stai scherzando ?" gli urlò Blade
"Stai calmo, fammi spiegare come stanno le cose" disse El Diablo
"Ok, spiegati bene"
"Dove avevo deciso di gettare i cadaveri ci sono degli ospiti e sono anche armati"
"Brutta storia" disse Blade
"Ma queste persone sono la combinazione della cassaforte" disse El Diablo
"Spiegati meglio Diablo " disse un incuriosito McTash
"Sono sicuro che la sotto c'è qualcuno che sta cercando qualcosa e questi signori aspettano per ritirarli in superficie" spiegò El Diablo
"Cercano qualcosa? Tu cosa pensi stiamo cercando ?" chiese ancora McTash
"Forse oro? Forse reperti? Per cosa erano famosi gli abitanti di questi posti?" disse El Diablo
"Quindi cercano qualcosa di valore" disse McTash
"Esatto, e se siamo furbi glielo porteremo via" disse El Diablo accennando un sorriso
"Furbi? Bisogna avere un piano" sentenziò Blade
"Potrei averlo" El Diablo era deciso nel suo intento
"Spiegati meglio" disse Blade
"Francisco ti ricordi come si ritorna al campo?" chiese El Diablo
"Certo capo" rispose immediatamente il guardiano
"Bene, vai a prendere delle corde, servono almeno cinquanta metri. E fai in fretta" ordinò con tono autoritario El Diablo
Francisco si voltò e cominciò a correre lungo il sentiero, doveva fare in fretta per non deludere il capo.
"Non dirmi che ci dobbiamo calare la sotto" Blade era preoccupato solo all'idea di affacciarsi da un dirupo così alto, il pensiero di scendere già lo faceva stare male.
"Scenderemo io e Francisco, voi ci aiuterete con la corda" disse El Diablo sorridendo vista la preoccupazione stampata sul volto di Blade
"La tua idea mi piace di più adesso" disse Blade
"Vieni con me, cerchiamo un posto dove gettare questi cadaveri" disse El Diablo allontanandosi dagli altri.
Blade si alzò immediatamente e lo seguì scomparendo entrambi nella foresta.
"Prima mi hai raccontato esattamente quello che ti ha detto il signor Cooper ?" chiese El Diablo
"Certo, tutto con precisione" disse Blade
"Ci sono buone probabilità che stiano riportando la statuetta al suo posto" disse El Diablo mentre camminava lungo il dirupo.
"Potrebbe essere solo una tua impressione"
"Certo, ma se hanno fatto tutto così in segreto ci sono buone probabilità "
Blade ci pensò un attimo, poi si fermò voltandosi verso El Diablo
"In effetti quella statuetta è di inestimabile valore, strano che nessuno abbia parlato del suo ritrovamento"
"Appunto" annuì El Diablo
"Potresti aver ragione, se fosse davvero la sotto sarebbe la nostra fortuna"
"Se non ritrovo la statuetta, spero comunque di trovare qualche oggetto di valore" disse El Diablo
"Speriamo che chi è sceso non abbia fatto razzia"
"Spero per loro di non trovarmeli davanti" disse El Diablo
"Non vorrai mica.."
El Diablo fissò il suo amico americano, le parole non servivano per fargli capire quello che pensava di fare. Anche se Blade non era d'accordo ad usare violenza non cercò minimamente di far desistere il suo amico dalla sua idea, in fin dei conti là sotto sarebbe sceso El Diablo quello che sarebbe successo non era affar suo, ed oltretutto avrebbe diviso la refurtiva senza rischiare nulla.
"Li getteremo da qui, andiamo " disse El Diablo. Gettati i corpi nel dirupo poco distante i quattro ritornarono al punto dove si sarebbero dovuti incontrare con Francisco.
"Sei stato veloce" disse El Diablo mentre Francisco con aria compiaciuta da
quelle parole gettava a terra le corde.
"Da dove pensi di scendere?" chiese McTash
"C'è un buon posto poco lontano da qui, seguitemi" disse El Diablo avendolo notato in precedenza.
"Scendi solo capo?" chiese Francisco
"Scenderai tu con me, ti piace l'idea"
"Certo, perché dovrebbe dispiacermi"
Francisco era orgoglioso che El Diablo avesse scelto lui, lo aveva eletto come sua guida e lo avrebbe seguito in capo al mondo.
"Così mi piaci Francisco, quanti colpi hai con te?"
"In tutto una ventina" rispose il guardiano mentre frugava nelle tasche della sua giacca.
"Fate in modo che nessuno vi senta quando noi saremmo scesi" disse El Diablo rivolgendosi agli americani "non vorrei rovinargli la sorpresa"
"Non ti preoccupare, non sentiranno neanche volere una mosca" “Lo spero per voi, non dimenticatevi che sono armati” disse El Diablo mentre si ava la corda intorno alla vita.
__________
David camminava lentamente lungo il sentiero con in mano la balestra, seguito da Lia, che portava uno zainetto con dentro la statuetta di Tacuzima e per ultimo Kruger con il suo mitra che ogni dieci i si voltava per controllare se c'era qualcosa dietro di lui. Il sentiero per arrivare al paese era ancora visibile ma nonostante ciò David dopo qualche centinaia di metri lo ignorò proseguendo verso un altra direzione in modo da dare a Max e Marco più tempo per le ricerche.
Kruger si accorse della deviazione.
"Sicuro che sia la strada giusta?" chiese immediatamente a David
"Certo, è questa la strada. Non si preoccupi non la faccio perdere" rispose sorridendo David
"Lo spero, sfido chiunque a ritrovarci qua sotto" disse Kruger guardandosi intorno “Usciremo da qui prima del previsto”
“David sopra di te” Lia voleva urlare ma non riuscì ad alzare la voce. Un giaguaro di circa un metro e mezzo di lunghezza camminava tra i rami poco sopra di loro. “E’ mio” urlò David vedendo Kruger puntare il mitra. David prese la mira ma mentre stava per lanciare la freccia il giaguaro con un balzo scese dai rami e diede le spalle ai tre cominciando a camminare lentamente come se volesse scortarli al tempio. Pochi metri più avanti un altro giaguaro si affiancò al precedente e continuarono a camminare affiancati lungo il sentiero che portava al paese. “Questa non me la sarei proprio aspettata” disse un incredulo David “E’ davvero incredibile. Se non l’avessi visto coi miei occhi non ci avrei mai creduto” disse uno sbigottito Kruger “Che dice adesso c’è qualcosa di strano qua sotto?” “Diciamo che comincio a credere anch’io alle cose strane che succedono nel mondo” rispose un incredulo Kruger “Restiamo sempre pronti ad ogni evenienza, queste bestie ci mettono poco a girarsi e farci a brandelli” disse David che non si fidava molto della situazione “Ho il fucile sempre pronto a fuoco, non so se gli conviene” Kruger non aveva tolto il dito dal grilletto da quando era comparso il primo giaguaro. “Lia avverti gli altri” disse David senza neanche girarsi Lia prese il walkie-talkie dalla cinta e chiamò subito
“Max mi senti” “Si dimmi, tutto ok?” chiese Max che avvertiva apprensione nella voce di Lia. “Diciamo di si, stiamo andando verso il tempio scortati da due giaguari” “Cosa? Ma stai scherzando?” disse incredulo Max
“No, assolutamente. Sono comparsi due giaguari che adesso ci stanno camminando davanti come se ci dovessero scortare verso il tempio” “Incredibile, David aveva ragione anche stavolta quando diceva che c’erano troppe cose strane qua sotto” “Infatti” confermò Lia “Noi non abbiamo incontrato nulla da questa parte” “Meglio così” disse Lia “Tenete gli occhi sempre aperti” si preoccupò Max “Certo, non preoccuparti. Ci sentiamo dopo” disse Lia riagganciando il walkietalkie alla cintura. Poco prima dell’ingresso in paese altri due giaguari comparvero all’improvviso dietro a Kruger, camminando lentamente ed affiancati a circa cinque metri da lui. “E questi da dove sono sbucati?” disse preoccupato Kruge “E’ difficile rispondere a questa domanda Kruger, qua sotto sembra che queste bestie si materializzino dal nulla” rispose David che ormai non si stupiva più di niente. “Non mi piace avere questi due micioni dietro le spalle” disse Kruger che ormai si girava sempre più di frequente. “Se volevano assalirci l’avrebbero già fatto, forse hanno capito che stiamo riportando la statuetta di Tacuzima al suo posto” spiegò David la sua teoria. “Giuro che ancora non riesco a credere a questa storia, quando sei venuto da me ti avevo visto scosso ma non avevo creduto molto alla storia dei giaguari. Pensavo avessi amplificato l’accaduto in modo che io credessi al tuo racconto ed aiutarti” disse Kruger “Mentre adesso?” chiese con curiosità David “Adesso potrei anche credere alla storia di Tacuzima” rispose enigmatico
Kruger Non era quella la risposta che voleva sentire David, avrebbe voluto sentirsi dire da Kruger che adesso credeva alla sua versione e che non aveva più motivo di controllarlo. Ma purtroppo non fu così, l’importante per David era che a Kruger venissero dei dubbi ed in questo ci era riuscito pienamente. Marco e Max procedevano velocemente lungo la via più breve per raggiungere al più presto i due edifici ancora da controllare. In poco tempo arrivarono alle mura del paese, anche se per loro era una sfida contro il tempo erano sempre molto attenti che qualche giaguaro sbucasse all'improvviso davanti a loro. Fortunatamente nonostante la loro preoccupazione derivante dalla brutta esperienza della volta precedente non videro neanche l'ombra di un giaguaro.
Entrati attraverso l'ingresso principale si diressero subito verso il centro del paese dove si trovavano i due grandi palazzi signorili.
I palazzi erano grandissimi rispetto a tutti gli altri che si trovavano in paese.
Erano costituiti da tre piani di cui ogni piano era circa cinquecento metri quadri, anche se privi del tetto e quasi completamente ricoperti dalla vegetazione i due palazzi non avevano per nulla perso il loro fascino. Marco e Max decisero di visitarne uno alla volta, si sarebbero divisi soltanto una volta entrati restando in contatto parlandosi spesso.
Nel primo edificio quello che sembrava essere leggermente più piccolo trovarono moltissimi oggetti di valore, riempirono gli zaini soprattutto di oggetti d'oro poi uscendo li lasciarono davanti l'ingresso del palazzo più grande in modo da poterli riprendere una volta usciti.
Il secondo edificio era qualcosa di bello, restarono affascinati dai dipinti, dalle statue e da tutto quello che ornava il palazzo. Al piano terra in una grande stanza si trovavano i bagni, una grande vasca rettangolare con tre gradini che scendevano dai lati corti, doveva essere alta circa un metro e mezzo, un vero lusso per quei tempi pensarono i due amici. Proseguirono nell'esplorazione cercando sempre di prendere più oggetti preziosi possibile. In quel palazzo c'era davvero l'imbarazzo della scelta.
"Vieni a vedere Max" urlò Marco per attirare l'attenzione del suo amico che era nella stanza accanto.
Max arrivò di corsa e rimase senza parole davanti ad un dipinto che Marco stava fotografando da tutte le angolazioni.
"Non posso crederci, David non crederà ai suoi occhi" disse un estasiato Max
"Purtroppo dovrà accontentarsi delle foto"
"Cosa intendi dire?" chiese perplesso Max
"Dobbiamo distruggerlo" disse intransigente Marco.
"Hai ragione, è quello che vuole David. Mi dispiace solo che non lo possa vedere"
"Anche a me, ma sarebbe troppo rischioso lasciarlo" disse Marco
Max prese il machete e cominciò rigando l'intonaco a far cadere a terra i pezzi del muro dove si trovava il dipinto.
"Se gli studiosi sapessero tutte le cose che abbiamo trovato e distrutto, ci brucerebbero vivi" disse Marco guardando il suo amico mentre cercava di staccare un pezzo un po' più grande di intonaco "cosa stai facendo?” “Ho pensato di prendere un pezzo di dipinto da portare a David” rispose Max “Penso che tu abbia ragione. David ne sa più di noi, forse potrebbe anche risalire al periodo in cui è stato fatto”
Nel frattempo David, Lia e Kruger erano arrivati in prossimità del tempio sempre scortati dai quattro giaguari. I tre alzarono lo sguardo e si accorsero immediatamente che altri felini si trovavano sopra i tetti e le colonne e che seguivano scrupolosamente la loro marcia. Ormai la paura che avevano provato all’inizio era pressoché ata, avevano camminato per oltre un ora vicino a quei giaguari senza che gli fosse successo niente, erano ormai più che certi che quei felini erano i guardiani del tempio e volevano solo assicurarsi che la statuetta ritornasse al suo posto. Una volta entrati nel tempio i quattro giaguari balzarono sulle colonne seguendo attentamente i movimenti dei tre. Lia appoggiò lo zaino sull'altare ed estrasse la statuetta.
"Qual' è il posto esatto?" chiese David
"In quella nicchia, alla mia destra" disse Lia che ricordava perfettamente dove
l'aveva prelevata con Max
"Ok, rimettila al suo posto e vediamo cosa succede" disse un curioso David
"Speriamo bene" disse Lia
"Vedrai che se ne ritorneranno alla loro cuccia" commentò sicuro David
"Peccato, mi stavo affezionando" disse ironicamente Kruger
Lia prese la pesante statuetta e la rimise nel suo posto originale.
Kruger d'istinto alzò lo sguardo per vedere scomparire all'unisono tutti i giaguari. Restò ancora più sconcertato, chi mai gli crederebbe se avesse raccontato una storia simile. Non era il caso di raccontarla neanche a Plant pensò.
"Spariti nel nulla. Teniamo comunque sempre alta la guardia signor Kruger " disse David mentre prendeva il walkie-talkie
"Marco qui tutto ok, stiamo uscendo" disse David
"Ok, noi non abbiamo proprio terminato qui, ma possiamo ritenerci soddisfatti.
Ci vediamo nella piazza davanti al tempio" rispose Marco
"Ok, sbrigatevi. Non voglio fare ancora brutti incontri"
"Usciamo subito" disse Marco chiudendo la conversazione.
Max ripose con cura nello zaino il pezzo di dipinto che aveva staccato dalla parete. Era un pezzo di intonaco di circa trenta centimetri quadrati con uno spessore di circa tre centimetri, anche se era stato fatto in fretta, Max aveva fatto davvero un ottimo lavoro. La cosa più importante adesso era di farlo restare integro durante il tragitto.
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El Diablo e Francisco scesero non senza fatica lungo il dirupo, quando arrivarono in fondo i loro vestiti erano completamente ricoperti di fango. El Diablo si guardò attentamente intorno per imprimersi nella mente dei particolari che gli avrebbero fatto ritrovare la via del ritorno. Come punto di riferimento c'era un grosso tronco posizionato orizzontalmente a metà del dirupo da dove erano scesi, pensò che sarebbe stato facile vederlo anche da una lunga distanza, avrebbe fatto arrampicare Francisco su un albero e guardare in direzione della scarpata. Adesso era necessario orientarsi e andare verso l'interno, avevano bisogno di essere molto fortunati per poter trovare le tracce di David e gli altri ma El Diablo era molto fiducioso di riuscirci e cominciò a camminare verso l'interno seguito come un ombra dal fedele Francisco. "Proseguiamo in questa direzione" disse El Diablo vedendo un piccolo sentiero.
"D'accordo capo, vado avanti io?" chiese Francisco
"No, pensa a coprirmi le spalle" disse El Diablo che non voleva che qualche animale pericoloso gli piombasse da dietro.
"Non preoccuparti" disse Francisco tenendo ben saldo il fucile con entrambe le mani.
"Qualcuno è ato di qua, hanno lasciato dei segni con la vernice" disse El Diablo
"Siamo sulla strada giusta?"
"Penso di si, continuiamo in questa direzione"
Poco dopo i due arrivarono davanti il muro di cinta del paese, lo costeggiarono fin quando non trovarono l'ingresso.
"Guarda cosa c'era a due i da noi" disse El Diablo entrando nel paese
"Chissà quanto ben di Dio ci sarà qua dentro" disse Francisco ignaro che David e i suoi compagni avevano già ripulito quel sito portandosi via gli oggetti di maggior valore.
"Non molto, qualcuno è ato prima di noi"
"Peccato" disse sconsolato Francisco
"Stiamo attenti adesso, seguimi e cerca di non fare rumore. Non ci devono sentire se vogliamo prenderli di sorpresa" disse El Diablo a bassa voce.
"Ok, ti seguo"
El Diablo si diresse verso il centro del paese, cercando di fare meno rumore possibile ad un certo punto sentì delle voci e cercò di avvicinarsi il più possibile per capire da dove provenissero.
"Nascondiamoci dentro questa casa" disse El Diablo prendendo per la giacca Francisco e tirandolo a se
"Piano Diablo, ho capito"
"Non fare rumore, sono in quel tempio. Aspettiamo che escano" disse El Diablo affacciandosi furtivamente dalla finestra al pianterreno
"Quanti sono?" chiese Francisco
"Non lo sò, e neanche me ne importa" rispose El Diablo che immaginava perché si trovavano all'interno del tempio
"Come non ti importa, se dobbiamo farli fuori bisogna sapere con quante persone dobbiamo avere a che fare" disse preoccupato Francisco
"Chi ha parlato di farli fuori, aspettiamo che escano e si allontanino, poi entriamo noi" gli spiegò El Diablo
"Allora avevo capito male" disse Francisco quasi scusandosi
"Non preoccuparti " lo consolò El Diablo. Finalmente David e gli altri due uscirono dal tempio, El Diablo decise di aspettare ancora qualche minuto per dar modo ai tre di allontanarsi così da poter agire indisturbato.
Fece cenno con la mano a Francisco di seguirlo, uscì accovacciato dalla casa e guardò verso la direzione presa dai tre, via libera pensò e si diresse verso il grande tempio.
Entrati cominciarono a perlustrare in lungo e in largo l'enorme sala, ma eccetto alcuni vasi in terracotta di oggetti d'oro all'interno del tempio i due non avevano visto neanche l'ombra.
L'attenzione di El Diablo fu attirata da una piccola nicchia vicino l'altare principale, si diresse verso di essa come un fulmine tanto da attirare la curiosità di Francisco che lo seguì con lo sguardo.
El Diablo si fermò davanti alla nicchia, non poteva credere ai suoi occhi, aveva avuto una grande intuizione ed adesso la statuetta di Tacuzima era lì e con essa sarebbero arrivati ancora tanti dollari americani.
"Stai per diventare ricco amico mio" El Diablo si rivolse a Francisco pieno d'orgoglio .
"Cosa hai trovato di così prezioso?" disse Francisco avvicinandosi al grande altare
"Guarda" disse El Diablo estraendo dalla nicchia la statuetta
"Wow, è tutto oro?" Francisco restò senza parole
"Circa dieci chili d'oro per l'esattezza" disse sorridendo El Diablo
"Quanto mi spetterà capo?" chiese incuriosito Francisco
"Duecento mila dollari americani. Questa sarà la tua parte se terrai la bocca chiusa con McTash e Connors riguardo questa statuetta. Con loro divideremo solo se troviamo qualcos'altro" El Diablo poteva anche dire di meno ed a
Francisco sarebbe andato bene comunque essendo ignaro dell'accordo tra lui, Blade e il signor Cooper ma in fin dei conti Francisco gli era sempre stato fedele e poi aveva sempre un fucile a pompa in mano.
"Sarò muto come un pesce con Connors e McTash. Con il signor Blade come devo comportarmi?"
"Lui è con noi" disse El Diablo mentre prendeva la statuetta dalla nicchia.
Un colpo esploso dal fucile di Francisco fece sobbalzare El Diablo e per poco non gli cadde la statuetta dalle mani, si girò di scatto verso il custode per rimproverarlo ma la sua rabbia si affievolì immediatamente vedendo un giaguaro riverso a terra in una pozza di sangue.
"Non pensavo ci fossero giaguari quaggiù" disse El Diablo mentre prendeva la pistola "meglio andarsene alla svelta"
Neanche il tempo di finire la frase che altri due giaguari comparvero davanti a loro mostrando i denti.
Francisco sparò a quello sulla sua destra uccidendolo al primo colpo, ma l'altro gli piombò addosso facendolo cadere a terra. Il felino aveva conficcato gli artigli sul torace di Francisco mentre lo azzannava tra il collo e la spalla, le urla del poveretto era disumane dal dolore e dalla paura che provava, El Diablo si avvicinò e scaricò l'intero caricatore della sua pistola sull'animale facendolo crollare privo di vita sul corpo martoriato del suo amico. Purtroppo per Francisco non ci fu nulla da fare, El Diablo spostò a fatica l'enorme felino per vedere le condizioni di Francisco.
Gli urlò diverse volte ma il suo amico disteso a terra coi vestiti ridotti a brandelli era morto.
El Diablo era terrorizzato, raccolse il fucile e le cartucce che erano cadute dalle tasche di Francisco e si diresse nuovamente verso la statuetta. Doveva fare in fretta pensò, in quegli istanti molte cose gli arono per la testa anche la speranza che David e i suoi compagni sentiti gli spari tornassero indietro per aiutarlo a salvarsi. Per uscire da quell’incubo avrebbe rinunciato anche alla statuetta. Ma non fu così, come si avvicinò di nuovo alla statuetta un giaguaro balzò da sopra un colonna direttamente sulla sua schiena. El Diablo non poté far altro che cadere a terra e provare con tutte le sue forze a divincolarsi da quella bestia.
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"Spari?" disse un esterrefatto Kruger
“E provengono dal centro del paese" disse David mentre i cinque camminavano lungo il sentiero che li riportava verso l’uscita.
"I primi due sono stati esplosi da un fucile a pompa, gli altri sono stati sparati a raffica da una pistola" disse Kruger che era un gran conoscitore di armi
"Dobbiamo andare a vedere?" chiese perplessa Lia
"Non occorre, sono sicuramente morti" sentenziò David
"Ne sei proprio sicuro?" chiese ancora Lia.
David rispose subito in modo lapidario. "Si! Con i colpi esplosi avranno ucciso solo due o tre giaguari"
"Poi gli altri li avranno sicuramente sbranati" proseguì Kruger avallando la teoria di David
"Quindi ogni tanto la pensiamo allo stesso modo" disse ironicamente David
"Ogni tanto" rispose sorridendo Kruger
"Chi potrebbe essere?" chiese Max
"L'unico dei taglialegna ancora in vita, si fa chiamare El Diablo" rispose immediatamente Kruger
"Me lo ricordo, il loro capo" disse Lia
"Adesso sono tutti al creatore" disse ancora Kruger
"Ma perché rischiare così tanto"
"Perché il loro contatto negli Stati Uniti gli avrà raccontato quello che era successo e gli avrà proposto una nuova ricompensa per la statuetta" spiegò Kruger
"Talmente alta che quel poveraccio avrebbe rischiato la vita pur di ottenerla" concluse Max. Mentre raggiungevano l’uscita ci fu un momento di silenzio interrotto dopo qualche minuto da David.
"Signor Kruger volevo farle presente che la nostra missione qui è terminata. Il nostro mistero l'abbiamo risolto anche se non possiamo dirlo al mondo. Tra un paio di giorni partiremo per l'Olanda"
"Io parto domattina" rispose Kruger prendendo tutti in contropiede
"L'unica cosa che mi dispiace è che non mi ha creduto e che non ha creduto che siamo venuti in Perù per scoprire il mistero di Tacuzima" disse quasi sconsolato David
"Devo ammettere che mi sono ricreduto signor Krupp, dopo quello che ho visto è molto probabile che avete speso tutti questi anni di ricerche per scoprire la verità su Tacuzima" disse Kruger
"Grazie signor Kruger, ammetto che non mi sarebbe piaciuta l'idea di salutarla
sapendo che nutriva perplessità e rancore nei miei confronti"
"Niente di tutto questo, devo ringraziarla per la splendida ed affascinante avventura che mi ha fatto vivere" disse un ancora gasato Kruger
"Anche a me non era mai capitato niente di simile finché non ho messo piede in questo posto"
"Meglio sbrigarci ad uscire, non vorrei sbucassero nuovamente quelle bestiacce" disse Marco aumentando il o.
"Juan mi senti" disse David al walkie-talkie quando era vicino al dirupo.
"David ho sentito degli spari. State bene?" chiese allarmato Juan
"Non siamo stati noi a sparare, ma qualcuno che è sceso dopo di noi"
"E chi diavolo è?" Chiese curiosamente Juan
"Era. Sicuramente ci è rimasto secco. Forse uno dei taglialegna"
"Beh, meglio così. L'importante che voi stiate bene"
"Scendi due corde, siamo quasi arrivati. Saliranno per primi Kruger e Lia" disse David. Blade, nascosto dietro una siepe aveva ascoltato tutta la conversazione che Juan aveva fatto al walkie-talkie con David.
Gli spari che aveva sentito provenire dal basso lo avevano insospettito così decise di capire cosa fosse successo.
Una verità che non avrebbe mai voluto sentire, la morte di El Diablo e con lui la fine di tutti i suoi sogni che da qualche giorno occupavano i suoi pensieri per gran parte della giornata.
A Blade gli era caduto il mondo addosso e per giunta doveva dirlo a McTash e Connors, chissà come la prenderanno pensò.
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"Jim se ti racconto cosa è successo la sotto, mi manderesti in pensione anticipatamente" disse Kruger facendo sorridere il resto del gruppo
"Non ti preoccupare, puoi tenertelo per te" rispose subito Plant lasciando increduli tutti.
"Bell'amico che sei"
"Intanto lo so che poi in macchina me lo racconti" disse Plant appoggiando la mano sulla spalla di Kruger
Il gruppo in fila indiana con a capo sempre Urutoya prese la via del ritorno. La loro missione era terminata, la statuetta era ritornata al suo posto e forse molta gente era salva grazie alla loro impresa.
Il momento dei saluti era arrivato, David si avvicinò alla macchina di Kruger porgendogli la mano.
"Le auguro buon viaggio signor Kruger, non potrò mai ringraziarla abbastanza per quello che ha fatto"
"Non si preoccupi Krupp, cercate solo di stare lontani dai guai" disse Kruger
"Farò il possibile, ma non è facile" disse David facendo trasparire un timido sorriso
"Adesso che l'ho conosciuta personalmente penso proprio che sarebbe un impresa per lei star lontano dai guai"
"Non essere così pessimista, quello che gli è successo in questi giorni è stata una nuova esperienza per lui, ne terrà conto in futuro ne sono certo"intervenne Plant
"Grazie per la comprensione"
"Dobbiamo andare Alex, il mio aereo mi sta aspettando" disse sorridendo Plant
Gli americani salutarono affettuosamente David ed il resto del gruppo per poi salire in macchina ed allontanarsi, lo stesso fecero gli altri salendo sulla Mercedes di Juan pochi minuti dopo. "Cosa abbiamo?" chiese David una volta giunti nel magazzino.
Marco e Max poggiarono i due zaini e i due borsoni sul tavolo e cominciarono a tirare fuori uno ad uno tutti gli rinvenuti nei due palazzi signorili da loro visitati.
Il grande tavolo posto al centro del magazzino in brevissimo tempo si riempì di oggetti d'oro. Juan rimase esterrefatto pensando che dovevano ancora svuotare i due borsoni.
Quello che avevano trovato in quel breve tempo ato là sotto avrebbe fatto invidia a moltissimi musei sparsi nel mondo.
"Tutti oggetti d'oro?" chiese Juan
"Non proprio, c'è anche dell'altro" disse Marco mettendo sul tavolo anche dei piccoli oggetti ornamentali e delle statuette in terracotta.
"Davvero un bel lavoro" si complimentò David
"Grazie, questo invece è un regalo per te" disse Max prendendo dallo zaino qualcosa avvolto in una coperta.
"Cos'è ?" Chiese con curiosità David
Max rimosse delicatamente la coperta per scoprire un pezzo di un affresco perfettamente mantenuto nonostante fossero ati centinaia di anni.
"Bello, grazie del pensiero" disse David sorridendo
In quel pezzo di intonaco erano raffigurate tre piramidi vicine tra loro ed una quarta più lontana.
"Non è uno scherzo, fra poco capirai" disse Max mentre accendeva il computer portatile e collegava la fotocamera.
Max cominciò a far scorrere le foto che avevano scattato all'interno dei palazzi arrivando finalmente a quelle riguardanti il dipinto.
David rimase quasi senza fiato, fissò l'immagine sul monitor mentre tutti aspettavano che dicesse qualcosa.
"Quindi non eravamo dei pazzi. Abbiamo finalmente la conferma che le nostre teorie, i nostri studi e le ricerche che abbiamo fatto in tutti questi anni erano fondate" esclamò David dopo qualche minuto di surreale silenzio e senza mai togliere lo sguardo dal monitor.
Nella foto che stava guardando oltre alle quattro piramidi che già aveva visto nel pezzo di intonaco, c'era un qualcosa di forma rotonda e di colore grigio, sicuramente raffigurava qualcosa di materiale metallico, appoggiata sul terreno, era decisamente fuori luogo riguardo il contesto del dipinto, sembrava una specie di navicella spaziale. I quattro amici da diversi anni erano convinti che gli inca, così come gli egizi erano venuti a contatto con civiltà extraterrestri. Avevano già trovato dei segni in precedenza ma non erano di rilevante importanza, furono soltanto utili a non fargli abbandonare le loro ricerche.
"Cosa pensi di fare adesso?" chiese Juan che doveva preoccuparsi dei biglietti di ritorno per Amsterdam
"Dobbiamo studiare bene questa foto" disse David
"Per i biglietti?" chiese esplicitamente Juan
"Aspettiamo "
"Pensi sia qualcosa di inventato?" chiese Marco mentre anche lui fissava la foto cercando di trovare qualcosa di famigliare.
"Sinceramente non conosco nessun sito che assomigli a questa foto"
"Se è per questo, neanche io"
"La cosa che mi lascia perplesso è che nella maggior parte dei dipinti di quel periodo i pittori non improvvisavano, ma i loro soggetti erano cose reali"
"Quindi da qualche parte deve esserci un sito simile a questo" affermò Lia
"Penso di si" confermò David
"Se esiste davvero , non deve essere molto lontano dalla città sepolta " intervenne Lia
"Esatto, a meno che il pittore non ha visto qualcosa nei suoi viaggi per poi mettere in opera le sue esperienze a centinai di chilometri di distanza" disse David
"Beh, spero proprio di no" rispose Lia
" Tramite l'intonaco non riesci a risalire all'età del dipinto per capire quanto un pittore potesse viaggiare in quegli anni?"chiese Max
"Dalla tecnica usata non dovrebbe superare i mille anni, penso intorno ai settecento anni" disse David guardando attentamente l'intonaco
"In Europa settecento anni fa i pittori non si allontanavano molto dalle loro città d'origine, solo i più bravi erano richiesti dalle potenti monarchie o dal papa" teorizzò Max.
David ci pensò un attimo "Hai ragione, e penso che qui avveniva lo stesso. Forse chi regnava a Cuzco poteva permettersi di far compiere ad un pittore centinaia di chilometri, non certo il signore di un piccolo paese"
"Quindi questo sito deve essere abbastanza vicino?"
"Si, dovrebbe essere distante una cinquantina di chilometri al massimo" replicò David
Juan prese una cartina ben dettagliata della zona e si fece posto sul tavolo per appoggiarla.
"Se non sbaglio ad una trentina di chilometri dalla città sepolta è stato rinvenuto un sito archeologico" disse Juan mentre cercava di trovare il punto esatto sulla mappa
"Le piramidi di Atamani" aggiunse David
"Però sono tre" replicò Max mentre cercava di trovare qualche foto delle piramidi su internet
"Quindi? Forse la quarta è stata distrutta oppure non è stata ancora trovata" esclamò David "Per questo motivo ci siamo qua noi" disse sorridendo Lia
"Trovato qualcosa Max?" chiese David
"Si, diverse foto, ma sto cercando quella che assomiglia di più al dipinto. Eccola, è identica, mancherebbe solo una piramide e la nostra navicella " confermò Max
"A vederle così si potrebbero sovrapporre, non c'è dubbio che chi l'ha disegnato era un ottimo artista e che ha riprodotto fedelmente l’originale, bene possiamo dire che il sito lo abbiamo trovato" disse sorridendo David "Non notate nulla di strano?" domandò Marco
"Cosa?" rispose con curiosità Lia
"Dove dovrebbe esserci la quarta piramide c'è una collina" fece notare Marco indicandola sulla mappa
"E' vero non ci avevo fatto caso"
"Sembra essere troppo lontana dalle altre tre" disse Max
"Se guardi bene il dipinto, la quarta piramide è in prospettiva ed è molto piccola rispetto alle altre, dovrebbe essere a qualche chilometro di distanza proprio dove c'è questa collinetta" fece nuovamente notare Marco
"In effetti potrebbe anche essere delle stesse dimensioni delle tre piramidi di Atamani" aggiunse Lia
"Questo significa che la piramide è stata interrata ed ancora da esplorare" aggiunse David
"Pensi che hanno interrato anche la navicella?" chiese Max
"Non saprei, ma forse qualche risposta l'avremo entrando in quella piramide"
"Cosa pensi di fare?" chiese Marco voltandosi verso David
"Juan, chiama il generale. Dobbiamo sapere a che ora Kruger ha prenotato l'aereo per Lima. Agiremo in quel momento"
"Non ti fidi che possa partire?" chiese Lia
"Meglio essere sicuri che sia partito" sorrise David
"Poi andremo a fare un sopralluogo?"
"Si, da bravi turisti con macchina fotografica e cinepresa, cercheremo ogni piccolo particolare che possa condurci all'interno della piramide. Poi studieremo un piano" fece presente David
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La mattina seguente David e i suoi compagni erano in attesa della telefona del generale Gutierrez per potersi muovere, telefonata che tardava ad arrivare.
Nel frattempo i quattro stavano studiando il materiale sulle piramidi di Atamani che Juan era riuscito a recuperare.
Le piramide di Atamani furono scoperte dall' inglese Sir Edward Milton nel 1969. Il famoso archeologo britannico scoprì quasi per caso l'esistenza di questo sito, egli si trovava in Perù per girare un documentario sulle rovine di Machu Picchu per un canale televisivo canadese.
Lui teorizzava attraverso i suoi studi come gli abitanti di quello sperduto paese avessero trovato un ingegnoso e per quei tempi sofisticato sistema per approvvigionarsi dell'acqua che si trovava in un laghetto a diversi chilometri di distanza più a valle. Secondo i suoi studi la fine di Machu Picchu poteva essere
stata causata da due diversi fattori a cui gli abitanti non erano riusciti a trovare in tempo la giusta contromisura. Da un lato la causa poteva essere un inquinamento delle falde acquifere che uccise inconsapevolmente gli abitanti, e dall'altro un progressivo inaridimento del lago tagliando così totalmente l'approvvigionamento dell'acqua. Queste teorie però non erano mai state prese in seria considerazione dalla comunità scientifica in quanto non era mai stato provato che esistesse un acquedotto o qualcosa del genere che potesse spingere l'acqua così in alto fino a Machu Picchu e non si conosceva neanche un lago o un corso d'acqua nelle sue immediate vicinanze. Dall'alto di Machu Picchu Sir Edward Milton controllava con un potente telescopio la valle sottostante nella speranza di trovare qualcosa che avvalorasse la sua teoria, fu proprio in quell'occasione che vide spuntare dal terreno tre enormi massi di forma quadrata. Da quel momento lasciò gli studi su Machu Picchu per dedicarsi alla sua nuova scoperta. I successivi scavi portarono alla luce tre piramidi a gradoni perfettamente mantenute risalenti a circa quattromila anni fa, la cosa straordinaria era che nell'area di Cuzco non si conosceva l'esistenza di una civiltà che adottasse questa tecnica di sepoltura. La notizia ebbe un forte impatto mediatico in quanto era avvenuta quasi in diretta televisiva, la tv canadese seguì con dei documentari lo straordinario ritrovamento per diversi mesi e Sir Edward Milton era divenuto una celebrità richiesto come ospite nei programmi televisivi e radiofonici da ogni parte del mondo.
David nutriva grosse aspettative in questa nuova impresa, aveva ato tutta la notte a studiare su Google Heart e sulle carte topografiche l'area di quel sito e le informazioni che aveva ottenuto lo rendevano ottimista.
Verso le nove Juan entrò in magazzino dicendo che Kruger era appena partito per Lima.
David si alzò di scatto dalla sedia dicendo che era il momento di partire.
La collina era completamente ricoperta da una fitta vegetazione ed era divenuta parte integrante della foresta amazzonica.
Juan grazie ad una stradina era riuscito ad entrare e parcheggiare la macchina proprio ai margini della collina.
"Bravo Juan non potevi fare di meglio" si complimentò David
"Grazie, dovevo solo trovare il posto migliore per nascondere l'auto" sorrise Juan “Un ottimo parcheggio, sfido chiunque a vederla” aggiunse Max complimentandosi
"Andiamo a dare un'occhiata, non c'è bisogno che vi dica che la piramide ha solo un entrata e di solito è situata fino a cinque metri d'altezza" ricordò David ai suoi amici "Ok, controlleremo attentamente il perimetro" disse Lia
"Come facciamo a capire qual'é l'ingresso?" chiese un pensieroso Max
"Dobbiamo fidarci del nostro istinto, io opterei di controllare per primo il lato nord" suggerì David
"L'ingresso rivolto a nord come le piramidi d'Egitto, pensi che ci siano delle similitudini?" chiese Lia
"Forse sono gli stessi progettisti" sorrise David
"Bene, cominciamo con il lato nord" disse Marco Cercare l'ingresso della piramide non era così semplice, ormai la vegetazione aveva ricoperto completamente il terreno che la occultava. A differenza delle altre tre piramidi rinvenute da Sir Edward Milton, questa era completamente interrata, questo aveva fatto pensare a David che le causa poteva essere che questa piramide era di dimensioni minori oppure che era stata interrata di proposito per nasconderne la sua esistenza come se si trattasse di un qualcosa di malvagio oppure di qualcosa cui nessuno doveva venirne a conoscenza. David gradiva entrambe le opzioni, da un lato perché il campo di ricerca era minore e dall'altro perché nessuno dopo la chiusura della piramide ci fosse entrato a differenza delle piramidi egizie. Per i quattro amici olandesi era un compito arduo ma David aveva ristretto di molto la zona da perlustrare, l'ingresso secondo le sue conoscenze doveva trovarsi rivolto verso nord a non più di cinque metri d'altezza ed essendo sicuramente una piramide a gradoni sarebbe stato più facile notare l'ingresso. Max e Lia erano riusciti a capire quale era il secondo gradone della piramide. Max con un bastone aveva fatto un buco sul terreno reso morbido dalle abbondanti precipitazioni ed aveva trovato dei mattoni che confermavano l'esistenza della piramide. Dai calcoli che fecero erano giunti alla conclusione che si trattava del secondo gradone della piramide. Lia era convinta che l'ingresso era situato a quell'altezza, bisognava solo trovarlo. Avere avuto la certezza che c'era qualcosa sotto tutta quella terra li aveva resi euforici e determinati a proseguire le ricerche.
"Per oggi abbiamo finito" disse David
"Così presto" rispose deluso Max
"Meglio andare, ormai si sta facendo tardi e non abbiamo con noi neanche l'attrezzatura necessaria. Torneremo presto domattina"
"Hai ragione, meglio andare"
"Pensi che troveremo l'entrata?" chiese Lia
"Adesso che sappiamo con certezza cosa c'è sotto questa collina, è solo questione di tempo"
"Ne sono convinta anch'io" sorrise Lia
"Abbiamo bisogno soprattutto di qualche attrezzo per scavare e delle lampade""Ok, non ci resta che tornare a casa" intervenne Juan
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El Diablo respirava a fatica sotto il peso di quell'enorme felino, per sua fortuna era riuscito ad estrarre il coltello da sopravvivenza che teneva in una fondina allacciata allo stinco del piede destro e l'aveva affondato ripetutamente nel giaguaro, sperando di colpire qualche organo vitale.
Fu proprio così perché dopo una decina di pugnalate il giaguaro esalò l'ultimo
respiro crollando sul corpo di El Diablo.
Con tutte le forze che gli erano rimaste riuscì a divincolarsi da quell'enorme fardello e strisciando verso la statuetta l'afferrò e la riposizionò nel punto esatto da dove l'aveva presa.
Aspettò una decina di minuti seduto a terra con le spalle al muro ed il fucile carico appoggiato sulle gambe.
Era proprio come aveva pensato, rimettendo la statuetta al suo posto i giaguari erano scomparsi, doveva trattarsi di una maledizione o di qualche stregoneria per cui la statuetta non doveva essere spostata.
(Ecco perché gli olandesi avevano tutta questa fretta di riportarla quaggiù ) pensò El Diablo.
Decise di lasciarla al suo posto e al diavolo i soldi promessi dal signor Cooper (se la venisse a prendere lui stesso questa maledettissima statua), d'altronde nella Banca Nacional di Lima erano stati depositati un milione e duecento mila dollari a suo nome, la cosa più importante da fare era ritrovare la via per risalire.
Trovare un buon punto per risalire non era semplice, ma lo doveva assolutamente trovare prima che calasse il buio, era quasi sicuro che non avrebbe più trovato Blade e gli altri ad attenderlo quindi doveva ritrovare tutte le energie e contare solo sulle proprie forze. Benché sentiva un forte dolore alla schiena dovuto agli artigli che il giaguaro gli aveva conficcato in profondità e ai diversi lividi ed escoriazioni, El Diablo strinse i denti e decise che era il momento di andare, non poteva più perdere altro tempo.
Camminò diverso tempo sotto quell’altissimo dirupo finché non trovò un buon punto per provare la risalita.
Non era più giovane e oltretutto era anche ferito, ma la sua forza di volontà era talmente alta che, anche se con moltissimi problemi, riuscì a raggiungere la superficie.
Tirò un sospiro di sollievo quando vide la sua macchina che era ancora parcheggiata vicino alla baracca del povero Francisco.Doveva andare subito da Blade e raccontargli tutto.
Blade si affacciò dal balcone e restò letteralmente stupito nel vedere El Diablo scendere dalla macchina, corse in cortile e l'abbracciò contentissimo di vederlo.
"Emilio, io pensavo...." esordì Blade
"Lo sò, stavolta mi ha salvato solo un miracolo"
"Ho sentito degli spari e poi quegli uomini che al walkie-talkie dicevano che eravate morti" quasi si scusò Blade
"Lo hanno solo pensato" replicò El Diablo
"Non vi hanno sparato loro?" chiese incredulo Blade
"No, quelli neanche ci hanno visto. È stata tutta colpa della statuetta"
"Spiegati meglio. Dov'è adesso?"
"E' rimasta al suo posto"
"Cosa? Vale tantissimo per noi. Sei diventato pazzo" disse un attonito Blade
"Quella statuetta è stregata, come l'ho tolta dal suo alloggio siamo stati assaliti dai giaguari. Francisco ci ha rimesso la pelle ed io mi sono salvato per miracolo" disse El Diablo sbottonandosi la camicia e mostrando a Blade i segni lasciatigli dal giaguaro.
"Brutte ferite" commentò Blade
"I colpi che hai sentito li abbiamo sparati noi, gli olandesi avranno pensato che eravamo morti senza neanche venire a vedere" disse arrabbiato El Diablo
"Quindi la statuetta....."
"Mandaci il signor Cooper a prenderla" lo interruppe El Diablo "con le poche forze che avevo l'ho rimessa al suo posto ed i giaguari sono spariti di colpo"
"Storia strana" disse Blade toccandosi il mento
"Cosa intendi per strana? Che sarei un bugiardo? Allora accompagnalo te il signor Cooper la sotto. Per me la storia è chiusa, non voglio più sentir parlare di questa statuetta" disse El Diablo tra l'arrabbiato e l'offeso.
"Non ho detto questo Emilio, intendevo strana la storia dei giaguari. Come se ci fosse una maledizione" ribattè subito Blade
"Infatti, questo spiega perché l'hanno riportata subito al suo posto, chi abitava queste zone faceva uso della stregoneria e da quello che ho visto la sapevano usare anche troppo bene" disse ancora scosso El Diablo
"Cosa pensi di fare adesso?" chiese Blade
"Niente, vado a casa e mi riposo, A proposito come l'hanno presa McTash e Connors?"
"Non bene, pensavamo tutti che con la tua morte avremmo perso i soldi che ci avevi promesso"
"Chiamali e digli che El Diablo è ancora vivo ne saranno felici"
"Ci puoi giurare, felicissimi soprattutto di non aver perso i centomila dollari” disse sorridendo Blade “Come dargli torto”
"E quel tuo contatto?" "Meglio lasciar stare per il momento" disse El Diablo salutando Blade
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Pedro era l'unico rimasto ad Ollantaytambo della squadra di Kruger, sarebbe dovuto restare in paese fino al momento della partenza di David e dei suoi compagni e nel frattempo continuare a sorvegliarli. Questi erano gli ordini che Kruger gli aveva dato prima di partire.
Il giovane agente aveva lavorato bene quei giorni, come premio Kruger scelse di lasciare lui a gestire l'operazione in sua assenza. Non sarebbe stata una cosa semplice, oltre agli olandesi Kruger gli aveva chiesto di tenere d'occhio anche Blade e di avvisarlo se ci fossero state novità.
Si stava facendo notte quando Pedro ritornò a casa, era elettrizzato dalla mole di informazioni che aveva reperito quel giorno e non vedeva l'ora di raccontarle al suo capo.
"Mr Kruger ho diverse cose da dirle" disse Pedro al telefono
"Ti ascolto"
"Krupp e i suoi amici non hanno ancora prenotato l'aereo"
"Questo lo immaginavo" lo interruppe Kruger
"Oggi li ho seguiti, si sono diretti alle piramidi di Atamani. Poi si sono addentrati con la jeep nella foresta e li ho persi"
"Chissà cosa stanno cercando in quel posto" disse pensieroso Kruger
"Non saprei, ma ho notato che erano senza attrezzatura. Come se stessero facendo un escursione"
"Sono andati a fare un sopralluogo, vedrai che la prossima volta ci andranno attrezzati"
"Li continuerò a seguire, poi ti farò sapere"
"Cerca di capire qual'è il posto che stanno controllando, mi raccomando sii discreto. Non devono sospettare che ancora li teniamo d'occhio" quasi lo implorò Kruger visti i precedenti che avevano coinvolto Taylor
"Certo capo, starò attento" lo rassicurò Pedro
"Bene, hai dell'altro?" chiese Kruger
"Si, questa notizia ti farà sobbalzare dalla sedia"
"Allora dimmela in fretta"
"El Diablo è vivo" disse Pedro senza giri di parole
"Cosa? È sopravvissuto là sotto. Ma ne sei proprio sicuro?" chiese incredulo Kruger
"Sicurissimo, stasera è andato a far visita a Blade" confermò Pedro
"Incredibile, avrà fatto un patto col demonio per sopravvivere in quel posto"
"Non saprei, comunque si è trattenuto un'oretta poi è andato a casa sua" aggiunse Pedro
"La cosa non mi piace affatto, spero non abbia preso la statuetta"
"Sia a casa di Blade che a casa sua, quando è sceso dalla macchina non portava nulla" gli fece presente Pedro
"Forse ha capito il pericolo che correva prendendola e l'ha lasciata al suo posto" "Come mi devo comportare?"
"Cerca di capire cosa intende fare, domani ti raggiungerà Manuel, si occuperà lui a tenere d’occhio El Diablo" disse Kruger.
"D'accordo capo, fammi chiamare appena arriva"
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Erano già diverse ore che David e i suoi compagni cercavano senza successo l'entrata della piramide, stavano controllando scrupolosamente il lato nord come suggerito da David ma non avevano trovato nessuna traccia che gli indicasse l'ubicazione dell'ingresso.
David cominciava a dubitare del suo istinto ed era intenzionato a spostare le ricerche su un altro versante, in cuor suo sperava che la sua buona stella lo aiutasse anche questa volta vedendo l'impegno con cui si prodigavano i suoi amici.
Anche David cercava disperatamente l'entrata della piramide, stava controllando
particolarmente ad un altezza di quattro metri spostandosi pian piano verso ovest. Un grosso cespuglio attirò la sua attenzione, non voleva lasciare nulla al caso, scese verso la macchina di Juan e prese una piccola ascia per tagliare dei rami che il are degli anni avevano reso molto grandi, così da poter controllare cosa nascondesse il cespuglio.
"Marco vieni ad aiutarmi" urlò David mentre era intento a tagliare i rami alla base.
"Hai trovato qualcosa?" chiese Marco mentre si affrettava a raggiungere l'amico
"Non lo so ancora, ma voglio controllare cosa si nasconde qua dietro"
"Speriamo sia questo il aggio" disse Marco mentre spostava i rami che David aveva tagliato
"Lo sapremo presto"
In breve tempo i due avevano pulito quell'area dalla vegetazione, David aveva fatto un ottimo lavoro con l'ascia tagliando pochissimi rami esterni ed aumentò il taglio man mano che si addentrava rendendo così il suo lavoro difficile da notare in lontananza.
"Ci siamo, è senz'altro questa l'entrata" disse estasiato David
"Ne sei proprio sicuro?" Marco era incredulo alle parole del suo amico, vedeva solo terra davanti a se.
"Certo, non vedi" disse David battendo con l'ascia il telaio in pietra dell'ingresso
"L'hanno chiusa con le pietre come da abitudine" fece notare Marco
"Un altra sudata ma non ci vorrà molto a toglierle"
Con l'aiuto anche di Max e Lia, che erano subito sopraggiunti ad aiutare i loro amici, l'ingresso alla piramide era finalmente libero, Juan nel frattempo aveva portato le torce e l'attrezzatura necessaria per ispezionare la piramide.
Un lungo corridoio conduceva ad una piccola stanza dove si trovava un piccolo altare e delle anfore.
"Sembra un labirinto" disse Max notando che dalla stanza partivano altri due corridoi.
"Io è Marco seguiremo quello di destra" disse David
"Ok, come ci dobbiamo comportare?" chiese Lia
"Prenderemo solo qualche oggetto di grande valore, cerchiamo di non razziare questa piramide"
"Mmmmmm, d'accordo " annuì un perplesso Max
"Nessuno deve sospettare che questa piramide sia stata violata"
"Non preoccuparti, richiuderemo anche l'ingresso" disse Max facendo sorridere il resto del gruppo
"Andiamo adesso e cerchiamo di non perderci"
David e Marco camminarono lungo il corridoio leggermente in salita ed arrivarono ad un altra stanza con un tavolo in pietra al centro, forse quella stanza veniva usata per mummificare le salme prima di metterle nel sarcofago.
Da quella stanza partivano altri due brevi corridoi in salita, i due decisero di non dividersi e di seguirne prima uno e poi tornare indietro e controllare l'altro.
"David ci siamo" disse Marco appena fatto luce nella stanza.
"Diamogli un occhiata" David fece luce ad un sarcofago in pietra posto al centro della stanza.
"Cosa ne pensi?" chiese incuriosito Marco
"Ci sono diverse incisioni e disegni sul sarcofago, ma non riesco a capirne il significato"
"Non mi sembrano incisioni di grande rilevanza" fece notare Marco
"Si, in effetti non ha nulla a che vedere col famoso sarcofago di Pakal" aggiunse David
Negli anni cinquanta nell'area di Palenque era stata trovata durante una ristrutturazione un aggio segreto che conduceva ad una cripta dove si trovava la tomba di re Pakal. Essa era coperta da una pesantissima lastra di pietra di quasi cinque tonnellate con diverse incisioni e disegni. La cosa fece scalpore a livello internazionale perché alcuni archeologi diedero un interpretazione alquanto bizzarra di un disegno inciso sulla lastra riguardante re Pakal.
Secondo i loro studi il re veniva raffigurato intento a guidare una navicella spaziale, seduto su una specie di motore da cui uscivano delle fiamme. Egli era con le mani intento a premere i comandi, il respiratore appoggiato sulle narici ed il piede piegato come se pigiasse sull'acceleratore.
Quest'interpretazione fu oggetto di aspre contestazioni ma fu sposata in pieno da coloro che sostenevano che alcune popolazioni erano venute a contatto con civiltà extraterrestri. David e i suoi amici non avevano mai creduto alla teoria di Pakal, loro cercavano la prova concreta che il fatto fosse accaduto veramente e
non accodarsi come pecore solo per dar valore alle proprie teorie.
"Quei disegni non li abbiamo mai presi in considerazione" gli ricordò Marco “Infatti ma artisticamente di grande pregio, non trovi?” commentò David “Hai ragione, andiamo a dare un’occhiata dall’altra parte?” “Si, qui non c’è nulla di interessante” disse David uscendo dalla stanza. I due tornarono indietro per controllare dove portava l'altro corridoio ma anche questa volta nella stanza che visitarono non trovarono nulla di interessante.
"Anche stavolta un buco nell'acqua" disse sconsolato Marco mentre ispezionavano la stanza.
"Ancora non è detto, forse Max e Lia sono stati più fortunati di noi"
"Lo spero, quando ho visto quell'affresco nella città sepolta ero convinto che qui avremmo potuto trovare qualcosa di interessante, ma anche stavolta......."
"Non è da te tutta questo pessimismo" lo interruppe David
"Forse perché stavolta ero convinto che avremmo fatto centro"
"Non abbiamo ancora terminato, c'è ancora parecchio da controllare" gli fece presente David
"Ma non capisco, se qui c'è la tomba di un alieno perché non abbiamo trovato neanche un segno che indicasse la sua presenza?" sfogò Marco i suoi dubbi
"Purtroppo non ho una risposta per tutto, ma confido molto in questo sito" affermò sicuro di se David
"Mi fà piacere che sei così ottimista"
"Perché non dovrei esserlo. Abbiamo visto solo due stanze, chissà quante altre ce ne sono ancora"
"Speriamo non siano tutte così" disse Marco
"Su col morale amico, non ti ho mai visto così. Non è detto che questa piramide è stata costruita per rendere omaggio a qualcuno in particolare. Ma che quello che stiamo cercando potrebbe essere l'ultima salma seppellita qua dentro prima di chiudere definitivamente la piramide"
"E se così fosse non troveremo niente nelle altre stanze" continuò Marco
"Esatto, ogni stanza è una camera funebre dedicata, quindi dobbiamo trovare quella che interessa a noi" gli fece presente David
"Hai ragione, continuiamo a cercare"
Il pessimismo di Marco si era placato dopo lo sfogo avuto col sua amico, i due continuarono a camminare lungo i corridoi di questa strana piramide.
"Non ho mai visto una piramide con un labirinto simile al suo interno" disse David che aveva visitato diverse piramide in ato e quelle che non aveva ancora visto le aveva studiate sui libri o su internet.
"Sembra che ad ogni gradone corrisponda un numero di stanze" disse Marco
"Quindi più saliamo e più le stanze dovrebbero diminuire"
"Sei tu l'architetto" disse sorridendo Marco
"Spiritoso. Non bisogna essere architetti per capirlo, dobbiamo trovare un aggio per salire al piano superiore, scommetto che la stanza che cerchiamo è una tra le più in alto"
"L'avevo pensato anch'io, seguiamo questo corridoio dovrebbe portarci al piano superiore"
"Ok, ti seguo" disse David
"Dannazione" disse Marco dopo alcuni metri mentre si teneva aggrappato al pavimento per non cadere in una fossa e restare infilzato da diverse lunghissime lame poste in fondo.
"Resisti, ti aiuto io" urlò immediatamente David
"Fai attenzione potrebbe esserci qualche altro tranello" gli fece notare Marco
Quella dei tranelli era un usanza comune per questi popoli e questo genere di siti, David infatti non era affatto stupito che Marco ne fosse rimasto vittima.
"Non preoccuparti per me, afferra la mia mano" gli disse David mentre lo aiutava a risalire
"Grazie amico, me la sono vista brutta" commentò Marco una volta in salvo.
"Figurati, continuiamo la marcia"
"La mia torcia è rimasta la sotto" imprecò Marco mentre con le mani si toglieva la polvere dai pantaloni.
"Dobbiamo trovare Max e Lia al più presto" disse David
"Pensi che loro abbiano trovato qualcosa?"
chiese perplesso Marco
"Non saprei, ma non voglio restare al buio qua dentro se dovessi perdere anch'io la torcia"
"Meglio cercarli subito" annuì Marco
"Vado avanti io, seguimi" disse David, poi con un salto ò dall'altra parte della buca.
Una volta ritornati al punto di partenza David e Marco presero la strada seguita da Max e Lia per poter proseguire insieme la perlustrazione della piramide.
"Eccoli, vedo una luce laggiù" disse David che poi chiamando a gran voce Max attirò la sua attenzione.
"Niente di buono dalle vostre parti?" chiese Lia
"Niente di niente, abbiamo perso una torcia meglio proseguire insieme"
"Persa?" chiese incredula Lia
"Si, il pavimento ha ceduto quasi ci rimetto le penne" disse Marco
"Un cedimento?"
"No, una trappola"
"L'immaginavo" disse pensierosa Lia
"Qui com'è la situazione?" intervenne David
"Quello che vedi, non c'è nulla qua dentro" disse Max illuminando con la torcia intorno a se .
"Non ci sono altre stanze su questo livello?"
"Questa era la quarta che abbiamo visitato. Penso sia l'ultima su questo piano"
"Bene, andiamo questo corridoio ci porterà al terzo livello della piramide" disse David facendo molta attenzione a dove metteva i piedi.
"Non è possibile, non può finire qui" disse Marco entrando nella nuova stanza
"Controlliamo prima questa stanza " replicò David
"Non c'è nulla di interessante qui" disse Marco mentre ispezionava con la torcia
"Sono d'accordo, deve esserci sicuramente un aggio segreto. Da come è stata costruita deve esserci per forza un altra stanza" disse David mentre si avvicinava al muro
"Ok, controlliamo una parete a testa" suggerì Lia.
I quattro cominciarono a scandagliare palmo a palmo i muri della stanza per trovare un aggio che li portasse ad una nuova stanza.
"Eccola" disse Lia attirando l'attenzione dei suoi amici.
Si avvicinarono tutti verso Lia per vedere cosa aveva trovato; in una piccola cavità del muro nascosta da una pietra che si poteva togliere facilmente c'era una leva in legno.
"Bel lavoro" disse con entusiasmo David
"Ci penso io" disse Max che con forza tirò la leva.
La parete si aprì verso l'interno mostrando ai quattro una scala che saliva dolcemente verso l'ultimo livello.
"Forse ci siamo" affermò David
"La nostra ultima speranza" aggiunse Marco.
David salì lentamente le scale convinto di trovare qualche nuovo tranello ma fortunatamente nulla rallentò la loro marcia verso il piano superiore. Una grande stanza anonima, come le altre visitate prima, con un sarcofago posto vicino ad una parete e davanti ad esso un altare in pietra. I quattro si avvicinarono increduli ed allo stesso tempo con un evidente eccitazione, sapevano inconsciamente che quello era il traguardo che da anni cercavano di raggiungere.
Il sarcofago era in legno di mogano finemente intarsiato ed ottimamente mantenuto, era lungo circa un metro e ottanta e non molto largo.
La cassa di legno non aveva niente in comune con i sarcofaghi rinvenuti nelle piramidi peruviane ma era molto simile a quelli dei faraoni egizi. Le incisioni sul sarcofago erano di splendida fattura e di facile interpretazione rispetto a quelli di Pakal.
"È senza dubbio quello che stavamo cercando" disse emozionato Marco
"Dai disegni sembrerebbe proprio di si"confermò Lia
"Cosa ne pensi?" chiese Marco voltandosi verso David
"I disegni non lasciano dubbi, si intuisce chiaramente una navicella sospesa in aria e delle persone sotto con le braccia alzate"
"L'avranno accolto come un re" disse Max
"Più probabile come un Dio" lo corresse David
"Ed i re vollero essere seppelliti nella stessa piramide del loro presunto Dio, in modo da trarne dei benefici per l'aldilà" aggiunse Max
"Penso che sia andata proprio così, e credo anche che l'ultimo re seppellito qui lasciò l'ordine di interrare la piramide" aggiunse David
"Così facendo non avrebbe rischiato di essere riesumato in futuro e lasciare il suo posto a qualche nuovo inquilino" continuò Max
"Cosa facciamo adesso?" chiese Lia
"Di sicuro non può restare qui" rispose David
"La portiamo con noi?"
"Si, dovremmo farcela a portarla fuori"
"Non vuoi proprio lasciarne traccia"
"Esatto, nessuno deve sapere quello che c'era in questa stanza"
"Perché David ? Non è arrivato il momento di uscire allo scoperto e ribaltare tutte queste stupide teorie che per decenni hanno gonfiato le pance di illustri personaggi"
"Pensi sia la cosa migliore da fare?" chiese David
"Con questa risposta mi stai facendo sorgere dei dubbi" sorrise Lia
"Portiamo fuori questa bara, poi decideremo insieme con calma" disse David
I quattro portarono fuori non senza difficoltà il sarcofago, i secoli trascorsi avevano reso il legno più leggero e fragile così Marco e Max che portavano la bara dovevano fare molta attenzione a non fargli subire colpi.
Caricarono la bara sulla jeep di Juan che appena li aveva visti uscire dalla
piramide aveva immediatamente ribaltato i sedili e si avviarono estremamente soddisfatti verso casa. Juan stava guidando pianissimo lungo il tratto sterrato per evitare fastidiosi dolori alla schiena ai suoi amici. Per caricare l'ingombrante sarcofago aveva dovuto reclinare i sedili posteriori e David e Marco furono costretti a viaggiare seduti sul pavimento dell'auto accanto alla bara, mentre Max e Lia sedevano davanti accanto a Juan.
Ormai il sole stava tramontando e davanti a loro dei nuvoloni neri minacciosi di pioggia si avvicinavano sempre più velocemente. Le belle giornate di sole che li avevano accompagnati nei giorni scorsi stavano per terminare ma stavolta a David ed ai suoi amici non ne importava nulla, la loro missione finalmente era terminata e con essa tutte le preoccupazioni che potevano girargli intorno.
Dopo alcuni chilometri le prime gocce d'acqua cominciarono a cadere sul parabrezza della jeep, l'asfalto in breve tempo faticava a far defluire l'enorme quantità di acqua che stava scendendo da rendere quasi impossibile la guida, così Juan si era accodato ad una Ford che procedeva lentamente.
"Volevo sapere riguardo la tua preoccupazione" disse Lia voltandosi verso David
"Non sono convinto che sia un bene rivelare la nostra scoperta"
"Perché ? Sono vent'anni che cerchiamo la verità "
"Ti ricordo che non sappiamo ancora cosa c'è qua dentro" disse David battendo la mano sulla cassa
"Ma quelle incisioni significano molto, se hanno fatto tutto quel clamore i disegni di Palenque, non immagini cosa succederebbe mostrandogli questi, farebbero la felicità di molti ricercatori" affermò con decisione Lia
"Non capisco, non ci è mai importato niente dei ricercatori e della fama. Se era quella la nostra aspirazione l'avremo potuta avere già da un pezzo" gli ricordò David
"David, abbiamo raggiunto il nostro scopo. Ti ricordo che questo era il nostro obbiettivo fin da ragazzi, ed una volta trovata la verità dovevamo far chiudere la bocca a tutti gli scettici" disse con tono deciso Lia
"A tutti quei grandi scienziati che sulle riviste recensivano ogni affermazione di chi la pensava alla nostra maniera come il frutto di menti deviate o malate" aggiunse Marco
"E' vero, ma è ato molto tempo. Non sono più tanto sicuro se è ancora la cosa giusta da fare" replicò David quasi scusandosi
"Cosa vorresti dire?" chiese esterrefatto Marco
"Se davvero qua dentro ci fosse qualcosa, non so se il mondo sarebbe pronto per una notizia simile"
"In effetti le tue preoccupazioni sono legittime" disse Max
"Sapete cosa accadrebbe se dal dubbio si erebbe alla certezza che non siamo soli nell'universo ?" domandò David
"Lo posso immaginare" rispose Marco
"Ok, pensiamoci bene. Più tardi Juan ha un appuntamento con Nico Reyes"
"Quello delle tv?" chiese Max
"Si, proprio lui" rispose Juan sempre attento a non tamponare l'auto che lo precedeva
"Come l'hai conosciuto?"
"E' un amico del generale, adesso è a Cuzco"
"E' un nuovo cliente?" chiese ancora Max
"Si, è la prima volta che parliamo d'affari"
"Andrò io con Juan" intervenne David
"Ma non abbiamo un altra cosa da fare?" chiese stupito Marco
"Ci pensiamo domattina, non eravamo d'accordo che ci avremmo pensato"
"Ok" rispose pensieroso Marco
"Prendetevi un pomeriggio di svago, ne abbiamo tutti bisogno" suggerì David
"Andiamo a fare shopping?" chiese Lia voltandosi verso Marco
"Buona idea"
"Monica viene con noi?"
"Penso di si, la chiamo subito" disse Marco prendendo il telefonino dalla giacca
"Perfetto, quindi abbiamo tutti da fare nel pomeriggio. Se andate a Cuzco vi chiamo più tardi così andiamo a mangiare qualcosa all’Hawa Restaurante "
"Wow, è tanto che non ci andiamo. Paghi te?" disse sorridendo Lia
"Certo, come sempre" rispose sorridendo David.
Scoppiarono tutti a ridere e fortunatamente il clima teso di qualche minuto prima era lontano ormai, mentre Juan parcheggiava la macchina davanti al magazzino.
__________
"Riguardo la storia del sarcofago penso che tu abbia perfettamente ragione" disse Juan mentre con la jeep usciva dal cancello.
David restò stupito da quell'affermazione, era la prima volta che sentiva da Juan parole non in linea con quelle di Marco.
"Tu dici?"
"Si, la penso esattamente come te"
"Siamo in due, ma sempre in minoranza" disse sorridendo David
"Purtroppo si"
David era un po' scettico riguardo il pensiero del suo amico.
"Ad essere sincero pensavo tu fossi sulla stessa lunghezza d'onda degli altri. Hai paura forse della notorietà che ci cadrebbe addosso?"
"Anche di quella, sarebbe la fine di tutto per noi. Ma penso soprattutto che tu abbia ragione riguardo al fatto che non siamo ancora pronti per una notizia simile" disse Juan
"Riguardo alla fine delle nostre ricerche, potresti aver ragione. Ma le nostre ricerche potrebbero terminare in entrambi i casi"
"Cosa intendi?" chiese preoccupato Juan
"Se ci sarà davvero un alieno all'interno del sarcofago potremmo decidere di smettere con l'archeologia. Anche se rivelassimo oppure no la nostra scoperta"
"Intendi che avendo raggiunto l'obiettivo che ci eravamo posti non è più il caso di proseguire"
"Esatto" annuì con il capo David "anche se l'archeologia ci scorre nelle vene, dovremmo trovarci una nuova sfida"
"Pensi di trovarla?" chiese immediatamente Juan
"Sinceramente non saprei, ma penso che con la notorietà che ci arriverà avremo sempre gli occhi puntati addosso"
"Quindi praticamente impossibile lavorare nell’anonimato come abbiamo fatto per tutti questi anni" disse sconsolato Juan
"Credo proprio di si"
"Mmmm, non dovrei dirlo ma spero davvero che quel dannato sarcofago sia vuoto" disse Juan stringendo il volante
"Non pensarci più, domattina decideremo il da farsi"
"Ok, scusa per lo sfogo"
Nel bagagliaio della Mercedes all'interno di due borsoni neri c'erano diversi reperti che i due dovevano mostrare e cercare di vendere al magnate della tv Nico Reyes.
Juan l'aveva visto soltanto una volta ma il suo istinto gli diceva che avrebbe fatto buoni affari con quel riccone, per questo Juan aveva convinto David che oltre le foto dovevano mostrare anche i pezzi migliori se volevano sperare in un grande guadagno.
La pioggia che continuava a scendere da diverse ore accompagnava i due verso
Cuzco, l'incontro era all'Hotel Mariott dove il signor Reyes alloggiava.
Secondo gli accordi telefonici avrebbero incontrato una persona, presumibilmente una sua guardia del corpo, nella hall dell'Hotel che li avrebbe accompagnati nella suite del magnate.
Ad una ventina di chilometri dalla città un gregge di pecore in mezzo la strada costrinse Juan a fermarsi. "Hey, ma che diavolo" disse Juan appena sentì l'urto.
Qualcuno lo aveva tamponato, guardò dallo specchietto e vide una Range Rover verde militare con due persone a bordo.
"Adesso gli faccio vedere io" disse arrabbiato Juan mentre sganciava la cintura di sicurezza.
"Aspetta" gli urlò David
"Cosa? Mi ha tamponato. Non hai sentito?"
"Certo che ho sentito, ma quella macchina ci segue da diversi chilometri" gli fece notare David
"Tu dici?" Chiese incredulo Juan
"Si, aspetta che scendano prima loro" gli suggerì David
"Ok"
Dopo qualche minuto d'attesa l'autista della Range Rover scese dall'auto e si diresse verso Juan.
"Cristo, quello mi sembra di conoscerlo" disse Juan mentre guardava dallo specchietto retrovisore.
David si voltò immediatamente per capire chi fosse.
"E' El Diablo, parti Juan" gli urlò David
Juan partì di scatto facendo fumare le ruote posteriori della Mercedes mentre El Diablo saliva sulla sua macchina per inseguirli.
"Come avrà fatto a riconoscerci?" chiese Juan mentre sfrecciava lungo la strada per Cuzco
"Avrà i suoi informatori"
"Cosa facciamo adesso?"
"Dobbiamo seminarlo Juan"
"Non sarà facile, già ci sta dietro" disse Juan sempre attento allo specchietto
"Lascia questa strada, appena possibile dobbiamo disfarci delle borse" gli suggerì David
"Cosa? Ma sei impazzito. Piuttosto mi faccio ammazzare"
"Non fare lo stupido, poi torneremo a riprenderle. Lascia questa maledetta strada" gli urlò David
Juan sterzò di colpo verso sinistra che la jeep rischiò quasi di cappottarsi ed entrò in una stradina non asfaltata.
Quella era la strada che El Diablo voleva che prendessero, la stessa strada a cui aveva pensato quando aveva rapito Max e Lia. Una strada deserta e senza uscita ormai non avevano più scampo pensò.
Alla prima curva a gomito David gettò dal finestrino il primo borsone, un lancio degno di un pesista, che lo scagliò oltre i cespugli che costeggiavano la strada.
"Sfido chiunque a ritrovarlo" disse orgogliosamente David
"Speriamo non si siano rotte troppe cose" disse preoccupato Juan
"Mantieni questa distanza, alla prossima curva lancio anche l'altra"
"Ok"
Dopo pochi minuti David lanciò dal finestrino anche la seconda borsa, un lancio migliore del primo e soprattutto nascosto alla vista di El Diablo.
"Dove porta questa strada?" chiese David "Non lo so, è la prima volta che la faccio"
"Dobbiamo toglierceli di dosso"
"È impossibile David" disse sconsolato Juan.
David restò in silenzio pensando a come uscire da questa situazione quando un colpo di pistola echeggiò tra il rumore dei motori.
"Cristo, ci sta sparando" disse sempre più impaurito Juan
"Non vuole colpirci, ma solo metterci paura" lo rassicurò David
"Come puoi esserne sicuro" gli urlò Juan
"Se volevano colpirci l'avrebbero fatto, anche un cieco colpirebbe una macchina così grande"
"E adesso?"
Juan era arrivato alla fine della strada, e tutt'intorno la foresta Amazzonica.
"Presto entriamo nella foresta" disse David balzando immediatamente fuori dalla macchina. Juan fece lo stesso ed in pochissimi secondi era già impossibile vederli. El Diablo scese dall'auto e si diresse verso la Mercedes sperando di trovare qualcosa, guardò all'interno ed aprì il portellone posteriore ma non trovò nulla.
La rabbia accumulata nei giorni scorsi aumentò ancora di più nel peruviano, cominciò a guardarsi intorno per capire quale direzione avessero preso i due, voleva fargliela pagare per tutte le disavventure capitategli da quando i loro destini si erano incrociati.
Prese il fucile che era nel bagagliaio della sua macchina e lo diede a Blade.
"Ci servono vivi, devono darci tutto quello che hanno trovato" gli fece notare El Diablo
"Non sarà facile trovarli"
"Ci riusciremo vedrai"
"Quale direzione avranno preso?" chiese Blade
"Sono saliti da questa parte, la terra è ancora smossa" gli fece notare El Diablo dimostrandosi un ottimo osservatore.
I due entrarono nella foresta mentre David e Juan continuavano a camminare cercando di non addentrarsi troppo, costeggiavano il perimetro del piazzale tenendosi sempre ad una quindicina di metri di distanza dal margine della foresta.
El Diablo si fermò di colpo e con la mano fece cenno a Blade di fermarsi, poi appoggiò il dito sulle labbra indicandogli di fare silenzio. Se non poteva vederli, facendo silenzio avrebbe potuto sentire i rumori e capire in quale direzione dirigersi.I due restarono immobili diversi minuti finché El Diablo fece cenno con la mano di dirigersi verso destra, non sarebbe stato semplice prenderli ma in questi casi piuttosto che seguirli la cosa migliore da fare era di capire le loro mosse e sorprenderli.El Diablo, sempre con la pistola in pugno si accovacciò dietro un cespuglio mentre Blade, a pochi metri da lui, si nascose dietro un grosso albero avendo capito che stava scattando la trappola.
"Buongiorno signori" disse El Diablo uscendo dal cespuglio a pochi metri dietro la schiena di David.
"Bel lavoro, Emilio" disse Blade uscendo allo scoperto
"Dobbiamo parlare d'affari" disse El Diablo rivolgendosi a David
"Quali affari?" chiese David fingendosi sorpreso
"I vostri affari che tra poco diventeranno anche i miei"
"Non abbiamo niente, a parte qualche spicciolo"
"Non sono quel genere di ladro, a me interessa quello che avete trovato nei giorni scorsi"
"Non diventerà sicuramente ricco" disse David
"Tu dici. Penso però che mi aiuterà a vivere meglio" gli rispose El Diablo
"Potremo mandarli di nuovo la sotto" intervenne Blade
"Non sarebbe una cattiva idea" disse El Diablo che non aveva pensato a questa possibilità
"Se sono usciti vivi due volte da la sotto, ce la possono fare tranquillamente" gli ricordò Blade
"In effetti non hai tutti i torti, ma prima vediamo cosa hanno da offrirci, poi valuteremo il da farsi " disse El Diablo sempre con la pistola puntata verso i due
"Cosa dobbiamo fare?" chiese con tono deciso David
"Tu non devi fare niente. Resterai con noi mentre il tuo amico penserà a procurare il riscatto" disse El Diablo
"Riscatto? Cosa volete di preciso?" chiese David fingendosi sorpreso.
"Duecento mila dollari in contanti e quello che avete trovato la sotto"
"Non ti sembra di chiedere un po' troppo" disse David
"La tua vita varrebbe di meno?" chiese El Diablo
"Non saprei"
"Ne riparleremo quando il tuo amico tornerà con quello che gli ho chiesto"
"Dove devo tornare?" chiese Juan
"Ti contatterò io, e non fare scherzi. Sono sicuro che la volta scorsa i vostri amici sono stati liberati con un raid ma stavolta ci sarò io ed il tuo amico avrà sempre una pistola puntata addosso" disse in modo deciso El Diablo
"Non farò scherzi, ma se torcete un solo capello a David per voi non ci sarà un posto sicuro su questa terra" disse minaccioso Juan
"Tu preoccupati del riscatto, se fai come ti dirò al tuo amico non capiterà nulla"
"Lo spero per voi" concluse Juan.
Con le armi puntate dietro la schiena Juan e David si diressero sconfitti verso la macchina. Era la prima volta in tutta la sua vita che David si trovava in una situazione del genere, lui era sempre stato un calcolatore, uno che ha sempre avuto in mano il pallino del gioco, ma stavolta non era così e per quanto si sforzasse di trovare qualcosa per poterne uscire nella sua mente ormai c'era soltanto il gusto amaro della sconfitta, soltanto un miracolo poteva toglierli da quella situazione.David si avvicinò all'auto quando dietro di lui sentì un rumore, si voltò di scatto e vide El Diablo in ginocchio con un foro proprio al centro della fronte, fu una frazione di secondo per poi vederlo crollare con la faccia sul
terreno.
Blade rimase interdetto da quanto successo e puntò immediatamente il fucile sulla nuca di Juan.
"Lo ammazzò" urlò a squarciagola
Ci fu qualche istante di silenzio poi dalla foresta udirono una voce con forte accento americano.
"Se fossi in lei non lo farei signor Blade" disse con fermezza l'uomo nascosto tra gli alberi.
Blade rimase impietrito, dalla voce era un americano e conosceva il suo nome. Chi poteva essere? Perché stava aiutando queste persone? Domande che non trovavano risposta e che lo rendevano sempre più agitato.
"Se fossi in lei, getterei quel fucile a terra, prenderei la macchina ed andrei lontano da qui" gli suggerì la voce
"Chi mi garantisce che non farò la fine di El Diablo " disse preoccupato Blade che cercava delle garanzie per aver salva la vita.
"Se volevamo ucciderla l'avremmo fatto"
"Perché non lo fate?" urlò Blade
"E' un cittadino americano, e dovrei dare troppe giustificazioni per la sua morte"
"Chi siete e come sapete il mio nome?" chiese incuriosito Blade
"Chi siamo non è importante. Di lei conosciamo molte cose. Si è cacciato in un gioco più grande di lei e se vuole uscirne vivo prenda la macchina e lasci il Perù al più presto. È l'ultimo avvertimento che riceve" disse con fermezza la voce tra gli alberi.
Blade ci pensò un istante, non era il caso di fare l'eroe e aveva visto troppi cadaveri negli ultimi giorni e se non faceva come gli stava suggerendo la voce il prossimo sarebbe stato certamente lui.
"D'accordo me ne vado. Ma voglio la sua parola che non mi sparate addosso" disse Blade
"Ha la mia parola. Posi quel maledetto fucile e lasci il Perù al più presto perché la prossima volta non ci sarà negoziazione" gli ricordò la voce
Blade si convinse della proposta offertagli anche perché teneva molto alla sua vita e soprattutto perché riflettendoci era l'unico modo per uscirne vivo, gettò il fucile a terra e salì sulla Range Rover ritenendosi fortunato che nessuno gli aveva sparato.
"Sai una cosa Juan, comincia a piacermi l'idea di avere degli angeli custodi"
"Anche a me" rispose sorridendo Juan
"Siete stati fortunati oggi ragazzi" disse Manuel andando incontro ai due
"Ciao Manuel, devo dire che sono felice di vederti" disse David
"Dovete ringraziare Kruger, appena saputo che El Diablo era vivo ha voluto che lo tenessi d'occhio" fece notare Manuel
"Ho sempre saputo che Kruger era in gamba" ammise David
"E' davvero un grande professionista ed una bravissima persona. Per me è un onore lavorare con lui"
"Per quel poco che l'ho conosciuto mi ha fatto una buonissima impressione" disse David
"Torniamo a noi, come state?" chiese Manuel scrutando attentamente i due
"Bene. Neanche un graffio, ci hanno colto di sorpresa" gli spiegò David
"Si era salvato due volte, perché continuare ad insistere ." disse Manuel guardando con commiserazione il cadavere di El Diablo
"Il facile guadagno a volte ci fa fare delle scelte illogiche" disse David raccogliendo il fucile gettato da Blade
"Facile?" Manuel sgranò gli occhi
"Facile nel senso di guadagnare tanto senza lavorare" spiegò David
"Il classico pensiero dei farabutti. Ma per fortuna non sempre la ano liscia" affermò Manuel
"E qualcuno ci lascia le penne, come questo poveraccio"
"Era l'unico modo per chiudere questa faccenda" disse Manuel quasi a volersi giustificare
"In effetti cominciava ad essere insostenibile"
"Prima i vostri amici e adesso voi, penso che ve lo sareste trovato sempre alle
spalle" disse Manuel
"Avremmo avuto un altro socio" intervenne Juan
"Ma di maggioranza" disse sorridendo David
"Lo penso anch'io" aggiunse Manuel
"Dove hai la macchina?" chiese David
"Proprio dietro la curva"
"Perfetto, quindi non hai bisogno del aggio"
"Che ne dite di una birra o avete già altri programmi?" chiese Manuel
"Adesso dobbiamo recuperare la merce che abbiamo gettato lungo la strada, poi abbiamo un appuntamento a Cuzco"
"Capisco"
"Ma se sei in città possiamo vederci, mi farebbe piacere" disse David
"Il mio numero l'avete se non sbaglio, appena liberi chiamatemi"
"Ci puoi contare, non so ancora come ringraziarti per quello che hai fatto per noi" disse David poggiando la mano sulla spalla di Manuel
"Non pensarci, ho fatto solo il mio dovere"
"Un modo ci sarebbe" intervenne Juan
Udendo quelle parole David si voltò di scatto aggrottando la fronte e stringendo gli occhi tanto da ammutolire il suo amico. Manuel si accorse dell'atteggiamento stizzito di David ma non disse nulla, l'avrebbe subito riferito a Kruger.
__________
David e Juan uscirono dall'incontro con il magnate Reyes pienamente soddisfatti. Le sensazioni che aveva manifestato Juan riguardo la possibilità di fare un buon affare con il signor Reyes si erano positivamente concretizzate ed il pomeriggio iniziato con un grosso spavento aveva preso una direzione che neanche le più rosee aspettative di Juan avevano previsto.
Dopo l'aperitivo con Manuel Sanchez i due amici si diressero al ristorante dove era stato prenotato un tavolo per sei.
"Bravi, siete già a tavola?" disse David mentre appoggiava le mani sulle spalle di Max
"Dobbiamo ancora ordinare, non preoccuparti. Non avremmo mai iniziato senza di voi" lo ammonì Lia
"Certo sono io quello che paga" disse David sorridendo
"Dai, sappiamo che paghi sempre te ma adesso sedetevi ed ordiniamo"
"Ok" annuì David mentre spostava la sedia per sedersi
"Come mai così tardi?" chiese Marco
"Non puoi immaginare che giornata" affermò David
"Da dove venite?"
" Da un aperitivo con Manuel Sanchez" rispose sorridendo David
"Cosa? Stai scherzando spero. Dovevano essere partiti ed invece ancora li
abbiamo tra i piedi" disse Marco trattenendosi dall'urlare
"Sono tornati per fortuna" intervenne Juan
"Juan ma cosa......."
"Sono tornati dopo aver saputo che El Diablo era vivo" lo interruppe David
"Vivo? Allora non era lui la sotto " disse Lia mentre prendeva il menù
"Certo che era lui , ma è riuscito sopravvivere" disse Juan
"Come fai ad essere così sicuro che è uscito da là sotto?" domandò ancora Lia
"Perché l'ho visto morire poche ore fa" disse con fermezza David
"L'hai incontrato?"
"Lui ha incontrato noi e ci ha inseguiti, per fortuna Kruger sapeva che non era morto così lo faceva tenere sotto controllo"
"Bisogna ammettere che Kruger sa davvero il fatto suo" affermò Marco
"Si, è molto in gamba" confermò David
"Anche lui è qui?" chiese Marco
"No, da quello che so qui ci sono Sanchez e un altro che non conosco"
"Quindi sicuramente anche noi siamo ancora sorvegliati" disse Max appoggiando i gomiti sul tavolo
"Manuel non me l'ha detto, ma penso proprio di si" disse David
"L'ha ucciso lui?" chiese Max
"Si. Un colpo in mezzo agli occhi" disse David portandosi un dito sulla fronte come per mimare il colpo
"L'ho visto in azione quando ci ha liberato, era delle forze speciali meglio non averlo come nemico" disse Max
"Hai ragione. Ma è davvero una brava persona"
"Basta non farlo arrabbiare però" disse sorridendo Max
La cena era cominciata e come sempre i piatti serviti al Restaurante Hawa erano di qualità eccelsa, il ristorante era forse il più costoso di Cuzco ed ogni volta che David e i suoi amici si trovavano in Perù non si facevano mancare l' occasione di fargli visita almeno una volta.
"Siete stati da Reyes?" chiese Marco
"Certo. Ottimi affari" rispose con soddisfazione Juan
"Avevi ragione sul suo conto"
"Ha un gran fiuto" disse David appoggiando il braccio sulla spalla di Juan
"Io l'ho sempre detto" confermò Marco
"Reyes è un ottimo cliente ed un grande esperto, forse il migliore tra tutti quelli con cui abbiamo fatto affari " aggiunse David
"Davvero? A vederlo non si direbbe" disse Lia
"L'apparenza inganna. Siamo stati diverse ore a parlare e devo dire che è davvero in gamba. Se devo essere sincero sono rimasto piacevolmente sorpreso"
"Detto da te c'è solo che da fidarsi" disse Lia
"Grazie lo prendo come un complimento" disse sorridendo David.
La cena continuava tra chiacchiere e risate, a tavola si pensava solo a divertirsi e ricordare i tempi ati
fino all’arrivo del caffè ed infine al conto che David pagò come promesso.
__________
La mattina seguente David si svegliò come sempre molto presto, i pensieri riguardo quel sarcofago lo avevano accompagnato tutta la notte. Per quanto si era sforzato di vedere la situazione sotto vari punti di vista secondo lui la cosa migliore da fare restava quella di non rivelare l'esistenza del contenuto del sarcofago, sempre ammesso di trovare qualcosa all'interno. Sperava che i suoi amici avessero cambiato idea, era la prima volta in tutti quegli anni che i quattro non si trovassero in sintonia riguardo una decisione da prendere, per giunta molto delicata.
David era convinto che quella decisione avrebbe compromesso il futuro delle loro ricerche, anche se la cassa fosse stata vuota ed il suo carattere mal digeriva l'idea di doversi confrontare con i suoi amici per prendere una decisione. Benché
fosse di ampie vedute lui era un capo autoritario, i suoi amici anche se erano degli ottimi professionisti non possedevano quel qualcosa in più che aveva David, tutti erano consapevoli che un gruppo per poter funzionare aveva bisogno di un leader e per loro non poteva essere che David. Lui non voleva affatto avere problemi con gli altri tre, non aveva mai imposto le sue idee, anzi se qualcuno aveva un idea buona ed in linea col suo pensiero era il primo ad essere entusiasta, altrimenti cercava con il dialogo, con la sua esperienza e soprattutto con scelte ponderate di convincere i suoi amici della validità delle sue decisioni.
In quegli anni era tutto filato liscio, ma stavolta era diverso. Aveva avvertito una specie di ammutinamento. I suoi più cari amici, compagni di decine d'avventure stavano voltandogli le spalle.
La sedia a dondolo su cui era seduto continuava a muoversi sempre con la stessa cadenza mentre David fissava il cielo che pian piano diventava sempre più azzurro mentre un timido sole faceva capolino all'orizzonte.
Juan a differenza degli altri non aveva mai dubitato della sua scelta su come trattare questa faccenda, ma per Juan era diverso, lui appoggiava David solo per un ritorno economico. Le paure di Juan erano legate al fatto che raggiunto l'obiettivo che si erano posti ed avendo i suoi amici dei buoni lavori ben pagati in Olanda non avrebbero più avuto stimoli per continuare a coltivare il loro hobby. Questo significava la fine di ottimi guadagni per Juan benché la fattoria gli garantiva buoni introiti non avrebbe potuto più permettersi il tenore di vita a cui si era abituato da diversi anni.
"Buongiorno David" disse Juan sbucando da dietro la casa
"Buongiorno" rispose David sobbalzando dalla sedia a dondolo "mi hai fatto
prendere un mezzo colpo"
"Ancora dormono?" chiese Juan
"Non penso, ho sentito rumori in cucina"
"Ti vedo pensieroso, hai dormito bene?" chiese Juan
"Non molto" disse David mentre allargava le braccia per stirarsi
"Non pensarci troppo, vedrai andrà tutto bene"
"Lo spero, dobbiamo solo capire cosa hanno intenzione di fare" disse David
"Sono sicuro che prenderanno la decisione giusta" disse con ottimismo Juan cercando di sollevare il morale all'amico
David accennò un sorriso quasi a volerlo ringraziare mentre Marco, Lia e Max si univano a loro salutandoli.
"Siamo pronti?" disse Marco rivolgendosi a David
"Io già da parecchio" rispose David mostrando la tazza di te vuota
"Bene, allora possiamo andare"
"Dobbiamo parlare prima, non ti ricordi" intervenne Juan
"Non c'è bisogno" disse Marco
"Cosa intendi?" chiese perplesso David
"Riflettendoci avevi ragione. A caldo ho agito d'impulso, forse è stata l'euforia ma sicuramente la cosa più giusta da fare per il momento è starsene buoni. Chissà forse quando saremo vecchietti......"
"Chissà" disse David accennando un sorriso "Anche per noi vale lo stesso discorso, sai che non ti abbandoneremo mai" disse sorridendo Lia
"Grazie" disse David ando la mano sui capelli di Lia
"Ok. Ok, possiamo andare" intervenne Max
"Va bene gelosone" disse sorridendo David
I quattro amici insieme a Juan si diressero a piedi verso il magazzino, curiosi ed eccitati di aprire finalmente il sarcofago.
La grande cassa in legno era posizionata al centro del magazzino sopra due tavoli attaccati uno all'altro coperta da un telo color verde militare.
"Finalmente, erano anni che aspettavo questo momento" disse Lia poggiando una mano sulla cassa.
"Lo aspettavamo tutti" aggiunse Marco
"Spero solo di non perdervi di vista" disse preoccupato Juan
"Perché dici così, non potremmo mai. La nostra amicizia durerà per sempre" lo rassicurò Lia
"Sull'amicizia non avevo dubbi, ma mi preoccupa il fatto che rischiamo di non fare più questi lavoretti" disse Juan
"Perché dici così ?" chiese immediatamente Marco
"Se qua dentro c'è davvero quello che stiamo cercando da anni, ci sono buone probabilità che vi sentiate appagati"
"E tu non sapresti come are il tempo" disse sorridendo Marco
"Hai colto nel segno. Amo questo lavoro"
"Non preoccuparti Juan, da parte mia continuerò come prima qualsiasi cosa ci fosse qua dentro. Anch'io amo questo lavoro e poi mi permette di venire spesso in Perù con Monica" disse Marco mentre ava il suo braccio dietro al collo di Juan
"Lo stesso vale per noi, come potremmo abbandonare un'attività così bella. Non dovevi neanche pensarlo" lo ammonì Lia
"Grazie ragazzi, mi fa piacere sentire queste parole" disse Juan quasi commuovendosi.
"Bene, ci siamo chiariti tutti adesso. Vogliamo procedere" intervenne David dopo un lungo silenzio.
Marco cominciò a controllare attentamente la cassa per capire come aprirla, poi prese un grosso cacciavite e ne ò una a David.
Il sarcofago era chiuso ad incastro, bastava far leva su due punti allo stesso
momento. Così fecero e la cassa si aprì senza sforzo.
"Mmmmmm" sospirò profondamente Marco
"Che ne pensi?" chiese Max
"Era quello che mi aspettavo" commentò David
"Non capisco" disse Max andosi la mano sui capelli
"Qualcuno è ato prima di noi" disse David
"Lo pensi davvero?" chiese perplesso Max
"Sono sicuro. È entrato nella piramide non di recente, mi era sorto il dubbio quando abbiamo trovato l'ingresso e la quasi certezza che la cassa fosse vuota mi è balenata in testa sentendo il suo peso" rispose David
"In effetti era abbastanza leggera ma cosa c'era di strano nell'ingresso ?" chiese ancora Max
"Non ti ricordi? Tutta la piramide interrata e soltanto l'ingresso coperto da arbusti" disse David
"Quindi qualcuno ha trovato l'ingresso prima di noi e l'ha nascosto piantandoci alberelli, adesso cresciuti, per nascondere l’ingresso o forse per ricordarselo" continuò Marco
"Esatto, e se qualcuno è entrato davvero cosa poteva portare via?" chiese David ai suoi amici
"La cosa più preziosa" rispose Lia
"Però non sono sicuro se la cosa più preziosa fosse davvero dentro questo sarcofago" affermò David
"Spiegati meglio" disse immediatamente Lia
"Chi è entrato nella piramide si è portato via quasi tutto, se cercavano una mummia non avrebbero sicuramente fatto razzia dei preziosi" teorizzò David
"Beh, non hai tutti i torti" intervenne Max.
Marco si era assentato col pensiero da diversi minuti, cercava di capire e trovare una risposta plausibile a quel mistero.
"Forse la piramide é stata davvero costruita per qualcuno arrivato dallo spazio ed
il sarcofago preparato per ospitarlo dopo la sua morte, tutte le informazioni che abbiamo trovato ci portano a questa conclusione" disse David cercando di far capire nel modo più semplice possibile il suo pensiero.
"Ho capito dove vuoi arrivare, è sicuramente quello che ho pensato io" lo interruppe Marco accennando un sorriso
"Non lo interrompere! Continua David" disse bruscamente Lia.
"Questa bellissima cassa in legno che avevano costruito per ospitare un personaggio tanto importante quasi sicuramente non é stata mai usata" concluse David appoggiandosi con le mani sul sarcofago di legno.
"Anche tu la pensi così?" chiese sgomenta Lia
"Avrei detto la stessa ed identica cosa" affermò Marco
"Cosa facciamo adesso?" chiese Lia visibilmente delusa "Sicuramente non possiamo venderla, queste incisioni sono troppo realistiche meglio non farle vedere in giro" rispose David osservando la cassa.
"Allora cosa ne facciamo?" intervenne Max
"Se Juan è d’accordo possiamo trasferirla a casa sua" suggerì David
"Certo che lo sono, ma adesso c’è anche un'altra casa da dover arredare” disse sorridendo Juan voltandosi verso Marco. “Va benissimo da te, non ti preoccupare” rispose Marco appoggiando la mano sulla spalla del cognato. “Benissimo, una volta pulita a dovere starà benissimo a casa tua” intervenne David che voleva così chiudere il discorso
__________
"Cosa mi dici?" chiese con curiosità David Juan raccontò a David cosa era successo la notte precedente senza tralasciare nessun particolare. Verso le quattro di mattina i fari di una macchina illuminarono la stradina che portava al ranch di Pinilla, giunti davanti al cancello l'autista spense il motore restando in attesa all'interno dell'auto. "Ciao Juan" disse una voce vedendo Juan avvicinarsi "Salve Manuel, puntualissimo come sempre. Chi è con te?" chiese Juan che con il buio non riusciva a riconoscere chi gli sedeva accanto "Pedro, uno dei nostri" rispose Manuel "Non lo conosco, pensavo portassi Kruger" "Non ha fatto in tempo, sarà qui in mattinata" disse Manuel "Ok. Vogliamo andare? Potete lasciare qui la macchina" suggerì Juan I due scesero dall'auto e seguirono Juan fino al magazzino.
"Non avrei mai immaginato che Krupp ci svelasse il suo segreto" disse Manuel mentre Juan apriva la porta "A dire la verità neanche io" sorrise Juan "E' una persona davvero in gamba, è difficile incontrarne come lui" affermò Manuel "Hai ragione" annuì Juan "mi dispiace solo che lui non sia qui" "Dovresti esserne contento. Se ha deciso così significa che si fida molto di te" "Penso di si" "Bene, vediamo cosa c'è qua dentro" disse Manuel avvicinandosi al sarcofago "Andrà diritto all'area 51?" chiese Juan "Se troviamo qualcosa penso proprio di si" confermò Manuel "L'immaginavo" "È bellissima. Non ho mai visto niente di simile" disse Manuel ammirando la cassa "Questi disegni sembrano reali" aggiunse Pedro "Si. Fanno capire senza ombra di dubbio cosa è contenuto al suo interno" Manuel girò un paio di volte intorno alla cassa di legno fermandosi di tanto in tanto a fissarla, non era difficile aprirla ma dovevano fare molta attenzione a non lasciare segni che avrebbero potuto far insospettire Marco e gli altri la mattina seguente. Nel frattempo Pedro fotografava il sarcofago da ogni angolazione come suggeritogli da Kruger che era estremamente curioso di vederlo. Con una tecnica da scassinatore navigato Manuel con l'aiuto di Pedro e Juan riuscì in breve tempo ad aprire il sarcofago senza procurargli alcun danno. "Cristo santo!" esclamò Manuel
"Bene" disse Juan facendo trapelare un leggero sorriso dal suo volto "Bene?" ripeté esterrefatto Manuel La cassa era completamente vuota, la rabbia degli americani si contrapponeva alla gioia tenuta nascosta di Juan. "Come è possibile?" chiese Pedro "A Kruger non piacerà affatto" disse sconsolato Manuel "Siamo sicuri di essere stati i primi ad aprirla?" chiese con diffidenza Pedro "Cosa vorresti dire?" intervenne immediatamente Juan "Calma Juan" disse Manuel mettendosi al centro dei due "Non mi piacciono queste insinuazioni" disse risentito Juan "Scusa Juan, non era mia intenzione" cercò di giustificarsi Pedro "Ok, ma ricorda che se David avesse voluto tenervi all'oscuro di tutto gli sarebbe bastato non chiamare Kruger. Sarebbe da idioti far sparire quello che c'era all'interno di questa cassa e poi mettervi a conoscenza del suo ritrovamento" "Il ragionamento di Juan non fa una piega" commentò Manuel "Può essere stata aperta prima che loro la ritrovassero" disse ancora Pedro "L'ho controllata bene prima di aprirla e non ho visto segni di effrazione" ammise a malincuore Manuel "Molto strano" "Secondo me qua dentro non ci è mai entrato nessuno" disse Manuel guardando l'interno della cassa "Ne sei sicuro?" chiese Pedro
"Dalla facilità con cui si è aperta non ne sono del tutto convinto, comunque cerchiamo di trovare una spiegazione a questo mistero" disse un affranto Manuel "Come hanno potuto mettere un sarcofago vuoto in una piramide?" disse Pedro con occhi sbarrati "Non potrebbe essere?" chiese Manuel "Ma dai. Che senso avrebbe" disse incredulo Pedro "Secondo me questo sarcofago è stato commissionato dall'interessato quando era ancora in vita, poi potrebbero essere successe tante di quelle cose che hanno fatto in modo di non poter accogliere la sua salma all'interno " fu la spiegazione di Manuel "Forse la fine del suo potere, la sua uccisione da parte di forze oppositrici oppure un esilio, stai pensando ad una di queste ipotesi ?" chiese Pedro "Potrebbero essere tutte plausibili" affermò Manuel mentre continuava ad ispezionare l’interno della cassa. "Peccato, abbiamo fatto un viaggio a vuoto" disse sconsolato Pedro "Kruger non sarebbe d'accordo" disse Manuel scuotendo la testa "Perché?" chiese Pedro "E' riuscito a guadagnarsi la fiducia di Krupp e soprattutto è venuto a conoscenza del suo segreto" disse Manuel "L'avremmo scoperto lo stesso" disse sicuro di se Pedro "Tu non conosci Krupp. Sai benissimo quanto è in gamba Kruger e non c'è riuscito in tutti questi anni, come puoi dire certe cose" lo ammonì immediatamente Manuel "Forse ha trovato uno più in gamba di lui " intervenne Juan "Conoscendo entrambi direi che è una bella lotta" disse sorridendo Manuel
"Penso che il nostro lavoro è stato fatto" disse Pedro mentre guardava fuori dalla finestra "Non abbiamo ancora finito" disse Manuel con voce estasiata "Cosa intendi?" Pedro e Juan si avvicinarono nuovamente a Manuel cercando di capire cosa avesse trovato di così interessante, ma anche sforzandosi non riuscirono a notare nulla di nuovo all'interno della bara. "Avanti Manuel non tenerci sulle spine" chiese Juan quasi implorandolo "Ok, non ti spazientire" rispose con un ghigno Manuel "sai in che posizione è stata ritrovata questa bara?" "Non ero presente ma David mi ha detto in orizzontale" "Infatti, guarda attentamente qui" disse Manuel indicando con il dito indice "Quindi?" chiese Juan sempre più perplesso "Non noti nulla? Prova a arci il palmo della mano" Juan toccò l'interno della bara con la punta delle dita accarezzandola molto delicatamente come se avesse paura di rovinarla, dopo qualche istante si voltò verso Manuel sorridendo. "Hai ragione, qui era sicuramente appoggiata la testa" esclamò Juan mentre anche Pedro toccava il punto della bara leggermente convesso dal peso della testa. "Dobbiamo farla analizzare" affermò Pedro "Certo, ce lo dirà Kruger quando sarà il momento" rispose lapidario Manuel. Pedro rimase di ghiaccio dalle parole del suo compagno; gli bastarono pochi secondi per capire che era stato troppo impulsivo nel prendere una decisione, che anche se giusta non gli spettava. "Qualcuno è arrivato prima di voi " disse Manuel mentre con una potentissima
torcia aveva ripreso a controllare palmo a palmo il sarcofago "Non lo avrei mai immaginato, quel sito sembrava immacolato" disse Juan con una smorfia di disappunto "Chissà da quanto tempo hanno portato via questa mummia" commentò Manuel ad alta voce "E soprattutto dove l'hanno portata" aggiunse Pedro "Una nuova missione per Alex Kruger e la sua banda" disse Manuel facendo l'occhiolino a Pedro che scoppio in una risata. "E' ora di andare" disse Manuel I tre richio il sarcofago con molta cura, nessuno si sarebbe mai accorto che quella cassa fosse stata aperta in precedenza. Juan spense la luce del magazzino ed accompagnò i due americani fino al cancello.
“Questo è tutto David, penso di non aver dimenticato niente” “Quindi secondo loro qualcuno ha alloggiato all’interno della bara” disse pensieroso David “Si, e dalla buchetta formatasi a causa del peso della nuca sicuramente per qualche centinaio di anni” aggiunse Juan “E pensare che ero convinto che quel sarcofago non avesse mai ospitato nessuno al suo interno, forse comincio a perdere colpi” disse con amarezza David mentre con gli indici si massaggiava nervosamente le tempie. “ E’ quasi impossibile notare quel particolare nel sarcofago, un traccia quasi impercettibile che ancora non mi spiego come Manuel sia riuscito a notarla” Ci fu un breve silenzio tra loro, Juan aspettava che il suo amico dicesse qualcosa ma David era assorto nei suoi pensieri .
“Ok Juan” disse finalmente David dopo qualche minuto “Non c’è bisogno che ti dica ……” “Non c’è bisogno” lo interruppe Juan “Deve essere il nostro segreto, gli altri non lo dovranno mai sapere” disse con fermezza David “Sarà così, fidati di me” disse convinto Juan “Bene, adesso vai a riposare ne hai sicuramente bisogno e te lo sei meritato” gli disse David dandogli una pacca sulla spalla. “Quando pensi di ripartire?” “Al massimo dopodomani, per stavolta abbiamo terminato” “Ci siamo andati molto vicini” “Più vicini di quanto mi sarei mai immaginato” “Pensavamo tutti di farcela stavolta” “Non pensarci, è andata bene lo stesso” “Il mio letto mi sta chiamando” disse sorridendo Juan “Buon riposo amico mio” sussurrò David mentre Juan si dirigeva verso casa
Un ringraziamento particolare
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