Stupor Mundi 1n716v

STUPOR MUNDI

Questo libro è dedicato ai miei figli presente e futuro della mia vita

Capitolo 1

Federico II Hohenstaufen, re di Sicilia e di Svevia, futuro re di Gerusalemme, imperatore dei Romani, re d'Italia e di Germania, duca di Puglia, Principe di Capua, stava fermo davanti la finestra del castello della Favara a osservare lo splendido giardino costruito da suo nonno materno,Ruggero II, e fatto modificare diverse volte da lui stesso e dai suoi avi, fino a diventare, come era ora, uno dei più belli d’Europa. Con i suoi giardini pieni di delizie e il lago artificiale fatto costruire proprio dal nonno, talmente grande, che al centro vi era stato possibile costruire un isolotto pieno di palme e agrumeti che occupava gran parte dello spazio, luogo di incontri piacevoli e giornate indimenticabili. Tutto era una delizia per lo sguardo. E poi, al di là del muro di cinta la sua amata. Palermo. Lo sguardo dell’imperatore si soffermò in quel momento su una coppia di falchi che volteggiava sulla sua testa. Si sentiva come protetto da quegli uccelli, come gli antichi faraoni, che vedevano in questi animali il loro dio protettore. Ma il pensiero del re era anche altrove, al viaggio imminente che si apprestava a fare, quel lungo viaggio che aveva più volte rimandato in Terrasanta ma che ora lo vedeva costretto a partire. Costretto da quel papa che in un gioco di amicizia/inimicizia lo aveva portato ad accettare di guidare una nuova crociata contro quelli che venivano definiti infedeli e nemici, ma nei confronti dei quali il re vedeva solo potenti uomini con cui allacciare rapporti diplomatici e commerciali. Quegli stessi uomini che erano come suoi fratelli essendo lui cresciuto nei quartieri della sua amata Palermo, punto d’unione tra le due religioni che lui aveva imparato a conoscere e a non odiare ma solo ad ascoltare, come ora ascoltava la voce della sua cristianità. A tutto questo pensava Federico quando sentendo aprire la porta del gran salone si voltò e vide entrare i suoi uomini più fidati. Per primo, come Federico si aspettava entrò Rinaldo, a lui Federico aveva affidato il comando durante la sua assenza dall’Italia. Subito dietro, Pier delle Vigne, uno dei suoi più fidati consiglieri, forse l’unico, si inginocchiarono entrambi davanti al loro re e imperatore. "Tutto sistemato mio re, potete star sicuro che in Vostra assenza il tesoro sarà ben custodito." Federico era stato costretto a nascondere il suo tesoro, quel tesoro di forzieri pieni di monete d’oro, e di contratti di vassallaggio che erano il salvagente suo e del suo regno contro i continui attacchi da parte del papa, della lega lombarda, e dei tanti avvoltoi che si aggiravano per l’Europa. A quei tempi l’unica cosa che veramente contava erano i contratti e i soldi. Più se ne avevano, più un regno era

solido. Non vedendo nessuna risposta da parte dell’imperatore alla rivelazione di Rinaldo, Pier delle Vigne prese la parola, unico uomo che si poteva permettere di prendere parola al cospetto del re senza essere stato prima interpellato. " Sire è ora di andare. La sua presenza qua potrebbe attirare le attenzioni del papa e se non far scoprire tutto, metterlo sul chi vive di quello che potrebbe trovare a Palermo." Pier delle Vigne aveva ragione e Federico questo lo sapeva, si girò a guardare la sua amata città, forse per un ultima volta, dalla finestra. Non sapeva quando l’avrebbe rivista, voleva assaporare ogni parte di quel panorama che vedeva, avrebbe voluto portare con sé il sole, le vie affollate della kasba, quel miscuglio di religioni e dialetti che poteva incrociare solo nella sua amata Palermo. Il Papa lo costringeva a conquistare la terrasanta, e per farlo Federico doveva abbandonare il suo paradiso in terra, il suo giardino dell’eden. Giratosi nuovamente verso i suoi fidati uomini, con il cuore triste, e gli occhi quasi velati dalle lacrime, si allontanò, seguito dai suoi fedeli, dalla sua amata città.

Capitolo 2

La Vespa Piaggio rossa, sfrecciava sicura in mezzo al traffico congestionato della città. Il motore da 250CC., 4 valvole, raffreddato a liquido, superava agilmente le vetture che incontrava sul suo cammino e sotto le mani sicure del centauro filava dritta a destinazione. Superata piazza Villiena, o dei Quattro canti, sotto l’occhio viglie delle statue raffiguranti i re angioini e le varie patrone della città, susseguitesi nel corso dei secoli ,il motore sfrecciò oltre Piazza Pretoria e si andò a posteggiare davanti al bar sempre affollato di turisti e studenti della vicina facoltà di Giurisprudenza dell’università degli studi di Palermo. Messo l’antifurto, dopo essere sceso, il centauro si tolse il casco, dal quale uscì una cascata di capelli rossi ricci che aveva già conquistato diversi cuori, il tutto condiva un viso con due grandi occhi azzurri e un bel corpo, che se non perfetto, faceva girare le teste di molti ragazzi. Stefania si ò la mano nei capelli, se li ravvivò, e si diresse a o spedito verso la facoltà. Quella non era la sua facoltà, non ci era mai entrata, era stata mandata là dal suo professore e capo del laboratorio presso il quale lavorava grazie a una borsa di studio, Professore Andrea Giuffrè, o meglio, da Letizia l’assistente personale del professore e sua migliore amica. "Ciao Stefi sono Letizia" "Buongiorno! Aveva risposto con voce ancora assonnata la ragazza. Ma non sono ancora le otto che è successo Leti?" "Lo so gioia non è colpa mia, stamattina il prof mi ha chiesto se potevo mandare qualcuno a ritirare un qualcosa a Giurisprudenza da un certo prof. Bentivoglio. Ti chiamavo perché volevo chiederti se puoi andarci tu" " Ok il tempo che mi preparo e vado. Però te lo porto di pome, devo andare da mia nonna, mi tocca." " Ok fai con calma, il prof rientra domani mi ha telefonato che era ancora a Milano. Magari questo Bentivoglio è un bell’uomo, e il prof. ti sta facendo un piacere." Aveva scherzato l'amica per farsi perdonare di averla svegliata così presto. " Si come no, rispose Stefania che intanto si era alzata, così magari me lo porto a letto e ti aiuto a superare gli esami che dici?" " Davvero lo faresti? Tu si che sei un amica!" La solita Letizia aveva pensato Stefania, pronta a tutto pur di raggiungere la meta finale della laurea. Dopo aver chiuso la telefonata, mentre aspettava che il caffè fosse pronto, aveva aperto la finestra, ed era rimasta a guardare il suo amato mare. Non ava giornata che non si svegliasse e rimaneva cinque minuti buoni a guardare quello che ormai definiva il suo mare. Palermo la sua amata città era nata dal mare, tutto era iniziato da lì. L’appartamento era un bivani che la nonna le aveva dato, in affitto diceva lei, ma

era in arretrato da sempre visto che non pagava mai, e per sdebitarsi ogni tanto l’andava a trovare per farle compagnia. Uscita di casa si era messa sulla moto ed era arrivata a Giurisprudenza. Non ci bastavano i nostri prof. pure quelli di giurisprudenza ci volevano aveva pensato la ragazza. E ora era li a sbrigare quell'impegno così importante per il suo amato prof da chiamare da Milano per avvertire Letizia. Entrata dal portone principale si diresse con o spedito verso la portineria " Buongiorno, sono Stefania Prestigiacomo cercavo il professor Bentivoglio vengo da parte del Professore Giuffrè della facoltà di lettere " In fondo all’atrio, biblioteca del dipartimento di diritto privato. Lo trova là, sta presiedendo la sua solita lezione con un gruppo di suoi alunni" Le rispose il portiere senza alzare la testa, troppo impegnato a risolvere il suo cruciverba. '1 orizzontale: Nome della Altavilla madre di Federico imperatore.' Stefania lasciò il portiere al suo cruciverba e rompicapo di storia, attraversò l’atrio del palazzo, l’ex Fabbrica seicentesca dei Padri Chierici Regolari Teatini di San Giuseppe, che sin dal 1805 ad oggi ospitava la facoltà universitaria per volere del re, Ferdinando II di Borbone che la fondò per soppiantare quello che fino a quel momento era stato il centro di”Alta cultura”. Superò l’Aula Magna, piena di studenti che ascoltavano una relazione sulla microcriminalità e le ripercussioni sul sistema giudiziario, o almeno così diceva la tabella affissa accanto la porta d’ingresso, e si diresse verso la biblioteca indicatale dal portiere. Ecco un buon motivo perché non aveva scelto giurisprudenza, i titoli dei libri più lunghi delle materie, rise la ragazza fra sé. Arrivata alla porta in fondo che la targa accanto identificava come biblioteca bussò. Dall’altra parte una voce giovane la invitò ad entrare. Aperta la porta Stefania vide un gruppo di ragazzi curvi su un tavolo pieno di libri che all'unisono alzarono la testa verso di lei. Le ragazze la guardarono e la giudicarono come era abitudine dell’universo femminile, i ragazzi la guardarono e la desiderarono. " Ciao ragazzi cercavo il professor Bentivoglio" Le teste si girarono nuovamente all’unisono in direzione questa volta di un uomo sulla sessantina seduto a una scrivania in disparte. L’uomo, che si sentì chiamare alzò anche lui la testa dal libro che aveva davanti e si tolse gli occhiali "Sono io Bentivoglio prego" l’uomo le indicò una sedia davanti la sua scrivania. " Vengo da parte del professor Giuffré " Oh Andrea, e come sta il caro prof. So che è ancora a Milano per quella conferenza" Senza attendere risposta dalla ragazza chiuse il libro che aveva davanti. " Se non sbaglio è venuta per questo?" L’uomo tirò fuori un cofanetto di legno dalle dimensioni ridotte, senza particolari fantasie di ritocco, con solo un disegno in rilievo sul coperchio, e lo porse alla ragazza che prontamente si allungò e lo prese. Stefania notò che pesava più del dovuto rispetto alle dimensioni, ma non ci fece caso. " La ringrazio" e infilò il cofanetto nella borsa che aveva a tracolla. " Sono io che

ringrazio lei mia cara mi ha evitato una eggiata nel nostro caro traffico." "Oh non me ne parli…" e detto ciò si alzò. Allungò la mano per salutare l’uomo anziano che, con un gesto che lasciò per un attimo in imbarazzo Stefania stessa, si alzò a sua volta e presa la mano offertagli dalla donna e le fece un bacio mano. Dopo essersi ripresa prontamente dal gesto dell’anziano professore e aver salutato anche i ragazzi che da quando era entrata la studiavano facendo finta di leggere i libri che avevano davanti, Stefania uscì dalla biblioteca e si diresse verso il portone d’uscita, ripercorrendo il percorso dell’andata a ritroso. Messasi il casco salì sul suo motore mise in moto e ripartì, non prima di dare uno sguardo alla chiesa di San Cataldo, con alle spalle svettante sopra di lei la torre della chiesa della Martorana. Era proprio bella la sua città.

Capitolo 3

Il direttore dell’albergo era nervoso. Quella non era la classica visita di un capo di stato o di un alto funzionario di qualche emirato mediorentale. La prenotazione era stata fatta arrivare tramite mail seguita da una telefonata. L’uomo, che si era presentato come segretario generale dell’entourage personale di Von Beckett, aveva prenotato tutto un piano dell’albergo. Aveva riservato la suite Franca Florio, il top che l’albergo poteva offrire, per Von Beckett in persona e le restanti camere per l’entourage al completo. Dopo aver ricevuto conferma della prenotazione, come era sua abitudine, il direttore aveva svolto indagini particolareggiate sul suo cliente alla ricerca di qualche notizia che potesse aiutarlo a mettere a suo agio durante il soggiorno l’ospite tanto importante. Questo modo di agire, e farsi trovare sempre preparato sui gusti personali dei suoi clienti, oltre a stupire i clienti stessi, aveva permesso al direttore di entrare nelle grazie di una delle famiglie più potenti nel settore alberghiero, che lo avevano messo a capo di un fiore all’occhiello,di quello che costituiva l’impero Hilton, l’hotel villa Igiea Hilton.sco Cusimano, questo il suo nome, aveva così scoperto la ione di Von Beckett, il suo ospite, per la Sicilia e Palermo in particolare. Aveva scoperto che l’uomo non era nuovo nella sua terra, vi era già stato altre volte. Ma questa volta la permanenza sarebbe stata più duratura delle precedenti volte, o almeno così l’uomo supponeva, visto che la prenotazione aveva solo la data di arrivo e non di partenza. sco aveva scoperto altresì che le altre visite dell’anziano miliardario tedesco, lo avevano portato in giro per l’isola, a girarla in lungo e largo, era anche capitato che molte volte era tornato in un luogo dopo averlo già visitato, come se cercasse qualcosa,stranezze dei ricchi pensò il giovane direttore abituato alle stravaganze dei miliardari. A questo pensava sco quando vide il panfilo dell’uomo fare il suo ingresso nel porto privato dell’hotel. Il Dubai, con i suoi 162 metri e 13470tonnellate di peso a pieno carico, la capacità di raggiungere i 25 nodi e un pescaggio di 9,32 metri era un albergo5 stelle galleggiante, che lo aveva reso l’accessorio obbligatorio di tutti i miliardari che in un certo qual modo contavano. Lo yacht calò l’ancora e attraccò, mentre il personale a bordo si muoveva, per svolgere ognuno il proprio compito in sincronia con gli altri, come in un perfetto meccanismo svizzero. Nel giro di qualche minuto dallo yacht scesero il capitano e l’equipaggio che si schierarono a doppia fila a formare un corridoio umano, pronti a rendere omaggio al loro capo, che dopo cinque minuti

buoni finalmente comparve sulla scaletta per scendere a terra. sco che nel frattempo aveva raggiunto il molo di attracco lo riconobbe subito. Il pallore della sua pelle in particolare lo colpì, si ricordò che quando lo vide in foto durante le sue ricerche quello del colorito era un elemento che lo aveva già colpito, ma ora di presenza era anche peggio. L’uomo non si capiva come, camminava da solo, sembrava che da un momento all’altro stesse per accasciarsi a terra morente, e infatti sco per evitare questo spiacevole incidente al suo invitato corse subito al suo fianco a tendergli la mano più per sorreggerlo che per salutarlo. Un minuto prima di poterlo toccare la donna che era scesa dietro Von Beckett deviò e si impossesso della mano del direttore e stringendogliela saluto l’uomo: " Sono Glenda, assistente personale e particolare di Von Beckett, il mio padrone preferisce evitare contatti con gli estranei ma è lieto di fare la sua conoscenza." sco rimase stupito da quella donna talmente bella, ma completamente assoggettata a quell’uomo che poteva schiacciare in qualsiasi momento. Gli suonò strano anche, da come la donna aveva scandito la parola, padrone, in maniera marcata e forte come a far sentire a tutti che lei era proprietà di Von Beckett.sco spostò l’attenzione sull’anziano uomo che fino a quel momento era stato in silenzio curvo sotto il peso dell’età. Sentendo lo sguardo del direttore su di sè Von Beckett si girò, e sco si sentì come se si trovasse a guardare a quattr’occhi la morte. Lo sguardo di quell’uomo infatti, con le iridi ormai prive di qualsiasi colorito a causa delle cataratte, era come lo sguardo della morte in una partita a scacchi, con premio la propria anima prima di ricevere uno scacco matto. La voce quasi soffocata parlò talmente piano che il direttore ebbe paura di non sentire. " Gradirei andare subito in camera mia e di non essere disturbato." Il terzetto composto da Glenda , Von Beckett e sco che faceva strada, si diresse verso l’albergo a bordo della limousine, anche se l’hotel non distava più di 100metri dal porto. Una volta sistemato l’uomo e tutto il suo entourage sco tornò ai suoi impegni giornalieri.

Capitolo 4

Von Becket stava disteso nel letto della sua suite. Le forze non erano più quelle di un tempo e la stanchezza cominciava a essere uno stato normale del suo fisico. Sognava sempre, ogni volta che si addormentava, il giorno o meglio dire la sera che aveva conosciuto la sua Glenda. La donna che lo aveva riportato in vita, a vivere quella vita che piano piano ora se ne stava andando. Era la sera di gala di Lord Beckensit. La serata era perfetta, il clima londinese quella sera aveva dato una tregua e sembrava di trovarsi in un qualche paese del sud. Von Becket era andato con la moglie, tra loro due ormai era solo un contratto, il sentimento che li aveva uniti tanti anni prima ormai si era spento del tutto, per lasciare spazio alla noia. Entrambi ormai sopravvivevano nell’attesa che la loro vita subisse una svolta o arrivasse la parola fine. " Buonasera Signori, Lord Beckensit è felice della vostra presenza alla serata in Suo onore." Li accolse il maggiordomo. Dopo essersi tolti i soprabiti, furono fatti accomodare nel grande salone già pieno di gente. Tutta la nobiltà inglese si era data appuntamento quella sera. Anche se Von Becket era tedesco, la moglie apparteneva ad una delle famiglie più antiche della Londra che contava. Lui odiava quelle persone, per lui erano e sarebbero rimasti per sempre i nemici inglesi. In quella guerra sotterranea tra le due potenti nazioni, che anche se vari trattati di pace avevano cercato di fermare o quantomeno placare, era tutt'ora in atto, anche se magari non si combatteva più sui campi di battaglia e non erano le armi a tuonare. In quella guerra lui voleva giocare un ruolo in primo piano e sconfiggere definitivamente i tanto odiati inglesi. Naturalmente questi pensieri Von Becket non li esprimeva, ma sapeva che anche loro pensavano lo stesso nei suoi riguardi. " Guarda c’è Lord Block che ci sta salutando." La giovane coppia appena arrivata si diresse a o spedito verso l'anziano lord che a mano tesa li salutava " Buonasera Von Becket! Madame!" " Charles! Che piacere!" " Che bella serata. Siamo stati fortunati, Londra oggi ci ha risparmiato dalla nebbia e dalla pioggia. " Finiti i convenievoli i due uomini si girarono a guardare la sala " Sembra proprio che Lord Beckensit faccia sul serio con questa idea di candidarsi alle elezioni." Disse il vecchio Lord indicando la sala piena di pezzi grossi dell’industria e dello stato. Lord Block si riferiva alla notizia di cui si parlava ormai continuamente. Un Lord. Un uomo dal sangue blu, come dicevano loro, un uomo a cui spettava di diritto entrare alla camera dei Lord senza bisogno di fare nulla, aveva deciso di sfidare il governo in carica e si era dato alla politica

attiva a pieno titolo, deciso a vincere le elezioni e a farsi dare il mandato dalla regina per formare un nuovo governo. Von Becket lo sapeva, tutte le persone presenti quella sera, non aspettavano altro. Uno di loro stava per diventare, se tutto fosse andato come previsto, primo ministro. E questo per quegli uomini, Von Becket compreso, significava possibilità di fare più soldi, più affari, tutti con l’appoggio segreto del primo ministro inglese e del governo di sua maestà. Per molti era un sogno, per altri l’occasione di una vita per fare il grande salto. " Charles, non è il caso di annoiare le signore con questi discorsi, avremo possibilità di parlarne più tardi." Le due mogli sentendosi chiamare in causa si girarono verso i rispettivi mariti. Von Becket, nel frattempo che i componenti del quartetto continuavano la discussione, osservava il salone pieno di gente. A lui non interessava chi fosse presente, era curioso di sapere invece, chi, non era stato invitato. Chi erano le persone che non godevano dei favori del padrone di casa? Poi d'improvviso mentre con lo sguardo ava in rassegna tutti gli invitati si sentì lui stesso osservato, e come una calamita attira il ferro il suo sguardo si girò, comandato da una forza estranea, poi li vide. Due occhi pieni di fuoco che incrociavano il suo sguardo di ghiaccio. Fu amore a prima vista, entrambi si avvicinarono al centro del salone, e la gente quasi si spotava al loro aggio, come spostati dal quella forza oscura che ora li stava attirando l’uno all’altra. Si trovarono al centro del grande salone, sulla rosa dei venti disegnata dal parquet. " Piacere, Gustav Von Becket" Le disse baciandole la mano. " Glenda, amica personale di Lord Cavendish." Hermann sapeva che con quel “personale” la donna intendesse amante di Lord Cavendish. Hai capito il vecchio lord si era portato dietro l’amante, pensò Von Beckett " Posso offrirle da bere?" L’uomo rimase colpito dalla proposta della donna, di solito era lui che offriva da bere agli altri, la cosa lo eccitò, per lo più se a farlo era una donna. " Certo!" Glenda fece strada verso il bar della sala. Dopo aver bevuto i loro cocktail, entrambi si guardarono, entrambi si amarono all’istante. Come due amanti che si incontrano dopo tanti anni, entrambi ebbero l’impulso di ritirarsi in una stanza del piano di sopra, e dopo esservi arrivati lì fecero l’amore in maniera veloce e violenta, ma mai come lui lo aveva fatto con la moglie in tutti i suoi anni di matrimonio. Quando chio la porta del loro nido segreto d’amore lei quasi gli saltò addosso. Spinse la sua lingua contro i suoi denti, sentiva la ione dell'uomo ingrossarsi e dopo essersi tirata su la veste lo prese dentro con una furia immensa, lui non sapeva se ne era nemmeno più capace di fare certe cose e sapeva che era tutto merito della donna. Si videro nelle due settimane successive, poi la svolta. Glenda venne assunta come segretaria personale di Von Becket. Lord Cavendish un uomo a cui non andava giù, che un tedesco gli rubasse l’amante si mise a fare il diavolo a quattro, poi un giorno ricevette la visita di un

ragazzo che si presentò come assistente di Von Beckett. " Non ho mai chiesto un incontro privato con Von Beckett, cosa desidera il tuo capo? Non ho intenzione di incontrare quello sporco tedesco." Lord Cavendish liquidò il giovane assistente e si diresse alla porta, salito in macchina ripartì ma non arrivò mai a destinazione, l’auto sbandò e si schiantò contro un albero nella campagna inglese nelle vicinanze della tenuta della famiglia Cavendish. Glenda nel frattempo, ormai presenziava a tutti i gala dove Von Beckett era invitato, non si vociferava altro che ormai lei aveva preso il posto della moglie, poi un giorno un'altra disgrazia scosse la nobiltà inglese. La tanto amata moglie di Von Beckett a seguito della perdita del loro unico figlio che ancora portava in grembo, fu trovata morta nella sua vasca da bagno con le vene tagliate. Nessuno sapeva, molti sospettavano, ma pochi osavano muovere accuse a quell’uomo, e quei pochi che lo facevano ricevevano la visita di qualcuno che non gli dava una seconda opportunità per lanciare accuse diffamanti. Cioè che in realtà la donna era stata uccisa dal killer personale di quell’uomo che poi aveva inscenato il suicidio, e la stampa aveva ricevuto le false notizie sulla gravidanza e perdita del bambino, molti altri avevano collegato a tutto questo anche la morte di Lord Cavendish, ma tutti ormai nel loro ambiente avevano paura di quel tedesco e della sua giovane amante. L’idea di quelle morti era venuta a Glenda. Un giorno dopo aver fatto l’amore quasi istintivamente Von Beckett le disse che voleva lasciare la moglie per lei, ma che non poteva farlo nell’immediato, perché anni prima aveva firmato un contratto prematrimoniale dove si impegnava in caso di separazione a lasciare metà della sua fortuna alla moglie e a non ricevere nulla in cambio delle proprietà della donna. A quelle parole Glenda si girò, e lui vide di nuovo quello sguardo di fuoco di cui si era perdutamente innamorato. " Questo risolve tutto…" Così come insieme avevano escogitato l’incidente di Lord Cavendish che osava sfidare Gustav, insieme escogitarono la morte della moglie di Von Beckett, e insieme diedero la notizia alla stampa. Entrambi si erano liberati del loro ato. Ed ora eccoli lì, per la loro ultima avventura. Tutto era iniziato anni prima quando a Von Beckett era stato diagnosticato un tumore alla pelle che piano piano lo stava uccidendo, aveva bisogno di quella ultima avventura prima di morire, tutto il piano era stato studiato da Von Beckett stesso e da Glenda.

Dopo aver messo Von Beckett a letto, la donna uscì dalla suite. L’albergo era molto accogliente e lussuoso giusto quello che serviva a Von Beckett per quella missione, l’ultima. Dopo aver lasciato il suo amato, si diresse verso una stanza in

fondo al corridoio. Pochi sapevano del loro vero intento in quella missione,infatti raramente Von Beckett lasciava la sua amata Germania e le sue amate montagne, quasi mai negli ultimi cinque anni. Tranne per recarsi in Sicilia varie volte. Nessuno aveva sospettato nulla sul perché quell'uomo tornasse così tante volte in quella terra, per molti erano solo gli ultimi desideri di un uomo anziano. Arrivata a destinazione la donna bussò e quasi subito la porta si aprì. Un giovane ragazzo, che sembrava uscito da qualche cartellone della propaganda nazista sulla razza ariana, capelli biondi corti, occhi azzurri, le aprì la porta. L’uomo, notò Glenda, o meglio dire il ragazzo, stava preparando un borsone dove stava posizionando i suoi attrezzi, pistole per la precisione. Sì! Perché il ragazzo era nulla di più che un killer. " Quando lo andrai a recuperare?" " Finisco di sistemare il tutto e vado, vedrai sarà una eggiata. Non sarà certo un topo di libreria a mettermi in difficoltà, soprattutto un topo di libreria del terzo mondo." Glenda sapeva che per Hector tutto ciò che non era dentro i sacri confini della Germania era da considerarsi terzo mondo e quindi neanche si soffermò sulle parole del ragazzo. " Appena recuperi l’oggetto torna qua, così prepariamo la spedizione per individuare il tutto e chiudiamo questa stupida faccenda." " Tranquilla! Una volta che sarò là, saprò trovare quello che cerchiamo, ho i miei metodi convincenti." Detto ciò fece scattare la sicura su una semi automatica, che ripose nel borsone.

Capitolo 5

L’utilitaria si muoveva nel traffico cittadino alla ricerca della sua meta. Hector aveva inserito nel navigatore in dotazione alla macchina la sua destinazione e seguiva alla lettera le istruzioni della voce automatica, che lo guidava nel caotico traffico palermitano. Appena girato per via Maqueda così come gli aveva suggerito il navigatore, mise la freccia e accostò al marciapiede per posteggiare il veicolo. Si mise ad osservare il palazzo e il portone d’ingresso con aria di stupore, come se fosse un turista che aveva trovato la sua El Dorado. In realtà stava studiando la situazione, il suo cervello come una perfetta macchina per uccidere si era messo ad analizzare il luogo. Molti ragazzi facevano entra ed esci da quella babele, che era quel palazzo, tutti intenti a discutere con le persone che gli stavano accanto, che assecondavano le discussioni. Notò una ragazza che usciva con sulla schiena un plico di quelli usati per conservare i disegni non capì perché, ma lo colpi, un brivido lo scosse. Scese dall’auto, non avrebbe portato il borsone preparato in precedenza in albergo, gli bastava l’arma che aveva nella fondina dopotutto era una scuola quella, nessuno l’avrebbe perquisito. Una volta dentro si diresse verso dei ragazzi " Scusate ragazzi il professore Bentivoglio?" Chiese con il suo italiano strano somigliante a un dialetto del trentino " Devi andare in fondo all’atrio accanto l’aula magna ma non sperare di fartelo amico e una carogna quello, anche oggi mi ha mandato"disse la graziosa ragazza, usando l'espressione usata da tutti gli universitari ad indicare che non aveva superato l'esame appena sostenuto. " Ok, rispose Hector, lo terrò a mente" e si diresse verso l’aula indicatagli dalla ragazza. Superò l'atrio del vecchio palazzo storico e una volta arrivato alla porta che gli aveva indicato la ragazza bussò. Rispose una voce d’uomo che lo invitò ad entrare. " Buongiorno sono Gustav Friedrick del Die Welt, facendo finta di essere un giornalista del noto quotidiano tedesco, si presentò lui, sporgendo la testa oltre la soglia " Prego si accomodi" lo invitò il professor Bentivoglio alla scrivania. Mentre si avvicinava Hector notò che l’uomo era solo nella grande biblioteca, perfetto, come aveva detto a Glenda poco prima, sarebbe stata una eggiata " Come posso aiutarla?" Chiese il professore mentre si sedeva dall’altro lato della sua scrivania seguito dal suo ospite " Mi servirebbe un aiuto per scrivere un articolo sul grande imperatore Federico II. Il mio giornale vuole pubblicare una serie di documentari sul grande re, e ci è sembrato giusto cominciare la storia dalla sua amata Palermo." Bentivoglio non si mosse, ne diede impressione di voler rispondere al ragazzo

che continuò con la sua storia. " Ho saputo da mie fonti di cui non posso rivelare l’identità,come potrà ben immagiare, che recentemente è stato ritrovato un disegno, se così possiamo chiamarlo, che a detta di questa mia fonte indicherebbe il luogo di un tesoro appartenuto a Federico II e per questo soprannominato...stupor mundi." " Oh beh la sua fonte deve essere molto informata per averle detto tutte queste cose" Hermann fece finta di non capire l’allusione del professore e continuò con la sua farsa " Vede i migliori giornalisti sono quelli che hanno le migliori fonti, non chi sa scrivere" " Non sono proprio d’accordo con lei, disse il professore, ma vede non so proprio aiutarla riguardo al suo fantomatico disegno o altro. Deve dire alla sua fonte di stare attento alle notizie che le a. Non so di che disegno stia parlando, non vorrei che la sua fonte avesse lavorato troppo di fantasia." Detto ciò, l’anziano professore fece per alzarsi " Non si muova!" Lo gelò Hector con la sua voce. Bentivoglio notò subito il cambiamento nel tono di voce del suo ospite " Ho cercato di essere gentile con lei prof. Ma lei niente, non mi lascia molta scelta" la discussione ora aveva preso un tono meno cordiale e stava prendendo una brutta piega. Bentivoglio decise di giocare a carte scoperte " Vede mio caro ragazzo la sua visita mi ha insospettito fin dall’inizio, un giornalista che mi manda una mail per un intervista su Federico II e il suo tesoro, arrivata subito dopo quella strana offerta, non ci ho messo molto a fare due più due." Hector, sapeva che il professore si riferiva all’offerta fatta da Von Beckett all’associazione del professore per entrare in possesso del disegno, e doveva ammettere che le mosse fatte dal suo capo non erano state proprio perfette, forse avevano sottovalutato quei professori. Comunque il giovane killer sperava di poter far leva ancora una volta sull’avidità delle persone " Le offro il doppio di quello che le era stato offerto nella prima mail, ci pensi sono un mucchio di soldi. Potrebbe ritirarsi a vita privata e dedicarsi ai suoi studi senza dover più elemosinare uno stipendio statale."'Con grande sorpresa del ragazzo arrivò un secondo rifiuto. Ora il professore che aveva appena rifiutato quella somma si trovava di fronte a una calibro 45 modificata. " Sa professore le devo fare i miei complimenti aveva retto bene la sua farsa di credere alla storia del giornalista, ma rifiutare una seconda offerta, con il doppio della prima." " Mi spiace per lei mio caro ragazzo ma io non posso darle ciò che non possiedo, anche se lei mi offrisse tutto l’oro del mondo." " Purtroppo per lei noi siamo più avanti di quello che voi pensate. Io non sospetto che lei abbia lo stupor mundi io so che ce l’ha lei! Ora, se non vuole andarlo a chiedere al suo legittimo proprietario di persona, la invito a consegnarmelo senza fare storie." Il professore alzò le mani mettendole bene in vista in modo da far vedere che non teneva nulla di pericoloso aprì lentamente il ripiano della scrivania che faceva da coperchio al vano sotto. " Ok! Ma non faccia

stupidaggini" Disse Bentivoglio mentre continuava ad alzare il ripiano della scrivania, poi si fermò per una frazione di secondo. Con un gesto fulmineo il professore lanciò il ripiano verso la pistola che aveva di fronte, l’asse di legno girò sui suoi cardini a 180°gradi e andò a colpire la mano che teneva la pistola. Nello stesso momento con una agilità che stupì Hector stesso, l’uomo anziano sferrò un colpo con un corpo contundente che aveva preso da sotto il vano della scrivania al polso del ragazzo che completamente impreparato subì il colpo sulla parte del corpo, senza pararlo. Il ragazzo quasi gridò per il dolore e la pistola gli volò di mano. Ma il professore rimase terrorizzato da quello che vide nel volto di quel ragazzo, che gli stava di fronte. Il ragazzo infatti quasi rideva, il dolore al polso quasi lo faceva godere, ripresosi dal primo colpo Hector schivò il secondo colpo con agilità, ora la differenza d’età, ato l’effetto sorpresa, si fece vedere. Hector si sporse oltre la scrivania e afferrò quello che vide essere un candeliere con il quale il professor Bentivoglio lo aveva colpito. L’oggetto rimase sospeso con i due uomini che lo tenevano ognuno alle due estremità. Il ragazzo diede uno strattone, ma il professore nonostante l’età non mollò la presa.Hector approfittò della testardaggine dell’uomo, e questa volta tirò il candelabro verso di sé, il professore anche questa volta, come si aspettava Hector, non mollò la presa e troppo tardi capì l’errore appena commesso. Il ragazzo infatti lo stava tirando a sé e contemporaneamente alzava il ginocchio che si andò a conficcare nello stomaco dell’anziano uomo che rimase senza fiato. Il cervello del professore inviò un comando immediato ai propri arti e l'uomo fu costretto a piegarsi per il dolore e a mollare il candelabro, fu la fine per lui. Hector, trovatosi con il candelabro in mano lo scagliò lontano, prese il professore per il bavero della giacca e lo spinse con tanta forza che fece volare letteralmente l’uomo. Dopo aver recuperato la pistola si avvicinò all'uomo ancora steso a terra, a faccia in giù. Da sotto il corpo inerte del professore una chiazza di sangue cominciava ad allargarsi sul pavimento. Dannazione forse ho esagerato pensò il giovane ragazzo. Ma in quel preciso istante il professore che poco prima era a terra con un agilità portata più dalla disperazione che altro , si alzò con in mano un pugnale che Hector non capì da dove era spuntato ma che capì era diretto al suo stomaco. Il ragazzo stavolta non si fece prendere alla sprovvista e schivò il colpo senza problemi le due ore al giorno di palestra a cui si sottoponeva gli stavano tornando utili. Poi con un salto agile si posizionò dietro l'anziano professore afferrandogli il braccio armato e storcendoglielo dietro la schiena " Te lo chiedo ancora una volta vecchio. Dov’è il disegno?" " Non l’avrete mai! La mia confraternita lo tiene segreto da secoli, e non li tradirò, mi spiace hai fatto tanta strada per niente." " Peccato, disse Hector, e spinse l’uomo verso la libreria dove andarono a sbattere con violenza. Bentivoglio con

la testa Hector si riparò dietro l’uomo. " Te lo richiedo. Dov’è il disegno?" " Mi spiace ma non lo avrete. E a me non resta molto da vivere ormai, dì al tuo padrone che ha fallito di nuovo." Ma ormai il professore più che parlare farfugliava queste parole. Accecato dalle parole dell’uomo, e dal suo ennesimo rifiuto,Hector estrasse nuovamente la pistola dalla fondina dove l’aveva riposta e dopo aver scagliato il professore per terra puntò l'arma al ginocchio dell’uomo. " Dov’è?" " Lui è lo stupor mundi, lui è puer apueliae," Il professore Bentivoglio farfugliava parole senza senso. Un colpo esplose dall’arma. Con stupore del professore la detonazione non fu come si aspettava, ma emise un rumore che sentirono sicuramente solo lui e il suo avversario. Il suo ginocchio esplose in una nuvola di sangue e osso in frantumi " Dov’è?" Ripeté Hector. Bentivoglio non rispose, dolore e paura mescolate in un unico sentimento, cercava di tenersi il ginocchio con la mano. Un secondo colpo partì. Questa volta diretto alla spalla, il braccio colpito prese una forma strana il professore cadde definitivamente per terra, mentre raggiunto da un terzo proiettile cercava di rialzarsi. " Lui è lo stupor mundi, lui è il puer apuleiae." Furono le ultime parole pronunciate dall’uomo ormai con gli occhi rivolti ad un mondo inesistente, poi il buoi lo avvolse, non prima che un ultimo pensiero lucido attraversasse la mente dello studioso. Pensano che sia ancora un disegno. Hector si maledisse, l’uomo era morto, e si era portato con sè il suo segreto, dovevano ricominciare. Si diresse alla scrivania di Bentivoglio in cerca di un qualche indizio che lo rimettesse in carreggiata, cercò dappertutto. Doveva trovare qualcosa e andarsene il prima possibile, da un momento all’altro poteva entrare qualcuno, e lui sarebbe stato in un mare di guai. Cercò di sistemarsi e lesse nell’agenda del professore poggiata sulla scrivania l’indirizzo di casa dell’uomo che aveva appena ucciso. Si mise l’agenda in tasca che preferì portare con sé, l’avrebbe studiata più tardi con calma e uscì dalla stanza. Sarebbe andato a casa di Bentivoglio, ora che aveva il suo indirizzo grazie all’agenda dove l’aveva letto, era sicuro che vi avrebbe trovato qualcosa. Per l'omicidio nessuno l'avrebbe riconosciuto e sarebbe stato solo un alunno che in mattinata era ato a parlare con il professore.

Capitolo 6

Tornato in macchina attese un attimo prima di mettere in moto, doveva riordinare le idee, e permettere al suo corpo di smaltire l’adrenalina che la lotta con il professore gli aveva procurato. Bentivoglio era morto, aveva preferito morire piuttosto che consegnargli la pergamena, ma almeno una cosa l’aveva scoperta, la pergamena non era all’università, nel suo ufficio non c’era più, l’aveva cercata ovunque e non aveva trovato nulla. Immerso nei suoi pensieri sentì il cellulare squillare, riconobbe il numero sul display. " Sono io!" La voce di Glenda gli arrivò dolce attraverso l’auricolare del telefono e servì a rilassarlo, ne aveva bisogno, " No non l’ho recuperata, è morto, ho dovuto farlo purtroppo…" Non amava che qualcuno lo criticasse sul suo lavoro anche se a farlo era Glenda. " Certo che la troverò stavo andando a casa di quel maledetto professore per vedere se per caso è là ti faccio sapere appena so qualcosa." Richiuse il telefono e si gettò nel traffico cittadino, aveva fretta di riportare il tesoro al suo capo, dopo più di quattrocento anni quello stesso tesoro che secoli prima era stato derubato alla famiglia del suo padrone sarebbe tornato al suo legittimo proprietario, o almeno a un suo discendente, così doveva essere. Arrivato sotto casa del professore, in Via Giuseppe Sciuti, attese un attimo come sempre per studiare un piano. Hector era sicuro che il disegno non fosse a casa del professore,ma sperava di trovare un indizio che gli permettesse di continuare la sua ricerca. Osservò per qualche altro istante il palazzo. Per fortuna non c’era un servizio di portierato o almeno in quel momento non era presente alcun custode all’interno della portineria. L’unica per poter entrare era citofonare a qualcuno del palazzo ed entrare. Tirò a sorte e premette il pulsante del citofono che la targhetta identificava come casa Fregi. Ma non ottenne risposta, eppure doveva entrare , non voleva aspettare l’oscurità della notte per sce quel portone non sarebbe stato quello a fermarlo ma non poteva perdere un giorno di ricerche, attese un altro po’ appoggiato al palo del semaforo che gestiva l’incrocio prossimo. Vide due bambini con indosso uno zaino sulla schiena avvicinarsi al citofono, dopo essersi fatti aprire il portone da qualcuno che rispose dall’altra parte i due entrarono. Lui subito si avvicinò e si fece lasciare il portone aperto come se aspettasse qualcuno. Appena i due bimbi sparirono dietro l’angolo e cominciarono a salire le scale si infilò nella portineria. Per fortuna il professore abitava nell’altra scala da quella scelta dai bambini appena entrati e lì si diresse, arrivato al pianerottolo davanti la porta del professore cominciò a

uscire gli attrezzi e dopo nemmeno due minuti la porta si aprì. L’appartamento era vuoto nessuna altra persona che attendesse, invano oltretutto, l’arrivo del professore. Come già sapeva infatti l’uomo non era sposato e quindi per fortuna abitava solo. Si diresse verso lo studio e cominciò a cercare prima dietro quadri e porte ma non trovò nulla, poi dietro mobili o qualsiasi altra cosa potesse nascondere un vano segreto o una cassaforte. Poi a forza di cercare trovò una cassetta di sicurezza nel camerino adiacente lo studio, la aprì euforico sicuro di trovare quello che cercava ma deluso noto che la cassetta era semi-vuota, nulla all’interno che potesse dargli qualche consiglio su dove trovare quello che cercava. Prese la cassetta e fece per alzarla per andarla a rimettere a posto quando un anello scivolò all'altezza dell'apertura e si mostrò alla sua vista. L'incisione in rilievo di un globo con la croce, e un falco che volava sopra, e la scritta “STUPOR” lo fecero quasi tremare. Quello era l’anello che portava uno dei due gran cerimonieri della odiata e nemica setta. Da sempre quella congrega di vecchi bigotti si era opposta a lasciare il tesoro, che spettava al suo padrone e ai suoi avi prima di lui che avevano cercato di rientrare in possesso del tesoro stesso. Al suo padrone che era l'unico vero erede della dinastia a cui spettava godere della vista dello stupor mundi non era permesso avere il tesoro, ma presto le cose sarebbero cambiate, pensò mentre si intascava l’anello. Una volta il suo padrone aveva pure cercato di entrare a far parte della setta, aveva elargito una grossa cifra in denaro, a loro favore. Ma dopo qualche mese presso la residenza di Von Beckett era stata recapitata una busta con all’interno un assegno che gli restituiva la donazione e nient’altro. Non volevano che lui, un erede, entrasse a far parte della setta che doveva proteggerete il suo tesoro, a quel punto era iniziata la guerra, una guerra combattuta per le vie dell’Europa tra Germania e Italia a cercare i vari adepti più importanti, e lui Hector era stato il braccio armato di quella guerra. A uno a uno il quadro direzionale della setta era stato decimato, ognuno che moriva lasciava la traccia per la prossima vittima e così erano arrivati ai nomi dei due gran cerimonieri. Loro avevano la chiave per lo stupor mundi, una chiave doppia, come doppi erano i cerimonieri che di generazione in generazione custodivano il luogo segreto dello stupor mundi, e ora uno dei cerimonieri era arrivato alla fine del suo viaggio. Purtroppo il professor Bentivoglio non aveva detto dove si trovava il tesoro ma Hector sapeva che era vicino, lo sentiva, e il suo fiuto non lo tradiva mai. Richiuse la cassetta, e continuò la sua ricerca. Dopo più di due ore, e dopo aver messo a soqquadro l'intero appartamento non aveva trovato comunque niente altro che gli permettesse di trovare la pergamena. Dal giorno in cui erano venuti a conoscenza dell'esistenza di quella specie di mappa del tesoro, così come gli era stata descritta la pergamena, per il suo padrone e tutto l'entourage era diventato di

vitale importanza trovarla ed entrarne in possesso. A rivelarne l'esistenza era stato un appartenente alla setta poco prima di morire, per mano sua. Da quel momento lui e il suo padrone non avevano fatto altro che cercare, ma invano finora. Si sedette alla scrivania del professore. Doveva entrare in simbiosi con la sua mente per capire dove un vecchio uomo sessantenne, gran cerimoniere della setta che per anni era stata la sua più acerrima nemica, potesse aver nascosto la mappa. Vista da quell’angolazione la stanza del professore con le foto appese al muro dei suoi predecessori che lo guardavano profanare quel luogo, aveva una vista diversa. La libreria stracolma di libri, i quadri raffiguranti i monumenti della sicilia appesi al muro, tutto in quella stanza ricordava, Loro. Gli occhi gli andavano dovunque, ma non vedeva nulla di strano, un libro messo fuori posto, un quadro magari spostato, niente, tutto era normale. Stava per cedere, capiva dentro di sé che il professore poteva averlo battuto, ma per fortuna sua aveva ancora una chance, l’altro gran cerimoniere. Si piegò in avanti per spostare la poltrona su cui era seduto con le ginocchia, quando i suoi occhi registrarono una scritta nell’agenda aperta del professore, un nome e cognome. Stefania Prestigiacomo, e accanto due lettere S.M. segnato tutto rosso.Stefania Prestigiacomo S.M. …Stefania Prestigiacomo Stupor Mundi!! Cadde di peso di nuovo sulla poltrona di pelle di Bentivoglio,quasi gli venne un flashback, una ragazza che usciva dalla facoltà del professore con un tubo da disegno dietro la schiena, di quelli che gli architetti usano per trasportare i fogli dei loro progetti, aveva la scena lì davanti ai suoi occhi, sembrava quasi che potesse alzarsi e andare a fermare quella ragazza e prenderle la mappa. Non ci poteva credere, non solo aveva trovato il professore ma addirittura era stato quasi a contatto con la pergamena, e ora sapeva dove si trovava o meglio aveva un nome e cognome, e sapere qualcosa su quel nome sarebbe stato un gioco da ragazzi. Strappò il foglio dell’agenda e si diresse all’hotel, il suo capo sarebbe stato fiero ancora una volta di lui, e Glenda ancora di più. In fin dei conti pensò era stato più semplice del previsto, come sempre grazie a lui, dopotutto era il migliore. Richiusa la porta sentì delle sirene che si avvicinavano, doveva essere la polizia che aveva trovato il corpo del professore e stavano per venire a fare un sopralluogo a casa della vittima, meglio usare la scala antincendio pensò. Si diresse verso l'uscita posteriore, una volta in strada vide le volanti fermarsi davanti il portone. Nel momento in cui i carabinieri entravano nel palazzo, lui mise in moto la macchina e si diresse verso l’albergo. Era anche già in vantaggio su loro, che genio che era.

Capitolo 7

Chissà quanti soldi spendeva ogni anno il comune, la regione, lo stato, o chi altro ancora, con tutti i ritardi che si accumulavano nei vari uffici della pubblica amministrazione, ogni giorno, tra i vari impiegati degli uffici. A questo stava pensando Luca, quella mattina mentre arrivava in ufficio. Appena arrivato, in ritardo, si sedette alla sua scrivania e attese che arrivasse il capo. Aveva notato la porta aperta dell’ufficio, segno che lui non era presente, o forse era meglio dire il capitano, Capitano Giulio Tacchi del Comando Carabinieri Sicilia, distaccamento Nucleo tutela patrimonio artistico. Il capitano arrivò poco dopo accompagnato da un altro ufficiale, alla vista dei due graduati superiori Luca scattò in piedi sull’attenti e dopo aver ricevuto risposta dal suo diretto superiore strinse la mano che il capitano gli offriva. A differenza di altri suoi colleghi il capitano Tacchi non era un tipo tutto protocollo e obblighi, era così che venivano descritti gli ufficiali di vecchio stampo. Il capitano Tacchi preferiva stare sul campo vicino ai suoi uomini, e si era circondato di persone, tra cui Luca, di cui poteva fidarsi, visto che gli era stato affidato il compito di creare un ufficio un pò particolare all’interno del nucleo stesso. Nucleo Beni Culturali, distaccamento antichità del patrimonio mondiale. Così si chiamava il suo dipartimento, un ufficio che si occupava delle tante opere sparse per la città e l'intera regione, che erano state inserite, sotto l’alto ufficio dell’Unesco, in una lista speciale, una lista contenente tutti i monumenti che aspettavano di dover svolgere l’iter per poter essere riconosciuti Patrimonio Mondiale dell'umanità o che comunque possedevano un certo valore storico culturale, e che fino al momento del riconoscimento ma anche prima dovevano essere protette. All’interno del dipartimento era ancora vivo, anche se era ato tanto tempo il ricordo del “sacco di Palermo”. I due anni tra il '68 e il '70 in cui le organizzazioni criminali avevano distrutto un vero e proprio tesoro artistico, quale era Via Libertà, con le sue ville stile liberty, per poter costruire al loro posto palazzi solo cemento e ferro, da cui l'organizzazione mafiosa faceva profitti e ripuliva il denaro sporco. Uno scempio per il mondo, una cicatrice sulla faccia della città, un duro colpo per il Nucleo di cui faceva parte lui. Il capitano dopo aver salutato gli altri ragazzi entrò con il suo ospite nel suo ufficio e si richiuse la porta alle spalle. " Meglio così" pensò Luca, essendo venerdì, sperava che fino all’una non arrivasse qualche problema, già pronto a gustarsi un bel fine settimana di licenza. Purtroppo dopo più di mezz’ora che il capitano era chiuso nel suo

ufficio il telefono sulla sua scrivania suonò. "Luca vieni nel mio ufficio, chiama tutti gli altri" Un fremito gli corse lungo la schiena, il capo raramente chiamava tutti i collaboratori insieme nel suo ufficio a rapporto, solo in casi davvero eccezionali o gravi. Luca aprì la porta e fece strada agli altri colleghi, o meglio dire amici. Appena vide la faccia del capitano capì che il suo fine settimana poteva andare a farsi benedire, la voce dell’ufficiale arrivò come uno schiaffo in faccia ai presenti " Hanno ucciso il professor Bentivoglio!" Già di per sé la notizia di un omicidio in un essere umano porta panico, per il gruppo di Luca schierato a gran completo davanti la scrivania del capitano fu pure peggio. Il professore Bentivoglio era il loro stretto collaboratore, il collaboratore di tutto il dipartimento. Un professore amante della sua città che li aveva aiutati in diverse inchieste, per salvaguardare i tesori di Palermo, dal degrado e dall’abusivismo. Era uno di famiglia, la sua figura in ufficio era familiare. " Com’è morto?" Furono le uniche parole che uno dei ragazzi riuscì a dire. Il capitano era stravolto si accorse Luca. " L’hanno trovato stamattina in facoltà, ha ricevuto la visita di una ragazza, forse un alunna, e dopo il nulla, lo hanno trovato nel suo ufficio poco più di un ora fa, ora preparatevi appena pronti andiamo…" " Dove?" Stavolta a chiedere fu Luca stesso che si era ripreso dallo stupore iniziale. D’altronde in caso di omicidio loro che c’entravano? C'era la sezione omicidi che si occupava di questi casi. Come se il capitano gli avesse letto nel pensiero diede voce ai suoi dubbi, " Il colonnello, sapendo il legame che unisce il professore al nostro dipartimento ci ha dato il permesso di collaborare con la sezione omicidi. Il capitano Lo Giudice qui presente è stato l’assegnatario del caso. Noi daremo solo una mano di o naturalmente. Dopo meno di mezz’ora che aveva ricevuto la notizia Luca salì in macchina con i due ufficiali seduti sul sedile posteriore, mise in moto, accese la sirena e partì con destinazione la facoltà di Giurisprudenza.

Capitolo 8

L’università era un viavai di gente. Luca sapeva che molte delle persone che affollavano in quel momento la facoltà, con gli studi e il mondo accademico, c’entravano ben poco. Attratti dalla notizia dell’omicidio entravano e uscivano di continuo dall'edificio rendendo il lavoro per i suoi colleghi una vera impresa. Raramente Luca aveva visto il capo così scosso, come quella mattina quando gli aveva dato la notizia della morte del professore. Non pensava che l’amicizia fra lui e il dottore fossa così profonda, forse c’era dell’altro, ma questo lui non lo sapeva, si accorse solo in quel momento quanto poco conosceva il suo superiore. Una volta che i suoi colleghi riuscirono a far uscire tutta quella gente dalla facoltà i lavori poterono svolgersi tranquillamente, Luca aveva aspettato fino a quel momento per entrare nella stanza dove sapeva avrebbe trovato il professore morto. Anche se faceva parte dei carabinieri raramente il suo lavoro aveva a che fare con cadaveri e pallottole. Arrivato davanti la porta attese un istante ancora, solo un attimo, non voleva che i suoi colleghi notassero la sua riluttanza ad entrare in quella stanza, poi entrò. Il corpo era a terra coperto da un lenzuolo bianco, gli oggetti che stavano prima sulla scrivania o almeno così supponeva Luca erano sparsi per terra, il capitano vicino a lui vedendo dove era diretto il suo sguardo gli lesse il pensiero " Avrà avuto una colluttazione con il suo assassino, avrà cercato di difendersi, ma purtroppo ha avuto la peggio. Vediamo se dall’ufficio manca qualcosa per cercare di cominciare a capire qualcosa di tutta questa storia. Diamoci da fare" Luca si girò e si avviò alla scrivania. Non era la prima volta che vedeva quel tavolo, già diverse volte aveva portato documenti e incartamenti da far leggere al professore, in uno dei tanti aiuti che il vecchio docente aveva dato al suo capitano. Cercò di ricordare come era normalmente la scrivania del professore e cosa avesse di diverso ora che era tutta scombinata, i fogli erano sparsi per tutto il pavimento. Appena si sedette vide che qualcun altro aveva rovistato nella scrivania. Alcuni cassetti erano aperti e vuoti forse i fogli sul pavimento erano conservati in quei cassetti e dopo essere stati studiati dall’assassino non trovando quello che cercava li aveva gettati. Quindi, suppose Luca, il professore e l’omicida avevano qualcosa in comune, anzi qualcosa che il professore aveva ma non voleva dare, e che l’assassino ora cercava. Ma cosa cosa poteva avere un professore di giurisprudenza che interessava il killer. Qualcosa che avesse a che fare con il tribunale? Qualche documento scottante che nessuno doveva vedere? Da quello che sapeva Luca,

Bentivoglio non praticava l’arte forense, non aveva clienti da difendere o accusare in tribunale, non sapeva neanche se il professore avesse mai preso parte a qualche causa, comunque non era una strada da abbandonare dovevano vagliare tutte le ipotesi. " Eccolo!" Sentì una voce dall’altra parte della stanza, un maresciallo con un camice bianco aveva in mano una pinzetta che stringeva all’estremità un bossolo. Luca sapeva che quello era il bossolo che aveva ucciso il professore. Dagli esami che avrebbero fatto sul bossolo, congiunti con gli esiti dell’autopsia già sicuramente disposta dal giudice, trattandosi di omicidio,i Ris sarebbero risaliti all’arma che aveva ucciso il professore e ne avrebbero fatto una,“firma”, come dicevano loro. Avrebbero cominciato a ricostruire la scena del delitto e tutto quello che era successo tra Bentivoglio e il killer fino ad arrivare a posizionare l’assassinio all’interno della scena dell’omicidio. " Noi abbiamo finito qua." A parlare era stato un altro carabiniere anche lui vestito con una tuta bianca e guanti in lattice, facevano tutti parte del RIS, avevano raccolto tutto quello che loro pensavano fosse inerente l’omicidio, i campioni sarebbero stati inviati in laboratorio per essere analizzati. " Ok ragazzi portiamo via il corpo, e mettiamo i sigilli. Avvertite l’obitorio e il medico legale, mi servono i dati il prima possibile" disse ad alta voce il capitano Lo Giudice. Luca osservò la scena seduto alla scrivania del professore, nessuno parlava tutti erano spettatori ivi della scena. Il corpo venne sollevato da due ragazzi e adagiato con cura all’interno della cassa metallica, con quella sarebbe stato portato al laboratorio autoptico, poi una volta finiti gli esami il corpo sarebbe stato consegnato alla famiglia per dargli una degna sepoltura. Luca non si muoveva, vide per un ultima volta la faccia del professore suo amico, poi il coperchio venne chiuso e tutto finì. " Luca siamo pronti ad andare per fare il sopralluogo a casa di Bentivoglio, prepara la macchina" gli disse il capitano " Subito capitano."

Capitolo 9

La moto si fermò davanti la villetta a un unico piano. Stefania scese e dopo aver assicurato il veicolo a un palo della luce con una catena si avvicinò al piccolo portoncino d’ingresso. Citofonò, e attese risposta dall’altro lato. Sentì il ricevitore che veniva sollevato " Sono Stefania" e dopo un po’ si sentì il classico click che apriva il portoncino. Attraversò il piccolo giardino con calma, i vasi delle piantine di sua nonna erano sempre uno spettacolo da vedere, il silenzio di quella casa la rilassava, abitavano vicino al mare tutte e due, quell’amore in comune le aveva sempre unite, da quando sua madre e suo padre non c’erano più, sua nonna era rimasta la parente che era riuscita a prendere il posto dei genitori. Girò attorno la casa ed entrò dalla porta-finestra posteriore della cucina, sua nonna era seduta al tavolo e stava sbucciando dei limoni, si preparava a fare il suo squisito limoncello " Ciao nonna" " Ciao amore mio, scusamni ma sto facendo il limoncello. Tania è stata così gentile e mi ha comprato l’alcool" Tania era l’amica di vecchia data della nonna non si era mai sposata e da quando la nonna era rimasta sola si era sempre presa cura di lei. " Ciao Stefania cara" " Ciao Tania tutto bene? " Si come sempre, ci stavamo preparando per l’estate. Quest’anno vorremmo mettere un gazebo fuori per sfruttare le belle serate e mangiare fuori" " Oh si certo abbiamo questa fortuna..." Le rispose Stefania indicando il giardino. " Gli studi come vanno?" " Tutto ok! In questi giorni sono stata un po più libera perché il mio professore non c’è. E' a Milano, quindi in laboratorio possiamo un po’ respirare e siamo più liberi." " Mangi qua vero?" " Si nonna grazie aspetta che preparo la tavola." Si alzò e cominciò a prendere tovaglia posate e tovaglioli. Sapeva perfettmanete dove trovare tutto quello che le occorreva, aveva vissuto molti anni in quella casa e infatti dopo meno di dieci minuti era già tutto pronto, nel frattempo Tania aveva preparato il pranzo, la pasta con il sugo e la caponata furono messe in tavola e tutte e tre cominciarono a mangiare. " Accendi la tele Tania per favore sta per cominciare il telegiornale" Come molte altre donne della sua età, la nonna preferiva vedere il tg locale anziche quello nazionale, meglio le notizie di casa nostra che quelle di paesi lontani e stranieri ripeteva sempre. Lo schermo della televisione prese vita. Il giornalista stava leggendo i titoli, dalle solite manovre della giunta regionale per far quadrare i conti ai classici arresti per mafia, sempre le stesse cose pensò la ragazza. Stava per rimettersi a mangiare quando l’attenzione sua e delle sue compagne di pranzo fu attirata dall’ultima notizia, il giornalista stava parlando di

un omicidio avvenuto in mattinata all’università " Un omicidio all’università… oh mio dio!" La nonna si girò verso lei come per assicurarsi che non le fosse successo niente " Aspetta nonna un attimo di silenzio fammi ascoltare" La ragazza alzò il volume del televisore, per ascoltare meglio la voce del giornalista " Il professore Bentivoglio, questo il nome del docente, è stato trovato morto stamattina nel suo studio in facoltà ucciso da un colpo di pistola." Le immagini sul televisore correvano, ma a Stefania sembrava che andassero a rallentatore, rivide l’ingresso che aveva visto quella stessa mattina, la stessa porta dalla quale lei era entrata, si accorse che la nonna e Tania la guardavano e le stavano dicendo qualcosa ma lei non sentiva le loro parole, cercò di alzarsi ma non ci riuscì,vide Tania che gli porgeva un bicchiere con dell’acqua e lo bevve tutto d’un colpo, piano piano si riprese. " Oh mio Dio gioia... le diceva la nonna accarezzandole il viso, sei diventata bianca in volto, mi hai fatto prendere un colpo.Ti vuoi distendere? " Che dicevano di quell’omicidio?" La ragazza cercava conferma di quello che aveva appena sentito in tv sperava di esserselo immaginato " Hanno trovato un certo professore Bentivoglio morto all’università" Le confermò Tania " E per questo che ti sei sentita male? Lo conoscevi? Era un tuo professore? Oh povera cara." " No peggio nonna! Stamattina sono andata alla facoltà di giurisprudenza a ritirare un pacco. L’ho posato all’ingresso. Me l’ha dato proprio il professore Bentivoglio. Mi ci ha mandato il mio professore che rientra domani da Milano come ti ho già detto. Se la morte risale a stamattina, è possibile che sia stata l’ultima persona a vedere il professore vivo, e che io stessa mi sono salvata per miracolo, è possibile che l’omicida sia entrato dopo che io me ne ero appena andata " Oh mio Dio!La mia bambina, dio ti ringrazio." La donna quasi la prese di forza, anche se Stefania non capì dove la donna anziana avesse ancora quelle forze, e se la strinse al petto. " Dio ti ringrazio la mia bambina" continuava a ripetere la nonna. Erano tutte scioccate. Tania fu la prima a riprendersi " Forse dovresti andare dai carabinieri, è possibile che ti vogliano sentire, forse vorranno sapere da te se il professore era strano o qualcosa che non andava non so" " Stamattina era tutto a posto, nulla di strano insomma, ci siamo visti per dieci minuti e neanche, il tempo che mi ha consegnato quello che mi doveva dare e poi me ne sono andata." Stefania sapeva che cercava di giustificarsi, volevo gridare al mondo che lei non c’entrava nulla con tutta quella storia. Lo diceva più per convincercere se stessa che le due donne anziane " Lo so cara, lo so. Non preoccuparti." disse la donna " Ma è possibile che ti vogliano sentire lo stesso i carabinieri, lo sai come vanno queste cose..." Veramente non lo sapeva proprio e ora che ci pensava non aveva intenzione di andare dai carabinieri. Maledetta Tiziana se non fosse stato per lei io neanche dovevo andarci da quel dannato

professore.. Perche ho risposto a quella cavolo di telefonata. Nello stesso momento suonò il telefono, era prorpio Tizi. Andò nella stanza accanto. " Stefi tutto a posto hai visto la tele?" " Si Tizi tranquillla io sto bene l’ho saputo ora pure io, ho sentito al telegiornale la notizia. No ora sono da mia nonna. Si stamattina tutto ok, mi ha dato un cofanetto, nulla di strano, e me ne sono andata ti assicuro che era tutto normale. No, non so se andrò dai carabinieri anche se mia nonna e Tania hanno insistito che ci vada" " No lascia stare non intrometterti in queste cose, aspetta il professore, dagli quel cofanetto e poi vedi che ti dice lui. Ok ci sentiamo dopo." Tornata a tavola riprese il pranzo da dove l’aveva interotto anche se a dire la verità non aveva molta fame. L’argomento della giornata naturalmente era l’omicidio, la nonna e Tania cercavano di convincerla a non preoccuparsi, lei non c’entrava nulla con quella storia doveva stare tranquilla, ma doveva andare dai carabinieri. Una volta finito il caffè decise di andarsene, salutò sua nonna eTania. " Ciao nonna tranquilla domani vado dai carabinieri e spiego tutto" " Stai attenta amore ti prego" " Ok non preoccuparti" " Ciao Tania ci vediamo presto" " Ciao gioia e mi raccomando." Detto ciò, uscì si diresse alla moto e dopo aver tolto la catena si diresse alla sua facoltà.

Capitolo 10

L’adrenalina nel sangue era una sensazione che lo aveva sempre eccitato oltre ogni limite, gli permetteva di sentirsi un superuomo, la scoperta appena fatta lo aveva eccitato, doveva portare l'anello subito al suo capo, aveva dovuto uccidere il professore, è vero, l’unico collegamento che avevano con lo stupor mundi, ma ora avevano la chiave e avevano il nome di chi aveva la mappa. Aveva dimostrato, se ne aveva bisogno, che era ancora il migliore. Appena arrivato in albergo Hector si diresse subito nella stanza all’ultimo piano riservata al capo, mentre si dirigeva verso la suite di Von Beckett incontrò Glenda nel corridoio. " Come e andata? Il professore ti ha rivelato l’ubicazione dello stupor mundi?" " Quell’idiota ha preferito andare a fare visita ai suoi antenati" Lesse la delusione nel volto della donna. Non rivelò subito cosa aveva trovato nell’appartamento del professore, voleva godersi quel momento, nel frattempo arrivarono davanti la porta della stanza e bussarono la porta della suite si aprì. Un uomo, il maggiordomo personale di Von Beckett li fece entrare. La stanza era semi buia, il vecchio magnate tedesco seduto sulla poltrona in vestaglia stava immobile e fissava il vuoto, senza dire una parola quando vide i due ragazzi entrare accese la televisione, lo schermo prese vita. Un tg regionale parlava dell’omicidio avvenuto quella mattina all’università. Tutti si girarono verso Hector " Spero che i risultati siano stati migliori di quello che ho sentito alla televisione," a parlare fu Von Beckett,con la sua voce un tempo forte e asciutta, ora quasi atona, "finora non mi hai mai deluso, non farlo ora." Glenda stava con il capo chino, si aspettava che il ragazzo cominciasse a cercare qualche scusa, stavolta aveva fallito, dopo tanti anni e tanti successi, e invece quello che sentì la lasciò prima stupefatta, poi eccitata. " No Von Beckett! Come sempre ho portato a termine il mio compito" Glenda si girò di scatto a guardare il ragazzo "Allora l’hai trovato!" Gli chiese " No!" La corresse il ragazzo, e si frugò nella tasca con ancora indosso i guanti che aveva usato nell’appartamento del professore per non lasciare tracce " Ma ho trovato la chiave!" Ed estrasse un anello. Con un agilità che nessuno gli attribuiva più, Von Beckett scattò dalla sedia e con una mossa felina strappò l’anello dalla mano del ragazzo. Si diresse alla finestra spalancò la tenda e osservò l’oggetto con attenzione alla luce del caldo sole siciliano. " Si è lui! L’anello del Cavaliere, di uno dei due Cavalieri. L’anello appartenuto alla mia famiglia è negato da quegli sporchi spagnoli tanti anni fa. Ora finalmente è tornato nelle mani del suo vero e degno padrone." Detto ciò lo

indossò. Ai due ragazzi e al maggiordomo presenti sembrò quasi che l’anello avesse dato nuova linfa vitale al vecchio, sembrava che le forze fossero tornate in lui, il vecchio si girò di scatto verso i presenti nella stanza, a Glenda sembrò che gli occhi di Von Beckett fossero nuovamente animati da quel ghiaccio di cui si era perdutamente innamorata tanti anni prima " Altro mio diletto Hector?" " No per ora no. Ma ho trovato un nome che può condurci alla pergamena. Stefania. A casa del professore ho trovato questo nome nella sua agenda,segnava un appuntamento stamattina ed era accompagnato dalle lettere S.M." "Stefania S.M. Stefania stupor mundi!" disse ad alta voce Glenda che aveva seguito la discussione "Precisamente" le rispose Hector. " Come la troviamo questa Stefania?" Intervenne Von Beckett. " Ho bisogno del suo permesso per entrare nel database dell’universtà della città, sono sicuro che sia una studentessa" disse Hector rivolto al vecchio padrone. "Ecco come penso siano andate le cose. Bentivoglio sa di essere in pericolo ha ricevuto diverse lettere da parte sua ricorda?" Il ragazzo si riferiva alle lettere che il suo padrone aveva spedito all’uomo, nella vana speranza di convincerlo che lui era l’erede e padrone di quello che Bentivoglio, Giuffrè e la loro congrega difendevano da secoli. Dalle ricerche svolte, Von Beckett infatti aveva scoperto che la congrega era ata in mano di Giuffrè e Bentivoglio. Come tradizione, a capo della congrega c’erano sempre due uomini che venivano chiamati, Cavalieri, e si dividevano la presidenza sei mesi l’uno, sei l’altro. Il aggio di poteri era sempre accompagnato dallo stupor mundi, chi decideva portava sempre la chiave principale dello stupor, le chiavi erano due, una principale in mano del Cavaliere capo, l’altra in mano del suo vice. Von Beckett aveva scoperto che Bentivoglio in quel momento era a capo della confraternita il tedesco aveva spedito diverse lettere per cercare di convincere il vecchio professore che lui era il legittimo proprietario dello stupor mundi ma l'anziano professore si era sempre rifiutato di ascoltarlo. A quel punto il vecchio uomo aveva deciso di agire e aveva organizzato il viaggio con i suoi fidati collaboratori. " Quindi il vecchio professore sapendo di essere in pericolo ha preferito liberarsi della pergamena" continuò Hector. " Ma perché non consegnarla all’altro padre?" Si intromise Glenda. " Perché non è a Palermo, esclamò Von Beckett ormai completamente ripresosi. " Bentivoglio sospetta già che Hector sia un mio uomo, sanno che siamo sulle loro tracce. Quindi sa che deve liberarsi della pergamena, meglio non averla quando si incontrerà con Hector, anche sotto tortura non puoi consegnare ciò che non hai. Quindi contatta il suo collega che però appunto non è a Palermo, un nostro contatto l'ha mandato su una falsa pista lontano dalla città, ma sanno che stiamo per arrivare devono fare una mossa. Un qualche cosa, che però nello stesso tempo non ci insospettisca, dopotutto loro non sanno fino a

dove arrivano le nostre conoscenze, devono far uscire la pergamena dal cerchio della loro congrega, ma nello stesso tempo averla sotto controllo. Usano una tecnica già usata altre volte dalla congrega. Consegnano il materiale a una persona di cui possono fidarsi che però è all’oscuro di tutta questa storia, e il gioco è fatto. Una volta che il pericolo sarà ato potranno recuperare la pergamena con tutta calma. Quindi deve essere una persona che possono contattare in qualsiasi momento e velocemente, un loro studente per esempio" " O studentessa, aggiunse Hector, Stefania per esempio" " Esatto!" Von Beckett riprese il suo ragionamento "La ragazza arriva stamattina in facoltà, prende la pergamena e se ne va ignara di tutto. Bentivoglio è tranquillo il suo tesoro è salvo. Ora può ricevere la visita di quello strano giornalista. Se le sue intuizioni sono fondate ha appena salvato il tesoro, se il giornalista invece e chi dice di essere potrà tornare in possesso del suo tesoro con una semplice telefonata. Quindi riceve la tua visita Hector, cerca di farti perdere tempo, nel frattempo la ragazza si allontana e il gioco è fatto. " Ecco perché devo entrare nel database dell'università. Cerchiamo questa Stefania, sarà studentessa di Bentivoglio o Giuffrè e il gioco è fatto, anche se so che non sarà facile vediamo questa strada a cosa ci porta, in caso abbiamo sempre la possibilità dell'altro cavaliere. Dobbiamo solo attendere che il professore ritorni e si incontri con la ragazza, appena lei gli darà il manufatto noi saremo lì ad aspettarli." Von beckett stava riflettendo poi diede i suoi ordini " Conviene mettere qualcuno sulla tracce di Giuffrè scoprite quando torna in città, Glenda occupatene tu. Tu invece Hector vai al laboratorio, usa tutti i mezzi a nostra disposizione ma trova quella ragazza." La vecchia tigre tedesca era tornata a dare ordini al suo esercito, detto ciò l'anziano uomo tornò davanti la finestra con il suo anello al dito, segnando di fatto la fine della riunione. Un ghigno si disegnò sul volto del vecchio uomo. Uscendo il ragazzo si girò verso Glenda. Tutto come previsto, più facile del solito diceva il loro sguardo.

Capitolo 11

La casa era sottosopra, oltre a tutti i carabinieri presenti che rovistavano tra le varie scarttoffie era evidente che qualcuno prima di loro fosse stato già là. Magari per cercare quel qualcosa che aveva cercato all’università ma che il professore non aveva consegnato. Luca intuiva come erano andate le cose si era già fatto un quadro dell'accaduto, ma le risposte principali rimanevano ancora avvolte da un velo di mistero. Perche il prof era morto, cosa nascondeva, cosa cerca il suo omicida, da chi era stato mandato, o aveva agito da solo? Le domande erano ancora troppe. Entrato nello studio del professore si diresse alla scrivania. A differenza delle altre stanze lì era tutto sistemato o comunque tutto come lo aveva lasciato il padrone di casa si supponeva. Si sedette alla scrivania e cominciò ad aprire i cassetti, nulla che attirasse la sua attenzione lo fermò nel suo rovistare, mentre era chino sull’ultimo cassetto vide l’agenda aperta al giorno odierno, una scritta lo attrasse, Stefania SM e un orario mattutino. Quindi il professore aveva si ricevuto visite all'università, e Stefania poteva essere benissimo il nome del suo omicida, l’inchiesta proseguiva. Mentre era immerso nei suoi pensieri un giovane suo collega lo riportò alla realtà, " " Luca abbiamo il video dell’università, lo hanno consegnato poco fa in ufficio. I ragazzi della omicidi ne hanno fatto una copia come richiesto dal capitano, ci stanno già lavorando" " Grazie Alfredo io vado allora, voi appena avete finito chiudete tutto e mettete i sigilli." Il capitano Tacchi aveva preferito rientrare in ufficio prima. Aveva mandato Luca solo all'appartamento di Bentivoglio, a dimostrazione che si fidava ciecamente dei suoi uomini. Rientrato in ufficio Luca si diresse alla stanza del capitano, era sicuro che fosse ansioso di ricevere notizie in merito al sopralluogo. " Capo ho lasciato ora i ragazzi a casa del professore stavano finendo!" " Ti sei già fatto un'idea?" Chiese ansioso l’ufficiale " Sembrerebbe un omicidio commesso per cercare qualcosa che il professore si è rifiutato di consegnare, magari qualche incartamento processuale su un pregiudicato ma ci stiamo ancora lavorando" " Bene Luca, accomodati" rispose il capitano che attendeva che la porta si richiudesse alle spalle del suo segretario. Una volta soli il tono tra l’ufficiale e il suo stretto collaboratore cambiarono. " Siediti Luca e dimmi tutto." " Abbiamo trovato il corpo nell’aula del professore come ha potuto verificare lei stesso, chiedendo a qualche collega del Ris mi hanno assicurato che il professore si è difeso dal suo aggressore ma ha avuto la peggio. A casa del professore poi, abbiamo trovato tutto sottosopra come se qualcuno avesse

cercato qualcosa, qualcosa che il professore non ha voluto consegnare. All’inizio ho pensato a qualche incartamento su un processo, ma da quel che ne so il professore non esercitava, quindi mi domando cosa?" " Secondo me la professione del professore c'entra ben poco con tutta questa storia, ci deve essere altro." " Ho anche saputo in facoltà che il professore ha ricevuto in mattinata due visite, a casa sua ho trovato nell’agenda in corrispondenza di oggi un nome Stefania S.M. scritto in rosso. Sarebbe il caso di indagare." " Si! Non lasciamo nulla al caso vediamo a cosa ci porta questo nome. Notizie dal video del circuito chiuso della facoltà?" " I ragazzi ci stanno lavorando ho preferito prima are da lei per aggiornarla" " Ottimo ottimo, ora vai e qualsiasi cosa fammi sapere" Appena rimasto solo nella stanza, l’ufficiale alzò il telefono e compose un numero di cellulare, dall’altra parte una voce amica gli rispose . " Si! Hanno già aperto le indagini" " C'è qualche elemento che ci colleghi a questa storia?" Chiese la voce dall'altra parte del telefono " No! Per ora nulla che ci colleghi e che metta in pericolo la congrega. Purtroppo Bentivoglio è morto" Il silenzio corse lungo la linea telefonica entrambi gli interlocutori amici stretti del professore rimasero in silenzio, ognuno a modo loro pensava all’amico che non c’era più. Il primo a riprendersi fu Tacchi " Tu quando rientri?" " Stasera sera con l’ultimo aereo" " Ok mando qualcuno a prenderti" " No meglio non attirare l’attenzione su di noi, prendo un taxi"

Capitolo 12

La stanza rettangolare era piena di scaffalature dove erano riposti vari cartoni con all’interno bobine. Quelle bobine erano dei veri e propri documentari sui monumeti cittadini che dovevano essere protetti. Luca sapeva che tutti i monumenti dai più in insignificanti a quelli più famosi erano stati catalogati e recensiti in quel laboratorio che era il regno di Cristina. La giovane collega si avvicinò con il suo camice bianco e lo baciò sulla guancia, se non fosse stato per il luogo dove si trovava e i gradi esposti sulle spalline suoi e dei colleghi che lavoravano nel laboratorio si poteva facilmente scambiare quel posto per una sala d’ospedale. Tra Luca e la donna era nato un profondo senso di amicizia legato dall’amore che avevano entrambi per la loro città che dovevano difendere oggi più di prima, da tutti. La loro amicizia non era mai sfociata in una relazione non sapevano neanche loro bene perché, semplicemente un giorno avevano deciso di non fare il salto di qualità e il loro rapporto si era assestato alla voce amicizia. " Ciao Luca come mai da queste parti?" " Volevo informazioni sul video dell’università" " Si me lo hanno consegnato poco fa" " Quindi?" La incalzò il giovane ansioso di portare notizie al capo " Beh gente che entra, ce ne tanta, così come gente che esce dobbiamo capire chi cerchiamo noi." Entrambi si sedettero al tavolo e presero ad osservare la piantina del piano terra della facoltà. " Dunque chi entra e vuole andare dal professore deve fare questo tragitto" indicò la ragazza con il dito " ho segnato le telecamere che ci possono interessare quelle che inquadrano le zone lungo il tragitto" " Perfetto!" Luca vide dei cerchi rossi segnati sulla cartina con un numero " Il numero indica la telecamera che ci interessa, non ci rimane che sorbirci ore e ore di video nella speranza di notare qualcosa di interessante. Per ora non abbiamo altro su cui lavorare purtroppo." Detto ciò i due ragazzi si sedettero davanti il computer e diedero inizio alla visione, le immagini cominciarono a scorrere popolate da una miriade di persone, tutte sembravano muoversi senza una meta. Tra quelle, Luca sapeva c’era la persona che lui cercava. C’era la sua Stefania.

Capitolo 13

Il tragitto in moto fu una vera tortura la mente vagava e sondava tutti i risvolti di quella vicenda, ma la realtà per una volta era peggio. Quella mattina lei, Stefania, era stata l’ultima persona a vedere vivo il professore Bentivoglio prima che questi venisse barbariamente ucciso. Che doveva fare? Andare dai carabinieri, e per dire cosa? Che era uscita dalla stanza mentre magari l’assasinio entrava? E se non le avessero creduto, se la polizia o i carabinieri avessero sospettato di lei? No, meglio stare lontano da tutte le caserme, d’altronde il professore sarebbe rientrato quella sera stessa, e ne avrebbe parlato con lui, era strano, ma ora si accorgeva come il prof. avesse un grande ascendente su lei e i suoi compagni di laboratorio. Era come se quell'uomo si fosse creato una nicchia di fedelissimi e che loro aspettassero lui per qualsiasi decisione, più ci pensava e più era sicura che aspettare il professore era la scelta giusta. Lui l’avrebbe aiutata. Giunta a destinazione salì al primo piano e si diresse alla stanza del professore Giuffrè dove vi trovò come sperava Letizia. Appena la collega la vide scattò dalla sedia " Stefi ma che e successo? Ho visto il tg" " E lo chiedi a me! Sei stata tu a mandarmi da quel maledetto prof. E ti assicuro che quando me ne sono andata era vivo e vegeto." Letizia capì dal tono stridulo della voce, che la collega era sull’orlo di una crisi di nervi. " Vieni siediti e vediamo cosa fare." " E cosa vuoi fare, bisognerebbe andare dai carabinieri e dire che io sono andata dal professore ma che quando sono andata via questo era vivo e vegeto, io non c’entro niente" Cominciò a piangere. Letizia si avvicinò all’amica e poggiatasi la testa sulle spalle le accarrezzò i capelli " Lo so cara che non c’entri nulla tranquilla. Facciamo una cosa, stasera arriva il professore, lo andiamo a prendere e appena possiamo gli raccontiamo cosa e successo, così vediamo, lui cosa ci consiglia che ne pensi?" Stefania si asciugò gli occhi, ricambiando il sorriso dell’amica, rincuorata si tranquillizzò tra le pareti del loro laboratorio.

Capitolo 14

Dopo essere uscito dalla stanza del suo padrone Hector si diresse al piano di sotto, nella stanza che gli uomini di Von Beckett avevano adibito e trasformato in un efficientissimo laboratorio. Appena entrato rimase come sempre un attimo stupito, se non fosse perché sapeva di essere in un albergo avrebbe giurato di essere in un laboratorio ultra moderno. La stanza in pochi giorni era stata riempita di computer e attrezzature varie che permettevano al conte e a tutto il suo staff di essere sempre collegati con qualsiasi parte del mondo e avere a disposizione sempre le ultime tecnologie e naturalmente i migliori uomini sul campo. A nessuno al di fuori dello staff era permesso entrare, il servizio di pulizia dell’albergo era stato avvertito che in quella stanza per il periodo di soggiorno del conte era vietato entrare. Hector sapeva cosa fare e soprattutto cosa cercare, sapeva anche che nel gioco erano entrate altre squadre. Per lui quella vita era tutto un gioco, uccidere cercare e servire il suo padrone era un gioco del quale il suo organismo aveva bisogno. Sapeva che i carabinieri avevano già trovato il corpo del professore e aperto un inchiesta, immaginava pure che in quel momento qualche tecnico stipendiato e annoiato stava visionando i video del circuito chiuso della facoltà per cercare qualcosa, ma a differenza di loro lui sapeva cosa e soprattutto chi. Si sedette vicino ad una graziosa ragazza, tedesca anche lei ovviamente. " Ingrid dobbiamo collegarci e biare il sistema a circuito delle telecamere di questo palazzo." La voce gelida che dava ordini, Hector sapeva come trattare i dipendenti del conte, e tutti sapevano che gli ordini di Hector erano come ordini impartiti dal conte stesso. Mostrò il foglietto alla ragazza la vide battere sulla tastiera vari dati che permettevano a quel computer di collegarsi al server principale dell’ufficio che interessava loro e vedere tutti i video o qualsiasi altro dato. Tante volte avevano cambiato dati bancari a loro favore o spiato nemici da eliminare, quei computer erano la mente del conte, da quella stanza Hector e il conte avevano studiato piani e azioni che avevano reso l'anziano uomo temuto e rispettato, e ora che il conte si apprestava a svolgere la sua ultima avventura aveva bisogno più che mai di quei computer. La ragazza si girò, Hector vide che sul monitor erano apparse le immagini di quella mattina all’università " Vai fino alle 11, minuto più minuto meno, dovrebbe essere quella l’ora in cui la persona che cerchiamo e andata all’università." Il video andò avanti veloce, all’ora impostata rallentò e cominciò a scorrere a velocità normale, molti ragazzi entravano o uscivano, chi si fermava

a parlare, chi beveva, tutti erano ignari protagonisti di quel film muto. Ad un tratto una ragazza attraversò l’ingresso e si diresse alla guardiola del custode. Hector la notò subito. " Segui quella ragazza" indicò Hector sul monitor. Il tecnico studiò le varie telecamere e le impostò tutte insieme. Sul monitor diviso in tanti quadrati le varie telecamere rimandavano le immagini dell’area che riprendevano " Dammi la uno, tre, cinque!" Subitò la ragazza batte sui tasti del computer, sul monitor diviso in tre parti si vedeva l’ingresso, l’atrio principale e una porta, la ragazza che avevano cercato attraversò le varie videocamere in sequenza perfetta fino a fermarsi davanti la porta inquadrata dalla telecamera cinque, poi entrò. " Ok manda avanti veloce la cinque fino a quando la ragazza esce." Hector era sicuro di avere trvato la sua preda, un formicolio alle mani che aveva sempre quando cacciava e trovava l’obiettivo era la sua prova, sapeva o imagginava come erano andate le cose quella ragazza era entrata il professore gli aveva consegnato quello che loro cercavano e poi era andata via ignara di esssere scampata alla morte, ma purtroppo per lei aveva solo rinviato il suo destino. Il video cominciò a scorrere di nuovo normale. " Ecco che esce" disse il tecnico. Come si aspettavano la ragazza uscì dopo una decina di minuti neanche, la videro are di nuovo dalle telecamere tre e uno e poi uscire. " Vedi se puoi seguirla fuori, dovrebbe esserci una telecamera sul portone d’ingresso." Hector ormai era un esperto di queste cose, sapeva che tutti gli uffici del mondo in barba alle leggi sulla privacy mettevano una telecamera per inquadrare il tratto di strada davanti l'ingresso. La gente veniva ripresa e non poteva farci niente, i governi di tutto il mondo avevano imposto varie leggi sulla privacy ma i primi loro non rispettavano le loro stesse leggi. Ecco come era il mondo, gentile ed educato solo di facciata, Hector questo lo aveva capito sin da piccolo e ne aveva tratto vantaggio, il mondo è disonesto, allora sii disonesto piu di lui, ti truffa, truffalo prima tu. Questa era la sua religione, e il suo credo. " La telecamera che ci interessa e su un circuito esterno, aspetti che ci lavoro" " In fretta Ingrid so che sei una delle migliori non mi deludere" La ragazza arrossì a quel complimento e si sentì invogliata ad aiutare il suo capo. In privato le ragazze dell’entourage del conte, tutte quante amavano Hector. Era il più ambito di quella piccola città che si spostava di continuo al seguito del conte. Molte di loro fantasticavano di portarselo a letto. Il ragazzo venuto dalla strada e diventato il braccio destro del conte. Nessuno sapeva di specifico che ruolo svolgesse all’interno della vita del conte quel ragazzo misterioso, ma tutti sapevano che Hector era gli occhi, le orecchie e le braccia del conte. Hector sperava che la telecamera fosse riuscita a riprendere la moto o la macchina sulla quale era salita la ragazza. Se aveva fortuna poteva pure essere stata inquadrata la targa del mezzo con cui la giovane ragazza si era allontanata, e da questa risalire biando il server centrale della

motorizzazione della città al nome completo della ragazza. Una volta avuto il nome e i dati della ragazza rintracciarla sarebbe stato un gioco da ragazzi. " Eccola che esce" " Perfetto seguila" Hector diede una pacca sulla spalla della ragazza. Vide la sua preda scendere i gradini della scalinata e uscire dall’inquadratura. " Purtroppo la telecamera non la segue non c’e altro." Hector era pensieroso. Come poteva risalire a quella ragazza, sapeva che era lei la chiave di volta di tutta quella storia. " Possiamo provare con il riconoscimento facciale!"Disse Ingrid cercando di essere di aiuto il più possibile a quel bel ragazzo. Hector ci aveva già pensato, ma era una procedura che richiedeva più tempo. Sostanzialmente il computer prendeva un fotogramma che ritraeva la faccia della persona, e gli si dava un database dove rintracciare quella persona stessa il computer analizzava vari aspetti delle foto che gli venivano forniti, come naso bocca distanza degli occhi ed estraeva le possibili foto. Ma dove prendere le foto che gli servivano per la comparazione. Come se la ragazza gli avesse letto nel pensiero gli disse. " Possiamo usare il database dell’università. Tutte le segreterie delle università ormai hanno un database con le foto dei loro iscritti." La ragazza lo sapeva,più per esperienza personale. Era lei stessa iscritta all'università e sperava un giorno di laurearsi in ingegneria informatica e scalare i gradini della società del conte fino ad avere un posto dirigenziale, come l’uomo che le stava davanti. " Possiamo interfacciarlo con i nostri computer e vedere cosa ne esce fuori." " Ok Ingrid hai il permesso copri bene le nostre tracce mi raccomando nessuno deve risalire al conte." La ragazza si mise subito al lavoro. Uscito dalla stanza Hector si diresse nella sua stanza aveva bisogno di riposo prima di rimettersi sulle tracce della sua prossima vittima.

Capitolo 15

Luca non ne poteva più, era da più di un ora che lui e Cristina stavano visionando quel video ma fino a quel momento non avevano trovato nulla. Ragazzi che entravano e uscivano, chi parlava chi rideva, ma nulla e nessuno che fe qualcosa che attirasse la loro attenzione, cercavano una ragazza sconosciuta in mezzo a milioni di ragazze sconosciute. " Così non ce la facciamo! Abbiamo bisogno di qualcosa in più per sapere cosa cerchiamo, Cristina bloccò il video Luca si alzò e andò alla scrivania, guardava la mappa della facoltà un foglio bianco con tante linee dal quale sperava di trovare qualcosa, quel video e quella mappa avevano le risposte sulla ragazza che stava cercando bisognava porre solo le domande giuste, dalla giusta visuale. " Nulla! come era immaginabile troppe persone che entrano o escono, l’unica che potrebbe portarci a qualcosa e quella ragazza di cui conosciamo il nome, Stefania, ma nient'altro" Ragazze che entravano o uscivano ce ne erano chi con un libro chi con un foglio, ma chi era Stefania tra tutte quelle e poi anche se avessero visto la loro Stefania entrare e uscire nel video come sarebbero arrivati a lei, avrebbero comunque avuto solo un fotogramma era una pista chiusa Luca lo sapeva, ma allora che fare, non voleva deludere il suo capo. Era un caso al qual teneva tanto lo aveva già dimostrato in molte altre discussioni, già il fatto stesso che se ne stessero occupando loro e non la sezione omicidi era un evento. No! Doveva portare qualcosa al suo capo a costo di imparare a memoria quel video. Si risedette. " Segui il mio ragionamento, disse rivolto alla collega, in mattinata ho un appuntamento con una ragazza non so se organizzato da me o da lei, nel primo caso e perché devo consegnare qualcosa, quel qualcosa che qualcun altro vuole e che è pronto a uccidere per averlo, ipotizziamo. Che faccio? Devo portare l’oggetto lontano da me, casa mia o il mio ufficio possono essere perquisite e l’oggetto trovato, la mia morte sarebbe inutile" " Si! ma cosa devo far sparire, Cristina cercava in tutti i modi di aiutare il collega, un libro?un Quaderno?un disegno? In quel video c’e di tutto, c’e pure una ragazza che entra a mani vuote e se ne va con uno zaino, forse pure rubato" " Un momento! Luca aveva fiutato qualcosa Cristina lo sapeva, lo aveva capito dallo sguardo del collega, se io devo far perdere le tracce di un oggetto che possiedo e che altri vorrebbero non lo darei a te e nemmeno a nessuno dell’ufficio, tranne se non fossimo almeno un centinaio di colleghi" " Non ti seguo Luca" " Io si! Prendiamo l’incartamento sul professore" I due colleghi si sedettero al tavolo al

centro della stanza " E' diventato capo del suo ufficio fammi controllare 5 anni fa, Cristina leggeva da un foglio. Si! E al suo dipartimento lavorano effettivi, Luca scorse il foglio con il dito, perfetto solo due persone, due ragazze " Pensi che l’oggetto l’abbiano loro" " No! Vedi, anche tu hai fatto un ragionamento che avremmo fatto tutti a prima vista" " Luca non ti seguo sei contorto" " Ok ascoltami. Sono in pericolo vogliono qualcosa che io ho. E lo devo far scomparire, non lo posso consegnare ai miei due collaboratori, sarebbero i primi due sospettati subito dopo la mia morte, come hai pensato tu poco fa. Il tesoro deve uscire dal mio cerchio, arrivare a una persona esterna, sempre contattabile però. " Giusto! Noi abbiamo controllato solo le persone dentro l’università, che entrano e poi escono dall’ufficio del professore. Ma di quelle, chi viene da fuori? Chi entra e poi esce? i due colleghi si sedettero di nuovo davanti al monitor speranzosi, " Ok dammi solo la videocamera cinque quella puntata sulla stanza del professore, il video partì, ecco la prima persona indicò Luca " Ok ora dammi la sei, la videocamera dell’esterno, il video partì i due colleghi sapevano finalmente cosa cercare, " Ecco la nostra amica, vediamo di seguirla nelle altre videocamere entra in facoltà alle 08:45, dal professore la vediamo alle 10:30, no troppo tempo noi cerchiamo qualcuno che entra prende l’oggetto e se ne va. Lo so è un filo di paglia che tiene una montagna ma al momento non ho altro su cui ragionare" Cristina seguiva l’amico che vedeva speranzoso e cercava di aiutarlo come meglio poteva " Ecco quest'altra è andata davanti i distributori automatici del caffè, non è lei. Torniamo alla cinque e vediamo chi altro entra, il lavoro andò avanti per altri dieci minuti, stanchissimi i due ragazzi decisero di fermarsi " caffè?!" " Si ne ho proprio bisogno, controlliamo quest’ultima dai e poi pausa ti porto a mangiare in un posto qua vicino favoloso l’ho scoperto l’altro ieri in una delle mie gite cittadine" Cristina amava Palermo come Luca e ogni tanto andava a farsi un giro nei vicoletti della città a scoprirne le sue meraviglie e i suoi segreti, questo Luca lo sapeva " Ok vediamo quest’altra le 11:00 coinciderebbe con l’orario dell’omicidio." " Eccola qua, sta parlando con dei ragazzi, forse colleghi, gira a destra, e poi sale le scale no non è lei, vediamo un'altra" " Aspetta!" L'urlo fece quasi trasalire la ragazza, guarda questa ragazza, è entrata poco dopo la precedente l’ho vista ferma al gabbiotto del custode nel video poco fa, dammi l’orario le 11:02 seguila dammi la tre, 11:06 eccola che entra dal professore" " Con i tempi del tuo ragionamento ci siamo" i due colleghi stavano fermi davanti al monitor occhi puntati sul video che mostrava la porta dell’ufficio del professore chiusa, entrambi speravano che la ragazza uscisse con qualcosa, non sapevano bene neanche loro cosa, un qualcosa che desse loro l’input per capire di averla trovata, la porta si aprì, un fiume di ragazzi ne uscì " la vedi?" " aspetta che rallento il video la nostra ragazza è rossa capelli

voluminosi" " occhi da intenditrice" " no da donna! non c’e, non mi sembra, no! è ancora dentro." I due colleghi tornarono a guardare il video che gli rimandava la telecamera cinque, la porta si richiuse dopo che uscirono tutti i ragazzi. 11:22 ancora nulla,poi piano piano la porta si aprì, " Eccola! " Cristina si era fatta prendere dall’entusiasmo del collega, " allora è lei" " aspetta vediamo dove va." Il video continuava a scorrere, la ragazza attraversò l’atrio si diresse alla porta e ne uscì inghiottita dai limiti dell’obiettivo della telecamera " ed ecco la nostra Stefania S.M. ora ci serve qualcosa per identificarla" " ma sei proprio uno schiavista, mi avevi promesso un pranzo da favola" " dai collega, ti vuoi arrendere ora che siamo vicini alla meta? Ti prometto una cena da favola" " non ti credo più! A parte gli scherzi Luca abbiamo il fotogramma della ragazza e ora?" " Intanto stampiamolo e poi vediamo" " Luca il tuo ragionamento di prima, è vero se sono in pericolo organizzo qualcosa per liberarmi dell'oggetto, ma se a organizzare l’appuntamento dal prof è la ragazza questo vuol dire solo una cosa…Cristina lasciò cadere le ultime parole " Lo so significa che l’assassinio è lei, un motivo in più per trovarla e farci spiegare un bel di cose" I ragazzi uscirono dalla stanza e si recarono al laboratorio dove una stampante collegata a un sofisticato computer avrebbe stampato il fotogramma con il viso della ragazza.

Capitolo 16

Stefania era ancora chiusa nell’ufficio presso l'universita e non voleva lasciarlo, quelle quattro mura le davano sicurezza, là dentro era lei sola. Il professore Bentivoglio, la sua morte, i carabinieri, erano tutti fuori, là dentro non esistevano. A un tratto il telefono squillò, indecisa su cosa fare se rispondere o no Stefania cercava di isolarsi dal mondo, poi il telefono per fortuna smise di suonare, era troppo stanca. Un altro squillo, questa volta il suo cellulare, leggendo il nome sul display, quasi non ci credeva rispose subito. " Professore! Oh mio dio, ma cosa è successo sono andata stamattina dove mi ha detto lei, ma poi…ha visto il telegiornale… " Si cara stai calma so tutto, non preoccuparti, ora ascoltami. Il professore ti ha consegnato un qualcosa, dove si trova?" La ragazza se ne era quasi dimenticata, " C'è l’ho io e... oh mio dio l’ho dimenticato da mia nonna" " Ok, meglio non preoccuparti, lascialo là l’importante che non lo dici a nessuno. Io arrivo stasera all’aeroporto alle 11:00, ci vediamo là e poi lo andiamo a prendere insieme, strada facendo ti spiegherò tutto. Avvisa tua nonna che arriveremo tardi, ah un'altra cosa, grazie di tutto e stai tranquilla si sistemerà tutto l’importante è che non ne parli con nessuno." Stefania posò il cellulare nella borsa, ora che aveva sentito la voce del prof era più sicura di sé stasera sarebbe andata a prendere il professore e insieme avrebbero spiegato tutto ai carabinieri, certo ora ripensandoci quasi le veniva da ridere, non doveva parlarne con nessuno le aveva detto il professore, come nei film, aveva solo voglia di andare a casa, e farsi una doccia. Prese di nuovo il cellulare e chiamò l' amica. " Letizia ti spiace se andiamo da te, ho voglia di andare a farmi una doccia" " Nessun problema Stefi stavo andando pure io facciamo strada insieme." Più volte Stefania rimaneva a casa da Letizia e viceversa, più volte l'amica l'aveva ospitata. Insieme le ragazze scesero e si immisero nella confusione pedonale di Palermo, la città era viva il periodo delle ferie ancora un po’ troppo lontano e il pomeriggio i Palermitani lo avano a fare eggiate per la loro splendida città. Via Roma una delle più commerciali strade di Palermo era affollata da una moltitudine di gente, e un miscuglio di razze che ormai era quella città. Cinesi e arabi ormai erano un tutt’uno con i palermitani DOC, a Stefania tutto ciò non dispiaceva, quella situazione non faceva che rispecchiare la vera natura di Palermo. Come nell’antichità, la sua città era stata il crocevia di civiltà che si incontravano e convivevano insieme, durante il regno di Federico II Palermo era il più importante porto del mediterraneo, e ancora oggi come allora accoglieva

con i suoi mille problemi quella moltitudine di razze. Arrivate davanti al portone di casa Letizia lo aprì con le sue chiavi insieme entrarono e si diressero all’appartamento della ragazza una mansarda all’ultimo piano affittata con un bagno, una piccola camera dove il letto matrimoniale occupava tutto lo spazio e il soggiorno unica stanza dove sedersi. Nessuna delle due ragazze, si accorse della macchina dall’altra parte della strada con all’interno un ragazzo che le osservava.

Capitolo 17

Luca era soddisfatto, con Cristina aveva trovato il volto della loro principale sospettata di quello strano caso. Certo sapeva poco o niente della ragazza del video, ma quantomeno se il capo lo avesse chiamato a rapporto aveva qualcosa da fargli vedere. Arrivato davanti la porta dell’ufficio la aprì, e girandosi per richiudere l’uscio, notò il foglio di carta di un block notes piegato in quattro sotto l’uscio. Strano che qualcuno volesse fargli uno scherzo pensò lo aprì. Lo stupore quasi lo fece cadere sulla sedia. La scritta era semplice, tre parole con inchiostro nero: Stefania Prestigiacomo, lettere. Strinse il foglio nel suo pugno. Qualcuno all’interno dell’ufficio sapeva più di quello che voleva far credere, qualcuno lo voleva mettere sulla giusta strada, perché? Se c’era una cosa che odiava era essere usato, a questo avrebbe pensato dopo, per ora doveva trovare questa Stefania, e ora non ci sarebbe voluto molto, dopo questo aiuto insperato.Senza pensarci due volte andò al laboratorio entrò nel database e cominciò a digitare alcuni campi per mettere il computer alla ricerca della ragazza. Nome: Stefania Cognome: Prestigiacomo Età:30-33 questo almeno sembrava dal video Professione: Studentessa. Digitando le lettere, in automatico comparve un altro campo da compilare Facoltà: Lettere. Diede invio e attese Sentì come se il computer cercasse tra vari volumi e tomi come in un enciclopedia. In realtà sapeva grazie alle fibre ottiche che in meno di un millesimo di secondo il computer cercava tra i vari server della città, milioni e milioni di identità, sapeva che era poco quello che possedeva, ma sperava di trovare un qualcosa, e poi l’uomo che gli aveva ato il biglietto segreto aveva scritto solo quello, quello che bastava a metterlo sulla giusta strada. A conferma dei suoi pensieri il computer terminò la ricerca. Tre Stefania Prestigiacomo, iscritte a lettere età compresa tra i 30-35 anni. Cliccó sul primo nome un link che lo condusse a un'altra schermata. Una scheda della ragazza con tanto di foto, la speranza tornò a crescere in lui. Guardò la foto senza leggere le note che gli rimandava il computer, avrebbe avuto tempo per quello la ram del pc caricò l’immagine. Una giovane ragazza dai capelli neri corti, iscritta all’università, non era lei, ò alla seconda. Anche in questa ò subito alla foto, attese che il computer caricasse l’immagine. Quasi non credeva ai suoi occhi, eccola la sua Stefania, come la ricordava dai fotogrammi del video, i capelli rossi mossi che risaltavano nella foto come nel video, stampò le informazioni che gli servivano, per sicurezza controllò l’altro nominativo, una ragazza dai capelli scuri anche lei

con i capelli corti come la prima. Ora aveva la certezza, quella che stava guardando in quel momento nella foto era la ragazza che la mattina aveva fatto visita al professor Bentivoglio che poco dopo era stato rinvenuto morto nel suo ufficio, non gli toccava che andarla a prendere e cercare di capire qualcosa in più di tutto questo discorso. Oltretutto i misteri non faceva che moltiplicarsi e le risposte rimanevano sempre poche, ora si era aggiunta una talpa a questo caso, chi poteva essere, ci avrebbe pensato dopo.

Capitolo 18

Chiuse l’acqua calda e fredda aperte insieme, una doccia era quello che le serviva , l’aveva rimessa in forma. In realtà dopo che aveva sentito la voce del prof. tutto sembrava come sistemato, bastava solo aspettare che tornasse da Milano e tutto sarebbe tornato come prima, strano pensò come quell’uomo riuscisse a calmarla e renderla più sicura di sé. Ricordava ancora quando lo conobbe, già da quel primo giorno aveva capito quanto lui con la sua voce e la sua personalità sarebbe stato importante nella sua vita. Lei giovane studentessa appena iscritta all'università, lui promettente professore dell’ateneo. " Una ragazza nervosa che aspetta l’esame non è mai un buon segno" le aveva detto quell’uomo affascinante in piedi davanti a lei seduta nella panca accanto alla porta della stanza nella quale avbrebbe dovuto sostenere il suo primo esame. " Mi scusi professore e il mio primo esame, spero di essere all’altezza." " Si è presentata, quindi non vedo perche debba andare male." La conversazione fu interrotta da una voce da dentro la stanza che chiamava lei Prestigiacomo prego" La ragazza si alzò " Spero vada bene" " Lo andrà di sicuro. Come dicevo poco fa al mio collega, una ragazza nervosa che aspetta l'esame è solo ansiosa di buttare fuori tutto il suo sapere che ha imparato,e a noi poveri professori non rimane che ascoltare e guardare in faccia la realtà, che altre persone ne sanno quanto noi o forse di più." Quelle parole ricordò, furono come una molla e le diedero la forza di sedersi e superare egregiamente il suo primo esame, quando si alzò oltre il cerchio di amici che si congratulavano con lei vide quello stesso professore che le strizzava l’occhio, aveva assistito a tutto l’esame. Uscita dal bagno sentì Letizia parlare al cellulare " Ok a dopo" " Chi era?" " Massimo! Siamo rimasti d’accordo che ci vediamo ai Grilli e poi decidiamo dove andare" " Io devo andare all’aereoporto a prendere il prof arriva alle 11, mi spiace se vuoi tu vai con i ragazzi io vengo con te e poi vado da sola" " Oh non è un problema posso accompagnarti pure io, stiamo con i ragazzi e poi ce ne andiamo per i fatti nostri. E poi meglio così, qualcuno si ingelosirà convinto che abbiamo di meglio da fare." La solita Letizia pensò Stefania, le due ragazze scoppiarono a ridere.

Capitolo 19

Hector era esausto, gli sembrava di avere cercato una per una tutte le Stefania di quella maledetta città, ma alla fine i suoi sforzi erano sati ripagati. Rinvigorito nell’animo camminava lungo il corridoio dell’hotel di lusso, il vecchio parquet scricchiolava sotto il peso della sua importanza, ancora una volta il suo padrone gli aveva affidato un incarico, ancora una volta lui lo aveva portato a termine. La carpetta che portava con tanta ammirazione era il suo trofeo, all’interno vi erano foto e documenti riguardanti quella ragazza, giovane e ignara, che ancora non conosceva il suo destino. Dall’esperienza accumulata nei suoi anni di attività, il giovane killer era convinto che la giovane donna fosse entrata in quella storia a sua insaputa, ma ben presto lui gli avrebbe fatto visita e allora tutto per lei sarebbe cambiato. Bussò alla porta, la voce da dentro la stanza lo invitò a entrare. Il conte era in piedi davanti la finestra, a Hector sembrava che da quando il suo padrone avesse indossato l’anello il suo corpo fosse ringiovanito " Hector, allora che mi dici?" " L'ho trovata, il ragazzo si godette quell’altro momento di gloria personale, ho tutto qui se vuole darle un’occhiata!" Porse la carpetta al suo padrone. " Glenda prendi la carpetta, studia con Hector un piano per prendere il manufatto alla ragazza e portatemelo fate presto." Negli occhi dell’uomo la giovane amante rivide quella stessa luce che anni prima l’aveva fatta innamorare perdutamente. I due ragazzi si guardarono e i loro occhi si scambiarono un cenno d’assenso. Insieme uscirono dalla stanza scesero le scale che portavano al pianoterra e si diressero alla salone che il conte aveva prenotato tutto per sé e il suo staff, aprirono la porta. Il salone degli specchi li accolse in tutto il suo lusso e splendore, delle vetrate davano l’accesso al giardino dell’hotel dove vi era la piscina in mosaico, il favoloso giardino dal quale si aveva una vista eccezionale della conca d’oro, era stato riservato al loro padrone. Le guardie personali del conte vigilavano 24 al giorno. Si sedettero a un tavolo e controllarono con lo sguardo se fossero soli " Tutto procede come previsto" iniziò la donna " Si effettivamente la morte di quel vecchio rimbambito non ci ha rallentato più di tanto, e il nostro piano procede a meraviglia. Con un po' di fortuna e pazienza, questa storia si rivelerà più semplice di quello che pensavo. Presero la carpetta con le informazioni sulla loro prossima preda. Era normale che il conte avesse affidato l’incarico a entrambi sia Hector che Glenda erano le persone adatte per quei lavori e il conte lo sapeva. Quando lavoravano insieme diventavano una macchina da guerra che difficilmente sbagliava, insieme escogitavano gli

agguati, insieme li mettevano in opera. Erano entrambi mente e braccio di quel duo. " Dobbiamo escogitare qualcosa che non lasci scampo alla ragazza ma dobbiamo essere sicuri che abbia il manufatto con sé o che ci riveli dove lo ha lasciato, in modo da poterlo in caso recuperare, poi potremo sbarazzarci di lei. Dobbiamo agire in fretta, prima che torni l’altro gran cerimoniere e consegni a lui il manufatto. " Allora che facciamo?" " Non preoccuparti qualcosa salta sempre fuori, in queste pagine vi sono tutte le informazioni su questa Stefania basta sapere dove leggere, e una volta trovata ti assicuro che non sarà lei il nostro problema." Insieme cominciarono a sfogliare le pagine del fascicolo che Hector aveva preparato. Come sempre notò Glenda, il ragazzo aveva raccolto una quantità immensa di dati sulla loro preda, sembrava quasi che rileggendo quelle pagine la donna avesse la giovane ragazza li davanti a lei, e che lei stessa raccontasse la sua vita, purtroppo come Glenda sapeva al termine di quella serata, di vita il suo giovane corpo ne avrebe avuto davvero poca. Dopo un po’ che leggevano Hector mise la mano sul braccio della donna. " Guarda qua, la ragazza abita da sola, non ci posso credere sembra più facile del previsto" In una frazione di secondo un piano per uccidere una persona prese vita in quei due cervelli pronti all’omicidio. Io vado a prendere la macchina ci vediamo qua fuori tu porta la carpetta al resto penso io.

Capitolo 20

La serata era piacevole il clima come sempre perfetto, l’estate stava per fare il suo ingresso e prendere il soppravvento sulla tiepida primavera. Il clima era stato sempre benevolo con quella terra, anche se in tempi moderni i siciliani non avevano saputo sfruttarne i lati positivi, in tempi ati grazie a quel clima Palermo era tutto un giardino. Molti poeti che avevano visitato la città dal tempo della dominazione araba sino alla fine del 18 secolo, l’avevano definita il salotto del mondo, oggi purtroppo una politica sbagliata e una classe dirigente mediocre aveva quasi abbandonato la città al suo destino. Palermo cominciava ad animarsi delle luci dei locali della movida, coppie di quattro cinque ragazzi camminavano per le strade della città, per iniziare la loro serata di svago e divertimento. Glenda quasi non credeva a quello che stava per andare a compiere, la pace di quella serata presto sarebbe stata interrotta dall’omicidio che lei e il suo amante stavano per compiere. I suoi pensieri furono interrotti dalla voce atona del navigatore. Hector guidava la macchina come un automa, la donna non sapeva chi, tra il navigatore e il ragazzo che aveva accanto avesse piu cuore. Ogni tanto si stupiva come un uomo senza sentimenti come Hector potesse amare lei. Viale Regina Margherita di Savoia li accolse con il suo rettilineo alberato, lo precorsero in tutta la sua lunghezza come comandato dal navigatore. Seguirono la voce del computer che alla fine esclamò: a 50 metri sulla sinistra arrivo. Hector rallentò un attimo, diede uno sguardo fuori poi proseguì, cento metri più avanti posteggiò e scesero. " Andiamo a presentarci a Stefania vediamo cosa ha da dirci" " Hector mi raccomando prima di tutto il disegno" Arrivati al portone della palazzina si avvicinarono al citofono e premettero il bottone corrispondente al cognome Prestigiacomo e attesero speranzosi. Niente il citofono rimase spento, provarono di nuovo " Cercate qualcuno?" Una voce dall’alto attirò i due giovani che alzarono lo sguardo " Si signora cercavamo Stefania, siamo amici venuti da fuori e volevamo farle una sorpresa" " È uscita e non l’ho sentita rientrare, quindi sarà rimasta come tutti i sabati da Letizia. La trovate sicuramente ai Grilli, sapete dov’è? È un locale per giovani, ci vanno spesso, anche mio figlio è della loro comitiva e mi racconta spesso che è il loro punto di ritrovo poi si organizzano e continuano la serata altrove provate là." " Grazie signora è stata molto gentile." Si allontanarono fingendo quiete " Visto il mio uomo, alle volte le parole sono meglio delle pistole?" " Sarà, ma io ho preferito mettere mano alla pistola una mossa sbagliata e la signora non avrebbe salutato

piu la nostra Stefania, comunque ora sappiamo dov'è la nostra preda iniziamo la caccia" Risaliti in macchina inserirono l’indirizzo del locale suggerito dalla signora e partitrono.

Capitolo 21

Stefania ancora non credeva a quello che le era successo la mattina, mentre attendeva Tiziana dentro la macchina che era ferma a un distributore automatico di sigarette ripensò alla giornata appena trascorsa e che ancora non sarebbe finita. Aveva sentito il professore prima di scendere da casa, lo avrebbe preso all’aereoporto di ritorno dal suo viaggio a Milano e poi sarebbero andati insieme dalla nonna, se si fosse fatto tropppo tardi avrebbero potuto ritirare il pacco consegnatole da Bentivoglio il giorno dopo, prima però aveva già deciso che il prof avrebbe dovuto darle delle spiegazioni. Un uomo era morto, un uomo a cui lei aveva fatto visita su richiesta del prof. Cosa stava succedendo? Cosa nascondevano i due professori? E chi li voleva morti? A tutte queste domande il professore avrebbe dovuto darle delle risposte. " Stefi ci sei?" " si scusami Tizi ero soprappensiero, mi stavi dicendo?" " Non pensare più a quello che ti è successo, stai tranquilla stasera arriva il prof e tutto si sistemerà. Mi spiace solo che sia stato io a mandarti là ma è stato proprio il prof a dirmi di te devi credermi" " Tranquilla Tizi, non ti ritengo responsabile ci mancherebbe, e che tutta questa storia continua a girarmi per la testa, e purtroppo sono più le domande che le risposte. Speriamo solo che il prof ci aiuti a capire. Comunque una spiegazione ce la deve." Un cellulare squillò " Rispondi tu saranno i ragazzi per sapere dove siamo" " Fede sono Stefi…si stiamo arrivando, ci siamo fermate un attimo. Voi prendete un tavolo ho bisogno di rilassarmi stasera poi ti racconto tutto a dopo" " Stefi non ti spiace se mi sento con Fede vero? Mi avevi detto che nonostante tutto non ti interessava e gliel’avresti detto" " Non ho cambiato idea su Fede la nostra è una semplice amicizia. mi è solo dispiaciuto che si era fissato con altro, ma già ci siamo chiariti." " E con Roberto come è finita?" " Ė finita! Abbiamo capito che non poteva andare più avanti e abbiamo preferito così." " Ah la mia Stefania ma che cerchi dagli uomini perché sei così “Complicata”" " Io non sono complicata! Ribatté ridendo…Non mi va di essere sbattuta e poi lasciata" " Oh beh io da Fede mi farei sbattere ben volentieri già me lo sto lavorando infatti" Le due ragazze scoppiarono a ridere Stefania sentì che ne aveva bisogno. Poco dopo giunsero al locale, posteggiarono e si diressero verso i loro amici.

Capitolo 22

Dopo essere uscito dal suo ufficio, notò che la luce sulla scrivanai del suo capo era ancora accesa. Bussò e subito fu invitato a entrare " Luca! vieni vieni che notizie abbiamo? Lo interrogò il capitano, che nel frattempo chiuse il portatile che aveva davanti sulla scrivania. " Ancora a lavoro capitano? Io stavo per uscire pensiamo di aver individuato la ragazza, stavo per andare a fare un sopralluogo per verificare" " Ottimo fammi sapere il prima possibile mi raccomando" detto ciò congedò il ragazzo. Uscendo Luca non capì perché, ma intuì di aver fatto la cosa giusta a non aver rivelato del biglietto nel suo ufficio con il nome della ragazza preferiva per ora vedere dove conduceva tutta questa storia, prima avrebbe prelevato la ragazza che oltretutto poteva esssere in pericolo l’avrebbe portata in centrale un posto sicuramente più sicuro e da lì avrebbe cominciato a dipanare quel mistero. Arrivato al parcheggio preferì un auto anonima a disposizione del comando meglio non dare troppo nell’occhio non voleva far innervosire la ragazza né tantomeno farla scappare, dopotutto da quello che sapeva lui poteva anche trattarsi dell’assassino. Si diresse all’indirizzo che si era copiato su un foglio, che risultava essere il domicilio della ragazza, si trovava a Mondello. Le serate estive comunque erano ancora lontane e le strade nella borgata marinara rimanevano ancora vuote rispetto a quello che ci sarebbe stato tra un mese con l'arrivo dell'estate, a quel punto i palermitani e i turisti avrebbero invaso la borgata marinara e i suoi locali e marciapiedi. Arrivato sul posto scese e citofonò, nesuna risposta attese ancora un po’ poi riprovò, nulla la ragazza non era in casa. " Ma stasera che avete cercate tutti Stefania?" Luca alzò losguardo in direzione della voce che proveniva dal piano sopra di lui " Buonasera signora cercavo stefania sa per caso dov’è?" " Dovrebbe essere ancora ai Grilli per un aperitivo, ho sentito poco fa mio figlio ed è ancora al locale sono della stessa comitiva, l’ho detto pure ai due ragazzi poco fa, cercavano anche loro Stefania Un camlo suonò nella testa di Luca. Due ragazzi che anche loro cercavano Stefania, forse la ragazza era in pericolo, doveva trovarla subito " Grazie signora è stata molto gentile." La signora rientrò in casa, strano pensò, a differenza di quei altri due di prima, questa volta il ragazzo era scappato come un fulmine, si vede che aveva voglia di trovare la ragazza per primo, ah i giovani d’oggi. Luca si maledisse per non essersi portato una volante, una sirena gli avrebbe fatto comodo ora. Entrando in città, il traffico era molto più intenso il sabato sera stava entrando nel vivo e le strade cominicavano a riempirsi all’inverosimile di

macchine con i primi ingorghi e incidenti " Maledizione a me." Cercò di svincolarsi il prima possibile da quell’ingorgo doveva fare il più presto possibile.

Capitolo 23

Finalmente stava riuscendo a rilassarsi, seduta al tavolo con i suoi amici. Per un attimo Stefania aveva dimenticatoo tutto della mattina e della giornata fin lì trascorsa, era come se non fosse successo niente voleva solo rilassarsi e non pensare ad altro in quel momento. Il prof stava per prendere un aereo che lo avrebbe riportato a Palermo una volta che lo avrebbe incontrato gli avrebbe dato quello che gli aveva consegnato quel dannato professore la mattina e poi insieme avrebbero deciso se andare ai carabinieri o no, ma prima pretendeva delle risposte. " Andiamo a prendere qualcosa da bere?" "Si Tizi grazie ne ho proprio bisogno" " Ragazzi noi andiamo a prendere qualcosa da bere stiamo tornando"

Hector e Glenda dentro la loro auto anonima osservavano la scena, entrambi stavano studiando la situazione, e un piano per non permettere alla loro preda di scappare, sapevano che dovevano avvicinare la ragazza senza creare panico, in quel momento nella piazza erano presenti centinaia di ragazzi per non contare quelli dentro i locali. Posteggiarono e scesero. Ad un occhio poco esperto potevano sembrare due turisti che erano venuti a divertirsi nella movida palermitana, si presero per mano e fecero finta di fare un giro della piazza. Una chiesa sul fondo, che la targhetta identificava come " Chiesa di Santa Maria in Valverde" fu la loro meta iniziale. Avvicinatisi al vecchio portone della chiesa chiuso, alcuni ragazzi fecero loro posto per farli sedere, educatamente entrambi rifiutarono e si appoggiarono al palazzo di fronte, da lì godevano di un ottima panoramica del locale. I tavoli di fuori erano pieni all’inverosimile di ragazzi seduti, altri ancora erano in piedi nello spiazzo ai piedi del campanile della vecchia chiesa. Un bancone fuori del locale dove erano ammassati altri ragazzi ancora serviva per dissestare quelle persone venute solo a divertirsi. " Aspettami qua, vado a vedere dall’altra parte della piazza la situazione, non vorrei che la ragazza si è spostata, in caso fammi squillare il cellulare ok? " Dopo aver ricevuto un segno d’assenso da Glenda, Hector si allontanò in direzione della parte opposta della piazza. Anche lì la situazione non era così facile, migliaia di ragazzi tutti seduti nei tavoli fuori o dove capitava. Quella situazione poteva tornargli utile comunque, con tutta quella confusione poteva costringere senza che nessuno si accorgesse di nulla a farsi seguire dalla ragazza, minacciandola

con la pistola di fare una strage tra quei ragazzi se non l'avesse seguito. A quel punto la ragazza per non sentirsi il peso della colpa sulla spalle della morte di innocenti ragazzi che con tutta quella storia non c'entravano nulla, avrebbe fatto tutto quello che lui le ordinava. Ecco perché era uno dei migliori del suo mestiere riusciva a sfruttare le situazioni che gli si presentavano e a capovolgerle a suo favore. Mentre era concentrato a studiare la situazione, sentì un formicolio vicino al petto, quasi non credeva alla sua fortuna, era il suo cellulare che squillava con la modalità silenzioso, Glenda doveva aver trovato la loro preda, subito tornò indietro dalla donna. " E là al bancone del bar, ora sta entrando" Hector girò lo sguardo verso la porta d’ingresso del locale. Il muro di ragazzi che lo separava dalla porta gli bloccava la visuale, poi ad un certo punto sembrò quasi che la gente si aprisse al aggio del suo sguardo e per una frazione di secondo la vide, una bella ragazza pensò, i suoi capelli rossi che spiccavano in mezzo al più classico biondo e castano. " Ok io mi posiziono da quel lato vicino alla porta, tu vai dentro e vedi se hai occasione di avvicinarla, inventale che vieni da parte del professore Giuffrè che ti ha chiamato da Milano e hai urgenza di parlare con lei, ma ricorda dobbiamo evitare il panico con questa confusione potrebbe scapparci facilmente." Glenda si mosse appena vide Hector in posizione, anche lei faceva la sua figura e i ragazzi si aprivano e spostavano al suo aggio, arrivata dentro il locale, capì che non sarebbe stato così facile la musica era assordante e proibiva qualsiasi forma di dialogo. Vide Stefania fare la fila al bancone del bar, attese. " Prendi qualcosa?" Si girò da dove veniva la voce e capì di trovarsi davanti la cassa del locale, colta alla sprovvista ordinò un cocktail Diede i soldi alla ragazza che in cambio le consegnò un tagliando con su scritto alcolico. Si mise in fila due persone dietro Stefania, la vide ordinare e prendere un bicchiere pieno di alcool, la ragazza si girò e lei approfitto della situazione, le si avvicinò abbastanza vicino da farsi sentire anche con la musica a quel volume " Seguimi, vengo da parte del professore Giuffré, mi ha mandato qui per aiutarti, fai quello che ti dico e non ti succederà niente, fai una mossa falsa e ti finisce come a Bentivoglio." Glenda notò che le sue parole avevano fatto centro, Stefania a quelle parole si girò come se la voce di Glenda gli arrivasse dall’oltretomba, bianca in volto quasi le cadde il bicchiere dalle mani, " Chi sei tu come fai a sapere di Bentivoglio?" " Sappi solo che lui non ha campato abbastanza perché è stato poco furbo, seguimi ti ho detto." Glenda fece per girarsi dando le spalle al bancone del bar, prese per un braccio Stefania che oppose scarsa resistenza, come si aspettava la ragazza era completamente frastornata. Stefania non riusciva a opporre resistenza a quella donna sconosciuta, tutto le sembrava un incubo in quel momento, era riuscita per un attimo con le sue amiche a dimenticarsi tutto quello che era successo quel

giorno, era come in trance non sentiva neanche più la musica sparata a tutto volume dalle casse del dj, sentiva solo la voce del professore che le diceva non parlare con nessuno, poi tutto fu più chiaro. Con le spalle al bancone del bar Glenda non potè notare il bicchiere che le arrivava alla testa, e in meno di un secondo scoppiò la bufera. Pezzi di bicchiere volarono per tutto il locale, i ragazzi attorno a Stefania e Glenda scappavano in tutte le direzioni, non aspettandosi il colpo Glenda non oppose resistenza il bicchiere la frastornò, non molto, ma quel tanto che non le permise di mantenere la presa sul braccio della ragazza, Tiziana che aveva assistito alla scena dalle spalle di Stefania capì subito del pericolo in cui si trovava l'amica " Stefi scappiamo!" Glenda che si era già ripresa vide le due ragazze uscire dal locale come lanciate da una fionda, poi il finimondo. Hector vedendo e sentendo il trambusto all’interno che stava contagiando anche l’esterno capì subito che qualcosa non era andato per il verso giusto, si mise davanti la porta e pistola alla mano esplose due colpi, il panico si diffuse e divenne il padrone della piazza. Tutti i ragazzi presenti, come una mandria di bufali alla carica scapparono in tutte le direzioni. Sarebbe stata pura follia cercare di fermare quell'onda umana che si dirigeva verso l'uscita della piazza e del locale, Hector aveva sperato che i colpi di pistola bloccassero le due ragazze, i due colpi invece non fecero che peggiorare la situazione diventata a quel punto incontrollabile. Tiziana e Stefania sentendo i due colpi di pistola come tutti i presenti corsero all'impazzata verso l'uscita, essendo le prime che si erano messe a correre avevano un certo vantaggio su tutti gli altri che appena sentirono i colpi di pistola crearono involontariamente un muro umano che li separava e divideva da Hector. Continuarono a correre sempre più veloci, Glenda intanto era uscita dal locale tenendosi la testa con le mani "Mi è scappata, mi ha preso alla sprovvista" aveva detto a Hector costretta a urlare per fasi sentire oltre il panico della piazza " Non pensarci vediamo di capire dove sono scappate" Hector salì su un tavolino e vide Stefania dall’altra parte della piazza già quasi all’uscita, senza pensarci due volte sparò in quella direzione mirando in basso alle gambe, sperava di ferire e rallentare la corsa delle ragazze, ma era un impresa impossibile l’isterismo per i colpi di pistola si era propagata alla piazza vicina ed era tutto un finimondo. Vide Stefania infilarsi nella direzione della chiesa dove prima era andato a fare un sopralluogo, corse seguito da Glenda in quella direzione, pistola alla mano i ragazzi si spostavano paurosi dell’arma, vide due ragazzi a terra che si stringevano le gambe e da entrambi gli arti uscire sangue, forse colpiti dai suoi colpi sparati in precedenza. Raggiunse la piazza ma era un finimondo pure là, tutti scappavano senza una meta, continuò a correre verso l’altra parte della piazza rispetto al locale, individuare le ragazze era un impresa impossibile. Per fortuna vide Stefania con la coda dell’occhio,

attirato dalla capigliatura rossa della ragazza. Si erano nascoste dietro dei cassonetti dell’immondizia e nella furia di correre le aveva superate, e ora stavano tornando indietro verso il locale, sparò due colpi in aria per farsi largo, un buttafuori di uno dei locali gli bloccò la strada " Ehi chi cazzo ti credi di essere, ma sei impazzito?" Senza pensarci due volte Hector sparò due colpi che colpirono il ragazzo al petto che si accasciò sull'asfalto in una pozza del suo stesso sangue. Glenda scavalcò con agilità il corpo dell’uomo appena colpito e continuò a correre, quell’imprevisto fece perdere tempo a lei e Hector che perdevano terrreno sulle due ragazze, le videro in fondo al viale girare a sinistra " Hector di qua non ci scappano" Seguita dall’uomo corse a perdifiato, appena uscita dalla via si trovò in un altra piazza, le macchine posteggiate al centro gli impedivano di avere una visuale completa di tutta la piazza, intanto il panico si stava per diffondere anche là. Gli restava poco tempo per trovare la ragazza e andarsene prima che arrivasse la polizia, purtroppo appena finito di pensare a tutto ciò sentì le sirene in lontananza " Hector la polizia andiamocene, mi è venuta un'altra idea!" Ripercorsero la strada al contrario, salirono sulla macchina e senza pensarci due volte partirono, la strada da dove erano entrati era bloccata, gente che cercava di uscire ed entrare aveva bloccato la strada, vide una traversa sulla sua destra e vi infilò la macchina, nuovamente a destra e finalmente si liberò del caos che loro stessi avevano creato sbucando in Via Roma di fronte il palazzo in stile fascista con le sue alte e immense colonne della posta centrale.

" Se ne sono andati, andiamo via anche noi stanno per arrivare i sbirri non senti? Prendiamo la macchina e diritti all’aeroporto meglio non farsi vedere in città, almeno finché il professore non rientra e ci spiegherà che sta succedendo." Tiziana sembrava abbastanza sveglia ancora e padrona di sé, tutto quello che era successo sembrava non averla turbata. Stefania al contrario era immobile nascosta come l'amica dietro una macchina vicino alla sua, ma a differenza di Tiziana il suo corpo si rifiutava di obbedirle. " Stefi non è il momento di farsi prendere dal panico forza andiamo prima che i sbirri ci trovino" la ragazza si avvicinò alla amica e le assestò un ceffone sulla guancia per scuoterla, capendo che era tempo perso si avvicinò sempre stando abbassata per nascondersi dietro le altre macchine alla sua seicento nuova. Aprí lo sportello lato eggero fece accomodare l’amica e dopo aver fato il giro salì lato guida accese e senza molta fretta per non destare sospetti si allontanò, non credeva nemmeno lei al suo coraggio.

Capitolo 24

Il traffico da quella parte della città sembrava non aver risentito di tutto quello che era successo poco prima, Stefania ancora non credeva a quello di cui era stata partrcipe e inconsapevole protagonista. Un uomo le aveva sparato, un uomo aveva cercato di ucciderla. Ma perché? Cosa aveva fatto? Chi la voleva morta? Sentiva di essere in un mondo che non le apparteneva aveva sempre un po' odiato la sua vita da studentessa, avrebbe voluto che la sua esistenza prendesse un'altra piega, ma quella non era certo la via che voleva seguire " Ehi mi stai ascoltando?" Sentì una voce come venire da un'altra dimensione, era Tiziana che le parlava " Ho detto andiamo direttamente all’aeroporto prendiamo il prof e poi vediamo, molto probabilmente ti dirà di andare ai carabinieri" " No! I carabinieri no, preferisco starne fuori" Lei stessa cercava di convincersi che con quella storia non c’entrava nulla, sperava che il suo atteggiamento convincesse quelle persone che la volevano morta che avevano sbagliato persona e alla fine l’avrebero lasciata in pace. " Ti rendi conto che quello era un assassino! No come nei film, un uomo in carne e ossa che volveva ucciderci" " Lo so! Prima andiamo a prendere il prof, forse lui ha la soluzione a tutto" La macchina imboccò la svincolo dell’aereoporto, poco dopo un cartello li informava di essere arrivati a destinazione " Che ore sono?" " Le undici" rispose prontamente Stefania " In perfetto orario, l’aereo dovrebbe essere già atterrato" Tiziana guidò con maestria la macchina nel dedalo di indicaazioni che era il nuovo aeroporto, Aveva già accompagnato diverse volte il prof all’aereoporto e sapeva destreggiarsi tra i vari parcheggi a pagamento o gratuiti che offriva lo scalo internazionale Falcone-Borsellino. Dopo un po’ posteggiò e spense il motore, scesero dalla macchina e si diressero alle scale che portavano al terminal arrivi. Anche se l’ora era tarda lo scalo era stranamente affolato, poco dopo le due ragazze capirono il motivo. La squadra di calcio del Palermo stava rientrando da un amichevole all’estero e i tanti tifosi, particolarmente affezionati alla squadra, che veniva vista come una rivincita della loro situazione economica e sociale, attendevano i loro idoli. Si avvicinarono al tabellone che la scritta in alto indicava Arrivi, il volo del prof era il terzo e una dicitura accanto lampeggiante indicava atterrato. " Bene, pensò Stefania, i miei problemi stanno per finire." Concentrate come erano le due ragazze non videro Hector e Glenda entrare nel terminal dalla porta in fondo. " Tu aspettami qua, stavolta si fa a modo mio, disse il killer alla sua donna, mi avvicino di spalle e vedo di prenderle se

dovessero scappare sai cosa fare." Il ragazzo si girò e fece strada verso l’altra parte dove aveva visto le due ragazze, la sala affolata non lo rallentò quasi spingeva le persone che si frapponevano tra lui e la sua preda. Si aprirono le porte di vetro che dividevano la sala dalla stanza ritiro bagagli, appena uscì il primo giocatore riconoscibile dalla tuta con lo scudetto della sociertà i tifosi accorsi si misero a battere le mani un boato, come se qualcuno di quei fuoriclasse avesse fatto goal, accompagnò l’uscita dell’intera squadra. Stefania e Tiziana stavano in disparte un uomo si avvicinò loro dalle spalle, ventiquattr’ore alla mano, il professore Giuffré le salutò. " Ecco le mie donne preferite" " Professore finalmente, Stefania si girò di scatto. Alla vista del professore suo amico e mentore stava quasi per mettersi a piangere, è successa una tragedia, il professore Bentivoglio è morto! Lo hanno trovato stamattina nel suo studio poco dopo che ero andata a fargli visita io, ma non è tutto hanno provato a ucciderci, eravamo a bere qualcosa con gli altri ragazzi e si sono messsi a sparare, ci deve aiutare" " Ok, ok calma. Ora state calme, tutte e due, e rilassatevi." Giuffré cercava di tranquillizzare la ragazza, che senza accorgesene stava quasi urlando per l’isterismo, per fortuna nessuno poteva sentire quello che diceva. " Ora dov’è lui?" Stefania quasi non capiva di chi stesse parlano il professore " Dov'è lo stupor mundi, quello che ti ha consegnato Bentivoglio" " Perché lo chiama come una persona è una scatola, non mi dica che quella scatola e il motivo di tutto questo" " No!" Stavolta fu Giuffré a gridare e sovrastò le grida delle persone che aveva intorno, che all’unisono si girarono nella sua direzione. Senza pensarci due volte l’uomo spinse con forza di lato la ragazza che aveva di fronte, Stefania impreparata da quella mossa quasi volò, la spinta la fece andare a finire oltre il parapetto della scala che portava al piano di sotto alle fermate della metropolitana. Dalla rampa di scale che conduce al piano di sotto, ma ancora alla stessa altezza del piano di dove si stava svolgendo l'azione Stefania vide con la coda dell’occhio il professore Giuffré che cadeva in terra e una grossa macchia rossa che si allargava sulla sua camicia, fu il finimondo, come al locale poche ore prima. Tutti si misero a correre da tutte le parti, i poliziotti presenti non capirono da dove arrivava il pericolo, Hector da bravo professionista aveva inserito un silenziatore, non avrebbe fatto lo stesso errore due volte. Il giovane killer sperava di uscire con la ragazza nascosto dalle altre persone che scappavano senza una meta, giratosi si accorse di avere tutta la libertà che gli occorreva, le persone scappavano e creavano un muro invalicabile tra lui e i poliziotti, che comunque erano più preoccupati a proteggere i calciatori della squadra che altro, così va il mondo pensò Hector. Subito colse l’occasione, girò per le scale dove aveva visto sparire la ragazza e stava per scendere, quando cercando di schivare un corpo che non riconobbe, cadde dalle scale e finì lungo

al piano inferiore alla fine delle scale, Tiziana aveva anche iniziato a scendere le scale, non aveva visto il professore per terra e cercava di aiutare l’amica, con la coda dell’occhio si accorse di Hector e giratasi con la borsa afferrata al manico diede un colpo in faccia all’uomo, mai mettersi contro una donna e la sua borsa pensò, scese altri tre scalini aiutò l’amica ad alzarsi e quasi la spinse su per le scale " Dobbiamo andarcene" le urlò Scavalcarono Hector che ancora era a terra e cercava di rialzarsi, ma quando superarono l’ultimo gradino, purtroppo non erano abituate a quella vista. Il corpo del professore Giuffré era riverso faccia in giù su una pozza di sangue, il suo sangue. La vistra del loro prof morto le raggelò, d’un tratto capirono che anche loro potevano fare quella fine. Hector, che nel frattempo si era rialzato, approfittò di quell’ attimo e salito le scale sparò un secondo colpo, stavolta non poteva sbagliare. Stefania nel frattempo si era ripresa e cominciando a correre sentì il proiettile, ma non capì dove avesse mirato il killer, dopo un po’ l’amica che era al suo fianco finì per terra " Oh mio dio Tiziana! Ti prego no Tiziana." La folla si aprì e Hector vide la sua pietà li pochi metri più avanti, un opera che lui stesso aveva creato. Stefania era poggiata sulle sue ginocchia e teneva stretta a sé l’amica di vita e di fuga. Cercava di coccolarla come se questo avesse potuto riportare in vita l’amica o quantomeno che la vita stessa non abbandonasse il suo corpo. Stavolta c’e l’aveva fatta. Si accorse che Stefania lo guardava, i suoi occhi di ghiaccio incrociarono quelli della ragazza. Stava per muoversi quando una voce lo distrasse " Carabinieri fermi tutti nessuno si muova!" Il killer capì che fuggire con la ragazza era impossibile. Le forze dell’ordine cominciavano a riprendere in mano la situazione, nello stesso momento sentì altre sirene arrivare dall’autostrada un braccio lo strattonò " Vieni Hector dobbiamo andarcene, è impossibile scappare con la macchina, ma ho un piano." Cominciarono a scendere le scale dove poco prima Stefania era stata spinta dal professore, Glenda sperava che la burocrazia italiana fosse ancora tortuosa come credeva. Arrivati alla fine delle scale ne ebbe conferma, un vagone della metro che collegava lo scalo alla città stava per partire, gli sbirri non avevano ancora capito quello che realmente era successo, e non avevano bloccato i treni, salirono entrambi sul treno, scesero qualche fermata dopo a una stazione che il cartellone indicava come Palermo/Notarbartolo.

Capitolo 25

Luca ancora non credeva a quello che aveva davanti. A quello che stava succedendo in quei giorni nella sua città. Aveva avuto il tempo di arrivare al locale dove pensava di trovare quella ragazza per scoprire invece dal racconto dei suoi colleghi trovati sul posto che c’era stata una sparatoria. Dai rilievi fatti e dai racconti dei testimoni era emerso che un uomo aveva cominciato a sparare e i suoi colpi erano diretti, ad una ragazza che dalla descrizione sembrava essere la stessa persona che ora aveva davanti. Quella stessa ragazza poi era stata protagonista all’aeroporto di una sparatoria. Tutto questo portava a una sola conclusione, quella ragazza quella mattina era andata a trovare il professore Bentivoglio che poco dopo era stato brutalmente assassinato. Ora una persona la voleva morta, il ragionamento portava a pensare che la ragazza avesse visto qualcosa che potesse identificare l’assassinio o Bentivoglio era morto per difendere quella stessa ragazza che invece era riuscita a scappare. " Piacere Luca, tenente dei carabinieri del comando regione sicilia a difesa del patrimonio artistico e monumentale." Stefanua lo guardò stranita " Stefania Prestigiacomo, disse lei la, voce di chi è distante anni luce, guardava quel ragazzo che si presentava come un carabiniere ma che lei anche se lo aveva davanti non riusciva a metterlo a fuoco. " Possiamo parlare un attimo signorina?" Dicendo ciò si allontano con la ragazza in un angolo piu appartato si studiarono un attimo, poi fu lui a parlare per primo. Da alcune indagini svolte stamattina, risulta che lei, oggi sia andata a trovare il professore Dabbenelo lo conferma?" La ragazza non rispose, stava seduta sulla sedia iva della situazione pensava alla sua amica morta l’aveva vista cadere sotto i colpi di quell’uomo, insieme si erano iscritte all’università, insieme si erano date allo studio della loro Palermo e dei monumenti di quella splendida città, insieme erano entrate a far parte dell’ufficio del professore Giuffré, lui era diventato il loro mentore e loro studiavano e catalogavano tutto quello che interessava, avevano aperto un corso di studi all’università per far conoscere le bellezze di Palermo. Insieme quella sera erano andate a bere dopo quello che era successo la mattina, insieme erano scappate, solo per arrivare all’aereoporto e cadere sotto l’agguato che uno sconosciuto gli aveva teso, ma perché? Stefania capì di non riuscire più a reggere tutto ciò e cominciò a piangere. Un pianto liberatorio per scacciare dalla mente e dalla sua memoria quei giorni. Uscì di corsa dal terminal dove quel carabiniere continuava a farle domande senza senso, sentì che la rincorreva, ma lei aveva

bisogno di aria fresca. Con gli occhi ancora piene di lacrime appena fuori si girò di scatto verso Luca che quasi le cadeva addosso " Vuole sapere se sono stata da Bentivoglio lei già lo sa! Non ha bisogno della mia conferma voi già sapete tutto, beh sappia che io invece non so nulla, non so perché Bentivoglio è morto, non so perché quell’uomo mi segue, non so nulla. Voglio solo chiudermi nella mia stanza e non uscire più, voglio solo che Tizi, indicando la sua amica sotto un lenzuolo, torni nella sua stanza e mi chiami ogni mattina per rompermi, ecco cosa so solo questo le basta?" Luca guardò la ragazza, capì che la ragazza stava scaricando tutta l'ansia le emozioni e la paura di quel giorno. Quello che aveva ato in meno di ventiquattro quella ragazza avrebbe distrutto e piegato anche le persone più forti dai nervi saldi. " Stefania, senti ti chiedo scusa sapevo già che stamattina sei stata da Bentivoglio e sono convinto che non lo hai ucciso tu, ma devi aiutarmi a capire quello che sta succedendo. Un uomo che non conosciamo ha ucciso tre persone solo oggi, non so ancora perché però so che è tutto collegato, e purtroppo tu sei al centro di tutto ciò. Altrimenti perché quel tizio ti avrebbe seguito fino a qua? Mi spiace, ti hanno tirato in questo storia, ma ti prometto che ti tirerò fuori, ma tu mi devi aiutare. Le allungò la mano, nella speranza che lei la prendesse e da quel gesto acquistasse fiducia in lui. Stefania era ancora sotto shock, il suo mondo era stato capovolto in un attimo. Tutte le persone che amava ora non c’erano più, era rimasta sola. " Oh mio dio la nonna!" Luca guardò la ragazza convinto di aver capito male " Lei non capisce… mia nonna è in pericolo o presto lo sarà se non andiamo subito" " Stefania la prego mi dica tutto e io l’aiuto se parla per enigmi non fa che complicare le cose." Insieme rientrarono nel terminal " Stamattina appena mi sono svegliata Tiziana mi ha chiamato dicendo che il prof stasera sarebbe tornato, e che le aveva chiesto di andare a prendere una qualcosa dal professor Bentivoglio. Lei era bloccata in segreteria da noi all’università, e così ha chiesto a me di andare a prendere l’oggetto. Una volta arrivata Bentivoglio mi ha consegnato la scatola e io me ne sono andata." " e lei pensa che tutta questa storia sia per questa scatola? È tanto importante? Cosa contiene questa scatola?" " Non lo so. Non so nulla, stava per rimetterei a piangere, so solo che da quando ho preso quella maledetta scatola tutti i miei amici stanno morendo. Non so neanche cosa contiene la scatola, una volta che Bentivoglio me l'ha consegnata lo messa in borsa e me ne sono dimenticata. Deve credermi tenente, non ne so nulla di tutta questa storia." "E Bentivoglio non le ha detto niente o fatto capire qualcosa, che magari intendesse che lui o chi aveva questa scatola fosse in pericolo?" " No assolutamente. L'unica cosa che so e che Bentivoglio e il prof Giuffré erano grandi amici almeno a sentire Bentivoglio, di strano c’e che io e Tizi, non avevamo mai sentito parlare di questa amicizia" " In che senso non la

seguo?" " Io e Tizi siamo assistenti del prof, ma è...era un rapporto più profondo non solo lavorativo,. Non era raro che rimanessimo a mangiare o uscire insieme, eppure in tutti questi anni io e Tizi non avevamo mai sentito parlare di questo prof Bentivoglio almeno fino a stamattina" " Beh se le cose stanno così, si concordo con lei è molto strano. Continui, poi che ha fatto. Perché mi ha detto che sua nonna è in pericolo" " Dopo essere stata da Bentivoglio sono andata a trovare mia nonna, mentre ero a pranzo là, ho sentito al telegiornale la notizia dell’omicidio e nella fretta ho dimenticato la scatola dalla nonna, se quell’uomo vuole la scatola mia nonna è nei guai, deve credermi io non ho ucciso Bentivoglio e poi ch motivo avrei avuto di uccidere Tizi e il prof" " Calmati Stefania, so che non sei stata tu a uccidere quelle persone ma penso che il killer non sappia di tua nonna altrimenti sarebbe già andato a casa sua. Lui pensa che l’oggetto l’hai tu voleva prenderti per farselo consegnare." " E perché allora sparare se voleva rapirmi e farmi parlare?" " Questo ancora non lo so. Ora se non ti spiace devi seguirci in caserma dobbiamo sbrigare un paio di cose, poi vedremo il da farsi" " Ho altra scelta?" " No effettivamente non ne hai, però te l'ho detto. Ti aiuterò a uscire da tutta questa storia, fidati di me." Uscirono dalla stanza, Stefania vide che i corpi erano stati rimossi, gli occhi le si riempirono dfi nuovo di lacrime " Dai andiamo! Ti assicuro che troveremo chi ha fatto tutto questo." Saliti in macchina accesero le sirene e si diressero al comando. Stefania si girò sul sedile posteriore e in cuor suo salutò Tiziana e il professore Giuffré, promise anche di trovare quell’uomo, ma dentro sapeva che la sua vita non sarebbe stata più la stessa senza il prof e Tiziana.

Capitolo 26

Arrivati alla stazione scesero dal treno e presero una macchina a nolo, quella lasciata all'aeroporto l'avrebbero recuperata in seguito. Scesero davanti alla hall e si incamminarono al piano di sopra, una stanza era stata adibita a camera comune delle riunioni, sapevano anche vista l’ora tarda di trovare là Von Becket che li attendeva con notizie della loro missione. Entrati lo videro seduto sulla poltrona le mani lungo le gambe, l’anello che spiccava sull’anulare della mano sinistra. Sentiva quell’anello come suo, come se lo avesse sempre portato. " Ci è scappata, l’abbiamo seguita fino all’aereoporto il professore non ha fatto in tempo a parlare con lei è morto prima, purtroppo ho dovuto farlo" L’uomo anziano non rispose continuò a guardare fisso davanti a lui " C'è un'altra cosa, si intromise Glenda, ho notato che il professore come ha appena detto Hector non ha consegnato nulla alla ragazza, non ha avuto nemmeno tempo di comunicare con lei." Il vecchio uomo sembrò tornare in vita, di svegliarsi da quel letargo che l’età avanzata gli procurava. " Quindi l’altro anello è ancora qui. Il professore si è allontanato dalla città ma ha lasciato tutto qua" " Si era come pensavamo, il professore Giuffré lo consegna al dottor Bentivoglio. Lui sa di essere in pericolo e di essere in possesso di entrambe le chiavi, il suo credo e il suo giuramento gli vietano di tenerli entrambi, è troppo pericoloso, per questo ne sono state create due, quindi la consegna a una persona fuori dalla congrega. Questa non sa che sta succedendo prova ad andare a prendere il prof all’aereoporto o magari è stato lui stesso a dirle di andarlo a prendere, così può consegnargli il tutto ma noi arriviamo prima. Così ora quella ragazza ha l’anello, ma molto probabilmente non sa cosa farsene o a cosa serva veramente, e loro hanno perso i loro capi è il momento di agire." " No! Sembrò che l’uomo anziano si rianimasse da solo. Lasciateli lavorare lei e quell'altro carabinieri di cui mi avete parlato al telefono, semmai seguiteli da lontano vedete se le loro ricerche ci porteranno a quello che cerchiamo, è possibile che se li lasciamo lavorare in pace, se li guidiamo con le nostre conoscenze e a loro insaputa uniamo tutto quello che conosciamo riusciamo ad arrivare al nostro tesoro, basterà solo essere alla fine al punto giusto." I due ragazzi uscirono in corridoio, sapevano che provare a obiettare le decisioni di Von Beckett non avrebbe cambiato nulla, ormai era deciso. Si scambiarono un occhiata d’intesa poi entrarono ognuno nella propria stanza, era stata una giornata lunga e quell’occhiata che si erano scambiati…era già tutto concordato.

Capitolo 27

La casa era al buio, nemmeno una luce accesa da dentro che indicasse presenze, forse tutti dormivano, o… Stefania preferì non continuare i suoi pensieri. Luca le aveva chiesto di stare per ora dentro la volante, erano arrivati a luci spente e si erano avvicinati pian piano all’abitazione della nonna. Il carabiniere non voleva correre richi, ne aveva gia corsi troppi, sia la ragazza che tutta la città. Ancora non credeva a quello che stava succedendo. all'aeroporto aveva promesso a Stefania che l'avrebbe aiutata in quella storia, nella quale la ragazza si era ritrovata per caso, o almeno così lei gli aveva raccontato, quello che lui non le aveva detto e che anche lui si era ritrovato in quella storia senza volerlo. Qualcuno infatti al comando gli aveva fatto recapitare un biglietto con su scritto il suo nome, perché? Per metterlo sulla sua strada ovvio, ma perche? E chi? Lo avrebbe scoperto ne era sicuro. Si avvicinò al cancelletto, un piccolo viale portava alla casa. Un unica struttura, un solo piano circondato da un piccolo giardino. Sembrava tutto ok. Diede un ultima controllata per sicurezza, poi tornò alla macchina. " Sembra tutto tranquillo nulla di sospetto, anche se stasera non mi stupirebbe più nulla" " Ok allora posso entrare? Sono preoccupata per mia nonna non voglio immischiarla in questa storia." " Ok andiamo comunque stammi vicino" Stefania si diresse a o spedito verso il portoncino della nonna, fece suonare il camlo tre volte, Luca la guardò stranito. " È il nostro segnale così saprà che sono io" A conferma una voce metallica dall'altro capo del citofono si fece sentire " Stefi entra mia cara che ci fai qui a quest'ora?" Luca seguì la ragazza dentro " Nonna lui è Luca, è un carabiniere." La ragazza aggiunse l'ultimo particolare quasi a scusarsi con la nonna, per non averle portato invece un pretendente da presentarle, o comunque giustificando la visita a quell'ora tarda in compagnia di un ragazzo poi. " Buonasera signora" " Oh mia cara e per quello che è successo stamattina? Hai fatto bene a parlare con i carabinieri" " Nonna stamattina quando sono venuta avevo un cofanetto con me? Dove lo hai messo?" La ragazza non disse nulla alla nonna di come aveva trovato i carabinieri, né le raccontò di Tiziana e del professore. " Oh si deve essere qua, lo ha trovato Tania, volevamo chiamarti, ma poi abbiamo pensato che ci avresti pensato e saresti tornata." La donna anziana si diresse a un mobile d'arredamento della stanza e da un cassetto tirò fuori un cofanetto piccolo poco più grande del palmo di una mano, sul coperchio in rilievo vi era incisa una rosa bianca. Stefania lo prese salutò la nonna e uscì con Luca " Stai attenta mia cara e

fatti vedere il prima possibile." La salutò la nonna.

Capitolo 28

Arrivarono al comando a Piazza Indipendenza a notte fonda, molte volanti stavano rientrando mentre altre erano pronte per uscire, per iniziare i loro turni notturni. Luca prese in disparte Stefania in un angolo buio del piazzale dove erano posteggiate le altre macchine di servizio del comando. " Ok ascoltami, non parlare con nessuno di questo cofanetto, meno persone sanno che l’abbiamo noi, meglio è per tutti." Luca cercava di non spaventare Stefania, che per quella sera ne aveva gia viste abbastanza, ma anche lui ancora non sapeva bene quella storia dove portasse c’erano molti punti osacuri sui quali ancora non aveva puntato la luce, e sapeva per certo che il biglietto con il nome su scritto della ragazza, gli era stato dato da qualcuno all’interno del comando. Insieme entrarono nella stazione dei carabinieri e si diressero all’ufficio di Luca " Ok vediamo di cominciare a capirci qualcosa di questa storia." I due ragazzi si misero seduti alla scrivania Stefania pronta a raccontare nuovamente tutto quello che aveva fatto fino ad arrivare all’aeroporto, Luca pronto ad ascoltarla.

" E questo è quanto! Penso che se non foste arrivati voi a quest’ora starei anche io come Tizi e il Prof." A pronunciare il ricordo di quelle due persone che fino a qualche istante prima erano tra le più importanti della sua vita Stefania provò la voglia di rimettersi a piangere, ma sapeva pure che non poteva, se voleva dare un senso alla morte dell’amica e del suo prof doveva farsi coraggio e scoprire quello che stava succedendo. Poi un tonfo alle sue spalle la fece letteralmente saltare in aria. " Comandante!" Luca scattò in piedi fermo nel saluto militare. Il capitano rimase fermo sulla porta un attimo a guardare i due ragazzi, Luca vedendo il capitano immobile sull'uscio lo informò sugli ultimi sviluppi del caso. " Questa è Stefania Prestigiacomo, la ragazza che cercavamo. Stamattina si è recata a trovare il professore Bentivoglio, e poi lei stessa è stata vittima di più di un agguato. " L’ufficiale quasi non ascoltò il resoconto di Luca " Venite entrambi nel mio ufficio!" I due ragazzi si guardarono, Stefania non si mosse, Luca le rivolse uno sguardo e le porse la mano, sicuro di potersi fidare del suo capitano. Una volta dentro l’ufficio, si sedettero alle sedie davanti alla scrivania del comandante. " Che succede capitano?" " Tutto a suo tempo Luca, tranquillo, lei sta bene signorina?" " Si grazie Signore, ora sto meglio. Anche se purtroppo non

è proprio un bel sabato sera" " Lo capisco mia cara lo capisco" Il graduato tornò a rivolgersi al suo fidato uomo " Novità per quello che sta succendendo? Abbiamo cominciato a capire qualcosa di questi agguati e omicidi?" " L'unica cosa che sappiamo lo abbiamo dal video dell’aeroporto, so che i ragazzi ci stanno già lavorando" " Si, sono appena ato dal laboratorio, ho saputo…" L’uomo lasciò la frase a metà in sospeso come se avesse altro da raccontare e non sapesse come dirlo ai due agazzi ora seduti davanti a lui. Luca lavorava per quell’uomo da più di dieci anni e col tempo aveva imparato a conoscerlo, notò il conflitto interno dell’uomo e provò a sprovarlo. " Se non ha altre domande capitano noi andremmo, vorrei portare Stefania a visionare il video dell’aeroporto." Sotto al tavolo nel frattempo Luca toccò il braccio di Stefania per indicarle di non muoversi, la ragazza osservava indifferente quel confronto tra quei due perfetti sconosciuti. " Per caso signorina lei non ha altro da dirci? È andata da Bentivoglio stamattina a far che? Da quello che ho saputo, non era un suo docente, quella non è nemmeno la sua facoltà." " Il mio professore, il dottor Giuffré, mi ha mandato per una commissione dal professor Bentivoglio come già sapete, ma purtroppo non so molto altro" L'uomo abbassò lo sguardo sulla scrivania poi congedò i due ragazzi. " Ora andate, avete bisogno di riposo. Ma non andate a casa vostra, rimarrete qua, è più sicuro, signorina. Domani a mente riposata rifletteremo sul da farsi. Luca accompagna Stefania ad una stanza sopra, riposatevi domani penseremo a tutto."

Capitolo 29

Quando si risvegliò in un primo momento non si ricordava dove fosse poi la realtà ritornò a galla, insieme ai ricordi della notte precedente e quasi scoppiò a piangere. Per tutta la notte non aveva chiuso occhio. La visione di Tizi che cadeva sotto i colpi della pistola di quel ragazzo bellissimo, dagli occhi di ghiaccio, gli occhi della morte l’aveva perseguitata. Gli incubi si erano succeduti fino a stremarla, e finalmente alle prime luci dell’alba si era addormentata. Si alzò e cominciò a pensare al da farsi. Uscì dalla stanza del comando e scese al piano di sotto dove vi erano gli uffici, si diresse a o spedito verso l’ufficio di Luca " Ben svegliata! Come è andata la notte" " Come a una persona che è stata al centro di un attentato di cui non sa il perché, e ha visto morire la sua amica, Tizi e il prof erano la mia vita, con loro ho trascorso tutto il mio tempo lavorativo, e ora non so…" lasciò cadere la frase. " Immagino, non deve essere semplice, ma ti chiedo di aiutarmi a riconoscere il ragazzo di ieri fallo per la tua amica " Beh se riesco a essere utile per farlo arrestare almeno Tizi e il prof ne sarannpo contenti" " Ben detto" a Luca piaceva lo spirito combattivo della ragazza, dopo quello che aveva ato molti altri avrebbero agito diversamente lei per fortuna era tornata a combattere e lottare. " Seguimi ti porto a conoscere Cristina. Ci sta aspettando per visionare il video di quello che è accaduto ieri, magari riconosci il killer." A sentire quelle parole Stefania trasalì, avrebbe dovuto rivedere Tizi morire, il prof. che cadeva a terra morto, quell’incubo l’aveva perseguitata, e ora per trovare una soluzione doveva rivederli morire. Luca notò l’espressione terrorizzata sul volto di Stefania. "Ascoltami so che per te è molto difficile, ma so anche che non ti arrenderari, se vuoi aiutarci e avere la tua vendetta non c’è altra soluzione. Io ti sarò sempre vicino e quando lo vorrai ci fermeremo, e continueremo solo quando te la senterai di ricominciare." Stefania fece un respiro profondo sapeva che luca aveva ragione non c’era altra soluzione voleva fargliela pagare a quel tizio. " Ok vediamo che ci dice quel video." " Brava così mi piaci" Insieme uscirono dall’uffico, Stefania seguiva o o Luca in quel dedalo di corridoi, poi il ragazzo si fermò davanti una porta, e bussò. Senza attendere risposta dall'interno della stanza aprì e fece accomodare Stefania " Ciao Cri, lei è Stefania, la ragazza di ieri sera che per fortuna è scampata all’agguato. Stefania lei è Cristina, il nostro miglior tecnico" La ragazza in camice bianco si girò e le allungò la mano, se non fosse stato per i gradi che aveva sulle spalle con quel camicie poteva sembrare un dottore " Ciao

Stefania piacere di conoscerti, mi spiace per quello che ti è successo ieri, ma tranquila sei in buone mani" fece un cenno rivolto a Luca. " Ok ragazze vediamo di iniziare a capire qualcosa di tutta questa storia…" " C'è un problema Luca." Il ragazzo cambiò espressione abituato come era a are subito all’azione il suo istinto si accese " I video sono spariti, me li hanno portati ieri notte e li ho messi in cassaforte, ne avrei fatto una copia stamattina ma quando ho riaperto la cassaforte erano spariti. Mi spiace non so proprio come sia potuto succedere." Luca non sapeva se essere contento per la conferma ricevuta o arrabbiato con Cristina per l’accaduto, dopottutto poteva essere lei l’autrice del biglietto con il nome di Stefania e ora stava nascondendo i video, ancora non sapeva bene per cosa. Stefania era combattuta per quello che aveva sentito, guardava il carabiniere e quasi gli faceva pena, il ragazzo aveva sperato molto nella visione del video, però almeno non avrebbe dovuto rivedere la scena dell'omicidio e questo la sollevava. " Ora che intendi fare Luca? Mi spiace tanto" stava continuando Cristina " Beh cominceremo le indagini da qualche altra parte non preoccuparti Cri, grazie lo stesso ci si vede presto." E accompagnò Stefania fuori dal laboratorio. " Perché non le hai detto del cofanetto?" Luca si girò verso la ragazza e le fece segno con l’indice di non parlare, la condusse fuori. Davanti il comando si fermarono nel marciapiedi di fronte. Entrambi guardavano il traffico della città scorrere davanti loro. Porta Nuova alla loro sinistra dominava svettante da secoli sulla piazza e sulla città intera, il monumento voluto dal Vicerè Marcantonio Colonna per celebrare la vittoria di Carlo V sui turchi, era ancora lì meta di turisti. " C’è una cosa che non ti ho detto" esordì lui " Dimmi tutto." " Il giorno che sono riuscito a rintracciarti, ci sono riuscito perché ho trovato un biglietto sulla mia scrivania con il tuo nome. E ora la storia del video scomparso, c’è qualcuno che in tutta questa storia non si è mostrato per quello che è" " Pensi che sia Cristina, non ti fidi di lei?" " Non penso che Cristina c’entri qualcosa con tutto ciò, ma finchè non sapremo di più di tutta questa storia preferisco così, meglio stare attenti." " Perfetto prima l’attentato, ora questo intrigo non va che migliorare" " Non essere così tragica, sai ci ho pensato stamattina mentre ti aspettavo, quel cofanetto che ti ha dato Bentivoglio, sembra che tutto sia iniziato da lì, però forse chi ti sta inseguendo non sa che il cofanetto l’hai tu, o quantomeno lo sa ma non sa come muoversi e ora sta aspettando. Forzare la mano e cercare di entrare in possesso del cofanetto o lasciarlo a te, ancora non so bene il perché? A questo punto vediamo di dargli un'occhiata non abbiamo molto altro su cui lavorare" " Va bene dove andiamo?" " Mi offri un caffè nel tuo splendido appartamento" " Se non fosse per la situazione in cui mi trovo penserei che ti stai invitando a casa di una ragazza indifesa." Finalmente un sorriso dopo tante lacrime.

Capitolo 30

Von Beckett stava nella sua stanza lo sguardo fisso nel vuoto, ascoltava le parole di Hector che lo aggiornavano di quello che era accaduto all’aereoporto, e in città la sera prima. " Questo è quanto. Da quello che sappaimo la ragazza è al Comando dei carabinieri, la chiave è con lei, anche se sinceramente neanche lei sa bene cosa è, e a cosa serve. " Meglio così mio caro Hector almeno finora siamo noi a essere in vantaggio, la chiave è solo l’inizio non dimentichiamocelo ma senza questo, indicò l’anello che aveva al dito, non puoi certo trovare lo stupor." " Adesso che facciamo, se la ragazza comincia a capire qualcosa e risalgono a noi come facciamo?" " Non preoccuparti mia cara Glenda ho già dato mandato al nostro uomo di coprire le nostre tracce, non risaliranno mai a noi. Piuttosto, avete pensato a come prendere la chiave? E' l’ultimo tassello che manca per cominciare a cercare il mio tesoro, non voglio che qualcuno altro ci metta le mani sopra, noi siamo gli unici ormai a sapere dell’esistenza dello stupor e abbiamo una chiave per trovarlo, spetta a me legittimo proprietario di quel tesoro, riposare per sempre tra le sue meraviglie. Mi rimane poco da vivere e voglio che questo ultimo periodo della mia esistenza sia utilizzato per crearmi un riposo degno di un re del ato, di un grande faraone o condottiero, le mie spoglie terrene dovranno riposare tra quell’immenso tesoro, che il bastardo pugliese a sottratto ai miei antenati secoli e secoli fa." Hector e Glenda gelarono a guardare lo sguardo di fuoco del vecchio uomo, Von Beckett, odiava tutti, tutti tranne Von Beckett stesso, se il vecchio credo del ato nazista albergava ancora in qualche tedesco folle, nella mente di quell’uomo quel credo era portato al limite. Von Beckett non odiava gli ebrei ma più semplicemente tutto il genero umano, ogni tanto Glenda se lo immaginava re incontrastato del mondo e tutto il genero umano ai suoi piedi. " Facciamo così miei cari, noi staremo a guardare, vediamo come si evolve la situazione, staremo un o indietro quella ragazza, se segue la strada giusta e ci porta all’ingresso che tanto cerchiamo ci basterà essere là nel posto giusto al momento giusto, dobbiamo essere la sua ombra e colpire nel momento giusto. Ora andate ho appuntamento con Benth per i progetti della tomba, tu rimani mia Glenda dobbiamo decidere il tuo posto, oggi." Hector e il maggiordomo di Von Beckett uscirono dalla stanza. " Non pensi di aver rivelato troppo a Hector mio amato?" " Non preoccuparti cara, quel ragazzo mi è completamente fedele se c’è qualcuno di cui posso fidarmi è proprio lui. Anzi gli ho pure offerto di essere tumulato con me in una stanza

vicina al mio mausoleo, e lui ha accettato, dice di non volere vivere in un mondo dove Von Beckett non ci sarà. Stupita? I grandi faraoni del ato venivano seppelliti con tutta la loro corte, le spose reali e i grandi generali dovevano continuare a servire il re anche nell’aldilà. Non credo che questo sarà necessario, ma non si sa mai cosa ci aspetta di là." Glenda era impressionata dal ringiovanimento del suo amato, da quando l’anello era tornato in suo possesso quell’uomo sembrava rinato, eppure lui parlava di morte e aldilà, e poi ancora il suo amato non aveva trattato l'argomento più spinoso del suo piano. Nel momento in cui lui sarebbe morto loro avrebbero dovuto toglierei la vita per essere seppelliti con lui. Un piano folle, appunto. Smise di pensare e notò lo sguardo di lui che la fissava aspettando una sua risposta. " Mio amato è un onore are il resto della mia vita eterna accanto a te. È stato il destino a farci incontrare e nemmeno lui sarà in grado di separarci dopo, staremo insieme per sempre. Come il faraone con le sue mogli io ti servirò anche nell'aldilà."

Capitolo 31

Arrivati a casa da Stefania i due ragazzi si accomodarono nel tavolo grande al centro della stanza. La vetrata aperta lasciava entrare l’aria fresca proveniente dal mare, il rumore delle onde riuscivano a calmarla come sempre nonostante quello che accadeva in quei giorni. Purtroppo Stefania si trovò a ripensare all’ultima volta che era stata in quella casa, Tizi l’aveva chiamata per chiederle di andare a prendere quel cofanetto che ora aveva davanti sul tavolo da Bentivoglio, poi tutto il resto. " Tocca a te aprirlo" Luca spinse il cofanetto verso lei Stefania avvicinò il cofanetto a lei, attese qualche secondo tenendolo tra le mani, tutto era iniziato da quello, poi di colpo come presa di coraggio lo apri. Entrambi i ragazzi allungarono il collo per osservare il contenuto. Un anello con dei dentini sulla faccia esterna giaceva all’interno. " E questo che sarebbe?" Stefania lo estrasse dalla scatola " Che strano oggetto. È un anello, ma con questi "dentini" che strano." " Giuro che è la prima volta che vedo un oggetto simile, sembra di fattura medievale." Luca si avvicinò al viso l'anello per studiarlo meglio. Entrambi cominciarono a osservare l’oggetto mettendo a disposizione le loro conoscenze che assistente universitaria lei, ufficiale del nucleo del patrimonio artistico lui, erano sempre rivolte ai beni artistici e alle bellezze della città, e quindi più che sufficienti per studiare l’oggetto appena trovato. " Speravo di trovare qualcosa che magari ci potesse dare informazioni sul nostro amico, qualcosa che ci potesse aiutare. Ma sinceramente questo non so proprio cosa sia." Luca sembrava scoraggiato. " Come mai il nucleo tutela beni si occupa del caso? È un omicido comunque, voi che c’entrate" Luca intuì il tentativo di Stefania di cambiare argomento per avere un attimo di tregua in quei giorni e assecondò la ragazza. " Il professor Bentivoglio era un amico personale del nostro comandante. Non era raro vedere il prof al comando che ci aiutasse in qualche indagine su un monumento o altro. La sua morte è stato un duro colpo per tutti noi del comando, e il nostro comandante si è offerto per svolgere questa prima parte delle indagini, dopotutto siamo pur sempre carabinieri." Entrambi i ragazzi rimasero in silenzio a ricordare i loro cari appena scomparsi. " Quindi sono morti per questo." Stefania prese l’anello e l’avvicinò a sé. Notò che non c’erano disegni particolari sulle faccie ma solo quei dentini. " Chissà a che serve" " Non c’è altro nel cofanetto?" Stefania prese la scatola consegnatele da Bentivoglio e la osservò’ " Geniale!" A quelle parole Luca storse il naso e impaziente attese notizie dalla ragazza " Guarda sul fondo c’e uno scomparto

segreto, una specie di doppio fondo." Stefania lo alzò ed estrasse un foglio di pergamena. " Forse un piccolo trucco, però geniale per scoraggiare chiunque ne fosse entrato in possesso in modo fraudolento, che c’e scritto?" chiese Luca indicando la pergamena. " È scritto in latino “Nel nome di Dio clemente e misericordioso, bada qui! Fermati e mira. Nel lussureggiante, gennet-ol-ardh, tra giardini rigogliosi, la splendida cuba sgorga la meraviglia del mondo." " Gennet -ol-ardh, non è il nome arabo del genoardo?" Stefania si riferiva al parco fatto costruire dal primo re Normanno della Sicilia, Ruggero II. Un parco immenso che si estendeva sia in lunghezza che larghezza. Abbellito da giardini e laghi artificiali, riserve di caccia e palazzi, dove il Re e la sua corte avano le giornate. Quel giardino rappresentava una delle bellezze del mondo antico, tanto da far definire Palermo, dai contemporanei del re la più bella città del mondo. Il giardino d'Europa. È fu per questo che quel giardino fu chiamato Genoardo dall'Arabo, Gennet -ol-ardh, paradiso della terra. " Perfetto e che significa? Ci mancavano solo gli indovinelli e le cacce al tesoro. Volevamo aprire il cofanetto convinti che potesse darci risposte e invece aumentano solo le domande, nulla che ci possa dire chi ha ucciso i prof, e perché vuole entrare in possesso di questo cofanetto." " Sai ora che ricordo, a casa del prof, quando siamo andati a cercare notizie dopo l’omicidio, ho notato che la sua libreria, quella personale suppongo, visto che era dentro lo studio a differenza dell’altra che si trovava in salone, aveva libri che trattavano tutti dei normanni e della cuba " Luca, Bentivoglio era un esperto, uno dei migliori in città. Tu stesso mi hai detto che vi servivate delle sue conoscenze, cosa c’è di strano in un prof che ha una libreria" " Di strano nulla ovvio. Però perché i libri, sulla cuba e i normanni sono in una libreria a parte nello studio privato? Forse perché per Bentivoglio la Cuba è un posto speciale, e poi il cofanetto che ti ha consegnato parla di nuovo della cuba, andiamo a dare un occhiata, non si sa mai. " Beh alla Cuba possiamo anche andarci, e pure da molto che non la visito, ma chi ti dice che Bentivoglio stava cercando qualcosa. " Hai ragione può essere che alla cuba non ci sia nulla, però lui è morto, e prima di farlo ha consegnato quel cofanetto a te. Che hai provato a darlo al tuo di prof che stranamente anche lui ora è morto. Beh una visita alla Cuba ci tocca non dico che ci sia un tesoro nascosto sotto la città figurati però magari troviamo là un indizio che ci possa condurre al nostro amico dell’aereoporto, andiamo a vedere che ci costa, certo stare qui fermi non ci aiuta" " Allora ci diamo alla caccia al tesoro!"Rispose Stefania sorridendo

Capitolo 32

I corpi dei due giovani stavano distesi nudi sul letto, avevano appena finito di fare l’amore. " Von Beckett è sempre più impaziente, da quando ha ritrovato l’anello. È convinto di essere vicino al ritrovamento del suo tesoro. Sembra essere tornato allo splendore di un tempo." " Purtroppo quel vecchio pazzo vuole portarsi tutto nella tomba." " Non parlare così potrebbe sentirti qualcuno e il nostro piano salterebbe." " Tranquilla il vecchio sembra, solo, essere tornato come prima. Questa mattina ho parlato con il medico e mi ha detto che la malattia non ha allentato la sua morsa, ormai a quell’uomo non resta molto da vivere."" Hector, come sapeva anche lei e pochi altri dell’entourage di Von Beckett, si riferiva al tumore che era stato diagnosticato all'anziano tedesco anni prima. I medici prima di sciogliere la prognosi avevano effettuato tutte le analisi di rito e sottoposto Von Beckett a tutti gli esami tra i più moderni nella lotta al cancro ma senza esito. Da quel momento il vecchio uomo, aveva lasciato le redini del suo impero finanziario al consiglio d’amministrazione e usato gli anni che gli rimanevano a cercare il tesoro dei suoi avi. Il tesoro appartenuto ai migliori condottieri re e imperatori della storia, quei stessi personaggi che per il loro genio militare e politico venivano definiti dai loro contemporanei Stupor mundi. Poi un giorno Federico II figura di spicco del medioevo europeo aveva raccolto il tesoro degli stupor mundi e lo aveva nascosto assieme ai tesori della famiglia di Von Beckett e degli altri nobili tedeschi che lo avevano sfidato per la conquista del trono da qualche parte in quella terra che il re tanto amava, ma che Von Beckett odiava tanto quanto. All'inizio Glenda non credeva all’esistenza del tesoro, pensava che fosse l’ultimo desiderio o follia di un povero vecchio malato di una malattia incurabile, condannato a morte. Avevano cominciato le loro ricerche e piano piano il sogno di un povero vecchio malato era diventato realtà, esisteva davvero un tesoro ma nessuno sapeva dove fosse, era andato perduto, nessuno tranne Loro. Loro, i Guardiani, erano stati messi a guardia del tesoro dall’ultimo re che aveva posseduto e visto il tesoro, Federico II. Partito per la crociata, l’imperatore per paura che il papa o le vecchie famiglie nobiliari tedesche potessero impadronirsi del suo tesoro aveva lasciato delle guardie che proteggessero il tesoro stesso. Al suo ritorno il gruppo a guardia del tesoro non fu prosciolto, anzi. Il re preferì continuare a far vegliare il tesoro, purtroppo a causa dei continui attacchi da parte dei suoi nemici era costretto ad allontanarsi per molto tempo dalla sua corte. La carica di Grande Padre diventò una specie di

promozione a cui aspirare per tutti i militari appartenuti all’esercito di Federico II. Purtroppo la morte improvvisa del re, forse per avvelenamento da parte dei suoi nemici, provocò la perdita del luogo di conservazione del tesoro stesso. Il racconto dei cantastorie si mescolò alla leggenda, la leggenda alla fantasia, e il tesoro dello stupor mundi divenne mito. Infine gli studi e le ricerche di Von Beckett, attraverso dei manoscritti trovati nella biblioteca di famiglia e grazie a omicidi e intimidazioni perpetrate da Hector, gli avevano permesso di scoprire che in quella città vi fosse ancora un gruppo di uomini, i Guardiani, che erano sempre due, che custodivano il segreto del tesoro. D’altronde era logico, Federico amava Palermo lui stesso vi si era fatto seppellire, e giustamente aveva deciso di portare il tesoro nella sua amata città . Von Beckett aveva cercato di entrare a far parte di quel gruppo di persone ma loro si erano sempre rifiutati, fino a quando lui aveva preso la decisione di are all’azione e impossessarsi del tesoro con la forza. " Glenda andiamo, il vecchio ci sta aspettando." La donna fu riportata alla relatà nella sua camera d’albergo dalla voce del suo amato. Erano stati molto attenti a non rivelare la loro relazione, all’interno dell’entourage di Von Beckett non ci si potreva fidare di nessuno, e ognuno usava qualsiasi mezzo per screditare agli occhi del padrone un altro impiegato. Questo era il vero potere pensò Glenda. Quell’uomo aveva il controllo totale sulla sua vita e anche su quella di tutti loro, o almeno ancora per poco. " Ho paura Hector, non voglio morire" " Tranquilla non lo permetterò, atteniamoci al piano e andrà tutto liscio" Entrambi si rivestirono e si diressero verso la suite del loro padrone. Una volta dentro videro il vecchio uomo chinato sul tavolo al centro della stanza, un foglio grande al centro del tavolo veniva esaminato da Von Beckett e un nugolo di ingegneri e architetti. Il conte si girò verso la porta e li guardò, Glenda sospettò che avesse capito qualcosa della loro relazione, ogni volta che Von Beckett la guardava si sentiva spogliata dal di dentro. " Glenda vieni avvicinati" Il conte aveva il viso illuminato dei bei giorni della gioventù andati. " Volevo rendervi partecipi del completamento del mio mausoleo, i ragazzi mi hanno appena portato il progetto definitivo, comprendente le ultime modifiche da me richieste in Germania" Prese il grande foglio tra le mani e lo alzò " Eccola la tomba degna di un imperatore. La mia famiglia è la legittima propietaria del tesoro degli Houenstauffen, se quel moccioso pugliese non lo avesse sottratto al sacro suolo tedesco oggi quel tesoro sarebbe già mio, potrei già cominciare la costruzione, ma pazienza è solo questione di tempo e rientrerò in possesso di ciò che mi spetta. Guarda mia cara questo sarà l’ingresso, due grosse statue ai bordi della porta e lo stemma della mia famiglia al centro. Poi si entrerà in questa stanza, il vecchio la indicò con il dito sul foglio. Tutti questi corridoi porteranno a delle cappelle laterali dove in ognuna verrà celebrata la

grandezza mia e della mia famiglia. In questa mia cara, come da te richiesto riposerai tu. La tua stanza sarà alla mia destra, riposeremo per sempre insieme. Questo è il progetto, come vedi non abbiamo posto limiti per quanto riguarda i materiali e il resto, verrai ricordata come una regina. Io invece riposerò qua." L’uomo prese un altro foglio, il disegno era il doppio di quello che rappresentava la cappella funeraria di Glenda, ma lei non lo diede a vedere. " Il mio feretro sarà posto qua, al centro. Tutto attorno come potete vedere, il tesoro del mio popolo dormirà per sempre con me. Ed ora una sorpresa" I due rgazzi si lanciarono uno sguardo, forse dovevano rivedere il loro piano. " Mio caro Hector se ben ricordi prima di partire dalla Germania ti avevo chiesto di accompagnarmi in questa ultima avventura. Il mio uomo più fidato, il mio braccio armato." L' anziano uomo parlava senza freni davanti al suo staff, anche se avesse ammesso la vera natura di Hector, che aveva ucciso decine di uomini al suo ordine, nessuno dei presenti avrebbe mai pensato di denunciarlo. Lui era il loro Dio e padrone. " Un ultima avventura che ti avrebbe portato a tumularmi nel mio mausoleo, ti ho offerto l’occasione di entrare nella storia" Il vecchio prese un terzo foglio. " Su mio ordine, gli architetti hanno disegnato questo mausoleo per te, verrai deposto in una delle stanze laterali vicino a me, verrai ricordato grazie a quest’opera nel pieno delle tue forze e intelligenza per sempre dai posteri." Hector, Glenda e tutti i presenti stavano in silenzio ascoltavano le parole del vecchio uomo immobili. Il conte allungò la mano " Hector, mio fidato tra i più fidati uomini, ti sto dando l’onore di morire e riposare per sempre vicino a me e allo stupor mundi." Nella stanza nessuno parlava il vecchio uomo aveva appena chiesto al ragazzo di morire con lui, il piano iniziale prevedeva che una volta recuperato il tesoro, Von Beckett avrebbe atteso la sua ora, che una volta giunta, i suoi uomini più fidati lo avrebbero portato al luogo prescelto per il riposo eterno, nessuno avrebbe più saputo nulla. Glenda anni addietro, aveva deciso anche lei, in un eccesso di amore, di seguire il conte, aveva detto che non poteva vivere senza lui e che una volta che il conte fosse morto si sarebbe levata la vita per riposare con lui per sempre. Hector si inginocchiò e quello che disse arrivò a Glenda, come una palla di cannone sparata mentre lei era davanti la bocca del cannone stesso " E con mio grande onore e piacere che ho già accettato mio padrone" Il ragazzo si inginocchiò e baciò la mano, che portava l'anello che lui stesso aveva ritrovato, del vecchio uomo. Poi prese il foglio del progetto dalle mani dell'uomo che gliele porgeva. Glenda era come gelata. " Bene mio fidato sapevo che non mi avresti deluso. Grazie a te sarò come i faraoni del ato che vevnivano sepolti con i propri generali accanto, per usare i loro servigi nell'aldilà. " Novità dalla nostra ragazza?" Von Beckett fece segno a Hector di alzarsi, che quasi rimase stupito di come l'anziano uomo avesse cambiato argomento così velocemente. "

Nessuna, Von Beckett. È stata vista entrare dai nostri uomini a casa sua, ma da quello che so, si trova ancora là. E seguita o o, se dovesse spostarsi lo saprei subito." " Bene miei cari ora andate ho altri impegni da sbrigare per quando non ci sarò più." I due ragazzi uscirono dalla stanza e rientrarono in quella di Hector. " Sei impazzito!" Glenda investì Hector con un mare di parole. " Tranquilla mia cara è tutto sotto controllo, l'ho fatto così potrò proteggerti ovunque il vecchio ti voglia portare quando sarà l'ora." Dopo si allontanò per andare a riprendere la sua caccia.

Capitolo 33

In tempi ati il palazzo di forma quadrata della Cuba, era posto davanti un lago, oggi prosciugato, immerso nei Sollazzi Regi, un circuito di palazzi della corte Normanna di cui facevano parte i due palazzi detti Cuba una soprana, l'altra sottana, la cubula e tutto il parco del Genoardo, con le sue bellezze. Oggi di quello splendore che circondava la città di Palermo è rimasto ben poco, e purtroppo come potevano vedere Stefania e Luca, conservato in malo modo. Anche se la città stava cominciando piano piano a rinascere e prendere coscienza del suo ato glorioso, e aveva cominciato a restaurare quelle meraviglie che possedeva. Il palazzo della Cuba sottana, così come conosciuto dai Palermitani e dai contemporanei possiede oggi ben poco della sua bellezza antica. Costruita per volere di Guglielmo II nel 1180, la sua unica funzione era quella di permettere al re e alla sua corte di are al suo interno ore deliziose a divertirsi, e ripararsi magari dalla calura che attanaglia la città nelle ore più calde del giorno. Nella sua storia centenaria il palazzo fu usato anche come prigione e lazzaretto. Al giorno d'oggi la Cuba Sottana appare di forma sgraziata con l'ingresso posto a quasi due metri dal piano stradale, ma bisogna immaginarsela con il suo lago davanti, e i giardini tutti intorno con le fontane ricolme di acque fresca e allora ecco che la sua meraviglia si rivelerà agli occhi del turista osservatore. Fatto ancora più importante, oggi il palazzo testimonia dell'apertura mentale della corte Normanna, che fu invidia di tutta l'Europa medievale e delle stesse corti italiane. Un iscrizione ritrovata scavando ai piedi del palazzo stesso loda il re Cristiano GuglielmoII. Il fatto straordinario è che l'iscrizione scritta in arabo in caratteri crufici parla e loda di un re cristiano. Stefania notò subito la somiglianza tra la scritta che aveva davanti trovata alla Cuba e quella che aveva trovato nella pergamena. Entrambe iniziavano allo stesso modo. "Nel nome di Dio clemente e misericordioso." " Guarda!" Indicò a Luca, sembra la stessa scritta. Il ragazzo rifletté un attimo su quello che gli faceva notare la ragazza e non volle deluderla, ma quello risolveva ben poco del mistero che interessava loro, certo però era una strana coincidenza. " Entriamo?" La invitò. Stefania fece cenno di si con la testa. Il palazzo oggi spoglio al suo interno, era vuoto anche di turisti, pensò purtroppo Stefania. L'unico reperto di interesse erano i resti di una splendida fontana che doveva abbellire il centro della stanza e le muqarnas della stanza centrale. " Vuoto, come mi aspettavo, nulla che possa aiutarci." Luca era scoraggiato. Ogni strada che intraprendevano in quel caso, sperava li potesse

portare un po' più avanti nel risolvere il mistero, eppure doveva ammettere che loro erano ancora alla casella inizio della storia. " Non so che pensare, qua non c'è nulla che mi dia anche solo lo stimolo a indagare, cosa dovremmo cercare?" Stefania andò in soccorso del ragazzo " Dai non scoraggiamoci, il primo o è sempre il più difficile. Un attimo di scoraggiamento è normale vediamo di ragionare a voce alta, magari parlandone viene fuori qualcosa" la ragazza estrasse la pergamena dalla tasca facendo attenzione a non danneggiarla. "Qua dice "la splendida Cuba sgorga le meraviglie del mondo" " Beh in altre parole alla Cuba c'era lo stupor mundi, lo stupore, la meraviglia del mondo come la chiama qua. Qualsiasi cosa fosse, o a qualsiasi cosa si riferisse l'autore di quella pergamena. Fin qui siamo d'accordo, quindi?" " Però dice sgorga è strana come parola, non so mi stona. Perché sgorga, perché non rivela, mostra o..." I due ragazzi si fermarono e si guardarono negli occhi " Sgorga! Come l'acqua che sgorga da una fontana... La fontana!" Urlarono insieme, subito si diressero ai resti di quella che un tempo era una fontana di mirabile bellezza che adornava la stanza centrale. Come nella migliore tradizione araba le fontane avevano il doppio uso di abbellire la stanza e rendere l'aria fresca dell'ambiente con la loro acqua che sgorgava rigogliosa dagli ugelli. Oggi della fontana in marmo di un tempo era rimasto ben poco, però il fatto stesso che alla Cuba ci fosse una fontana e che in quella pergamena si parlasse di una fontana era una coincidenza troppo grossa per non essere la stessa. Luca e Stefania si avvicinarono e cercarono di immaginarsi la fontana ancora esistente che sgorgava acqua. "Vediamo se in giro o nelle vicinanze della fontana c'è qualcosa di strano un qualsiasi cosa che possa magari metterci nella giusta direzione." I due ragazzi si girarono uno da un lato l'altro dall'altro per cercare quel qualcosa di cui avevano un disperato bisogno. Dopo un po' Stefania chiamò Luca " Guarda il disegno su questa pietra!" Luca si girò di scatto e vide la ragazza che indicava una pietra per terra, si avvicinò e prese quella che sembrava un mattone tra le mani. Sulla vecchia mattonella un uccello o così sembrava volteggiava su una palla, un globo molto probabilmente. " Strano, è lo stesso disegno sul coperchio del cofanetto che mi ha dato Bentivoglio, quello dove c'era l'anello e la pergamena. " Quindi è vero la fontana che sgorga lo stupore del mondo è questa" " Luca dobbiamo vedere questa mattonella da dove è stata staccata, vieni" " Ma è impossibile qua è tutto distrutto non c'è più neanche il pavimento questa mattonella può essere di qualsiasi parte del palazzo" " Non di qualsiasi parte. Di sicuro di qualche parte vicino a dove c'era la fontana, altrimenti non capisco il riferimento nella pergamena, non capisci è un indizio lasciato per permettere a qualcun altro con un po' di conoscenza di trovare ciò che poteva andare perso per sempre" " Non dirmi che cominci a credere anche tu all'esistenza di un tesoro

nascosto" " Non lo so. Ma come hai detto tu da qualche parte dobbiamo pur cominciare" Stefania prese la mattonella dalle mani del ragazzo e scavalcò la balaustra della pedana montata per permettere ai visitatori di girare per il palazzo. La pedana aveva la doppia funzione di preservare le antiche pietre del palazzo da eventuali turisti e permettere a quei stessi turisti di camminare in tutta sicurezza essendo il pavimento del palazzo in molti punti crollato. " L'ho notato poco fa quando siamo corsi verso la fontana" Stefania prese la mattonella e con tutte e due le mani la accostò a un pezzo di pietra, che si trovava ancora nella sua collocazione originale, la mattonella combaciava alla perfezione e stava attaccata da sola . La ragazza vide il globo disegnato sulla pietra sporgere un poco, lo premette e sentì qualcosa di millenario mettersi in movimento. Luca e Stefania non credevano ai propri occhi nel castello abbandonato della Cuba, un aggio si era aperto davanti al loro sguardo incredulo. Nessuno dei due si mosse. " Oh mio Dio" urlò quasi Stefania. Luca era scioccato e meravigliato, avevano trovato un aggio segreto " Dobbiamo entrare, non possiamo fermarci ora" esclamò lei. La voce che tradiva l'eccitazione. Scesero i primi gradini. Stefania davanti Luca la seguiva subito dietro. " Attenta a dove metti i piedi Stefi" continuarono a camminare ancora per qualche minuto, la luce cominciava a scarseggiare. " Attenta" Luca non ebbe modo di evitare la caduta, Stefania cadde convinta che fosse arrivata la sua ora e quasi urlò, convinta di schiantarsi molti metri più in basso. Si ritrovò invece a quattro zampe, con le mani dentro l'acqua. Un canale di uno scalino più basso scendeva perpendicolare rispetto al corridoio da dove erano arrivati loro, i due ragazzi si guardarono " Acqua! Forse è la vecchia sorgente che alimentava il lago artificiale che in ato bagnava la Cuba?" Stefania si rialzò. " Sicuro, avranno sfruttato la tecnica del qanat per far arrivare l'acqua fin qui" Luca si riferiva ai cunicoli scavati nel sottosuolo dagli ingegneri arabi che intercettando la falda acquifera a monte scavavano quei cunicoli nel sottosuolo riuscendo a portare l'acqua in molte zone della città, ancora oggi il tenente sapeva che in quei cunicoli scorreva l'acqua e alcuni erano addirittura visitabili. " Non ci resta che proseguire, lo invitò Stefania, stavolta però vai avanti tu" Luca proseguì lungo il qanat l'acqua scorreva lenta e non intralciava il loro cammino, ma Stefania notò era molto fredda " Dove pensi che sbuchi?" Domandò lei. Luca cercò di orientarsi ma sinceramente aveva perso la bussola e non sapeva la direzione che stavano prendendo. Stefania si girò un attimo, capendo che il ragazzo non le rispondeva aveva intuito che anche lui era confuso sulla loro effettiva direzione come lei, mentre pensava a tutto ciò sentì l'urlo di Luca e cercò di fermarsi ma nel mettere giù l'ultimo o il terreno le mancò sotto il piede, l'altro arto, non riuscendo a fare presa sulla pietra resa scivolosa dall'acqua non poté fermare la caduta. Cominciò a scivolare lungo uno scivolo in

pietra Luca davanti a lei. La caduta non durò molto, e alla fine arrivarono a destinazione. Con un ultimo salto finirono in una specie di lago sommerso. L'acqua non molto alta arrivava un po' sopra le caviglie e non impedì di mettersi in piedi a entrambi e dopo che si furono tolti l'acqua dal viso quello che videro li lasciò se ciò era ancora possibile dopo le ultime scoperte ancora più scioccati. Una caverna alta quattro o forse cinque metri, con al centro un rialzo che non permetteva all'acqua di salirci sopra, una specie di isolotto con al centro una colonna bassa con sopra uno scrigno uguale e identico a quello che Bentivoglio aveva dato a Stefania. Anche se bagnati fradici da quell'acqua fredda che ancora gli bagnava le caviglie i due ragazzi erano caldi eccitati dalla scoperta. " Non è possibile sto sognando. Qualcuno si è preso la briga di architettare tutto ciò per nascondere un cofanetto uguale a quello che abbiamo" Stefania non parlava e dopotutto non sapeva che dire. Si avvicinò al cofanetto e così facendo uscì dall'acqua e lo preso dalla sua posizione millenaria. Alzandolo dalla base vide dei scalini spuntare dalla pietra e una specie di botola aprirsi sul tetto della caverna. Un raggio di sole fece capolino nell'apertura appena spuntata e colpì la ragazza al volto. Senza dire una parola prese lo scrigno e con Luca dietro cominciò a salire i vecchi gradini che forse per l'età o per volere del loro creatore si distrussero poco dopo il loro aggio, poi spuntarono nella città moderna tornado ai giorni loro.

Capitolo 34

Luca e Stefania non credevano ai loro occhi e a quello che portavano in mano, solo qualche giorno prima piangevano la morte dei loro amici ora si trovavano con un cofanetto, nascosto, per quello che sapevano loro da chissà quanti secoli nel sottosuolo di una moderna città, e che quel cofanetto per quello che poteva rappresentare era la causa della morte dei loro amici. " Nessuno ne conosce l'esistenza tranne il killer." La voce di Luca riportò Stefania alla realtà, la sua testa intanto fantasticava su tesori nascosti, si sentiva come i primi europei che nel secolo scorso andavano in Egitto a cercare tesori nascosti di quella stupenda civiltà perduti per sempre. " Intendo dire che molto probabilmente il killer che ti sta dietro vuole quel cofanetto." Stefania guardava Luca e di colpo torno alla realtà. " Vuoi dire che Tizi Bentivoglio e Giuffré sono morti pure per questo? Perché nascondevano questo cofanetto." Indicò il cofanetto appena trovato alla cuba uguale a quello che le aveva consegnato Bentivoglio. " Beh con una semplice deduzione logica, viene fuori che chi li ha uccisi voleva impossessarsi del primo cofanetto per trovare il secondo come abbiamo fatto noi. A meno che tu non mi nasconda di essere un pregiudicato o appartenente a qualche famiglia mafiosa i cui nemici hanno assoldato qualcuno per ucciderti mi sembra la cosa più ovvia. Mi spiace dirtelo, mi sa che il tuo prof e Bentivoglio nascondessero qualcosa, non so cosa, che ha a che fare con questi cofanetti e che ti hanno usata per nascondere tutto ciò." Stefania non ribatté alle parole del ragazzo in cuor suo sapeva che era così, il ragionameno di Luca portava a quella spiegazione non bisognava essere un detective per arrivare alle stesse conclusioni, ma anche lei come Luca si ripeteva che cosa nascondevano i due professori, e chi fosse disposto a uccidere per entrare in possesso di quei cofanetti? Avevano aperto il cofanetto di Bentivoglio nella speranza di trovarci risposte, ora si ritrovavano con fdue cofanetti e le domande erano aumentate " Ora che si fa?" " Devo andare alla centrale. Devo informare il capitano di quello che abbiamo scoperto speriamo solo che non ci prenda per pazzi." " Luca ti fidi di lui?" Tranquilla il capitano è a posto.

Capitolo 35

Il capitano Tacchi era nella sua stanza, Luca e Stefania si diressero direttamente nel suo ufficio. Sentivano di dover parlare con qualcuno di quello che avevano appena scoperto. " Luca dove eri finito? Ti ho fatto cercare dappertutto!" " Scusi capitano ma non crederà a quello che ho scoperto." I due ragazzi si accomodarono davanti la scrivania del capitano. Stefania prese il cofanetto che le aveva consegnato il Professore Bentivoglio e lo pose sul tavolo, notò un impercettibile smorfia del capitano o forse era solo diventata paranoica dopo tutto quello che le era successo in quei giorni, e non le diede importanza. " Questo è il cofanetto cher il professore Bentivoglio ha consegnato a Stefania poco prima di morire" iniziò Luca. L’ufficiale si allungò e prese l’oggetto posandolo di fronte a lui, Luca continuò " Fino a ieri non avevamo collegato questo cofanetto a tutto quello che è successo. Siamo riusciti a risalire alla signorina Prestigiacomo, e indicò Stefania, grazie alle telecamere della facoltà del professore. " Si questo già lo abbiamo appurato, ho pure letto il fascicolo che mi ha preparato Cristina, ho saputo che ha collaborato con te nella prima parte delle indagini, altro? Ti metto fretta lo so Luca, ma ho il PM che mi sta sul collo, abbiamo bisogno di qualcosa per dimostrare che siamo sulle tracce dell’assassinio." " Come le dicevo questo cofanetto è l’inizio di tutto" " Intanto devo chiederti, lo interruppe il capitano Tacchi, che il cofanetto d’ora in poi rimanga in nostra custodia. Dopotutto è pur sempre una prova in un caso di omicidio." " Si però capitano il discorso della nostra scoperta di cui le parlavo poco fa, sta proprio tutto qua, come le dicevo questo è il cofanetto che ci ha lasciato Bentivoglio, ma che lei ci creda o no sembra proprio che il cofanetto era l’oggetto che il killer cercava in facoltà e poi a casa del prof appena ucciso. Ma quello che proprio non so come spiegarle è questo" Luca posò sul tavolo il secondo cofanetto quello trovato alla Cuba, Stefania notò di nuovo quella smorfia vista all’inizio sulla faccia dell'uomo e stavolta presa di coraggio chiese: " Capitano deve dirci qualcosa?" L’uomo non si mosse, stava fermo, gli occhi fissi sull’oggetto appena posato sul tavolo da Luca e si comportava come se non avesse sentito la domanda della ragazza, Luca attese qualche altro secondo " Capitano tutto ok?" " Oh mio dio l’avete trovato! Ma allora è tutto vero? Non ci posso credere, avevamo ragione era tutto vero." L’ufficiale parlava a voce alta come se i due ragazzi non fossero là con lui, o se sapessero di cosa si stesse parlando. Il capitano intanto quasi saltando dalla poltrona, prese la cornetta del

telefono posato sulla scrivania " Roberto annulla tutti gli appuntamenti, per oggi e non voglio essere disturbato da nessuno per nessun motivo chiaro?" L’uomo riposò la cornetta e prese i due cofanetti tra le mani, li teneva stretti come due cuccioli rari quasi li coccolava, a un certo punto ricordò di non essere solo nell'ufficio e alzò lo sguardo sui due ragazzi che, faccia attonita guardavano l’uomo. " Capitano si calmi la prego, vuol forse farmi credere che lei sapeva dell’esistenza di questi cofanetti, e di tutto quello che sta succedendo?" L’uomo non si mosse, fissò Luca e capì che il ragazzo aveva posto quella domanda diretta per aiutarlo ad uscire da quell’ime, davanti ad un estranea e alla fine si decise. Si alzò, chiuse a chiave la porta dell’ufficio, e ritornò alla scrivania. " Ok avete ragione." Ancora qualche istante di silenzio poi fu un fiume in piena " Faccio parte di una congrega, una setta se preferite, ma nulla di quello che immaginate." I due ragazzi non si mossero. " Se dico Stupor Mundi cosa ti viene in mente, Luca?" Il ragazzo era scioccato, il suo capitano l’uomo che aveva giurato di obbedire, faceva parte di una setta segreta? " Stupor Mundi!? Se non ricordo male per rimanere in tema di Palermo è il nomignolo dato a Federico II dagli storici" " Nient’altro?" Questa volta il comandante si rivolse alla ragazza " Beh se non ricordo male anche io, pure Giulio Cesare è ricordato così" " Beh avete ragione tutti e due. Il primo a essere nominato Stupor mundi fu Alessandro Magno per essere precisi." " Devo ammettere comandante che lei sembra saperne più di noi, forse farebbe meglio a dirci quello che sa." L'uomo sbuffò e preso di nuovo di coraggio iniziò a raccontare. " Sapete, ieri come oggi, l’unica cosa che contava al mondo erano le ricchezze e i soldi. Oggi i grandi imperi finanziari si misurano in base ai loro soldi, depositi, contratti e azioni, non molto diverso dai tempi antichi. Gli imperi erano più solidi e al sicuro, se i loro re erano ricchi e possedevano contratti. Contratti di vassallaggio e quant’altro. E ieri come oggi i nemici erano tanti, più grosso l’impero, più grossi e numerosi i nemici. Alessandro Magno voleva unificare i Persiani e i Greci sotto un unico vessillo, quest’avventura lo portò a formare uno dei più grandi imperi del tempo e le sue ricchezze furono così tante dovute a tutte quelle conquiste che naturalmente divenne un uomo e un re potente. La sua corte era immensa, frequentata dai più grandi generali del tempo ma anche dai più grandi filosofi e scrittori, che ben presto inventarono il nome che poi tutti noi conosciamo e Alessandro III divenne Alessandro il Grande, in Greco, Alessandro Magno. Ma Alessandro sapeva che i suoi tesori, facevano gola ai più. Decise quindi di nascondere la maggior parte di questi tesori, e molti pensano che nascose il tutto a Babilonia. Così creò una congrega, che oggi porta il nome di "Stupor Mundi”, destinata a nascondere e custodire i tesori del suo regno e degli altri regni da lui occupati. Infine lasciò come regola scritta all'atto di costituzione della congrega

che il suo tesoro asse a un altro grande Generale, un uomo degno come lui del suo tesoro, un grande generale, un grande uomo, in tal modo la congrega e i suoi tesori sarebbero sopravvisuti a lui. Sta di fatto che la congrega come voleva lui stesso sopravvisse al suo creatore e attese generazione dopo generazione che un'altro uomo definito stupor mundi, fosse degno di possedere questo tesoro. Quello stesso tesoro ò a Caio Giulio Cesare, il più grande condottiero dell’impero romano. Cesare divenne il Grande Padre dello Stupor Mundi, è così che si chiama il capo della setta, nel 50 A.C. di ritorno dalla sua spedizione in Gallia. Dopo di lui toccò a Carlo Magno e infine a FedericoII. L'ultimo, almeno per quello che sappiamo, Grande Padre dello Stupor Mundi." I due ragazzi ascoltavano il Capitano estasiati dal suo racconto, aspettavano il finale di quella storia che a loro sembrava tanto avvincente, quanto fantastica. " E tutto questo come si collega con noi, che c’entrano Alessandro Magno, Cesare e Federico II, con la morte del Professor Bentivoglio, Giuffré e di Tiziana?" Luca notò la diffidenza dell'uomo, a rispondere alla domanda di Stefania, e rivelare loro tutta la storia. " Si collega mia cara, si collega. Come vi dicevo e come voi sapete il giovane imperatore nacque e ò la sua giovinezza nella poliedrica Palermo, in città imparò a conoscere le due religioni, cristiana e islamica, e fortunato tra i suoi contemporanei, poté osservare dal di fuori pregi e difetti di entrambe le culture. Questo lo porterà a essere una delle menti più aperte e all’avanguardia del suo tempo, ma ahimè, lo metterà molte volte a scontrarsi con i poteri chiusi e ottusi del papato dell’epoca. Il giovane imperatore rimase stregato da questa città e la porto sempre nel suo cuore. Prima di partire per la Terrasanta, per la sesta crociata per l'esattezza, crociata che il papa gli aveva imposto, si narra che venne a Palermo a nascondere il suo tesoro, il tesoro della sua corte che naturalmente faceva gola a molti." " Beh sicuramente l'imperatore doveva essere un uomo molto ricco, non c'è dubbio, forse per un eccessso di zelo nascose il tesoro, ma addirittura che questo fe gola a molti." lo interruppe Stefania. " Lei mia cara ha perfettamente ragione. Ma ciò che non sa e che ai tempi della crociata Federico II aveva già acquisito lo pseudomino di stupor mundi." " Stupor mundi? Ma stupor mundi non è altro che un vezzeggiativo, un aggettivo per descrivere una personalità di spicco della storia questo come si collega a noi." " Lo stupor mundi, come vi ho già detto miei cari è un tesoro, so che è difficile da credere, io stesso non ci credo, o meglio non ci credevo. È vero, ad oggi stupor mundi viene usato come aggettivo per esaltare le doti di una figura di spicco del ato, ma non sempre è stato così credetemi. Alessandro Magno, ando per Cesare e arrivando a Federico II, tutti furono nominati stupor mundi per le loro doti, le loro imprese, e grazie a questo entrarono in possesso del tesoro detto stupor mundi. Anzi la legenda vuole che loro stessi prendessero quella carica

proprio per indicare che possedevano e amministravano quel tesoro. Un tesoro di inestimabile valore, ognuno, ogni stupor mundi ha provveduto ad arrichchirlo mentre ne era in possesso, donando una parte delle sue ricchezze magari di ritorno da una campagna bellica fortunata, si narra che lo stesso Cesare, che lo ottenne dopo l'assedio di Alesia, quando sconfisse definitivamente la resistenza dei Galli, dalle ricompense ottenute da quella campagna depositò molte ricchezze nel tesoro, accrescendone il suo valore. L'ultimo uomo che potè posare lo sguardo sul tesoro fu Federico II. E questa congrega esiste ancora oggi e sia io che Bentivoglio che Giuffré ne facciamo parte. Anzi di più. I due prof erano i due Grandi Padri, custodi del tesoro. Certo la loro carica oggi è solo figurativa." " E perché due grandi padri?" chiese Luca " Quando Federico II partì per la crociata in Terrasanta, venne segretamente a Palermo a nascondere lo Stupor Mundi. I tesori di Alessandro Magno, Cesare e dei suoi predecessori Grandi Padri, furono tutti riuniti qua, purtroppo non sappiamo dove, e nemmeno se vero. Vi ripeto che tutta la storia è mescolata al mito e alle leggende. Federico II fu costretto a nascondere il tesoro per paura che il papa in sua assenza o i suoi nemici se ne impadronissero. Da quel momento, per evitare che il tesoro fosse facilmente trovato proclamò che vi fossero due Grandi Padri, nominati dallo Stupor Mundi, questi possedevano le uniche chiavi per ottenere l’accesso al tesoro. Solo con entrambe le chiavi si sarebbe trovata la via, per il resto non so dirvi altro, il mito si confonde alla realtà." " Due Padri, Bentivoglio e Giuffré, giusto?" Chiese Stefania " Esatto ragazza mia, e ora veniamo ai giorni nostri e alla nostra storia. Conosco Bentivoglio e Giuffré da molto tempo, anche io come loro amo questa città, proprio come Federico II se volete. Sapevo che erano i due Grandi Padri, dello stupor. La congrega al giorno d’oggi non nasconde il tesoro dello Stupor Mundi naturalmente, v’immaginate i tesori di Alessandro Magno, Giulio Cesare, Carlo Magno e Federico II tutti insieme qui a Palermo? Praticamente impossibile. Diciamo che oggi siamo una specie di club privato che si riunisce e ama parlare di Palermo e dei suoi bei tempi andati. Nulla di strano. E che per mantenere la sua identità e riconoscersi con la congrega del ato possiede ancora i suoi due Grandi Padri." L’uomo sembrava sognare con lo sguardo, sembrava che il tesoro si fosse materializzato lì davanti a lui e ora lo stesse osservando. Ritornò alla realtà. " Come vi dicevo, ai nostri giorni la congrega vive solo del suo mito l’unica cosa materiale che ci rimane della leggenda sono le due chiavi create da Federico II per proteggere il tesoro, il resto è perso nella notte dei tempi. Poi però qualche mese fa ricevemmo una lettera, un nobile tedesco pretendeva per sé il titolo di unico vero Grande Padre dello Stupor Mundi. Diceva di essere un discendente di una famiglia nobile tedesca del tempo di Federico II, e spettava a lui quel titolo." "Se non sbaglio

l’imperatore dovette combattere contro molte famiglie nobili tedesche per poter salire al trono." " Precisamente mia cara, proprio per questo noi, i due Grandi Padri e io il loro braccio destro ci rifiutammo di accogliere quell’uomo, ci sembrava di tradire i nostri Padri antenati e tutti gli Stupor Mundi del ato. Poi un giorno Andrea, il professor Giuffré, ci venne a dire che l’uomo stava per arrivare qui in città. Dietro mio suggerimento lui si allontanò dalla città, sco invece rimase. Sia lui che Giuffré promisero di nascondere le chiavi, così in caso fosse successo loro qualcosa il ricordo della loro storia e dello Stupor Mundi non sarebbe andato perduto." " Ecco cosa mi doveva consegnare il professore, la chiave!" " Precisamente cara, e spero che tu l’abbia nascosta bene." " Ma io neanche sapevo cosa fosse quell’oggetto" " Proprio x questo mia cara tu eri la persona perfetta. Come da regolamento io ero all'oscuro della tua identità, solo i due Grandi Padri la conoscevano. Immagino che Andrea ti abbia scelto perché sei una persona di cui lui poteva fidarsi, una persona che se vuoi ama la sua città, grande amica del professore, ed essendo all’oscuro di tutta questa storia, in nessun modo chi ha fatto del male ai due professori ti avrebbe potuto collegare allo stupor mundi. Poi Andrea ha deciso di tornare, non voleva allontanarsi troppo dalla città per colpa di un visionario anziano tedesco, mi ricordo che lo ha chiamato proprio così. L'ultima volta che ci siamo sentiti voleva afforntare quell’uomo, farlo ragionare che il tesoro non esiste, convincerlo che la congrega è solo un sogno, invece purtroppo il resto lo sapete." I due ragazzi rimasero scioccati per quello che avevano appena sentito, due uomini e una ragazza, due maestri e una loro amica erano morti, e ora? " Quindi lei capitano fa parte con i due prof di questa congrega, che in ato custodiva il tesoro di quelle personalità che venivano riconosciute stupor mundi, e per questo entravano in possesso di questo immenso tesoro!" Luca non credeva alle proprie orecchie. " Precisamente. Ma vi ripeto oggi nessuno crede più a tutto ciò, sappiamo che è tutta una leggenda" " Tranne per voi che appartenete a questa congrega giusto?" " Beh diciamo che per noi la cosa è vera fino a un certo punto, ma non ci credevamo più di tanto. Almeno fino ad ora. Prima che voi trovaste questi cofanetti. Ragazzi al giorno d’oggi la congrega è formata solo da uomini anziani che dimostrano il loro amore per questa città e le sue bellezze, ve lo ripeto. Avevamo quel cofanetto che dimostrava una certa verità del nostro credo, ma non possedevamo altro per poter avallare questa tesi, pensavamo che il tesoro ammesso che tutto ciò sia mai esistito, durenti i vari assedi nei secoli sia andato perduto depredato da chissà chi, o che addirittura non sia prorpio mai esistito. I due professori hanno speso la loro vita alla ricerca di un qualche indizio che ci portasse alla verità ma purtroppo mai nulla è stato trovato. Ma lasciate che vi finisca di raccontare. Il re è partito ha lasciato il tesoro in mano ai

suoi uomini fidati, l’ordine per loro è mescolarsi al popolo in modo da non attirare troppo l’attenzione sulla città, d’altronde un esercito con due capi lasciato a guardia desta sempre curiosità. Questi fidati uomini, fanno quello che gli viene ordinato. Prendono casa qua, si sposano con donne del luogo, mettono su famiglia, ma sanno sempre che da un momento all’altro potrebbero prendere le armi per difendere quello per cui si trovano là." " E perché due padri capitano?" " Naturalmente Federico conosceva pure l’animo umano. Fidati gli uomini per quanto erano, potevano sempre essere comprati, ai tempi la vita umana aveva un valore diverso da oggi " Sicuro?" Sia il capitano che Luca si girarono verso Stefania stupiti dalla freddezza della ragazza nell’ammettere un qualcosa che per altri sarebbe stato scontato, poi tutti e tre scoppiarono a ridere. " Come dicevo essendo corruttibili, il re decise di affidare a due uomini distinti le chiavi per il tesoro, con la tecnica che nessuno sapesse chi fosse l’altro." " Geniale, così nessun singolo militare sapeva chi corrompere e quanti soldati" " Esatto Luca. Due custodi, uno non conosceva l’altro, la carica poi ava di generazione in generazione." " E una volta tornato il re?" " Da quello che dice la legenda il re al ritono non spostò il tesoro, notando che lo stratagemma funzionava così bene e costatando che il tesoro fosse dove l’aveva lasciato, decise di lasciare tutto come stava. Anche perché come ben sapete al suo ritorno Federico non ebbe vita facile, e i suoi pensieri furono rivolti altrove." " Quindi voi sapete dov’e nascosto questo fantomatico tesoro?" " Luca allora non mi hai ascoltato, fino a oggi per noi tutto ciò era vero solo nel nostro cuore, ma non abbiamo mai trovato nulla che ci portasse a un indizio o che ci desse qualche speranza." " Quindi Bentivoglio e Giuffré erano i guardiani di questo tesoro ma nessuno sapeva della sua esistenza" " Nella congrega erano chiamati i custodi, erano come gli amministratori delegati di una azienda moderna." " E questi cofanetti?" " Ecco, qua la legenda ritorna storia, e i tasselli del puzzle vanno tutti al loro posto." Il capitano posò lo sguardo di nuovo sui due cofanetti sulla sua scrivania. Poi tornò a parlare " Il re è morto, Federico II come voi saprete morì improvvisamente. Nessuno viene a portare notizie ai suoi fidati custodi, dato che la loro identità e sconosciuta, ma la brama per quel tesoro è enorme, tutti lo vogliono, i due custodi del tempo prendono una decisione che forse salva il tesoro, ma che getta quest’ultimno nella leggenda. Decidono di incontrarsi, e rompono le due chiavi, non sappiamo come si siano trovati, ricordate che nessuno dei due conosceva l’altro, e le nascondono in quattro cofanetti nascosi in altrettanto quattro posti segreti, ognuno, si narra difeso da un elemento della natura. " Terra, fuoco,acqua, aria? " Precisamente Luca, e tutto questo ripeto fino a oggi era solo leggenda poi siete arrivati voi due, che ritrovate un altro cofanetto. Ora so che Bentivoglio e Giuffré sono morti anche se senza neanche

saperlo per nascondere il loro tesoro, come i guardiani del ato" I due ragazzi notarono nel volto del capitano come un segno di rispetto nei confronti dei due prof suoi amici. " Guardate" Stefania stava osservando da vicino uno dei due cofanetti, ancora non credeva a quello che le stava raccontando il capitano, ma non riusciva a staccare gli occhi da studiosa dal cofanetto. " Lei ci ha detto capitano che i quattro cofanetti sono protetti dai quattro elementi secondo la leggenda" " Precisamente mia cara" " Bene! Qua abbiamo il cofanetto del fuoco, che poi sarebbe quello che apparteneva a Bentivoglio, e che mi ha consegnato l’altro giorno." Stefania faceva riferimento al disegno in rilievo sulla serratura del cofanetto che rappresentava una fiamma, il fuoco appunto. Luca prese l’altro cofanetto quello che avevano trovato alla Cuba nella camera dello scirocco sotterranea, già solo la scoperta di quella stanza nel sottosuolo del castello medievale, valeva la scoperta di una vita. " E questo deduco sia il cofanetto della terra, d’altronde l’abbiamo trovato in una stanza custodita da un castello fatta con le pietre. Pietre, sassi, e indicò il simbolo sulla serratura, terra appunto. L’esistenza di una stanza del genere è resa possibile proprio dal vento che, proveniente da una zona resa fresca con la presenza dell'acqua rende piacevole l'ambiente della stanza." Luca ricordava ancora il qanat presente nel cunicolo che avevano attraversato. " Come siete arrivati alla Cuba?" chiese il capitano " Grazie a questa pergamena che abbiamo trovato all’interno del cofanetto." Il capitano rilesse l’antica iscrizione nel foglio che gli porgeva Luca. " Allora non ci resta che aprire il cofanetto del vento e troveremo l’ubicazione di un altro cofanetto e un altro pezzo di chiave per arrivare alla stanza del tesoro." " Sempre che tutta la storia sia vera" si intromise Luca " Beh fino a poco fa quello che sembrava leggenda comincia ad assumere i contorni della realtà, d'altronde se esistono i cofanetti chi ci vieta di pensare che possa esistere un tesoro. Magari non quello appartenuti ai stupor mundi come dice la leggenda ma qualcosa dovremmo pur trovare" Tutti e tre misero da parte il primo cofanetto e posero al centro della scrivania il secondo cofanetto. " A lei l’onore capitano" Stefania e Luca si scambiarono un cenno d’assenso. L’uomo prese l’antico scrigno tra le mani aveva quasi paura che questo sparisse da un momento all’altro e applicò una piccola pressione sul coperchio per aprirlo. Questi oppose un po' di resistenza, bloccato dai secoli, poi cedette. L'anziano uomo prese la pergamena all’interno del cofanetto e la posò sulla scrivania, prese anche il pezzo della chiave nascosta. Nessuno all’interno della stanza riusciva a descrivere l’emozione che provava in quel momento, quella chiave era stata messa in quel cofanetto secoli addietro da un uomo che come loro amava quella terra, misero da parte il pezzo della chiave e aprirono la pergamena. Sia Stefania che Luca notarono che la scrittura era simile a quella della pergamena trovata nel

cofanetto della terra, anche questa di fattura antica recitava: " Bellissima sgorga l’acqua dalle rose. Segui la forza della rugiada e troverai il tesoro della sapienza, nella Cuba cotta dal sole della Sicilia splendente." " Di nuovo la Cuba?" I due ragazzi si guardarono incuriositi l'un l'altro. " Beh è strano. Lei ci ha detto capitano che i guardiani nascosero le chiavi in posti diversi, quindi non credo si tratti della stessa Cuba dove abbiamo trovato questo. Si tratterà di qualche altro posto" " Facciamo così ragazzi, vi affido le indagini. Studiate la pergamena e trovatemi questi cofanetti poi vedremo il da farsi, non dobbiamo dimenticare che il caso è pur sempre di omicidio, e penso che il mistero dello stupor mundi sia legato ai tre omicidi. Luca come sempre avrai carta bianca ma portami risultati" " Con piacere capo, devo chiederle che la qui presente signorina Prestigiacomo faccia parte delle indagini" " Ovviamente, nulla in contrario." A quel punto il capitano si alzò, Luca sapeva che quello indicava la fine dell’incontro, dopotutto il capitano era una persona molto impegnata e lui aveva avuto carta bianca per le indagini.

Capitolo 36

Il telefono dall’altra parte della città cominciò a squillare " Non ci crederai hanno trovato il cofanetto, era tutto vero" Hector non credeva a quello che sentiva, non solo quei due erano scampati ai suoi attentati, e ora trovavano quello che loro cercavano da anni " Ok dammi due minuti e sarò lì" " Non ci pensare neanche, quei due stanno facendo quello che voi non siete riusciti a fare in neanche due anni, lasciamoli lavorare, a noi basterà solo essere pronti se dovessero trovare quello che ci interessa." " E dei due ragazzi che ne faremo?" La voce dall’altra parte del telefono sapeva a cosa Hector si riferisse, non che gli importasse dell’esistenza di quei due. " Una volta trovato il tesoro loro non ci serviranno più, quindi…" la frase rimase in sospeso. Ma sia Hector che il suo interlocutore sapevano cosa era stato deciso. I due ragazzi sarebbero morti.

Capitolo 37

Sia Luca che Stefania erano seduti al tavolo del laboratorio, avevano appena finito di raccontare tutto quello che era successo nella stanza del capitano a Cristina e ora in silenzio stavano bevendo un caffè. " Non ci posso credere, il capitano?!" " Neanche io sinceramente eppure è tutto vero, anche se come il capitano stesso ci ha più volte ribadito, la congrega al giorno d'oggi è vista come un circolo privato di apionati che si riuniscono e nient'altro. Nessuno tesoro da custodire o altro" " E ora? Che volete fare?" Chiese perplessa Cristina. " Il capitano ci ha dato carta bianca sulle indagini, ma sincerante abbiamo ben poco su cui lavorare e soprattutto non sappiamo neanche da dove iniziare, ieri indagavamo su un omicidio oggi è una caccia al tesoro. Anche se le due cose sono collegate. Ti ripeto lo stesso capitano fino a ieri non sapeva dell'esistenza di questo cofanetti e la sua congrega viveva all'ombra della leggenda. Certo però se questo cofanetti esistono veramente la cosa si fa interessante. Come ha detto il capitano stesso, non troveremo il tesoro della leggenda, ma da qualche parte queste pergamene devono portare" " Ok allora iniziamo dai cofanetti, che ne dite? D’altronde è l’unica cosa che abbiamo, indaghiamo studiamo e qualcosa verrà fuori." Quella frase fece quasi venire le lacrime agli occhi a Stefania. Era la frase che era solito dirle Giuffré. Indaghiamo, studiamo e qualcosa verrà fuori. Stefania prese il cofanetto del vento e lo aprì, estrasse il pezzo della chiave e lo posò sul tavolo, non prima di aver indossato dei guanti al silicone che Cristina le porse. " Questa per ora non ci serve, i guardiani hanno diviso le chiavi nei quattro cofanetti in modo da essere costretti a recuperarli tutti per riunire le chiavi. Studiamo questa, e srotolò la pergamena sul tavolo sotto un potente neon. È tutta tua." Fece cenno a Cristina che si avvicinò al tavolo. Il tecnico ancora non credeva ai suoi occhi " Incredibile non ci sono altre parole, mentre voi cercatendi capire quello che intende dire la scritta io eseguirò dei test per datare e catalogare il reperto, non vorrei usare soldi pubblici per studiare su un falso" Stefania guardo Luca " Tranquilla è la prassi, Cristina sa il fatto suo. I nostri laboratori devono analizzare tutti i reperti, se questi hanno una valenza storica possono essere da noi studiati altrimenti devono essere trasferiti al laboratorio di competenza" " Ok Cri, come sempre mi affido a te. Dimmi tutto quello che scopri su questa pergamena, io vado un attimo con Stefi alle macchinette." Una volta usciti dalla stanza Luca prese in disparte Stefania " Senti non prenderlo come un rimprovero Cristina è molto preparata uno dei migliori tecnici, e il

laboratorio è il suo regno, mi fido ciecamente di lei." " Nulla in contrario se è questo che vuoi, sei tu a dirigere le indagini" Stefania capì in quel momento di essersi affezionata troppo a quel carabiniere ma che non era l’unica. Dopo un po' tornarono dentro. " Gia di ritorno?" " Si tutto fatto, qua come precede" " Posso già dirti che non è un falso. La pergamena risale al medioevo, guarda l’intreccio del tessuto. Luca fece avvicinare anche Stefania al microscopio, voleva far capire a Cristina che quella storia non sarebbe un duetto ma un trio. Cristina da donna afferrò al volo il messaggio. Ora pensò Luca possiamo iniziare. " Si. Devo dire che come sempre hai ragione concordo con te." Luca staccò gli occhi dalla lente del microscopio, " Ok cataloghiamolo e iniziamo" " Dunque nella Cuba cotta dal sole… segui la rugiada…l’acqua che sgorga dalle rose? Si accettano suggerimenti donne." " Che io ricordi, Cuba, a Palermo ma non solo, sono sparse in tutta la Sicilia, ce ne sono centinaia." Intervenne Stefania " Si ma noi ne cerchiamo una con un roseto famoso, o quantomeno abbastanza conosciuto." La punzecchiò Luca " Ti riferisci alla acqua che sgorga dalle rose? " Si al momento è l’unico indizio che ci danno i guardiani, tu che ne pensi Cri" " Che avete ragione tutte e due. Ha ragione Stefania, la Cuba cotta dal sole in Sicilia mi sembra un indizio troppo vago, ma un roseto hai ragione tu è pure peggio." " E poi Luca dobbiamo pure pensare ai tempi in cui le pergamene furono scritte. Ieri come oggi, i palazzi in Sicilia cotti dal sole sono praticamente tutti, quindi tolto questo periodo, che mi sembra solo poetico, rimane come indizio una Cuba, con un roseto, dove l’acqua sgorga bellissima, e se volete o se può aiutarci in una cuba cotta dal sole." " Ok mi piego al volere femminile, ma questo non ci porta a nulla, siamo sempre al punto di partenza. Qual'è la Cuba con un roseto famoso che ci porterà al prossimo cofanetto?" " Il solito uomo, noi ti abbiamo dato il via caro ora tocca a te." Stefania lanciò un occhiata d’intresa a Cristina che ricambiò. " Ah le donne! Ok vediamo che ci dice internet e il nostro archivio speriamo bene." Luca si mise davanti la tastiera e cominciò a digitare su Google la scritta Cuba. Per fortuna da quel computer il motore di ricerca si interfacciava con l’archivio del nucleo patrimonio beni culturali, e come risultati oltre che ai classici risultati del motore di ricerca famoso dava anche quelli interni dell’archivio. Luca diede invio e naturalmente in meno di un secondo, anzi come recitava la didascalia del motore di ricerca stesso per evidenziare la sua potenza in 0.056 secondi la pagine del web si riempì dei risultati " Dunque da un primo studio sappiamo che oltre alla cuba che conosciamo noi c’era anche un'altra cuba, che per essere distinta dall'altra era chiamata soprana. " Certo villa Napoli!" I due carabinierisi girarono verso Stefania " Toccati! Dovete sapere che villa Napoli un tempo era un palazzo uguale alla cuba, poi dopo essere ata di proprietario in proprietario finì in mano alla famiglia Napoli che attraverso

diverse modifiche trasformò il vecchio palazzo in una villa di stile settecentesco come la conosciamo oggi." " Si il database dice che anche la cuba soprana come quella sottana era inserita nei giardini reali del Genoardo" Luca leggeva il monitor. Sia lui che Cristina erano come imbarazzati da essersi fatti trovare impreparati su quell’argomento, nei confronti di Stefania. "Però qua non parla di rose o altro, fece notare Cristina, e comunque nulla che possa collegarsi alla nostra ricerca, c’è altro?" Luca e Cristina continuarono a scorrere la pagina con il mouse, " Guardate!" Luca aprì un altra pagina web " Questo documento dice che oggi la più famosa Cuba esistente è quella di Santa Domenica a Castiglione di Sicilia o quella della santissima Trinità di Delia a Castelvetrano, però nemmeno qua, nulla che parli di rose o roseti famosi." Luca si diresse di nuovo al tavolo dove era spiegata la pergamena trovata nel cofanetto la rilesse con attenzione, era pensieroso " Che strano." " Cosa?"Lo interrogò Cristina, speranzosa che l’amico avesse scoperto qualcosa che prima era sfuggito. " La pergamena trovata dentro il cofanetto di Bentivoglio parlava della Cuba e noi subito ci siamo diretti alla cuba di corso Calatafimi, qua pure parla di una Cuba, ma non è il centro dell’argomento." Le due ragazze lo guardarono con uno sguardo interrogativo " Mi spiego meglio. Nella precedente pergamena era proprio indicato il luogo dove cercare, e mi stupisco come Bentivoglio e Giuffré non l’abbiano trovato. Il capitano ci ha pure detto che l’hanno cercato, x anni, ma di questo mistero ce ne occuperemo dopo ne abbiamo già troppi da risolvere. Come vi stavo dicendo, nel primo messaggio La cuba e il soggetto di tutto il mistero, qua il centro dell’argomento è l’acqua che sgorga dalle rose, nella cuba cotta dal sole. Non so ma non mi sembra che si parli di un palazzo." " E quindi che si fa?" Lo interrogarono le due ragazze " C'è qualcosa che ci sfugge, non so. Ma è la chiave di tutto il mistero, il tassello che ci permetta di mettere a posto tutti gli altri pezzi. " Visto che non abbiamo molto su cui lavorare, comunque ci tocca andare a verificare. Il database in fondo un risultato ce lo ha dato, anzi due. Andiamo a verificare x non lasciare comunque nulla di intentato. Non vedo altra soluzione" Disse Stefania " Si in effetti ci tocca una gita fuori porta" " Ci tocca?" Luca si girò stupito verso Cristina, raramente la collega andava in un sopralluogo fuori dal laboratorio. " Non vorrai mica lasciarmi qua dopo avermi messo la curiosità." " Ma vi rendete conto che dopo quasi due secoli dall’ultima importante scoperta siamo sulle tracce di un tesoro? Un tesoro!" Stefania era rimasta in silenzio ascoltando i due poliziotti pero ora la ione per quella storia la stava contagiando era eccitata dall’idea di dover andare alla ricerca del tesoro come gli antichi archeologi " Hai ragione Stefi anche io come immagino Cristina, sono eccitato dall’idea però non dimentichiamoci che in mezzo a tutto ciò c’e anche un killer, disposto a uccidere come ha già fatto per arrivare anche

lui alla scoperta e al tesoro, ancora non so bene perché, dico solo di stare attenti tutto qui ok?" Luca non voleva che l'eccitazione della ricerca del tesoro, offuscasse l'attenzione delle due ragazze, sapeva che se ciò fosse successo qualcuno poteva rimetterei la vita, e questo lui non lo voleva. Vide le due ragazze annuire alle sue raccomandazioni, nel frattempo si prepararono all'azione.

Capitolo 38

Hector era impaziente aveva ricevuto informazioni dal loro uomo che i due ragazzi avevano trovato un cofanetto, proprio un altro cofanetto come quello del prof che loro cercavano da tempo, ora però doveva comunicarlo a Von Beckett, e con quell'uomo non si sapeva mai come avrebbe potuto reagire. Dopotutto lui e tutto il suo entourage erano stati alla ricercha dei cofanetti da anni senza alcun risultato ora quei due ragazzi non solo erano in possesso del cofanetto che prima apparteneva ai guardiani ma erano riusciti a scovarne un secondo. Bussò e ricevette ordine di entrare. " Von Beckett sono venuto a informarla che ho ricevuto la conferma che i due ragazzi hanno trovato il secondo cofanetto e lo hanno aperto" Hector attese qualche reazione del vecchio uomo a quelle parole che pero non arrivò, attese ancora qualche secondo poi finalmente l’uomo diede segno di vita " Quindi alla fine era tutto vero, ora ho la conferma che la ricerca a cui ho dedicato quasi tutta la mia vita era vera, tutto vero. I miei antenati torneranno in possesso del loro tesoro, e io riposerò in mezzo a questo tesoro per sempre" Il vecchio si girò verso Hector " Che aspetti portami il cofanetto" " Un attimo Von Beckett, i due ragazzi hanno trovato quello che noi cerchiamo da anni" Era un rischio ammettere davanti a Von Beckett i propri fallimenti, ma Hector sapeva che nn aveva altra scelta " Forse loro hanno o sanno qualcosa che noi non sappiamo e questo permette loro di trovare i cofanetti, sono d’accordo con il nostro informatore di lasciali lavorare appena troveranno quello che noi cerchiamo saremo li ad aspettarli" L'uomo anziano tornò nel suo silenzio " Va bene! Ma voglio che sia tu stesso a pedinarli non perderli mai di vista e portami quei dannati cofanetti" Hector sapeva che la richiesta di pedinameno era la sua punizione per non aver trovato i cofanetti a differenza dei due ragazzi, ma in fondo per dirla tutta non gli era andata male. Aveva voglia di tornare a un po’ d’azione si stava annoiando in mezzo a tutto quel lusso, era uomo da strada lui, un sorriso gli dipinse il volto. Il suo cellulare cominciò a squillare, vedendo il numero rispose subito e ascoltò quello che aveva da dargli il loro contatto all'interno dei carabinieri. " Ok informo subito il capo." Chiuse la telefonata. I due ragazzi sono appena usciti dalla stazione. Von Beckett si animò subito " Seguili Hector non perderli di vista e torna con quei due cofanetti." Per Von Beckett la conversazione era finita, Hector lo sapeva, sapeva pure che un altro fallimento non sarebbe stato accettato. Uscì dalla stanza e si diresse a quella in fondo al corridoio, adibita a laboratorio " Azioniamo la spia della macchina di

quei due" disse entrando. Subito un tecnico si mise a lavoro su un computer. " Eccola! Hector" Il ragazzo si avvicinò al monitor dove il tecnico stava lavorando " Io vado ci teniamo in contatto con il cellulare, seguila e fammi sapere dove sono diretti."

Capitolo 39

La giornata era stupenda a un visitatore curioso sembravano un gruppo di amici che stessero facendo una gita fuori porta. La Sicilia era una terra piena di tesori, in quella stessa ricchezza per Stefania stava pure la colpa dell’abbandono della sua Sicilia. Troppi tesori sparsi da poter gestire, e la Cuba di santa Delia quel giorno rappresentava il prototipo dei monumenti siciliani. Nominato tesoro nazionale nel 1909 la piccola Cuba oggi versava in totale abbandono, o almeno non le veniva data l’importanza che meritava. Ultimo esempio dello stile arabo normanno allo stato puro, il monumento era fuori dal giro dei musei nazionali e di tutti i tour operator. Ne una targa, ne una guida, ad accogliere i turisti che avrebbe meritato il monumento. Se questo stesso tesoro di valor incalcolabile si fosse trovato in qualsiasi altra parte del mondo, Stefania ne era sicura, ci sarebbero stati pullman carichi di turisti ai parcheggi che avrebbero atteso le comitive accompagnate per le visite, e tutti a scattare foto in quel rudere, ma purtroppo lei lo sapeva questo non sarebbe mai accaduto, nella sua Sicilia. " Abbandonata ma chiusa, come tutto d’altronde" Luca si rifieriva ai catenacci posti a chiusura delle grate che impedivano l’accesso a turisti e curiosi. " Eppure da quello che ricordo dai miei studi all’interno non dovrebbe esserci molto" disse Stefania. " Luca vieni ti dò una spinta entra e dai un occhiata, da quelle aperture." Cristina si riferiva ai resti sulla facciata di una trifora che cadendo aveva lasciato uno spazio sufficiente che permetteva il aggio di un essere umano. Luca guardò un attimo la collega e si fece coraggio. " Ok vado a dare un occhiata dentro aspettatemi qua se ci sono segni evidenti di qualcosa o se scopro qualcosa vi faccio un fischio." Cristina si mise spalle a muro proprio sotto l’apertura posta un po' in alto, unì le mani a fare uno scalino e attese il collega. Luca prese una piccola rincorsa con il corpo e infilando il piede nelle mani della ragazza si diede uno slancio verso l’alto, poggiò le mani sulla base del buco e si alzò fino alle ginocchia, allungo un piede e lo alzò fino a scavalcare il buco, rimase un attimo a cavalcioni sul bordo della trifora. Non sembrava eppure era abbastanza alta, la veduta da lassù era una stupenda pianura di fronte a lui. Guardò l’interno, come potere scendere ma anche come successivamente potere salire per uscire, diede uno sguardo intorno. L'ambiente era ben illuminato dalla luce che entrava dalle sue spalle e dalle bifore sopra l'abside. Come ricordava Stefania notò che le pareti erano ormai spoglie, le decorazioni che dovevano abbellire l’interno erano andate perdute per sempre. Luca notò che sotto la

finestra vi fosse un tronco d’albero appoggiato al muro sotto, molto probabilmente il luogo era stato usato da qualche curioso che come lui doveva essersi posto il problema una voltsa entrato di come uscire e aveva escogitato quello stratagemma che ora a lui tornava utile. Si diede uno slancio e con un balzo atterrò al centro della piccola stanza. L’ambiente era fresco all’interno, tipico delle costruzioni di quel tipo, diviso in tre navate da piccoli pilastri non vi era molto da vedere, però se qualcosa c’era nascosto di sicuro non era in bella vista. Diede un primo sguardo veloce in giro ma non notò nulla che potesse attirare la sua attenzione, si avvicinò alla grata e provò a spingere, niente era irremovibile, sentì la voce di Stefania oltre la porta " Tutto ok li dentro?" La voce di Stefania gli arrivava attutita oltre le spesse mura e dal buco da cui lui era entrato. " Si ok! Tranquilla. Volevo provare ad aprire da dentro ma la grata è chiusa" " Aspettami arrivo" lo informò Stefania. Luca pensò di aver capito male ma dopo un secondo vide la testa di Stefania spuntare dalla stessa apertura che aveva utilizato poco prima lui, con un agilità che non attribuiva alla ragazza questa scese con un balzo e si fermò davanti a lui " Non ti avevo detto di aspettarmi fuori?" " Vuoi tenermi all’oscuro della scoperta. Vuoi la fama tutta per te?" I due ragazzi risero per un attimo. " Ehi voi due, guardate che qua tutta sola mi annoio datevi una mossa" era Cristina che parlava da fuori " Dunque alla Cuba avevamo la pergamena di Bentivoglio che ci ha guidato, quindi penso che la chiave per il prossimo cofanetto sia tutta qua" Stefania prese la copia della pergamena che avevano fatto al laboratorio prima di andarsene. " La forza della rugiada che scorre dalle rose" Vedi qualcosa che può assomigliare a delle rose piene di rugiada? " Non proprio forse come l'altra volta dobbiamo trovare qualche porta segreta" " Io rimango dell’idea che c’e qualcosa che non va" disse Luca dall'altra parte della stanza rispetto a lei " Quindi? Viaggio inutile?" " Era comunque un viaggio che ci toccava fare. Però penso proprio di si" " Ehi ragazzi venite qua. Ho scoperto qualcosa di interessante." Era Cristina che li chiamava da fuori " Arriviamo" Appena furono usciti dal rudere si avvicinarono alla macchina, Cristina aveva spiegato la fotocopia della pergamena sul cofano e stava china ad osservarla " Che hai scoperto?" " E voi?" lo interrogò Cristina " Nulla di particolare, mi sa che siamo nel posto sbagliato" intervenne Stefania. " E hai proprio ragione guardate qua." I due ragazzi si chinarono sulla pergamena, Cristina aveva cerchiato un qualcosa con la penna e lo indicava. " Cos'è?" " Il nostro prossimo indizio. A un primo esame non l’avevo notato è venuto fuori con il led della fotocopia, l'ho visto ora. Mentre vi aspettavo qua fuori, avevo deciso di studiare il testo della pergamena, ho aperto la fotocopia che avevamo fatto prima di venire qua e ho notato questo simbolo. Ancora non ne sono sicura, ma studiandolo posso risalire a dove questo foglio è stato stampato poi vedremo,

che ne pensate?" Stefania e Luca si scambiarono uno sguardo, fu la ragazza a parlare " Non penso che abbiamo altra scelta, e sinceramente comincio a pensare che Luca avesse ragione. Non siamo nel posto giusto, quindi non ci resta che tornare al laboratorio e metterci di nuovo al lavoro, cominciando proprio da questo simbolo.

Capitolo 40

Hector osservava la scena da lontano, il binocolo puntato sul trio di ragazzi. Aveva visto che il ragazzo, che sapeva dalla sua fonte chiamarsi Luca, era entrato in quel rudere. Forse era il posto dove era nascosto il terzo scrigno, contente un'altra pergamena e un altro pezzo di chiave. Se fosse vero a quei ragazzi sarebbe mancato solo un ultimo scrigno e un ultimo pezzo di chiave, erano anni che loro cercavano quei tesori. Dopo che anche Stefania entrò, Hector spostò la sua attenzione sulla donna rimasta fuori. La vide chinarsi sul foglio, per un attimo la donna non si mosse, occhi fissi, poi in un attimo la vide alzarsi e scattare verso l’auto. Il suo camlo d’allarme interno suonò, stava succedendo qualcosa, e lui doveva essere pronto a entrare in scena. Riportò il cannocchiale agli occhi. Vide che Stefania e Luca erano usciti dal rudere e ora tutti e tre i ragazzi stavano studiando il foglio. Dopo un po’ che i ragazzi parlarono tra di loro salirono in macchina e ripartirono, Hector rimase un attimo a pensare. Prese il cellulare e chiamò Von Beckett " Sono io! I ragazzi hanno appena lasciato un rudere, forse pensavano che qui si nascondesse il terzo scrigno ma li ho visti andare via a mani vuote" " Quindi stavolta hanno fatto un buco nell’acqua, non erano poi così in gamba. Anche loro ora brancolano nel buio, altro?" La voce di Von Beckett era glaciale come sempre sentì Hector. " Si! Con loro c’era una terza persona, penso che questa abbia scoperto qualcosa, mentre i ragazzi erano dentro il rudere a cercare lei e rimasta fuori a studiare la pergamena, avrà trovato qualcosa perché dopo un po’ ha chiamato i due ragazzi e sono ripartiti tutte e tre." " Ok seguili, vedi dove vanno forse sono diretti già al luogo dove è nascosto lo scrigno comunque non perderli di vista e tienimi aggiornato." La telefonata si chiuse bruscamente. Hector compose un secondo numero " Sono io! Segui la macchina con il gps e fammi sapere dove si dirige" chiuse la telefonata. Decise di scendere al rudere, voleva vedere cosa avesse attirato i ragazzi là in quel posto abbandonato. La costruzione era abbandonata, nessuno nei paraggi a cui chiedere informazioni su quel luogo fingendosi un turista, il silenzio lo avvolse solo il rumore della campagna e il sole della Sicilia a tenergli compagnia, si fermò un attimo all’ombra della cappella, dopo un po’ il silenzio fu interrotto dallo squillo del suo cellulare " Sono io! Novità?" Era il loro uomo all'interno del comando, conoscere le mosse dei loro avversari si stava dimostrando utile. " Sono appena andati via, sono stati presso una specie di cappella in piena campagna ma ora penso stiano rientrando. No. Non hanno

trovato nulla, ma con loro c’e una donna, penso una vostra collega che credo abbia scoperto qualcosa ti faccio sapere se mi serve il tuo aiuto." Chiuse la telefonata e attese qualche altro secondo, si fece coccolare da quel silenzio interrotto solo dai grilli e qualche lucertola che si scaldava sulle pietre cotte dal sole, fece un lungo respiro. Mentre tornava alla macchina richiamò il suo tecnico " Novità dalla macchina?" " Sembra che stiano rientrando a Palermo" " Io mi parto. Se dovessero uscire dall’autostrada per qualche svincolo chiamami subito" Accese il motore e ripartì la caccia continuava. Anche se gli seccava ammetterlo fare il segugio, per seguire e poi uccidere la preda era una sensazione che lo stava eccitando.

Capitolo 41

Arrivarono al comando per sera, la facce stanche si diressero al laboratorio. Cristina voleva prima di tutto controllare quello che aveva scoperto nella fotocopia sull’originale della pergamena. Estrasse il foglio antico dalla cassaforte e lo stese sul tavolo al centro della stanza. Accese una grossa lampada con una lente d'ingrandimento e cominciò a cercare in corrispondenza di dove aveva trovato il simbolo sulla fotocopia. " Proprio come pensavo c’è qualcosa qua" La speranza tornò sul gruppo di ragazzi, ma la stanchezza era troppa anch'essa. Luca vide i volti stanchi delle sue due amiche, inutile iniziare una ricerca sapendo che avrebbero dovuta interromper la x la troppa stanchezza. " Ok facciamo una pausa. Per oggi stacchiamo, non so voi ma io ho una fame che non resisto" " Ti appoggio in pieno" anche Stefania era stanca ma non lo dava a vedere, voleva sapere tutto di quella storia e poi sapeva che una volta trovato quello che cercavano avrebbe trovato l’assassinio di Tizi, e gliela avrebbe fatta pagare. " Vi invito a casa mia, un bel piatto di spaghetti non me lo toglie nessuno" Luca e cristina annuirono e accettarono subito l’invito " Un bel piatto di pasta e proprio quello che ci vuole alla fine di una giornata del genere. Domani riprenderemo, il tesoro se esiste ancora, ha aspettato secoli non penso che una sera in più possa fare la differenza

Capitolo 42

La serata era perfetta, la brezza di mare portava fino alla casa quella frescura che tanto piaceva a Stefania e la faceva sentire viva. Luca e Cristina stavano nel terrazzo che aspettavano " Che ne pensi?" Chiese d'improvviso Cristina. " Direi che quello che stiamo vivendo ha dell’incredibile, non saprei come spiegarlo altrimenti " Spiegare cosa?" Stefania spuntò dalla piccola cucina con due bei piatti di pasta fumanti " Pasta con le vongole prorpio la mia preferita!" Disse Cristina Dopo essersi presa il suo piatto si accomodarono tutti intorno al tavolo " Stavo dicendo a Cristina che quello che stiamo vivendo ha dell’incredibile. Non saprei come altro descriverlo." " Non dirlo a me, fino alla scorsa settimana dicevo che volevo una svolta per la mia vita, ma questo credo che sia esagerato, ora vorrei tanto tornare alla mia routine e soprattutto vorrei tanto che tornasse il prof con le sue lamentele per i fondi che non gli danno e Tizi che cerca sempre di trovare il modo per ottenere una borsa di studio." Luca cercò di cambiare discorso, non voleva vedere Stefania che piangeva, al ricordo dei suoi amici che non c'erano più. Non voleva ammetterlo ma si stava affezionando a quella ragazza. " A proposito novità sulle indagini dell’omicidio?" Chiese allora a Cristina. Da quando il capitano gli aveva affidato il compito di rintracciare i cofanetti, cosa di cui erano a conoscenza solo i presenti alla cena oltre al capitano, le indagini per gli omicidi di quelle sere era stato affidato ad un altro loro collega. Il capitano aveva giustificato l'azione dicendo che non voleva distrazioni per Luca e la sua squadra. Cristina essendo al laboratorio aveva analizzato le prove che avevano raccolto e spedito al centro a Roma. Da quello che Luca sapeva erano arrivati i primi esiti e naturalmente l'amica come responsabile del laboratorio aveva avuto l’ordine di leggerli e studiarli e riferire tutto al capitano. " Dalle analisi effettuate sui bossoli e proiettili, risulta che l’arma che ha sparato non è di quelle che trovi facilmente al mercato nero" " E questo che significa?" Stefania cercava di seguire il discorso. " Che il nostro amico che ha ucciso i professori e Tizi e ora ci sta dando sicuramente la caccia, è uno che non scherza. Non è uno che si è adattato a questo ruolo" le disse Luca. " In parole povere Stefi, quello che vuole dirti Luca è che il nostro amico è un killer professionista. Ti sembrerà strano o anacronistico, ma ti assicuro che al giorno d’oggi non è così raro. Quindi d'ora in poi stai attenta. Da Roma poi ci hanno detto che i proiettili che hanno estratto dalle vittime, qui in Italia non sono stati usati per altri delitti, o almeno non risultano negli archivi. Però hanno fatto

una ricerca più approfondita e quando hanno allargato il campo di ricerca alla comunità Europea è uscito fuori che gli stessi proiettili sono stati usati per altri omicidi un po' sparsi in tutto il territorio Europeo con un alta percentuale d'uso in Germania" " E questa strada dove li ha condotti?" Continuò a chiedere Luca sorseggiando il vino bianco che Stefania gli porgeva " A poco per ora. Il ragazzo sa coprire bene le proprie tracce e non si hanno notizie certe. Hanno chiesto alla polizia tedesca notizie più precise ma ancora aspettiamo risposta." Nel frattempo avevano finito di mangiare, Stefania prese una bottiglia di limoncello e la mise al centro del tavolo, continuarono a parlare per un po’ " Mentre per le nostre ricerche come pensate di andare avanti siete voi gli esperti?" Disse Stefania sedendosi. " Domani analizzerò la pergamena, vediamo se l’indizio che ho trovato ci porta speriamo a qualche risposta, e poi ci muoveremo di conseguenza. E con ciò tolgo il disturbo, me ne vado a casa sono distrutta. Luca tu rimani giusto?" La domanda imbarazzò entrambi i ragazzi, dopotutto fino a qualche giorno prima non si conoscevano nemmeno. " Dovresti continuò cristina capendo la situazione di imbarazzo dei due amici, quel killer potrebbe tornare meglio se non la lasci sola." Detto ciò Cristina si alzò prese la borsa e si diresse alla porta dopo aver salutato i due ragazzi " A domani e fate i bravi...se potete" Sentirono la macchina che si metteva in moto e si allontanava, rimasero un po’ in silenzio entrambi " Se per te va bene mi stendo qua su questa poltrona e allungo i piedi sulla sedia non preoccuparti per me." Stefania andò in camera sua e chiuse la porta, si mise a letto ma non riusciva a dormire, non sapeva che aveva, o forse si. Alla fine si alzò ando nel soggiorno e vide che anche lui era sveglio " Non riesci a dormire?" Lei si abbassò e lo baciò, dopo lo portò nella sua stanza e lì fecero l’amore.

Capitolo 43

La mattina dopo arrivarono presto al comando nessuno dei due aveva ancora preso argomento su quello che era successo la sera prima. Si diressero al laboratorio, entrati videro Cristina che studiava, come si aspettavano, la pergamena. " Buongiorno, ben svegliata mia cara, se non ti conoscessi direi che dopo la cena di ieri sera sei venuta direttamente qui a studiare quella pergamena" la salutò Luca con un bacio affettuoso sulla guancia. Cristina distolse lo sguardo dal foglio sul quale stava studiando assorta nei suoi pensieri e rivolse la sua attenzione su Luca " Oh eccovi qua! Ve la siete presa comoda!" A Stefania sembrò quasi che la ragazza sapesse già tutto, di quello che era successo tra lei e Luca la sera prima. " Novità su quell’indizio trovato ieri?" " Che ci crediate o no, è un disegno in rilievo. La pergamena era molto probabilmente in tempi antichi arrotolata e chiusa con un sigillo di ceralacca. Tecnica molto usata ai tempi del medioevo per sigillare importanti documenti. Lo deve essere stata molto tempo arrotolata perché non so come il disegno, o emblema, impresso sul sigillo di ceralacca si è trasferito in rilievo sulla pergamena, ma purtroppo non del tutto." La giovane ragazza in camice prese un foglio bianco e lo poggiò sul tavolo. Un disegno dai contorni non ben definiti vi era stampato sopra. A un primo sguardo né Stefania né Luca capirono bene quello che vi era impresso, poi con lo sguardo seguirono i contorni del disegno e la figura fu come se prendesse vita e forma. " Sembra un castello o una fortezza" " Brava la nostra universitaria, non è che per caso sai anche di quale castello di preciso si tratta o a chi appartenesse quel simbolo " No purtroppo, qualche altro indizio che ci possa aiutare?" " Se c’è è ben accettato, e ci conviene pure trovarlo perché altrimenti siamo messi male" Luca ascoltava le due ragazze e guardava il foglio. " Sembra un castello sopra una montagna, o una roccia comunque, con un mulino che significa?" " Si quella sotto sembra una montagna e questo castello di sopra ne segue i contorni. Poi questo mulino" Cristina seguiva il ragazzo con la matita. Vedendo che non arrivavano altri consigli Luca continuò " Con il computer trovato niente?" " Immagini di castelli tanti, troppi, qualcosa che ci possa aiutare non proprio, meno male che siete arrivati voi due forse in tre troviamo qualcosa." " Sembra che ci sia una scritta o comunque un iscrizione" notò Stefania " Si l’ho notato anche io, ma non si legge. E nemmeno il computer è riuscito a darmi una mano stavo cercando di studiare il disegno nella speranza di trovare qualche altro indizio che ci potesse essere utile, quando siete arrivati voi due." " Ti spiace se

gli do un'occhiata io?" Stefania prese la lente d’ingrandimento dal tavolo e l’avvicinò al foglio " Fai pure." " Il simbolo è formato da due cerchi concentrici. Poi c'è una scritta, sembra che la scritta gira tutto intorno allo stemma." Stefania parlava e ragionava a voce alta mentre con la lente d'ingrandimento studiava il foglio con su stampato lo strano stemma. " E cosa dice la scritta, riesci a leggera o decifrarla?" La spronò Luca " Ora pretendi troppo, dammi il tempo di studiarla e cerco di capirci qualcosa. Si leggono solo poche lettere e sbiadite oltretutto" " Ok mentre voi donne studiate sul foglio io vedo di trovare qualcosa nel compuetr meglio dividerci i compiti il pimo che trova qualcosa fa un fischio ok?" " Oh tranquillo! Non ho impegni per questo sabato sera" lo spronò Stefania. Dopo quasi un ora Luca si fermò, il suo tucchetio sui tasti del computer erano quasi una compagnia " Nulla! Niente che parli di castelli o rose, acqua, rugiada niente o meglio troppo. Internet e così, ti aiuta se sai cosa stai cercando, a voi come è andata?" " L'iscrizione sul disegno sembra questa, ma non ha senso. Dice Qal'at 'awbi, ma mancheranno molte lettere che ci permettano di decifrare veramente la scritta" " Che hai detto!" Luca quasi urlò. " Nello stemma nascosto nella pergamena tutto intorno sembra esserci scritto Qal'at 'awbi, ma non significa niente" Stefania guardò l'amico con uno sguardo interrogativo capendo che qualcosa si era mosso " Mi stupisce che tu non sappia cosa significa" Luca si riprese la rivincita sulla ragazza per la sua conoscenza su villa napoli " Non è che potresti illuminare anche me e Stefania, su quello che hai scoperto?" Luca sembrava non sentire, continuava nella sua ricerca al computer e dopo un po’ si girò con lo sguardo trionfante, verso le due ragazze. " So dove hanno nascosto il terzo cofanetto" e indicò il monitor Stefania e Cristina si avvicinarono e videro sul monitor l’immagine di un castello se così si poteva chiamare, più che altro un rudere o quel poco che ne rimaneva, arroccato su una montagna " E sarebbe? A Cristina il castello sembrava conoscente ma non riusciva a focalizzarlo ne a posizionarlo sul territorio, "mi sembra di averlo già visto quel posto ma in questo momento non mi ricordo dove" " E brave le mie ignoranti, da voi due proprio non me lo aspettavo, quello che avete davanti mie care donne è il vecchio maniero arabo di Qal'at 'awbi. Oggi conosciuto,ma purtroppo abbandonato, come il castello di Calatubo." " E quel rudere sarebe un castello dove sgorga l’acqua delle rose?" Cristina non credeva molto alla trovata di Luca " Purtroppo oggi il castello è abbandonato e ormai sta crollando. Ma ai tempi del nostro caro Federico il castello era tutt’altro che un rudere. Era considerato l’accesso per la Sicilia per chi veniva da Trapani, e una roccaforte inespugnabile vista la sua ottimale posizione su un'altura che domina la valle sottostante fino al mare. Se non ricordo male vi fu pure un famoso scrittore arabo che naufragato in Sicilia fece un viaggio e vedendo il castello rimase impressionato dalla sua bellezza e

ricchezza." " Mi sa che hai ragione!" Stefania stava leggendo una pagina di internet che aveva cercato mentre Luca e Cristina parlavano. " Qua dice che il geografo arabo Edrisi nel descrivere la Sicilia sotto il regno di Guglielmo il buono, descrive il castello Calatubo come una fortezza solida. Sentite qua, dove si estraeva…la pietra per i mulini! Ecco il motivo del disegno, un castello con un mulino al centro! Luca scusa il gioco di parole, ma hai fatto centro abbiamo trovato il terzo cofanetto" " Non vorrei fare la guastafeste, ma per ora abbiamo solo trovato il luogo dove cercare, ora dobbiamo trovare il cofanetto e l'acqua che sgorga dalle rose nella Cuba cotta dal sole." " Cristi non rovinarci la scoperta almeno sappiamo dove cercare" " Ok si va giusto?" Cristina si tolse il camice " Penso proprio di si mie care, prepariamoci a un'altra gita"

Capitolo 44

Il sole splendeva alto nel cielo per incorniciare una di quelle classiche giornate siciliane soleggiate che tanto piacevano ai siciliani per le loro gite in giro alla scoperta dei tesori, tanti, dell’isola. Il castello di Calatubo era immerso nel silenzio più assoluto. Anche lui aveva ceduto alla burocrazia, purtroppo tra le rovine non vi erano file di turisti e bancarelle di souvenir, ma solo lucertole e rondini che vi avevano messo fissa dimora. Il castello si trovava nel degrado più assoluto, le sue pietre avevano forse resisito ad assalti di pirati, e forze musulmane. Eserciti vi si erano scontrati sulle sue pendici, e il castello nonostante tutto aveva sempre resistito, per poi cedere ad un male più potente di tutti, l’ignoranza e l’abbandono. Quello che un tempo veniva descritto come una potente roccaforte rigogliosa, oggi è solo un rudere che sta cadendo pezzi pezzi. L'ultima a cedere sotto i colpi della burocrazia è stata una delle due torri, che un tempo ornavano le possenti mura. I ragazzi arrivarono ai piedi del castello e lo trovarono chiuso. Il portone di quello che una volta era l’ingresso bloccato da un catenaccio, di cui nessuno sapeva dove la chiave fosse finita. " E ora come entriamo?" I tre ragazzi si guardarono l'un l'altro. " Siamo o non siamo due carabinieri del nucleo patrimonio artistico? Bene siamo venuti a fare un sopralluogo, di un reperto storico." Mentre parlava Luca prese una di quelle cassette da lavoro dal cofano della macchina e vi estrasse una piccola sbarra di ferro, Stefania lo guardò incuriosito. Il ragazzo fece are la sbarra attraverso l’anello del catenaccio e facendo leva con un colpo secco ruppe l’anello di ferro. " E questo sopralluogo prevede anche lo scasso e l’effrazione di un bene pubblico?" " Cristi vuoi aiutarmi invece di lamentarti?" " Ok. Ma sappi che appena mi porteranno in galera le spese dell’avvocato le addebito a te" " Vale anche per me." Si intromise Stefania e detto ciò entrò nel castello " Ma vi siete coalizzate tutte e due." I tre ragazzi superarono l’ampio portale fiancheggiato da due torri e si trovarono in uno spiazzo. Da un indagine più approfondita, scoprirono che quella era solo la prima corte. Racchiusa a sud dal corpo del castello e ad est da un altro portale che conduceva a una seconda corte. L’unica struttura all’interno di questa prima area era una chiesa o quello che ne rimaneva" " Cristi hai portato la pergamena?" " Certo capo." La ragazza estrasse la fotocopia e la aprì tenendola tra le mani. I tre ragazzi rilessero l’antico testo. " L'acqua che sgorga dalle rose. Una metafora non c’e dubbio ma che vuol dire?" Luca cercava di dare un senso logico allo scritto sulla pergamena. " Forse dentro

il rudere di quella chiesa troviamo qualche indizio." " Ok dividiamoci e vediamo di trovare qualche indizio." Luca si diresse verso la seconda corte cristina rimase nella prima, e dopo sarebbe ata al corpo del castello a sud, sempre che era visitabile. Stefania avrebbe controllato la piccola chiesetta. Avvicinatasi alla struttura notò che questa non era di epoca medievale ma più settecentesca, molto probabilmente la ragazza pensò, fu aggiunta posteriore alla costruzione del castello. Da quello che avevano studiato la fortezza prima era stata usata come castello, poi fu trasformata in masseria per la produzione del vino locale. Sull’architrave della chiesa la ragazza notò uno stemma, sicuramente appartenente alla famiglia che edificò l’edificio. La chiesa era un edificio ad aula, un unico ambiente che però come notò Stefania, anche quello versava nell’abbandono più assoluto, come tutto il resto. Stefania si augurò che le rose di cui parlava la pergamena non fossero delle rose dipinte sugli affreschi che un tempo adornavano sicuramente la chiesa ma che oggi sono andate irrimediabilmente perdute. Se così fosse stato, la loro ricerca era finita e il tesoro perso per sempre. Comunque non trovò nulla che potesse destare il suo interesse. Sperava che Luca e Cristina fossero stati più fortunati di lei. Luca superò il secondo portale e si ritrovò nel secondo recinto. Anche qui come sulla trave all'ingresso della chiesa lo stesso stemma della famiglia nobile a cui sicuramente era appartenuto per un certo periodo il castello. Quella seconda area era molto più vasta della prima, una torre ne delimitava i confini ad est in fondo, mentre il muro di cinta che seguiva perfettamente l’andamento del costone roccioso su cui sorgeva la struttura delimitava lo spiazzo. Luca salì fino alla torre in fondo che era in un terzo livello il più alto della struttura e da li si affacciò. La vista era da togliere il fiato. La terra di Sicilia si estendeva dai suoi piedi fino al mare, se non fosse per la sfregio dell’autostrada che tagliava la vista dal castello il viandante poteva abbracciare un pezzo di terra infinito. Le poche nuvole che avano sul cielo si riflettevano sul terreno coltivato a vite, più guardava quello trerra più Luca amava la sua isola. Una lucertola che ava veloce dall’ombra si fermò su una pietra cotta dal sole, Luca tornò alla sua ricerca, tornò indietro sui suoi i e vide Cristina e Stefania sedute su due pietre che parlavano " Io lavoro e voi due a poltrire? " Mi spiace abbiamo cercato dappertutto ma niente" " Tu invece? Trovato qualcosa?" " A parte una veduta da fotografia, purtroppo nulla." Dopo quasi due ore di girare a vuoto si fermarono esausti davanti la chiesa " Non so voi ma io sono distrutta, mi avete fatto girare a vuoto, per trovare nulla. " Cristina si risedette sulla pietra dove era seduta prima. " Scusate posso sapere chi siete?" I tre ragazzi saltarono in aria dallo spavento e si girarono in direzione della voce che li aveva chiamati. Un vecchio uomo, un pastore dai vestiti, li osservava dall’ingresso " Questa è un'area privata, non potete stare qua. E poi se

non sbaglio c’era un cancello con un catenaccio" l’uomo si chinò e prese l’oggetto rotto prima da luca. " Tutto ok non si preoccupi, carabinieri!" Luca estrasse il tesserino dal portafoglio. L’uomo un poco prima spavaldo, ora si mostrò spaventato " Io non ho fatto niente e non voglio guai" " Tranquillo tranquillo. Non siamo qua per lei." Luca era abituato a quel cambio di atteggiamento delle persone davanti il tesserino di un carabiniere " Lei è del luogo?" " Per servirla signore. Sono un semplice contadino che porta a pascolo le sue pecore, come mio padre prima di me. L’erba è sempre rigogliosa intorno al castello e così le porto qua a pascolare." "Ok ok. Lo interruppe Luca." Che lei sappia, c’e o c’era un roseto o delle rose particolari qua in zona?" " Rose? No che io sappia non mi ricordo di avere mai visto delle rose, vivo qua da quando sono nato, il castello purtroppo non è più quello di una volta, noi del luogo lo abbiamo visto cadere masso dopo masso, mentre i nostri cari politici si dividevano le promesse di una rinascita del castello, ma rose che io ricordi niente." " I politici sicuramente hanno le loro colpe, ma voi del luogo portate le vostre pecore a pascolare all’interno del castello e questo non è che aiuti?" Cristina si girò e indicò le pecore del vecchio contadino che si erano sparpagliate per tutto il castello. " Come vi dicevo signorina qua intorno al castello l’erba è sempre rigogliosa sarà per la sorgente che scorre qua vicino, il sottosuolo è pieno di acqua, c’è pure una fontana antica qua vicino, noi del luogo la chiamiamo, l’acqua delle rose." I tre ragazzi saltarono tutti e tre un respiro e mancarono un battito del loro cuore, non credevano a quello che avevano appena sentito, dalla gioia Luca avrebbe voluto prendere in braccio l’uomo e abbracciarlo. Avevano trovato l'acqua delle rose.

Capitolo 45

Hector come gli era stato ordinato, stava lontano e lasciava i tre ragazzi indagare e scoprire quello che a loro interessava. Con il suo cannocchiale poteva vedere senza essere visto i tre ragazzi e tutti i loro movimenti. Il loro uomo all’interno del commissariato li aveva prontamente informati. I tre ragazzi avevano trovato qualcosa e si stavano per muovere, immediatamente Hector aveva avvertito von Beckett. Il vecchio uomo era ato subito all'azione. Questa volta, aveva detto, trovali e appena hanno trovato quello che cerchiamo portamelo. Non mi interessa del resto. Con tre cofaneti nelle nostre mani trovare il quarto sarà uno scherzo e poi finalmente il tesoro. Hector sapeva cosa von Beckett gli stava ordinando, trova i ragazzi e appena questi hanno trovato il terzo scrigno prendilo anche a costo di ucciderli, per lui non sarebbe cambiato molto. Ora guardava i tre ragazzi, li aveva visti girovagare per il rudere di quello che un tempo doveva essere una roccaforte e aveva intuito che i ragazzzi non erano proprio andati là a prendere lo scrigno, e che qualcosa mancava ancora loro, forse il loro uomo li aveva male informati, e i tre ragazzi non erano poi così in gamba dopotutto. Poi era apparso un contadino, un vecchio uomo dalla pelle cotta dal sole con appreso le sue pecore, incuriosito dalla presenza dei tre ragazzi all’interno del rudere e stava ora parlottando con loro. A un certo punto Hector vide Luca, il ragazzo, quasi saltare dalla gioia e le due ragazze esultare, forse avevano trovato quello che tutti loro cercavano, meglio prepararsi all'azione e non farsi trovare impreparato. Hector seguiva quello che succedeva dentro al rudere e non li perdeva di vista neanche un secondo. Al momento opportuno sarebbe intervenuto.

Capitolo 46

La fontana, oggi formata da una semplice vasca a pianta quadrata, sorge a nord a circa 300 metri dal castello di calatubo. Un tempo quella vasca faceva parte di un immenso acquedotto costruito dagli arabi e dava acqua a tutti i terreni circostanti, e al vicino castello, che così poteva contare grazie all'abilità degli ingegneri arabi del tempo di una continua riserva d'acqua. O almeno questo stava raccontando il vecchio contadino ai tre giovani ragazzi. " E questa è la cuba delle rose" I tre ragazzi si avvicinarono alla fontana come se stessero avvicinandosi al santo Graal, non credevano ai loro occhi i quattro scrigni raccontavano ancora una volta una storia vera. La pergamena della cuba quindi parlava non di un maniero o di un castello ma di una fontana, che in tempi antichi doveva essere talmente importante e conosciuta e di importante rilevanza, tanto da essere scelta dagli uomini fedeli dell’imperatore come luogo di sepoltura del terzo scrigno. " La ringrazio mio amico è stato veramente utile non so proprio come ringraziarla" " Nulla di importante mio amico spero di esservi stato di aiuto, ora devo andare le mie ragazze, disse il vecchio uomo indicando le pecore, devono rientrare. Non vorrei che calando il sole qualcuna non vedendo il tereno possa rompersi qualche zampa." Dopo aver salutato, il vechhio contadino si congedò dal trio. " Non ci posso credere, non smetterò mai di ripeterlo, ma allora esiste veramente." Stefania era incredula. Già trovare il secondo scrigno era stato qualcosa di fenomenale ma pure il terzo, era qualcosa che andava oltre la sua logica essendo che anche il prof da quello che aveva detto il capitano lo aveva cercato per anni. " Calma ragazze ancora non abbiamo trovato lo scrigno. Sappiamo che ora la pergamena parla di un luogo preciso, ma non sappiamo cosa ci aspetta oltre quella costruzione." Luca si riferiva alla costruzione dietro la fontana. Un piccolo caseggiato di pietra a forma di Dammuso, la classica costruzione araba con il tetto a cupola utile per convogliare le acque piovane nelle cisterne di raccolta, con una porta sprangata che bloccava l’accesso ai curiosi. Il giovane ragazzo si avvicinò e studiò il catenaccio che chiudeva l’ingresso come fatto poco prima quando avevano fatto visita al castello " Sembra che abbia avuto tempi migliori." E infatti come il precedente lucchetto del maniero cedette facilmente. Aperta la porta un odore terribile di chiuso e di foglie morte investì il trio. " Se non vi spiace io vi aspetto volentieri qua" Cristina guardò i due colleghi d’avventura " Qualcuno deve aspettare fuori, se succedesse qualcosa, potrei chiamare i soccorsi" " Ok in caso faccio un fischio" Luca guardò Stefania

e varcò la porta appena aperta. All’interno l’ambiente unico non era dei più ospitali, la puzza era insopportabile, ma piano piano stava finendo, sia Luca che Stefania si guardarono intorno, non che l’ambiente desse modo di perdersi anzi, dovevano stare quasi piegati per no sbattere la testa nel soffitto o in quel che ne rimaneva. " Visto niente di interessante?" " No mia cara e tu?" " Eppure lo spazio per nascondere qualcosa non è molto." " L'unica cosa strana che noto è che qualcuno alla base di questo muro sembra aver accesso un fuoco." Luca guardava la parete che comunicava con la fontana fuori " Visto qualcosa di strano?" Stefania notò che l'amico continuava ad osservare la base del muro con i resti del fuoco. " Non lo so. Questa parete combacia dall’altra parte con la fontana e l’ambiente mi sembra troppo piccolo per accendere un fuoco, anche se avessero voluto accendere il fuoco per scaldarsi in tempi antichi doveva essere proprio una fiammella visto la grandezza dell’ambiente, e invece questi sembrano i resti di una fiamma bella grossa. " E tutto ciò a cosa ci porta?" Stefania continuava ad osservare l'amico perplessa. " Non lo so, ho solo fatto un ragionamento. Semplicemente io non avrei mai un fuoco qua dentro per scaldare l’ambiente." Luca estrasse un accendino dalla tasca " che vuoi fare?" Chiese Stefania un po' allarmata, capendo benissimo le intenzioni di Luca " Una prova e speriamo che ci dia un indizio. Ricordi che i quattro cofanetti sono protetti dai quattro elementi della natura? Bene aria tera acqua e fuoco. Nominando l'ultimo elemento il ragazzo prese un po’ di erba secca e l’ammassò sul muro dove era stato il vecchio falò e l'accendino avvicinò la fiamma viva all'ergastolo secca. Questa prese subito fuoco, prima comparve fumo bianco che partiva dalla base delle catasta, poi le fiamme presero il sopravvento e la piccola catasta si accese completamente. L’ambiente interno si scaldò subito, l’aria divenne nuovamente quasi irrespirabile, l’unica presa d’aria che smaltiva il fumo all’interno della stanza era la porta dalla quale si entrava e si usciva. Cristina nel frattempo vedendo il fumo uscire dalla porta si era catapultata all'interno della costruzione preoccupata per i suoi amici. " Che diavolo state facendo? Non c'è già troppo caldo fuori per accendere un fuoco?" Le due ragazze si girarono verso Luca. " Senti o spegni quel fuoco o dovremo uscire, qua prorpio non si respira" Stefania aveva ragione pensò Luca, che alzò il piede per spegnere il fuoco che piano piano stava rischiando di espandersi al resto dell’erba secca che era spuntata sul pavimento abbandonato del rudere. Affondò il piede nella cenere, ma sotto il piede non trovò la dura pietra, ma il vuoto. Dove prima c’era il pavimento ora si era aperta una botola. Luca non si aspettava di trovare quella apertura e il piede quasi affondò nel vuoto, il ragazzo perse l’equilibrio ma per fortuna i riflessi svegli subito agirono di conseguenza e permisero al ragazzo di afferarsi alla parete. Luca Stefania e Cristina non

credevano ai loro occhi, il fuoco aveva aperto una botola nel pavimento, i ragazzi non ci credevano ancora. Si scambiarono un occhiata e pensarono tutti alla stessa cosa, il fuoco proteggeva quello scrigno. " Non ci resta che scendere e vedere dove porta tutto ciò" Prima Luca poi Stefania scesero i scalini umidie consunti di una vecchia scala. L’ambiente intorno a loro era umido l’aria quasi piena di acqua. Incredibile i due ragazzi ormai non trovavano altre parole per descrivere quello che stavano scoprendo in quei giorni. A un certo punto Luca si fermò nello scendere. Stefania arrivò alle spalle del ragazzo e lo vide fermo. " Ci hai ripensato?" " No! Sono finiti i scalini, e ora? Disse il ragazzo girandosi verso l'amica che gli aveva posto la domanda poco prima. Il ragzzo cercava di scrutare nel buio sotto di lui per cercare di scovare un pavimento dove poter continuare a camminare ma l’oscurità era totale sotto di loro " E ora?" ripeté Stefania " ami quella fiaccola." Vicino a sé Stefania notò una vecchia fiaccola appesa al muro che porse all'amico. Luca avvicinò la fiaccola all’accendino e come il ragazzo sperava questa si accese subito. Con la luce prodotta diede un'occhiata sotto di sé e quello che vide lo lasciò esterrefatto. Un fiume. Un vero e proprio fiume scorreva qualche decina di metri sotto di lui, scorreva calmo. Notò pure che gli scalini erano caduti forse con il are dei secoli, e che molto probabilmente questi arrivavano a lambire l'argine del fiume un tempo infatti ricominciavano qualche metro sotto di lui. Si lasciò andare e con un salto riafferrò i scalini sotto di lui. Stefania urlò dallo spavento, aveva visto la scena dalle spalle dell'amico e non aveva potuto vedere gli scalini più in basso, lo spazio non era molto ed era costretta a stare alle spalle di Luca. In un primo momento aveva creduto che Luca fosse caduto inghiottito dal buio poi vide grazie alla fiaccola che portava l'amico e che lo illuminava che atterrava sugli scalini più in basso " Tutto ok?" " Si! Mi sa però che se vuoi seguirmi dovrai farlo pure tu. Gli scalini hanno ceduto là e riprendono più sotto, tranquilla ci sono io sotto non ti lascio cadere" Stefania si prese di coraggio e preso un profondo respiro si lasciò cadere. Atterrò sugli scalini più sotto, ma questi erano resi bagnati dall'umidità e il piede le scivolò, il terrore la prese, ma per fortuna anche Luca. " Ok ti tengo, appoggiati al muro non so per quanto tempo ancora riuscirei a tenerti." Stefania notò che anche l'amico era in una posizione precaria con una mano infatti Luca teneva la fiaccola alta e con l'altra teneva lei ma i piedi non facevano presa del tutto sul pavimento bagnato. Continuarono a scendere in fila indiana e alla fine arrivarono all’ultimo scalino. Attesero ancora qualche secondo come per prendere coraggio " Mi sa che dobbiamo bagnarci di nuovo" " Stai attento" gli intimò lei poi lo vide immergersi nell’acqua.

Capitolo 47

Grazie al piccolo ma potente binocolo Hector aveva visto i tre ragazzi, dopo che avevano parlato con il contadino, fermarsi a un abbeveratoio, uno di quelli con una vasca rettangolare che tante volte aveva visto rappresentato nei libri. Non credeva ne esistessero ancora. Poi sia Luca che Stefania erano entrati in quella costruzione bassa addossata alla fontana. Erano dieci minuti che i due ragazzi erano scomparsi dentro la costruzione, sentiva che c’era qualcosa che non andava. Il suo istinto gli suggeriva che i due ragazzi avevano trovato qualcosa, il terzo cofanetto, e glielo stavano rubando sotto gli occhi, e il suo istinto non sbagliava. Prese una decisione, sarebbe intervenuto avrebbe recuperato il cofanetto e lo avrebbe portato a Von Beckett, e dopo insieme avrebbero recuperato il quarto e ultimo cofanetto così come gli aveva ordinato il suo capo. Recuperati i quattro cofanetti si sarebbero messi sulle tracce del tesoro e quella storia si sarebbe conclusa come voleva lui. Guardò un ultima volta dal binocolo per studiare un piano d’azione, notò che dei due ragazzi ancora nessuna traccia, solo la terza ragazza che si era aggiunta, aspettava seduta su un masso. Avrebbe agito subito. Si rimise in macchina e ridiscese la collina. Fermò la macchina a debita distanza, non voleva che il rumore del motore mettesse sul chi vive la ragazza. Si incamminò verso la fontana. Estrasse la pistola dalla fondina, man mano che camminava il piano si faceva strada nella sua mente. La ragazza seduta sul masso gli dava le spalle, le si sarebbe avvicinato e una volta vicino l’avrebbe freddata, in modo che la donna non avesse il tempo di opporre resistenza, ormai mancava poco, ancora qualche o.

Capitolo 48

" Un altro qanat! " Scusa?" Luca guardava Stefania con l'espressione di chi è continto di non aver capito quello di cui si stava parlando " Un qanat! Siamo nell’entroterra siciliano e cosa ci troviamo? Un qanat. Luca capì che Stefania si riferiva al fiume che stavano attraversando, anche se doveva ammettere che quello, più che un opera umana gli sembrava un fiume vero e proprio, quindi più un opera della natura. Il corridoio scavato dal letto del fiume era più largo del precedente della Cuba e questo permetteva ai due ragazzi di camminare affiancati, anziché in fila indiana come avevano fatto fino a poco prima. " Come alla Cuba. Ricordi? Almeno questo ci dice che siamo sulla strada giusta. Il periodo dei qanat risale al tempo in cui i primi custodi dovrebbero aver seppellito e nascosto il tesoro da quello che ci ha detto il capitano" " E quindi che si fa?" " Non ci resta che andare avanti e vedere cosa c’è qua sotto. D’altronde con questa torcia non ci possiamo certo perdere e poi la strada è unica. Non vedo altri corridoi oltre a questo, comunque conviene rimanere vicini." Luca si fece forza alzò la torcia e cominciò a camminare inoltrandosi nelle viscere della terra, seguito da Stefania, non poteva credere a quello che stava vivendo. Dopo mezz’ora di camminare con l'acqua, gelida oltretutto, che gli arrivava sopra la cinta, i due ragazzi si fermarono. Davanti a loro un muro di pietra. " Questa mi sa che è la fine del tunnel" Si guardarono intorno alla ricerca di un uscita, cercando di non pensare che in quel momento centinaia di chili di terra e pietra erano sopra le loro teste e potevano rimanere intrappolati là per sempre." " Guarda l’acqua si infila in quella feritoia nella roccia e continua la sua strada" " Forse dietro questa parete c’è quello che cerchiamo?" Luca cominciò a bussare sulla parete di roccia, nella speranza che il rumore dei suoi colpi sul muro, mostrasse i segni di una camera segreta, ma il suono prodotto dalle sue nocchie contro la roccia era un suono sordo " Nulla! La strada finisce qua. Dietro questa parete non c’è niente, solo roccia. O è possibile che la roccia sia molto spessa" " Forse c’è una deviazione che non abbiamo notato" " Comunque non ci resta che tornare indietro e vedere di trovare un'altra strada" " Ok andiamo prima di morire congelati qua" Luca fece strada per il ritorno la torcia antica continuava a illuminare il loro cammino " Guarda su quella trave!" Il ragazzo si fermò attratto dalla voce della donna, e ne seguì lo sguardo. Di fornte a loro incastonata nella pietra della montagna, una trave di legno con il simbolo che avevano già visto sull’antica pergamena scoperto da Cristina. Luca

avvicinò la fiaccola al muro e cominciò a tastare con le mani la parete anche sotto il livello dell’acqua. " Qua sotto c'è un'apertura" I due ragazzi si guardarono " Mi sa che dobbiamo farci un bel bagno rinfrescante. Speriamo che dall'altra parte ci sia la luce, questa dobbiamo lasciarla qua!" Il ragazzo incastonò la torcia in una feritoia della pietra. Si presero di coraggio e dopo un respiro profondo si immersero, Luca provo ad aprire gli occhi sott’acqua ma non vide nulla sentiva Stefania attaccata vicino a lui allungò le mani e sentì l’apertura nella roccia di fronte a lui vi si infilò seguito dalla ragazza. Dopo un po’ riemersero oltre il muro di pietra. Non credevano ai loro occhi, una caverna con il tetto a cupola. Grande il doppio di quella che avevano scoperto alla cuba dove avevano trovato il loro primo cofanetto, con al centro, circondato dall’acqua, un quadrato che sembrava un'isola nel mare silenzioso. Le dimensioni della stanza erano immense. Luca notò che la luce entrava da un apertura posta quasi alla sommità della cupola. Da quanto era grande la stanza potevano nuotare liberamente attorno all'isolotto al centro, e che le pareti distavano dal centro stesso una decina di metri, tutto ciò andava oltre l'immagine zigome di Luca. Si diressero a nuoto verso la " terraferma" Una volta giunti si distesero sulla sabbia. Sembravano due ragazzi che si erano fatti il bagno a mare e ora si stavano prendendo il sole stesi sulla riva. Se non fosse che Fano tutti vestiti anche se bagnati fradici e che si trovavano sottoterra. Il silenzio rotto solo dall'acqua che scorreva era assordante. " Incredibile! Una caverna sotterranea, con un fiume sotterraneo in piena Sicilia, ma questo è fantastico!" Stefania non stava piu nella pelle. Luca non credeva ai propri occhi. Al centro di quel quadrato circondato dalle acque, una colonna con su una scrigno aspettava da secoli di essere scoperto. Il cofanetto era in perfetto stato, illuminato dalla luce del sole che entrava nella stanza attraverso l'apertura su quello che era il tetto della stanza. I due ragazzi bagnati fradici ma entusiasti della scoperta si avvicinarono al cofanetto. " Lo scrigno del Fuoco?" Chiese Luca ricordandosi del fuoco nel Dammuso per trovare l'ingresso al qanat. " No! Del vento" lo corresse Stefania. Luca si guardo intorno, poi notò il simbolo sulla serratura del cofanetto. " Del vento?" Il ragazzo non capiva l'associazione dell'elemento naturale con l'ambiente circostante. "Quello del Fuoco è il cofanetto che ci ha consegnato Bentivoglio. Siamo in una camera della scirocco. La costruzione sfrutta l'aria che resa fresca dal qanat viene convogliata in questo ambiente. È un invenzione antica, i ricchi la usavano per sfuggire al caldo estivo. Molte residenze nobiliari antiche possedevano una camera dello scirocco. E questo è il terzo cofanetto" La ragazza lo sollevò dalla sua posizione centenaria. Come nella prima scoperta appena il cofanetto fu sollevato dalla sua centenaria posizione, degli scalini spuntarono dalla roccia. " Dobbiamo salire e dirlo a Cristina" Luca

indicò i gradini sulla parete di roccia che salivano fino alla sommità della caverna. Dopo un poco sentirono degli spari.

Capitolo 49

Hector prese la mira ma poco prima di premere il grilletto Cristina si girò di scatto. La ragazza lo aveva sentito arrivare alle spalle e si era preparata, pistola alla mano sparò senza nenache pensarci. Hector però non era uno stupido, aveva notato la ragazza muoversi e il suo istinto che già altre volte lo aveva salvato, lo aveva fatto scartare di lato. Riparandosi dietro un masso. " Spiacente mio caro, ma ti credevo più furbo. Ti avevo già notato, è per questo che ho fatto andare avanti Luca e Stefania. Un riflesso di sole della lente del tuo binocolo ha attirato la mia attenzione, me lo ha insegnato mio nonno. Ora esci allo scoperto butta la pistola, ti tengo sotto tiro non provare qualche furbata. Scommetto che sei il colpevole della morte del professore e di tutte le altre, forza esci!" Hector nel frattempo aveva cercato una soluzione, che aveva trovato ascoltando la donna. Prese il cannocchiale e usando il riflesso del sole lo diresse verso la ragaza. Appena la luce toccò l’occhio della ragzza questa fu obbilgata a distogliere lo sguardo. La situazione che aspettava. Uscì dal nascondiglio del masso e senza neanche pensarci fece fuoco, sulla ragazza piegata. La colpì sul fianco. La donna sentendo di essere stata colpita si girò dal lato del corpo che gli doleva, così facendo però espose il fianco opposto a quello colpito al killer. Hector da professionista quale era non aspettava altro, ormai la preda era sua. Esplose altri due colpi dalla sua semiautomatica che andarono a colpire la donna uno all’altezza del seno l’altro al centro del petto. Cristina capì subito che per lei era finita. Cercò di alzare la pistola e sparare un colpo pure lei, ma Hector nel frattempo le si era avvicinata. Stavolta con calma, sapeva per esperienza, che la donna non avrebbe potuto essere più un pericolo le si mise fermo davanti. Cristina resse il suo sgurado, ma le forze la stavano abbandonando, Hector la spinse. La donna cadde sulle sue gambe, la vita l’aveva lasciata. Dopotutto lo doveva ammettere la donna era un nemico alla sua altezza, fino alla fine la ragazza aveva retto il suo sguardo. " No!" Un urlo squarciò il silenzio della campagna siciliana. Luca, che nel frattempo era uscito dalla caverna sotterranea, vedendo Cristina ai piedi di quello sconosciuto capì quello che era successo. Hector alzò la pistola. " Non muoverti ti tengo sotto tiro, dammi il cofanetto e l’altra ragazza non si farà male" Luca non staccava gli occhi dal corpo esamine di Cristina. " La tua collega si è dimostrata un'ottima avversaria, non vorrai fare la sua fine." Allungò la mano verso Luca " Il cofanetto!" Nessuno dei due si muoveva, i due ragazzi si guardarono fissi negli occhi e si odiarono all’istante,

capirono che alla fine di quella storia uno dei due sarebbe morto per mano dell’altro. Un rumore di auto distolse i due ragazzi. Stefania di nascosto, aveva preso la macchina e ora la lanciava a tutta velocità in direzione di Hector. Il ragazzo pistola in pugno si girò ed esplose un colpo, la mira non era stata perfetta e il proiettile colpì il vuoto, l’auto ormai era prossima al ragazzo. All’ultimo istante Hector scartò di lato cadendo un gradino sotto i due ragazzi. Stefania con un colpo di sterzo mise l’auto tra Luca e Hector. " Sali!" Luca non se lo fece ripetere due volte. Il suo cervello abituato all’azione calcolò in una frazione di secondo la situazione, erano disarmati contro un uomo che aveva appena ucciso Cristina e non si sarebbe fatto scrupoli di uccidere anche loro appena gli avrebbero consegnato il cofanetto dell’aria. Guardò un ultima volta l'amica a terra, il corpo senza vita, poi si tuffò sul sedile eggero dell’auto. La machina appena Stefania vide Luca sul sedile schizzò sulla strada sterrata. Dallo specchietto retrovisore Stefania vide Hector rialzarsi, il ragazzo sparò un colpo che mandò in frantumi lo specchietto dell'auto, d'istinto Stefania sterzò. Hector sparò un secondo colpo ma ormai l’auto era troppo distante. " Dammi il cellulare!" Luca era furioso " Capitano sono io! Abbiamo trovato il terzo cofanetto ma Cristina è morta un ragazzo alto, biondo, con gli occhi di ghiaccio l’ha uccisa! Diramiamo subito un mandato, porti i ragazzi della scientifica in contrada calatubo vicino il vechio rudere del castello. Fate presto dobbiamo acciuffarlo!" " Luca calmati. Mando subito tutte le volanti disponibili sul luogo, tranquillo quel bastardo lo prenderemo, voi dove siete ora?" " In macchina siamo scappati per miracolo, stiamo tornando a palermo, non so se il killer ci sta inseguendo." Luca si girò sul sedile, la strada dietro loro era vuota. "Non penso comunque anche se è strano" " Luca ci vediamo a casa mia ti ricordi dove abito? Qua in caserma non è sicuro, credo che ci sia una spia. Come faceva il killer a sapere dove stavate andando stamattina" Luca ripensò a tutto quell che era successo in quei giorni. Non aveva dimenticato che qualcuno gli aveva fatto trovare un bigliettino con il nome di Stefania sulla sua scrivania e ora il killer che si presenta a calatubo ad aspettarli, si il capitano aveva ragione qualcuno ancora non si era mostrato per quello che era in quella storia. " Ok ci vediamo là tra una mezz’ora, ma fate presto dobbiamo prendere quel bastardo" chiuse la telefonata " Cristina è… Stefania non riuscì a terminare la frase " Si!" Non ne poteva più di tutte quelle morti. Poi per cosa? Un tesoro di quelle dimensioni come glielo aveva descritto il capitano Tacchi, sempre che di quello si trattasse, valeva la vita dei loro cari? Piano piano, stavano tutti morendo, e pima o poi aveva paura che sarebbe toccato anche a loro. Pianse e tra le lacrime si accorse che anche Luca aveva gli occhi lucidi per il dolore dell'amica, o forse qualcosa di più appena persa.

Capitolo 50

" Sono io, hanno trovato il terzo cofanetto!" Hector sentì l’emozione di Von Beckett anche attraverso il telefono " Ok non mi interessa più niente, prendi i cofanetti e portameli, uccidi quei due ragazzi non voglio più sentirne parlare. Nessuno deve toccare il mio tesoro." Un attimo di silenzio. " Anzi torna alla base ci penso io." La telefonata si chiuse. In preda all’euforia l’uomo sembrava rinato era come se ogni o che lo avvicinasse al tesoro ridesse vita a quel corpo vecchio " Sono io! Mi ha appena chiamato Hector, hanno il terzo cofanetto. Voglio i due ragazzi portameli non mi interessa più niente di aspettare" L’uomo dall’altra parte del telefono sapeva che i due ragazzi a breve sarebbero morti, ma lui non poteva farci niente era il loro destino, e lui doveva continuare e adempiere al suo di destino

Capitolo 51

Posteggiarono la macchina vicino casa del capitano. Prima di scendere Luca fece un giro a piedi e chiese a Stefania di attenderlo dentro la macchina. Voleva essere sicuro che non ci fosse nessuno ad attenderli che avesse preparato qualche agguato. Non aveva detto niente a Stefania per non spaventarla ma ormai era sicuro che qualcuno all’interno del comando faceva il doppio gioco, e comunicava tutte le loro mosse al killer, ed era sicuro, anche le scoperte che avevano fatto. Doveva stare attento, era sicuro che appena avessero trovato il quarto cofanetto, il nemico si sarebbe palesato e avrebbe sferrato il suo attacco finale. Spettava a lui prevenire e prevedere le sue mosse. Aveva intenzione di mettere a conoscenza di tutto ciò Stefania e il capitano, insieme avrebbero escogitato un piano e insieme avrebbero continuato le ricerche in tutta sicurezza. Arrivò alla macchina e aprì lo sportello, Stefania non lo aveva visto arrivare e quando sentì lo sportello aprirsi saltò in aria convinta che fosse il killer che la era venuta a prendere. Luca notò il terrore dipinto sulla faccia di Stefania e si sedette sul sedile eggero. Abbracciò la ragazza e la tenne forte a sé. Accostò la sua faccia a quello della ragazza e le diede un bacio. Capì che Stefania non ce la faceva più la sua mente era sull'orlo del baratro di cedere. " Tranquilla non permetterò che ti succeda nulla. Andiamo, saliamo dal capitano, a casa sua saremo al sicuro, e potremo studiare un piano per far venire allo scoperto il nemico. Almeno sapremo con chi abbiamo a che fare." Stefania sempre in silenzio fece un cenno di assenso con la testa. I due ragazzi scesero e dopo aver citofonato ed essersi fatti aprire il portone salirono le scale, d’altronde come aveva detto Luca a Stefania era solo un piano. Bussarono alla porta. " Entrate ragazzi qua sarete al sicuro." Luca e Stefania si sedettero sulle poltrone che gli indicava il capitano. Per prima cosa Luca raccontò al capitano quello che era successo alle rovine del castello di Calatubo. Raccontò al capitano della strada segreta trovata sottoterra e del qanat che li aveva condotti al terzo cofanetto, quindi Luca lo porse al superiore. Poi dopo aver preso un bel respiro per farsi coraggio raccontò della morte di Cristina e della loro fuga. " Per ora sono riuscito a tenervi fuori da questa storia. Ho raccontato che Cristina era sola al momento dell’agguato, su mio ordine l’avevo mandata alle rovine del castello per una soffiata che avevo ricevuto di un abusivo che aveva messo fissa dimora all’interno delle rovine così per ora i colleghi stanno cercando l'uomo di cui ho dato la descrizione che tu mi hai fornito Luca" " Capitano non si sta esponendo

troppo. Se tutta questa storia venisse fuori lei rischierebbe grosso" " Quando avremo trovato i cofanetti e lo stupor faremo in modo di tirarci fuori dai guai non preoccuparti Luca, sappi che comunque tutti ora sono impegnati nella ricerca di questo assassinio. Così noi potremo dedicarci ai cofanetti. Ora ditemi tutto, il cofanetto?" A Luca quasi sembrò che al capitano importase poco di Cristina e più del cofanetto, l’uomo notò la titubanza del ragazzo " Luca capisco che per te Cristina era una persona molto importante ma se vuoi vendicarla se vuoi avere ragione del suo killer dobbiamo trovare quel tesoro altrimenti lo troverà lui, e Cristina sarà morta inutilmente per colpa di quel killer, tutto il comando lo sta cercando, tranquillo lo troveremo." Il capitano sperò di scuotere il ragazzo, Stefania che fino a quel momento era rimasta in silenzion ancora scioccata per la morte della sua nuova amica, riuscì a parlare " Come faceva il killer a sapere dove ci trovassimo, nessuno sapeva che eravamo andati a Calatubo nessuno tranne noi tre e cristina Un attimo di tensione salì nella stanza " Stefania capisco che è ancora scossa per quello che le sta succedendo ma non mi reputi uno stupido. Il suo ragionamento porta a pensare che sono stato io ad avvertire quel killer ma così non è stato, non ne vedo il motivo. Dopotutto le ricordo che il professor Bentivoglio e Giuffré erano amici anche miei di vecchia data, non le permetto di offendere così la loro memoria." " Stefi tranquilla ti assicuro che il capitano non è una spia che sta facendo il doppio gioco. È giusto anzi capitano che lei sappia che prima di tutto ciò, mentre ancora stavo cercando di identificare Stefania, quando avevamo solo il fotogramma che la inquadrava all’università, ho ricevuto in modo anonimo questo biglietto, il ragazzo estrasse dalla tasca del giubotto un foglio piegato in quattro. Lo aprì in modo che il capitano potessero leggere quello che vi era scritto. " Quindi già sapevi che qualcuno stava facendo il doppiogioco e non ci hai detto niente" " Si l’ho fatto per cercare di avere una visuale di quello che stava accadendo esterna, come diciamo noi. Spero solo e cerco di convincermi che Cristina non sia morta per colpa mia." Nessuno parlò " Ragazzi non è il momento di metterci a litigare tra noi faremmo solo il gioco del nemico apriamo il cofanetto, troviamo l’ultimo indizio e poi vedremo, solo trovando e rivelando l’esistenza del tesoro vendicheremo la morte dei nostri amici" " Ha ragione il capitano" disse Luca rivolto a Stefania La ragazza in un primo momento rimase ferma, c’era qualcosa che non la convinceva in tutto ciò, poi guardando Luca si arrese " Ok le devo le mie scuse capitano ed estrasse il cofanetto dalla sua borsa." L’uomo rimase di stucco anche se la reazione non fu così eclatante come l’ultima volta che aveva visto un cofanetto dello stupor mundi, comunque rimase per qualche secondo stupefatto. Quei due ragazzi avevano trovaro un altro cofanetto, lui e Bentivoglio li avevano cercati fino allo sfinimeto, eppure non avevano mai trovato nulla, e

ora grazie a quei due ragazzi non gli rimaneva che trovare l’ultimo cofanetto. Il capitano prese e avvicinò a sé l’antico oggetto. Anche questo in legno chiuso da un sigillo che rappresentava il vento. Il capitano non stava più nella pelle e aprì di scatto il vecchio scrigno. Come i due precedenti manufatti anche questo conteneva una pergamena e un pezzo delle vecchie chiavi. L’uomo estrasse il pezzo di ferro antico. " E con questo una delle due chiavi che aprono la stanza dello stupor è completa." Posò il vecchio pezzo di ferro sul tavolino di fronte a sé. Poi prese la pergamena, la aprì sullo stesso tavolino e cominciò a leggere a voce alta: " Oh quanto è bello il lago delle due palme e la penisola nella quale s’estolle il gran palagio! L’acqua limpidissima delle due polle somiglia a liquide perle e il bacino a un pelagio. Par che i rami degli alberi si allunghino per contemplare il pesce nell’acqua e gli sorridano. Nuota il grosso pesce in quelle chiare onde e gli uccelli tra que’ giardini modulano il canto." Nessuno dei presenti parlava il capitano posò la vecchia pergamena sul tavolo e attese qualche reazione da parte dei due ragazzi " Cerchiamo un lago dalle acque limpidissime, qua in Sicilia, ricco di pesci circondato da alberi con una penisola. Luca cercava di ricordare parlando qualche lago in particolare che potesse dargli la soluzione " Quantomeno dobbiamo cercare un lago, esistente, ai tempi in cui furono scritte le pergamene, lei che ne pensa capitano? " Che hai ragione Stefania, ma al contrario" I due ragazzi notarono lo sguardo sorridente del capitano un sorriso che sdapeva di vittoria " Lei sa dov’è questo lago citato nella pergamena capitano?" " Me lo auguro mio caro. Vedete proprio in questi giorni il nostro comando è impegnato in un opera di recupero. Il vecchio castello di maredolce a brancaccio, è tornato oggetto d’interesse e il comune sta cercando di recuperare la zona. I due ragazzi sapevano che il capitano si riferiva al progetto di recupero delle rovine del vecchio castello di Maredolce, che si trovava nella zona di Brancaccio. Il quartiere dopo anni di abbandono e degrado nelle mani della mafia stava cercando di uscire dallo stato di abbandono e il recupero del vecchio castello faceva parte di un progetto più ampio per il recupero dell'intero quartiere. " Vuol dire che il lago citato nella poesia della pergamena non è un lago, ma un castello? Le acque limpide si riferiscono al castello? " No mio caro Luca in questo ha ragione Stefania. Dobbiamo pensare a un lago esistente al tempo in cui furono scritte le pergamene " Ma certo! Il castello di Maredolce ecco dove avevo sentito questi versi" Stefania scattò dalla sedia. " Quei versi non sono altro che la descrizione che scrisse il poeta arabo Abd ar-Rahman per descrivere il castello, e se ben ricordo proprio il castello era per tre lati circondato da un bacino artificiale " E brava la nostra studiosa" si complimentò il capitano " Quindi ora sappiamo il luogo del quarto e ultimo cofanetto, ma dove si trova di preciso?"chiese Luca " Beh nei versi si parla del lago, delle due

palme, e dell’isola al centro del lago, purtroppo di tutto ciò è rimasto ben poco, ma un salto ci tocca andarlo a fare non pensate?" Stefania era esaltata, quasi non pensava più a quello che era successo poco primae in tutti quei giorni. " Andate voi due ragazzi, io ho altro impegni e poi se non vogliamo attirare l’attenzione devo seguire le indagini per il caso di Cristina. " Ok capitano lei ci tenga informato se trova qualcosa riguardo quel bastardo, noi intanto facciamo un salto al castello, chi ha notizie per primo informa l’altro." I due ragazzi guardarono l’orologio, entrambi erano stanchissimi e avevano un disperato bisogno di riposo la giornata appena finita era stata esaltante e tragica allo stesso momento e ora il loro organismo ne risentiva e presentava il conto. " Voi due siete distrutti andate a risposare ora, al castello andrete domani, riposati si lavora meglio." Dopo aver salutato il capitano ed essere scesi in amcchina, si diressero verso casa di Stefania " Ti fidi del capitano?" La domanda colse Luca alla sprovvista, ma aveva imparato a conoscere Stefania in quei giorni e sapeva che era una ragazza diretta " Al comando e come un padre per tutti noi, ha preferito instaurare un rapporto di collaborazione, piuttosto che un rapporto basato sui gradi, se capisci quello che intendo" " Si, però mi è sembrato più interessato al cofanetto che a Cristina era come se non le importasse nulla di quello che le è accaduto" " Oh che già sapesse quello che le era successo? E questo che intendi" " Non so come spiegartelo e più una sensazione sinceramente, ma tu sicuramente lo conosci meglio e se ti fidi tu mi fido anche io" " Si mi fido, però ho anche imparato a stare sempre attento ragion per cui, se hai questo dubbio e ti fa stare più serena, lo terremo informato, ma solo di quello che riterremo che riterremo opportuno. Ci stai?" Stefania si girò verso il ragazzo " Ok! E grazie non lo faccio per male, ma solo non voglio che oltre al prof a Tizi e Cristina possa succedere qualcosa anche a te, non so se potrei superare anche questo." " Non preoccuparti d’ora in poi cercheremo di non farci cogliere impreparati dal killer" La macchina si fermò davanti il portone di Stefania " Sali! Non ho voglia di stare sola, e non è una domanda la mia" Luca salì insieme a Stefania le scale che conducevano al suo appartamento, appena entrati i due ragazzi ripensarono alla sera prima quando in quella stessa stanza avevano cenato con Cristina. A Stefania si riempirono gli occhi di lacrime. Luca vide la reazione della ragazza e l’abbracciò, poi insieme andarono a letto.

Capitolo 52

Il vecchio castello di Maredolce sicuramente aveva ato giorni migliori, rispetto a come era ridotto alle condizioni odierne. Un tempo residenza dell'emiro Giafar, il palazzo era un vero e proprio paradiso in terra. Circondato anche esso come a molti altri palazzi arabi della città da un lago artificiale, dopo la cacciata degli arabi dall’isola divenne una delle residenze preferite dai normanni. Oggi dell’antico lago non rimaneva nulla ricordò Stefania, la testimonianza della sua esistenza era dovuta solo ai vecchi anelli che spuntano dal muro di cinta del palazzo dove un tempo i marinai legavano le barche che conducevano il re e i suoi ospiti sull’isola al centro del lago. Prorpio sull’isola artificiale, creata grazie a una intraprendente opera di ingegneria del tempo, crescevano le due palme descritte sulla pergamena da poco trovata dai due ragazzi. " Vieni prima diamo un occhiata dentro. Non vorrei che qualcuno ci stesse aspettando" Luca fece da guida alla ragazza, avevano deciso come nelle volte precedenti di attenersi al solito piano, se avessero incontrato un custode o comunque qualcuno Luca avrebbe estratto il suo tesserino che per fortuna ancora riusciva a incutere un certo rispetto negli abitanti della città. Dopo essere entrati nel cortile a pianta quadrangolare i due ragazzi notarono che il monumento come molti altri della città era abbandonato. Dove un tempo re, cortigiani e concubine eggiavano, deliziandosi con le bellezze della natura, oggi galline e altri animali sollazzavano, incuranti dei due ragazzi. Dopo un giro veloce del piazzale esterno, entrarono attraverso una porta divelta all’interno dell’edificio, e si diressero in quella che un tempo era stata la cappella palatina del castello. Dedicata ai santi Filippo e Giacomo, la piccola chiesa a una navata, non portava nessun segno dello splendore antico, così come tutta la struttura. " Mi sa che la burocrazia e l’ignoranza hanno vinto anche qua." Stefania non riusciva a capacitarsi come la città potesse far vivere i suoi monumenti in quello stato di abbandono e degrado, fonte di bellezze e anche ricchezza per la città stessa. " Direi di fare come le altre volte, rileggiamo la pergamena e troveremo l’ultimo cofanetto" Stefania estrasse la fotocopia della pergamena che Luca aveva fatto in ufficio e la rilesse a voce alta " Qui parla di due palme che si troverebbero al centro dell’isola che sorgeva dove una volta c’era il lago. Stavolta il riferimento è preciso e noi sappiamo dove cercare, per una volta partiamo avvantaggiati" " Ok non ci resta che andare a dare un'occhiata fuori, vediamo se è rimasto qualcosa che ci possa dare un inizio x le ricerche di questo lago, o più che altro

delle palme." " Ok capo!" Stefania cercò di dare un tono di scherzo alla sua frase. Sapeva che Luca, come lei, in quei giorni stava subendo una forte pressione, che rischiava di uccidere tutte e due. I due ragazzi uscirono. Il sole li colpì con tutta la sua forza " Quasi quasi era meglio dentro" disse lui " Si hai ragione, gli arabi erano ottimi costruttori e sapevano come costruire un palazzo e soprattutto renderlo fresco. Quindi? Da dove cominciamo?" " Andiamo di qua,indicò Stefania il lago era da questa parte" Girato l'angolo i due ragazzi rimasero di sasso. Per due semplici visitatori sarebbero state due semplici palme cresciute in cattività l’una vicina all’altra in mezzo a quel campo, per loro era il segno che avevano trovato o almeno erano vicini a farlo l’ultimo cofanetto. Si incamminarono per lo spazio assolato. Un tempo dove prima sorgeva il lago e le acque fresche ricche di pesci deliziavano le persone, oggi vi era una distesa che si poteva tranquillamente attraversare a piedi. Arrivati ai piedi delle due palme si guardarono intorno " Quindi? Notato nulla di strano?" " No direi di no sembra tutto normale" Luca si portò le mani vicino agli occhi, la luce del sole rendeva quasi impossibile vedere a una certa distanza, non senza infastidire. Stefania riprese la pergamena " Stavolta il testo non ci dà molti indizi, ma il luogo preciso. Parla di queste palme e del lago che un tempo sorgeva in questo luogo null’altro." " Quindi secondo te l’unico posto dove cercare e sotto le due palme?" " Mi dispiace dovertelo dire ma…si!" Luca si guardò intorno, non c’era anima viva. Entrò dentro e trovò una vecchia vanga che poteva essere utile, tornò fuori e si mise al lavoro " Speriamo che il nostro ragionamento fili, o mi toccherà scavare all’infinito" " Speriamo di no" Luca era quasi arrivato alle caviglia a scavare e gia cominciava a stancarsi, il caldo opprimente cominciava ad avere il soppravvento. " Forse stavolta abbiamo sbagliato, mi sa che non troveremo nulla ai piedi delle due palme." Proprio mentre terminava la frase e aspettava la risposta di Stefania, la punta della pala toccò qualcosa di duro e diverso della morbida terra spostata sino a quel momento. I due ragazzi si guardarono stupiti ed eccitati allo stesso momento. Luca sembrò non pensare più al caldo che lo attanagliava. Riprese a scavare incoraggiato da quello strano rumore prodotto dalla pala. Poteva anche essere una pietra e quindi non avrebbero trovato nulla, ma la speranza e l’euforia li aveva contagiati, dopo un po’ uno scrigno più grande dei tre precedenti trovati in altrettanti monumenti abbandonati venne alla luce. " Per le dimensioni questo non mi sembra il cofanetto che cerchiamo noi" lo aprirono " Se questa non è fortuna che altro dire" Luca sembrava non risentire dello sforzo appena fatto ed estrasse lo scrigno dal forziere piu grande dove era stato custodito. Stefania lo prese dalle mani del ragazzo e lo avvicino a sé " Il simbolo dell'acqua. È l’ultimo! C'è l’abbiamo fatta Luca! Abbiamo trovato l'ultimo scrigno". " Chiamo il capitano e gli dico di vederci a casa sua tra un'ora,

ancora non ci credo, non vedo l’ora di aprirlo

Capitolo 53

Hector come sempre osservava tutta la scena da lontano e al sicuro, per precauzione e per evitare l’incoveniente già occorso sl castello fece attenione a usare il binocolo. Questo non gli impedì comunque di vedere i idue ragazzi che estraevano l’ultimo cofanetto dal suo riposo secolare e portarlo alla luce, mentre li osservava prese il suo cellulare e compose un numero " Von Beckett sono io. Non ci sono più dubbi i due ragazzi hanno appena trovato l’ultimo cofanetto, ora abbiamo tutte le chiavi per cercare la porta d’ingresso al tesoro Il vecchio uomo quasi non stava più nella pelle " Chiamo Glenda e mi attivo subito, tu intanto chiama il nostro uomo e digli quello che è successo, digli pure che Von Beckett vuole i due ragazzi e i quattro cofanetti tutti qua e subito. Ho cambiato idea sul loro destino, almeno per il momento, potrebbero esserci utili nella ricerca del tesoro, come lo sono stati per i cofanetti." " Non penso che collaboreranno volentieri con noi" disse il giovane killer " Non ti preoccupare mio giovane Hector, come ben sai, Von Beckett, sa sempre essere molto convincente. I due ragazzi collaboreranno." La conversazione si chiuse, come nello stile di Von Beckett, lui aveva ordinato, ora spettava ai suoi uominmi agire, e non deluderla sulle sue richieste

Capitolo 54

Tutto questo non era possibile, avevano appena trovato l’ultimo cofanetto. L'ultimo cofanetto nascosto dai fedeli crociati di Federico II per nascondere il tesoro dello stupor mundi dagli occhi avidi della chiesa e dei nemici dell’imperatore, ultimo propietario del tesoro. Ora lo stavano portando a casa del capitano. Il graduato aveva già espresso tutto il suo stupore nella telefonata con Luca appena chiusa, dove il ragazo lo aveva informato del ritrovamento. I due uomini erano rimasti d’accordo sul da farsi. Luca aveva chiesto al capitano di vedersi a casa sua con tutti e quattro i cofanetti, e dopo aver aperto e studiato l’ultimo cofanetto si sarebbero messi sulla tracce del tesoro, ma soprattutto sulle tracce dell’assassino. Posteggiarono la macchina sotto casa del capitano, e come la prima volta che erano andati salirono a piedi. Suonarono alla porta " Venite ragazzi! Mettetevi comodi avremo un lungo pomeriggio immagino, portatemi il cofanetto qua sono in salotto" I due ragazzi seguirono la voce e si diressero nella direzione da dove proveniva, entrarono nella stanza. Il capitano era seduto alla sua poltrona e aspettava, le mani posate sulle gambe accavallate, guardava in idrezione della porta dove erano appena entrati Luca e Stefania. Appena entrambi varcarono la soglia notarono che il capitano non era solo. La sua compagnia era un uomo anziano invisibile dalla porta d'ingresso, per questo Luca rimase quasi di sasso nel vedere che il capitno non era solo. " Vi presento un mio amico, Herr Von beckett, un grande estimatore di Federico II, la sua famiglia risale al tempo dei principi che sostenevano l’inperatore in Germania." Sentendosi chiamato in causa l’uomo si girò. I due ragazzi rimasero quasi scioccati dallo sguardo dell’uomo, gli occhi della morte si erano posati su di loro " Capitano non capisco che sta succedendo? Eravamo rimasti d’accordo che avremmo agito da soli!" Stefania non attese la risposta del capitano " Luca andiamo continueremo da soli la nostra ricerca" " Questo mia cara non è possibile" La voce presentò il terzo ospite della stanza. Luca e Stefania si girarono in direzione della voce. Nel vedere quello sguardo Luca ebbe un flashback. Quello stesso sguardo lo stava guardando su una collina con sullo sfondo il castello di Calatubo. Cristina si frapponeva fra lui e quello sguardo, poi il corpo di cristina che cadeva senza vita per terra e lui che scappava, quell’uomo era il killer. Istintivamente Luca fece per estrarre la pistola d’ordinanza " Io non lo farei Luca, ci penserei bene prima." Il killer estrasse l’arma per primo. Luca studiò la situazione e capì che non avevano scampo. Prese la pistola e con

movimenti lenti che permisero al killer di tenerlo sotto controllo posò l'arma per terra. Stefania si girò verso il capitano " Come ha potuto tradirci così, queste persone hanno ucciso i nostri cari, hanno ucciso Tiziana e Giuffré e Cristina." Stefania urlava più per disperazione che per altro. " Lei e complice di questi... questi mostri!" Luca non credeva a quello che la ragione gli suggeriva " No mio caro, i veri mostri sono quei suoi amici che mi hanno privato del mio tesoro. Un tesoro che spetta di diritto alla mia famiglia da generazioni, e che ora tornerà nelle mani del suo proprietario!" Von Beckett terminò la frase quasi gridando, la sua voce carica di odio si riversò sui due ragazzi lasciandoli atterriti davanti la porta. Tenuti sotto tiro dalla pistola di Hector i due ragazzi si scambiarono uno sguardo d’intesa " Comunque non potete costringerci a farvi consegnare il cofanetto, e neanche ad aiutarvi nella ricerca del tesoro" " Ecco i cofanetti Von Beckett" Glenda entrò nella stanza, e si andò a sedere sul bracciolo della poltrona dove era seduto Von Beckett, prima di sedersi consegnò all’uomo una sacca con all’interno i tre cofanetti " Ho preso la sacca dopo che lei l'ha lasciata nell’anticamera mia cara,come può ben vedere non abbiamo bisogno del vostro aiuto" Un velo di terrore si dipinse sul volto di Luca " Capitano non permetterà che ci uccidano" " No Luca! Ho già garantito io per voi. Ma a patto e condizione che voi ci aiutate a trovare il tesoro, e nessuno si farà del male. Vi abbiamo seguito e fatto seguire sin da quando avete portato il cofanetto nel mio ufficio." " Sapevamo dove trovare il primo cofanetto quello in mano di Bentivoglio, ma quel cocciuto e il suo amico di Giuffré si sono sempre rifiutati di consegnarlo a Von Beckett, anche a seguito di una lauta donazione." Tacchi cercava di giustificare le sue azioni agli occhi di Luca che gli ricambiava uno sguardo con tutto l'odio che possedeva in corpo. " Come potete ben immaginare Von Beckett non è persona che sa farsi dire di no" era stata Glenda a prendere la parola, " così abbiamo deciso di are all’azione. Dopo che abbiamo saputo che proprio qui in Sicilia nella città amata da Federico II vi fosse una congrega che si fe chiamare stupor mundi capimmo che non era una coincidenza. Von Beckett cominciò a tessere la sua tela, e il qui presente capitano del nucleo tutela e patrimonio artistico amico personale di Von Beckett ci è stato di grande aiuto. È stato il capitano a consegnare la busta con la richiesta di Von Beckett alla congrega e quando ricevemmo il rifiuto, come vi dicevo siamo ati all'azione. Abbiamo organizzato l'omicidio di Bentivoglio che all’inizio doveva permetterci di entrare in possesso del cofanetto. Ma sapevamo che in quel momento il cofanetto era in custodia di Giuffré. Più difficile da convincere. Così abbiamo mandato Giuffré su un falsa pista a Milano." Von Beckett prese la parola " Ma quel dannato professore prima di partire, invece che consegnare il cofanetto al capitano come suggerito da lui stesso, lo portò forse, perché sospettava qualcosa,

al suo amico e questo a te mia cara Stefania." " E perché sapendo che il cofanetto era in mano mia non ci avete uccisi subito?" Stefania si rivolse al capitano come se gli altri neanche esistessero. " Se siete ancora vivi, vi sembrerà strano ma lo dovete a Hector" Sentendosi chiamare in causa il ragazzo sempre tenendo la pistola puntata prese la parola. " Devo farvi i miei complimenti ragazzi. All’inizio ho cercato di ucciderti, è vero. Ma tu sei sempre riuscita a uscire indenne da tutti i miei agguati, dimostrandoci chensei una ragazza in gamba. Questo mi ha portato anche ad avere una certa stima nei vostri confronti, ho convinto Von Beckett a lasciavi continuare le indagini per noi, d’altronde noi abbiamo girato in lungo e largo l’isola per diversi anni senza trovare nulla voi invece in pochi giorni avete trovato i cofanetti e ora grazie a voi troveremo l’ingresso della stanza segreta dell'intero tesoro. Come dissi a Von Beckett bastava solo essere alla fine del vostro viaggio ed infatti eccoci qua" " Cosa mi dite miei cari ci aiuterete?" Von Beckett parlava come se i morti che aveva lasciato per strada per arrivare a quel punto non esistessero. " Chi le dice brutto bastardo che dopo che vi aiuteremo a trovare il tesoro non spiffereremo tutto a qualcuno?" Luca era furioso, più con se stesso per essersi fatto fregare in quel modo. Sentiva che se fosse stato più attento e non si fosse fatto di essersi raggirare dal capitano e da quei personaggi Cristina non sarebbe morta. " Fatelo pure, ma senza prove sarà difficile che qualcuno vi creda" " E se ci rifiutassimo ad aiutarvi?" Stefania non era abituata a sottostare ai soprusi " Mia cara non mi reputi uno stupido, come le ho già detto l’altra volta. anche se pure io devo farle i miei complimenti, come Hector, forse Luca era troppo offuscato dalla nostra amicizia per sospettare di me, lei invece aveva visto giusto, e capito che ero io il punto d’incontro tra voi e il killer, ma ho saputo recitare la mia parte e l’ho convinta. Ora le ripeto, non mi reputi uno stupido, è vero siete in gamba tutti e due, e sarete voi due che continuerete la ricerca, altrimenti sua nonna anticiperà al sua visita al creatore" Stefania si portò le mani al volto e quasi gridò " Capitano lei è un bastardo" Luca sapeva che con quel ricatto il capitano teneva in mano sia lui che Stefania, costretti a sottostare agli ordini di Von Beckett per non permettere a quei bastardi di uccidere un innocente. Dopo la vita di Cristina anche questa, non avrebbe sopportato il peso di quella colpa. " No mia caro solo un uomo alla ricerca della sua verità, tutta la mia vita e le mie azioni avevano come scopo finale di arrivare a scoprire se il tesoro in cui avevo sempre creduto era vero, o solo un'altra leggenda, ti ripeto potete aiutarci e alla fine per voi sarà solo un brutto ricordo e null’altro, oppure rifiutavi e sua nonna morrà, e dopo anche tu e lei farete la stessa fine, a voi la scelta." " Non ci lasci molta scelta bastardo!" Luca strinse i pugni ma dovette ammettere a se stesso che non avevano molta scelta " Ok mettiamo che vi aiutiamo. Ma chi ci dice che già non

avete ucciso la nonna di Stefania e poi non uccidiate anche noi " Provi a chiamare a casa sua nonna, mia cara ma stia attenta se prova a dirle qualcosa la uccidiamo qua sul momento e poco dopo toccherà al suo amico e alla sua cara nonna. Per quanto riguarda voi, purtroppo non vi resta che credere alla nostra parola che alla fine di tutto no vi verrà fatto nessun male." Il capitano avvicinò il telefono sul tavolino che aveva accanto a Stefania, lei si fece coraggio prese la cornetta e compose il numero di sua nonna. Il telefono cominciò a squillare ma nessuno rispose, Stefania immaginò la nonna che sentendo squillare l’apparecchio si alzava a fatica e si dirigeva in corridoio, il telefono rimase ancora muto, quando stava per scoppiare in lacrime sentì la voce della nonna, non riuscì a parlare, sapeva che sentendo la sua voce così sconvolta avrebbe messo in allarme la donna anziana, preferì riattaccare " Si mia nonna e ancora viva, che dobbiamo fare?" Si erano arresi. Sembrò che tutti nella stanza si rilassassero " Semplice mia cara. Apriamo il cofanetto e come fatto con gli altri cofanetti studiamolo vediamo cosa ha da dirci e troviamo il tesoro." Luca e Stefania si guardarono, insieme decisero e si arresero, o almeno così fecero credere. Il capitano Tacchi prese quel momento di silenzio e riflessione dei due ragazzi come una resa " Lavoreremo presso l’albergo dove alloggia Von Beckett avremo tutte le comodità e le ultime tecnologie in fatto di enciclopedie e connessione. Qualsiasi altro strumento ci occorrerà, lo avremo, sarete sorvegliati a vista, ma liberi di muovervi."

Capitolo 55

Glenda prese i quattro cofanetti e li posò sul tavolo. L’ultimo trovato fu messo al centro. Per Von beckett era la prima volta che vedeva i cofanetti e quando li ebbe davanti era come se avesse davanti il più grande tesoro del mondo. Stefania e Luca furono fatti accomodare seduti davanti i cofanetti tutti gli altri attorno Hector aveva la pistola ma non la stava puntando, sapeva che anche se avessero tentato qualche azione, i due ragazzi si sarebbero scontrati contro l’apparato di sicurezza di Von beckett da lui stesso dislocato e addestrato. Non rimaneva che aprire l’ultimo cofanetto. Von beckett lo prese e quasi lo tenne un attimo tra le mani, sembrava che volesse trasmettere al cofanetto antico tutto il suo amore, li aveva cercati tutta la vita e ora li aveva tutti là davanti. Le vecchie mani aprirono il coperchio. L’uomo guardò all’interno. Subito riconobbe l’anello all’interno e l'ultimo pezzo delle chiavi che ora erano complete. " Eccolo! L’anello dello stupor, e con l’altro che ho, posseggo anche entrambi le chiavi" Luca e Stefania si guardarono in modo interrogativo c'era qualcosa che non quadrava. Il capitano notò le facce dei due ragazzi. " Glenda puoi prendere l’anello e spiegare ai nostri cari amici." La donna attese ordine dal suo vecchio capo Von Beckett mosse il dito e la donna scattò subito " Questo è l’anello che abbiamo trovato a casa del professor Giuffré lo abbiamo trovato dentro la sua cassaforte" Luca ricordò lo studio del professore e aveva notato la cassaforte vuota, poi con tutto quello che era successo lo aveva dimenticato. " I due guardiani posseggono due anelli, uno l’uno, che permettono di aprire proprio la stanza con i forzieri, su uno è impressa la parola stupor sull’altro mundi. Due, così nessuno poteva impadronirsi da solo del tesoro" Luca e Stefania guardarono i due anelli " Capitano i suoi amici sono molto taciturni" " Ragazzi se volete tornare vivi da questa avventura vi conviene collaborare, vi posso assicurare che Hector non avrebbe remore a spararvi chiaro?" I due ragazzi non parlarono poi Luca si fece coraggio " Ok mi dia il cofanetto." Lo prese dalle mani di Glenda e lo studiò. Poi estrasse la pergamena posta dentro come gli altri nel sottofondo " Questa è la pergamena, come negli altri indicherà il luogo dove è nascosto il tesoro, sempre che quattro sia il numero di cofanetti e non ce ne sia qualcun altro" " Su questo siamo sicuri, finora era l’unico indizio certo che avevamo. I cofanetti sono quattro e devo farvi i miei complimenti, voi li avete trovati tutti, davvero bravi. Come assistente personale di Von Beckett ero stata messa a capo del team che doveva trovare il tesoro. Eppure non ci eravamo mai avvicinati ad esso come in questo

momento,davvero bravi ragazzi" " Se potremmo evitare questi complimenti, forse dimenticate che delle persone sono morte, persone a noi care." Stefania era una furia, anche se fino a qualche giorno prima non lo credeva possibile, se avesse avuto la possibilità, avrebbe ucciso prima quel vecchio e tutto il suo staff a iniziare dal suo killer. Ma quello che odiava più di tutti era il capitano li aveva traditi, aveva tradito i professori, Tiziana e Cristina. Tutti erano morti per causa sua. Non sapeva ancora come, ma gliel'avrebbe fatta pagare. Tornò alla realtà mentre Von Beckett concluderà il suo solito monologo " E le assicuro che sarebbero ancora vive se avessero deciso di collaborare con me, così come voi. Fate quello che vi diciamo e nessuno si farà più del male" " Stefi ascoltami, noi vogliamo solo tornare a casa ed essere lasciati in pace, loro vogliono questo maledetto tesoro troviamolo e finiamola qui!" Stefania non credeva alle sue orecchie, pensava che Luca fosse di quelli che non si arrendono mai, o forse si sbagliava, si girò verso l’uomo che cerdeva di amare. Luca che ricambiò lo sguardo e con un movimento fulmineo che nessuno notò le strizzò l’occhio. " Ok vi aiuteremo ma poi ci lascerete in pace, non ne vogliamo sapere più niente di nessuno." Luca si sporse e prese la pergamena, la srotolò. Tutti guardarono incuriositi il vecchio pezzo di carta ingiallito dal tempo " La scrittura è uguale a quella delle altre pergamene, e questo indica che siamo sulla strada giusta, vediamo cosa hanno da dirci ora" Come le altre volte Luca cominciò a leggere ad alta voce la pergamena " Nel nome di Dio clemente e misericordioso. Bada qui, fermati e mira! Vedrai l'egregia stanza dell'egregio tra i re di tutta la terra Federico II re cristiano. Non v'ha castello che sia degno di lui. ... Sia lode perenne a Dio. Lo mantenga ricolmo e gli dia benefici per tutta la vita, in Cubula dei suoi avi". Nesuno parlava tutti aspettavano che Luca o Stefania dessero spiegazione di quello che avevano appena udito dalla voce del giovane tenente " Questa è l’iscrizione della Cuba trovata dall'Amari scavando ai piedi della Cuba oggi esistente. Ma non avete trovato là il secondo cofanetto?" Il capitano cercava di stimolare i due ragazzi nella speranza che trovassero un indizio da quello che avevano appena letto " Si è molto strano, il primo cofanetto per la precisione, o almeno il primo che abbiamo trovato." " No! Una differenza c’è e sicuramente sarà la chiave di tutto. L’ultima parte dell’iscrizione, in Cubula dei suoi avi" Stefania non staccava gli occhi di dosso dalla pergamena " Si infatti, dei suoi avi. Non più il palazzo del re. Ma un palazzo costruito dai suoi antenati e poi ato a lui." Luca e Stefania ragionavano a voce alta come se fossero soli. " Credo che questo sia dovuto al fatto che in questa pergamena si parli Federico II, l’iscrizione della Cuba e invece riferita a re Ruggero, il nonno di Federico, e quindi suo antenato" " E quindi anche la Cuba è proprietà di re Ruggero e poi ata in mano a Federico II" " Però così torniamo al punto di partenza,

nascondere un tesoro nel punto d’inizio delle ricerche." " Non sarebbe male come idea, nascondere un qualcosa in un posto dove già hai nascosto un precedente indizio ti garantirebbe che nessuno ci torni perché lo escluderebbe in partenza." " Si però non mi convince, una volta che troviamo la pergamena, l'ultima in questo caso, avrebbe dovuto portarci al tesoro. E quindi questo significa che la camera segreta del tesoro è alla Cuba. Mi sembra strano. " Però una seconda ispezione alla Cuba ci tocca comunque non possiamo rischiare di escluderla comunque." Tutti i presenti si girarono verso Von Beckett, era lui a comandare ora e spettava a lui decidere, lui si era attribuito la propietà del tesoro e lui doveva decidere il da farsi. Von Beckett attese qualche secondo prima di rispondere, la situazione confaceva a lui e alla sua persona, finalmente era lui a decidere, aveva coinvinto i due ragazzi a collaborare con lui e ora tutti aspettavano i suoi ordini " Hector prepara la spedizione voglio il castello sorvegliato. Glenda prepara la richiesta e tutti i permessi. Il castello deve essere a nostra completa disposizione, non voglio turisti fiaccanaso in mezzo ai piedi, se c’e da “convincere” qualcuno, non ti creare problemi. Voglio il castello per un pomeriggio, andremo appena avrete organizzato tutto. Prepara una stanza per i signori qui presenti. Hector organizza turni di sorveglianza non vorrei che i ragazzi qui presenti decida di scappare all’ultimo, abbandonandosi a qualche gesto sconsiderato." Il vecchio uomo si alzò e si diresse alla porta, per i suoi collaboratori che già lo sapevano questo significava fine della riunione lui aveva parlato e disposto, ora toccava a loro agire e accontentare le sue richieste " Von Beckett chiedo di andare in biblioteca, mi avete detto che avremmo potuto usare computer e enciclopedie per le ricerche, vorrei studiare ancora la pergamena"Luca si alzò e guardò dritto negli occhi il vecchio davanti la porta. Von Beckett si girò verso Glenda, la giovane donna fece un cenno di assenso a indicare che non c'era il rischio che i due ragazzi tramite il web potessero mettersi in contato con l'esterno " Accompagna i nostri ospiti, se hanno bisogno di qualcosa mettiti a loro disposizione" poi l’anziano uomo uscì dalla stanza.

Capitolo 56

Il vecchio palazzo della Cuba era desolato, Von Beckett e il suo staff lo aveva requisito, Stefania immaginò che la visita privata non fosse stato un problema per Von Beckett che conosceva metodi molto esaustivi nei confronti dei politici. Anche i custodi erano stati allontanati nessuno poteva vederli né aiutarli. Le macchine si fermarono nello spiazzo di fronte il palazzo, in quello che un tempo era il bacino del lago che circondava il palazzo su tre dei quattro lati. Per primo scese Hector, il ragazzo sempre aitante nel suo portamento sparì dentro il palazzo alla loro vista. Dopo un po’ tornò indietro e risalì sulla macchina dove era accomodato Von Beckett, per un attimo non successe nulla. Stefania e Luca stavano seduti nella seconda macchina al centro del corteo di auto, dietro loro un ultima auto con dentro guardie del corpo private che avrebbero scoraggiato qualsiasi voglia di fuga dei due ragazzi. In realtà né lei né Luca acevavno parlato di una possibile fuga, non erano mai stati lasciati soli, e x la notte ognuno aveva avuto assegnata una suite in albergo, che Luca scoprì essere piantatonato quando aveva cercato di mettere la testa fuori dalla porta. Dopo un po’ Hector scese di nuovo dall’auto e si diresse verso lo sportello della loro auto e lo aprì " Prego signori il palazzo è tutto vostro, potete visitarlo in ogni angolo, se trovate qualcosa riferitelo, e comunque noi saremo sempre con voi." Scesero dall’auto e si diressserro verso l’unica entrata, Stefania ricordava ancora quando vi era stata l’ultima volta con Luca e avevano torvato il loro primo cofanetto l’emozione era stata tanta e ancora ora le faceva venire i brividi alla pelle. Il palazzo era deserto, arrivati all'ingresso Luca e Stefania furono spinti dentro " Quindi?" Glenda osservava i due ragazzi " In realtà la prima volta che siamo venuti qua, non sapevamo nemmeno noi cosa stavamo cercando. Ci siamo arrivati per pura fortuna, è stato il capitano che ci ha raccontato tutto" Sentendosi chiamato in causa l’uomo si fece avanti " Ripensando però ora a quello che avete scoperto, e a quello che c’è scritto sullla prima pergamena non notate nulla di insolito? Su quello che c’è scritto ora nell’ultima pergamena un indizio, una qualsiasi cosa che possa portarci al o successivo?" Stefania e Luca si guardarono intorno " Signori devo ricordarvi che dopotuto non siete indispensabili? O che sua nonna sta correndo un grosso rischio! Vi conviene aiutarci" Glenda fece segno a Hector di avvicinarsi, il ragazzo lo fece con aria minacciosa " In realtà non vogliamo nascondervi nulla, ma non sappiamo proprio da dove iniziare" " Portateci nella stanza dove avete trovato il cofanetto forse lungo il precorso potremmo trovare

un indizio o qualcosa che ci illumini." " Mi sembra un ottima idea vi faccio strada" Luca si mise davanti la fila e scese nelle rovine del palazzo decadente, erano tutti abbastanza agili nei movimenti e la fila procedeva spedita. Ma quasi subito il giovane ragazzo si fermò " Che succede?" Il capitano si avvicinò a Luca " Vede questa pietra, dietro vi è la porta d’ingresso, ma prima non c’era" " Questo vuol dire che dopo aver attraversato l’ingresso un qualche meccanismo ha sigillato per sempre l’ingresso, il che significa che avremo una sola possibilità una volta trovato l’entrata al tesoro" " Però c’e sempre un'uscita" intervenne Stefania, ogni volta che entravamo nelle stanze dei cofanetti c’era un'altra strada che ci faceva uscire." La ragazza fece strada alla comitiva, ma anche da quella parte la via era sbarrata " Quindi?" Chiese Glenda " Nulla anche da questa parte la strada è bloccata." " Possibile che la stanza del tesoro sia sempre qua alla Cuba, ma in un posto completa,ente diverso." Luca ragionava ad alta voce " Secondo me questi due ci stanno solo facendo perdere tempo, e non hanno completamente voglia di aiutarci" Glenda parlò rivolta a Von Beckett. Stefania notò l'espressione dell'anziano uomo posarsi su di lei " Von Beckett posso parlare liberamente?" L'uomo come tutta la comitiva rimase un attimo scioccato. Era la prima volta che Stefania si rivolgeva al vecchio miliardario tedesco " Dimmi cara" " Penso che la Cuba sia il posto sbagliato e che la pergamena intenda dirci altro. Qua stiamo solo perdendo il nostro tempo. Dobbiamo tornare in albergo e studiare meglio l'antica scritta." Von Beckett guardò e apprezzò quella giovane ragazza. Dopo un attimo di silenzio, si rivolse a Hector e Glenda " Rientriamo alla base qua non c'è niente. Daremo modo ai due ragazzi di studiare la pergamena. Lei signorina farà meglio a trovare il mio tesoro"

Capitolo 57

Dopo che avevano girato e perlustrato in lungo e in largo l’antico palazzo erano rientrati all'albergo. " Hector accompagna i ragazzi alla biblioteca e metti i nostri mezzi a loro disposizione, non lasciateli soli non vorrei che gli venisse in mente di scappare, capitano lei vada con loro e li aiuti nelle ricerche, io nel frattempo vado nella mia stanza" Von Beckett si ritirò nella sua suite. La stanza era fresca i muri tutti ricoperti di volumi e libri alcuni molto vecchi altri piu moderni. I ragazzi furono fatti accomodare nella stanza adibita a Biblioteca. La sala era una stanza dell’albergo che il seguito di Von Beckettt aveva adibito a libreria, al centro un tavolo lungo con delle luci che permettavano la lettura senza disturbare altri eventuali visitatori. Tutto il materiale era arrivato giorni prima con un aereo cargo, da quello che vedeva Stefania e dallo stato nuovo di conservazione dei volumi i libri non erano proprio il atempo preferito di Von Beckett e dei suoi stretti collaboratori, ormai abituati a sfogliare le pagine del web, anziché i fogli di un libro. " Accomodatevi a quel tavolo" Hector indicò due sedie. Sul tavolo vi era una riproduzione di tutte le pergamene che i due ragazzi avevano trovato. " Capitano pure lei, e vedete di tirare qualcosa da quei vecchi fogli prima che Von Beckett possa perdere la pazienza, io vado a organizzare la vostra…permanenza" L’ultima parola aveva più il tono di burla che altro e questo non ò inosservato ai due ragazzi. Luca decise che gliel’avrebbe fatta pagare, poi rimasero soli con il capitano, Stefania si lancio sull’uomo " Come ha potuto bastardo! Lei è un bastardo, noi ci siamo fidati di lei, e lei ha fatto uccidere i nostri amici non la perdonerò mai." La ragazza urlava e piangeva. Luca per fortuna era riuscito ad anticipare la ragazza e l’aveva bloccata prima che questa potesse buttarsi addosso a quello che fino a poco prima credeva il suo capitano " Capisco che mi odiate, ma pensate a quello che ci aspetta se troviamo il tesoro dei stupor mundi, il mondo intero e la storia si ricorderanno per sempre di noi, e un qualcosa più grande di voi e delle vostre vite e quelle dei vostri amici " Della sua di sicuro capitano, ha ragione Stefania lei è un bastardo. Ancora non so come ma gliela farò pagare con tutti gli interessi." " Ora basta! Se siete ancora vivi lo dovete a me, non vi succederà nulla ma aiutatemi a trovare l’ingresso del tesoro e convincerò Von Beckett a lasciarvi vivi, dovreste ringraziarmi. Luca e stefania si guardarono negli occhi insieme decisero che avrebbero ucciso il capitano " Ok vediamo di studiare questa pergamena è l'unico modo che abbiamo per porre fine a quest'incubo"

Capitolo 58

" Tutto procede a meraviglia nessuno sospetta di noi. Appena i due ragazzi avranno trovato il tesoro agiremo e dopo nessuno ci separerà mai più" L’uomo e la donna si baciarono e si scambiarono uno sguardo l’uno perso dentro gli occhi dell’altro " Ti amo amore mio ti amo e tra un po' questo incubo sarà finito" Poi i due ragazzi si separarono e ognuno andò a sbrigare i compiti che gli erano stati affidati

Capitolo 59

Da più di tre ore stavano chini sulle riproduzione delle pergamene avevano riletto e riletto all’infinito quelle parole sperando che potessero trovare qualche indizio, una parola o una virgola che desse loro il la per partire. Dall’inizio delle loro ricerche questo era sempre stato l’indizio più difficile per continuare. Il primo o come aveva detto Stefania a Luca la prima volta che erano stati alla Cuba. Stefania stava con un foglio davanti che stava rileggendo per l'ennesima volta. Rileggeva i suoi appunti, in realtà la scrittura si nascondeva in mezzo alle correzioni, solo lei ,l’autrice di quel rompicapo, poteva leggere quel foglio tanto astruso quanto chiaro ai suoi occhi. Riprese l’ultima pergamena " Che strano tutte le altre pergamene sono scritte in un linguaggio andato ormai in disuso, tranne quest’ultima c’è qualcosa che non quadra in questa ultima pergamena" Stefania guardò il foglio nelle sue mani, poi rigettò gli occhi azzurri sui fogli sparsi sul tavolo e di nuovo sul foglio che aveva in mano. Luca guardava quegli occhi e sarebe rimasto all’infinito a guardare il colore del mare nelle pupille della ragazza. Poi il movimento cessò e la ragazza esplose in aria " Oh mio Dio!" Luca e il capitano saltarono sulle loro sedie per lo spavento all’urlo di Stefania. " Non ci posso credere, non è possibile l’ho trovato, ma che stupidi siamo stati, l’avevamo qua sotto gli occhi. Luca e il capitano si scambiarono uno sguardo interrogativo, Stefania li guardò " Chiami Von Beckett, ho trovato l’ingresso" disse Stefania con disprezzo rivolta al capitano Dopo che tutti si furono accomodati attorno al tavolo della libreria, Von Beckett a capotavola, ai suoi lati Glenda e Hector, il capitano accanto a quest’ultimo, Luca e Stefania dal lato di Glenda. " Così lei signorina ha trovato quello che noi cerchiamo da decenni. Era la prima volta che Von Beckett si rivolgeva direttamente a Stefania o Luca, per ricambiare la ragazza che prima alla Cuba aveva rivolto la parola direttamente a lui. Stefania stavolta resse lo sguardo dell’anziano uomo " Luca rileggimi l’ultima pergamena e traducila come abbiamo fatto noi, per tutte le volte che abbiamo letto quello scritto" Il ragazzo quasi impacciato rilesse l’iscrizione: " Nel nome di Dio clemente e misericordioso. Bada qui, fermati e mira! Vedrai l'egregia stanza dell'egregio tra i re di tutta la terra Federico II re cristiano. Non v'ha castello che sia degno di lui. ... Sia lode perenne a Dio. Lo mantenga ricolmo e gli dia benefici per tutta la vita, in Cubula dei suoi avi.Quindi?" " Traducila e rendila leggibile per tutti noi" " Nel nome di Dio clemente e misericordioso è una frase iniziale che si trova un po' in tutti i testi islamici. I

poeti arabi iniziano i loro pensieri rivolgendo un saluto al loro Dio un pò come facevano gli antichi scrittori greci, chiedendo la benedizione delle muse, per intenderci. Il seguito è una parte nuova, sinceramente, o meglio l’iscrizione è la stessa di quella trovata alla cuba durante gli scavi per il restauro dell’antico palazzo, con l’unica differenza che qui le lodi sono rivolte a Federico II, mentre nell’iscrizione trovata alla Cuba l’unica che sia arrivata sino ai giorni nostri, l’iscrizione è dedicata a re Ruggero II, monarca noto per la varietà della sue corte e infatti oltre al valore artistico, l’iscrizione assume un importanza ancora maggiore proprio perché in pieno scontro tra le due religioni monoteiste un poeta musulmano canta le lodi di un re cristiano, il tutto termina con una frase del palazzo del re…nella cuba." " Tutto questo mi sembra che già lo sapevamo e lo avevamo analizzato, lei cosa ha scoperto di più." Von Beckett si rivolse di nuovo a Stefania " Vede Von Beckett, il mio amico qui presente come tutti noi, me compresa, ha fatto un classico errore in cui è facile cadere. Ha letto un'iscrizione e in automatico ha tradotto nella sua lingua attuale quella stessa iscrizione o meglio la parte che per il suo cervello stonava. In automatico il suo cervello ha tradotto Cubula in, la Cuba. Un errore comune che faremmo tutti come quando leggiamo le antiche iscrizioni " E invece non dobbiamo tradurlo mia cara?" " No infatti rileggiamo il tutto Nel nome di Dio clemente e misericordioso. Bada qui, fermati e mira! Vedrai l'egregia stanza dell'egregio tra i re di tutta la terra Federico II re cristiano. Non v'ha castello che sia degno di lui. ... Sia lode perenne a Dio. Lo mantenga ricolmo e gli dia benefici per tutta la vita, in Cubula dei suoi avi, in Cubula dei suoi avi. Tutto il testo è scritto in italiano antico non in latino come ci si potrebbe aspettare. Non in arabo essendo la scritta in stile arabo, ma in una lingua che ancora doveva nascere e che proprio in quegli anni stava nascendo. In Cubula dei suoi avi, non la dobbiamo tradurre come nella cuba dei suoi avi, ma proprio come è scritto come tutto il resto dell’iscrizione, nella Cubula dei suoi avi. Nella Cubula costruita dai suoi avi, dagli avi di Federico. La Cubula è l’ingresso per le stanze del tesoro" Nessuno parlava, tutti i commensali seduti al tavolo guardavano Stefania alzata che dava lezione, ovunque fosse il professore Giuffré in quel momento, Stefania, ne era sicura era orgoglioso di lei. " La Cubula ma certo! Come non ci ho pensato prima" " Perché lei è un inetto! Ma in una cosa aveva ragione capitano, i due ragazzi ci sarebbero stati utili" Von Beckett guardava con disprezzo disumano il capitano " Glenda prendi tutte le informazioni possibili su questa Cubula" " Non c’e ne bisogno Von Beckett, la Cubula è famosa tra tutti gli studiosi Palermitani. Non c’e studioso che non conosca questa antica costruzione ancora oggi esistente, si trova nel vecchio giardino della Cuba soprana oggi conosciuta come villa Napoli, è facilmente raggiungibile e per lei sicuramente accessibile." Von

Beckett guardava quella ragazza, quasi gli dispiaceva doverla uccidere dopotutto grazie a lei stava per trovare quello per cui aveva speso gli ultimi anni della sua vita. Si accorse che tutti i presenti come sempre quando c’era lui in ballo aspettavano una sua parola, un suo ordine e la macchina del suo staff avrebbe preso a muoversi. " Glenda prendi i contatti adeguati dobbiamo visitare… la Cubula. Hector attiva tutti i sistemi di sicurezza non voglio altre persone in mezzo ai piedi, estranei che possano intralciare il nostro operato, capitano lei come sempre ci spiani la strada con permessi e burocrazia inutile. Ma portatemi il mio tesoro"

Capitolo 60

La Cubula. Quel semplice edificio di pianta quadrangolare con i suoi archi a sesto acuto e la sua cupola rossa a sormontare tutta la struttura. Il padiglione costruito da quegli stessi architetti fatimidi che avevano reso Palermo la più bella delle belle. Costruita all’interno del parco del Genoardo oggi inesistente, per volere di re Guglielmo II. Usata per i sollazzi del re e dei suoi ospiti era la loro porta d’ingresso. Senza volerlo Stefania aveva sempre ammirato quel piccolo padiglione che da centinai di anni resisteva al degrado e all’abbandono, un tempo circondato da fontane e animali rari, era costretto oggi a combattere contro abusivismo e cemento. Il corteo formato da Stefania, Luca, il capitano, Von Beckett, Glenda, Hector e altri uomini fidati, camminava a fila indiana in mezzo alle erbacce di quello che un tempo era stato il paradiso in terra. Arrivati al chioschetto si fermarono tutti a osservare la costruzione, nulla che potesse indicare che quello era l’ingresso della stanza del tesoro, e sinceramente una volta arrivati là anche Stefania dubitò delle sue intuizioni. I potenti fari posizionati per bucare l'oscurità della notte erano stati posizionati in modo tale che illuminassero a giorno l'antico chioschetto, ma che non attirassero troppo l'attenzione delle persone che abitavano nei palazzi intorno. " A questo punto nelle altre pergamene c’era un indizio che ci conduceva a trovare l’ingresso, o almeno la porta che ci conducesse alla stanza con la pergamena successiva." Glenda prese l’anello dal dito di Von Beckett e lo sfilò, l’anziano uomo da quando aveva ritrovato l’anello a casa del professor Bentivoglio non se ne era più separato, lo indossava come se lo avesse dalla nascita. La donna entrò nel quadrato formato dai quattro pilastri, e rimase un attimo ad aspettare. Osservò con cura ogni pilastro ogni angolo della struttura e quasi contenta che Stefania potesse essersi sbagliata esclamò con voce di trionfo " Qua non c’è niente, nulla che possa darci un indizio di quello che cerchiamo. Sappiamo che per aprire la stanza del tesoro occorrono i due anelli, dei due professori, ma qua non c’è nulla" Von Beckett si girò verso Stefania " Non mi deluda mia cara" Sentendosi chiamata in causa Stefania si fece coraggio e con Luca raggiunse Glenda all’interno della struttura. Effettivamente come notò subito non c’era assolutmanete nulla, la struttura non presentava nessun indizio nessuna cosa strana che potesse attirare la loro attenzione. Luca prese la parola " Glenda prenda la pergamena, l’ultima che abbiamo trovato" La donna anche se riluttante ad obbedire agli ordini datele da quel ragazzino estrasse il foglio da una valigetta

che le veniva porta, Luca srotolò il foglio. " Nel nome del Dio clemente, rilesse il primo pensiero dell’antico manoscritto. Chi scrisse questa frase era un devoto di Dio. Gli arabi erano soliti iniziare i loro scritti con questa frase ma forse qui l’autore vuole dirci di più. Si diresse al pilastro che si rivolgeva a est. Questo pilastro punta direttamente a est in direzione de La Mecca un islamico che si fosse fermato in questo luogo a pregare “nel nome di Dio misericordioso” si sarebbe rivolto da questa parte. Si inginocchiò come erano soliti fare i musulmani per pregare e cominciò a osservare la base del pilastro. Qua c’e qualcosa!" A quelle parole tutti i presenti entrarono tra i quattro pilastri della costruzione, sguardo rivolto verso il basso seguivano il dito di Luca, Hector fece segno a due guardaspalle che si avvicinarono e cominiciarono a pulire la zona indicata da Luca, dopo un po' venne fuori un quadrato con due strane serrature, tutti lo osservarono stupiti. Luca e Stefania avevano ragione, erano sul punto d’ingresso del tesoro. " Glenda prendi l’anello e appoggialo al pavimento" Ordinò Von Beckett con la sua voce gelida. La donna si sfilò e poggiò l'anello che avevano rubato a casa del prof e lo appoggiò a uno dei fori del pavimento, combaciava perfettamente. Presero il secondo anello quello trovato dentro il cofanetto e fecero lo stesso, per un momento non successe nulla, poi un rumore alle loro spalle li fece girare tutti. Una botola si era aperta all’angolo opposto al pilastro con il bassorilievo, erano esterrefatti. " Glenda, Hector, prendete i ragazzi e fate strada, voi due disse Von Beckett ai due guardaspalle, aspettateci qua e non fate avvicinare nessuno, prima dell’alba saremo di ritorno in modo da richiudere la botola e non far accorgere a nessuno durante il giorno quello che abbiamo scoperto. Andiamo!" La comitiva scese i gradini corrosi dal tempo, dovevano reggersi al muro o sarebbero scivolati cadendo e rischiando grosso. La scala era una scala a chiocciola, al centro non vi era un amamo ma semplicemente il vuoto tutti camminavano rasente il muro Glenda ogni tanto si girava preoccupata per Von Beckett, ma l’uomo anziano prossimo alla meta della sua vita sembrava non sentire gli anni né la malattia che lo stava uccidendo. Luca aiutava Stefania a non scivolare, ma anche lui non era molto sicuro, chiudeva il trenino il capitano. Dopo essere scesi per un tempo che sembrò infinito giunsero a un punto morto, Luca vide Glenda fermarsi e girarsi. " Alcuni scalini hanno ceduto fate attenzione ne mancano solo due non sarà difficile raggiungere gli altri ma state attenti." Glenda si fece coraggio, guardò sopra di lei la botola dalla quale erano entrati, era un punto lontano, erano scesi davvero tanto l’aria per fortuna li dentro era fresca e non carica d’umidità come si poteva aspettare qualcuno, diede uno sguardo di sotto gli sembrò di vedere acqua ma non era sicura l’oscurità oltre il fascio di luce della sua torcia era quasi totale. A un tratto si prese di coraggio e saltò oltre il piccole spazio che la separava dal

resto della scala, dopo un paio di secondi atterrò dall’altra parte e si tenne al muro, nessuno parlava " Tutto ok potete are, Hector aiuta Von Beckett, dopo che tutti superarono i gradini mancanti continuarono a scendere" Finalmente arrivarono alla fine della scala, Glenda mise piede oltre il gradino una semplice pressione ma sentì oltre la suola della scarpa qualcosa muoversi, il rumore veniva dall’alto tutti alzarono lo sguardo un meccanismo posto ai piedi della scala aveva chiuso la botola in alto dalla quale erano entrati. " Ingegnoso, un pedale posto ai piedi della scala in modo che chi scende dalla scala lo pigia per forza e rimane intrappolato e ora come usciamo?" La voce di Glenda tradiva quasi paura " In ognuno dei posti dove abbiamo trovato una pergamena c’era sempre una seconda uscita" Luca non voleva certo tirare su il morale della donna ma almeno quel pensiero lo rincuorava non voleva certo rimanere intrappolato là dentro " Ok non preoccupiamoci di questo andiamo avanti poi vedremo" Von Beckett era impaziente. La comitiva riprese il cammino, un lungo corridoio si snodava sotto la città, incredibile pensò Luca non era mai stato trovato perché scendeva parecchio sottoterra e dalla direzione che avevano preso si dirigevano proprio sotto Villa Napoli la vecchia Cuba Soprana, e là certo non venivano fatti scavi. " E ora?" Glenda e Hector si rivolsero al capitano. L’uomo si fece avanti, un muro sbarrava la strada. " Guardate!" Stefania indicò la parete accanto " Qua sembra esserci un'apertura. Mi sa che qualcuno deve infilarsi in quella fessura ai piedi del muro è possibile che ci sia il modo di aprire quest’altra parete" " Bene!" Parlò Von Beckett " andranno il ragazzo" rivolto a Luca " e tu Hector. Tienilo sotto tiro se prova a scappare spara, e sappia mio caro che dopo penseremo alla sua amica" " Non si preoccupi “mio caro”, non scapperò. Lei mi deve ancora qualcosa" Luca guardò il vecchio con lo sguardo dell’odio. Seguito da Hector si distese, ed entrò dentro la piccola apertura ai piedi del muro, sentiva il tedesco alle sue spalle fare la stessa fatica sua, per muoversi e piano piano uscirono dall’altra parte, la luce delle torcie illuminò una stanza di piccole dimensioni ai quattro lati quattro statue di cavalieri in armatura con la mano ferma sull’elsa della spada " Sembrano pronti a sguainare la spada" " Già come se volessero difendere qualcosa" " O qualcuno" lo apostrofò Luca " Vediamo di trovare qualche meccanismo che apre la porta dall’altro lato, deve esserci qualcosa da qualche parte non avrebbero messo queste statue qua altrimenti" Luca doveva ammettere che Hector aveva ragione, quelle quattro statue da sole valevano una fortuna sia dal punto di vista storico che da quello economico. I quattro cavalieri erano conservati in ottimo stato la temperatura bassa della grotta che non aveva corroso la pietra di cui erano composte, anzi l’avevano conservata quasi intatta fino ai giorni nostri. Le statue da sole già rappresentavano una scoperta eccezionale, ma se erano state posizionate là

doveva esserci un motivo. " Ok carabiniere dividiamoci e vediamo di trovare un qualche cosa che aiuti il mio padrone" Si separarono e ognuno osservò un lato della stanza ma non trovarono nulla, poi arono alle statue. Ne scelsero due l'uno e cercarono qualcosa che potesse attirare la loro attenzione " Guarda tutti hanno una spada con una croce sull’elsa tranne questa," indico Luca, "Questa ha un globo" " E quindi?" " Non ti sembra strano?" " No! Dovrebbe?" Luca cominciava a infastidirsi del comportamento di Hector, l’odio non faceva che aumentare, ma il giovane carabiniere sapeva che doveva aspetare il momento giusto per avere la sua vendetta " Ma certo!" Luca si sbatte la mano sulla fronte, " il globo, il mondo lo stupor mundi," si avvicinò alla statua e con una mossa decisa estrasse la spada che si sfilò dalla mano del cavaliere. Con uno slancio e favorito dal peso dell’arma eseguì una mezza piroetta che lo portò con la punta della spada all’altezza di Hector. Il giovane tedesco sentendosi minacciato posò la mano sulla pistola che aveva nella fondina e quasi la estrasse. " Calmati mio caro non ti uccido." Questa volta fu Luca a prendere in giro il giovane tedesco e quella reazione, convinse Luca, che il ragazzo dietro lo sguardo di ghiaccio aveva paura e lui ora lo sapeva. Spada alla mano Luca si avvicino a una fessura sul muro che aveva notato prima con calma e delicatamente infilò la lama che entrò a misura perfetta nel muro. Arrivata a destinazione, e dopo essere entrata per più della metà, un suono sinistro invase la camera. Una fessura in alto si aprì, e subito cominciò a versare acqua nella stanza, con lo sguardo atterrito Hector si rivolse a Luca " Che succede? Sbrighiamoci o moriremo annegati" " Hai ragione via via" Senza pensarci due volte si infilarono nel buco da dove erano entrati, l’acqua aveva già cominciato a invadere il tunnel e i due ragazzi si bagnarono a un certo punto dovettero pure immergersi, poi uscirono dall’altra parte. Subito Glenda corse verso Hector " Che e successo?" " Il nostro amico ha attivato una trappola, che a poco ci uccideva entrambi" " Geniale invece, il capitano guardava il tunnel, è stato fatto in pendenza in modo tale che la stanza dall'altra parte si possa riempire ma non tutta" Luca raccontò delle statue e della spada "poi siamo scappati fuori" Un boato scosse la stanza. Nessuno parlava, dopo un po' la porta che prima li bloccava cominciò ad aprirsi " Incredibile, notò Luca, la stanza delle statue si deve essere riempita d’acqua diventando un peso che scendendo ha aperto la porta " Ma qui c’e un altro muro" disse Von Beckett. Anche Luca entrò e girato si alla sua destra notò un corridoio così come alla sua sinistra. " Da che parte?" Luca osservò prima a destra poi a sinistra per cercare di capire se qualcosa poteva indicargli la giusta strada, notò che i due corridoi giravano non proseguivano dritti. Alzò lo sguardò sperando che nel muro fosse incisa un indicazione che indicasse la strada ma anche lì niente. Notò però che la parete di fronte anche questa si incurvava come se loro fossero all'esterno di una

cupola. " Ho un dubbio! Io ed Hector andremo a sinistra, voi a destra" Tutti fecero come Luca suggeriva, dopo che camminarono per un bel po' si ritrovarono faccia a faccia. Ma dalla parte opposta della cupola da dove erano entrati. " Ma che significa?" Chiese il capitano " Che questo non è un corridoio e questo non è un muro!" " E cosa è allora mio giovane carabiniere" Luca si girò verso Von Beckett per rispondere a lui direttamente " Il tetto di una cupola. E noi siamo all'esterno della cupola." Tutti si guardarono intorno per quello che lo spazio ristretto permetteva. " E da dove si entra? Abbiamo girato in tondo ma non ho visto porte d'ingresso"Chiese Glenda. " L'ingresso c’è. Ma è là sopra" Luca indicò una scala che saliva per il fianco della parete. La parete stessa era storta si ricurvava verso l’interno e non permetteva di vedere dove arrivasse la scala " Andiamo!" Gridò il capitano. " L'acqua sta arrivando anche qui." L’uomo indicò ai piedi del muro un rivolo d'acqua cominciava a fare capolino tra i loro piedi. Una volta che la stanza delle statue si era riempita d’acqua, il meccanismo doveva essersi bloccato dopo tanti secoli e ora l’acqua stava entrando dalla botola e raggiungendo la stanza dove si trovavano loro. O forse il piano iniziale dei cavalieri del re era sempre stato quello, e nessuno ancora tra i presenti sapeva il perché. Von Beckett fu il primo a reagire " Non mi fermo ora io salgo. Stefania mi segua poi lei Luca , e voi chiudete la fila." L’anziano uomo cominciò a salire la scala, il vecchio sentendo l'odore del suo tesoro vicino, era come drogato e l'euforia lo faceva quasi camminare alla velocità dei più giovani. Arrivati alla sommità della scala, videro un foro al centro. L'acqua intanto, aveva smesso di scorrere, e aveva coperto metà struttura della cupola. Tutti speravano che ci fosse un'altra via d'uscita. Da lì la strada era per sempre bloccata. A uno a uno si calarono attraverso il foro all’interno della cupola che faceva da tetto alla stanza. Quando tutti furono scesi rimasero in silenzio a guardarsi intorno. Anche lì come nelle altre camere dello scirocco dove avevano trovano i cofanetti, Vi era un rialzamento di terra, come un isola, circondato dall’acqua che li divideva dal tesoro. Loro si trovavano su uno strato di sabbia, una specie di spiaggia, in quel fiume sotterraneo. Erano circondati da tesori di tutte le culture e stili, che erano ammassati in quella stanza. Greci, Egiziani, Romani, babilonesi e cristiani. Un tesoro di immenso valore storico culturale che avrebbe fatto impallidire tutti i tesori di tutti i musei del mondo. " Ecco come dovrebbe essere la tomba di un re, quale sono io." Von Beckett aveva gli occhi illuminati dalla follia, " l’ho cercato tutta la vita e ora l’ho trovato, appena saremo fuori di qua metterò le mie squadre di ingegneri a lavoro per portare qua il materiale e farò costruire la mia tomba. Riposerò per sempre immerso nel più grande tesoro della storia." Stefania che fino a quel momento era estasiata, come tutti gli altri, dalla visione di quel tesoro di una bellezza e ricchezza inimmaginabile che il cervello quasi faticava a

registrare, sentendo le parole del vecchio uomo non trattene più le lacrime e si scagliò contro Von Beckett " E lei ha ucciso per ottenere questo, lei è un mostro" " No mia cara siete voi i mostri. Questo tesoro mi appartiene di diritto. La mia famiglia, una delle più nobili di tutta la Germania dai tempi di quando il moccioso divenne imperatore è stata privata del suo tesoro. Questo tesoro è mio. Mi appartiene! E ora lo sarà per sempre." Von Beckett torreggiava su Stefania. Le sue spalle un tempo curve sotto il peso dell'età ora sormontavano Stefania. La follia aveva invaso definitivamente la mente di quell'uomo malato. " Hector!" Sentendosi chiamato in quel modo, il ragazzo capì, dal tono di voce l’ordine e il comando che il suo capo gli stava impartendo. I due ragazzi dovevano morire. Prontamente estrasse la pistola, Luca intuendo quello che stava per accadere, con uno scatto fulmineo prese Stefania e si gettò di lei finendo in acqua. Rialzandosi in piedi vide l’acqua arrivargli ai polpacci, tutto bagnato si girò verso Stefania, sapeva che era l’ultima volta che guardava i suoi occhi, poi sentì lo sparo. All’inizio non sentì nulla. Nessun bruciore né dolore. Pensò che quel bastardo avesse sparato prima a Stefania, ma anche la ragazza accanto a lui lo stava guardando. Luca si girò verso il gruppo formato da Von Beckett e i suoi amici. All'inizio non capi la scena che aveva di fronte, ma Von Beckett era riverso per terra in una pozza di sangue. Hector l’aveva ucciso, nessuno parlava. " Era da tanto che volevo farlo, il vecchio cominciava a darmi sui nervi con i suoi ordini e la tiritera della sua famiglia" Glenda convinta che quello fosse il segnale per dare il via al piano studiato da lei e Hector alle spalle del vecchio per impossessarsi del tesoro si diresse verso il suo amato. Lui però l'allontanò con forza. " Che significa tutto questo mio amato. Non abbiamo più motivo di nascondersi. Quel vecchio pazzo se ne andato finalmente" " Significa mia cara che io e il tuo amico abbiamo fatto un accordo" Il capitano si era inserito tra lo sguardo di Hector e della ragazza, " un accordo che darà a lui la possibilità di portare fuori dal paese la metà di quello che vedete qui dentro. E a me, l’onore di avere scoperto il tesoro del grande Federico II, lo stupor mundi. Suo e di tutti i suoi predecessori. " Allora era vero quello che ci aveva detto nel suo ufficio. Lei è disposto a tutto pur di riportare in vita il tesoro" " Si mio caro Luca e nessuno mi fermerà. Come ben tu sai ero amico di entrambi i prof, ma la mia posizione mi permetteva anche di conoscere i più grandi trafficanti di manufatti preziosi del mercato nero. È stato un gioco da ragazzi trovare Von Beckett e conoscere la sua sete di potere, lui aveva le conoscenze e i mezzi per poter trovare il tesoro, poteva usare metodi che a me dalla mia posizione erano preclusi, poi un giorno ho conosciuto lui, Hector capii subito che il ragazzo non ne poteva più di stare appresso ai sogni di un vecchio pazzo e per noi trovare un accordo non e stato per nulla difficile" " Brutto bastardo ma allora tutto quello che mi hai detto, tutto quello che ci siamo

ripetuti più volte, erano tutte menzogne." Glenda era furiosa, di solito era lei che usava gli uomini non il contrario " Mia cara quando ho capito che il capitano mi avrebbe permesso di portare con me metà del tesoro non ci ho pensato su molto. Sarò ricco, avrò tutto quello che finora mi e stato negato, avrò una vita tutta mia" " E io?" Glenda aveva le lacrime agli occhi " Tu non sei prevista nel mio sogno" Hector esplose un secondo colpo. La ragazza abbassò lo sguardo verso la macchia rossa che si allargava nel suo petto, piano piano le forze l’abbandonarono, prima cadde in ginocchio, e alla fine si abbandonò a quel torpore che le stava invadendo il petto " Quindi avete usato tutti noi, tutte le morti che finora ci sono state pesano sulle vostre coscienze." La storia di Glenda aveva scosso Stefania, a cui la giovane donna tedesca aveva fatto pena. Anche lei era stata usata, nei suoi sentimenti, e ora quella povera ragazza giaceva per terra in una grotta nascosta dove nessuno l’avrebbe ricordata. I due uomini si guardarono indecisi sul da farsi. Il capitano avrebbe voluto convincerli a collaborare, dopotutto Luca era un suo uomo, era difficile dirlo ma in fondo gli voleva bene, mentre Hector optava per una soluzione più definitiva. Ecco il momento che aspettavo, pensò Luca. Il ragazzo vide l’indecisione dipinta sui volti dei due uomini, capì che non avrebbe avuto altri momenti a disposizione e decise di agire. Si scagliò contro Hector sperava che il capitano fosse disarmato o comunque, che non avrebbe sparato per paura di colpire il suo socio. Hector fu preso alla sprovvista dall’aggressione del ragazzo i due caddero in acqua e la pistola scivolo dalle mani del giovane killer. Luca cercava di bloccare il ragazzo, Hector anche lui atletico, rispondeva alle prese del giovane carabiniere, lo scontro era alla pari, la pistola volata lontana dai due contendenti era finita in acqua. Il capitano scattò verso l’arma che però era piu vicina a Stefania che con un movimento rapido la raccolse e la puntò verso il capitano che vedendosi puntata l’arma si bloccò. " No faccia la stupida e mi dia quell’arma, le assicuro che non vi faremo del male" " Come non lo avete fatto al prof e a Cristina!" La ragazza piangeva ma teneva l’arma ferma puntata davanti a lei Il capitano scattò verso la ragazza che chiudendo gli occhi sparò. Tutti si fermarono per capire dove il colpo aveva trovato il suo bersaglio. Una crepa si aprì nella parete alle spalle del capitano. " Mi dia quell’arma prima che qualcuno si faccia male" l'uomo arrivato vicino alla ragazza le strappò la pistola dalle mani. " Luca adesso basta! Hector fermati" I due ragazzi si lasciarono entrambi bagnati fradici, ma sapevano che lo scontro era solo rimandato. " Hector legali e vediamo di muoverci non possiamo stare qua all’infinito, abbiamo da sbrigare diverse cose, penserò io ai due ragazzi dopo stai tranquillo." Il giovane tedesco prese una corda che aveva portato con sé e legò i due ragazzi, poi si girò verso il suo socio. " Ok vediamo di organizzarci, 50 e 50 come eravamo d’accordo, giusto?" "

Come sempre, e ricorda non fare scherzi o il mio uomo non ti farà uscire mai dal paese con tutti questi tesori" " Tranquillo capitano mantengo sempre la parola data, lei si ricordi cosa le accadrà, se fa qualche scherzo, alla sua famiglia" I due uomini si diressero verso i tesori " Sa capitano mi aspettavo che qui ci fosse molto più di quello che abbiamo davanti, anche se già anche questi tesori vanno bene" " Si l'ho notato anche io. Facciamoci un giro vediamo se c’e qualche altra stanza nascosta. Tu vai di la io di qua e vediamo che troviamo" Mentre i due soci perlustravano la stanza alla ricerca di altri tesori Luca e Stefania, legati, osservavano la scena. " Luca che facciamo non possiamo fargli fare quello che vogliono, dobbiamo fare qualcosa lo dobbiamo ai nostri amici, Luca mi ascolti?" Stefania notò che il ragazzo era assorto nei suoi pensieri, e gli diede una spallata per riportarlo alla realtà " Ehi mi ascolti?" " Stefi ascolta, quando te lo dirò scappa verso la scala da dove siamo scesi" " Ma come facciamo a slegarci?" " A quello ci ho già pensato io" Stefania vide che il ragazzo stava armeggiando con qualcosa di appuntito sulla corda che li teneva legati spalla a spalla. "Che hai in mente?" " Ricordi il tuo sparo? Beh non ha colpito il bersaglio ma ha fatto più danni di quelli che tu puoi immaginare" Luca aveva notato, che il foro prodotto dal colpo sparato da Stefania poco prima aveva crepato la parete della grotta e l’acqua che avvolgeva la caverna si stava riversando dentro per ora un piccolo rivolo d’acqua, ma il ragazzo vedeva che la crepa si stava allargando. Ben presto un fiume d'acqua si sarebbe riversato dentro quella stanza. Stefania guardò per quello che gli permetteva la sua posizione, l’acqua che scendeva dalla crepa " Si ma l’acqua fuori non riempirà mai la grotta" " Non credo sai, da quello che ho capito deve esserci un collegamento con qualche falda acquifera qua sotto, l’acqua ha smesso di riempire la grotta esterna solo perché ha raggiunto lo steso livello di quello esterno ma quando la crepa si aprirà l’acqua si riverserà dentro e trovando più spazio da riempire il fiume sotterraneo si riverserà tutto qua dentro come in una moderna cisterna che richiama l’acqua da un pozzo esterno, se ho calcolato bene il volume qua dentro prima di fermarsi il livello dell’acqua arriverà a più di metà altezza della grotta" " Ingegnosi questi cavalieri" " Avranno imparato dagli ingegneri arabi del tempo, d’altronde gli arabi sono famosi per la costruzione di meraviglie con l’acqua." " Ho trovato qualcosa qua" I due ragazzi furono interrotti dalla voce di Hector che dall’altra parte della stanza stava chino su qualcosa. Videro il capitano correre dal giovane tedesco " Un'altra scala che scende" " Ok andiamo. Vai a prendere i due ragazzi non mi fido a lasciarli qua da soli" Hector si avvicinò e fece alzare i due ragazzi " Legali Con queste, così potranno muoversi meglio e non esserci d'impaccio, ma comunque non potranno scappare" L’uomo porse un paio di manette al tedesco che legò i polsi dei due ragazzi e li liberò della corda " Hector prima scendi tu, io

li tengo sotto tiro da qua. Se fanno scherzi lo sanno, sparo. ti seguirò comunque subito dopo" Il giovane scese la scaletta che aveva scoperto, arrivato sul fondo diede l’ok per fare scendere gli altri, prima entrò Stefania, poi Luca subito dopo. Prima di scendere il ragazzo diede un ultimo sguardo alla crepa sul muro vedeva che ora l’acqua scendeva piu copiosa, sapeva che una volta fatta breccia l’acqua avrebbe frantumato la parete e la prima cosa che si sarebbe riempita per via della gravità sarebbe stata proprio e quindi l'ambiente sottostante la botola, dove ora stavano scendendo. Arrivato giù si mosse lungo il corridoio con Stefania al seguito, si muovevano piano, il fascio della torcia di Hector riusciva a malapena a penetrare l’oscurita che li avvolgeva. " Oh mio Dio!" Stefania dovette quasi spingere Hector che era immobile di fronte a lei, quando anche Luca e il capitano furono entrati, tutti condivisero lo stupore del ragazzo tedesco. Una cappella in stile arabo normanno con le pareti ricoperte d’oro e mosaici si apriva di fronte a loro. " Questa è la più grande scoperta che si possa annoverare in tutti i libri di storia il mio nome verrà per sempre ricordato" Il capitano era entusiasta " L’ho trovata finalmente l’ho trovata!" I ragazzi erano anche loro stupefatti, quello che avevano davanti era qualcosa che andava oltre la loro immaginazione, sull’altare notarono che vi erano tre forzieri chiusi, il capitano li aprì uno a uno. Dentro ognuno di loro vi erano rotoli di pergamene arrotolati e sigillati con la ceralacca " I documenti dello stupor mundi, e i documenti di vassallaggio che legavano Federico II e i suoi vassalli, le fondamenta del suo regno, sono qui di fronte a me, quello che la chiesa medievale e i nemici del giovane imperatore hanno sempre cercato io ho trovato." " Capitano le ricordo il nostro accordo" Il capitano fu quasi dispiaciuto di quell’interruzione, avrebbe voluto uccidere quel giovane moccioso tedesco con cui doveva dividere la torta ma sapeva che non poteva, i suoi soci in Germania se non avessero avuto sue notizie avrebbero mandato i loro sicari a uccidere lui e la su afamiglia e sapeva che erano uomini potenti che non avrebbero avuto problemi a ucciderlo. Il piano era andato alla perfezione. I nemici di Von Beckett avevano tramato alle spalle del vecchio uomo, Hector in quegli anni avevca ucciso uomini che Von Beckett credeva suoi nemici ma che in realtà erano nemici dei suoi veri padroni, si era conquistato la fiducia del vecchio e ora il piano era andato in porto. " Ok sbrighiamoci non possiamo stare qua in eterno andiamo" " E di loro che ne facciamo ormai sono inutili, non che prima ci sono stati di grande aiuto, abbiamo trovato noi la botola segreta di questa cappella ormai sono un peso" Il capitano stava pensando che effettivamente Hector aveva ragione, anche se gli dispiaceva uccidere i due ragazzi doveva farlo, alzò l’arma… poi un boato! " Che succede?" Luca capì al volo quello che era successo, la parete di sopra aveva ceduto e l’acqua si stava riversando dentro la grotta. Con una mossa fulminea diede uno spintone al

capitano che preso alla sprovvista dal colpo del ragazzo e dal terremoto che veniva da sopra la grotta cadde su Hector poi si giro e corse con Stefania verso la botola, il livello dell’acqua dentro la cappella per via della gravità saliva vertiginosamente. Luca vide che dalla botola sul tetto scendeva come un muro d’acqua, anche se rischiavano di annegare dovevano salire era l’unica via d’uscita " Vai!" Tirò Stefania verso la scala " Prendi un bel respiro e sali" La ragazza cercava di salire la scala ma la forza dell’acqua che scendeva era enorme. Luca si girò e vide che il capitano e Hector stavano per arrivare a conferma di ciò due colpi di pistola gli arono sopra la testa. Stefania nonostante l'acqua era arrivata quasi alla fine della scala fuori dalla botola, senza pensarci due volte anche lui mise piede sulla scala e iniziò a salire. La forza dell’acqua che entrava era tremenda e lo spingeva verso il basso sentiva i colpi dei proiettili, quella stessa colonna d’acqua che li stava proteggendo dal capitano e dalla sua pistola rischiava di annegarli. Sentiva il dovere di respirare, ma sapeva che non poteva, aveva i polmoni che gli bruciavano poi alla fine la luce. I due ragazzi stremati si spostarono lontano dalla botola " Pensavo di non farcela" " Dai Stefi non è ancora finita!" Luca sapeva che il capitano ed Hector a breve sarebbero usciti pure loro dalla botola. " Corri!" I due ragazzi si diressero verso la scaletta che scendeva dalla sommità della cupola. Mentre stava per iniziare a salire, Luca vide con la coda dell’occhio il capitano quasi uscire dalla botola sapeva che non ce l’avrebbero fatta. Si alzò e urlò in direzione di Stefania più in alto di lei. " Tu vai comincia a salire io ti copro le spalle" " No Luca l’acqua sta salendo non ce la puoi fare " Tranquilla continua a salire" Stefania vide che l’acqua ormai saliva a vista d’occhio. Con un gran balzo Luca tornò alla botola e cercò di ostacolare il capitano. Lo teneva con la testa sott’acqua, aiutato anche dalla pressione dell'acqua che voleva riempire l'ambiente sottostante. Sapeva che sotto anche Hector spingeva per uscire e sapeva che non li avrebbe potuti tenere sotto ancora per molto. A un certo punto sentì il capitano allentare la presa, d’istinto pure lui allentò la pressione, ma purtroppo era solo una trappola in cui lui era caduto. Sentendo la presa di Luca allentarsi il capitano con le ultime forze che aveva in corpo puntò i piedi sulla scaletta e si diede uno slancio saltando fuori. L'aria che entrva nei polmoni all'iniziò gli brucio la gola poi piano piano l'uomo riprese i sensi. Entrambi guardarono la botola aspettandosi di vedere uscire anche Hector. Ma dopo un po’ spunto una mano che subito si immerse, il giovane killer era annegato nei suoi stessi tesori " Capitano è finita ormai e rimasto solo" " Meglio ora non dovrò dividere questo tesoro con nessun altro sarà tutto mio" " Capitano basta c’è gente che è morta, andiamocene, vedremo come sistemare la situazione ma dobbiamo andare" Luca aveva ormai l’acqua che gli arrivava all’inguine diede uno sguardo oltre le spalle del capitano che lo

fronteggiava e vide Stefania sparire nel buco sul tetto, anche il suo avversario si girò " Non preoccuparti per lei, prima sistemo te e poi corro da lei" Avvantaggiato dal fatto che il capitano si era girato per vedere la botola Luca corse e scatto verso la scaletta, il capitano partì in ritardo e con l’acqua che saliva di livello era ostacolato nella corsa, Luca si tuffò sotto acqua e riemerse attaccato alla scaletta. Cominciò a salire ma la distanza tra i due uomini non era molta e il capitano riuscì ad afferrargli la caviglia. " Vedi Luca, moriremo insieme sepolti dall’acqua e da questi splendidi tesori" Il ragazzo era esausto non riusciva a divincolarsi dalla presa del capitano, in quel momento ripensò al professore morto ma soprattutto a Cristina e la forza dell'odio lo caricò per un ultimo colpo. Trattenne tutto l'odio che aveva in corpo rivedendo lo sguardo di Cristina morente quindi scagliò un calcio con il piede libero sulla faccia del capitano. l'uomo ricevette il colpo in piena faccia che lo stordì mollò la presa e cadde in acqua. poco dopo uscì e stava per risalire quando Luca notò un espressione strana sul volto dell’uomo che li braccava. All'inizio non capì cosa stesse succedendo poi l'acqua attorno al capitano si tinse di rosso, l’uomo mollò la presa dalla scaletta e si piegò. Sotto di lui l'acqua si andava tingendo sempre più di rosso, poi un urlo di dolore squarciò la grotta. Da sotto il pelo dell’acqua emerse Glenda un pugnale nelle mani anche lei sporca di sangue. Con le ultime forze che possedeva si era trascinata e nascosta in mezzo a tutte le antichità. Lì vi aveva trovato un pugnale, e aveva atteso la sua vendetta. Il capitano afferrò l’arma Glenda neanche oppose resistenza e quando l’uomo cominciò a colpirla il suo corpo si inabissò per sempre, Luca nel frattempo era salito e si era portato ad una distanza di sicurezza dal capitano che ormai non ragionava più, tentò di salire i primi gradini ma subito ricadde in acqua. Il ragazzo dall'alto vide che aveva i tendini del piede recisi, con quella ferita non poteva certo sperare di salire la scaletta " Luca non te ne andare non abbandonarmi, non puoi lasciarmi qua" Il ragazzo si girò verso l’uomo che lo stava implorando e che grazie al livello dell’acqua che saliva ora era più vicino a lui " Perché l’ha fatto capitano, pensi a tutti i morti pensi a Cristina mi spiace" Il ragazzo si girò e continuò a salire. Sentiva alle sue spalle il capitano che, imprecava ora e lo implorava subito dopo, di non abbandonarlo poi mise piede sulla parete esterna della grotta e si calò oltre il buco. Il capitano si girò e cercò di afferrare la scaletta ma il piede non lo aiutava l’acqua ormai aveva smesso di entrare e il livello si era fermato a metà della grotta rimasto solo fu attraversato da un brivido di freddo, il sangue che perdeva cominciava ad affievolire le sue forze, piano piano stava scivolando nell’oblio non riusciva più a tenersi a galla, poi annegò e scivolò piano piano nelle profondità della grotta ormai completamente sommerse a più di 20 metri dalla superficie di quel lago sotterraneo. Luca trovò Stefania

rannicchiata in un angolo bagnata fradicia le si avvicino e l’abbraccio " Andiamocene" disse lui dopo un po' " Il capitano?" Luca si girò un ultima " È morto sono morti tutti" La falda che ava vicino la caverna per riempire la cupola vicina si era quasi svuotata e l'acqua in quel momento arrivava alle ginocchia dei due ragazzi che riuscirono a uscire fuori dalla botola nella Cubula. La sera era ormai diventata notte fonda e il caldo della città li abbracciò. Dei due guardaspalle rimasti a protezione lì fuori neanche l'ombra, che strano pensò Luca. " Tutti quei tesori andati perduti per sempre che peccato" La ragazza gli si strinse al petto " Forse è meglio così, la città non è certo pronta ad ospitare un tale tesoro" Entrambi i ragazzi si girarono verso la voce che proveniva dalle loro spalle " E lei chi è?" Chiesero entrambi spaventati " Diciamo che sono un amico dei due professori." " E perché è qui?" " Mi era stato ordinato dal professore Giuffré di vegliare sullo stupor mundi. Da quando avevano ricevuto la lettera di Von Beckett i due prof erano sospettosi del capitano e di tutta questa storia, così quando Giuffré si allontanò da Palermo mi ordinò di vegliare su Stefania. In realtà non ci sono proprio riuscito, sono abituato più ai libri che ai proiettili. Ma ho fatto in modo che qualcun altro si prendesse cura di lei" " Quindi è stato lei a scrivermi il biglietto con il nome di Stefania" Luca guardò di nuovo ma di quel ragazzo non vi era più traccia. Rimasero ancora fermi a guardare il cielo stellato sopra di loro, nell'antico chioschetto della Cubula. Una cicala in lontananza cominciò a cantare, poi si baciarono.