SCUOLA SECONDARIA DI PRIMO GRADO “ ISTITUTO COMPRENSIVO FALCOMATA’-ARCHI” PLESSO IBICO-PIRANDELLO
ESAME DI STATO ELABORATO MULTIDISCIPLINARE
CRIMINI ED INVESTIGAZIONI
CLASSE TERZA
sez. A
COORDINATORE prof.ssa Maria Teresa GRECO
anno scolastico 2013/2014
CANDIDATO Dario ARTUSO
CRIMINI ED INVESTIGAZIONI ……..”Dopo aver eliminato l’impossibile, ciò che resta, per improbabile che sia, deve essere la verità……” Sherlock Holmes
Criminologia La criminologia è l'insieme ordinato delle conoscenze empiriche sul crimine, sul reo, sulla condotta socialmente deviante e sul controllo di tale condotta .Spesso si confonde, da parte dei mass media, la criminologia con la "criminalistica", o con l'investigazione criminale, anche se si tratta di settori molto distinti: mentre la criminologia è una scienza che studia i reati, gli autori di reato e La scena del crimine è lo spazio fisico territoriale, concettuale e virtuale nel quale si è svolto il crimine. L’insieme delle zone, dei luoghi e dei percorsi nei quali si è compiuto l’evento criminoso con collegamento diretto alla vittima, al bene aggredito, alla combinazione criminale che ha ideato, pianificato ed agito il progetto criminoso. La scena del crimine contiene, nasconde, porta e propone tracce e informazioni che devono essere percepite, recepite, lette, decriptate, interpretate, elaborate e organizzate. Sono tracce e informazioni fisiche, chimiche, biologiche, logiche, concettuali, comportamentali ed euristiche. Lo spazio Il crimine, per essere considerato tale, ha bisogno della vittima, dell'aggressore e del luogo dell'aggressione. Sulla scena del crimine gli elementi convergono, si mischiano, si sovrappongono, si dividono, si dipanano e poi si fondano. In questo modo la scena diventa il teatro di sfide più importanti, il campo di battaglia più insidioso, lo scontro più pericoloso per i ricercatori delle tracce del delitto. Il concetto “scena del crimine”, “scena del delitto” o “luogo del delitto”, di solito indica il luogo fisico spaziale che contiene la situazione e l’effetto che hanno generato la notitia criminis o il luogo dove si è verificato il criminefisico territoriale contiene e coinvolge spazi, luoghi geografici e topografici ben precisi, i luoghi del crimine, le aree del crimine, i percorsi del crimine, i tragitti. La notitia criminis scatta quando qualcuno ritiene che vi sia motivo d'allarme e allerta le Forze dell'Ordine. L'approccio alla scena del crimine è diverso per metodo, qualità, scopi e utilizzo dello stesso, a seconda che gli operatori siano investigatori, criminalisti, esperti di polizia scientifica, esperti e tecnici di ricerca tracce e reperti, specialisti di profiling logicoesecutivo o di profiling psicologico. Sulla scena e sui luoghi si cercano tracce di qualsiasi natura, effetti dell'azione criminale, indicatori del crimine, cioè informazioni ed elementi di qualsiasi tipologia da elaborare con metodo, per arrivare a individuare e definire elementi utili alla cattura dell'ignoto autore. 1
Quello che avesse in mente il legislatore all’epoca della elaborazione delle norme deputate a regolamentare questa materia nel codice di procedura penale vigente, non è dato sapere, e in realtà forse poco importa alla luce della più evoluta situazione attuale. le possibili misure per prevenire, trattare e controllare il delitto, l'investigazione concerne attività volte a scoprire "chi" abbia commesso il delitto in modo specifico, messe in atto dalle forze di polizia giudiziaria e dalla difesa dell'indagato/imputato di reati, e la criminalistica fornisce alla stessa le metodologie applicative per le indagini, mutuate dalle scienze di riferimento (scienze forensi). Le operazioni che gli investigatori compiono nel luogo in cui è avvenuto un omicidio, la cosiddetta "scena del crimine", sono il frutto di una lunga esperienza criminologica.
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ITALIANO ……Imparerai a tue spese che lungo il tuo cammino incontrerai ogni giorno milioni di maschere e pochissimi volti….. Luigi Pirandello Perché civile, esser civile, vuol dire proprio questo: dentro, neri come corvi; fuori, bianchi come colombi; in corpo fiele; in bocca miele. (da L'uomo, la bestia e la virtù) Luigi Pirandello
LUIGI PIRANDELLO L’attenzione, con cui il maturo Decadentismo europeo guarda alla crisi dell’uomo moderno, smarrito fra i meccanismi alienanti della società e gli oscuri grovigli dell’esistenza individuale, diventa amara coscienza e giunge al grado più alto di lucidità analitica nell’opera di LUIGI PIRANDELLO. Drammaturgo e narratore italiano, Pirandello, nasce in una località detta “Il Caos” presso Agrigento il 28 Giugno del 1867. Egli apparteneva ad una famiglia agiata nella quale era viva la tradizione patriottica e garibaldina e che si era costruita una fortuna con l’estrazione e il commercio di zolfo. Compì i suoi studi nelle università di Palermo, di Roma, e di Bonn dove si laureò in glottologie. Ritornato a Roma partecipò alla vita giornalistica e letteraria della capitale. Nel 1894 sposò la figlia di un socio del padre, Antonietta Portulano, il matrimonio allietato dalla nascita di tre figli fu poi sconvolto dal dissesto finanziario della ditta del padre e più gravemente dalla malattia mentale della moglie. Per provvedere ai bisogni della famiglia lo scrittore fu costretto a dedicarsi all’insegnamento privato e alla pubblicazione di alcuni articoli. Queste difficoltà non riuscirono però a soffocare la sua attività irrequieta e complessa di scrittore e di studioso delle discipline più diverse. Scoprì infine nel teatro la sua vera vocazione. Infatti dal 1921, con le commedie Liolà, Pensaci Giacomino!, Così è (se vi pare), Sei personaggi in cerca d’autore, L’uomo dal fiore in bocca, Enrico IV ecc., riesce a conquistare grande successo anche all’estero (Praga, Vienna, Budapest, Usa, Sudamerica…), oscurando la fama del D’Annunzio. Nel ’24 si iscrive al partito fascista, pochi mesi dopo l’assassinio di Matteotti, ottenendo così appoggi da parte del regime. Tuttavia, Pirandello, che si era iscritto solo per aiutare il fascismo a rinnovare la cultura, restandone presto deluso, non si interessò mai di politica. Nel ’25 assunse la direzione del teatro d’arte a Roma, che resterà in vita sino al ’28. L’anno successivo il governo Mussolini lo include nel primo gruppo dell’Accademia d’Italia appena fondata (insieme a Marinetti, Panzini, Di Giacomo…): questo era allora il massimo riconoscimento ufficiale per un artista 3
italiano, ma Pirandello non se ne dimostrò affatto entusiasta. Nel ’34 gli venne conferito il premio Nobel per la letteratura. Mussolini, attraverso il Ministero degli Esteri, cercò subito di sfruttarne la fama internazionale sperando di usarlo come portavoce estero delle ragioni del fascismo impegnato nella conquista dell’Etiopia. Nel luglio del ’35 infatti il drammaturgo doveva partire per Broadway, per rappresentare alcuni suoi capolavori e sicuramente sarebbe stato intervistato dai giornalisti. Ma Pirandello non si prestò a tale servilismo. Durante le riprese cinematografiche de Il fu Mattia Pascal, effettuate a Roma, si ammala di polmonite e muore nel ’36, lasciando incompiuto I giganti della montagna. A dispetto del regime fascista, che avrebbe voluto esequie di Stato, vennero rispettare le clausole del suo testamento: “Carro d’infima classe, quello dei poveri. Nudo. E nessuno m’accompagni, né parenti né amici. Il carro, il cavallo, il cocchiere e basta“. E così fu fatto. I testi narrativi di Pirandello insistono continuamente su alcuni nodi concettuali. Alla base della visione pirandelliana vi è una concezione vitalistica: la realtà tutta è”vita, incessante trasformazione uno stato all'altro flusso continuo, incandescente, indistinto”, come lo scorrere di un magma vulcanico. Tutto ciò che si stacca da questo flusso, e assume “forma” distinta e invidiabile si rapprende, si irrigidisce, comincia, secondo Pirandello a morire. Così avviene dell’identità personale dell’uomo. Noi non siamo che parte indistinta universalizzandole ed eterno fluire della vita ma tentiamo a cristallizzarci in forme individuali, a fissarci in una realtà che noi stessi ci diamo, in una personalità che vogliamo coerente e unitaria. In realtà questa personalità è un illusione, e scaturisce solo dal sentimento soggettivo che noi abbiamo del mondo. Noi stessi ci fissiamo in una “forma”. Anche le persone con cui viviamo in società vedendoci ciascuno secondo la sua prospettiva particolare ci danno delle determinate forme. Un individuo può crearsi di se stesso l’immagine gratificante dell’onesto lavoratore, del buon padre di famiglia, mentre gli altri magari lo fissano senza rimedio nel ruolo dell’ambizioso senza scrupoli o dell’adultero. Ciascuno di queste forme è una maschera non c’è un volto definito, immutabile: non c’è nessuno o meglio vi è un fluire indistinto e incoerente di stati in perenne trasformazione per cui un istante più tardi non siamo più quelli che eravamo prima. La crisi dell’idea di identità e di persona risente dei grandi processi in atto nella realtà contemporanea, dove si muovono forze che tendono proprio alla frantumazione e alla negazione dell’individuo. L’instaurarsi del capitale monopolistico, che annulla l’iniziativa individuale e nega la persona in grandi apparati produttivi anonimi; l’espandersi della grande industria e dell’uso delle macchine che meccanizzano l’esistenza dell’uomo e riducono il singolo e insignificante rotella di un gigantesco meccanismo, priva di relazioni e priva di coscienza. L’avvertire di non essere “nessuno”, l’impossibilità di consistere in un identità, provoca angoscia ed orrore, genera un senso di solitudine tremenda. L’individuo soffre anche ad essere fissato dagli altri in forme in cui non può riconoscersi Queste forme sono sentite come una “trappola”, come un carcere in cui l’individuo si dibatte, lottando invano per liberarsi. La società gli appare come una costruzione artificiosa e fittizia, che isola l’uomo della vita, lo impoverisce e lo irrigidisce, lo conduce alla 4
morte anche se egli apparentemente continua a vivere. Alla base di tutta l’opera pirandelliana si può scorgere un rifiuto delle forme della vita sociale, dei suoi istituti, dei ruoli che essa impone, è un bisogno disperato di autenticità, di immediatezza, di spontaneità vitale. La critica di Pirandello si appunta sulla condizione piccolo borghese e sulla sua angustia soffocante, mentre il teatro predilige ambienti alto borghesi. L’istituto in cui si manifesta per eccellenza la trappola della forma che imprigiona l’uomo separandolo dall'immediatezza della vita, è la famiglia. Pirandello è acutissimo nel cogliere il carattere opprimenti dell’ambiente familiare, il suo rigore avvilente, le tensioni segrete, gli odi, i rancori, le ipocrisie, le menzogne che si mescolano alla vita degli affetti viscerali ed oscuri. L’altra trappola è quella economica, la condizione sociale ed il lavoro, almeno al livello piccolo borghese: i suoi eroi sono prigionieri di una condizione misera e stentata, di lavori monotoni e frustranti, di un organizzazione gerarchica oppressiva.
UNO, NESSUNO, CENTOMILA Il romanzo avviato nel 1909 fu portato a termine molto più tardi, pubblicato nel 192526 sulla rivista La fiera letteraria, e infine in volume nel 1926. Il romanzo si ricollega al Fu Mattia Pascal, riprendendo il tema della centralità della visione pirandelliana, la crisi dell’identità individuale. Vicenda: Il protagonista Vitangelo Moscarda scopre casualmente che gli altri hanno di lui un’immagine diversa da quella che egli si è creato di se stesso, scopre cioè di non essere uno, come aveva creduto fino a quel momento, ma di essere centomila, nel riflesso delle prospettive degli altri, e quindi nessuno. Questa presa di coscienza fa saltare tutto il suo sistema di certezze e determina una crisi sconvolgente. Vitangelo ha orrore delle forme in cui lo chiudono gli altri e non vi si riconosce, ma ha anche orrore della solitudine che lo spinge ad essere nessuno. Decide perciò di distruggere tutte le immagini che gli altri si fanno di lui, in particolare quella dell’usuraio (il padre infatti gli aveva lasciato in eredità una banca), per cercare di essere “uno per tutti”. Ricorre così ad una serie di gesti folli e sconcertanti, come vendere la banca che gli assicura l’agiatezza. Ferito gravemente da un’amica della moglie, colta da un raptus inspiegabile di follia, al fine di evitare lo scandalo cede tutti i suoi averi per fondare un ospizio per poveri, ed egli stesso vi si fa ricoverare, estraniandosi totalmente dalla vita sociale. Proprio in questa scelta trova una sorta di guarigione dalle sue ossessioni, rinunciando definitivamente ad ogni identità e abbandonandosi pienamente al puro fluire della vita, rifiutando di fissarsi in alcuna forma, rinascendo nuovo ogni istante, vivendo tutto fuori di sé e identificandosi di volta in volta nelle che che lo circondano, alberi, vento, nuvole. Il romanzo porta alle estreme conseguenze la critica all'identità che era stata proposta più di venti anni prima col Fu Mattia Pascal: 5
l’eroe non si limita più ad una condizione negativa, sospesa (il fu Mattia Pascal), ma trasforma la mancanza di identità in una condizione positiva, gioiosa, in liberazione completa della vita da ogni limitazione mortificante. Uno, nessuno, centomila porta anche all'estremo la disgregazione della forma romanzesca già sperimentata con le prove narrative precedenti. Si tratta di una narrazione retrospettiva da parte del protagonista, ma essa si concreta più nella sua forma organica (per quanto parziale e provvisoria) del memoriale scritto o del diario come nei precedenti romanzi, bensì resta allo stato puramente informale, di un interrotto monologo. La voce narrante si abbandona ad un convulso, torrentizio argomentare, riflettere divulgare, che dissolve la narrazione dai fatti. Per buona metà del libro non vi è racconto, ma solo l’arrovellarsi ossessivo del protagonista, monologamente sui temi dell’identità fittizia, dell’inconsistenza della persona. Il discorso chiama continuamente all'interlocutore immaginario, che ad un certo punto viene introdotto nella vicenda come personaggio in carne ed ossa. Solo nella seconda parte il filo di un intreccio comincia a dipanarsi, ma anche qui l’organicità del racconto, la concatenazione logica e coerente delle cause e degli effetti, salta: i gesti inconsulti del protagonista sono la negazione di ogni logica comune, sono coerenti solo all'interno della sua follia, e così pure il gesto inconsulto di Anna Rosa, l’amica della moglie che spara a Vitangelo, resta del tutto gratuito, immotivato, inspiegabile.
EUGENIO MONTALE É stato un poeta, giornalista e critico musicale italiano, premio Nobel per la letteratura nel 1975. L’emarginazione sociale a cui era condannata la classe di appartenenza, colta e liberale, della famiglia, acuisce comunque nel poeta la percezione del mondo, la capacità di penetrare nelle impressioni che sorgono dalla presenza dei paesaggi naturali: la solitudine da “reclusione” interiore genera il colloquio con le cose, quelle della riviera ligure, o del mare. Una natura “scarna, scabra, allucinante”, e un “mare fermentante” dal richiamo ipnotico, proprio del paesaggio mediterraneo. La poesia è per Montale principalmente strumento e testimonianza dell’indagine sulla condizione esistenziale dell’uomo moderno, in cerca di un assoluto che è però inconoscibile. Tale concezione poetica – approfondita negli anni della maturità, ma mai rinnegata – non attribuisce alla poesia uno specifico ruolo di elevazione spirituale; anzi, Montale al suo lettore dice di “non chiedere la parola”, non “domandare” la “formula” che possa aprire nuovi mondi. Il poeta può solo dire “ciò che non siamo”: è la negatività esistenziale vissuta dall’uomo novecentesco dilaniato dal divenire storico. 6
Montale esalta lo stoicismo etico di chi compie in qualsiasi situazione storica e politica il proprio dovere. Rispetto a questa visione, la poesia si pone per Montale come espressione profonda e personale della propria ricerca di dignità e del tentativo più alto di comunicare fra gli uomini. L’opera di Montale è, infatti, sempre sorretta da un’intima esigenza di moralità, ma priva di qualunque intenzione moralistica: il poeta non si propone come guida spirituale o morale per gli altri; attraverso la poesia egli tenta di esprimere la necessità dell’individuo di vivere nel mondo accogliendo con dignità la propria fragilità, incompiutezza, debolezza.
MERIGGIARE PALLIDO E ASSORTO Meriggiare pallido e assorto presso un rovente muro d'orto, ascoltare tra i pruni e gli sterpi schiocchi di merli, frusci di serpi. Nelle crepe dei suolo o su la veccia spiar le file di rosse formiche ch'ora si rompono ed ora s'intrecciano a sommo di minuscole biche. Osservare tra frondi il palpitare lontano di scaglie di mare mentre si levano tremuli scricchi di cicale dai calvi picchi. E andando nel sole che abbaglia sentire con triste meraviglia com'è tutta la vita e il suo travaglio in questo seguitare una muraglia che ha in cima cocci aguzzi di bottiglia.
Il Poeta, in un assolato meriggio estivo, di fronte ad un paesaggio arido e scabro che percepisce uditivamente e visivamente giunge, meditando sul significato della vita umana, a percepire l’assurdità della vita e alla consapevolezza di una desolata solitudine dove vivere non è altro che un insensato procedere lungo un muro invalicabile perché ha in cima cocci aguzzi di bottiglia. Quest’ultima immagine è simbolo della tragica condizione esistenziale dell’uomo, condannato ad ignorare ciò che sta al di là dell’apparenza delle cose e della sua esistenza.
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STORIA ….””Se fosse possibile dire saltiamo questo tempo e andiamo direttamente a domani, credo che tutti accetteremmo di farlo. Ma non è possibile. Oggi dobbiamo vivere, oggi è la nostra responsabilità. Si tratta di essere coraggiosi e fiduciosi al tempo stesso. Si tratta di vivere il tempo che ci è dato vivere con tutte le sue difficoltà.””” Aldo Moro
Il rapimento e l'omicidio di Aldo Moro restano una delle pagine più misteriose della storia italiana (insieme con le stragi che facevano parte della strategia della tensione). Ancora oggi infatti restano aperti molti interrogativi. In particolare "perché" Moro è stato rapito, perché lo Stato non ha trattato quanto avrebbe potuto, perché le indagini sul suo rapimento sono state sviate proprio quando si stava per liberarlo, perché le BR lo hanno ucciso proprio mentre si cominciava a trattare, dove sono finiti i documenti relativi alla sua prigionia Nasce in quegli anni la teoria del Grande Vecchio, cioè il sospetto che dietro tutti i misteri italiani ci fosse un'unica mente. Ma è solo una teoria. E resta una teoria finché non verrà alla luce un altro organismo misterioso, la Loggia P2, un ramo supersegreto della Massoneria. Dal sessantotto agli “anni di piombo” Dal punto di vista STORICO tante sono le vicende che hanno interessato i crimini e le investigazioni. Basti pensare a tutti i crimini di guerra e a quelli di cronaca, ma uno in particolare ha .:attirato la mia attenzione : IL CASO ALDO MORO “ quindi il periodo dal Sessantotto ai cosiddetti “ ANNI DI PIOMBO”. Alla fine degli anni Sessanta il ’68, il movimento di contestazione giovanile, che si manifestò nelle Università Americane e in Francia si diffuse anche in Italia. Il movimento studentesco cominciò in Italia nelle Università e coinvolse anche gli alunni delle scuole superiori. I giovani contestavano la tradizione in tutte le sue forme: l’autoritarismo dei professori, i programmi di studio poco legati ai problemi di attualità, le bocciature che penalizzavano i ragazzi delle famiglie povere. Venivano messe sotto accusa tutte le istituzioni tradizionali, dalla politica alla famiglia,considerata autoritaria e arretrata. Anche i tradizionali rapporti tra i sessi vennero messe in discussione infatti ,in questo periodo, si svilupparono i primi movimenti femministi che reclamavano l’uguaglianza reale tra uomini e donne. 8
La protesta si estende anche alle fabbriche poiché il “ miracolo” economico aveva creato ricchezza ma anche delle diseguaglianze sociali. Infatti gruppi di giovani operai cominciarono delle lotte per reclamare più diritti, più libertà e salari più alti. Dal movimento degli studenti e degli operai nacquero nuove formazioni di estrema sinistra, i gruppi “ extraparlamentari” chiamati così perché non avevano ancora rappresentanti in Parlamento. Questi affermavano che nel paese c’era la necessità non tanto di attuare riforme, quanto di fare una rivoluzione ispirata ai modelli di comunismo diverso da quello sovietico: la Cina di Mao, Cuba di Fidel Castro e Che Guevara. Dopo varie lotte sindacali e scioperi nell’autunno del 1969 venne firmata una legge, lo Statuto dei lavoratori, che limitava il diritto degli imprenditori di licenziare e garantiva libertà di attività sindacale nei luoghi di lavoro. Fu creata la “SCALA MOBILE” un meccanismo in base al quale gli stipendi aumentavano se l’inflazione aumentava. Contemporaneamente allo sviluppo delle lotte sociali, cominciò in Italia una stagione oscura e per molti aspetti ancora misteriosa in quanto non tutti i colpevoli sono stati assicurati alla giustizia : quella del terrorismo politico, i cosiddetti “ANNI DI PIOMBO”. Il primo gravissimo atto terroristico, il 12 dicembre 1969, fu una bomba che distrusse a Milano la BANCA DELL’AGRICOLTURA, a PIAZZA FONTANA, uccidendo 16 persone e ferendone un centinaio. Le indagini all’inizio si concentrarono sugli anarchici, ma fu presto chiarito, anche grazie a giornalisti che non accettavano le verità ufficiali, che nell’attentato erano coinvolti elementi dei servizi segreti e gruppi di estrema destra, con l’obiettivo di aizzare l’opinione pubblica contro i movimenti di sinistra la cosiddetta “STRATEGIA DELLA TENSIONE”, e spingerla a sostenere governi autoritari. Una delle vicende più dolorose collegate a questa strage furono le morti dell’anarchico GIUSEPPE PINELLI e del commissario di polizia LUIGI CALABRESI. Il 15 dicembre, tre giorni dopo la strage, mentre gli inquirenti seguivano la “falsa pista” degli anarchici, Pinelli, trattenuto in questura per interrogatori, precipitò da una finestra. Immediatamente una parte dell’opinione pubblica e della stampa di sinistra sostenne che era stato assassinato e che il responsabile della sua morte era il commissario Calabresi. Quest’ultimo fu oggetto di una feroce campagna di stampa da parte di alcuni gruppi di estrema sinistra, per i quali era un “nemico del popolo” e,in definitiva, un assassino. Nel maggio del 1972, un commando attese sotto casa Calabresi e lo uccise. Solo 16 anni dopo un uomo si autodenunciò, confessando di avere partecipato all’agguato,e denunciò i suoi complici tutti esponenti del gruppo Lotta Continua. Dopo una lunga serie di processi, sono stati tutti condannati anche se si sono sempre dichiarati innocenti e venne anche riconosciuta la non responsabilità del commissario Calabresi alla vicenda. Il terrorismo di destra ,negli anni successivi colpì molte altre volte attraverso le bombe :sui treni o contro manifestazioni di lavoratori come a Brescia nel 1974. L’attentato più grave colpì la stazione di Bologna il 2 agosto 1980 causando 85 morti e circa 200 feriti. Dai primi anni sessanta si formarono gruppi armati di estrema sinistra. Tra questi le BRIGATE ROSSE che decisero che era arrivato il momento di are alla lotta 9
armata. Questi gruppi raccolsero la simpatia popolare. Furono colpiti dirigenti d’azienda,magistrati, giornalisti, esponenti politici considerati “nemici”. Nel 1973,di fronte ad una crisi sociale,il segretario del PCI, Enrico Berlinguer, propose al suo partito e al paese una nuova strategia : l’ALLEANZA tra grandi forze politiche popolari : cattolici,comunisti,socialisti,laici. Per uscire dalla crisi bisognava accettare, tutti, un grande “COMPROMESSO STORICO” che portasse a una società più democratica, capace di distribuire meglio la ricchezza e di eliminare anche tanti fenomeni di corruzione del mondo politico italiano. All’inizio ci fu l’ostilità da parte della Democrazia Cristiana ma alla fine per il bene del paese questo compromesso venne accettato da tutti i partiti. Questa cosa venne però vista come un tradimento dai movimenti di estrema sinistra.
Il caso ALDO MORO Nel marzo del 1978, le BRIGATE ROSSE rapirono e poi uccisero proprio lo statista democristiano più disponibile a realizzare, sia pure in modo graduale, la collaborazione con i comunisti: il Presidente del partito, ALDO MORO. Il commando terroristico impegnato nell’azione sarebbe stato composto ( ma non tutto in questa vicenda è completamente certo, pure a distanza di tanti anni ) da undici persone. I particolari dell’azione,come è stato possibile ricostruirla attraverso i processi ai responsabili, somigliano ad un film d’azione, solo che le sei vite distrutte erano vere. Alle nove del mattino del 16 marzo 1978 Moro esce dalla sua casa a Roma e sale sull’auto guidata da un appuntato, Domenico Ricci,con a bordo un altro uomo di scorta il maresciallo Oreste Leonardi. L’auto è seguita da un’Alfetta con gli altri uomini di scorta, il brigadiere sco Zizzi e gli agenti Giulio Rivera e Raffaele Iozzino. Quando le due vetture imboccano via Fani, i brigatisti con un agguato sparano e uccidono tutti gli uomini della scorta e rapiscono Aldo Moro che viene trasportato nella sua prigione, un normale appartamento in condominio che i brigatisti chiameranno “ prigione del popolo”. Moro rimane prigioniero 55 giorni. Per la sua liberazione, le Brigate Rosse chiedono in sostanza uno scambio : lo Stato avrebbe dovuto liberare alcuni brigatisti prigionieri in carcere. Il mondo politico si spacca in due : il fronte della fermezza e quello della trattativa. Questo dilemma agiterà l’Italia per quasi due mesi. A nulla valgono le invocazioni di papa Paolo VI, perché abbiano pietà e risparmino la vita dell’ostaggio. Il 9 maggio il presidente Moro viene fatto salire nel bagagliaio di un’auto, coperto da un telo e ucciso a colpi di pistola. L’auto con il corpo viene fatta trovare nel pieno centro di Roma. Questa è la cronaca dei fatti. Sui retroscena del rapimento sono state fatte mille ipotesi: il coinvolgimento dell’ URSS, degli USA, dei servizi segreti e perfino della loggia massonica P2. Probabilmente nessuna di queste ipotesi, su uno dei fatti che più ha segnato la vita pubblica italiana, sarà mai provata. 10
GEOGRAFIA
Ho deciso, per quello che riguarda la Geografia, di trattare il Brasile perché a scuola, grazie ad un progetto realizzato dalla GUARDIA DI FINANZA e dal Ministero dell’Istruzione’dell’Università e della Ricerca abbiamo affrontato il tema della legalità economica a tutela della sicurezza dei cittadini per costruire già dai banchi di scuola, cittadini responsabili e per capire il ruolo ed i compiti della Guardia di Finanza. Una delle operazioni si chiama “BUONGUSTAIO”. La maxi operazione antidroga fra Italia e Brasile, condotta dai finanzieri del Comando provinciale di Catanzaro - Nucleo di polizia tributaria – G.i.c.o. Sezione Goa, dello S.c.i.c.o. di Roma e, parallelamente, da agenti della polizia federale brasiliana, ha portato all’esecuzione di provvedimenti di cattura emessi dal giudice per le indagini preliminari di Reggio Calabria. La droga arrivava dal Sudamerica in Italia attraverso navi container.
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IL BRASILE Il Brasile è il quinto stato del mondo per superficie ed è una repubblica federale democratica dell'America meridionale. Confina a nord con la Colombia, il Venezuela, la Guyana, il Suriname e la Guyana se, a sud con l'Uruguay e ad ovest con l'Argentina, il Paraguay, la Bolivia e il Perù. Ad est si affaccia sull' oceano Atlantico. Una delle caratteristiche principali del Brasile è la sua immensità; la sua capitale è Brasilia, la lingua ufficiale è il portoghese mentre la religione più seguita è quella cattolica. Tra le città più importanti vi sono San Paolo, Rio de Janeiro, Salvador Bahia. La Vegetazione Circa un terzo del territorio è occupato dall’immensa foresta amazzonica considerata il “polmone verde” della terra. Il fiume più importante è il Rio delle Amazzoni che è il secondo fiume della per lunghezza ed il primo per portata d’acqua ed estensione del bacino. La vegetazione brasiliana è estremamente ricca e diversificata. Qui domina la foresta pluviale, in cui la vegetazione è particolar-mente rigogliosa e composta da centinaia di specie di piante. Lungo la costa crescono rigogliose foreste di mangrovie, alberi del cacao, palme nane e numerose altre specie. I frutti maggiormente coltivati sono l'ananas, il mango, la banana, l'uva, l'arancia, il fico e la goiava (guava). Negli altipiani, la lussureggiante vegetazione lungo le valli fluviali si fa più rada nelle zone montuose, dove crescono soprattutto specie decidue (piante che perdono le foglie in inverno). Nelle zone temperate abbondano le conifere, mentre nelle sezioni aride dell'altopiano sono comuni i cactus è una vegetazione di tipo arbustivo. Il Brasile, a causa della sua estensione e della varietà del suo territorio, presenta diversi tipi di clima: tropicale, subtropicale, equatoriale tropicale umido. Quindi questo stato ha inverni secchi ed estati umide. Durante la stagione umida, la temperatura relativa dell'aria raggiunge livelli critici nelle ore più calde del giorno. Durante la stagione secca, la temperatura si abbassa e può raggiungere minimi giornalieri di 13 °C a luglio.
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L'Economia Il Paese può essere considerato un Paese in via di sviluppo o del Terzo mondo a seconda dell'aspetto che ne viene valutato. Riguardo alla via di sviluppo in quanto sta superando la transizione demografica, potenzia le vie di comunicazione e stringe relazioni commerciali con nuove nazioni. Ha infine un moderno e postindustrializzato per i suoi grattacieli. Il Brasile, stato tradizionalmente agricolo, ha assistito, negli anni Sessanta e Settanta, a un rapido sviluppo industriale che ha portato a una considerevole diversificazione del settore economico. Fiorente è l'industria estrattiva, che sfrutta i giacimenti di ferro e di petrolio, e la produzione siderurgica, chimica e di automobili.
L'Agricoltura Il settore agricolo del paese è basato sui prodotti da piantagione: produce circa un quarto della produzione mondiale di caffè. Il Brasile è inoltre uno dei primi produttori mondiali di canna da zucchero. Altre colture di rilievo sono soia, semi di lino, ricino , palme da olio e frutta quali banane, arance, ananas, noci di cocco Maracuja, Papaia.
L'Allevamento L'allevamento viene praticato in quasi tutte le regioni del paese, soprattutto nelle zone interne. Cospicuo è il patrimonio di bovini, più modesto, ma ugualmente diffuso, quello di cavalli, suini e volatili da cortile. I Diritti Umani Il Brasile fa parte di 155 Paesi aderenti ad una convenzione internazionale sul rispetto dei diritti umani in base alla quale è obbligato a documentare la propria attività su questo tema. Il rapporto, atteso dal 1998, è stato presentato soltanto recentemente ed è il secondo a essere depositato dal 1996. Da Ginevra il sottosegretario per i Diritti umani in Brasile ha spiegato il 25 ottobre che il Paese sta ottemperando al Patto internazionale sui diritti civili e politici, malgrado alcune difficoltà che ha cercato di illustrare. Oggi in Brasile casi di tortura e di esecuzioni sommarie da parte di ufficiali autorizzati per legge sono regolarmente denunciati dalla stampa e esiste un pronunciamento del governo secondo cui tali crimini non debbano essere accettati. Tuttavia una larga fascia della popolazione continua a patire violazioni sistematiche dei diritti umani da parte di ufficiali di stato, soprattutto tutori della legge. Mentre qualche leggero progresso è stato compiuto in merito alle indagini su 13
questi crimini e sull`individuazione dei responsabili, la maggior parte di essi continua a rimanere impunita. Nel 2005 ci sono stati molti omicidi come quello della suora Dorothy Stang, compiuto il 12 febbraio in Pará. Evento che ha chiaramente mostrato la attiva e costante presenza di «squadroni della morte» nei centri urbani del Brasile che operano come una forza di polizia parallela utilizzando metodi da bande criminali. Soltanto un numero modesto di persone sono state processate in ottemperanza alla legge antitortura varata nel 1997, mentre tali attività continuano in modo sconsiderato e sistematico. Secondo il rapporto la maggior parte dei casi è largamente sconosciuta, non investigata e impunita, mentre le vittime continuano a essere i settori più vulnerabili della società: principalmente i poveri, giovani maschi neri o di razza mista che sono sospettati di avere compiuto azioni criminose. Il Programma di protezione dei difensori dei diritti umani, lanciato dal governo federale l`anno scorso, ha contribuito notevolmente a promuovere e difendere il lavoro di chi si batte per i diritti umani in Brasile e in tutta la regione sudamericana. Tuttavia, si afferma nel rapporto, continuano a mancare le infrastrutture necessarie per il suo sviluppo.
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SCIENZE
“Il DNA non sa nulla e non si cura di nulla. Il DNA, semplicemente, è. E noi danziamo alla sua musica.” Richard Dawkins, Il Fiume della Vita, 1995
Il DNA: la molecola della vita Gli acidi nucleici comprendono il DNA(acido desossiribonucleico) e l’RNA(acido ribonucleico). Sono costituiti da molecole molto grandi, formate da unità dette nucleotidi, unite tra loro da lunghe catene. Il DNA costituisce il materiale genetico della cellula. Esso, infatti, contiene il patrimonio ereditario di ogni organismo, scritto nel codice genetico; l’RNA rappresenta il tramite attraverso cui le istruzioni del DNA si traducono nella sintesi proteica: queste, rivestono un’importanza fondamentale per lo svolgimento di tutte le attività alla base dei processi vitali. La scoperta del DNA e del codice genetico. Intorno al 1860, il chimico svizzero Miescher, scoprì l’esistenza degli acidi nucleici ma ci volle ancora molto tempo prima di capirne la natura e le funzioni. Agli inizi del Novecento, quando ormai era certa la possibilità di trasmissione dei caratteri da genitori a figli, gli scienziati iniziarono a chiedersi dove avessero sede questi 15
caratteri. Fu il biologo americano Morgan a porre per primo l’ipotesi che i caratteri, o geni, avessero sede nei cromosomi e che potessero subire anche dei cambiamenti o mutazioni, anche se ancora era sconosciuta la loro natura. Si interessarono a questo problema studiosi di diverse discipline, tra i quali il geniale fisico austriaco Schrodinger, che nel 1945 suppose che i geni fossero i portatori delle informazioni, scritte come una successione di pochi elementi ricorrenti, una specie di linguaggio formato da pochi simboli. I simboli, scritti in sequenze diverse acquisivano significati diversi; allo stesso modo poche lettere possono dare vita ad innumerevoli vocaboli. Il gene quindi è il portatore di un messaggio in codice. Un altro problema molto dibattuto tra chimici e biologi riguardava la natura del materiale di cui sono costituiti i geni. Alcuni li ritenevano di origine proteica mentre secondo altri il portatore delle informazioni era il DNA dei cromosomi. Il problema è stato risolto nel 1944, da un medico batteriologo statunitense che aveva estratto il DNA da alcuni batteri e lo aveva aggiunto ad un’altra coltura di batteri, diversi dai primi per un solo carattere. Con sua grande sorpresa, questi ultimi cominciarono a manifestare il carattere presente solo nei donatori. Egli poté quindi affermare con sicurezza che il DNA è il materiale che porta le informazioni ereditarie. Un ulteriore o avanti nelle conoscenze si ebbe nel 1952, quando il biochimico austriaco Chargaff, dimostrò che il DNA è costituito da una successione di quattro nucleotidi disposti in sequenze diverse lungo una catena. Ipotizzò quindi che l’informazione ereditaria stesse nella diversa successione dei nucleotidi e che un gene non fosse altro che una ben determinata sequenza di nucleotidi. Nel 1953 altri due scienziati americani, Watson e Crick, pubblicarono i risultati dei loro studi sulla struttura a doppia elica del DNA. Erano giunti a questi risultati al termine di una frenetica gara tra scienziati di vari paesi, gara per arrivare primi in questa importante scoperta. Scoperta che valse ai due scienziati, nel 1962, il premio Nobel per medicina e fisiologia. Già prima di loro il chimico statunitense Pauling aveva scoperto la configurazione ad elica di molte proteine e due chimici inglesi Perutz e Kendrew, avevano scoperto la struttura della molecola dell’emoglobina. Coloro che furono in grado di decifrare il codicegenetico furono due biochimici statunitensi che, nel 1961 si occuparono della sintesi delle proteine, lavorando su un segmento di RNA sintetico formato da una sequenza di un solo nucleotide. Già sulla base dei principi scoperti da Mendel e dalle relazioni tra geni e cromosomi, era emerso che: • un gene controlla un carattere, contiene l’informazione per quel carattere; • un gene copia o riproduce la propria informazione, prima di ogni divisione cellulare avviene; la duplicazione del materiale cromosomico e poiché i geni si trovano all’interno del cromosoma si duplicano e copiano l’informazione che contengono: • un gene esprime la propria informazione, l’informazione genetica si esprime nei caratteri.
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I cromosomi, sono presenti nel nucleo di tutte le cellule e sono visibili solo durante il processo di riproduzione cellulare. Nella fase di riproduzione, appaiono come bastoncini strozzati al centro. Questi bastoncini, altro non sono che lunghe molecole di acido desossiribonucleico o DNA. Struttura del DNA La molecola del DNA è formata da due lunghi filamenti uniti tra loro e avvolti a spirale in modo da formare una doppia elica. I due lunghi filamenti, simili a una catena, sono formati da singoli anelli, i nucleotidi. Il DNA, la più grande molecola naturale presente negli esseri viventi, è formato dalla ripetizione di 4 diverse unità più piccole, appunto i nucleotidi. Una sola molecola di DNA comprende migliaia di nucleotidi. Ogni nucleotidi è formato da 3 parti: • una molecola di acido fosforico • una molecola di zucchero • una base azotata Le basi azotate sono quattro: • la citosina • la timina • la adenina • la guanina Ciascun nucleotide è legato a quello precedente e a quello successivo attraverso il gruppo acido. I due filamenti sono legati tra loro attraverso le basi azotate; l’unione tra le basi avviene solo ed esclusivamente tra adenina e timina (A-T) e tra citosina e guanina (C-G). I due filamenti della doppia elica risultano quindi complementari e le basi si incastrano perfettamente. Si può immaginare il DNA come una scala a chiocciola: le ringhiera sono formate dalla successione zucchero-acido fosforico, i gradini dalle basi azotate. Ogni gradino è formato dalla coppia A-T o C-G. Le coppie delle basi azotate sono quindi fisse, mai “gradini” che formano si possono succedere e alternare in vario modo, dando origine ad un gran numero di combinazioni. La possibilità dei vari nucleotidi di disporsi in successione e in quantità diverse fa sì che in natura ogni specie sia caratterizzata da una diversa molecola di DNA e quindi da specifici cromosomi. Ad esempio: uomo 46 cromosomi cavallo 66 “ gatto 38 “ tabacco 48 “ farfalla 8 “ girasole 34 “ cavolo 18 “ pisello 14 “ 17
Il numero e la costituzione dei cromosomi sono tipici e costanti per ogni specie. Il DNA contiene l’informazione necessaria al funzionamento della cellula e dell’intero organismo. Infatti esso: - è in grado di replicarsi, cioè di costruire una copia di se stesso che a alla discendenza nel processo di riproduzione; - contiene le informazioni per la sintesi cioè la costruzione delle proteine, degli enzimi e di tutte le sostanze che costituiscono la cellula. Quindi tutta l’informazione genetica è scritta nel DNA in un linguaggio particolare chiamato codice genetico.
L’USO DEL DNA A SCOPI INVESTIGATIVI Di questi tempi parlare di DNA è quanto mai di moda, quanto mai attuale. Non c’è settore in cui il DNA non sia alla ribalta, suscitando atteggiamenti e sentimenti tra loro anche molto diversi come la curiosità, la fiducia, il dubbio, il timore, ma anche la speranza. Basti pensare ai numerosi servizi che, in questo ultimo periodo, sono stati proposti dai media ed all’ dibattito scientifico nazionale ed internazionale sui grandi temi del progetto genoma, dei cibi transgenici, della clonazione delle cellule, tanto per fare qualche esempio. Altrettanto vivaci ed avvincenti sono le cronache dei quotidiani che, nel riferire le attività svolte dagli investigatori o gli sviluppi di un’indagine, sono sempre più caratterizzate da notizie e particolari che riguardano il DNA. Oggi sappiamo che l’analisi del DNA, si rivela spesso fondamentale per incastrare un omicida o per scagionare un innocente anche in fatti giudiziari datati e già definiti come ci dimostrano frequentemente i casi riportati dagli USA. Cos’è il DNA? DNA è l’acronimo di Acidodesossiribonucleico, una macromolecola presente nelle cellule dell’organismo umano – ma anche negli altri esseri viventi come le piante e gli animali – la quale ha il compito di trasportare e trasmettere le informazioni genetiche da una generazione all’altra. Una sorta di software biologico capace di determinare le nostre caratteristiche fisiche e di dirigere i complessi processi biochimici che sono alla base della nostra vita, dalla fecondazione fino alla morte. Il DNA è presente nelle cellule in due diverse porzioni : nel nucleo e nei mitocondri. Il DNA nucleare è ereditato per metà dalla madre e per l’altra metà dal padre: ogni nuova generazione è pertanto il risultato di una combinazione del DNA trasmesso dai genitori. Il DNA mitocondriale è invece trasmesso soltanto dalla madre ai figli, senza alcun contributo/combinazione con quello del padre. In base a queste peculiarità, il DNA nucleare è quello maggiormente utilizzato per le analisi di gran 18
parte dei reperti raccolti sulla scena del reato, poiché altamente variabile tra individuo ed individuo, mentre il DNA mitocondriale è generalmente impiegato per l’esame di reperti altrimenti non analizzabili con i marcatori nucleari, quali piccoli porzioni del fusto di un capello, l’esame di feci, gli accertamenti su parti di organi (resti umani ritrovati in casi di disastri o residui cadaverici datati ed in avanzato stato di decomposizione), o per ricostruzioni genealogiche. Sicuramente, l’analisi del DNA ha rivoluzionato le scienze forensi nell’ultimo decennio ed è diventato il più potente mezzo di indagine scientifica nelle mani degli investigatori. La creazione di nuove banche dati centralizzate e soprattutto quella del DNA, ancora assente in Italia, deve costituire è uno dei principali obiettivi da perseguire nell’immediato futuro.
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INGLESE …"Young friends all over the world, you are the ones who must realize these rights, now and for all time. Their fate and future is in your hands.” Giovani amici di tutto il mondo, voi siete quelli che devono rendersi conto di questi diritti, ora e per sempre. Il loro destino e il futuro è nelle vostre mani Kofi Atta Annan
HUMAN RIGHTS Equal rights for all On 10th December 1948, in Paris, the General Assembly of the United Nations organization approved and proclaimed "The Universal Declaration of Human Rights". The beginning of the declaration says that: "All human beings are born free and equal in dignity and right: All the thirty articles confirm the right to life. freedom of thought, conscience, religion, opinion and expression. the right to work. housing, medical care and education. The cruelties and injustices of the 2nd World War should never happen again In 1945, at the Nuremburg trial, it was estimated that four million victims, among which thousands of children, guilty because they were not Germans, had been exterminated. Stop abusing humans rights! Since the Declaration but other wars and other violent acts have occurred against children, women, young and old. The first and fundamental right, the right to life, is often violated even before birth. by abortion, artificial procreation, experiment on embryos and genetic manipulation. In so many countries in the world men are still sentenced to death. Many others are victims of tortures by police officers or languish in prison without trial. Millions of children are compelled to shoulder arms and to take part in armed conflicts. Several around the world suffer from malnutrition people and do not have access to education. Therefore, now more than ever, we need new politicians as well as with peaceful means. like Gandhi and brave men and women who, Martin Luther King, will be able to lead our society towards equality and justice. But the world needs commitment of everyone too: the each of us in everyday life can be a witness of peace.
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SE La presse L’ensemble des quotidiens, des revues et de toutes les publications périodiques s’appelle la presse. Chaque publication a un public défini parce que chaque lecteur choisit en fonction de ses intérêts. Les quotidiens d’information les plus célèbres sont: Le Monde et Le Figaro. Ils s’occupent surtout d’actualité internationale, de politique intérieure et de culture. Par rapport à ceux-ci, -Soir et Le Parisien Libéré sont plus “populaires”. Ils offrent une gamme de nouvelles plus centrées sur les faits divers et les loisirs (Sport, Radio-TV…). Le Courrier de l’Ouest, Dernières Nouvelles d’Alsace à diffusion régionale, dédient une place importante au sport. Mais il existe encore beaucoup d’autres quotidiens en ! À titred’information voici le nom des quotidiens les plus connus. Les journaux d’information: Le Monde, Le Figaro, Le Parisien Libéré,-Soir… Les journaux d’opion(ce sont les journaux qui son liés aux opinions politiques d’un parti): Libération(de gauche), L’Humanité (communiste), La croix (d’inspiration catholique), Le Matin de Paris (d’orientation socialiste) Les journaux sportifs: L’équipe, Paris-turf sport comple Les journaux économiques: Les èchos, Le Nouveau Journal.
La Presse Des Jeunes Okapi et Salut sont les journaux les plus lus par les jeunes. On trouve des articles sur la musique, le cinéma, les chanteurs, les problèmes des jeunes de son âge. Phosphore et une revue qui des conseils propose aussi des informations et pour le lycée.
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TECNOLOGIA “Voglio rendere l'elettricità così economica che solo i ricchi si potranno permettere il lusso di utilizzare le candele.” Thomas Alva Edison
Le Forze Elettriche In natura esistono due forme di elettricità: quella negativa e quella positiva. Queste due energie si attraggono fra loro, mentre gli stessi tipi di energie si respingono. Ci sono due modi per elettrizzare un oggetto: per strofinio o induzione. L’elettrizzazione per strofinio avviene quando un oggetto composto da una sostanza che ha delle determinate capacità elettriche viene strofinato contro un altro e le cariche negative ano da un corpo all’altro e inseguito se si avvicina l’oggetto carico negativamente ad un oggetto leggero il primo attira a sé il secondo. Non tutti gli oggetti però hanno questa capacità, ad esempio i metalli al contrario della plastica non possono attirare nessun oggetto. L’elettrizzazione per induzione avviene quando un oggetto elettricamente neutro si trova all’interno di un campo elettrico le cariche all’interno si ridistribuiscono in base all’oggetto che avvicini. Se avvicini un oggetto carico negativamente, le cariche negative interne al campo elettrico vengono respinte mentre quelle positive vengono attratte e i due oggetti si attirano. Se invece avvicini un oggetto carico positivamente avviene il contrario: le cariche positive vengono respinte mentre le cariche negative vengono attratte. Il campo elettrico è dovuto a un oggetto elettrizzato che attorno a sé crea una forza elettrica pronta ad agire su altri oggetti.
L’Origine dell’Elettricità Nel Novecento alcuni fisici scoprirono che gli atomi, le particelle che compongono la materia, sono formati da particelle ancora più piccole. In particolare vicino al nucleo degli atomi ci sono gli elettroni, che determinano il comportamento chimico degli elementi e trasportano l’elettricità. Gli elettroni sono l’elettricità negativa mentre i protoni sono l’elettricità positiva. Solo gli elettroni sono in grado di muoversi e trasportare elettricità mentre i protoni non hanno libertà di movimento. Gli elettroni però non si muovono con facilità in tutti gli oggetti. Per questo gli oggetti vengono classificati in due categorie: isolanti e conduttori. Negli isolanti le cariche elettriche si muovono con difficoltà alcuni esempi sono: la plastica il vetro, il legno, la ceramica e la gomma. Nei conduttori le cariche elettrichesi spostano con facilità come i metalli, la Terra e il nostro corpo.
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La corrente elettrica ed i circuiti I fenomeni elettrici dovuti all’induzione o allo strofinio sono fenomeni elettrostatici cioè derivano da un accumulo di cariche elettriche ferme. Nella vita di tutti i giorni però usiamo cariche elettriche in movimento: la corrente elettrica. La corrente elettrica si ha quando un conduttore è percorso da un flusso di elettroni. Per avere un flusso di elettroni ci deve essere una differenza di potenziale elettrico, detta anche tensione elettrica. Il potenziale elettrico dipende da quante carice elettriche sono accumulate in un oggetto. Quando c’è la tensione elettrica gli elettroni all’interno di un conduttore si spostano per cercare di annullare questa differenza e si ha la corrente elettrica. Per mantenere la corrente si ha bisogno di un generatore di tensione che mantenga la differenza di potenziale elettrico tra le due estremità di un conduttore. Il primo generatore di tensione è stato costruito da Alessandro Volta nell’Ottocento. Volta costruì una pila alternando dischetti di due diversi metalli, rame e zinco, separati da un panno imbevuto di una soluzione di acido solforico. Grazie alle reazioni chimiche che avvengono sulle superfici di contatto con la soluzione, i due metalli tendono a caricarsi uno negativamente (lo zinco) e l’altro positivamente (il rame). Tra ogni coppia di dischetti si forma così una piccola differenza di potenziale. I contributi delle diverse coppie di dischi si sommano e danno origine a una tensione più consistente alle due estremità della pila, che vengono chiamate elettrodi. Quando si dispone di un generatore di tensione si può creare un circuito elettrico. Se si collegano con un filo conduttore i due elettrodi del generatore, il filo viene attraversato da una corrente di elettroni che si muovono dall’elettrodo negativo all’elettrodo positivo. Questa corrente elettrica può essere sfruttata inserendo lungo il filo un utilizzatore, ad esempio una lampadina, o un amperometro uno strumento che misura l’intensità della corrente. Nei circuiti di solito è presente anche un interruttore che permette di interrompere il flusso della corrente o di ripristinarlo. La resistenza elettrica e leggi di Ohm Ogni conduttore al aggio della corrente elettrica oppone una certa resistenza. La resistenza è dovuto all’attrito tra gli elettroni e gli atomi del reticolo del conduttore. La resistenza dei conduttori, come tutti gli attriti, libera calore facendo aumentare l’agitazione termica degli atomi. Questo fenomeno viene chiamato effetto Joule e grazie ad esso il filamento metallico delle lampadine elettriche diventa velocemente incandescente al aggio della corrente elettrica ed emette la luce. Una lampadina inserita in un circuito emette più luce se l’intensità della corrente che attraversa il suo filamento aumenta. Quindi eseguendo alcuni esperimenti si è scoperto che: l’intensità della corrente cresce al crescere della tensione elettrica, la resistenza dei conduttori aumenta con la loro lunghezza, un filo conduttore a parità di lunghezza ha resistenza minore e che non tutti i conduttori hanno la stessa resistenza. Questi concetti si riassumono nelle leggi di Ohm scoperte nell’Ottocento dal fisico tedesco Ohm. La prima legge di Ohm afferma che l’intensità di corrente in un conduttore è direttamente proporzionale alla tensione elettrica applicata ai due capi del conduttore e inversamente proporzionale alla resistenza del conduttore. Quindi se la resistenza è R, l’intensità di corrente è I e la tensione elettrica è V avremo la prima legge di Ohm che dice: 23
i=V:R Automaticamente avremo anche la formula inversa per trovare la tensione elettrica: V=Rxi La formula inversa per trovare la resistenza: R=V:i
Sedia elettrica La sedia elettrica è uno strumento utilizzato in vari stati moderni per l'esecuzione delle condanne a morte. Inventata da Thomas Edison fu introdotta per la prima volta negli Stati Uniti d'America nel 1888. Negli Stati Uniti d'America, principali utilizzatori di questo strumento, è stata progressivamente sostituita dalla iniezione letale. L'iniziale idea di tale strumento di soppressione fu intuita da un dentista americano di Buffalo, Alfred Southwick. Lo spunto gli venne quando gli raccontarono la storia della morte di un ex impiegato della Brush Electric Light, George Smith, il quale perì mentre era intento a sabotare una centralina elettrica della sua compagnia a causa del licenziamento ottenuto per ubriachezza molesta. Colpito da ciò, Southwick pensò alla costruzione di una sedia collegata ad un generatore elettrico per poter indurre una morte rapida ed indolore ai condannati alla pena capitale. Sottopose dunque la sua idea ad un suo paziente, un senatore, il quale riportò la stessa idea a Devid Hill, governatore dello stato di New York nel 1885. Nel 1887, una commissione dello stato di New York si riunì per cercare e stabilire un metodo più umano per infliggere la pena capitale al condannato e più rapido dell'impiccagione. La fucilazione e la ghigliottina, seppur più veloci, erano considerati troppo barbari. Hill si ricordò di questa intuizione di Southwick e propose la realizzazione della sedia elettrica a Thomas Alva Edison. Egli preferì però promuoverne la realizzazione da parte del suo rivale George Westinghouse. Il motivo di ciò era screditare l'inventore concorrente per dimostrare che la tensione generata dalla sua corrente di tipo alternato era in grado di uccidere una persona, precludendone l'utilizzo in campo civile. Scoperto ciò, Westinghouse si disinteressò al progetto che venne portato infine avanti dallo stesso Edison. Dopo le prime sperimentazioni sugli animali, nel 1888 lo stato di New York approvò l'impiego della sedia elettrica. Il primo condannato a morte a venire giustiziato mediante sedia elettrica fu William Kemmler, reo di aver ucciso la compagna Matilda Ziegler nel 1889. L'esecuzione durò 17 secondi e provocò molte sofferenze al condannato, suscitando l'indignazione dell'opinione pubblica. Ciò nonostante, grazie all'attivismo di Edison negli anni a cavallo tra la fine del Ottocento e inizi del Novecento la sedia elettrica venne adottata anche in altri stati, dell'Unione, fino a quando non divenne il metodo di esecuzione prevalente negli Stati Uniti sostituendo la tradizionale forca e restandone fino alla metà degli anni ottanta. Dopo di allora la sedia elettrica venne rimpiazzata dall'iniezione letale come metodo di esecuzione negli Stati Uniti. 24
Metodo di esecuzione Il condannato viene fatto sedere su una particolare sedia ed in questa posizione gli vengono applicati elettrodi inumiditi alla testa e al polpaccio (queste parti vengono rasate per assicurare l'aderenza). Dopo vengono trasmesse forti scariche di corrente elettrica alternata di durata varia, aumentando progressivamente la tensione (da 500 a 2.000 volt): in questo modo il decesso viene causato dall'arresto cardiaco e dalla paralisi respiratoria. Solitamente, le scariche sono due: la prima serve a rendere incosciente il condannato, causando la morte cerebrale. La seconda, a maggiore tensione, distrugge gli organi interni e causa la morte totale.
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ARTE E IMMAGINE Roy Lichtenstein Roy Lichtenstein (1923-97) è un artista la cui immagine si lega indissolubilmente ai fumetti. Tra gli artisti della Pop Art è quello che più riesce a creare una cifra stilistica inconfondibile, restandovi fedele fino all’ultima produzione. Esponente della tipica famiglia medio-borghese americana, la vita di Lichtenstein si svolge in maniera tranquilla, senza le eccentricità o i protagonismi di artisti quali Andy Warhol. Nel 1943, durante la Seconda Guerra Mondiale, viene chiamato alle armi. Qui ha il primo incontro con il mondo militare, che spesso sarà di ispirazione alla sua prima produzione artistica, e con i fumetti ispirati alla guerra. Pare, infatti, che un suo superiore gli chiese di riprodurre ingrandendoli vignette tratte da fumetti di guerra. Da qui nacque forse l’idea stilistica della sua arte, anche se Lichtenstein cominciò a produrre in questo stile solo agli inizi degli anni Sessanta. Nel 1962, con una personale tenuta a New York presso il famoso gallerista Leo Castelli, inizia l’ascesa di Lichtenstein. Siamo negli anni in cui il fenomeno del consumismo e della cultura Pop esplode a livelli mondiali. Il clima di serena fiducia nel presente e nel futuro si contrappongono nettamente al pessimismo precedente di matrice esistenzialista, e le immagini di fumetti ingranditi proposte da Lichtenstein sembrano rispecchiare in pieno l’esigenza di circondarsi di immagini nuove, oggettive e prive di angosce esistenziali. È un modo nuovo di contaminare l’Arte, con la «a» maiuscola, con stili presi dalla cultura "bassa". In realtà, la grande tenuta formale dei quadri realizzati da Lichtenstein, rendono le sue immagini mai banali. Sono fumetti, è vero, ma realizzati con la visione propria dell’artista. Nel corso degli anni, la formula stilistica di Lichtenstein non cambia, ma inizia un confronto sempre più serrato con l’arte del recente ato dagli esiti decisamente originali. Egli, sempre realizzando immagini come fossero fumetti, rivisita tutti gli artisti principali e gli stili sorti nel corso del Novecento, dal cubismo al futurismo, dall’espressionismo all’action painting. La contaminazione tra pittura e fumetti crea un dialogo originale che, negli ultimi anni, coinvolge anche la scultura. La sua arte, prodotta fino alla metà degli anni Novanta, rimane come una delle espressioni più originali della cultura americana del secondo dopoguerra.
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Il fumetto Storie di carta Il primo fumetto apparve su un giornale americano, verso la fine del XIX secolo, per raccontare le avventure di un monello di nome Yellow Kid, illustrate da una serie di disegni e brevi didascalie. Ebbe immediatamente grande successo: comic strip, striscia comica, venne chiamata questa nuova forma espressiva, che si diffuse rapidamente in tutto il mondo, creando innumerevoli personaggi, molti dei quali ancor oggi famosi, nonostante la concorrenza dei nuovi mezzi di comunicazione. Il fumetto si esprime mediante due tipi di linguaggio: il linguaggio iconico e il linguaggio verbale: esso contiene, cioè, immagini e parole. Gli elementi del fumetto La principale caratteristica dei fumetti è l'immediatezza della lettura: la storia si svolge in una successione di immagini, dette vignette, facilmente comprensibili da tutti, perche in esse il disegno dei personaggi è chiaro, il testo scritto è immediatamente collegato ai personaggi, i colori sono brillanti, le inquadrature ben calcolate I principali elementi che compongono la vignetta sono, entro la cornice: a. personaggi, paesaggio, arredo; b. parole, inserite nella nuvoletta(ballon in inglese), da cui parte una piccola appendice triangolare diretta al personaggio che le pronuncia, il pensiero è inserito in una nuvoletta collegata al personaggio con una serie di cerchi con dimensione crescente. c. suoni e rumori, rappresentati mediante onomatopee, cioè segni grafici e parole che riproducono i suoni. I fumetti utilizzano quasi sempre uno schema fisso: le vignette si leggono in sequenza, collocate in una striscia orizzontale o sull'intera pagina. Le loro dimensioni, come le forme e i colori, possono variare secondo le esigenze espressive del disegnatore. Hanno, quindi, diversa forma: rettangolare, circolare o mista.
L’indagatore dell’incubo: Dylan Dog Tiziano Sclavi, l'autore del racconto precedente, ha creato anche un fumetto di grande successo di cui è protagonista Dylan Dog. Dylan Dog è un investigatore privato, un ex poliziotto di Scotland Yard con un ato misterioso, ha trent'anni, un animo molto sensibile che lo porta a innamorarsi delle belle ragazze. Veste con una camicia rossa, una giacca nera, jeans e scarpe Clark's. Abita a Londra, si sposta su un maggiolone Volkswagen cabriolet bianco. Ha un insolito rapporto con i soldi spesso non si fa pagare, chiede parcelle alte solo a clienti ricchi. Le storie di cui 27
è protagonista, ambientate quasi sempre a L sono un intreccio di vari generi: fantastico, horror, giallo noir (cioè tipo di giallo con storie violente in una società un corrotta e con un finale amaro). Con lui indagano i suoi amici, in particolare Groucho e l’ispettore Bloch. Altri personaggi che aiutano Dylan Dog impacciato ispettore Jenkins, un lord inglese, sono un una veggente e persino un cane. I suoi antagonisti fissi sono la Morte, Xabaras(anagramma del nome di un diavolo, Abraxas), che si dedica all'alchimia e ricerca il siero dell'immortalità. Tra i personaggi compaiono mostri come vampiri e zombi che sono talora vittime, talora"cattivi" da combattere. Gli alieni, invece, sono solitamente esseri positivi. Dylan Dog combatte contro tutti i mali della nostra società: ingiustizia sociale, emarginazione, ricerca ossessiva del potere, razzismo, droga.
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MUSICA Bohemian Rhapsody Bohemian Rhapsody è una canzone del gruppo musicale britannico Queen. Fu scritta dal cantante Freddialbum studio del gruppo, A Night at the Opera del 1975. È celebre per la sua particolare struttura musicale: infatti, a differenza del classico brano dei Queen, qui non è presente alcun ritornello, ma si hanno diverse parti principali un'introduzione cantata a cappella, un segmento in stile ballata che termina con un assolo di chitarra, un aggio d'opera, e una sezione di e Mercury per il quarto hard rock. Il significato di questo testo dei Queen non è per nulla allegro per quanto la musicalità della canzone possa far pensare diversamente …"Mamma ho solo ucciso un uomo"…. "Niente mi importa"… "Sono un indolente" …"Mamma, non volevo farti piangere"……. Il racconto di un omicidio e di un senso di colpa che tarda ad arrivare. Nella depressione dell'omicida ormai nulla ha più importanza. Qui c'è una bella spiegazione che scende molto di più nel dettaglio spiegando i singoli versi. Questa è la vita vera o è solo fantasia? Travolto da una frana. Senza scampo dalla realtà. Apri gli occhi. Alza lo sguardo al cielo e vedrai. Sono solo un povero ragazzo, non ho bisogno di essere capito. Perché mi lascio trasportare, sono un indolente. Un po' su, un pò giù. Comunque soffi il vento, a me non importa. Mamma, ho appena ucciso un uomo, Gli ho puntato una pistola alla testa, Ho premuto il grilletto, ed ora è morto, Mamma, la vita era appena iniziata. Ma ora l'ho lasciata e l'ho buttata via Mamma, Non volevo farti piangere Se non sarò tornato a quest'ora domani Va avanti, va avanti, come se niente fosse stato Troppo tardi, è venuta la mia ora, Rabbrividisco Il corpo mi fa male in continuazione, Addio a tutti, devo andare Devo lasciarvi tutti ed affrontare la verità Mamma, Non voglio morire, Qualche volta vorrei non essere mai nato Intravedo una sottile sagoma d'uomo, 29
Fulmini e saette molto, molto spaventoso Galileo, Galileo, Galileo figaro Magnifico Ma sono solo un povero ragazzo e nessuno mi ama solo un povero ragazzo di povera famiglia Risparmiate la sua vita da questa mostruosità mi lascio trasportare, sono un indolente, mi lascerete andare? No, non ti lasceremo andare lasciatelo andare Non ti lasceremo andare lasciatelo andare Non ti lasceremo andare - lasciatemi andare Non ti lasceremo andare - lasciatemi andare No, no, no, no, no, no, no Mamma mia, mamma mia, mamma mia lasciami andare Beelzebù ha messo un diavolo da parte per me, Così pensate di potermi lapidare e sputarmi in un occhio Così pensate di potermi amare e lasciarmi morire Oh tesoro non puoi farmi questo Devo solo uscirne Devo solo uscire dritto via da qui Niente veramente importa Chiunque può capirlo Niente veramente importa, niente veramente m'importa, Comunque soffi il vento...
Sonata per pianoforte e violino n. 9 di Ludwig van Beethoven Sonata per pianoforte e violino in la maggiore n. 9, op. 47, di Ludwig van Beethoven, comunemente nota come Sonata a Kreutzer, fu composta tra il 1802 e il 1803 e pubblicata nel 1805 con dedica al musicista se Rodolphe Kreutzer. Con i suoi 40 minuti circa di durata, è la sonata più lunga e difficile fra le composizioni per violino di Beethoven. La tempestosa novità dello stile brillante e molto concertante della Sonata a Kreutzer schiude una nuova via a Beethoven. L’opera si compone di tre movimenti: 1. Adagio sostenuto – Presto – Adagio – Tempo I 2. Andante con variazioni I-IV 3. Finale. Presto La sola introduzione lenta nelle sonate per violino di Beethoven conduce alla propulsione dinamica del Presto. Il terzo movimento, a ritmo di tarantella, era stato in origine scritto come finale della Sonata per pianoforte e violino op. 30 n. 1. “La Sonata a Kreutzer”, è uno dei romanzi brevi dello scrittore russo Lev Tolstoj, . È un racconto per certi aspetti "dostoevskiano", per uno sforzo costante di identificazione e di esaltazione dei moti più intimi dell'animo umano, i quali si riflettono poi inevitabilmente nelle azioni commesse. Trama L'intera vicenda ha luogo durante un viaggio in treno. La voce narrante è quella di un uomo che rimarrà per tutto il romanzo uno sconosciuto, tanto per il lettore quanto per lo stesso Vasja Pozdnyšev, al quale non dirà mai il proprio nome. Quest'uomo registra una conversazione tra alcune persone, le quali dissertano animatamente a proposito dei principi fondanti dell'amore, e della sua stessa definizione. In particolare, emergono le posizioni nettamente contrapposte di una signora, che difende l'amore «fondato sulla comunanza d'ideali o sull'affinità spirituale», e quella di un uomo «dai capelli grigi, dall'aria solitaria e dagli occhi scintillanti», che è poi 30
Pozdnyšev. Costui in seguito si ritrova nello scompartimento da solo con lo sconosciuto narratore, al quale inizia a raccontare la sua storia. Oltre a rievocare gli anni dell'unione coniugale, con i suoi rituali, i suoi gesti, le sue convenzioni e le sue ipocrisie, Pozdnyšev confessa il proprio terribile segreto. Dopo aver presentato alla moglie un musicista, egli inizia a sospettare una relazione tra i due. In particolare, una sera, mentre i due eseguono l'uno al violino, l'altra al pianoforte la Sonata a Kreutzer di Ludwig Van Beethoven, l'uomo avverte l'intero peso dei propri dubbi. Tuttavia, convinto che il musicista stia per partire ed uscire per sempre dalla sua vita, Pozdnyšev si assenta di casa alcuni giorni per curare i propri affari in provincia. Una lettera della moglie, ricevuta due giorni dopo la partenza, riaccende la gelosia dell'uomo: il violinista non è partito e le ha già fatto visita. Pozdnyšev ritorna precipitosamente a casa, dove arriva in piena notte. Trovandola a tavola con il musicista, in preda alla rabbia, l'uomo pugnala la moglie. Pozdnyšev si rende conto della gravità del misfatto soltanto alcuni giorni dopo, quando viene condotto presso il tumulo della moglie. Al termine del proprio racconto, congedandosi, il disperato uxoricida implora il perdono del proprio compagno di viaggio. Il dubbio sull'effettivo tradimento della moglie non è svelato da Tolstoj: se la donna avesse davvero voluto tradire il marito, perché avvertirlo della presenza del musicista, quando le era ben nota la gelosia di Pozdnyšev per quest'uomo? Sembra altrettanto inverosimile che la moglie voglia davvero consumare un rapporto extraconiugale sotto gli occhi dei figli, della balia e della servitù, senza la minima precauzione. Allo stesso tempo la visita ad una donna sposata in piena notte nella Russia di fine Ottocento, così come l'evidente intesa tra lei ed il musicista, forte di un'educazione libertina nei salotti parigini, non possono non generare il sospetto sulla natura del loro rapporto.
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SCIENZE MOTORIE
Combattiamo la violenza negli stadi Le grandi feste rappresentate da incontri sportivi di vario genere, spesso vengono rovinate da gruppi di facinorosi che sembrano essersi recati allo stadio con il solo intento di confrontarsi tra di loro in modo violento e manesco. IL risultato finale è l'intervento delle forze dell'ordine, la sospensione degli incontri sportivi stessi e, nel peggiore dei casi, l'esplosione di una vera e propria guerriglia urbana. In Italia l'esempio di queste sciagurate consuetudini ci è fornito soprattutto dallo sport nazionale, quello più sentito e seguito da tutti: il calcio. Molti tifosi vivono in maniera quasi maniacale il loro fervore sportivo, arrivando spesso a mitizzare i diversi atleti, ed odiare gli atleti e le tifoserie rivali. Odiare, si, davvero odiare, come si odia il nemico di una vita, come si odia qualcuno che ci ha fatto del male. Rancori portati da partita a partita, andate rissose che riaprono il conflitto negli incontri di ritorno. Tifoserie opposte che da anni ormai manifestano il loro odio. Ma cosa spinge ad odiare un avversario? Dove sono finiti il rispetto ed il fair play? Fortunatamente nella maggior parte degli incontri non si verificano episodi di violenza, ma per il resto possiamo asserire che il rispetto dell'avversario non fa parte della cultura di certe tifoserie. Gioca molto il campanilismo, quell'attitudine a detestare i propri vicini in favore di un amore smodato per il proprio luogo di origine. Consuetudine questa che, partendo da un'attenzione per la propria città di provenienza, sfocia poi in un insensata rabbia verso ciò che di diverso c'è intorno ad essa. Si pensi agli incontri tra club di città della stessa Regione. Il problema si approfondisce poi se prendiamo in esame i famosi derby, gli scontri cioè tra due squadre della stessa città. Cosa centra in questo caso il campanilismo? Forse il problema è un altro: il tifo smodato rappresenta una valvola di sfogo sociale; come se lo stadio fosse un luogo per scontri fisici dove riversare la rabbia di una vita, come se fossimo ancora al tempo dei gladiatori. Ce ne accorgiamo per esempio quando le forze dell'ordine mostrano I sequestri di armi fuori gli stadi: cacciaviti, mazze, coltelli, tirapugni, mannaie, insomma un notevole arsenale che fa ragionare sulla premeditazione di certi atti di violenza, che non esplodono li per li, ma sono spesso decisi a tavolino dai capi curva, magari un giorno prima degli incontri. La Violenza nello Sport Nella società contemporanea lo sport, oltre a produrre spettacolo con azioni sportive esaltanti, manifesta violenza ed aggressività. Tali manifestazioni non sono solo fenomeni della nostra società: si ricordino gli incidenti del 59 d.C. a Pompei fra i tifosi locali e di una città vicina durante i giochi dei gladiatori, così gravi da indurre il 32
senato a bandire i giochi da Pompei per dieci anni. Oggi, invece, é da prendere in considerazione la violenza negli stadi sempre più in crescita, basti pensare alla strage di Bruxelles del giugno 1985: 38 morti e oltre 400 feriti. Quali sono le cause che determinano questi continui conflitti sugli spalti? Condizionamenti. Lo psicologo Jeffrey H. Goldstein afferma: "Le persone che assistono a uno sport aggressivo tendono a diventare a loro volta aggressive; in questo modo la sequenza di eventi tende a perpetuarsi per forza propria: i tifosi si sentono aggressivi, vedono o sentono aggressione e quindi agiscono aggressivamente. Questa spiegazione tiene presenti alcune leggi di psicologia della folla secondo cui chi si trova in un certo gruppo, in genere, é portato a comportarsi come gli altri membri anche quando non é del tutto convinto, il che significa che gli istinti sono contagiosi tanto più quanto più sono le persone coinvolte: il gruppo tende a condizionare l'individuo fino a fargli perdere la sua identità. Ricerca di identità. Il personaggio del tifoso, infatti, può essere il punto di approdo di una disperata ricerca di identità di un ragazzo che non é riuscito a trovare altri modi di esprimersi; allora il tifoso rappresenta un modello di eroe, con un suo caratteristico abbigliamento, con i suoi slogan, con le sue dimostrazioni di virilità e di coraggio; nelle interviste agli ultras, infatti, alcuni hanno detto: "è meglio essere tifosi d'assalto e cattivi piuttosto che nessuno!"; si può dire che chi entra nel ruolo di tifoso ultras trova un'identità già predisposta con il suo corredo di norme, valori e ragioni. Effetto protagonistico. Il processo di etichettamento, nella cronaca giornalistica, ufficializzando l'immagine del tifoso forte, duro, ionale, temuto, solidale, ha un "effetto pubblicitario" affascinante che attira tanti giovani influenzabili. Non si spiega altrimenti il continuo aumento di clubs dei tifosi con nomi che si commentano da sè: Sturm Truppen Como, SS Stabia, Commandos, Brigaden, Achtung Viking e così via. Ricerca di eccitazione. La caratteristica del tifo, dei cosiddetti "ultras", diventa la ricerca della tensione emotiva, piuttosto che la riduzione. Infatti é evidente che niente di meglio delle eccitazioni provocate dalle situazioni antagonistiche, aleatorie e coinvolgenti della partita, può offrire a molte persone l'occasione di potersi dare alla disinibita emozione eccitatoria. Allora l'aggressività, le zuffe, i vandalismi, gli scontri costituiscono gli effetti di un bisogno psicologico domato dalla ricerca di forti sensazioni. Bisogno di sfogo. Un altra teoria, detta "catartica", attribuirebbe al tifoso il bisogno di uno sfogo di emozioni, possibile grazie all'identificazione con gli atleti e mediante un conflitto simbolico o ritualizzato coi tifosi avversari ("devi morire !!").Quando questa forma di elaborazione dei vissuti aggressivi risulta inadeguata alla pressione istintiva o reattiva, allora si avrebbe il aggio all'atto vandalico; lo sport in questo caso consentirebbe un'occasione di sfogo dell' eccesso di carica aggressiva accumulati nella realtà lavorativa o familiare: frustrazioni quotidiane represse. Alcuni estremizzano questa teoria: l'attivazione di condotte aggressive pur essendo apparentemente occasionate dalle manifestazioni sportive o da ione tifosa, in realtà sono l'esplosione di profonde frustrazioni sociali; gli stadi sarebbero parafulmini per scaricarle servendo quindi gli interessi della classe politica dominante, per spostare la scarica emotiva dal terreno degli scontri politici e sociali al terreno degli stadi. Sicché la manifestazioni sportive sarebbero "bersagli sostitutivi" 33
per frustrazioni motivate da problemi economico-sociali molto più grandi della frustrazione derivante da una sconfitta ludica. Condizionamenti sociali: secondo un'altra teoria il tifoso sarebbe la conseguenza degenerativa di una società che evidenzia, esalta e premia solo colui che vince o che ottiene successo, a prescindere dai mezzi impiegati per raggiungerlo, adottando il principio discutibile secondo cui " il fine giustifica i mezzi ". Occorre quindi vaccinarsi contro i germi della violenza sociale educando ai valori di pace, di convivenza civile, di cooperazione più che di competizione (lo spirito competitivo va ben dosato e tenuto sotto controllo). L'essenza dello sport agonistico. Alcuni autori ritengono lo sport direttamente responsabile della violenza, in pratica secondo questi sarebbe meglio eliminare lo sport perché non può esistere sport agonistico senza violenza; la logica seguita è questa: lo sport prevede la competizione, lo spirito competitivo implica il desiderio di superare l'avversario col massimo impegno, e questo significa anche, quando é necessario, ricorrere a qualsiasi mezzo per vincere.
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La disperazione più grande che possa impadronirsi di una società è il dubbio che essere onesti sia inutile.
Corrado Alvaro
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