The One Hundred Tale 46503c

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The One Hundred Tale

by sca Favole

Copyright 2014 sca Favole

Smashwords Edition, Licenza d’uso:

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Questo racconto è frutto della fantasia dell’autrice.

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Indice dei contenuti:

Nota introduttiva

01 # Dark Eater

02 # La vita è fatta di scelte

03 # Morte chiama morte

04 # Emanazioni

05 # Frantumi d’un perduto amore

06 # Ferite

07 # L’oscura progenie di Ykaensmörker

08 # Nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma

09 # Awareness

10 # Il futuro appartiene ai giovani

Indice dei Nomi e dei Luoghi

Chi è sca Favole?

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Nota introduttiva

Questo racconto è formato da sole Drabble (composizioni di cento parole), il loro numero varia da capitolo a capitolo. Il conteggio delle parole è stato effettuato con Microsoft Word. La disposizione in versi è una scelta stilistica dell’autrice. The One Hundred Tale è nato su THe iNCIPIT, piattaforma interattiva di storytelling.

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Dark Eater

Attraverso le folte volute di una gelida e putrida nebbia, Fwytawr O Hud contemplò ciò che restava di quella landa un tempo fertile e vivace. Ombre e polvere. Morte e silenzio.

Anno dopo anno, la sua fame aveva stinto i colori, spento i suoni e prosciugato la terra.

Senza energia i luoghi e le creature apiscono, periscono. Nessuno escluso.

Neppure lui, per quanto potente, poteva sottrarsi a tale legge dell’esistenza.

Stese le ali, spiccando il volo verso la sua prossima vittima, un reame ricco di quella linfa primordiale che qualcuno chiamava magia e di cui lui, il Divoratore, si nutriva.

La vita è fatta di scelte

Un uomo ruzzolò sul selciato. «Voi non capite!» Le porte del castello si richio inclementi.

Rid aiutò il vecchio a risollevarsi, non poteva lasciarlo lì, in mezzo alla polvere.

«Sta arrivando.» Il giovane si chiese se si riferisse alla carestia di cui la gente vociferava.

Presto avrebbe avuto una famiglia tutta sua, sarebbe bastato quel piccolo orto?

«Ragazzo, il mio bastone.» Restituì il ceppo nodoso. Sotto il cipiglio burbero, gli occhi del postulante non sembravano quelli d’un folle.

Aveva il suo arco, poteva sempre cacciare.

Plick!

Plock! In pochi istanti la pioggia svuotò la piazza. Anche il mendicante era scomparso.

**

«È una follia, non può esistere un tale abominio.» «Mia signora, vi assicuro-». «Non vi aiuterò.» «Concedetemi almeno di consultare l’Archivio.»

Jo osservò la Prima Fata

soppesare attentamente la richiesta dello straniero.

«E sia.»

“Hai un dono, è tuo dovere svilupparlo!” così dicevano le Fate, ma a Josi la magia sembrava solo una maledizione. Era la catena che la teneva prigioniera in quel posto, china su vecchi

libri ammuffiti.

Qualche provvista, vestiti, un pugnale. La collana di sua madre. Non le serviva altro.

Quando il vecchio se ne andò, Jo lo seguì. Ombra ammantata di nero nella foschia della notte.

**

Osserva una goccia di rugiada scivolare lungo il profilo morbido

di una mela.

Un piccolo pomo, leggermente butterato, rosso solo per metà. Sembra succoso.

Sfiora il frutto e quello apisce.

Non saprà mai se è dolce o asprigno, nemmeno ricorda cosa significhi, è ato tanto – troppo – tempo.

“Sono migliore ora” pensò Fwytawr O Hud,

infastidito dalla malinconia che quella visione gli aveva trasmesso.

Le Emanazioni.

Viaggiavano veloci. Raccoglievano informazioni. Ma erano deboli, sentivano maggiormente i richiami di quella carne che lui non aveva più da tempo.

Perché rimpiangere una misera mela quando poteva avere

la magia di un intero regno?

Morte chiama morte

«Perché ci hanno attaccati?» Cinque uomini robusti contro un vecchio e una fanciulla, nel cuore della notte.

«Quando procurarsi onestamente il pane diventa difficile c’è sempre qualcuno che cede alla tentazione di prenderselo con la forza.

Perché non ti sei difesa?» «L’ho fatto!» La spada che stringeva in pugno lo provava.

La lama era ancora sporca di sangue… Aveva ucciso qualcuno? Lei? Terrorizzata, si guardò intorno ma nella radura non c’erano corpi.

«Non hai usato il dono.» “Dono” Jo trattenne una smorfia e scrollò le spalle. Non erano affari di Stareck.

L’avrebbe mandata via se avesse scoperto che non praticava?

**

Il vecchio aveva ragione, la carestia stava arrivando… ma per mano sua.

Quando

il re si era rifiutato di concedergli una lauta provvigione, lo stregone aveva maledetto Namida, avvelenandola.

Piante, raccolti e bestie morivano senza apparente ragione, così, da un giorno all’altro. Lo stesso accadeva alle persone.

Avrebbe dovuto spaccarglielo

sul cranio quel ceppo nodoso; se solo l’avesse fatto…

L’avrebbero processato per omicidio? Forse. Probabilmente. Sì, l’avrebbero giustiziato.

Ma quanti innocenti avrebbe salvato?

Se solo l’avesse fatto…

Ora Èloise sarebbe stata

ai fornelli, la sua voce intrecciata nell’aria coi profumi della cena. Non tre metri sottoterra.

Avrebbe preso quel bastardo!

**

Aveva ragione, il vecchio, doveva essere in grado di difendersi.

Era stata fortunata a sottrarre quell’arma agli aggressori, ma era rozza e

sgraziata, troppo pesante. Le serviva una nuova spad-

Clang!

«Ehi, ragazzino! Attento a dove cammini.»

“Brutto idiota, sono una ragazza!” pensò, fulminando gli occhi ambrati del giovane.

Un piccolo falò morente.

Una sagoma assopita.

Soppesò la lama acquistata in giornata. Sarebbe stato capace di uccidere un uomo nel sonno? Probabilmente no. E un assassino?

Impugnò lo stiletto.

«Io non lo farei.» Il gelo d’una lama sul collo. Un dolore sordo

alla nuca.

Poi tutto fu buio e silenzio.

Emanazioni

Una radura rigogliosa. Un falò scoppiettante, sarebbe bello sentirne il calore sul viso. Una fanciulla ansiosa. Un vecchio ricurvo. Accanto all’uomo, un bastone nodoso.

La sente, è vicina. Rabbia. Lo raggiunge, sommergendolo in calde onde conturbanti.

Si volta.

Il Divoratore fremette, impotente: voleva studiarla meglio, la verga! Quell’uomo… era forse uno stregone?

Il suo sguardo trova la fonte di quell’odio così… forte. Il ragazzo è legato a un albero. Immobile, il capo chino.

Si protende

e chiama a sé quel tumulto impetuoso, prosciugandolo.

Non solo rabbia. Ma dolore. Amarezza. Disperazione. Frantumi d’un perduto amore.

Fwytawr O Hud imprecò. Maledisse.

Pianse.

**

Afferrata la spada, Jo si era già protesa in avanti, in uno slancio

verso la quercia e verso l’idiota che vi aveva assicurato, verso quello strano…

Che cos’era? Un attimo pareva un’ombra, l’istante successivo non c’era niente, e poi ancora ombre opache e spirali di nebbia cangiante e nulla assoluto.

Si era slanciata, si era protesa ma una stretta ferrea e inamovibile si era serrata intorno al suo esile polso.

L’espressione di Stareck era indecifrabile, i suoi occhi

velati da una patina emotiva che Josi non riuscì a identificare. La sua presa sul braccio di lei, però, restava salda.

«Emanazioni…».

Frantumi d’un perduto amore

Onde di rame setoso le incorniciano il volto, leggermente tondeggiante nei suoi sedici anni, ma sono gli occhi, d’un grigio liquido e profondo, a restare nell’anima di chi la osserva.

Così bella. Così giovane. Così… Troppo per lui.

Eppure Ren, il cuore come un tamburo impazzito, sa che da un momento all’altro Aislin comparirà oltre la folla

con il vestito buono e il capo coperto da un delicato candido pizzo.

Si scambieranno le promesse e saranno l’uno dell’altro, per sempre.

Ma il tempo a e Aislin, la sua Aislin, non arriva.

Solo una brezza primaverile, dall’acre miasma del fumo corrotta.

**

Oscura. Proibita. Malvagia. La foresta di Lahbaid An. Un luogo di perdizione. La sua meta.

«Non farlo! Il prezzo sarà terribile» così gli han detto, ma Ren non li ha ascoltati.

Non può.

La rivuole. Aislin dovrebbe essere la sua sposa per la vita, non quella d’un signorotto viziato

per una notte o poco più.

Se solo lui può aiutarlo, Ren O Hud non ha paura.

Sta tremando ma si costringe a fare un primo o verso il buio sottobosco. Poi un secondo, e un terzo… è sempre più facile, la foresta sembra chiamarlo.

Lui ascolta coloro che lo cercano.

**

Ykaensmörker gli ha promesso il potere necessario per la sua vendetta, così l’ha chiamata… che sciocchezza, Ren vuole solo salvare Aislin…

Eppure, sa che per riuscirci le sue mani dovranno lordarsi di sangue.

Un respiro profondo.

Ghermisce la sentinella e per un attimo è invaso dal panico: percepisce la tensione dei muscoli, contro la sua stretta,

come contenere quella forza?

E se Ykaensmörker l’Oscuro si fosse preso gioco di lui?

Poi una scarica d’energia lo investe, inebriandolo come un vino troppo forte eppur piacevolmente dolce, e il soldato si accascia inerme. Morto.

Ren si guarda le mani tremanti: niente sangue.

**

Succede tutto in fretta, troppo. Un grido. Un sibilo. E Aislin inerte tra le sue braccia: un dardo destinato a lui le a la gola sottile da parte a parte, gli occhi grigi vuoti, morti come pietra.

Il signorotto, arco in pugno, ghigna beffardo.

In un unico fluido rapido rabbioso gesto Ren sottrae la spada a un soldato per poi restituirla al suo signore

con un impreciso violento fendente all’addome. Una ferita scomposta, profonda, mortale.

Le mani di Ren sono piene di sangue, ma lui non sente niente.

Solo vuoto incolmabile.

Perduta. Afferra l’armato più vicino e lo prosciuga.

Fame.

Ferite

Giorni. Ore. Mesi. Sole. Pioggia. Vento. Grandine.

Un o dietro l’altro, sempre.

Nemmeno Stareck poteva contrastare il Divoratore.

Troppi dubbi. Troppi quesiti sospesi. Risposte, quelle cercavano.

La terra si riempiva di disperati. Moriva.

Marciva in putride paludi. Inaridiva in interminabili deserti.

E loro avanti.

Qua e là, rovine, scheletri imbiancati di civiltà ormai perdute, gusci anneriti di fenici mai risorte.

Eppure, a un certo punto, pallide erbacce avevano cominciato a crescere lungo i muri diroccati, nelle crepe rimarginando le ferite del suolo.

Poi avevano trovato la biblioteca. E i guai avevano trovato loro.

Dal nulla, li avevano aggrediti i predoni.

**

Stareck era dentro a studiare pergamene ammuffite. Jo scherzava con Rid.

L’Emanazione aveva risparmiato la sua vita ma si era presa qualcos’altro: ricordi, sentimenti, affetti…

L’attimo successivo erano sotto attacco: uomini sporchi, inselvatichiti,

armati di scarti.

Josi scansò un fendente. Estrasse la spada. Parò un affondo. Si immerse in quella danza frenetica e mortale.

Vide il bruto solo all’ultimo istante. Lo evitò ma perse la spada.

La daga arrugginita si avvicinava, troppo in fretta. E poi Rid davanti a lei. Due corpi a terra.

«Rid!» Jo lo scosse ottenendo un gemito soffocato.

Si guardò le mani, erano piene di sangue.

**

Ha nove anni e le manca la mamma.

Una quercia robusta stende le proprie verdeggianti propaggini accanto alla sua finestra. “Quanti metri potranno mai essere?”

Nel soffuso lucore lunare, di ramo in ramo, di presa in presa.

Poi la mano scivola, sbucciandosi, sulla ruvida corteccia:

bruciore, rami spezzati, e vuoto.

Sta cadendo.

E poi polvere a impastarle la bocca. E un cuore di pulsante dolore: il suo braccio.

Buio.

Un giorno a letto, per riprendere le forze.

Un mese di punizione, per aver dormito all’aperto,

accoccolata sotto la quercia.

È lì che le Fate l’hanno trovata. Priva di sensi.

Illesa.

L’oscura progenie di Ykaensmörker

Doveva essere un giorno di festa. Speranze annegate nel fuoco, estinte nel sangue. Tiarna Ondska si è preso Aislin: Ren è distrutto, temo covi in sé una grande rabbia ma non si lascia aiutare…

Era solo un consunto diario di pelle sbiadita ma qualcosa spinse Stareck a proseguire.

Ho tentato di dissuaderlo, Athair solo sa quanto ho provato, ma è stato tutto inutile. Dice che vuole riprendersela… Sta andando dall’Oscuro!! O, ti prego, fa che rinsavisca!

Rabbrividì. Un male antico e insidioso può avere molti nomi e innumerevoli volti… e lui aveva vissuto troppo a lungo per credere alle coincidenze.

**

Ravviò il fuoco da campo.

Il fagotto al suo fianco restava privo di sensi, la vita in bilico tra il mondo dei vivi e quello dei morti.

Sospirò mestamente e riprese a leggere.

Non può essere, non riesco a credere che sia stato lui… Ondska era ancora vivo quando il garzone del pane l’ha trovato riverso nelle sue stesse putride viscere: ha additato Ren come il responsabile della strage misteriosa. Ma non può essere…

Forse si era sbagliato, non era quello il modus operandi del Divoratore.

Misteriosa.

Inquieto seguendo i ghirigori di pallido inchiostro, si rimise a sfogliare pagine ingiallite.

**

Ho paura. La gente continua a sparire. … L’epidemia dilaga, medici e guaritori sono impotenti. Che Athair ci protegga! … Anche la terra si è ammalata, e gli animali con lei… Sembra che la vita stia ripudiando queste lande.

Proprio come a Namida…

Non volevo crederci, ma se anche mi cavassi questi occhi ormai privi di lacrime non potrei negare ciò che hanno visto: è Ren! È sempre stato lui. Non è più la creatura che ho allattato al seno, però, l’uomo è scomparso, resta solo l’oscura progenie di Ykaensmörker.

Il fagotto gemette, agitandosi sotto le coltri: si stava svegliando.

Nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma

Luce feroce contro le palpebre chiuse.

«Come ti senti?», era il vecchio. «Bene… stanca.» «Hai dormito per tre giorni.» Josi non capiva...

L’agguato.

La spada a terra, e…

«Rid!!».

«Sta bene», la costrinse a rimanere supina. «L’hai guarito, ricordi?» «Cosa? Io non… »

«Hai una vaga idea di quanto sia pericoloso un siffatto incantesimo?»

Davvero aveva usato la magia?

«Josi! Stavi per morire!! La magia, l’energia, non si crea dal nulla…», Stareck era furibondo ma Jo nemmeno lo sentiva.

La sua attenzione era tutta per il giovane dagli occhi ambrati che, seduto poco discosto, le rivolgeva il suo sorriso sghembo.

**

Quella fertile e sprovveduta landa era ai suoi piedi, eppure… eppure lui aveva compiuto l’impensabile: attraversando il nulla che si era lasciato alle spalle, era tornato indietro.

A casa. No, non lo era più da tanto tempo. Era il dolore, lo confondeva.

Quella stupida Emanazione! Avrebbe dovuto risucchiare l’energia vitale del ragazzo non le sue emozioni nè i suoi ricordi.

Erano quelli a dannarlo, lo costringevano a rivivere lo strazio per la perdita di Aislin. E, mentre lui soffriva come un cane bastonato, il giovane, ingiustamente liberato da quelle stesse angosce, rideva e scherzava con quella sciatta ragazzina delle Fate.

*

Doveva morire, quel Rid.

Così aveva deciso mentre si allontanava da Namida ma poi… poi aveva visto la fanciulla e il suo potere.

Ere intere aveva trascorso privando mondi e creature della loro energia… Come aveva fatto a non rendersene conto prima? La natura è equilibrio. Prendere. Donare. Due facce della stessa medaglia.

Avrebbe potuto prendere la vita del giovane. Avrebbe potuto, ma non l’avrebbe fatto.

Sfiorò il ragazzo assopito, liberando i suoi doni. L’odio

verso Stareck per separarlo dal vecchio. Il dolore, per incrinarne i sorrisi. Il ricordo della defunta Èloise per soffocare il fiore nascente d’un nuovo amore.

Awareness

La voce di Jo si intreccia nell’aria coi profumi della cena: «A tavola, Quills». Odia quel nomignolo, non ha mai capito se lei si riferisca alle sue amate frecce o ai capelli perennemente arruffati.

Che strano… i suoi occhi non erano verdi, come la foresta? Vorrebbe controllare ma ora le palpebre di lei sono abbassate, dorme.

Solo che il letto, con quelle alte sponde di legno,

sembra una cassa. E le membra sopite non appartengo affatto all’esile Josi: sono quelle piene e slanciate di una donna.

La conosceva, lei…

Rid si svegliò urlante, il cuore squassato da un vuoto straziante.

**

Ansando nella notte Rid si concentrò sui barbagli del fuoco da campo, cosa gli stava succedendo?

“Sta arrivando” sussurrò una voce nella sua mente, apparteneva a un vecchio mendicante tutto impolverato.

Ora ricordava, era colpa di quell’uomo se Èloise, la donna del sogno, era morta.

Lei era l’amore della sua vita… come aveva potuto scordarsene?

Avrebbe preso quel bastardo! L’aveva giurato a se stesso.

Solo che il volto dello sconosciuto lo tormentava, conosceva troppo bene quello sguardo infinitamente profondo e quel burbero cipiglio, li aveva già visti, lo avevano accompagnato in ogni singolo giorno degli ultimi sei o sette mesi.

**

Questa volta non avrebbe commesso lo stesso errore: era un arciere, le uniche lame di cui si sarebbe servito erano i rostri delle sue frecce.

Incoccò, corda e muscoli si tesero al suo comando, doveva solo lasciare la presa e tutto sarebbe finito lì, ai confini d’un mondo in declino.

Il gelo d’una lama sul collo.

“Io non lo farei”, un sussurro ai margini della sua martoriata memoria.

«Ti prego non farlo.

Non costringermi a farlo» gemette una voce altrettanto esile eppure reale.

Rid cercò i suoi occhi, erano verdi come ricordava e tremendamente tristi.

Èloise era perduta, ma Josi…

**

Per un terribile interminabile istante aveva pensato che lui non l’avrebbe ascoltata, poi Rid aveva abbassato l’arco.

Ora sedeva con Stareck, il fuoco a separarli.

«Hai riavuto i tuoi ricordi, vero? Perché volevi uccidermi?» «Lo sai!» «No, non lo so, altrimenti non starei qui a chiedertelo, non credi?» «Hai avvelenato Namida! Tu l’hai uccisa, Èloise, lei-».

Chi diamine era Èloise?

«Così dice il tuo re, eppure… tu l’hai visto all’opera, il Divoratore.» Rid era stato ben più che un misero spettatore, aveva provato il tocco di un’Emanazione, era doloroso?

Lentamente un’umida consapevolezza si fece strada sul volto di Rid, piangeva.

Il futuro appartiene ai giovani

Così giovani. Perché li aveva portati con sé?

Perché lui non ci sarebbe stato sempre, stava invecchiando, era vecchio e se il futuro appartiene alle nuove generazioni era ora che esse lo prendessero in mano, che sollevassero gli scudi per difenderlo se volevano viverlo.

“No, la verità è che sono un vecchio egoista.”

Aveva visto in loro delle potenzialità e aveva deciso di sfruttarle in nome del bene comune.

Eppure… la piccola Jo, ignara dell’enorme segreto che portava al collo, e Rid, col suo straziante dolore, meritavano di meglio.

Meritavano un futuro ma lui, non sapeva come proteggerla, quella speranza.

**

Brividi freddi lungo la schiena. E brividi d’eccitazione.

Josi si volse verso Rid e dalla sua espressione

spaesata capì che anche lui percepiva qualcosa di strano.

«È lui, è qui» sussurrò roco Stareck. Lo disse continuando a fissare le braci del fuoco ormai morente, immobile, lo sguardo fisso, e Josi non poté fare a meno di chiedersi se fosse la sua solita calma glaciale o triste rassegnazione.

In fondo, il diario aveva spiegato loro come il Divoratore era sorto ma

su come sconfiggerlo ne sapevano quanto prima. Nulla.

Depressione. Euforia. La viola apisce. La viola fiorisce.

E improvvisamente ebbe un’idea.

**

«Il Divoratore è un inetto» sbottò la ragazzina. Il vecchio la fulminò con un’occhiataccia severa e preoccupata, inutilmente.

«Tutto quel potere e nemmeno sa come usarlo.»

Una farfalla cangiante stramazzò sul prato rinsecchito.

«Sua madre lo credeva un bravo ragazzo, si sbagliava. Ha sposato la morte quando avrebbe potuto fare del bene.»

Crepe nel terreno.

«Josi» provò a blandirla il ragazzo, ma poi, incrociato lo sguardo di lei, desistette, una strana luce negli occhi. «Pensi che avrebbe potuto salvarla?» «Forse. Credo non ci abbia nemmeno provato.»

Una quercia cadde squarciando il terreno. Controllarsi era sempre più difficile, perché lo provocavano?

**

«Josi, tu hai la guarigione nel sangue… la collana di tua madre ne è la prova, era quello il compito dei Draghi, curare. Non tutti sono portat-».

«Se volesse, potrebbe risanare quella quercia» insistette lei.

Poteva?

Voleva?

«Non è capace, è un inetto, l’hai detto tu stessa» obiettò il ragazzo.

L’albero si raddrizzò e l’erba rinverdì.

«Potrebbe risanare questa landa.» «No, non è abbastanza potente» sbuffò lo stregone. Si sbagliava.

La magia fluiva, era sempre più facile, e lui si sentiva così vivo, cos’era quell’eccitazione? Soddisfazione?

Pienezza, l’aveva infine trovata?

Si stava indebolendo, avrebbe dovuto fermarsi ma era così bello.

**

Un trittico di bronzo, inverdito dal tempo, si ergeva al centro della piazza.

Una fanciulla, un giovane uomo, un vecchio. Una spadaccina, un formidabile arciere, uno stregone. Una famiglia. La storia cambiava a seconda del narratore e del pubblico a cui egli si rivolgeva, ma su un particolare tutte le versioni concordavano:

costoro erano i fondatori della città, giunti da terre remote avevano riportato la vita in quelle lande smarrite.

Mentre ava i loro occhi rimasero fissi, senza vederlo, lui era invisibile, per questo Thanda non l’aveva voluto.

Ma presto tutto sarebbe cambiato, perché Rekrömsneaky ascolta coloro che lo cercano.

* fine *

Indice dei Nomi e dei Luoghi

Athair _ Così viene chiamato Dio nella terra d’origine di Ren O Hud.

Dono _ Possesso di abilità magiche o predisposizione all’uso della magia.

Draghi, Ordine dei _ Ordine dei guaritori di Namida, scomparso quasi del tutto a causa della rarità del dono posseduto dai suoi membri, ovvero di una particolare predisposizione alle arti di guarigione magica; il loro simbolo era un monile d’argento a forma di drago in cui veniva incastonata una sfera di vetro verde.

Emanazioni _ Propaggini di Fwytawr O Hud; si nutrono di energia e il loro tocco è generalmente letale; viaggiano rapidamente; sono soggette a impulsi/emozioni/sensazioni/desideri/ecc. umani, provano nostalgia per l’umanità perduta; ciò che sperimentano viene trasmesso, come per osmosi, al Divoratore nel momento in cui vi si ricongiungono; di aspetto e forma indefinite (ombra/nebbia/nulla/opaco/cangiante/ecc.).

Fate, Ordine delle _ Ordine namidiano dedito all’educazione delle giovani dotate di magia; riunisce donne colte nelle arti magiche.

Ykaensmörker _ Detto anche l’Oscuro, è il dio di folli e disperati in cerca di rivalsa. Si dice che dimori nella Foresta proibita di Lahbaid An e che qui accolga le richieste dei postulanti, siglando con loro un patto; si narra anche che spesso il prezzo di tale accordo sia spaventoso e non del tutto prevedibile. Rekrömsneaky è solo un altro dei numerosi nomi con cui i suoi seguaci lo chiamano.

Lahbaid An, Foresta di _ Foresta proibita. Qui si recano folli e disperati per rivolgere le proprie suppliche a Ykaensmörker l’Oscuro.

Magia _ Particolare forma di energia; alcune persone sono in grado di manipolarla (vedi Dono); detta anche ‘linfa primordiale’ (da essa dipende infatti ogni vita).

Namida, Landa di _ Regno fiorente e landa originaria di Rid, Jo e Stareck; meta e preda designata di Fwytawr O Hud; in balia di una strana ondata di carestie e pestilenze (dovuta alle incursioni delle Emanazioni).

Prima Fata _ Guida suprema dell’Ordine delle Fate.

Quills _ Animaletto namidiano simile a un istrice; nomignolo affibbiato a Rid da Josi.

Tiarna _ Titolo nobiliare utilizzato nella landa d’origine di Ren O Hud.

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Chi è sca Favole?

sca Favole è nata a Torino (1988), prima di quattro figli, ma vive in collina con la famiglia. Sta ultimando gli studi in Scienze della Formazione Primaria, presso l’Università degli Studi di Torino, per diventare insegnate nella scuola primaria. Amante della lettura, ha cominciato a scribacchiare quasi per gioco: le è piaciuto, molto, così ha deciso di continuare gettandosi a capofitto in quest’avventura. Curiosità. Favole è uno pseudonimo, anzi un cognome preso a prestito visto che era il nome da ragazza della nonna materna di sca.

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