Alla Ricerca Della Verità 136c67

Mario Tonon

Alla ricerca della Verità

Youcanprint Edizioni

Copyright © 2012 YOUCANPRINT EDIZIONI Via roma 73 - 73039 Tricase (LE) Tel. 0833.772652 Fax 0832.1836533 [email protected] www.youcanprint.it

Titolo : Alla ricerca della Felicità Autore : Mario Tonon Copertina: Youcanprint Edizioni ISBN: 9788866180000 Prima edizione digitale 2012

Questo eBook non potrà formare oggetto di scambio, commercio, prestito e rivendita e non potrà essere in alcun modo diffuso senza il previo consenso scritto dell’editore.

Qualsiasi distribuzione o fruizione non autorizzata costituisce violazione dei diritti dell’editore e dell’autore e sarà sanzionata civilmente e penalmente secondo quanto previsto dalla legge 633/1941

Capitolo I

Il bambino correva per le scale del piccolo borgo, inseguito dai compagni di gioco, che rispondevano con urla e grida di gioia alle incitazioni di carica a nemici immaginari. Correndo come scalmanati i fanciulli saettavano gioiosamente come giovani ed agili elfi tra le gambe degli adulti che si trovavano a are e che erano affaccendati nei soliti impegni quotidiani. Tutti erano abituati a vedere ogni sabato la stessa scenetta, con qualche piccola variante. Le cose in un piccolo paesino di campagna sono spesso semplici, genuine, e altrettanto spesso ripetitive, ma alla fine quando cresci in posti simili puoi anche allontanarti per cercare orizzonti più aperti, lavoro e fortuna altrove, ma prima o poi senti la necessità di un ritorno a quelle origini magari più chiuse, più banali, monotone e ripetitive ma nelle quali ci si può spesso e volentieri rifugiare in un tiepido calore ai più sconosciuto. Come si potrà ben capire io trovo le mie origini proprio da uno di quei paesini di campagna, dove spesso si gioca a pallone per le strade oppure si gioca a mazzapicchio con qualche bacchetta di legno correndo il rischio di andare a rompere la finestra del proprio dirimpettaio, a proposito uno dei bambini che ogni sabato correva per le scale del piccolo borgo, infastidendo i anti, e i vacanzieri, beh uno di quei birbanti ero io. E pensare che a vedermi ora uno non l’avrebbe detto mai, serio, impostato e anche a dire il vero con qualche chiletto di troppo sulla pancia. Mah che volete! È la vita, gli anni che ano, i sogni che svaniscono poco a poco lasciando posto alla rassegnazione del crescere e del rendersi conto che la spensieratezza di allora non tornerà più e che ha definitivamente lasciato il posto alla realtà quotidiana fatta di impegni, soldi, altri impegni, altri soldi, e pagamenti, e poi pagamenti e ancora pagamenti a non finire fino a che non arrivi un bel giorno a fermarti e a domandarti – Ma tutto questo ha un senso? Ma ne vale la pena?E tutto questo logicamente necessiterebbe una risposta, volete la mia? La mia è no! Sicuramente non ne vale la pena.

Comunque io mi chiamo Amleto, e tutti scherzosamente nel mio paesino mi chiamano Shakespeare, d’altronde anche i miei genitori non mi potevano mettere un altro nome? Ma che volete in un paesino è così, ognuno è un personaggio, e ognuno si identifica non tanto con il nome che gli hanno dato mamma e papà ma con un soprannome che gli assegnano gli altri. Comunque con gli anni ci ho fatto l’abitudine, e che volete che vi dica, a loro va bene così? A me pure. Ma cominciamo dall’inizio, da quando ancora molto piccolino ero uno di quei ragazzini pestiferi che doveva trovare il modo di impegnare i giorni di festa per far fruttare al massimo il proprio divertimento. Certo che eravamo veramente delle piccole carogne, ne facevamo di tutti i colori, e io in particolar modo avevo fin da piccolino il pallino delle donne, dovevo fare del tutto per vedere nelle loro scollature oppure per dare uno sguardo sotto le loro gonne, e a pensarci bene mica lo so come mi era venuta questa mania, voglio dire non c’era nessun episodio significativo della mia infanzia che mi avesse potuto portare a simili perversioni già da così piccino, ma da qualunque parte venisse tale stimolo, esso condizionava completamente la mia vita. Basti pensare che un’estate per vedere le gambe di una bella ragazza che girava vestita con un pareo di seta, mentre andavo in bicicletta, mi voltai completamente con la testa rapito da quell’affascinante immagine, quasi estasiato, e non mi accorsi che ero arrivato alla fine di un vicolo cieco, andando così a schiantarmi contro una staccionata ad altissima velocità, e per fortuna che al di là di essa c’era un porcile nel quale andai rovinosamente a cadere, sporcandomi completamente, ma rimanendo però quasi totalmente illeso, salvo che per dignità e amor proprio. La scuola per me era un gioco, si un grande gioco, dove ognuno occupava un suo ruolo ben preciso, i miei compagni, alcuni le mie vittime preferite, e altri ivi spettatori, altri ancora complici attivi. Poi la maestra vittima per eccellenza. Povera maestra! Era veramente una brava donna, e a ripensarci ora quanto mi sento in colpa! I compiti? Beh si, c’erano i compiti anche per me, ma non è che erano un problema, i miei guai non erano legati a questioni di intelligenza o di apprendimento, ma alla mia innata e scalmanata vivacità. Eh già, basti pensare che una volta durante una gita, nella quale eravamo andati a vedere una fattoria, per osservarne la vita quotidiana, l’operato del fattore, l’allevamento del bestiame, la gestione delle sementi ed altro, mi ero preso la libertà di aprire il recinto nel quale era rinchiuso il bestiame, facendo scappare tutti a gambe levate e favorendo la crescita esponenziale di collera dell’allevatore, e che quel giorno il pulmino della scuola ripartì senza di me in

quanto io grazie a quella visita giornaliera avevo conosciuto la figlia del fattore che all’epoca aveva già tredici anni, e mi ero completamente perso nell’approfondimento della sua conoscenza all’interno del fienile. Non giudicatemi male! Quella divenne una conoscenza molto importante nei mesi e negli anni successivi per la mia crescita personale e per l’approfondimento dell’universo femminile. Che dire? Ero un po’ particolare per la mia età, comunque quella splendida creatura si chiama-va Elena, e diventammo veramente amici, e la nostra amicizia esiste ancora, cresciuta, colti-vata nel tempo e rafforzata dalle esperienze di vita comuni. Ora le cose sono molto cambiate, io oramai come tanti altri faccio parte malvolentieri dei meccanismi automatici che regolano il flusso del nostro vivere civile. Alcuni direbbero schiavo del sistema, anche io, è solo che volevo trovare un modo più originale per esprimerlo, eh si, anche io come tanti, oramai laureato da tempo, e da tempo buttato gentilmente fuori casa, ho avuto la triste e insana sventura di trovare un posto di lavoro. Esercito la professione di avvocato in uno studio di Roma, e sono anche discretamente bravo. Si, il lavoro a dire il vero va alla grande, è solo che mi sono ritrovato come tanti dopo una vita di studi e dopo aver iniziato l’attività per la quale si è studiato a interrogarsi sulla monotonia della solita routine e a domandarsi – Ma è questo quello che volevo davvero?Io credo proprio di no! Magari non ha senso porsi queste domande, far insinuare in se stessi questi dubbi, ma l’uomo è fatto anche di questo, di sensazioni, sentimenti, che traggono fon-damento dalle certezze, incertezze, sicurezze, dubbi e perplessità che ognuno di noi ha dentro di se, e senza tutto ciò, che cosa saremmo? Forse solo delle canne vuote, delle forme prive di contenuto che come ombre si confondono nel buglio dell’oblio. Comunque per adesso la mia vita è andata così, come quella di tutti d’altronde, eh si penso che la vita di ognuno di noi sia fatta di alti e bassi, di giornate, alcune belle, entusiasmanti, colo-rate di tutti i colori del creato, ed altre invece grigie, tristi, sottotono. Comunque ora lavoro qui, sono sicuramente cresciuto, ma i miei problemi con il sesso femminile rimangono, e le distrazioni anche qui non mancano e a proposito di esse eccola li, Giorgia, bella, formosa al punto giusto, né troppo né poco seno, insomma una bellezza non volgare, capelli castani, corti sulle spalle e

leggermente mossi, occhi scuri ma pungenti e penetranti. È nello studio da cinque anni prima di me, laureata con il massimo dei voti e bacio accademico, e che ve lo dico a fare? I migliori clienti capitano tutti a lei, a me solo i casi disperati. E devo faticare non poco per farmi pagare le parcelle da quei poveri cristi che gestisco, alle volte mosso a comione lascio anche stare. Comunque è una lotta impari. Forse sarà anche per questo motivo che mi sono iniziato a porgere tutti i vari interrogativi di vita. Comunque bisogna essere realisti, andare avanti e restare con i piedi a terra, arrivo nel mio ufficio e controllo l’agenda degli appuntamenti, vediamo un po’ chi c’era per primo questa mattina! Ah, si ora ricordo, Giovanni Proietti, un mio caro ed affezionato cliente, che da circa un anno si è separato dalla moglie, e con vari macheggi e raggiri sta cercando di fare del tutto per non pagare gli alimenti e per intestare tutto alla sua amante, cosa da me abbondantemente sconsigliata in più di una occasione, eccolo che arriva, in perfetto orario come sempre. -Buongiorno Signor Proietti, allora come va?-E come va? Amleto, me lo chiedo anche io, come va?-Va male caro Amleto, purtroppo va male!-Perché? Cosa è successo?-E’ successo che quella maledetta mi ha mandato un altro atto.-Un altro precetto?-Ah no?-Fammi vedere!Prendo la busta verde che mi porge disperato il signor Proietti, ne estraggo la documentazione contenuta, e la leggo con cura, fortunatamente mi accorgo che non è altro che il rinnovo di un atto precedente per il quale si era già trovato un accordo sulla sua rateizzazione. Guardo nel viso il cliente con un espressione che mi sembra lo tranquillizzi, e sorridendo gli dico

– Ma Giovanni, non è niente, è solo il rinnovo del precedente atto per il quale si è già trovato l’accordo sulla rateizzazione, piuttosto come hai pensato di risolvere per il futuro, come ci vogliamo muovere? La volta scorsa avevamo fatto una piccola panoramica generale su quelle che potevano essere le varie possibilità, ci hai pensato?Lo vedo pensieroso, Giovanni è un uomo sulla sessantina, alto uno e novanta, brizzolato, naso aquilino, carnagione chiara, fronte alta da anti-co romano, e zigomi sporgenti e spigolosi da tedesco, lo osservo mentre contempla uno dei quadri presenti nel mio studio minimalista, un quadro da poche centinaia di euro, ma di buona fattura e molto adatto all’arredo di uno studio professionale, poi improvvisamente ritorna in se, torna sul pianeta terra, torna a guardare verso di me e mi risponde - A dire il vero, io sulla base di quanto ci eravamo detti sono andato con mio figlio dal commercialista, con lui abbiamo fissato un appuntamento con il notaio, e sono comple-tamente uscito dalla società lasciando tutto a Giacomo, insomma, oramai risulto nullate-nente.-Bene, e per quel che riguarda l’asse immobiliare? Come ti vuoi muovere?-Beh io avevo pensato di intestare i beni immobili dove opera l’azienda sempre a mio figlio.-Bene ottima scelta, e per la casa?-Quella la volevo intestare a Irina. Sai, per farla stare più tranquilla! Logicamente a me va il diritto di usufrutto.-E bravo! Così casa la intesti all’amante romena, non ti pari comunque il didietro perché l’usufrutto è pignorabile, e in più…, ma di cosa deve stare tranquilla la tua cara Irina? Allora fai una bella cosa intesta anche casa a tuo figlio, e tieni per te il diritto di abitazione.-Ma io sono veramente innamorato di quella donna, e la voglio sposare!-Senti bello mio, prima chiudi questa pratica di divorzio con tua moglie, poi se proprio vuoi ti puoi anche risposare, e allora per me potrai fare come vuoi con la tua nuova compagna, ricomprarti casa insieme a lei, ricomprare casa da tuo figlio, ma adesso dai ascolto a me, guarda che se dopo ti ritrovi in mezzo a una

strada io a casa mia non ti ci ospito.Giovanni rimane un attimo fermo, immobile, china leggermente la testa, e mantiene lo sguardo fisso sulla mia scrivania, è evidente che non sta guardando niente, che si è perso nelle sue riflessioni. Poi dopo un breve periodo rialza la testa e mi inizia a parlare. -Si, forse hai ragione, è più di una volta che mi dici le stesse cose, probabilmente farò come mi hai detto tu.-Mi raccomando Giovanni, se vuoi che tutto vada bene dammi retta, anche se la tua cara amica non te la fa più vedere, mi raccomando!-Va bene Amleto, ti darò retta.-Ciao e grazie Amleto-Ciao Giovanni ci risentiamo.Giovanni si alza, raccoglie il suo paltò color cammello che aveva appoggiato sulla quarantotto ore che aveva posato a sua volta sulla sedia a lui vicino, indossa il suo soprabito e dopo aver preso anche la valigia finalmente mi saluta di nuovo ed imbocca la porta del mio ufficio. Ecco qui, e via con il primo appuntamento della giornata, per ora pratica sistemata. Ne approfitto per andar a consultare la rivista giuridica alla quale sono abbonato, per vedere se tante volte c’è qualche novità importante da conoscere, qualche sentenza che possa creare un precedente al quale poter fare riferimento, insomma per tenermi informato, non faccio a tempo ad alzare la testa che già ecco presentarsi sull’uscio della porta un altro disperato…oh Gesù che cosa ho fatto di male…ancora il signor Rossi. Ok forza e coraggio… -Oh che bella novità…Buon giorno signor Rossi, come va?Si tratta del signor Emanuele Rossi, imprenditore agricolo, è in causa con un vicino che invadeva sempre il suo terreno, e che lo ha costretto ad elevare un muro di cinta, ora lui vorrebbe che le spese le paghi tutte il suo vicino, mentre a dire il vero dovrebbero essere a metà, ma dall’altra parte il vicino non vuole

cacciare neanche un centesimo. Oltre tutto il mio cliente è anche un po’ sempliciotto e ogni conversazione corre il rischio di andare avanti per ore ed ore. -Bene, tutto bene avvocà.Ah una cosa simpatica del signor Rossi è che si tratta di uno di quei clienti dai quali non riesco a farmi pagare per intero le mie parcelle, almeno non in denaro, diciamo che per buona parte in denaro, almeno riesco a coprire i costi degli atti e ad andare un pochino avanti, per un’altra parte in natura… non fraintendete, uova, ortaggi, abbacchi, galline, capponi e via discorrendo, insomma da mangiare non manca. È vero che non sono sposato, ma per fortuna ho una cara nonna bravissima in cucina alla quale porto tutto molto volentieri e che mi prepara degli ottimi piatti. Una volta mi era anche balenata per la testa l’idea di aprire un piccolo ristorantino a conduzione familiare, idea per adesso abbandonata, mah non si sa mai…! -Ma cosa mi racconta di bello eh?-Le solite cose, la campagna, gli animali, la solita vita!-Ah queste sò pè voi avvocà.Al solito, una bella cesta di uova, salumi e ortaggi di vario genere, accompagnata per fortuna da euro duecento in contanti. -Avvocà, volevo sapè ‘na cosa.-Mi dica signor Rossi.-E me chiami Emanuè avvocà…..-Va bene Emanuele, dimmi.-Ma allora quello là deve pagà sto muro o non lo deve pagà.-Emanuele, ora dovremo vedere il giorno della causa, nella prima udienza già potremo capire quelli che sono gli orientamenti del giudice, comunque sono cose un po’ lunghe, perché probabilmente la prima udienza poi verrà rinviata di qualche mese, poi verrà successivamente fissata una seconda udienza per le prove testimoniali, insomma l’ideale sarebbe trovare un accordo tra le parti,

quindi intanto citiamo in giudizio il suo vicino, aspettiamo che lui ci faccia rispondere dal suo avvocato e li poi vediamo se è possibile trovare un accordo.Lo vedo un po’ titubante, somiglia un po’ a Nino Manfredi nel film ‘Brutti sporchi e cattivi’. Quindi gli chiedo. -Tutto chiaro?-Si, si tutto, cioè, no avvocà non ho capito un cacchio!Oh mamma, dammi la forza, mi dico. -Comunque, lei non si preoccupi di niente, dia retta a me, venga a trovarmi quando la chiamo e firmi quando le dico di firmare, poi per il resto ci penso io.-Ora è tutto chiaro?-Ah, e adesso si, ora è chiaro che si.-Allora…..io la ringrazio della visita, e del pensiero, e ci rivediamo alla prossima volta, va bene? Così mi metto subito a lavorare alla sua causa.Questo di solito è il primo affondo, il primo attacco frontale per cercare di liberarmi del signor Rossi. -Vabbè avvocà, però insomma come va?E come al solito il primo affondo non va mai a buon fine con il signor Rossi…… -Signor Rossi….., come deve andare? Bene! Se lei da retta a me andrà tutto bene, non tema.Secondo affondo, e di solito è anche quello decisivo, se così non fosse la conversazione andrebbe avanti per almeno altre tre ore. -Vabbè avvocà, allora alla prossima.Sia ringraziato il cielo, secondo affondo andato a buon fine. Il signor Rossi finalmente si alza ed esce salutando dal mio ufficio. Sempre sia lodato! Secondo appuntamento della giornata superato.

E mo? Eh no eh, di nuovo che si avvicina con quel suo incedere elegante e raffinato, la vedo che arriva diretta nel mio ufficio, ma questa volta le dico di no, questa volta non cedo, è sempre la stessa storia, arriva mi fa un bel sorrisino e poi mi chiede mi daresti una mano con quella pratica? Oppure mi accompagneresti a fare quella cosa? E io? Io coglione che altro non sono le dico sempre di si, così lei fa sempre un ottimo lavoro e un’ottima figura e io invece rimango indietro con il mio di lavoro. Ma questo giro non mi frega, sarò irremovibile, sarò lapidario. - Ciao Amleto, buongiorno caro, mi accompagneresti in tribunale? Sai ho un’udienza per quel caso importante vuoi farmi da assistente? – Mi domanda Giorgia sorridendomi allegramente, ed io……- Si molto volentieri! – Ecco là, irremovibile avevo detto…lapidario avevo detto….., ma va, il solito coglione!

Capitolo II

Finalmente arriva il giovedì, appuntamento pomeridiano con i soliti amici, partitella a calcetto e cena in pizzeria a farsi quattro risate, insomma il classico stereotipo da single, monotono e molto poco originale, ma io sono un tipo semplice, e a me va bene così. E la serata sarebbe stata anche l’ideale, se non fosse stato per Marco uno fisso della nostra cricca, fidanzato da poco, e che ha perso completamente la bussola. Dai non si può venire alla partitella di calcetto con la fidanzata, farsi di corsa la doccia perché lei è sola ad aspettarti fuori sulle gradinate, e per di più non si può disertare la pizza con gli amici! Io credo proprio che lo stiamo perdendo, quando un uomo inizia a fare così, allora è l’inizio della fine. Comunque pace e bene per lui e pensiamo a noi. Dopo la partita andiamo a cena sempre al solito posto, è una pizzeria di vecchia data, in un luogo tranquillo ed isolato, abbiamo da tempo stretto una certa amicizia con il proprietario del locale, e andiamo lì anche perché è buona l’ospitalità. Questa sera c’è anche un tavolo di ragazze da sole, sono in cinque sedute ad un posto da sei. A dire il vero sono anche molto carine e mi viene quasi la voglia di andare li ad attaccare bottone, vedo che una di loro mi nota mentre le guardo e si mette a ridere dicendo qualcosa alle amiche, le quali si girano e sorridono a loro volta, è un segnale di apertura, ma questa sera proprio non mi va, voglio are una serata tranquilla, stare solo con gli amici, non voglio nessuna, e non capisco proprio perché! Sicuramente è stata un po’ dura la giornata di oggi, poi essere andato con quella iena travestita da fata in tribunale! Comunque mi demoralizza, lo devo riconoscere, è veramente brava, ha padronanza di linguaggio, sa trovare uno spiraglio anche quando sembra che non ve ne siano e onestamente parlando ho veramente molto da imparare da lei. Comunque la serata volge al termine, Antonio ha già chiesto il conto, finiamo di bere il cafè e gli amari che abbiamo ordinato, paghiamo e salutiamo Gianni il proprietario del locale. Ah che bello, finalmente vado a casa, niente di particolare, un miniappartamento, ma per me va bene, è l’ideale. Saluto gli amici e salgo sulla mia automobile, mentre guido mi viene voglia di sentire Elena, lei ormai è sposata e ha formato una splendida famiglia composta da lei, il marito Davide e dai loro due figli maschi. Io ed Elena siamo sempre rimasti in ottimi rapporti, Davide lo sa benissimo e non ne è assolutamente

geloso, la chiamo quindi per fare quattro chiacchiere. Mi risponde lei, allegra e solare come sempre, mi fa piacere conversare con Elena, è una di quelle persone con le quali è facile stare allegri, mi chiede come mi vada, mi domanda che cosa ho fatto durante la giornata odierna, io le rispondo che ho fatto più o meno le solite cose, ossia sono andato ad accompagnare una ragazza per la quale mi sto prendendo una sonora sbandata tralasciando quasi completamente il lavoro che avrei dovuto portare avanti per i miei clienti, e che poi sono andato a fare una bella e sana partita di calcetto con gli amici, la sento dall’altro capo del telefono che ride allegramente, odo il marito che le domanda se stesse parlando con me, lei le risponde di si, sento lui che le dice di salutarmi e di invitarmi a cena una di queste sere, lei mi riferisce il messaggio di Davide e poi mi dice che sono veramente poco affidabile e che semmai avesse bisogno di un legale non penserebbe mai a me, io sorrido e ammetto che ha ragione, e riconosco che le donne sono la mia maledizione, e alla fine mi fa la solita domanda di sempre “Quando metterai la testa a posto?”. Rido ancora, le voglio bene, è una cara amica che c’è sempre stata, ha sempre fatto parte in qualche modo della mia vita, anche se alle volte non ci sentiamo per mesi, e voglio bene anche alla sua famiglia, alla fine le domando dei ragazzi e di Davide, lei mi risponde che stanno tutti veramente bene e che le cose non potrebbero andare meglio. Sono veramente felice nel sentire una mia cara amica, la più cara amica, così allegra, appagata, contenta della sua vita. Le mando un saluto affettuoso, a lei e a tutti i suoi cari ed interrompo la comunicazione. Finalmente giungo nel mio quartiere, parcheggio la mia automobile e mi dirigo a piedi verso la mia abitazione. Oh no! Eccola lì, Manuela, una mia ex fiamma che non desiste, è ferma davanti al mio portone ad aspettarmi. Va bene, sentiamo che cosa vuole. - Ciao Manu, tutto bene? Come mai sei qui? – La vedo triste, con le lacrime che le rigano le guance, inizialmente penso che sia di nuovo uno dei suoi miseri tentativi per tornare insieme, ma presto capisco che c’è qualcosa di più. Lei mi guarda negli occhi e inizia a singhiozzare rumorosamente. – Scusami….., ma non sapevo dove andare….., sei l’unico di cui mi fidi…..- Va bene, stai calma, ma che cosa ti è successo? -

- Ho avuto un brutto incidente, ho distrutto la macchina e sono viva per miracolo, purtroppo era già tardi e non sapevo come muovermi, per fortuna che è successo qui vicino e sono arrivata facilmente da te.- Va bene, ma già hai fatto tutto con i Vigili?- Si, si quello è tutto a posto, è arrivato anche il carro attrezzi a prendere l’auto. – -Dai su, che non è niente, per fortuna non ti sei fatta male, se vuoi ti riaccompagno a casa. – -No questa sera fammi restare qui, ti prego, ho bisogno di te. – -Va bene, dai, non ti preoccupare, ci sono sempre io! Io e Manuela non stiamo più insieme da un po’ di tempo, ma le sono rimasto molto legato, forse anche perché so che lei è sola in città. Bella, affettuosa, bionda capelli lunghi sulle spalle, affidabile, lineamenti delicati e figura sottile ed elegante, ma che volete! È finita la magia. I suoi non sono di Roma, e sento verso di lei la necessità di proteggerla, di tutelarla. Questa sera le do volentieri ospitalità, ci beviamo insieme una buona tazza di camomilla prima di andare a dormire e parliamo fino a tarda notte, quando vedo che è più serena e che finalmente sta prendendo sonno la lascio da sola nella mia camera da letto e vado a vedere un po’ di televisione sul divano che si trova nel piccolo soggiorno con angolo cottura, la mia attenzione viene catturata da una puntata di una nota trasmissione televisiva che si occupa di delitti non risolti, la seguo con attenzione fino a quando le palpebre non si chiudono da sole per la stanchezza e per l’effetto rilassante della camomilla, poi il buio ed un sonno tranquillo senza sogni. È mattino, sono circa le ore otto, e mi sveglio mezzo intontito ed indolenzito per la posizione scomoda assunta durante il riposo notturno, mi alzo e preparo con molta calma la colazione, con latte, cafè e biscotti, vedo Manuela che si affaccia dalla mia camera da letto nel salone dove ho già apparecchiato il piccolo tavolino ovale. - Come va? –Le domando. –Sei più serena?– Lei mi guarda e mi sorride.

- Si, una meraviglia. – poi fissandomi negli occhi mi dice – Grazie! Grazie di cuore. – - Figurati – Le rispondo. – Lo sai che da me troverai sempre una porta aperta. – Continuiamo a parlare e a scherzare stando comodamente seduti a fare colazione di fronte a due tazze di caffelatte, come se fossimo sempre stati solamente dei buoni amici e nulla altro. Poi all’improvviso un velo di malinconia cala sugli occhi di Manu, la vedo che si intristisce di nuovo, e guardandomi teneramente mi chiede – Perché è cambiato tutto? Perché voglio dire è finita? – Io la osservo e non so come risponderle, mi stringo nelle spalle, fisso assorto la tazza della colazione sotto il mio mento, poi di nuovo guardo negli occhi Manu e le dico – Non lo so, non lo so neanche io…, purtroppo capita, così come senza motivo scatta il famoso colpo di fulmine, alle volte sempre senza apparente motivo a tutto, stop, svanisce quella miriade di piccole sensazioni, di brividi sulla pelle, quell’empatia che ti unisce all’altra persona, e quando questo accade, allora è semplicemente inutile continuare a trascinare quello che è oramai solo il ricordo di un qualcosa che poi in realtà non esiste più. Dispiace tantissimo anche a me, ma purtroppo è accaduto,e non c’è una vera motivazione, è accaduto e basta, ma come tu ben sai io ci sarò sempre ogni volta che chiederai il mio aiuto. – - Si lo so, questo è vero, purtroppo alle volte è a me che non basta, però in un modo o nell’altro tu ci sei sempre. – Finalmente sorride di nuovo, poi alzandosi con tranquilla disinvoltura si dirige verso il lavello per accingersi a pulire le tazzine e il bollitore del latte. – No lascia, faccio io! – Le dico, ma lei con voce allegra mi risponde - Fammi almeno ripagare la tua cortesia, d’altronde ieri notte mi hai fatto un grandissimo favore ! –

Non insisto e lascio fare. Nel frattempo suona il mio cellulare, Manu me lo fa notare, io al momento neanche l’avevo sentito, un po’ per pura distrazione assorto come ero nelle mie riflessioni, e un po’ distolto dal rumore dell’acqua che scorreva nel lavello. Vado a prendere il mio telefonino che si trova su di un piccolo segretèr posto vicino all’entrata dell’appartamento, vedo il nome sul display, Giorgia, cosa vorrà? Di prima mattina? Non è da lei. Preso da un momento di esitazione rimango momentaneamente a fissare il piccolo schermo del mio apparecchio, poi decido di risponderle - Pronto?- Ciao Amleto, ti volevo ringraziare per l’aiuto che mi hai fornito ieri ! – - Non ti preoccupare Giorgia, è stato un vero piacere. – Mentre parlo al telefono sento nel frattempo che il rumore che proveniva dal lavello si è pressoché interrotto, probabilmente Manu ha già finito di lavare il tutto, ma non nascondo che tale situazione mi mette leggermente in imbarazzo nel conversare. - Amleto vorrei contraccambiare, se ti fa piacere ti o a prendere io questa mattina e andiamo a fare colazione insieme prima di andare al lavoro. – Beh questo proprio non me lo aspettavo, la prima della classe che mi invita ad uscire, sia pure per una colazione, ma è pur sempre un invito, e non nascondo che sicuramente mi fa piacere, ma come faccio con Manu che mi gira per casa in mutandine bianche e t-shirt? Mi devo assolutamente inventare qualcosa! - Giorgia, accetterei volentieri, ma purtroppo mi hai trovato in un momento un tantino incasinato, devo fare un giro urgente prima di venire in ufficio questa mattina. – -Va bene, come non detto, allora se vuoi usciamo a cena? –

- Si, fantastico, dopo ci mettiamo d’accordo, ci andiamo un attimo a prendere un cafè a metà mattinata e decidiamo il posto, va bene? – - Va bene, a dopo! – Appena conclusa la conversazione, noto Manu che cercando di fare la vaga, mi osserva con un certo interesse dal salottino del mio appartamento, faccio finta di niente, poso il telefonino e vado verso di lei. - Allora Manu, dimmi dove vuoi che ti accompagni, immagino che hai un po’ di cose da fare questa mattina! – - Si, senti se ti va prenditi il giorno libero così vieni a farmi compagnia. – - No, mi dispiace ma proprio non posso, ho molto da fare al lavoro. – - Va bene, allora se puoi accompagnami da Luisa, di sicuro mi porterà lei a fare i vari giri. – - Va bene ! – Così dicendo mi dirigo verso la mia stanza, apro l’armadio e scelgo un completo decente da indossare, prendo una camicia che mi ero stirato il giorno prima e appoggio tutto sul mio letto dove aveva dormito Manu. - Senti vai prima tu o posso andarmi a fare la barba? – domando a Manu. Lei mi fa cenno di andare, non me lo faccio ripetere due volte, mi rado e mi do una bella rinfrescata, poi esco e mentre aspetto che lei finisca a sua volta di rinfrescarsi mi inizio a vestire. Finalmente usciamo da casa, e dopo averla accompagnata dalla sua amica ed essermi assicurato che Luisa avrebbe provveduto a seguirla nei vari giri della mattinata mi incammino verso il mio ufficio, il tutto logicamente nonostante le timide proteste di Manu che continua a cercare di convincermi a disertare il lavoro per are la giornata in sua compagnia. Mentre mi allontano mi sento un verme, lei è completamente presa da me, mentre io ho da tempo archiviato la nostra storia, lo so che se non provo più

niente per lei non mi dovrei sentire in colpa nei suoi confronti, ma ogni volta che la pianto in asso così mi si stringe lo stomaco, si è vero, ciò sicuramente vuol dire che io le voglio bene, e questo sicuramente è vero, Manu è tanto una cara ragazza, una di quelle donne che hanno tutte le qualità che cerca un uomo, forse ci siamo conosciuti troppo presto, se io fossi stato più maturo magari, chissà? Oppure forse è la natura umana, noi siamo tutto e il contrario di tutto, già, come il dubbio amletico dell’essere o non essere, noi siamo luce ed ombra, giorno e notte, amiamo ma al tempo stesso entriamo in vortici e spirali di insofferenza. Abbiamo alle volte l’amore ma non l’apprezziamo, e se non lo abbiamo lo ricerchiamo con tutte le nostre energie fino allo sfinimento dell’animo umano e al completo azzeramento delle sue difese. Ricerchiamo una scintilla di luce nel calore di un abbraccio ma al tempo stesso fuggiamo da legami fissi, stabili, dagli stessi abbracci tanto agognati.

Capitolo III

Arrivo in ufficio verso le ore dieci, trovo già ad attendermi il primo cliente della giornata, oggi ho veramente poca calma e poca pazienza, purtroppo mi capita sempre così dopo una nottata ata in bianco o quasi. Si tratta di un cliente che ha una causa in corso con la provincia di Roma per un incidente automobilistico, per problemi legati alla manutenzione del manto stradale, non è una faccenda particolarmente complessa, ma è lunga e rognosa, lo intrattengo quindi per pochissimi minuti e lo liquido quasi immediatamente. Comunque era il signor Ragni, titolare di una avviatissima palestra della zona, è un uomo di circa quaranta anni, palestrato, e attentissimo all’alimentazione, fisico snello e longilineo, volto smagrito quasi ai limiti della magrezza estrema, ma tonico e vivido di colore sano e rosaceo, parla sempre di fitness, di esercizi aerobici e di diete, insomma non lo reggo, mi dispiace ma proprio non lo reggo, e poi a metà mattinata ho l’appuntamento al bar con Giorgia, e sinceramente non riesco a pensare ad altro, sono completamente preso da questo pensiero, si lo so, non è professionale, ma ogni volta che ho un impegno imminente con una donna mi capita così non faccio altro che prepararmi psicologicamente all’incontro, insomma le donne sono sempre state un mio limite, una specie di mia personale maledizione. Finalmente mi incontro con lei, oggi non so che cosa abbia, nei miei confronti la vedo molto più carina ed aperta degli altri giorni, andiamo a prenderci un cafè e un succo di frutta al bar sotto al nostro ufficio, è una bellissima giornata di sole, una di quelle magnifiche e stupende giornate primaverili romane, che ti fanno apprezzare il fatto di essere vivo e soprattutto di vivere a Roma, si, la nostra città in queste giornate si esalta e mostra tutto il suo splendore, ogni via, vicolo, piazza, ti ricorda che stai nella città eterna, ti parla di storia, di gloria, di papi, imperatori, consoli, senatori, alle volte se ti soffermi a pensare che stai calcando quello stesso suolo già calcato nella grande Roma imperiale ti vengono i brividi sulla pelle, e ringrazi veramente Dio di averti dato l’onore di poter vivere a Roma, e di poterti innamorare di lei, della più bella, della più magica città al mondo, la prima in assoluto, anche prima di Parigi, persino prima di Venezia, lei, solo lei, prima di tutte, lei, l’unica e l’eterna, comunque già ho detto anche troppo, d’altronde bastava dire Roma. Ci mettiamo seduti di fuori ad uno dei piccoli tavolini circolari, Gloria oggi è solare, diversa dal solito, il suo atteggiamento freddo e calcolatore sembra di

colpo essere stato spazzato via, con la stessa facilità e velocità di un colpo di spugna che cancella d’un tratto le scritte su di una lavagna, una giovane coppia è seduta vicino a noi insieme ai loro figlioletti, intorno la vita quotidiana prosegue, la gente va e viene continuamente per la strada, ognuno con i suoi ritmi, con i suoi impegni, lo sguardo mi si perde per un attimo sulle figure formate dagli storni che volano sul cielo cittadino, lei mi prende una mano, quasi sussulto, la guardo negli occhi, oggi è veramente carina, continuo a fissarla, aspetto che sia lei la prima a parlare, mi chiede alla fine se mi faccia piacere questa sera di cenare con lei, logicamente le dico che ne sono molto onorato, anche se non capisco questo improvviso interesse nei miei confronti, io rispetto a lei mi sentivo nettamente, completamente inferiore, logicamente non glielo dico, la osservo invece mentre sorseggia il suo succo di frutta, mi sembra quasi una bambina, una bellissima bambina cresciuta, i suoi occhi quasi scintillano di gioia sotto questi primi raggi di sole, poi finalmente ci mettiamo d’accordo per la cena, devo arla a prendere alle ore venti e trenta sotto casa sua, Giorgia abita al centro, in un quartiere molto elegante. Non vedo l’ora, questa è veramente una fantastica giornata, il cuore mi sussulta per l’emozione, eppure non è da me, di solito non soffro di tutto questo trasporto, ma lei mi piace veramente, sarà forse che la vedevo come una specie di entità astratta, un mio semplice sogno irrealizzabile, invece è stata proprio lei a fare il primo o, non vedo l’ora di giungere sotto casa sua a prenderla per andare a cena insieme. Torno tranquillo al mio solito lavoro, ma già mi sento meglio, più calmo, più riposato, mi chiudo un attimo nel mio ufficio e chiamo il gestore di un noto locale di Roma per prenotare un tavolo per due persone, gli chiedo di riservarmi un trattamento particolare e un posto intimo e riservato, mi posso permettere il lusso di avanzare tali pretese perché il proprietario è un mio caro amico d’infanzia. Attendo con ansia la fine della giornata lavorativa per andare in palestra e fare anziché il solito allenamento in sala pesi, una bella serie di massaggi rilassanti ed una sana sauna purificante. Già pregusto l’idea che mi faccio di quella che immagino come una deliziosa serata intima. Grazie al cielo il resto della giornata prosegue abbastanza tranquilla, voglio dire, non mi capitano rogne particolari né imprevisti di alcun genere, solo impegni ed appuntamenti non impegnativi e già ben pianificati e programmati, insomma pratiche di ordinaria amministrazione. Sono le cinque di sera quando decido di uscire dall’ufficio, e proprio mentre mi accingo ad andarmene sento il cellulare che squilla, guardo il display e vedo che è Manu, quasi non ho voglia di risponderle, ma mi sembra brutto, allora decido di raccogliere la chiamata e di sentire che cosa ella abbia da dirmi. - Ciao Manu, dimmi! –

- Ciao Amleto, ti volevo dire che ho finito solo ora di fare tutti i giri necessari per sistemare l’incidente di ieri, è un vero casino….La sento molto stanca e un po’ stressata, ma non so che cosa io ci possa fare, e poi ho un appuntamento che per me è veramente importante e al quale il mio ego non mi permetterebbe mai di rinunciare. - Senti ti va di mangiare insieme questa sera? – - Mi dispiace Manu ma ho già un impegno di lavoro. – Mento, o forse no. - Ah che peccato, volevo are una serata tranquilla con te. – - Magari un’altra sera, oggi ho un impegno che non posso proprio rimandare.– - Va bene, magari ci sentiamo domani, vuoi?- Va bene cara, a domani. – Finalmente vado in palestra, e come mi ero ripromesso nel corso della mattinata dedico il pomeriggio tutto al relax, inizio con dei massaggi rilassanti che sono eccezionali, Carla la massaggiatrice ha delle mani d’oro, nella stanza vi sono delle luci soffuse che cambiano continuamente colore con delle tonalità calde e confortevoli, nell’ambiente c’è una temperatura costante di circa venti gradi centigradi e l’aria è profumata di essenze tropicali conosciute da Carla e da lei utilizzate ad arte. Questa donna è veramente in grado di rimetterti al mondo, ha una manualità eccezionale e riesce a far scorrere le proprie mani sulle tue fibre muscolari con la stessa naturalezza con la quale un lavoratore di ceramica plasma una sua creazione, e con la stessa apparente facilità tra le proprie mani riplasma e rigenera i corpi che sono sottoposti ai suoi benevoli e rigeneranti trattamenti. Ha solo un brutto vizio, parla sempre con te mentre ti fa i trattamenti, invece io gradirei un silenzio completo, assoluto, ma come dirglielo? Non vorrei essere scortese e maleducato. Comunque è una grande professionista nel suo campo, la prestazione dura circa un’ora, finita la serie di manipolazioni a gambe, schiena e spalle mi alzo notevolmente soddisfatto del trattamento ricevuto, saluto Carla e la ringrazio complimentandomi con lei come al solito, scambiamo qualche piccola battuta e poi di nuovo ci salutiamo in modo definitivo, esco dalla sua sala e mi dirigo in quella più grande dove ci sono gli

accessi a docce, sauna e bagno turco, faccio una doccia fredda e entro nella sauna. Rimango circa cinque minuti da solo, in santissima pace, a rilassarmi, a svuotare la mente, quando un rumore improvviso con una variazione di temperatura immediata mi distrae ed attrae la mia attenzione, è la porta che si apre, qualcuno entra e si mette seduto poco distante da me, poi mi sento chiamare. - Amleto! Come va? Tutto bene? – È Angelo Aureli, un avvocato di mia conoscenza, lavora per un altro studio, però i nostri rapporti sono decentemente buoni, diciamo che ci sopportiamo. Comunque peggio di un avvocato c’è solo un altro avvocato, è sempre un incontro poco piacevole. - Tutto bene, e tu? – - Ah anche io. Ho saputo alcune novità. – - A cosa ti riferisci Angelo? – - Ma come non sai niente?Faccio il vago, e faccio finta di non voler parlare di lavoro, anche se in realtà non so davvero a cosa il collega si riferisca. - Mah! Dipende, tu a cosa ti riferisci.- Ho capito, vuoi tenere le notizie il più riservate possibili e non vuoi parlarne per rispetto dei soci del tuo studio, ma oramai è di dominio pubblico nell’ambiente, si parla solo di quella possibile causa che corre il serio rischio di provocarvi enormi danni. Voglio dire se la causa si farà e se disgraziatamente perderete, lì correte veramente il rischio di chiudere baracca e burattini. – - Ah! Ho capito. – Mento. Cerco di dissimulare con la migliore disinvoltura possibile gli effetti della pugnalata che mi ha appena trafitto la bocca dello stomaco. - Ma dico io come ha fatto Enrico ad andarsi ad impelagare in una storia simile? Lui un socio fondatore del vostro studio! Che brutta storia! Prostituzione minorile! Non puoi chiedere delle prestazioni sessuali a una minore perché il

padre è in difficoltà economiche e non riesce a far fronte alle parcelle!– Mi si gela il sangue, non può essere vero, Enrico non può aver fatto una cosa simile, oggi non l’ho visto in ufficio, non so il perché ma effettivamente era assente. Comunque faccio buon viso a cattivo gioco. - Sono tutte cose false, vedrai si chiarirà tutto. – Dico cercando di essere convincente. - Ah se lo dici tu! E quelle foto come te le spieghi? – - Credimi, è tutto spiegabile, vedrai che ho ragione.– Maschero di nuovo la mia ignoranza della storia. Ma quali foto? Di cosa sta parlando? Sui giornali non c’era nulla, forse è uscita qualche notizia alla radio hanno detto qualcosa al telegiornale oppure c’è del materiale sul web. - Va bene, se lo dici tu! Comunque io ne ho abbastanza della sauna, ci vediamo. – - Va bene a presto. – Angelo esce e mi lascia da solo, mi faccio forza, cerco di riprendermi dalle notizie non ancora ben digerite, mi sento lo stomaco in subbuglio, mi viene da vomitare ma riesco a controllarmi solamente grazie a un grandissimo sforzo di concentrazione.

Capitolo IV

Ore otto di sera, sono appena uscito dalla doccia, mi asciugo molto velocemente, mi vesto, prendo tutte le cose nell’armadietto e le metto in borsa, esco dalla palestra ed entro nella mia modesta automobile che uso per andare a casa a mettermi qualcosa che sia più indicato per la serata, salgo di corsa le scale che portano sul mio pianerottolo, incontro la signora Nardi, la saluto, lei mi sorride, è una tenera vecchietta che abita nel mio palazzo, arrivo davanti alla porta di casa, la apro, poso la borsa all’ingresso, vado subito in camera a cercare una camicia chiara e un paio di pantaloni casual color cachi, abbino una cinta marrone chiaro con scarpe dello stesso colore e calzini color sabbia, mi pettino ando con le mani un po’ di gel, mi guardo allo specchio, si, così mi piaccio, può andare, do una veloce letta alle principali home page dal mio computer portatile, finito ciò riscendo in strada e prendo di nuovo la mia auto, verso le ore otto e quarantacinque di sera mi trovo sotto casa di Giorgia, le citofono, lei mi risponde e mi chiede di salire nel suo appartamento, prendo l’ascensore e salgo all’ultimo piano, è proprietaria dell’attico e super attico, arrivato quindi al decimo livello suono al suo camlo, mi apre la porta, è bellissima, ha delle gambe mozzafiato, camicetta di seta nera leggermente aperta, gonna dello stesso colore due palmi sopra il ginocchio che lascia ben intravedere la forma lunga ed affusolata delle gambe, cinta sottile bianca che circonda una vita minuta da vespa, rossetto rosa sulla pelle abbronzata, orecchini d’oro con diamanti e collana d’oro con un piccolo ciondolo che sembra giocherellare tra i suoi due bei seni tondi e turgidi. A me lei già appare perfetta così com’è, anzi mi sembra una dea greca, ma lei una volta invitatomi ad entrare mi indica un salotto nel quale mi chiede di attenderla mentre finisce di sistemarsi. Ne approfitto per versarmi un po’ di brandy mentre la aspetto impazientemente, il salottino è veramente delizioso, c’è una vista spettacolare dalla porta finestra che si affaccia sull’ampio terrazzo, è tutto arredato in stile moderno con colori chiari e profilature cromate, c’è un bellissimo tavolino ovale di cristallo semplice e raffinato allo stesso tempo posto di fronte al divano di pelle in capitonè, e nella sala sono esposti in bella evidenza quadri e statue d’autore a completare l’arredamento. C’è poi un bellissimo acquario gigante che attrae tantissimo la mia attenzione che fa da tramezzo tra il salotto e la sala da pranzo. Mi siedo in questo contesto delizioso e mi godo il mio brandy. Ottimo anch’esso, non posso saperne la marca perché la bevanda è contenuta in una bottiglia di cristallo, ma di sicuro è di qualità

eccezionale, direi almeno sugli ottanta o cento euro a bottiglia. Lo assaporo con molto gusto, inizialmente preferendo l’olfatto come senso al palato, muovendo in modo circolare il calice favorendo l’apertura degli odori della bevanda per respirarli con grande soddisfazione, successivamente l’assaporo con il palato, bevendo il liquore contenuto nella coppa di cristallo. Intanto sento Giorgia che canticchia beatamente mentre si trucca. Aspetto per circa dieci minuti, la sento che cerca confusamente qualcosa, dai rumori che mi giungono sembra che stia scegliendo quale paio di scarpe mettere. Ma chi se ne frega, sei perfetta anche scalza. Penso tra me. Finalmente mi appare davanti e con un sorriso che mi manda in estasi mi dice che è pronta. Mi si siede vicino dopo essersi versata a sua volta un sorso di brandy, finiamo comodamente di berlo sullo splendido sofà. Poi lei decide che è ora di muoverci da casa, io la seguo, chiudiamo insieme la porta dell’abitazione alle nostre spalle e prenotiamo l’ascensore, salgo nella cabina insieme a lei, l’istinto di approfittare della situazione è fortissimo, e a fatica riesco a calmarmi. Scendiamo al piano terra, la mia auto è a poche decine di metri dall’ingresso del palazzo, la raggiungiamo agevolmente, saliamo sulla vettura e iniziamo a muoverci in direzione del ristorante. Durante il tragitto corro per ben due volte il rischio di provocare un incidente, in quanto non riesco a tenere lo sguardo fisso sulla strada, tento di rimanere concentrato ma la mia attenzione è sempre catturata dalle sue gambe, lisce, sode, affusolate, bellissime. Cerco di lottare con me stesso anche per tenere il più possibile a freno la mia mano destra la quale trovandosi sul cambio a pochi centimetri dalla coscia sinistra di Giorgia sembra avere sviluppato una volontà propria e la sento che vorrebbe scattare e posarsi su quelle calme e armoniose colline e scoprirne i tesori da esse celati. Lei sembra accorgersi di tutto, mi guarda e ride, poi di nuovo rivolge lo sguardo alla strada, continuando però a sorridere con gusto, le si legge un allegro scintillio negli occhi, mi piacerebbe fermare questa immagine nella mia memoria e conservarla per molto tempo, in questo momento Giorgia mi appare ancora più bella. Arriviamo finalmente alla meta ricercata, entriamo nel grande parcheggio riservato al locale e scendiamo quasi di fronte alla porta di ingresso. Entriamo, ad accoglierci troviamo un ambiente molto elegante e raffinato, lampadari ed applique di cristallo e di vetro di murano che troneggiano al centro della sala e sulle pareti perimetrali, tinte delle mura color crema, tavolini tondi con tovaglie chiare e merlettate, sottopiatti d’argento e bicchieri di cristallo, e logicamente al centro di ogni tavolo dei candelabri accesi e degli splendidi fiori. Prima di raccogliere le ordinazioni il cameriere ci porta un piccolo aperitivo, esso è composto da due calici di prosecco e da alcuni stuzzichini veramente deliziosi.

Noi continuiamo a parlare del più e del meno, nel locale c’è una musica di sottofondo, non ne sono un amante ma mi sembrano delle melodie di musica classica. Torna il cameriere per prendere le ordinazioni, gli chiedo di portare un antipasto completo di pesce, chiedo soprattutto del crudo, anche dei frutti di mare, ostriche e fasolari, una bottiglia di acqua gassata, e una buona bottiglia di vino bianco, anzi un’ottima bottiglia di vino bianco, un Cannonau Capichera vendemmia tardiva. Per me come primo dei semplici tonnarelli allo scoglio, mentre Giorgia ordina delle linguine con bottarga, non di muggine ma di tonno, intera e fresca, non in polvere. Per secondo siamo in pieno accordo, una bella spigola al sale. I dolci li vedremo dopo. Il cameriere si allontana la-sciandoci nuovamente soli. Lei mi guarda negli occhi, non so come faccia, ma le viene uno sguardo da cerbiatta, forse un po’ troppo da cerbiatta, ciò mi fa drizzare un’antenna d’allarme, poi con voce calda e sensuale mi chiede – Amleto! Ti vorresti mettere in società con me? Vorresti aprire uno studio insieme? Sai, sono mesi che ti vedo lavorare, e mi sono fatta un’idea di te molto buona, sei in gamba, efficiente e preparato. Poi saprai bene che forse è il caso di cambiare ambiente, il posto nel quale stiamo attualmente al momento è poco salutare per degli avvocati che vogliano avere successo, ed io sono molto ambiziosa, non è un segreto. Purtroppo Enrico sembra averla fatta grossa, non ci si approfitta così di una minorenne, soprattutto non lo si fa se si esercita una professione delicata come la nostra.– Prima di raggiungere Giorgia ero ato a casa a cambiarmi, non mi piaceva molto l’abbiglia-mento che avevo uscendo dalla palestra, e ne avevo approfittato anche per vedere i siti internet dei principali quotidiani, era scoppiata veramente una bomba, e questa bomba si era abbattuta proprio sul nostro studio legale, uno dei nostri maggiori rappresentanti accusato di favoreggiamento della prostituzione minorile. Non ci potevo credere, e ancora non posso crederlo. Io sono convinto dell’innocenza di Enrico, almeno per come lo conosco io. Rifletto velocemente sulla proposta accattivante di Giorgia, mi da del tradimento, non voglio fare questo ad un amico, neanche per le grazie di Giorgia. La guardo e le rispondo con pacata calma – Io aspetterei un po’ prima gi giudicare un collega senza prove concrete, vedi, Enrico non è uno stupido per come lo conosciamo noi, e sono sicuro che non può aver fatto una cosa simile!– - Ma, se ci sono anche quelle foto! Come fai a dire che secondo te non può aver

fatto una cosa simile? E’ un uomo, e come tutti gli uomini è umano, vulnerabile, non puoi essere sicuro al cento per cento di lui!– - Si, le foto le ho viste, ma non provano assolutamente niente, Enrico era molto amico di quella famiglia, andavano anche in vacanza insieme, sono delle semplici foto al mare scattate durante una vacanza, e poi non puoi essere neanche sicura al cento per cento che lui sia colpevole.– - Si ma lei era in braccio ad Enrico, sembrava un atteggiamento molto intimo. – - Ti ripeto che lui era molto amico di quella famiglia, mettici pure che non ha figli e che quella ragazzina la considerava come una figlia, ma logicamente si è più portati a vedere il male in un atteggiamento piuttosto che il bene. – - Senti, io non rimango su una barca che affonda, a me interessa poco se è vero o falso, so solo che tutta quella spazzatura è tanta cattiva pubblicità per uno studio legale. Allora che fai?- – - Giorgia, non ti dico di no, ma ho bisogno di un po’ di tempo per pensarci, non mi piace abbandonare così un amico, Enrico ha fatto tanto in questo studio, si può dire che lo abbia creato lui, che sia una sua creatura, e finora è sempre andato tutto bene e tutti eravamo contenti e stavamo con lui, ora che è arrivata questa randellata non mi sembra giusto fuggire tutti e lasciarlo da solo, non mi sembra proprio corretto, magari più tardi, se proprio dovesse essere estremamente necessario, allora si, ma ora io proprio non me la sento. – - Guarda che sul lavoro si deve ragionare in termini economici, non in termini di amicizia, forse dovresti pensare un tantino di più a te stesso, di sicuro il tuo caro amico si sarebbe comportato in un altro modo, lo conosciamo, sappiamo bene che alle volte sa essere uno squalo e che ha veramente pochi scrupoli di coscienza. – - Sarà, ma io vorrei aspettare, io ragiono a modo mio! – - Va bene, come vuoi! Ti do un mese per pensarci, ma non di più, poi o dentro o fuori!– Me lo dice con un’espressione che è un misto tra il deluso e lo scocciato. Poi prende il bicchiere del vino e ne assapora un piccolo sorso, vedo un’espressione compiaciuta nel suo viso, sembra che la scelta della bottiglia sia stata indovinata,

eh si dico tra me assaporando a mia volta la deliziosa bevanda, è un vino molto profumato, con sapori freschi, veramente gradevole con il pesce. Da quel momento in poi stipuliamo una silenziosa ma tacita tregua, ci gustiamo la appetitosa cena, finita una sfilza interminabile di antipasti di pesce crudi e cotti, iamo poi ai primi e successivamente ai secondi, per poi ordinare il dolce, lei prende una porzione di sbriciolata, mentre io una porzione di zuppa inglese, che è una mia grande ione. Pienamente soddisfatti del pasto ordiniamo degli amari, ce li gustiamo guardandoci negli occhi con segnali di inviti reciproci, quindi chiedo il conto, pago e lascio una mancia di dieci euro sul tavolo, ringrazio il mio caro amico, il titolare del locale che mentre usciamo dalla porta mi invia una strizzatina d’occhio per complimentarsi dell’acchiappo della serata. Saliamo sulla mia auto, un’utilitaria da poche pretese, accompagno Giorgia sotto casa, e di sicuro visto il mio diniego alla sua proposta di affari non mi aspetto che mi inviti a salire, eppure lo fa, non mi faccio di certo ripetere l’invito due volte e la seguo, entriamo nell’ascensore e come si chiudono le porte mi abbraccia e mi bacia, lasciandomi leggermente stordito ed interdetto per qualche secondo, poi però ricambio con impeto, scendiamo al suo piano, apre la porta del suo appartamento che ci stiamo ancora baciando, entriamo, la seguo nella stanza da letto, preso dalla ione non trattengo la mia furia animalesca, le strappo letteralmente via di dosso i vestiti, lei rimane in reggiseno e mutandine a perizoma, ridendo finge di sfuggirmi, io riesco a prenderla e a stringerla a me, le sgancio il gancetto del reggiseno, ha due seni stupendi, tondi, turgidi, scendo delicatamente a baciarle il ventre e a levarle le mutandine. Lei con una forza che mi lascia di sasso mi da uno spintone e mi fa cadere all’indietro sul letto, mi salta addosso e mi immobilizza stringendomi i fianchi con le gambe, continuiamo a far l’amore per tutta la notte, fino a quando non siamo stanchi esausti, poi ci addormentiamo l’uno vicino all’altra come se fossimo stati sempre due teneri amanti.

Capitolo V

Ore nove del mattino, apro gli occhi, sono stanco morto, di sicuro avrò delle occhiaie spaventose, tra un po’ dovrò recarmi al lavoro, non sono neanche a casa mia, devo sbrigarmi a are da me, radermi, lavarmi, e vestirmi, altrimenti farò veramente tardi, ma chi me lo ha fatto fare di rimanere qui? Già la odio. Poi la vedo mentre dorme, tranquilla, beata, angelica e mi a tutta la rabbia. Un leggero raggio di sole primaverile che penetra dalla finestra le illumina il viso, Giorgia sta ancora dormendo beatamente, quella flebile luce esalta ancor più la freschezza della sua pelle, la osservo per un breve momento, ha una espressione dolce, rilassata, magari sta sognando, le faccio una carezza sul viso, lei si sveglia, si gira verso di me e mi lancia un bacio, le dico che se non si sbriga farà tardi, ma lei mi risponde che non gliene frega niente, che vorrebbe rimanere tutto il giorno a letto con me, io sorrido, non nascondo che l’idea mi solletichi, ma non è possibile, abbiamo degli impegni, e con tutti i casini che stanno accadendo bisogna essere ancora più svegli seri e professionali del solito, glielo faccio notare, ma lei mi risponde che non le importa, che vorrebbe solo aprire uno studio con me, io sorrido, le faccio un’altra carezza, poi le do un bacio sulle labbra, e dopo le ricordo che non sono ancora pronto, che sono un uomo che non è abituato a scappare, a fuggire, o ad abbandonare così su due piedi un amico o un collega che si trova di fronte alle prime difficoltà, proprio come un domani non abbandonerei lei se mai dovessimo aprire un giorno uno studio insieme. All’improvviso il mio telefono squilla, vedo il nome di Manu nel display, di risponderle non ne ho voglia, e non lo faccio, mi sento in colpa anche se non dovrei, non è certo la prima volta che vado con una donna da quando ci siamo lasciati, ma in questo caso qualcosa mi fa sentire colpevole, forse sarà che Giorgia mi piace davvero. Mi alzo dal letto, decido di farmi una doccia qui nel suo splendido attico, così faccio. Quando esco dal bagno mi vesto con gli indumenti della sera prima per poi are a casa a cambiarmi. Prima però saluto la mia cara collega, le do un bacio sulla guancia e le dico che ci vediamo in ufficio, lei sbuffa, però mentre esco dall’ appartamento la sento mentre si alza dal letto. Arrivo allo studio verso le ore nove e trentacinque minuti, trovo un clima leggermente teso, tutti lavorano come al solito con grande frenesia e con grande professionalità, ma si respira un’aria diversa, strana, più pesante. Vedi negli

sguardi di tutti un segno di preoccupazione, non c’è chi scherza con altri colleghi come capita ogni mattina, non appare il buffone di turno che racconta qualche barzelletta o che ci rende nota qualche sua avventura amorosa, sembra quasi di essere improvvisamente entrati non dentro ad uno studio legale di Roma, bensì dentro ad uno studio legale berlinese o di qualche altra cittadina tedesca, svizzera o austriaca, tutti seri, impostati, ognuno che pensa solamente a fare il proprio lavoro, e ognuno che ha quasi paura a parlare con gli altri, ad essere naturale, che ha paura a far comprendere o capire ciò che realmente pensa, insomma sembrano tutti trincerarsi dietro a delle maschere che non facciano comprendere od intuire i loro pensieri, i loro sentimenti e le loro preoccupazioni più profonde. Alle ore dieci del mattino arriva nel mio studio una segretaria e mi dice che Enrico ha fissato una riunione alle ore undici con tutti gli associati e con tutti i collaboratori, che i miei appuntamenti come quelli degli altri colleghi sono stati già spostati alla settimana successiva, mi dà una copia della nuova programmazione degli impegni con i miei clienti al fine di consentirmi una pronta consultazione ed una eventuale nuova pianificazione. La poso sulla mia scrivania e mi riprometto di verificarla con maggiore cura nella tarda mattinata. La segretaria esce e mi saluta, facendomi un cordiale sorriso, molto , molto aperto, quasi ammiccante. Mi devo ricordare di lei, prima o poi la inviterò a cena, si chiama Chiara, capelli nero corvino, lunghi sulle spalle, occhi azzurri, zigomi leggermente alti, con delle fossette ben delineate sulle guance, forse rifatte, seno prosperoso e fisico longilineo e sottile, io prima o poi ci provo, hai visto mai fosse un periodo fortunato! Comunque, approfitto della cancellazione degli appuntamenti della mattinata per mettermi a leggere i numeri arretrati delle riviste giuridiche alle quali sono abbonato, non trovo nulla di nuovo o di interessante, ma continuo a cercare di rimanere concentrato nella lettura, anche per ingannare l’attesa, devo assolutamente fare qualcosa per distogliere l’attenzione da quella che al momento è la mia ansia principale, ossia la riunione che ci sarà tra circa quarantacinque minuti con Enrico. Così mi metto a leggere tutta la finanziaria approvata lo scorso dicembre dal governo, non che me ne importi nulla personalmente, io non ho tutti questi beni al sole da proteggere, e non mi occupo di quel ramo giuridico, che riguarda di più il settore tributario ed amministrativo, però, è l’unico articolo veramente interessante che ha catturato la mia attenzione. Di Giorgia neanche l’ombra, o davvero non si è presentata in ufficio questa mattina, oppure si è offesa con me perché le ho ribadito la mia intenzione di stringermi momentaneamente intorno ad Enrico in questo momento così delicato, mah ! Staremo a vedere.

Mi collego ad internet, per vedere le homepage delle principali testate giornalistiche, ciò per farmi un’idea di quello che dicono e di quello che sanno i giornali. Vedo che si parla ancora molto del caso, della presunta scappatella, delle foto compromettenti che ritraggono Enrico con la ragazza di giorno in spiaggia, oppure di sera in alcuni locali notturni presso una località turistica molto conosciuta e ben frequentata. Se non fosse che conosco veramente bene il mio collega penderei subito anche io per la tesi della veridicità delle accuse, ma so bene di chi stiamo parlando, e inoltre c’è qualcosa che mi sfugge in tutta questa storia, ho una certa conoscenza della famiglia che lui frequentava, ho anche visto la ragazza in questione circa tre mesi fa che gli faceva visita allo studio, che lo andava a trovare, oggi lei è maggiorenne, e la faccenda alla quale si riferiscono risale a circa quattro anni fa, a giudicare dalle foto della ragazza infatti più o meno la data nella quale esse sono state scattate risale infatti a circa quattro anni or sono, ma allora perché hanno aspettato così tanto? Perché lei tre mesi fa era venuta a trovarlo e rideva e scherzava con lui? Che cosa c’è sotto? Intanto si sono già fatte le ore dieci e cinquanta minuti, mi alzo dalla sedia, do uno sguardo fuori dalla finestra della mia stanza, mi perdo nella contemplazione del panorama e non solo, mi smarrisco un po’ nelle mie riflessioni, osservo la vita quotidiana che scorre tranquilla con i suoi ritmi al di fuori del nostro ufficio, nel parco a noi adiacente molti fanno jogging, alcune coppie eggiano mano nella mano, dei fidanzatini di quindici o sedici anni sono tra di loro avvinghiati su di una panchina e si baciano con tale foga e bramosia che corrono il rischio di rimanere senza fiato o forse senza lingua, poco distante da loro un vecchio signore porta a so un cane di piccola taglia, anche lui piuttosto malandato come il suo padrone, sicuramente l’amico fedele di una vita, ed una giovane mamma porta a eggio il suo bebè, si ferma vicino ad una panchina, prende il suo pargolo, si mette seduta e tira fuori un seno per allattare il piccolino. Intanto io continuo a riflettere su tutta la faccenda. Sento la porta del mio ufficio che si apre alle mie spalle, mi giro e vedo Giorgia, ella mi guarda negli occhi e mi sorride, poi mi da il buongiorno. Attendo che mi si avvicini richiudendo la porta dietro di se, mi viene avanti mettendomi le mani sulle spalle e dicendomi ancora – Buongiorno Amleto! – Io la guardo negli occhi, rimango però fermo, senza muovermi, mi sento a disagio, siamo nel mio ufficio, sul luogo di lavoro, non ho alcuna intenzione di farmi sorprendere in atteggiamenti teneri nello studio per il quale lavoro, lei quasi indispettita si scosta leggermente da me, però dopo aver messo inizialmente il broncio riconosce che ho ragione e che dei comportamenti simili potrebbero essere considerati sconvenienti e potrebbero quindi mettere a

rischio i nostri lavori. Alla fine rimaniamo tutti e due d’accordo su una fredda razionalità e professionalità quando ci troviamo nei confini dello studio. Nel frattempo già si sono fatte le ore undici, così ci incamminiamo verso la sala riunioni, si tratta di un ambiente di circa centocinquanta metri quadrati, con la parete di fondo costituita da un’immensa lastra di cristallo dalla quale non solo è facile ammirare il panorama sottostante ma dalla quale è possibile godere anche di un’ottima veduta dei vicini castelli romani. Enrico abitualmente si siede dando le spalle alla vetrata, mettendosi seduto a capo tavola del grande tavolo ovale, anch’esso di cristallo e sorretto da una struttura di metallo cromato. Esso è poi attorniato da sedie di design moderno costruite sempre con lo stesso materiale che sorregge la lastra del tavolo, con schienali e sedute in pelle chiara di vitella. Quando giungiamo noi, quasi tutti i colleghi convocati sono presenti nella sala, e quasi tutti hanno occupato i loro abituali posti a sedere, Enrico invece è dietro alla sua sedia, in piedi, ci da le spalle, sta ammirando il panorama sottostante come spesso fa, forse è il suo modo per rilassarsi e per scaricare la tensione. Quando poi si accorge che ci siamo quasi tutti si gira verso di noi, ci saluta con un cordialissimo sorriso e sedendosi dichiara l’inizio della riunione. Enrico ha circa quarantacinque anni, non è molto alto, tra uno e sessantacinque e uno e settanta centimetri, capelli nero corvino, naso aquilino occhi verdi con taglio stretto e sottile, carnagione olivastra, e fisico atletico e nerboruto. Esordisce dicendo che sicuramente saremo venuti tutti a conoscenza del fatto, che lui è stato spiacevolmente coinvolto in una vicenda molto delicata, e che avrà modo sicuramente di spiegare tutto alle autorità competenti, e di dimostrare che si tratta di accuse infondate e di fatti inesistenti, poi guardandoci negli occhi uno ad uno mentre parla ci dice – Capisco che la situazione è molto spiacevole, comprendo anche che alcuni di voi probabilmente stiano già pensando di abbandonare questo studio per paura di poter essere investiti da una cattiva pubblicità, e a chi prenderà tali decisioni non porterò alcun rancore, ma vi assicuro che questa vicenda si chiarirà molto presto, e che chi rimarrà al mio fianco e continuerà con me la strada fino ad ora intrapresa, beh verso queste persone saprò essere molto riconoscente e con loro costruirò ancora tanto, continuerò a costruire per noi e per le nostre famiglie un futuro ancora più roseo di quello che ci si poteva aspettare, e faremo molta più strada di quella fatta fin qui, mentre per chi prenderà altre strade, allora per loro il massimo rispetto, la massima stima ed amicizia, la massima comprensione per le scelte da loro fatte, la massima considerazione umana e personale, ma quando ci si incontrerà sul mondo del lavoro, allora lì ognuno porterà avanti i propri interessi, e come si dice sportivamente parlando “amici fuori dal campo ma

nemici in campo”, spero che quanto detto sia molto chiaro a tutti, e che a tutti arrivi lo stesso messaggio nella stessa intensità, per il resto io non ho altro da dire, se qualcuno però dovesse avere domande da farmi si faccia pure avanti, altrimenti chi vorrà potrà trovarmi sempre nel mio ufficio. – Mi è sempre piaciuto il suo modo di comunicare, il suo stile, elegante e intimidatorio nello stesso tempo, un burattinaio che anziché muovere i fili di tanti burattini riesce a controllare tanti piccoli uomini facendo leva non solo sulla sua capacità di persuasione, ma soprattutto facendo pressione sulle debolezze, le paure, le incertezze di questi piccoli individui che lui grazie alle sue doti riesce così facilmente a manovrare. In pratica con molta eleganza ha detto a tutti che se vogliamo lo possiamo pure abbandonare senza troppi rimorsi di coscienza, senza interrogarsi su quella che potrebbe essere la sua sorte, umana, lavorativa, sociale, ma ci fa anche capire che chi lo farà, dovrà mettere in preventivo una cosa, ossia che se lui dovesse riuscire ad uscire fuori da solo da questa storia, allora se e quando lui potrà, presenterà il conto a tutti, e se lo conosco bene quel conto sarà molto salato. Nessuno parla, nessuno fiata, a quanto pare anche gli altri hanno captato il messaggio nello stesso modo nel quale l’ho interpretato io, vedo che c’è anche chi si guarda negli occhi scambiandosi segnali titubanti ed incerti, tutti rimangono ammutoliti e ghiacciati dal discorso appena sentito, non possiamo far altro che apprezzare l’eleganza e la diplomazia con la quale è giunta questa minaccia raffinata. Allora lui sorridendo sicuro di aver fatto centro, di nuovo ci guarda e ci chiede – Tutto chiaro? Spero che non ci sia nessun fraintendimento! Visto che nessuno di voi fa domande, dichiaro la riunione finita e vi invito a tornare ognuno al proprio lavoro. – Tutti si alzano in silenzio, e si dirigono diligentemente ognuno nei propri uffici. Io come mia abitudine attendo che gli altri defluiscano dalla sala, poi mi avvio a mia volta. Mi sento però chiamare da Enrico, mi giro, lui è nuovamente voltato di spalle e sta di nuovo contemplando il panorama sottostante – Amleto, ho bisogno di parlarti in privato, va bene tra trenta minuti nel mio studio? – Rispondo subito senza rifletterci troppo. - Va bene Enrico, ci vediamo da te, tra mezzora mi trovi li. –

Lo saluto ed esco dalla sala. Vado nel mio ufficio, mi interrogo su quale potrebbe essere il motivo per il quale mi vuole incontrare separatamente dagli altri. Forse ha saputo, ha sentito qualcosa del mio incontro con Giorgia, forse vuole andare a fondo su quello che ci siamo detti io e lei, forse ha dei sospetti su di lei o peggio ancora su di me, tutte queste ipotesi mi agitano a fondo, mi viene voglia di un sorso di brandy, ne ho una buona bottiglia dentro al cassetto della scrivania, vado per prenderla ma poi cambio idea, non vorrei che si accorgesse che ho bevuto, che sono nervoso, ma poi nervoso di cosa? Io l’ho difeso, ho rifiutato l’offerta di Giorgia, forse sono nervoso per lei? Io? Io che sono sempre ato sopra ai sentimenti e alle storie serie? Forse si, e questa cosa mi spaventa, corre il rischio di rendermi vulnerabile, dopo neanche un giorno di relazione poi! Devo troncare subito, non è possibile, dopo la chiacchierata con Enrico chiamerò subito la segretaria di prima e la inviterò a cena fuori, come si dice “chiodo scaccia chiodo”. Rifletto su come are il resto della giornata, dico dopo aver concluso l’attività lavorativa, anche perché non so proprio come rilassarmi, se leggo una rivista ho paura di agitarmi ancora di più, quindi è meglio che mi programmi per bene l’attività del dopo lavoro. Forse andrò in palestra, oggi però la dedicherò tutta alla sala pesi, devo assolutamente scaricare la pressione accumulata durante la giornata, altrimenti tra un po’ inizierò a fischiare come una pentola a vapore. Poi se tutto va bene andrò a cena fuori con Chiara, e dopo dipende tutto da come evolverà la serata, o andremo all’inaugurazione di quel nuovo locale notturno che stanno aprendo, oppure a una delle solite discoteche note oppure se la tipa mi da buca andrò in un night club di mia conoscenza dove in ato già sono stato un ottimo cliente. Il gestore era anche un mio assistito. Nel frattempo arrivano le ore undici e cinquanta, mi trovo di fronte alla porta dell’ufficio di Enrico, mi sento un crampo allo stomaco, comunque prendo il coraggio necessario, busso ed entro, lo trovo seduto alla sua scrivania, che guarda nella mia direzione, con sguardo fisso e serio, difficilmente penetrabile. Di solito quando fa così non è un buon segno, deve sicuramente dirmi qualcosa di greve, di serio. Mi fa segno di venire avanti, di accomodarmi, ma senza proferire parola, chiudo la porta voltandogli momentaneamente le spalle, in quel momento mi verrebbe spontaneo di farmi il segno della croce, anche se non sono un fedele praticante, diciamo che ho un rapporto del tutto personale con la fede. Mi volto nuovamente verso di lui e lo raggiungo, mi siedo su di una delle due comode sedie di pelle poste di fronte alla sua scrivania in noce. È una stupenda scrivania a forma di ellisse, credo che solo questo mobile costi almeno

diciottomila o ventimila euro, nel piano è incassata una pietra dalla tonalità che va da un verde chiaro ad un verde scuro, non so se sia marmo oppure onice, comunque l’effetto è molto bello, sono presenti sul pianale delle piccole sculture e delle piccole miniature in porcellana di capodimonte, esse sono sparse qua e la in modo ordinato insieme a vecchi pennini con calamaio e a un porta biglietti da visita. Ora lui mi guarda negli occhi, ano dieci secondi per me interminabili, poi finalmente mi rivolge la parola. - Tu cosa pensi? – Vuole il mio parere, quasi mi stupisce, sembrerebbe quasi una manifestazione di debolezza da parte sua. - Dipende Enrico, tu cosa mi sai dire? – - Che si sono trovati economicamente in difficoltà e hanno provato ad incastrarmi con delle foto che ti assicuro sono innocenti. – - Però potrebbero sembrare equivoche, c’erano dei contatti fisici, sia pure abbracci o cose di questo genere. – - Si è vero, ma era una vacanza nella quale c’eravamo tutti, anche i suoi genitori, e lo sai che per me lei era quasi una figlia. – Lo vedo che abbassa lo sguardo, gli occhi verdi gli diventano lucidi, delle lacrime gli cadono dalle palpebre inferiori e gli rigano il viso. Io rimango sbigottito, non avrei mai creduto di vederlo così provato, non lo avevo mai visto incerto o titubante di fronte a nessuno e a nulla. Figurarsi vederlo piangere! Non so che dire, il mio imbarazzo è troppo grande, poi è di nuovo lui che prende la parola. - Se lo dici a qualcuno ti rovino! – Mi dice rivolgendomi un mezzo sorriso. Io sorrido a mia volta facendo un cenno di assenso. - Comunque non ti ho chiamato per sfogarmi, già ho chi seguirà e chi curerà il mio caso, ma voglio che ci sia anche qualcuno di mia maggiore fiducia nella squadra. Sottolineo maggiore fiducia, il che non vuol dire che non mi fidi dei colleghi che ho già incaricato, significa invece che mi fido moltissimo di te.–

Sicuramente mi sento molto onorato di una dichiarazione così esplicita da parte sua, ma so anche che non è la mia materia, non ho mai seguito un caso penale in vita mia e non sono preparato su quel ramo del diritto, quindi decido di farglielo notare. - Io ti ringrazio tantissimo della stima che tu mi manifesti, però quello non è il mio canale, non sarei in grado di portare avanti una causa penale, anche con tutta la buona volontà e con tutta l’amicizia che nutro per te, non saprei veramente da dove iniziare! – - Si, lo so, non penserai mica che mi sia rincoglionito tutto insieme? So bene che non è il tuo ramo, ma so anche che sei una persona sulla cui fedeltà ed onestà io posso contare, e so per di più che non sei uno stupido. Come ti dicevo il caso lo porteranno avanti due tuoi colleghi molto competenti per materia, ma gradirei che tu fi squadra con loro perché dopo quello che mi è accaduto io non mi fido più al cento per cento di nessuno, poi è ovvio che anche io in qualità della mia preparazione giuridica pur risultando come imputato e come vostro assistito non mi appoggerò solamente su voi tre, ma penserò anche io a curare i miei interessi, però voglio un altro paio di occhi oltre ai miei a controllare che nessuno combini qualche casino. Sicuramente è solo una mia paranoia, ma ti chiedo questa cortesia. – - Enrico, che ti posso dire? Va bene, se lo ritieni estremamente necessario io sono pronto e a disposizione. – - Benissimo, tu dovrai collaborare con Randi e Linetti, logicamente ti riconoscerò una parcella, anche perché ti chiedo di abbandonare ogni tua pratica e di cederla momentaneamente a uno o forse è meglio a più associati del nostro studio, così almeno non ingolfiamo nessuno. – - Bene, hai già studiato insieme ai colleghi una linea difensiva? – - Si, partiamo dal solito presupposto che comunque l’onere della prova è a carico loro, e che comunque a parte quelle foto, che io posso tranquillamente spiegare, non hanno assolutamente niente in mano, anche perché io quella ragazza l’ho trattata veramente come si tratta una figlia, poi ti dico subito che quella vacanza si svolse in una località turistica nella quale io vado ogni estate da venti anni, li mi conoscono tutti, e ci sono già molte persone che ho contattato e che sono disposte a testimoniare dichiarando quale tipo di rapporto avessi io con la

ragazza e con la sua famiglia, sono inoltre disposti a deporre i gestori di quello stabilimento balneare dove siamo stati fotografati dai suoi genitori, alcuni clienti dello stabilimento, i gestori della discoteca dove sono state scattate le altre foto e anche qui alcuni dipendenti della stessa, dove andavamo tra l’altro sempre con i suoi genitori, ma dico io ti rendi conto? Sicuramente Alessia poverina non centra nulla, anche perché il casino è partito da Mauro, il papà, ma a distanza di anni, mi viene addirittura da pensare che da parte dei genitori fosse già una cosa premeditata fin dall’inizio, sappi che prima che venisse inviata la lettera di denuncia ai giornali firmata da Giorgio, alla quale erano allegate le foto, esse, già mi erano state recapitate qualche mese prima, inizialmente avevo pensato in buona fede che fosse un gesto carino, che mi avessero semplicemente inviato dei ricordi di una bella vacanza ata insieme, ma poi lui mi chiamò e fissammo un appuntamento per parlarci, io pensavo semplicemente che avesse bisogno del mio aiuto, professionale o umano, invece, mi aveva contattato per ricattarmi, ma dico io, se semplicemente mi avesse richiesto un aiuto economico, io sicuramente non mi sarei fatto indietro, gli avrei prestato anche centomila euro, invece lui cosa fece!? Mi ricattò, mi chiese duecentomila euro altrimenti avrebbe usato quelle foto per danneggiarmi. – - Scusa, da quello che ho capito, per ora, c’è solo questa lettera con delle belle foto che sono state inviate alle varie testate giornalistiche, se è solo una questione di soldi, e se facciamo ancora in tempo, si potrebbe contrattare con lui, ci potremmo mettere d’accordo con una somma che consenta a lui di risolvere i suoi problemi, e che consenta a noi di non perdere troppo al livello economico a causa di questa brutta pubblicità. Se trovassimo un compromesso, basterebbe che lui ritratti pubblicamente tutto, prima che la procura della repubblica prenda in mano il caso aprendo un’inchiesta.– - Si ma così io rimarrei sempre ricattabile, voglio dire, se non ho fatto niente e mi faccio ricattare così, chi potrebbe evitare un domani che altri ci provino nuovamente? E poi hanno messo in mezzo il mio onore, mi dispiace, ma agirò come ho sempre agito verso chi mi attacca, voglio distruggerli, se ne dovranno pentire a vita!– Rivedo nei suoi occhi lo sguardo fiero e severo che conosco, a quanto pare il breve momento di debolezza è stato già superato, si alza dalla sedia, inizia a fare su e giù per il suo studio, ogni volta che riflette su di un caso si comporta nella stessa maniera, sembra un leone in gabbia, oppure come si dice a Roma la lupa del campidoglio. Ad un tratto si ferma, china il viso guardando in giù, poi

riprende a camminare, si ferma ancora, poi finalmente mi fissa negli occhi e mi dice. - Contatta Galliardi! – - Chi? Luca? – - Si, proprio lui, l’ispettore privato che spesso lavora con noi. Voglio sapere tutto di loro, oramai è tanto che non li frequento, se quell’uomo è arrivato a fare una mossa così disperata alle spalle ci deve essere qualcosa, dobbiamo indagare a fondo, sapere il perché, scoprire tutti gli scheletri che hanno nell’armadio, dobbiamo sapere come possiamo screditare le loro dichiarazioni, le loro false accuse, voglio sapere se ha delle multe non pagate a suo carico, se ha debiti nei confronti delle banche, del fisco, voglio conoscere eventuali piccoli precedenti degli ultimi anni, voglio sapere quali sono i suoi vizi, voglio sapere se gioca, se beve, se va a puttane o se si droga, insomma tutto quello che lo riguarda, quando mi si dichiara guerra che guerra sia!– Mentre esce questo fiume di parole dalla sua bocca vedo il suo viso che si infiamma, ascolto il tono della sua voce che va in crescendo, vedo gli occhi che scintillano e che quasi escono dalle orbite, dà quasi l’impressione di un leader politico che stia facendo un discorso in campagna elettorale, ha recuperato la sua solita grinta, la solita carica con la quale lo vediamo abitualmente confrontarsi e relazionarsi con gli altri, ma in più noto un rancore ed una rabbia nel suo volto che prima non avevo mai notato, a quanto pare al dolore iniziale si è già sostituito un cupo e violento spirito di vendetta. Enrico, continua per ben due ore a fare su e giù per la sala e a dare istruzioni operative sul da farsi, ogni tanto si ferma e inizia ad imprecare a più non posso maledicendo con tutte le sue forze il giorno in cui ha conosciuto la famiglia Tommasi, io in questa fase non faccio altro che starlo a vedere e a sentire mentre continua ad andare avanti e indietro. La stanza nel frattempo diventa satura del fumo che fuoriesce dalle sigarette che sia io che lui fumiamo con la stessa dedizione con la quale ci concentriamo alla causa da portare avanti, si sono fatte nel frattempo le ore quattordici, ho lo stomaco che reclama uno spuntino, ma non mi permetto di interrompere il flusso di pensieri, di considerazioni e riflessioni del collega, non ne avrei certo il coraggio, una cosa simile già lo irriterebbe in una situazione normale, non voglio nemmeno immaginare che cosa potrebbe accadere ora, aspetto, si aspetto che sia lui a decidere che è giunta l’ora

di fare un breack. Finalmente alle quattordici e quarantacinque minuti si accorge che né io né lui abbiamo mangiato e che i nostri stomaci sono completamente vuoti. Il collega decide comunque di continuare con la nostra riunione, ha paura di perdere il filo del ragionamento, si limita a ordinare però due panini e due tramezzini accompagnati da due bottiglie di acqua da mezzo litro, a quanto pare dovrò rivedere tutta la programmazione che avevo fatto per il dopo ufficio, non so proprio se riuscirò ad andarmene prima delle ore diciassette. Ci intratteniamo infatti per ben altre tre ore, arriviamo alla fine della giornata lavorativa con le idee abbastanza chiare sul da farsi, lui è ancora carico a duemila, mentre io sono praticamente sfinito, come riesco a raggiungere il mio ufficio la prima cosa che faccio è quella di prendere due aspirine insieme, ho un mal di testa pazzesco, sicuramente si deve considerare annullata la palestra con la sala pesi, altrettanto sicuramente è da considerarsi annullato il tentativo di approccio con la bella segretaria. Credo proprio che questa sera uscirò insieme ad un amico, forse Marco con la sua cricca di quattro disperati, gli altri amici che ho ultimamente sono diventati troppo noiosi monotoni ed inquadrati, puzzano di vecchio e di stantio come i luoghi che frequentano, con Marco e la sua comitiva variopinta invece ci si diverte molto, e anche i posti che conoscono sono sempre nuovi e di tendenza, forse alle volte anche troppo. Arrivo a casa, mi cucino mal volentieri una cena rimediata, poi mi preparo un bel bagno. Mentre l’acqua calda scorre e mentre attendo che si riempia la vasca do uno sguardo alla televisione e scorro sulle notizie riportate dai principali telegiornali nazionali, poi stufo ed annoiato spengo la TV, raggiungo la vasca da bagno, mi spoglio nudo, mi guardo nello specchio, nonostante gli anni e un paio di chili di sovrappeso sono sempre un bell’uomo, o almeno mi vedo e mi considero come tale, sono alto uno e ottantacinque, ho capelli castani, occhi verdi, spalle larghe e carnagione abbronzata, anche grazie all’ausilio di lampade abbronzanti. Mi immergo nell’acqua, poi mi ricordo di avere uno spinello di marjuana nascosto in un cofanetto posto proprio su di un ripiano della vasca, lo prendo e lo apro, ne estraggo il suo contenuto, mi accendo quindi la sigaretta già preparata, me la gusto veramente di cuore comodamente rilassato mentre faccio il mio bagno caldo, l’ambiente si aromatizza dell’odore dolce e pungente caratteristico della sostanza stupefacente, non me ne accorgo nemmeno, ma pian piano mi calano le palpebre, mi si chiudono gli occhi, il caro Morfeo mi trascina dolcemente nel suo regno fatto di sogni e di dolce oblio senza quasi che io me ne accorga, arriva il buio ed un sonno molto rilassato. Mi risveglio solo qualche ora dopo, sono circa le ore due di notte, l’acqua oramai si è freddata, ma il corpo si è abituato gradualmente alla variazione di temperatura, la pelle ha assimilato una quantità eccessiva di liquidi facendo divenire le mani e i piedi chiari e grinzosi,

evidenziando così tutte le imperfezioni esistenti non visibili abitualmente a occhio nudo, dovrei uscire e raggiungere il mio letto, ma sono talmente rilassato e stanco che mi è davvero difficile trovare le forze necessarie, ormai comunque la serata è andata, alla fine poi trovo in me la convinzione di non poter are l’intera nottata nella vasca, quindi mi alzo mi asciugo bene e mi trascino fino al letto lasciandomi cadere lungo così nudo nello stato in cui mi trovo.

Capitolo VI

Mi sveglio che sono le ore otto del mattino, fortunatamente è abbastanza presto, oggi è domenica, e posso approfittarne per andar a trovare una coppia di vecchi amici che gestiscono un agriturismo in toscana, vicino a Firenze, si tratta di Carlo ed Elvira, è una coppia che ebbi la fortuna di conoscere durante una piccola vacanza a Siena, sono due persone veramente carine con le quali ho legato fin dal primo momento, e da quando ci siamo conosciuti la prima volta ci siamo risentiti e incontrati in diverse altre occasioni, e la nostra amicizia è cresciuta e si è consolidata nel tempo. Eh si, ho proprio bisogno di loro, ho bisogno di incontrare degli amici al di fuori del solito giro, al di fuori dalle conoscenze abituali che si frequentano sempre, ho la forte necessità di incontrare volti conosciuti che mi rivolgano un sereno e sincero sorriso aperto, devo assolutamente ritrovare un po’ di pace, di tranquillità, devo staccare la spina, liberare la mente, renderla leggera. Gli eventi degli ultimi due giorni per me sono stati un po’ troppo forti, mi hanno colto di sorpresa e spossato nell’animo, anche la fiducia dimostratami da Enrico da un lato mi ha fatto molto piacere la sua dimostrazione di stima, ma dall’altro mi sento investito di una tale responsabilità che ho la forte necessità di procedere alla ricerca di una adeguata valvola di sfogo per ritrovare un mio giusto equilibrio emozionale. Mi alzo dal letto molto riposato, si forse è sbagliato fare uso di sostanze stupefacenti, come ne ho fatto uso la sera prima, anzi no, sicuramente è sbagliato, molti ragazzi che si fanno prendere la mano ci mettono un attimo a are a droghe via via più pesanti e a giocarsi la vita, ma alle volte delle piccole eccezioni danno una bella mano alla lotta contro lo stress e a favorire un maggiore relax e una migliore distensione dei nervi, ma ribadisco è una cosa completamente sbagliata ed insana, mai farsi prendere la mano ed esagerare. Sia chiaro, io non ne faccio un uso abituale, anzi neanche saprei come e da chi comprare, mi capita però alle volte che qualche mia amica lasci un ricordino in giro quando mi viene a trovare, così se capita e se ne ho particolarmente bisogno una tiratina di maria me la faccio anche io. Mi preparo la prima colazione con latte e cafè, e una buona dose di biscotti, è strano come alcune abitudini non cambino nel tempo, voglio dire, cresciamo eppure alcune cose di noi rimangono costanti, immutabili, come il modo di fare colazione, così facevo quando avevo dodici anni e così faccio ora, sempre cafè, latte, e biscotti. Finito il primo e più importante pasto della giornata sparecchio, sciacquo tutto con molta cura, ordino in modo impeccabile il mio

piccolo ma decoroso angolo cottura, e poi mi dirigo in bagno a farmi una veloce doccia, dopo mi faccio la barba, e poi mi lavo molto bene i denti con cura maniacale, prendo il filo interdentale, ne estraggo la quantità che mi serve, prendo le due estremità tenendo ben teso il filo applicando una leggera pressione con i pollici, e me lo o con cura tra i denti che hanno degli spazi tra loro più stretti. Fatto ciò eseguo un abbondante sciacquo con del collutorio. Terminata la minuziosa pulizia penso a darmi una sistemata alla capigliatura utilizzando come o un leggerissimo tocco di gelatina. Esco dal bagno e mi vesto nella mia camera da letto in modo casual, diciamo sportivo elegante. Ora sono pronto, esco di casa e prendo la mia automobile, imbocco il grande raccordo anulare che è una strada a tre corsie che circonda come un grande anello tutta la città di Roma. Dopo qualche chilometro esco per prendere l’autostrada Roma – Firenze. È una bellissima giornata, ed è veramente piacevole viaggiare con l’aria condizionata accesa e godersi questi primi splendidi raggi di sole. Sintonizzo la radio su una stazione nella quale ci sono tre conduttori radiofonici che portano veramente l’allegria a chi viaggia, tra una canzone e l’altra mandano in onda gag in modo piacevole e continuativo. L’autostrada è praticamente vuota, segno inequivocabile della profonda crisi economica che sta vivendo il nostro paese, solo tre anni fa questo tragitto di domenica mattina sarebbe stato invivibile. Procedo ad una velocità costante di circa centotrenta chilometri orari, non ho nessuno che mi metta fretta, quando arrivo arrivo. Dopo un’ora di viaggio decido di fare una piccola sosta per sgranchirmi le gambe, e per prendere un cafè, mi fermo così ad un autogrill, parcheggio l’autovettura e mi dirigo all’ingresso del punto di ristoro, mentre cammino vedo una giovane famiglia, sono mamma, papà e due piccoli marmocchi che non si fermano un secondo, il sole sembra rendere ancora più luminosi e gioviali i loro volti allegri, è un’immagine tenera, e per qualche motivo mi ricorda alcuni momenti del mio ato, alcune belle giornate ate con mio fratello e con i miei genitori, mi compare nel viso un sorriso, uno dei bambini sembra accorgersene e mi sorride a sua volta con quell’espressione allegra da pupo dispettoso, poi mi scrollo da dosso quei ricordi nostalgici e proseguo dritto, entro nel locale, faccio la fila per ben cinque minuti per prendere un semplice cafè che sa di acqua sporca, poi esco di nuovo dall’autogrill, mi fumo una sigaretta osservando in modo compiaciuto la totale assenza di nubi nel cielo azzurro. Riprendo nuovamente la mia auto e mi avvio verso la meta prestabilita, guido per altri centodieci chilometri e per altri cinquanta minuti, finalmente esco dall’autostrada, per fortuna non faccio alcuna fila all’uscita del casello per due motivi, il primo è che c’è pochissimo traffico, il secondo è che sono dotato del tele e non ho alcun bisogno di fermarmi a pagare. Dopo altri diciotto chilometri di tragitto giungo finalmente

all’agriturismo del mio amico Carlo, è un terreno di circa trenta ettari, prevalentemente destinato all’attività agricola, e all’equitazione, all’ingresso c’è un grandissimo casale che è suddiviso in zona ristorante, bar e reception nel piano terra e in otto stanze matrimoniali e cinque singole disposte tra il primo e il secondo piano. Prima di arrivare al casale però bisogna percorrere un lungo viale alberato, il quale giunge in un ampissimo spazio erboso nel quale è possibile mettersi comodamente sdraiati su dei comodi lettini a prendere il sole e ad ammirare il panorama. Di lato sulla sinistra c’è un piccolo parcheggio per le auto dei clienti. Lascio la mia autovettura e mi dirigo alla reception. Carlo non c’è, trovo però la moglie Elvira che mi saluta con gioia, mi dice che il marito si è allontanato un attimo, ma che starà di nuovo qui tra circa quindici minuti, lei intanto mi manifesta tutta la sua gioia nel vedermi e sottolinea enne volte come questa sia una gran bella sorpresa, sia per lei che per Carlo, mi fa una infinità di domande, ma ciò è comprensivo, d’altronde era quasi un anno che non ci si vedeva, mi chiede del mio lavoro, di Roma che lei ama tantissimo e dalla quale manca da tanto tempo, rimaniamo per più di quaranta minuti a parlare amabilmente e a rimembrare tanti piacevoli ricordi, poi ad un certo punto arrivano dei clienti, Elvira si scusa con me e mi invita ad andarmi a riposare e a rinfrescarmi in una delle stanze che ha libere. Prendo la chiave che lei mi porge, è la stanza gelsomino una singola al secondo piano. Decido di darle retta, mi dirigo in camera, mi sdraio sul letto per circa trenta minuti e mi rilasso un po’. Stanco poi di rimanere in camera scendo di nuovo, Carlo ancora non è arrivato, decido di utilizzare uno dei lettini presenti sul manto erboso, mi metto quindi a prendere un po’ di sole e a osservare le vicine colline toscane che mi comunicano un estremo senso di pace, tranquillità ed armonia, e talmente mi sento rilassato che quasi senza accorgermene scivolo in un piacevole e profondo sonno. Mi sveglio solo dopo un’ora abbondante, mi stropiccio bene gli occhi, mi alzo dal lettino e sgranchendomi respiro a fondo l’aria pulita e genuina della campagna. Poco distante vedo Carlo mentre scherza con la moglie e con due clienti tedeschi, evidentemente ha percepito i miei movimenti perché si volta verso di me e mi saluta, poi con mimica tutta italiana mi fa cenno con dei movimenti delle mani che tra qualche minuto sarebbe venuto a fare due chiacchiere con me, si sbriga infatti a congedare i due clienti stranieri e a dare loro le informazioni che ricercavano, e poi si avvicina a me mettendosi comodamente sdraiato su di un lettino vicino al mio. - Allora Amleto, come va? Sei solo oggi?– - Eh si, Carlo, volevo solo rilassarmi un pochino! –

- Rilassati questa sega maremma maiala, almeno di solito vieni sempre con qualche sventola, io è vero che con mia moglie sempre qui non posso fare niente, ma almeno mi rifaccio gli occhi, la maremma della tu nonna! – Sono abituato a queste uscite colorite di Carlo, e mi fanno sempre sorridere, anche perché è proprio il suo modo di parlare con chi ha con lui un minimo di confidenza, e non ti ci puoi proprio offendere. - Va bene, allora facciamo così, la prossima volta vengo con due, così almeno ti immagini che una sia per te!- Se, pure per il sedere mi prendi! Comunque, guarda che è ora di pranzo, e Elvira ha già apparecchiato anche per te, spero che non avevi altri programmi! – - No, nessun altro programma, andiamo dai!– - Aoh non ti sforzare a farmi il piacere eh! – - Ma falla finita dai, non facciamo aspettare tua moglie. – Andiamo insieme a raggiungere Elvira, la quale nonostante i suoi quarantaquattro anni e la vita di campagna è ancora una bella donna, minuta, biondina con i capelli lisci e corti a caschetto, Carlo è invece alto come me, leggermente calvo con un fisico atletico e possente, lui ha gli stessi anni della moglie, ma sul viso già reca alcuni segni della propria età. Insieme tutto sommato fanno una bella coppia. iamo un’ora deliziosa a mangiare e a ridere insieme di tanti ricordi e di tanti avvenimenti verificatisi nelle volte ate nelle quali già ero venuto a far loro visita, in particolare a me e a Carlo torna sempre alla memoria di una sera dopo cena nella quale ci eravamo sdraiati tutti e due sul prato a guardare le stelle dopo che ci eravamo scolati non so quante bottiglie di amaro fatto in casa, ne bevemmo una tale quantità che ci prese a ridere fino a notte inoltrata, e non riuscivamo proprio a fermarci, ciò con grande lamentela di molti clienti che il giorno dopo erano andati a protestare proprio da Carlo che rispondeva loro di non essersi accorto assolutamente di niente giustificando la circostanza incolpando il suo sonno pesante, altri invece più giovani di età e in fondo malandrini come noi leggevano i segni della sbronza sui nostri visi e ci sorridevano con complice disinvoltura. Inizialmente Elvira se ne ebbe molto a male, ma poi perdonò immediatamente la cosa al marito e anche a me, d’altronde non era successo proprio nulla di grave, e poi sapeva bene che Carlo aveva ben poche distrazioni con la vita dedita al lavoro

che faceva, che era un uomo semplice e di gusti semplici, e un piccolo peccatuccio ogni tanto gli si poteva anche perdonare. Insomma ora si rideva insieme anche di quello. Finito il pranzo loro purtroppo devono iniziare ad occuparsi dei pasti dei clienti presenti nell’agriturismo, così io sono costretto momentaneamente a salutarli e a rimandare alla sera altre squisite conversazioni. Mi congedo quindi da loro, e mi riprometto di approfittare delle ore pomeridiane per andare a fare una bella visita della vicina Firenze. Dopo aver preso di nuovo la mia vettura e dopo pochi minuti di tragitto giungo a destinazione, purtroppo sono costretto a parcheggiare come tutti i turisti in uno di quei mega parcheggi lontani dal centro, faccio però una bella e gradevole eggiata, l’aria infatti è piacevole e frizzante, il sole è alto e scalda dolcemente il viso e le mani, mi godo le vetrine dei negozi, poi mi fermo a prendere un aperitivo in uno dei bar più noti della città, mi siedo e ordino un campari soda, tanto per ingannare il tempo, ne approfitto per osservare la gente del posto, osservo i turisti che eggiano, i bambini che corrono o che vengono strattonati dai genitori, i ragazzi che camminano tenendosi mano nella mano, le giovani coppie che si amano e che tra una vetrina e l’altra si scambiano teneri baci e si fanno promesse per l’eternità, con la vista mi imbatto anche in una coppia di amanti clandestini che si danno furtivamente appuntamento, insomma osservo tutto ciò che mi colpisce, una bimba si avvicina a me, mi fa un sorriso, mi mostra la sua leccalecca, sorride ancora, poi si gira e fugge verso i suoi genitori che sono seduti al tavolo vicino al mio, mi guardano e mi sorridono, la donna si scusa con me pensando che la bambina mi avesse infastidito, io contraccambio cordialmente il sorriso e gli faccio i miei complimenti per la figliola, la bimba è biondina con i capelli lunghi e boccolosi, indossa un vestitino bianco con le rifiniture blu e una cintina di cotone bianca e blu a scacchi molto piccoli, i genitori le hanno fermato i capelli con un cerchietto rosa, la bimba avrà circa tre anni ed è veramente molto carina, di nuovo mi complimento con loro e mi presento, parliamo un po’ delle nostre vite, di quello che facciamo e così via, poi dopo aver amabilmente conversato con loro torno al mio aperitivo, lo consumo, mi alzo salutando i miei nuovi conoscenti e facendo ciao ciao con la mano alla bambina il cui nome scopro essere Camilla. La bimba mi sorride ancora, le sorrido anche io, poi mi volto, entro nel bar, pago e riprendo la mia eggiata. Continuando a camminare per il centro noto che c’è una mostra di pittura, è un’arte che ha sempre attratto la mia attenzione, perché no? Decido di entrare, pago cinque euro di ingresso, però ne vale veramente la pena, è una bella mostra, di giovani pittori emergenti, giovani si fa per dire, è sempre gente di cinquanta o cinquantacinque anni, però non sono ancora affermati ai massimi livelli. Mi piace anche qualche quadro, ma il costo in questo momento per le mie tasche è troppo elevato, dai duemila ai

tremila euro come media, almeno per i quadri che piacciono a me. Mi fermo a conversare con una giovane ragazza che è addetta alla sala, si chiama Sonia, è carina, prendo anche un suo biglietto da visita e cerco di farmi dare il numero di cellulare, lei all’inizio me lo nega, poi però continuiamo a conversare, la porto via via su un terreno a me molto familiare, quello della battuta facile, mai stupida e banale, ma ricercata e sagace, lei ride spesso, si diverte, è evidente, di solito una donna che non apprezza le tue battute difficilmente riesce a nasconderlo, e anche se finge di trovarle divertenti difficilmente riesce a mascherarlo così bene, invece quando le apprezza noti il trasporto nel suo linguaggio corporeo, nella luce che si forma negli occhi, in tante piccole rughettine d’espressione che si formano vicino agli occhi e agli angoli della bocca. Le faccio capire che sono qui per il weeckend a trovare degli amici, le dico anche dove alloggio tanto per farle notare che davanti a lei non ha uno squilibrato, poi però dopo qualche minuto depongo le armi, le porgo le mie scuse, non insisto più, le chiedo di consentirmi di farmi perdonare offrendole un aperitivo, lei ringrazia dicendomi che purtroppo non si può muovere, ma alla fine è proprio lei prima che io me ne vada ad allungarmi un altro biglietto da visita con su scritto il numero del suo telefonino.

Capitolo VII

Tornato all’agriturismo dai miei amici, mi fermo a cena con loro, le pietanze di Elvira sono sempre molto gustose, cose semplici, non elaborate, ma fresche e genuine. La sera di solito i miei amici sono molto più liberi, perché hanno il personale al completo, quindi possono godersi il pasto insieme a me senza troppe interruzioni. Loro mi notano alle volte con lo sguardo un po’ assente e me lo fanno notare, io mi giustifico dando colpa alla troppa stanchezza accumulata durante la settimana, cosa che in parte è vera, ma ciò che mi preoccupa realmente è l’incarico che da domani dovrò iniziare a svolgere per Enrico. Voglio dire, non capisco proprio perché mi abbia dovuto investire di una responsabilità così grande, mi sento quasi schiacciato a terra dal peso che sento portarmi addosso. Carlo finita la cena mi sfida apertamente alla solita partita a scacchi, oramai è una nostra piccola tradizione, non so se accettare oppure se provare a chiamare quella ragazza che ho conosciuto alla mostra di pittura, poi decido di are la serata in compagnia di un amico, sicuramente è molto più rilassante, domani mi aspetta una giornataccia. Così o tutta la serata a giocare con lui e farmi quattro risate, la vita è così strana, chissà quando ci potremo rivedere e stare nuovamente sereni l’uno davanti all’altro a giocare a scacchi come questa sera in compagnia della nostra solita buona bottiglia di liquore artigianale. Prima ano i minuti, poi le ore, arriviamo a tarda notte che neanche ce ne accorgiamo presi come siamo dalla nostra partita, poi finalmente Carlo sbaglia una mossa, ora tocca a me muovere, sposto il cavallo e dico “Scacco matto”, Carlo si incupisce, cerca di capire, poi nota che è realmente scacco matto, io mi metto a ridere, mi alzo dalla sedia e faccio un balletto di vittoria intorno alla sedia di Carlo, il quale all’inizio blatera qualcosa, ma poi si mette a ridere anche lui. Ci fermiamo a parlare ancora un po’ in compagnia sempre della solita bottiglia, poi quando la stanchezza si fa sentire lo saluto ringraziandolo della partita e della compagnia e raggiungo la mia camera. Prima di andare a dormire vedo un po’ di televisione, c’è un programma che parla di politica e al quale sono sempre presenti come ospiti esponenti del governo e dell’opposizione, mi metto a seguirlo con attenzione, parlano di alcune leggi ad personam, sento poi un bip che giunge dal mio telefonino che avevo dimenticato in camera per tutta la giornata, è un messaggio di Giorgia, prima del suo ci sono cinque chiamate senza risposta tre sue e due di Manu e due messaggi di Manu, sono entrambe molto irritate, spengo il cellulare, la televisione e mi metto a

dormire.

Capitolo VIII

L’indomani parto alle ore otto in punto dalla toscana per tornare a Roma, mi sono portato appresso un completo intero con camicia bianca e cravatta lilla per andare direttamente allo studio senza dover necessariamente are prima a casa, ho avuto appena il tempo di fare colazione e di salutare i miei amici, certo è stata una toccata e fuga ma ci voleva. Elvira dato che in questa occasione mi ha trovato un po’ giù di morale ha pensato bene di regalarmi qualche confettura preparata in casa e confezionata direttamente da lei. Nel tragitto di ritorno percorro lo stesso identico percorso del giorno prima in senso inverso, anche questa volta facendo una sola tappa, nel corso della quale ho lo stesso piacere del giorno prima di gustare lo stesso caffè che sa di acqua sporca. Giungo a destinazione in due ore e venti minuti di viaggio, arrivo in ufficio verso le ore dieci e trenta, probabilmente Enrico sarà già impaziente nel vedermi. Infatti non faccio neanche in tempo a riporre la mia valigia dietro alla scrivania che mi arriva subito Chiara, la segretaria, che mi comunica che Enrico mi vuole incontrare urgentemente. Finisco di riporre le mie cose con cura e mi incammino subito in direzione del suo studio, prendo il corridoio che porta davanti alla sua porta, arrivo e busso. Sento la sua voce che mi urla di venire avanti. Entro e lo vedo molto agitato, è frenetico, nervoso, molto più nervoso del solito, tira fuori una busta da un cassetto, me la porge, dentro ci sono dei soldi, è una grossa somma, mi dice che è un acconto della parcella che mi riconoscerà, e che ha avuto l’indicazione di una pista importante da seguire per risalire a tutta una serie di informazioni importanti riguardanti Mauro il padre della ragazza. Mi riferisce che la traccia parte da Milano, e mi chiede di non domandargli come ne sia venuto a conoscenza, vuole che vada subito lì dove riceverò altre sue istruzioni, già mi ha prenotato una camera d’albergo, ho tutto pagato, e troverò una carta di credito nella stanza per affrontare le spese più urgenti e più importanti. Gli chiedo che fine abbia fatto l’investigatore privato e perché debba andare io a seguire quelle tracce, lui mi risponde che è impegnato a verificare altre piste, e che non conosce altri investigatori in gamba e di fiducia, aggiunge che si fida ciecamente di me. Mi viene spontaneo fare due conti, e gli faccio notare che gli costerà un patrimonio questa linea di difesa che sta adottando e che risparmierebbe molto di più mettendosi d’accordo come già gli avevo consigliato. Lui mi ribadisce che è una questione d’onore e che comunque addebita tutto allo studio che è in attivo e che quindi si possono scaricare le

spese dalle tasse, già si è consultato con il commercialista, e mi ricorda ancora una volta che non mi devo preoccupare di questi aspetti. Mi invita solo a fare bene il mio lavoro, anche se non sono un investigatore privato, vuole che io vada semplicemente a effettuare delle verifiche, si ma io sono un avvocato, non un investigatore, glielo sottolineo nuovamente, lui non si scompone, mi conferma ancora che si fida delle mie capacità e della mia lealtà, poi si alza dalla sedia, si avvicina e mi abbraccia, mi dà una pacca sulla spalla e mi chiede di non deludere la sua fiducia assicurandomi che ne sarei stato abbondantemente ricompensato. Mi consegna poi un biglietto aereo con destinazione Milano, partenza tra quattro ore, appena il tempo di are a casa, fare le valigie e imbarcarsi. Lo saluto, vado dritto nel mio ufficio, do disposizioni alla mia segretaria di distribuire con un ordine che costruisco rapidamente le mie pratiche a vari colleghi i cui nomi li decido altrettanto velocemente, prendo qualche rivista giuridica da poter leggere durante il volo in aereo e nel corso del soggiorno a Milano della cui durata non ho alcuna idea, poi mi affretto a prendere la mia autovettura e a raggiungere il mio appartamento, preparo la valigia in fretta e furia, metto dentro qualche completo, un po’ di biancheria, il necessario per la pulizia e l’igiene personale, insomma lo stretto indispensabile, quindi chiamo un taxi, non mi va di perdere tempo con il parcheggio della mia auto, anche perché dovrei parcheggiarla alla lunga sosta e non so neanche per quanto tempo, quindi sicuramente a conti fatti è molto più conveniente un taxi. Mi squilla di nuovo il cellulare, questa volta rispondo, è Giorgia, non mi fa neanche parlare, in pochi minuti mi vomita addosso tutto il suo risentimento per non aver risposto alle sue precedenti chiamate e ai suoi sms. Come finisce di sfogarsi le dico che per un po’ non ci potremo vedere, le spiego la situazione, mi dice che sono stato un vero pazzo a farmi coinvolgere così a fondo in questa storia, forse è vero, forse lo sono, o forse, altrettanto probabilmente ero solamente stanco ed annoiato della solita routine. Magari alle volte si cerca semplicemente qualche nuova esperienza e qualche nuova avventura per ricordarci che siamo ancora vivi e che tutto può ancora succedere, mutare, evolvere insieme a noi stessi, alle nostre sensazioni, ai nostri sentimenti, alle paure che fanno parte di noi come le nostre sicurezze e le nostre certezze, alle ansie, a tutto quello che và a formare il nostro intero essere, inteso esso come persona fisica tangibile e al tempo stesso come aurea intangibile, comportamentale, ma pur sempre esistente e concreta alle volte anche più di ciò che di noi appare nitido e concreto. Dopo circa cinquanta minuti di volo atterro a Milano, logicamente non trovo nessuno ad attendermi, prendo nuovamente un taxi e raggiungo il luogo nel quale alloggerò per i prossimi giorni, si tratta di un modesto albergo a tre stelle,

non mi aspettavo di sicuro di più, però devo dire che è molto curato nella pulizia, e tutto sommato fa una buona impressione. Mi presento alla reception, dicendo che ci dovrebbe essere una stanza prenotata a mio nome, l’inserviente mi osserva per un attimo, poi mi chiede un documento di identità per procedere alla registrazione, quindi mi consegna la chiave della stanza, mentre vede che mi accingo a prende l’ascensore mi comunica che già ci sono dei messaggi che mi riguardano, verifico, è Maurizio che mi dice di contattare un certo Patrini, insieme al nome mi indica un locale e un recapito telefonico al quale poter chiamare per chiedere della persona che mi ha indicato. Decido logicamente di rimandare tutto a più tardi, dopo aver disfatto la valigia ed essermi debitamente rinfrescato e rigenerato con una bella doccia, si, forse starò diventando completamente matto, ma a me questa storia che inizia a somigliare alla sceneggiatura di un vecchio film di serie “b” con investigatori privati, stanze d’albergo, messaggi lasciati al portiere con nomi di locali notturni e contatti telefonici, inizia veramente a piacermi. Comunque me la prendo con molto comodo, tanto il posto indicato è un locale notturno, quindi tanto vale che mi riposi per bene e che esca in tarda serata. Come comunicatomi già da Enrico trovo nella camera, modesta ma carina, la carta di credito aziendale, ne vorrei approfittare subito per andare a cena fuori, ma poi ci ripenso, mi sembra di comportarmi già in un modo poco corretto, voglio dire, il collega mi ha corrisposto un congruo anticipo, almeno la prima sera che vado a cena fuori sarebbe il caso che mi spesi da solo, anche perché il pasto serale è già ricompreso nelle prestazioni già pagate ed offerte dall’albergo, comunque decido ugualmente di uscire, sia pure a mie spese, insomma questa sera tutta vita, prima si mangia in qualche localino raffinato e poi si cerca il locale notturno indicatomi da Enrico, mi sembra che si chiami Red Moon, sono proprio curioso di andarci, il nome mi attira, però non so che tipo di posto sia, ci andrò vestito in modo casual, speriamo che non sia un posto troppo elegante. Mi riposo per circa quarantacinque minuti, non di più, mi alzo e faccio una doccia tiepida rigenerante, per svegliarmi meglio metto gli ultimi cinque secondi la manopola della doccia sull’acqua fredda, esco dal bagno e mi asciugo i capelli, mi vesto con un abbigliamento giovane sportivo e al tempo stesso elegante, chiamo nuovamente un taxi, mi faccio portare al centro di Milano, nei pressi di via Monte Napoleone, dopo una lunga eggiata spesa nell’ammirazione delle vetrine dei negozi più importanti mi faccio indicare da alcuni poliziotti che trovo sul posto un locale nel quale si mangi bene, mi danno le indicazioni per raggiungere “La Taverna del Gepi”, do loro retta, nonostante il nome molto rustico trovo un ottimo ambiente, mangio tranquillo e con gusto, senza fretta, non mi corre appresso nessuno, inoltre ho anche spento il telefonino, quindi non

mi possono disturbare, nel frattempo si sono fatte le ore ventidue, chiedo un cafè, un amaro e il conto, sono circa cinquanta euro, li pago e lascio anche cinque euro di mancia, esco dal locale, faccio di nuovo una lunga eggiata a piedi in direzione del Red Moon, anche per prendere confidenza con le vie cittadine di Milano, giunto alla fine sul posto, noto che ci sono molti ragazzi in fila in attesa di entrare, credo che si tratti di una sorta di discoteca, oppure di un disco-pub, probabilmente molto rinomato, mi aggiungo anche io alla lista delle persone che vorrebbero entrare, la vedo dura, come al solito hanno la precedenza le donne e le coppie, provo a dire al buttafuori che sto cercando il Sig. Patrini, lui mi guarda in modo truce e mi chiede chi lo voglia, io gli rispondo che sono un avvocato di Roma mandato qui per parlare con lui, non ci credo, mi fa are, è stato anche troppo facile, quindi vuol dire che già mi stava aspettando, sicuramente Enrico già era in contatto con lui. Entro, l’ambiente è quello classico di una discoteca, luci soffuse, psicadeliche, ma ha qualcosa del night, dei locali malfamati, nella sala è presente un lungo bancone presso la zona bar con alle due estremità i pali della lapdance. La musica non è quella basica da discoteca, per lo più si fa un largo uso di musica dal vivo con un complesso che viaggia con facilità estrema da pezzi rock a melodie bluse. Largo uso anche di strumenti a fiato come sassofoni trombe e clarinetti, lo devo riconoscere, l’effetto che ne deriva è molto buono, un misto tra night e discoteca ma con uno spirito allegro ed innovativo. Una volta all’interno chiedo al bancone del Sig. Patrini, anche il Bar-Man mi chiede chi sia a cercarlo, e anche a lui rispondo di essere un avvocato mandato da Roma a parlare con il Patrini, lo vedo che fa cenno con la testa a qualcuno, si avvicina un energumeno palestrato alto un metro e novanta e di un peso approssimativo pari a circa centoquaranta chilogrammi, gli ordina di accompagnarmi da un certo Aldo, mi dà l’idea che la situazione mi stia sfuggendo di mano, ma proprio non saprei cosa fare, tanto vale farmi vedere sicuro di me e seguirlo. Attraversiamo la pista da ballo, il cuore mi batte sempre più forte, ed una strana sensazione di freddo invade il mio corpo, credo che sia paura, arriviamo di fronte ad una porta con scritto privato, entriamo, c’è un’anticamera e in fondo un’altra porta, il gorilla la apre ed entriamo nella stanza adiacente. Trovo un ambiente arredato con mobili e materiali molto costosi, ma anche molto pesanti ed appariscenti nel gusto, il classico tipo di arredamento e di maioliche che utilizza chi ha più l’interesse nell’ostentare la propria ricchezza anziché quello di curare con gusto e raffinatezza l’allestimento di una sala. Dietro ad una scrivania, anche essa molto volgare, si tratta infatti di una lastra di cristallo sorretta da due donne nude in marmo inginocchiate carponi a terra su di

un unico piedistallo, c’è un uomo sulla quarantina, con vestito intero blu a costine, cintura e scarpe in pelle di coccodrillo, camicia blu elettrico aperta sul petto villoso, vistosa collana d’oro massiccio a girocollo, abbronzatura da lampada solare, occhi scuri e capelli corvini abbondantemente ingelatinati e pettinati all’indiero. L’uomo mi chiede cortesemente di accomodarmi e di mettermi seduto, e dicendomi così mi indica con la mano destra una delle sedie poste di fronte a lui, seguo il suo invito, poi subito mi dice con un sonoro accento meridionale - Immagino che lei sia Amleto, il collega di Maurizio!- Già, e lei deve essere il signor Patrini! – Rispondo io di rimando. - Si, senta signor Amleto, Maurizio ed io ci conosciamo da molto tempo, io non sono abituato a fare favori a nessuno, ma per lui faccio delle eccezioni, detto questo le dirò quelle che sono le mie condizioni. – Lo fisso dritto negli occhi, sembra molto serio, lui mi fissa a sua volta con fermezza e convinzione, quindi gli rispondo con molta tranquillità - La ascolto! – - Bene, io le dirò quanto in mia conoscenza, le darò della documentazione, le fornirò inoltre anche delle indicazioni sul come e dove andare a verificare le notizie e i documenti da me fornitele, e su come trovare altre tracce nell’interland milanese, poi il mio lavoro finisce li, logicamente non faccio nulla in modo gratuito, anche questo ha un costo, sono rimasto d’accordo con il suo collega su una cifra di euro cinquemila, mi ha detto che lei avrebbe portato con se una carta di credito intestata al vostro studio, sono disposto a prendere quanto dovuto dalla carta, così io pulisco questi soldi facendoli entrare come profitti del locale per un tavolo riservato con le rispettive consumazioni e voi li potrete giustificare come spese di rappresentanza. – - Per me va bene, d'altronde se ha già discusso in maniera così dettagliata le condizioni del nostro incontro con il mio collega, io non posso avere sicuramente nulla da obiettare. – - D’accordo allora, se mi favorisce la carta intanto sistemiamo subito il

pagamento, e poi procediamo. – L’atteggiamento non mi piace, ma mi sento con le spalle al muro e senza margini di manovra, decido di fare buon viso a cattivo gioco, quindi porgo loro la carta e attendo che eseguano la transazione di addebito. Una volta ricevuto l’esito positivo del pagamento elettronico il Sig. Patrini si manifesta in modo più aperto e gentile, mi offre da bere, accetto del whisky irlandese, beviamo insieme e iniziamo a discutere delle informazioni che è riuscito ad ottenere sul signor Mauro Tommasi. Mi consegna un plico con sopra una scritta in rosso con caratteri in stampatello, la scritta forma la parola batterfly. Apro il fascicolo contenuto nella busta, devo dire che è molto voluminoso, mi metto a sfogliarlo con una curiosità della quale quasi mi meraviglio, ci sono molti rapporti circostanziati dei movimenti del Tommasi, probabilmente grazie alla raccolta di testimonianze di gente del posto che frequentava i suoi stessi ambienti, continuo a leggere con attenzione mentre il signor Patrini continua a parlare a ruota libera sulle informazioni che è riuscito a reperire e su come è riuscito a reperirle. Mentre mi parla mi accorgo che è rosso in volto, ha il naso congestionato, e le pupille dilatate, sicuramente fa uso di cocaina, riabbasso gli occhi sul contenuto del fascicolo che stavo consultando, arrivo ad una sottocartella contenuta all’interno della documentazione, la apro e rimango basito, la mia espressione sorpresa è talmente evidente che sia il Patrini che la sua guardia del corpo si mettono a ridere di gusto, lo guardo in faccia a bocca aperta, osservo il Patrini che mi sorride in modo soddisfatto, è convinto di aver svolto un lavoro eccellente, non posso sicuramente dargli torto, le foto shock che ho appena osservato faranno sicuramente crollare definitivamente la credibilità del Tommasi. Rimango veramente molto soddisfatto, e non vedo l’ora di tornarmene in albergo per studiare a fondo l’intera documentazione, ma a quanto pare il padrone di casa la vede in un modo diverso dal mio, continua a parlare e sembrerebbe non avere alcuna intenzione di congedarmi, cerco una scusa credibile da tirare fuori per andarmene, ma non me ne viene in mente nessuna. Quindi decido poi di dire che devo assolutamente tornare in albergo, anche perché l’indomani mi devo alzare presto per fare tutta una serie di giri importanti per la città, ma vedo che lui mi guarda di sbiego e mi dice - Amleto! Non vorrai mica già andare via!? Cazzo! Sei mio ospite, metto la sala a tua completa disposizione, puoi ballare e bere quanto vuoi, è tutto gratuito! Guarda che se rifiuti mi offendo! –

Non mi piace né il tono né il modo in cui mi è stato presentato l’invito, ciò è anche accentuato dall’inflessione e dall’accento dialettale, ma non posso di certo rifiutare, sicuramente secondo il suo codice di onore corrisponderebbe ad una mancanza di rispetto, e nei confronti di certe persone è meglio non scivolare in tali mancanze. Decido quindi a malincuore di accettare, faccio però presente che non so dove custodire il fascicolo, ma il Patrini mi invita subito a lasciarlo sulla sua scrivania assicurandomi che li nessuno lo avrebbe toccato, poi si alza dalla sedia, viene verso di me e mi accompagna fuori dalla stanza, a distanza ci segue la guardia del corpo, Aldo è preso da una strana euforia, ride, parla, racconta storie oscene e fa commenti di cattivo gusto su qualsiasi bella ragazza che a, poi prende due ragazze che conosce e le abbraccia entrambe mettendo loro entrambe le mani sui loro sederi palpandoli in modo evidente, me le presenta, sono molto carine, un po’ volgari e forse anche fatte, ma molto carine, mi invita insieme a loro a sederci in uno dei salottini del locale, di sicuro alcuni dei clienti abituali lo conoscono molto bene, perché li vedo che si scansano mentre lui a, alcuni lo salutano, ma con timore e con fare reverenziale. Ci sediamo, ordina lui per se e per le ragazze, poi a me chiede che cosa desideri da bere, gli dico un whisky senza ghiaccio, lui guarda la ragazza che prende le ordinazioni e le dice di darmi il migliore, quello che sa lei, la cameriera fa un gesto di assenso e si allontana, torna dopo due minuti con tre cocktail con ombrellini colorati e un ottimo whisky irlandese, liscio, senza ghiaccio come da me richiesto, odio il ghiaccio nel whisky, ne annacqua il sapore e ne spenge notevolmente l’aroma forte. Dopo qualche altro bicchiere e dopo che si è scaldata un pochino l’atmosfera mi lancio finalmente in pista con una delle ragazze, anche il Patrini fa la stessa cosa, non so per quale motivo ma si sta instaurando un buon clima, quasi sereno e devo dire che a modo suo mi sta diventando anche simpatico, si forse un po’ colorito, un po’ animalesco, ma a modo suo simpatico. La serata comunque prosegue in modo piacevole, senza il verificarsi di episodi antipatici, finalmente a poco a poco il locale si svuota, fino a quando non rimaniamo solamente io, il padrone di casa, la sua guardia del corpo personale, il barman con qualche altro dipendente del locale e alcune ragazze oltre alle due presenti al nostro tavolino, il Patrini è molto su di giri, mi fa intendere che la notte per lui ancora non è finita, che ha voglia di terminare in bellezza con le sue amichette, mi chiede quale io preferisca delle due, lo ringrazio declinando l’invito, mi guarda in modo interdetto e poi mi chiede se tante volte fossi dell’altra sponda, rido e lo rassicuro, gli dico che ho una relazione con una donna di Roma, una collega, lui mi guarda di nuovo e simula un’espressione di dolore dicendo che allora se la relazione è con un altro avvocato la cosa effettivamente si fa un tantino più complicata, poi si mette a ridere in modo platealmente sonoro, si

alza, dice alle sue amiche di attenderlo li, mi accompagna di nuovo nel suo studio per consentirmi di recuperare il prezioso fascicolo, quindi mi guida ancora fino alla sala, poi in modo molto sereno e cordiale mi dice che sarebbe andato a casa sua insieme alle due ragazze, e che per lui non ci sarebbe nessun problema nell’accompagnarmi al mio albergo, faccio un timido tentativo di declino dell’invito, ma lui insiste, così usciamo tutti e quattro dal locale, io, il Patrini e le due donne, raggiungiamo la sua automobile, è una ferrari cabrio, io salgo davanti insieme a lui, la guida non posso certo dire che sia delle migliori, dovrò considerarmi miracolato se riuscirò a giungere vivo a destinazione, Giusy e Susy, questo è il loro nome, o almeno è quello con il quale fa loro piacere sentirsi chiamare, sono dietro che urlano come oche giulive a ogni curva o a ogni semaforo rosso, credo di essere praticamente diventato bianco come un panno lavato, sudo e trattengo a fatica l’istinto di vomito che inizia ad opprimermi l’esofago. Finalmente arriviamo davanti al mio albergo, mi salutano tutti e tre ridendo ed urlando a squarciagola andandosene via dopo avermi fatto scendere, attendo che girino l’angolo della strada, guardo il cielo, è limpido, si vedono le stelle, mi faccio il segno della croce per ringraziare nostro signore, faccio due i in direzione della porta di ingresso dell’albergo, ma questa volta l’impulso è troppo violento, mi inchino di scatto su di un cespuglio che si trova proprio al lato delle scale che portano all’ingresso dello stabile, mi inginocchio, vomito, attendo un secondo riflusso gastrico, vomito ancora, poi come mi accorgo di stare notevolmente meglio mi pulisco bene la bocca con il fazzoletto, mi metto in bocca una delle caramelle che porto sempre con me e finalmente entro nella holle, chiedo le chiavi della mia stanza al portiere notturno che si muove con molta fatica talmente è intorpidito dal sonno, raggiungo la mia camera e senza neanche spogliarmi mi butto sul letto, non faccio neanche il più piccolo movimento, come se fossi caduto in un collasso profondo perdo immediatamente conoscenza e cado in un sonno agitato tormentato da incubi.

Capitolo IX

È mattina, mi sveglio a fatica, con mio grande stupore mi rendo conto di essere ancora vestito con gli indumenti della sera prima, sento intorno a me un cattivo odore il quale mi accentua ancora di più il senso di nausea che mi ha lasciato come ricordo la sbronza rimediata nel corso della serata precedente, con immenso sforzo mi alzo dal letto ancora intatto, mi trascino, si credo sia il verbo adatto, fino al bagno dove mi libero degli abiti maleodoranti, ho dei vuoti di memoria immensi relativi alla notte ata nel locale “Red Moon”, ma ricordo con esattezza l’esistenza di un dossier per me molto importante, credo comunque di averlo notato sul piccolo tavolino presente nella mia stanza, quindi almeno da quel punto di vista mi tranquillizzo quasi immediatamente. Faccio una veloce doccia quasi fredda, si, mi serviva assolutamente, sia per svegliarmi, sia per levarmi di dosso l’odore di alcool e di vomito. Indosso un accappatoio pulito e torno in stanza, mi siedo sul letto mentre mi asciugo i capelli con un asciugamano pulito, poi cerco di capire che ore siano, controllo il mio orologio che avevo posato sul comodino, sono le ore undici, di sicuro Maurizio è in ufficio ad attendere buone nuove, non vedo l’ora di informarlo delle notizie e della documentazione raccolta la sera prima, prendo il telefono, compongo il numero dello studio preceduto dal tasto zero per effettuare la chiamata esterna, mi risponde il collega Massimo Randi, uno dei due avvocati con i quali dovrò impostare la difesa di Maurizio, gli chiedo di lui, ma lo sento esitante, dopo due o tre secondi di silenzio mi riferisce che lo hanno preso ieri notte le forze dell’ordine e che lo hanno portato in caserma, da quello che ne sa lo stanno ancora interrogando. Rimango basito, lo stomaco già in subbuglio risulta ancora più sconquassato, nonostante il permanere dello stordimento causatomi dalla serata precedente riesco ancora ad essere abbastanza reattivo e a ragionare molto rapidamente, aggiorno subito il collega della documentazione raccolta, sento in lui l’eccitazione tornare nel timbro della voce, mi chiede di inviargli immediatamente l’intero contenuto del fascicolo, se possibile via e-mail, in modo che riescano subito a portare la documentazione presso la caserma nella quale si sta svolgendo l’interrogatorio ai danni di Maurizio. Saluto subito Randi assicurandogli che avrei provveduto immediatamente, utilizzo di nuovo il telefono per chiedere al portiere se sono dotati di scanner e di un internet point, l’uomo mi risponde in modo affermativo, sicuramente Maurizio aveva già pensato a tali eventualità, mi vesto di corsa e scendo alla reception recando con

me il fascicolo da scannerizzare, ci metto circa trenta minuti a copiare tutto su dei file e ad inviare la e-mail all’indirizzo dello studio, ma alla fine sono soddisfatto del lavoro svolto, torno subito in camera e chiamo nuovamente Randi, gli comunico di aver provveduto all’invio di quanto in mio possesso, mi ringrazia e mi assicura che si sarebbe precipitato immediatamente in caserma per cercare attraverso l’esibizione di quella documentazione una mediazione per far rilasciare il nostro collega al più presto possibile. Non sono però ancora completamente soddisfatto del mio operato, voglio fare un giro della città e verificare le testimonianze raccolte nel dossier, per fortuna è indicato tutto in modo molto particolareggiato, non dovrebbe essere difficile verificare la correttezza e l’attendibilità della documentazione, decido quindi di avvalermi nuovamente del o internet, se non altro per farmi un idea su google map dei vari indirizzi della città che dovrò raggiungere, per creare un percorso che abbia un senso in modo che via via raggiunga il punto a me più vicino per poi proseguire verso quelli successivi. Butto giù una programmazione adeguata, chiamo un taxi, attendo che arrivi la vettura “Tuono 12”, ci mette circa cinque minuti, finalmente la vedo fuori dell’albergo, scendo rapidamente le scale e salgo prendendo posto sul sedile posteriore, comunico l’indirizzo al tassista, l’uomo è un tipo loquace, molto taciturno, il viaggio è interrotto nel suo silenzio solamente dalla radio di bordo che di tanto in tanto comunica con le varie vetture che fanno capo alla stessa cooperativa di radio taxi, dopo circa venti minuti giungiamo sul luogo di destinazione, si tratta di un bar frequentato soprattutto da gay, devo cercare di parlare con un cameriere che si chiama sco, e il cui soprannome è Pussy, entro, mi vergogno come un ladro, non che ci sia qualcosa di sbagliato in loro, per carità, ognuno vive la sua vita seguendo quella che è la sua natura, e noi viviamo in un mondo che è fatto di tante diversità, mi vergogno magari perché sento di non essere nel mio ambiente, insomma parliamoci chiaro, qui dentro sono io il diverso, mi guardo intorno, è pieno di foto di uomini a dorso nudo, c’è anche qualche coppia di fidanzatini in sala che si scambia baci e coccole, mi trovo veramente in un forte stato di imbarazzo, cerco di far finta di niente, mi avvicino al bancone e chiedo di sco, il ragazzo dietro al banco, alto, muscoloso, indossa una magliettina di retina bianca e pantaloni di pelle nera, ha i capelli biondi, ossigenati, mi guarda e mi chiede - sco chi? –

- Pussy ! – Rispondo, ma lui mi osserva chinando leggermente la testa da una parte e mettendosi il dito indice tra le labbra tumide, e ammiccando vistosamente mi dice - Perché io non ti piaccio? – È più forte di me, ma mi metto a ridere, poi gli dico cercando di essere più serio - Guarda, non ti offendere, ma credo di avere gusti molto diversi dai vostri. – Lui mi guarda ancora e poi mi risponde - Ah, va bene, tu sei uno di quelli che ancora non ha capito che siamo meglio noi, comunque se ti piacciono tanto quelle vili traditrici delle donne, allora, vai, vai pure da loro, comunque Pussy lo trovi dentro a quella sala caro. – Così dicendo mi indica una porta, a dire il vero mi lancia anche un bacio, ma questo è un dettaglio che riporto come nota di colore perché anzichè farmi arrabbiare mi ha fatto sorridere, vedo la porta, è chiusa, decido di avviarmi verso di essa, la apro, c’è una sala biliardo, qualcuno sta giocando, non hanno l’aria di omosessuali, hanno l’aspetto e l’atteggiamento di eterosessuali, insomma non sono effemminati come il tipo con il quale avevo parlato prima, mi accorgo del loro orientamento sessuale solamente perché mi scrutano quando o vicino a loro, ed ora capisco che cosa debba provare una donna quando la fissiamo intensamente e le facciamo una radiografia con gli occhi. In fondo al locale c’è un angolo bar, dietro al banco angolare c’è un giovane ragazzo dai lineamenti molto delicati, evidentemente effeminato anche lui, moro e scuro di pelle, indossa però un abbigliamento molto più sobrio del suo collega, molto più adatto all’attività che svolge. Mi avvicino, gli chiedo se fosse lui sco, mi osserva un attimo e poi posando di nuovo lo sguardo su dei bicchieri che sta asciugando minuziosamente mi risponde di si. Gli dico chi sono, gli riferisco anche che devo verificare l’attendibilità di alcune testimonianze raccolte, lui si dichiara ben disposto a parlare, tiro fuori una foto del Tommasi, gli chiedo se riconosce l’uomo che vi è ritratto, mi risponde di si, gli chiedo quanto lo conoscesse bene, lui mi risponde che lo conosceva quel che bastava, allora io gli domando che cosa volesse dire, ride, chiude gli occhi per qualche secondo, li riapre, ride ancora e poi mi dice che avevano una relazione, che stavano insieme da anni, che da anni gli prometteva di lasciare la famiglia, la moglie, la figlia, e che non

solo queste cose qui non le ha mai fatte, ma oltre tutto circa un mese fa aveva scoperto che lui aveva anche un’altra relazione con un altro uomo, non sapeva chi fosse, ma sembrava che si trattasse di un uomo importante. Il ragazzo smette per un attimo di asciugare i bicchieri, posa entrambi i palmi delle mani sul banco da lavoro, inclina il viso verso di esso, chiude ancora gli occhi strizzando le palpebre più del dovuto, delle lacrime gli rigano le guance, io non so che dirgli, poverino, mi fa molta tenerezza, attendo che si riprenda leggermente, lo ringrazio, gli do un mio biglietto da visita invitandolo a contattarmi qualora avesse bisogno del mio aiuto, lo incoraggio a reagire, ad andare avanti, lo ringrazio di nuovo e dopo averlo salutato mi volto per andarmene, ma come mi giro lo sento che mi chiama, mi dice di volermi riferire un dato che non aveva ancora rivelato a nessuno, mi rivela in particolare il luogo nel quale il Tommasi si incontrava con il suo nuovo amante, si trattava di un casale di proprietà di un certo Allegri il quale di sicuro era anche a conoscenza dell’identità dell’altro, gli stringo la mano destra con determinazione dicendogli che è stato veramente molto utile, questa volta mi giro e me ne vado. Appena uscito dal locale, mi sento chiamare da qualcuno, mi volto, vedo una auto sportiva, alla guida c’è il Patrini, ridendo mi dice - Lo dicevo che eri dell’altra parrocchia!Io mi metto a ridere a mia volta e gli faccio presente che la mia presenza nel posto era legata solamente alla verifica delle prove raccolte. - Va bene, andiamo, ti accompagno io.Mi risponde il Patrini invitandomi a salire. Decido di accettare l’invito e salgo in auto sul posto del eggero, il Patrini subito mi domanda dove siamo diretti, io gli rispondo dandogli del lei e chiamandolo per cognome, lui mi guarda leggermente stizzito e mi invita a dargli del tu e a chiamarlo Aldo, comunque gli fornisco l’indirizzo appena ottenuto dal giovane barman all’interno del locale, gli rivelo le informazioni appena ottenute in relazione ad una presunta relazione del Tommasi con un uomo importante, osservo Aldo che sgrana leggermente gli occhi preso da un fremito di eccitazione all’idea dei profitti illeciti che tale notizia se vera e confermata potrebbe portare lui. Il posto si trova a circa venti chilometri, la nostra intenzione logicamente è di trovare il proprietario dello stabile, e di

chiedere a lui di fornirci tutte li informazioni delle quali è attualmente in possesso. Dopo circa dodici minuti di guida giungiamo a destinazione, troviamo un casale praticamente abbandonato, un caseggiato a giudicare dall’esterno fatiscente, per fortuna ci sono dei contadini che ano di li, provo a chiedere loro informazioni sul signor Allegri, purtroppo la notizia che mi forniscono non è quella che mi aspettavo, sembrerebbe che sia partito senza lasciare detto a nessuno dove andasse, cerco di raccogliere comunque delle informazioni sui frequentatori del casale, ma le persone con le quali mi trovo a parlare mi riferiscono di non saperne niente, perché difficilmente ano di qui in orari serali, mi sembrano sincere, desisto e li saluto, tornato in auto con Aldo riflettiamo entrambi sulla situazione, la cosa ci puzza di bruciato, è molto strano che una persona di una certa età, sempre calma e tranquilla, almeno a giudicare da quanto ci hanno riferito i signori con i quali abbiamo parlato, sia sparita improvvisamente senza lasciare traccia alcuna, Aldo mi assicura comunque di avere i modi per cercare di capire che cosa possa essere accaduto, che sicuramente riuscirà a scoprire dove sia potuto andare il nostro uomo, me lo guardo un attimo come a dire che non posso più spendere un centesimo, sembra avermi compreso all’istante, perché mi tranquillizza immediatamente ricordandomi che comunque la dritta l’avevo avuta io e che essendo divenuta anche una sua curiosità questa volta l’informazione sarà gratuita. Decidiamo quindi di tornare in città, e dato che si stanno facendo le ore dodici e trenta Aldo pensa bene di invitarmi a pranzo, mi dice che ci sono anche due sue amichette, non quelle della sera precedente, ma altre, e visto che non ho da fare nulla di meglio, accetto l’invito e lo seguo.

Capitolo X

La villa di Aldo, poco fuori Milano, è a dir poco stupenda, quasi dieci ettari di parco, piscina, campo da tennis, un piccolo allevamento personale di cavalli con relative scuderie. Entriamo con l’automobile su di un lunghissimo viale alberato che porta fino all’ingresso dell’abitazione, ad attenderci c’è del personale di servizio, subito ci vengono incontro, ci aprono gli sportelli e scendiamo dalla vettura, saliamo una lunga gradinata per giungere su di una ampissima veranda chiara in travertino, la attraversiamo ed entriamo. L’ingresso si apre su di un salone immenso, sulle pareti sono appesi dei quadri d’autore, sono presenti inoltre nella sala statue di marmo e pregiatissimi vasi in ceramica in bella mostra su piedistalli altisonanti. Seguo Aldo mentre percorre il salone della sua abitazione, il suo atteggiamento, come d’altronde previsto dal personaggio è molto borioso, mentre percorriamo la sala mi illustra per ogni singolo oggetto la provenienza, l’artista, le tecniche usate e soprattutto la somma che ha sborsato per ottenerlo, mi conduce su una sala più piccola, ma anche essa di dimensioni impressionanti, e anche essa ricca di quadri ed opere d’arte, è comunque un ambiente molto luminoso, ci sono delle grandi finestre e una porta finestra che sicuramente si affaccia sul terreno che si trova nella parte posteriore della villa, ad attenderci oltre ad una grande tavola imbandita ci sono come mi aveva anticipato due belle ragazze. Aldo procede con le dovute presentazioni, ci mettiamo seduti e tra una chiacchiera e l’altra ci vediamo servire le pietanze dal personale presente in sala, il clima è bello, disteso, il padrone di casa sembra quasi essere un’altra persona, differente da quella conosciuta la sera prima, cordiale, accomodante, molto gentile, un ottimo ospite, e poi che dire del servizio? I camerieri sono davvero impeccabili, non so in che tipo di traffici sia coinvolto, ma di sicuro gli fruttano veramente bene, iamo un paio di ore in totale serenità ed allegria, le sue amiche sono affabili e simpatiche, e sembrano cercare rogna, forse dopo ci scappa anche qualcosa con una delle due, comunque arriviamo a fine pranzo, Aldo si alza da tavola e ci invita a seguirlo fuori all’aperto per continuare con i dolci, i liquori ed il cafè. Usciamo dalla parte opposta rispetto a quella dalla quale siamo entrati, giungiamo sulla facciata posteriore della villa, uscendo troviamo a pochi metri un grazioso gazebo, ben curato e circondato da splendide piante fiorite di buganvillee. È una fantastica giornata di primavera, il cielo è terso, e gli uccellini cinguettano, c’è una siepe di bosso poco distante da noi dove dei merli hanno fatto un piccolo nido e nel quale

devono essersi schiuse delle uova, si sente il cinguettare continuo dei piccoli che sono in attesa del ritorno della mamma che porterà loro il cibo. I servitori arrivano recando un carrello con una quantità più che soddisfacente di dolci tra i quali poter scegliere, una delle ragazze mi si avvicina con movenze feline ed occhi da cerbiatta, mi si mette seduta vicino accavallando le gambe con una diagonale che consente loro di avvicinarsi il più possibile alle mie. Aldo mi guarda in faccia e ride, è visibilmente compiaciuto nel notare che non ha invitato in casa sua un gay, credo che abbia notato i miei occhi mentre si posavano sulle gambe lunghe, affusolate e suadenti della ragazza. Finiamo i dolci e iamo ai liquori e al cafè, dopo una lunga e piacevole chiacchierata con i presenti ma soprattutto con la giovane creatura che mi siede vicino e che sembra avermi scelto, noto Aldo che si alza e si allontana con l’altra donna lasciandoci soli e facendomi l’occhiolino mentre se ne và. La giovane fanciulla che rimane con me si alza ella stessa a sua volta e prendendomi delicatamente una mano mi invita a seguirla, come dirle di no? Mi sento stupido, imbambolato ed indifeso. Mi lascio praticamente guidare da lei, rapito dall’ipnotismo delle sue membra ancheggianti e senza opporre alcuna minima resistenza la seguo nelle camere della casa come un drogato insegue e cerca la sua dose, allo stesso modo io stregato dalla sua forte carica sessuale e dall’inebriante aroma della sua pelle e dall’odore dei suoi capelli, inseguo e ricerco spasmodicamente la razione giornaliera di quella carica erotica che senza che io mi sappia dare spiegazione alcuna mi ha subito stregato, confuso e rapito in modo assoluto ed incondizionato abbattendo ogni mia possibile difesa. Anche gli odori che percepisco hanno una consistenza ed una fragranza differente, sembrano più reali, più palpabili, la luce del sole sembra fare degli strani giochi tra le fronde sbarazzine e pendule di un vecchio salice piangente, entriamo nella camera scelta dalla giovane donna, è un ambiente spazioso, c’è un grande armadio bianco specchiato, lei inizia a spogliarsi con movenze leggere ed armoniose che conturbano ancor più la mia mente già presa dal desiderio e provata dall’attesa e dalla voglia bramosa di saltarle addosso per congiungersi carnalmente a lei. Il gioco però è bello, intrigante, aumenta ancora di più il desiderio, un po’ resisto, poi scoppio, non ce la faccio più, la afferro, la bacio, la stringo carnalmente a me, mi spoglio anche io disseminando gli indumenti per la stanza, entriamo nel letto e ci uniamo in un lungo ed interminabile abbraccio di corpi caldi, sudati, frementi dal desiderio, vogliosi e completamente travolti dagli animaleschi istinti primordiali, fino a fondersi e congiungersi al fine in un unico e completo amplesso. Infine, dopo aver profondamente appagato i nostri reciproci istinti sessuali, e stremati dallo sforzo imposto ai nostri corpi, cadiamo nel letto sfiniti e tremanti a causa delle palpitazioni provocate dai nostri cuori, riprendiamo fiato, ci sdraiamo supini e

finalmente rilassati e felici cadiamo entrambi in un dolce e tranquillo sonno pomeridiano. Suona un telefono, mi sembra all’inizio un rumore lontano, non capisco se sto sognando oppure se è una cosa che stia avvenendo realmente, poi apro gli occhi, trovo la giovane e splendida creatura sdraiata vicino a me con il suo viso candidamente adagiato sul mio petto, ha un aspetto sereno e rilassato, il telefono continua a squillare, allungo il viso sul display e mi accorgo che si tratta di una telefonata interna, rispondo, dall’altra parte sento la voce di Aldo che mi dice. - Ci vediamo tra un’ora fuori sotto il gazebo, ho già messo in moto qualche mia conoscenza per quella ricerca, quindi saluta la tua amichetta, datti una bella rinfrescata e poi fatti vedere fuori, così pianifichiamo un po’ di cose. – Non so neanche io come mi sia cacciato in mezzo a tutti questi casini, mi sono capitati da soli, uno ad uno, forse un po’ li ho anche cercati, ma sicuramente non pensavo che in così pochi giorni si rivoluzionasse così tanto la mia vita. Osservo ancora la ragazza che dorme con me in questo momento, è strano, non ricordo neanche il suo nome, ma nessuna, ripeto nessuna donna in me aveva mai provocato un simile turbamento, almeno non così profondo, vorrei tanto rincontrarla, frequentarla, se possibile anche innamorarmene, non mi importa chi ella sia o che cosa possa aver fatto fino ad ora in vita sua, non mi interessa quanti uomini abbia avuto, se si droghi o se sia anche lei una poco di buono, quello che so è che c’è un’intesa sessuale che non avevo mai provato prima in vita mia, e che vorrei assolutamente coltivare e crescere nel futuro.

Capitolo XI

Il cielo si è leggermente coperto, complice anche l’avvicinarsi della sera l’aria inizia a rinfrescarsi e a divenire più frizzante, mi godo ancora per un po’ quella calma che mi circonda, l’odore dell’erba bagnata dall’umidità, mi fa compagnia il cinguettio degli uccellini che iniziano a posarsi tra le fronde degli alberi dove troveranno un comodo rifugio per il riposo notturno, ed osservo mentre scorrazza per il giardino uno splendido setter inglese, il quale di tanto in tanto prende le misure con la mia persona, finge di avvicinarsi ma come io cerco di tendere una mano per accarezzarlo lui con riflessi fulminei scatta all’indietro, fa una breve corsa di circa dieci o quindici metri, curva poi leggermente sulla sinistra, si ferma, si gira, mi fissa nuovamente e di nuovo si avvicina al gazebo sotto al quale nel frattempo io sto aspettando Aldo. Il Patrini dopo circa dieci minuti nei quali lo attendo, finalmente mi raggiunge e si accomoda sulla sedia di vimini di fronte a me, tra noi c’è un tavolinetto basso, fatto dello stesso materiale delle sedie, sopra vi posa un portacenere, il pacchetto delle sigarette ed un accendino d’oro, poi inizia a spiegarmi che cosa intenda fare, chi ha già mosso per contattare chi che poi dovrà fare cosa…eccetera, eccetera, io lo ascolto ma distrattamente, la verità è che in questo momento sento tutta la mia vita che mi sta sfuggendo dalle mani, tutto il percorso che avevo fatto fino ad ora, le mie convinzioni, i miei studi, i miei programmi, li vedo ora sotto una luce diversa, attraverso una lente che deforma tutto ciò che prima aveva un senso e che ora sembra averne meno. Non lo seguo, penso ancora a quella ragazza che mi è entrata dentro, come un virus aggressivo ed incurabile, mi ha reso debole e malato, mi rendo conto che così non può andare, cerco di scuotermi, mi scuso con Aldo e gli chiedo di ripetermi l’ultimo dettaglio che mi era sfuggito, lui mi riespone di nuovo le sue strategie e nuovamente mi ripete che cosa abbia intenzione di fare, poi mi dà finalmente una bella notizia, mi comunica di essere stato in contatto con i colleghi del mio studio, hanno finalmente rilasciato Maurizio, a quanto pare almeno al momento la documentazione prodotta ha contribuito a sortire l’effetto desiderato. Mi sento notevolmente meglio dopo aver appreso la notizia poco anzi comunicatami, lo ringrazio per avermene reso partecipe, poi mi faccio coraggio e decido ci chiedergli delle informazioni alle quali in questo momento forse do ancora maggiore importanza, gli chiedo di Fiona, la ragazza che ho conosciuto oggi, lo vedo che mi guarda in modo un po’ cupo, mi allerta, mi consiglia di usare molta prudenza, e mi chiede di fare molta

attenzione, e mi dice che prendersi una sbandata per certe donne alle volte può essere poco salutare, si, è vero, forse ha ragione, ma io non posso farci niente, mi è veramente entrata nell’animo, mi ha realmente ammalato il sangue e la mente, insisto, insisto nel pretendere sue informazioni, mi fissa ancora, poi in modo truce e brusco mi dice che è una squillo, che è una delle ragazze che lavora per un grosso boss della zona. È tosta da mandare giù, comunque me lo aspettavo, sapevo che di sicuro non era una santa, gli riferisco che sono disposto a rischiare, che sono disposto a fare qualsiasi cosa per farla per sempre mia, per liberarla da quella vita, Aldo mi scoppia a ridere in faccia, cerca di tornare serio ma non ci riesce, scoppia nuovamente in una serie di sonore risate, e mentre ride mi chiede scusa dicendomi che proprio non riesce a trattenersi, poi finalmente si calma, mi fissa di nuovo, e successivamente mi dice - Liberarla da quella vita? E chi ti dice che lei voglia essere liberata da quella vita? È vero, magari non sempre si diverte alla grande, ma guardala come vive! Sempre nel lusso, nei soldi, in ville fantastiche, e che cosa potresti darle tu? L’amore? Pensi che le basterebbe? Guarda che quando si è abituati al benessere, alle comodità, alla ricchezza, poi la povertà puzza di squallore, di malattia, di fame, non è vero che si vive felici quando si è due cuori in una capanna, o almeno non è vero con donne come lei, a lei non basterebbe il tuo amore, né il tuo né quello di nessun altro. – Poi si fa ancora più serio, e mi fissa con sguardo di commiserazione, si alza e allontanandosi mi batte la mano su una spalla dicendomi - Dai retta a me, pensaci bene amico mio, ora tornatene al tuo albergo, fatti una bella dormita e ci risentiamo domani. – Mi lascia li, ancora più disorientato e depresso di prima, ma forse ha ragione lui, sicuramente a Fiona del mio amore importerebbe ben poco, quello che lei cerca è il potere, la ricchezza, il denaro, ed ecco che le convinzioni con le quali ero cresciuto ed avevo studiato traballano ancora di più.

Capitolo XII

Corro per le vie strette di un quartiere di periferia, mi inseguono, mi infilo dentro a dei vicoli sporchi ed angusti, tiro giù dei cassonetti con il braccio destro per disturbare il mio inseguitore, continuo a correre fino a quando il mio fisico me ne darà la facoltà, sento il cuore che batte forte, ancora più forte, ed ancora di più, a limiti estremi, eppure non sento la fatica, forse è più forte la paura di morire, mi trovo di fronte ad un bivio, è un posto che non conosco, devo decidere in fretta, vado a destra, corro, continuo a correre, sento i i di chi mi segue ancora più vicini, ho un grande freddo addosso, forse questo è l’effetto che provoca il terrore di morire, il panico creato dall’ineluttabile, si ho paura, il mio inseguitore del quale non conosco neanche il volto mi è sempre più vicino, io corro come un fulmine, come un cavallo da corsa impazzito, salto panchine, scavalco muretti, siepi, ma non basta, lui è sempre lì, sempre più vicino, sento quasi il suo fiato sul mio collo, faccio una finta a sinistra come un giocatore di ragby, momentaneamente lo inganno, riguadagno qualche metro, poi odo una sonora detonazione, mi fermo di colpo, sono sudato fradicio, ho gli occhi sbarrati ed il viso pallido, abbasso lentamente lo sguardo sul mio ventre, la camicia è sporca di sangue, mi hanno colpito, la sollevo, vedo una ferita dalla quale esce copioso del sangue scuro, non c’è più niente da fare, sono finito, mi giro, cerco di capire l’identità del mio assassino, ma non vi riesco, c’è dietro a me un uomo vestito con un impermeabile scuro, la testa ed il viso sono coperti dal cappuccio del soprabito, le gambe mi cedono, cado in ginocchio di fronte a lui, intravedo vagamente il viso ma è tutto sfocato, confuso, non riesco a mettere a fuoco, poi cado carponi e vedo solo il buio. Strillo! Mi alzo di scatto, sono tutto bagnato di sudore, sono agitato, ho il respiro affannato, e faccio fatica a riprendermi, era un sogno, era solo un maledetto sogno, sono di nuovo nella mia camera d’albergo, osservo la sveglia, sono le due del mattino, mi alzo dal letto, cammino per la stanza, apro la finestra, prendo una profonda boccata d’aria, inizio a respirare a fondo per facilitare il sopraggiungere di uno stato di calma, mi affaccio dalla finestra, è una notte torrida, l’aria è calda ed appiccicaticcia, finalmente mi calmo, mi sdraio di nuovo, non riesco a riprendere sonno, accendo la tele, non fanno niente di interessante, faccio un po’ di zapping, trovo un vecchio film sulla vita di un grande boss, lo vedo, quasi ammiro il protagonista della storia, invidio la sua boriosità, la sua spregiudicatezza, ammiro il suo stile di vita completamente privo di regole da rispettare, poi di nuovo calmo e

rilassato mi addormento sereno.

Capitolo XIII

Il giorno successivo mi incontro con Aldo in un bar al centro di Milano, è stato lui a darmi appuntamento anticipandomi che ha degli sviluppi interessanti da comunicarmi, sembra che il nostro uomo si sia nascosto in una piccola località del centro America, a scoprirlo è stato un collaboratore di Aldo che ha dei contatti con il personale di servizio dell’aeroporto di Milano Malpensa, grazie alla conoscenza dei dati anagrafici completi del signor Allegri ma soprattutto grazie anche ad una fotografia della quale si era riusciti a venire in possesso, è riuscito a ricostruire attraverso altri contatti l’esatto giorno della sua scomparsa, ed è riuscito a scoprire che l’Allegri era scappato in fretta e furia presentando documenti falsi con false generalità. Sicuramente era partito con una bella somma al seguito, oppure con la promessa fatta da qualcuno di trovarla a destinazione. Trovo Aldo nel luogo indicato per l’appuntamento, comodamente seduto in un salottino del locale scelto per l’incontro, ci salutiamo, mi invita a sedermi insieme a lui e ad ordinare qualcosa, lo assecondo, mi assicura che possiamo parlare tranquillamente perché il proprietario è molto riservato, e inoltre è un suo caro amico, ci credo, anche se mi risulta difficile che un tipo come lui possa avere dei veri amici, sicuramente sarà qualcuno sul suo libro paga, oppure un prestanome che ricicla soldi sporchi per lui utilizzando come facciata il bar, comunque mi riferisce tutto ciò che è venuto a sapere, e come in parola non ha chiesto nessun tipo di pagamento per questa volta, la storia puzza veramente di marcio, vorrei sicuramente raggiungere il signor Allegri in Giamaica, dove è fuggito, ma prima ne dovrei parlare con Maurizio, fargli una piccola relazione, poi nel caso decido insieme a lui, Aldo poi mi rivolge di nuovo la parola e mi dice - Allora Amleto, che ne pensi di un bel viaggetto in Giamaica? – Non mi aspettavo questa sua iniziativa, mi coglie leggermente impreparato, comunque subito gli rispondo - A dire il vero ci stavo pensando, ma ne devo prima parlare con Maurizio, riferirgli il tutto, poi se anche il collega la pensa come noi allora posso anche partire, anche perché tutte queste spese sono finanziate dallo studio. Comunque, permettimi una domanda, come mai a te interessa tanto questa storia?–

- Vedi, se non sbaglio l’amico del Tommasi, almeno a sentire la testimonianza da te raccolta, è una persona importante, e quindi per me ciò potrebbe significare un bell’affare di parecchi soldini, sempre se io riesca a rintracciare questo signor Allegri e sempre se riesca a scoprire chi è questo personaggio che egli vuole coprire. – - Si, capisco, io comunque devo sentire Maurizio e cercare di convincerlo, anche perché non so per noi quanto ne valga la pena di risalire all’Amante del Tommasi! – - Senti Amleto, ma il tuo collega, per caso stava portando avanti una causa contro un pezzo grosso, oppure che so, contro una multinazionale, od altro…., voglio dire in questi ultimi due anni aveva in piedi cause di una certa rilevanza che si dovevano chiudere dove era fondamentale nel procedimento legale la sua presenza, oppure da parte di qualcuno essa si ritenesse tale?– Questa domanda mi fa pensare, non capisco bene però dove voglia arrivare Aldo, rifletto, poi gli rispondo - Si, Aldo, effettivamente c’era un caso di molestie sessuali, l’accusato è un imprenditore italiano immischiato con affari ed appalti di vario genere, spesso accusato di avere conoscenze diciamo poco pulite, inoltre sembra essere molto amico di un politico che è stato spesso indicato come uomo colluso con la malavita organizzata, si tratta di molestia nei confronti di un minore, e Maurizio magari non era fondamentale nel procedimento penale, ma diciamo che aveva preso molto a cuore la faccenda, ma perché mi hai fatto questa domanda?– - Ma come? Non realizzi? Bingo! Non ti viene il sospetto che il signor Tommasi possa essere stato pagato da qualcuno, oppure costretto da qualcuno a fare quelle denunce nei confronti del tuo collega? Magari da qualcuno che aveva come obbiettivo principale proprio quello di gettare discredito su di lui? E non ti viene il sospetto che magari quell’uomo che si vuole coprire possa essere proprio l’uomo con cui ce l’ha tanto Maurizio? Riferisci questa ipotesi al tuo amico e sicuramente ti autorizzerà la spesa.– Un’ipotesi un po’ costruita, magari anche molto azzardata, ma non del tutto irreale - Aldo, non so come tu abbia fatto ad arrivare ad un simile ragionamento, ma hai avuto una intuizione geniale, non ci avevo proprio pensato, saresti potuto essere

un ottimo avvocato! – - Lo so, a dire il vero appena diplomato mi segnai anche a giurisprudenza, ed ero anche bravo, ma più andavo avanti e più capivo che le regole, soprattutto quelle giuridiche non mi andavano proprio giù, e poi, ad un certo punto fui costretto a smettere. – - Come mai? – - Beh, vedi, fino a quando dietro hai una famiglia serena ed unita è facile fare dei piani per il futuro, programmare, avere dei progetti insomma, ma poi quando succede qualcosa che va a rompere quella tranquillità, allora tutto cambia. Vedi? mentre andavo ancora all’università purtroppo venne a mancare mia madre, e a quel punto la mia famiglia giustamente ne ha sofferto, mia madre era il collante che spesso teneva unito tutto, il centro del nostro nucleo familiare. E’ come se a un sistema solare gli levassi il sole, tutto intorno si spenge e muore.– Questa poi è da non credere, ad Aldo sono venuti gli occhi lucidi, ha avuto un attimo di cedimento, se ne accorge e facendosi forza si riprende immediatamente non volendo dare di lui una immagine debole e vulnerabile, comunque anche per eliminare quel momento di imbarazzo subito gli dico - Mi dispiace, mi dispiace tanto, e poi cosa è accaduto? – - E’ accaduto che mi sono dovuto inventare una mia vita, da solo, con le mie forze, ed è andata come è andata. – - E tuo padre, non ti è stato vicino? – - Si, a modo suo si, però per sopravvivere al suo dolore, grande, immenso, ha dovuto affrontare delle scelte personali di vita, si è risposato dopo pochi anni dalla morte di mia madre, un po’ per affrontare quel vuoto enorme ed incolmabile che gli era rimasto dentro, un pò perché era convinto di doversi rifare una famiglia, come se già non l’avesse una! E’ vero, mia madre non c’era più e il dolore era grande, ma non solo per lui, io e mio fratello c’eravamo ancora, ma evidentemente lui aveva bisogno di fuggire da tutto ciò che lo portava troppo vicino alla vita di prima, forse chissà il dolore per lui era così grande che aveva bisogno di fuggire da tutto ciò che gli ricordava la compagna di una vita, e forse è per questo motivo che la donna che ha sposato dopo è completamente diversa da lei.-

- Sei in collera con lui? - No, a lui non do nessuna colpa, ognuno ha il proprio istinto di sopravvivenza che lo porta a fare di volta in volta le scelte più opportune, e poi fino a quando c’era mia madre è sempre stato un buon padre, e aveva per lei una devozione assoluta, ha fatto di tutto per combattere la sua malattia, e quando non poteva fare più nulla le è stato vicino fino all’ultimo istante, è rimasto li ad accudirla e a coccolarla dicendole sempre che sarebbe andato tutto bene. Comunque, basta con questi ricordi, torniamo alle cose attuali e ai problemi odierni, tu cerca di convincere Maurizio, tra qualche giorno poi si parte, ok? – Lo dice in modo scocciato e brusco, come se avesse un’estrema necessità vitale di inter-rompere quella conversazione che aveva preso una strada che non gli piaceva, come se volesse scacciare più lontano possibile un dolore difficile da dimenticare, anche per uno come lui. Si, ha ragione lui, devo convincere il collega, rintracciare quell’uomo può dare seguito a sviluppi veramente molto interessanti. Ci salutiamo, Aldo si allontana, non mi dice niente di Fiona, ed io non gli chiedo nulla, ma ci penso continuamente, però è anche vero che forse ha ragione dicendo che è una donna che devo dimenticare, si, razionalmente ne sono convinto anche io, ma è più forte di me, in me c’è in corso una grande guerra tra il mio lato razionale e quello irrazionale, e soltanto alla fine del conflitto sarà possibile scoprire chi ne sarà il vincitore, comunque ora dobbiamo pensare a cose più serie e solo alla fine di queste indagini potrò tornare sull’argomento.

Capitolo XIV

Giamaica, mare da favola, ragazze bellissime, natura incontaminata, ma anche povertà, prostituzione minorile e tanta, tanta miseria. Ma quello che più mi fa arrabbiare di posti come questo è il vedere gente anziana, vecchi porci, che vengono apposta qui per fare il cosiddetto turismo sessuale, ossia per andare a letto con delle minorenni che vanno con loro per pochi soldi, oppure alcune addirittura per portare un po’ di cibo a casa, e quello che mi fa ancora più rabbia, è che se senti qualche bigotto parlare di quelle ragazze, lo senti dire che si dovrebbero vergognare, ma chi si dovrebbe vergognare? Loro? Oppure quei vecchi, luridi, bavosi porci che sfruttano il loro stato di bisogno? E magari sono gli stessi bigotti che quando tornano nei loro rispettivi paesi fanno tanto i puritani. La cosa veramente grave è che magari alcuni di questi sono anche alti rappresentanti della nostra società civile, oppure sono insegnanti, dottori, o professori universitari, insomma gente che in un modo o nell’altro dovrebbe essere responsabile delle nostre vite, o della nostra formazione culturale e così via. Magari li vedi anche ogni domenica in Chiesa a battersi il petto davanti alla croce di nostro signore Gesù Cristo. Mi dispiace ma anche per questi motivi io ho sempre pensato che la Chiesa ognuno di noi la debba trovare prima di tutto in se stessi, la Chiesa oppure se preferite il senso religioso, di fratellanza, di amore, e non importa a quale religione si appartenga, se a quella del Dio di Cristo, se a quella di Allah, di Budda o di altri, ma l’importante è trovare in se una vena, una strada che porti alla pace, all’amore per gli altri, al rispetto delle diversità e alla tolleranza, no, non basta andare la domenica a messa, e comunque non serve se poi usciti di la ci si comporta al contrario di quanto si è sentito predicare. Queste cose mi mandano proprio in bestia, alle volte mi viene da pensare che sia l’uomo l’abominio dell’umanità. Comunque siamo qui non per filosofeggiare, ma per cercare il proprietario di quel casale vicino a Milano dove si nascondeva il Tommasi con il suo amichetto importante. Sono arrivato questa mattina insieme ad Aldo, dopo essermi fatto autorizzare il viaggio da Maurizio e dopo aver concordato con lui un budget massimo di spesa, per eventuali spese successive al limite fissato dovrò prima farmi autorizzare dallo studio, salvo casi urgenti ed indispensabili. Aldo ha delle conoscenze anche in questo posto, non ho alcuna intenzione di entrarci a stretto contatto, sicuramente saranno frutto di contatti legati a giri di droga o cose simili, comunque sono costretto a seguirlo e ad andare insieme a lui. Arriviamo in una piccola rimessa di barche, dove sento lui

che cerca un certo Josè, sento che qualcuno gli risponde nella lingua locale, io non capisco assolutamente nulla, ma vedo che egli invece comprende quello che gli riferiscono, sta parlando con un ometto minuto, con pochi capelli e dal fisico consumato dalla vita dedita al lavoro, se lo guardi in volto sembrerebbe avere un’età superiore ai settanta anni, ma poi ti accorgi che in realtà deve essere molto più giovane, Aldo ascolta con molta pazienza quanto gli viene detto, poi si rivolge a me e mi comunica che il suo contatto locale lo troveremo il giorno successivo, in quanto era dovuto andare in città a rimediare alcuni pezzi che gli servivano per riparare una vecchia imbarcazione entrobordo. Per oggi non ci rimane altro da fare che andare a scaricare i bagagli nel nostro albergo e fare i turisti. Prendiamo una specie di taxi locale che somiglia di più a un bidone della spazzatura con le ruote anziché ad una automobile, il conducente, una specie di giamaicano sballato e sotto effetto di oppiacei guida come uno che debba sbrigarsi a tornare a casa per sorprendere la moglie in flagranza con l’amante. Per fortuna arriviamo sani e salvi, scendiamo, lo paghiamo, prendiamo i nostri bagagli e ringraziamo il Signore. Di sicuro non abbiamo di fronte il Grand Hotel, anzi utilizzando un eufemismo direi che è una vera e propria bettola, io non sono un tipo sofisticato, ma spero veramente di restarci poco in questo posto, purtroppo tutti gli alberghi buoni erano pieni, ci siamo dovuti adattare. Ad accoglierci c’è una stanza spoglia, con dentro un uomo molto trasandato, vestito male e sudato, di fianco alla sua postazione di lavoro ha un vecchio, vecchissimo ventilatore , quasi un pezzo d’antiquariato, penso che risalga ai primi anni quaranta. Comunque firmiamo sul registro dei clienti e portiamo su le nostre cose, apro la porta della mia stanza, rimango praticamente bloccato sulla soglia, l’impatto con quell’ambiente trascurato è devastante, è come se di fronte a me ci fosse una forza misteriosa che mi impedisse di entrare talmente è palpabile la repulsione che provo per quella prima visione della mia stanza, le pareti sono macchiate di umidità quasi in ogni loro punto, l’armadio è vecchio e piuttosto malandato, ha le maniglie rotte e presenta scritte sul novanta percento della sua superficie, c’è un unico punto luce al centro della stanza con quattro lampadine, tre delle quali sono fulminate, se parte anche l’altra la notte rimarrò completamente al buio, mi faccio forza, e quasi violentando me stesso nel profondo del mio essere riesco a fare i pochi i necessari per entrare nella stanza, chiudo la porta sbilenca alle mie spalle, poso la valigia sul letto riassettato con lenzuola si pulite ma logore e macchiate, mi dirigo poi verso la porta finestra, la apro, entra una luce quasi

abbagliante, riabituo immediatamente gli occhi alla luce del sole giamaicano, la finestra si affaccia su di un balconcino che si trova a pochi i dalle spiagge dell’oceano, c’è un piccolo tavolino circolare ed un paio di sedie di plastica, mi metto comodamente seduto, tiro fuori uno dei sigari domenicani che avevo comprato appena atterrato all’aeroporto, non avendo nulla di meglio da fare mi metto a fumare godendomi se non altro il panorama. a circa un’ora, perso come ero nelle mie riflessioni non mi ero accorto del tempo che ava, si avvicina il momento del tramonto, ad un certo punto noto vicino a me la presenza di un’altra persona, è Aldo che si è seduto sul suo terrazzino, abbiamo infatti le stanze vicine e i due terrazzi sono gemelli ed accostati l’uno all’altro, mi rivolge la parola in tono gioviale - Allora Amleto! Finalmente in Giamaica…, certo l’albergo fa pena, ma il panorama merita il viaggio!Si, è vero, non rispondo ma faccio un gesto di assenso, continuo a vedere il sole mentre si tinge di rosso, il cielo prende dei colori bellissimi che prima di divenire arancio e poi rossastri, assumono delle tinte viola e lilla di una infinita varietà di tonalità. Continuo a gustarmi il panorama, poi non so per quale motivo ma mi torna in mente lo sfogo che aveva visto Aldo come protagonista, certo che sto viaggiando con una persona molto strana, veramente variopinta, non riesco a farne a meno, devo assolutamente domandargli una cosa che mi aveva incuriosito - Aldo, ti posso fare una domanda? – Rimane un attimo in silenzio, fa un bel tiro del suo sigaro, ne espelle il fumo con molta calma, assapora l’aroma del tabacco bagnandosi le labbra, poi tirando la testa all’indietro come per dormire mi risponde - Dimmi Amleto.- Mi avevi detto che poi la tua vita è andata come è andata, che cosa volevi dire? - Bella domanda!Fa una pausa di qualche secondo, poi rimanendo sempre nella stessa posizione

nella quale si trovava e continuando a tenere gli occhi chiusi mi risponde - Vuol dire caro Amleto che io ci ho provato a rigare dritto, a fare il bravo ragazzo, a spaccarmi la schiena per cercare di portare avanti un lavoro onesto, a campare con mille euro al mese, ma non ci sono riuscito, mi sentivo schiacciato, poi tentai di avviare una piccola attività imprenditoriale, ed anche essa andò male, avevo debiti, tanti debiti, verso fornitori, verso lo stato, e non ce la facevo veramente più, allora qualcosa in me si ruppe, ero stanco, arrabbiato, stufo, deluso, ma soprattutto più avano i mesi e più notavo il contrasto sempre più evidente tra quelli come me che veramente ci mettevano tutto in quello che facevano, con scarsi risultati, e i nostri cari politici, che mentre gli altri stanno quasi facendo la fame, loro non contenti dei quindicimila o ventimila euro al mese che guadagnano hanno anche il coraggio di deliberarsi all’unanimità un aumento di stipendio, no, non sopportavo più niente, così in me qualcosa si ruppe dentro, non volevo più farmi schiacciare dalla vita, dalle tasse, dalle regole, da quel momento in poi io non dovevo più avere regole, ero io la mia regola, l’unica regola!Capisco perché c’è qualcosa di lui che mi risulta simpatico, è in fondo un povero Cristo come tanti altri, solo che ha avuto il coraggio di reagire, si prendendo una strada sbagliata, quella del crimine, ma ha avuto il coraggio di ribellarsi a modo suo al mondo, di combatterlo, magari alla fine ne rimarrà comunque schiacciato, ma almeno ha lottato! Sia chiaro, anche se in questo momento sono combattuto con me stesso su ciò che vorrò fare dopo questa storia, ancora non condivido il suo modo di vivere, e la strada che ha intrapreso per dire “No!”, ma non posso certo dire di non comprenderlo, o almeno non posso dire di non comprendere il suo malcontento! - Comunque, sia chiaro Amleto, non sono sicuramente fiero della mia vita, anzi ammiro proprio chi ce la fa a fare la vita che io non ho avuto il coraggio di affrontare, a vivere con mille euro al mese e a mettere su famiglia, vedi, io quel coraggio no ce l’ho, non lo avevo e non lo ho tuttora, quelli secondo me sono degli eroi, la gente che nonostante tutto, nonostante le difficoltà, va avanti e non cambia strada, la gente che ci mette il cuore, la ione, l’impegno, e che quando le cose vanno male ce li mette ancora di più, le persone che non si danno mai per vinte e che lottano sempre, non quelli come me che cercano le scorciatoie, che per arrivare ai loro obbiettivi vendono l’anima, perché vedi caro Amleto, la prima volta che rovini la vita a qualcuno, o peggio ancora che levi la vita a qualcuno, da quel momento in poi l’anima non è più la tua, ma l’hai già

venduta al diavolo. Pensaci bene amico mio a quello che vuoi fare della tua di anima, e della tua vita, pensaci bene.Non mi dice altro, diventa all’improvviso serio, quasi malinconico, poi si alza, mi guarda dritto in faccia, fa un sorriso appena accennato e mi saluta, mi invita a chiamarlo tra un’ora, così andremo a mangiare qualcosa insieme, poi se ne va nella sua stanza, chiude le persiane della sua finestra lasciandomi solo in contemplazione del tramonto, e in riflessione sulle parole e sulle frasi appena sentite uscire dalla sua bocca, certo, che strano individuo, sembra qualcuno che sta perennemente in lotta tra il bene ed il male, e che non sappia neanche lui da quale parte schierarsi, qualsiasi momento può essere buono per fare una buona azione o per uccidere qualcuno, alle volte ne ho paura, comunque ancora dobbiamo collaborare insieme per un po’ di tempo, dovrò stare attento, molto attento, non mi sentirò mai completamente tranquillo con una persona così instabile che mi accompagna.

Capitolo XV

Il giorno successivo incontriamo Josè, lui non è un abitante dell’isola, o meglio, non è originario del posto, è un gigante spagnolo originario di Toledo, la città delle spade, nel suo viso, o meglio nelle rughe che come cicatrici lo caratterizzano e lo rigano come dei solchi aperti su un terreno arido, è possibile tra le pieghe della sua pelle leggere la sua vita fatta di avventura e di sofferenza, l’avventura di un uomo che non ha mai avuto radici fisse e che quando le ha trovate ha poi perso il motivo e le ragioni che lo avevano legato a quel posto, Josè è venuto ad abitare qui in Giamaica circa venti anni fa. Venne in vacanza con altri amici e si innamorò di una donna del posto, la ragazza era la figlia di un marinaio che dopo essere andato in pensione aveva aperto un rimessaggio di barche. Beh, Josè si innamorò talmente della donna che decise di rimanere in Giamaica, di sposarla e di mettersi a lavorare con il padre di lei. Purtroppo la giovane sposa morì qualche anno dopo, a seguito di una grave malattia respiratoria, ma Josè non prese mai più un’altra nave per giungere su altre rive, no, rimase li, decise che la sua vita doveva terminare nello stesso posto nel quale era venuta meno quella della donna che aveva tanto amato, certo, quando avrebbe voluto e deciso il buon Dio, ma sicuramente almeno il luogo lo avrebbe scelto lui. Proprio questo suo amore per la sua sposa, e la decisione di restare per sempre nel posto nel quale era nato il loro idillio aveva fatto diventare Josè un personaggio molto benvoluto e apprezzato all’intera comunità del posto, e probabilmente era questo il motivo che aveva spinto Aldo a chiedere il suo aiuto. Non so per quale circostanza Aldo conoscesse l’uomo o che cosa l’uomo avesse a che fare con lui, e non mi interessa, a me Josè sembra una bravissima persona, una specie di gigante buono. Comunque dopo che il mio compagno di viaggio finisce di spiegare tutta la storia che ci ha portato qui e il motivo per il quale richiediamo il suo aiuto, l’uomo per tutta risposta ci assicura di farci avere entro le prossime quarantotto ore tutte le notizie delle quali riesce a venire a conoscenza grazie alla sua rete di amicizie del posto. Ci chiede però di non andare in giro a fare domande, e di far finta di essere dei semplici turisti, ci raccomanda insomma di non smuovere troppe acque, le persone del posto sono gente strana, ci dice, è gente un po’ chiusa e se qualcuno si mostra troppo aggressivo ed insistente non diranno mai niente, si, questo ci dice, insomma dobbiamo stare calmi per tutto il soggiorno e fare i turisti.

Comunque la prospettiva non dispiace troppo né a me né a Aldo, abbiamo già puntato un paio di spiagge molto conosciute come mete turistiche, e un po’ di relax e di mare di sicuro non ci farà male. Decidiamo quindi di tornare in albergo, ossia alla bettola e di cambiarci, di metterci un costume e dimenticarci per qualche ora qualsiasi problema, chiamiamo un taxi che ci porta appunto nel luogo nel quale soggiorniamo, gli chiediamo se ci aspetta mentre ci cambiamo, torniamo subito giù con indosso i nostri costumi, delle t-shirt ed asciugamani da mare, risaliamo sul taxi e gli forniamo il nome della località balneare che vogliamo raggiungere. Il tassista parlando un italiano incerto ci dice che li ci sono molte donne, e che se vogliamo lui ci può far conoscere anche alcune sue amiche, logicamente decliniamo subito l’offerta, non ho alcun interesse di andare a prostitute, soprattutto non ho alcun interesse nel conoscere delle ragazzine, voglio solo godermi un po’ di sano riposo, anche Aldo declina l’offerta, non lo conosco ancora bene, ma non sembra essere un animale come mi era parso la prima volta, forse era solo drogato o troppo brillo o comunque era su di giri. Dopo pochi minuti di viaggio il tassista ci porta su di una spiaggia fantastica, la sabbia è bianca come la neve, sull’arenile ci sono delle palme con noci di cocco, come nei film americani, la costa forma un piccolo golfo e al centro c’è una laguna di un turchese intenso con striature scure formate dai banchi d’alghe che si trovano sul fondo, tutto intorno brulica di vita, ci sono uccellini colorati che si posano a pochi centimetri dai tuoi piedi, mi avvicino al bagnasciuga e mi accorgo subito che il mare è popolato di pesciolini belli e variopinti. Finalmente forse avremo un po’ di pace. Ci sdraiamo beatamente a godere di una leggera brezza che ci accarezza delicatamente la pelle, utilizziamo entrambi una crema solare ad altissima protezione, e per la maggior parte del tempo cerchiamo di rimanere ben protetti all’ombra del grande ombrellone di paia che abbiamo prenotato senza esporci eccessivamente ai raggi solari, il sole infatti picchia in un modo incredibile, ano continuamente sul bagnasciuga delle ragazze bellissime, che hanno dei fisici da sballo, ragazze con corpi statuari e sederi tondi ed alti caratteristici delle donne del posto. Io purtroppo sono negato con le lingue, a parte un po’ di inglese scolastico non so parlare altro, ci vorrebbe un po’ di spagnolo o di portoghese tanto per farsi comprendere un pochino, comunque alla fine mi butto, vedo altre due belle tipe che ano e ci provo, mi metto a fare un po’ il pagliaccio sul bagnasciuga parlando un po’ di inglese, secondo me non capiscono niente di quello che dico, ma sembra che ci stiano perché si mettono a ridere, si fermano, continuo a scherzare con loro ma il livello della mia conversazione di sicuro non può portare tanti risultati utili. Ad un certo punto però mi raggiunge Aldo, lui

parla abbastanza bene il portoghese, si mette a parlottare con le ragazze che vedo mi guardano e ridono, io gli chiedo che cosa gli abbia detto, per quale motivo ridano di me, e lui mi risponde che ha solo comunicato alle ragazze che non so una sola parola di portoghese, e che facevo il pagliaccio solo per conoscerle, poi le vedo che ci salutano ridendo e se ne vanno. Bene, dico, tu scherza, io intanto le avevo fermate, mentre tu le hai fatte andare via. Ma che hai capito? Mi dice Aldo, guarda che gli ho dato appuntamento per questa sera presso un ristorante di mia conoscenza, se lasciavo fare a te mò si combinava qualcosa!

Capitolo XVI

Ricordo ben poco della sera precedente, ma mi è chiara una cosa, sono sicuro che non abbiamo combinato niente con le ragazze del ristorante, eravamo troppo ubriachi, non facevamo altro che ridere e cercare di reggerci in piedi mentre tornavamo in albergo. Ho un mal di testa allucinante, non mi sono neanche portato un Aulin o una aspirina dall’Italia, dovrò cercare di farmelo are con una bella doccia, e poi se non basta andarmi a prendere uno di quei cafè schifosi che ho già avuto l’onore di assaggiare da queste parti. Mi alzo con molta fatica, prendo un mio asciugamano pulito e entro nel bagno, certo non è proprio il migliore dei risvegli, non solo sono fisicamente a pezzi, ma oltre tutto il vano doccia mette veramente i brividi, gli spazi tra le maioliche sono neri, in alcuni punti c’è addirittura traccia di vellutello, è meglio che cerchi di non pensarci o mi aumenta l’emicrania. Comunque supero lo scrupolo iniziale e mi lavo abbondantemente pur dovendo entrare in quell’ambiente sporco ed angusto, esco, mi asciugo con un piccolo fon che mi sono portato in valigia, già mi sento un po’ meglio. Esco fuori sul balcone a prendere un po’ d’aria, trovo sull’altro balcone adiacente Aldo che è seduto su di una sedia e sta con lo sguardo perso nel vuoto, praticamente è catatonico, lo saluto, è come se lo risvegliassi da un sogno. Scuote leggermente la testa, si volta lentamente verso di me con gli occhi sgranati, poi finalmente torna nel mondo reale, mi riconosce, mi saluta, si mette a ridere come un pazzo sclerato, poi con tono drammatico esclama - Certo, ieri che figura di merda! Non abbiamo combinato niente, ci siamo ubriacati come due pivelli, e loro dai che ci guardavano mentre ridevamo come dei poveri scemi, ogni tanto cercavano di riportarci sulla loro strada, ma niente, eravamo proprio andati. – Io lo guardo e rido, mi immagino noi due completamente ubriachi e le ragazze della spiaggia che cercavano a tutti i costi di convincerci ad andare a letto con loro, eh si, mi viene da ridere, è proprio vero, che figura di merda! - Va bene, dai la prossima sera che ci usciamo staremo più attenti!Gli dico cercando di fare il serio e di non ridere - Ma che più attenti, e chi ci esce più con quelle due, io mi vergogno come un

cane, una figura simile con una donna non l’ho mai fatta in vita mia, magari alle volte ho peccato nel senso opposto, ma non combinare niente perché ho bevuto troppo, questo mai.- Effettivamente neanche a me era mai accaduto niente del genere….., ma vuoi vedere che…Mi assale il dubbio che le due ci abbiano drogato e poi derubato, vado subito a controllare i soldi che avevo nascosto nel bagno se ci sono ancora, per fortuna sono ancora li, in camera non sono entrate, quello che invece mi è sparito sono i contanti che avevo nel portafogli e che avevo portato la sera prima, per fortuna era poca roba, per fortuna è andata abbastanza bene anche ad Aldo, anche a lui hanno preso solamente pochi spiccioli che aveva appresso, non gli hanno neanche levato la collana d’oro. Vedo Aldo che all’inizio si arrabbia, strilla, sbraita, poi ad un certo punto si mette a ridere, poi mi guarda e continuando a ridere di gusto mi dice - Mamma mia che gentaccia che si incontra da queste parti…….Non avrà fatto la più bella delle battute, ma è talmente contrastante la sua reazione da quella che mi sarei aspettato, che mi metto a ridere anche io, va bene , ci hanno sistemato per le feste due belle ragazze, per questa volta va bene così, abbiamo regalato loro qualche settimana di felicità.

Capitolo XVII

Trascorremmo una lunga settimana di vacanza, io di tanto in tanto sentivo lo studio sia per rendere nota dell’evolvere delle indagini in corso, sia per informarmi della situazione dei miei clienti, se c’erano novità importanti e se i miei sostituti li stessero seguendo con la dovuta serietà e dedizione. Tutto sommato erano giorni di svago, io ed Aldo avemmo la possibilità di conoscerci meglio, e devo dire che come compagno di viaggio e di vacanze non era niente male, si, qualche volta si ubriacava un po’ troppo, ma a parte diventare un po’ volgare in quei momenti e provarci con qualsiasi cosa si movesse, non faceva poi in realtà mai male a nessuno, e dopo che gli ava un po’ la sbronza ne rideva anche lui. Comunque quelle giornate tranquille e spensierate oramai erano finite visto che ci aveva raggiunto sulla spiaggia un ragazzino di circa dieci anni che ci diceva che ci cercava Josè. Io ed Aldo appena ricevuto il messaggio capiamo subito che ci deve essere uno sviluppo importante, altrimenti non ci avrebbe mandato a chiamare, ci vestiamo e seguiamo il bambino che ci guida da Josè, Aldo dà qualche moneta al fanciullo che sorridendo con tutti i denti a disposizione ci saluta e se ne va. Josè è molto serio, ci dice che ha delle novità ma che purtroppo non ci piaceranno, purtroppo l’uomo che cerchiamo è stato trovato morto nei pressi del più vicino aeroporto, la morte sembrerebbe risalire a circa dieci giorni fa, quindi molto probabilmente vista anche la località nella quale è stato rinvenuto il cadavere lo hanno ucciso appena sbarcato dall’aereo che lo portava dall’Italia. Sicuramente quindi le nostre teorie avevano del vero, erano fondate, altrimenti quell’uomo sarebbe ancora vivo, purtroppo però senza di lui difficilmente le potremmo provare, l’unica pista che ci resta da seguire è la relazione del Tommasi con il ragazzo del bar al centro di Milano, però è un vero peccato, sono sicuro che questa pista ci avrebbe portato a sviluppi molto più interessanti. Josè ci avvisa anche di stare in guardia fino a quando non ripartiamo, perché ha sentito dire che il nostro arrivo non è ato inosservato, sembrerebbe che ci sia chi ci spia, chi ci osserva, comunque per quel che mi riguarda io non vedo l’ora di andarmene, di tornare nel mio amato paese. Vedo però Aldo pensieroso, titubante, poi si decide a parlare, chiede a Josè se c’è la possibilità di scoprire chi sia stato ad uccidere l’uomo che cercavamo, a me questo gioco non piace per niente, spero che lo spagnolo gli risponda che non è possibile, che ci conviene

tornarcene in Italia, ma non è così, gli dice semplicemente che è molto difficile e molto pericoloso, Aldo insiste, Josè gli risponde che lui se ne tira fuori, che l’unica cosa che eventualmente può fare è quella di metterlo in contatto con qualcuno ben inserito nella malavita locale che potrebbe essere in grado di scoprire qualcosa. Io dico subito ad Aldo che a me la cosa non interessa, che l’unica cosa che vorrei è quella di andarmene via, lui mi guarda e mi dice che infatti sono libero di fare quello che voglio, mi fa notare che non mi ha chiesto di seguirlo in questa storia. Non so che fare, da una parte me ne vorrei andare, dall’altra mi sembra di abbandonarlo al suo destino, è vero che quasi quasi non ci conosciamo, ma è anche vero che fin qui ci siamo arrivati insieme, e poi ad essere completamente sincero questo spirito di avventura sta contagiando anche me, anche io sono in parte assalito da quella voglia di sapere che cosa ci sia di nascosto, di torbido, da arrivare addirittura al punto di asse un testimone scomodo. Non so proprio che cosa fare, se seguire Aldo in questa ricerca suicida o se tornare a Milano per seguire delle strade meno insidiose e meno pericolose. Comunque salutiamo Josè, lo ringraziamo di tutto, e ci dirigiamo verso la nostra piccola pensione, non ci troviamo molto lontani da essa, infatti proseguiamo a piedi, entrambi molto pensierosi, persi nelle nostre rispettive riflessioni, sono io il primo ad interrompere il momento di silenzio, e dico - Aldo sai che ti dico? Fanculo rimango anche io, non crederai mica che ti lasci tutto il merito di quello che scoprirai!Lui non dice niente ma accenna un sorriso a denti stretti, continuiamo a camminare seri e in silenzio andando incontro al sole morente che si perde e si confonde nel rosseggiare del tramonto. Quella stessa sera andiamo in un locale molto mal frequentato indicatoci dal gigante spagnolo, dobbiamo chiedere di un certo Aleandro, un uomo ben inserito nella malavita locale, con contatti e giri di vario genere nel campo del traffico di droga e dello sfruttamento della prostituzione, entriamo nel pub, il posto si trova in una zona molto isolata, chiediamo ai lavoranti del posto dove possiamo trovare il signor Aleandro, un tipo con la faccia da forca che si trovava vicino a noi si volta nella nostra direzione e ci chiede a brutto grugno che cosa vogliamo da Aleandro, Aldo mantiene la calma e rivolgendosi all’uomo gli risponde che lo cerchiamo per proporgli un affare, l’uomo resta imperturbabile, la cosa sembra non interessarlo minimamente, poi rivolgendosi di nuovo a noi e sorridendo mostrandoci tutti i denti cariati che ha in bocca ci rivela di essere l’Aleandro che cercavamo, l’impatto con l’individuo non è assolutamente positivo, già a prima

vista appare evidente che si tratta di una persona viscida, ripugnante ed abbietta, è un uomo di statura bassa dalla corporatura tozza e taurina, il colorito della sua pelle è olivastro e i capelli sono unti e grassi. Aldo in qualche modo già ci era venuto in contatto in un remoto ato con quest’uomo, sia pure indirettamente, i due infatti non si conoscevano fisicamente, e a parte il vago ricordo di qualche affare concluso per interposta persona, non ricordavano molto l’uno dell’altro. Il tutto però bastò per gettare le basi di una serena conversazione senza destare troppi sospetti dell’uno nei confronti dell’altro. Josè era rimasto molto sul vago con il nostro contatto, aveva detto lui solamente che ci serviva la sua collaborazione, da quello che avevo capito d'altronde i due non si potevano vedere molto volentieri, e i loro contatti si riducevano al minimo indispensabile. Inizialmente l’uomo pensava che eravamo li per parlare di droga, o comunque per gettare le basi di un affare di tipo “commerciale”. Quando finalmente realizza il vero motivo per il quale richiediamo il suo aiuto l’uomo si scosta istintivamente da noi di più di un metro, la sua espressione d’un tratto diventa al tempo stesso stupita e perplessa, poi riacquistando di nuovo un minimo di freddezza e di razionalità si riavvicina, accosta il suo viso il più vicino possibile al nostro, e sotto voce, inquinando l’aria che respiriamo con il puzzo dei suoi denti malati, ci domanda se siamo matti, scemi o semplicemente stanchi di vivere, io credo di impallidire subito, perché osservo l’uomo che mi fissa sogghignando e al contempo Aldo che mi lancia un’occhiataccia, Aldo invece non fa una piega, fissa negli occhi l’uomo e gli chiede in modo più diretto se può aiutarci o meno e chiede inoltre quanto costi nel caso la sua collaborazione. L’uomo non risponde subito, fissa un attimo il bicchiere di tequila che sta bevendo, poi sbuffando vistosamente prima di parlare ci dice che l’affare si può chiudere se siamo disposti a pagare diecimila dollari americani, prendere o lasciare ci dice, non è disposto a rischiare di entrare in faccende così spinose per una somma inferiore. - Certo è una bella somma per una semplice informazione!Osserva Aldo - Per meno non rischio così tanto, mentre per una somma superiore ve lo prendo, ve lo impacchetto e ve lo spedisco al domicilio.-

Risponde l’uomo - Va bene! Ci stiamo.Ribatte Aldo. Diecimila dollari? non ho neanche chiesto allo studio se la posso spendere una cifra simile, mi poteva almeno consultare prima di decidere! Va bene, ormai è fatta, la spesa troverò il modo di giustificarla. L’uomo ci avvisa subito che rischiamo grosso, che sicuramente si tratta di gente molto pericolosa, con la quale non ha nessun contatto, cerca di scoraggiarci e vuole vedere fino a che punto siamo disposti ad andare a fondo a questa storia. Ci ripete più di una volta che potremmo essere uccisi dagli stessi che hanno già assassinato l’individuo dell’aeroporto, io un po’ accuso la botta, ma Aldo continua a restare imibile, il nostro nuovo contatto sembra ormai definitivamente convinto - Bene, datemi un vostro recapito, fisseremo un incontro nel quale mi darete metà della somma, l’altra metà a lavoro fatto.Ci dice - No, duemila subito ed il resto a lavoro eseguito.Risponde Aldo - Ehi io rischio grosso in prima persona.Risponde il tizio - Prendere o lasciare!Gli dice Aldo - Va bene, fottiti maledetto italiano!dice alla fine sconfortato l’uomo.

Capitolo XVIII

Il giorno dopo, puntuale come la morte arriva l’ora dell’appuntamento con Aleandro, come in parola gli diamo un acconto di dollari duemila, neanche li conta, mette i soldi così come glieli abbiamo dati dentro ad un borsellino a tracolla, ci garantisce di farci avere sue notizie entro una settimana o al massimo entro dieci giorni, ci saluta e se ne va. A noi ora non resta da fare altro che aspettare, o almeno questa sarebbe la cosa più saggia da fare. Ma così non sembra pensarla Aldo che mi coinvolge fin dal primo giorno in una serie di sferrate ricerche. Battiamo praticamente a tappeto tutto l’aeroporto ed i posti ad esso limitrofi, chiedendo a chiunque incontriamo se abbia visto l’uomo ritrovato ucciso. Non credo sia stata un’idea saggia visto che a distanza di un paio di giorni dagli inizi delle nostre attività investigative appare chiaro e lampante che quanto ci aveva riferito il buon Josè corrispondeva al vero, infatti per più di qualche volta notiamo le stesse persone appostate sempre negli stessi posti, una macchina, sempre la stessa che segue i nostri movimenti in taxi, un venditore di giornali ce lo troviamo di mezzo quasi su ogni strada che visitiamo, si, oramai ne siamo sicuri, c’è chi segue ogni nostro più piccolo movimento, e non nascondo che la cosa mi preoccupa, non vorrei fare anche io una brutta fine, con Aldo ne parliamo e scopro che la cosa preoccupa un po’ anche lui, ma se destiamo tutto questo interesse vuol dire che siamo sulla strada buona, e che se riusciamo ad alzare il telo giusto sotto ci troveremo nascosta molta sporcizia, decidiamo quindi comunque di andare avanti, magari con le difese un po’ più alte e con una maggiore dose di prudenza. Optiamo addirittura di dormire nella stessa stanza, facendo dei turni di veglia della durata di tre ore ciascuno, così mentre l’uno dorme l’altro sorveglia gli accessi alla camera al fine di evitare di poter essere sorpresi nel sonno, non nascondo che inizio ad essere stanco, stanco e stressato, i nervi mi iniziano a cedere, sono sempre più nervoso, quando giro per la strada sospetto di tutto e di tutti, alle volte scatto anche se si avvicina un ragazzino di pochi anni, non vedo l’ora che finisca questa storia, anche se in realtà sono molto combattuto, perché in parte vorrei scappare via subito e tornarmene nella mia amata Italia, ed in parte vorrei restare ed andare fino a fondo all’intera faccenda, comunque i giorni ano, ne sono già ati venti da quando siamo qui, i risultati delle nostre ricerche non sono affatto eccezionali, sembra che la gente del posto abbia paura di noi, che abbia timore nel parlarci, speriamo che il nostro nuovo contatto ci fornisca risultati migliori. Comunque non disperiamo, questa

sera ci dobbiamo incontrare con lui, ci è arrivato un messaggio recapitatoci per mano di un bambino, siamo sicuri che ce lo mandi Aleandro perché avevamo concordato una sorta di parola d’ordine e un modo cifrato per procedere alla corretta interpretazione del contenuto del testo, la parola d’ordine era giusta, e il messaggio è facile da interpretare e ben chiaro. Ora siamo nella nostra camera, Aldo prende una borsa e la posa sul letto, tira fuori una pistola e fa il gesto di darmela, io inorridisco alla sola idea di prenderla, non ho mai posseduto un’arma e non ho alcuna intenzione di maneggiarla, lui insiste, io rifiuto di nuovo, poi il terrore, Aldo mi sta puntando il revolver in fronte, paura? Mi domanda. Paura? Ancora mi chiede. E se ti capitasse per strada? E se chi ti puntasse la pistola non fossi io e decidesse davvero di spararti? Amleto, non è un gioco, questa sera andremo in un posto che non conosciamo, non sappiamo neanche se ci possiamo fidare di Aleandro, e se quello ci ha venduto? Oppure se è un vigliacco e per paura ci ha voluto far cadere in una trappola? Amleto, tu questa sera dovrai parare il culo a me e io a te, chiaro? Finalmente Aldo abbassa l’arma, io riprendo i colori, poi vado in escandescenza, inizio a gridargli, a chiedergli se fosse impazzito definitivamente, dico, e se partiva un colpo? Gli domando se partiva un colpo? Ma lui con molta sufficienza mi risponde che mancava l’otturatore, la pistola non era né montata né carica, e che altrimenti non l’avrebbe mai ata ad un pivello come me. iamo qualche minuto a trafficare con l’arma che avrò io, mi fa vedere più di qualche volta come si smonta e come si monta, mi illustra in quale modo debba caricarla e come si inserisca e disinserisca la sicura, poi tira fuori dalla borsa una bottiglia di whisky, è piena, la apre, si attacca al collo della bottiglia e ingurgita dei grandi sorsi a garganella, nel giro di pochi secondi consuma un quarto del contenuto del liquido color rovere, poi mi a la bottiglia, vuoi? Mi domanda. Fisso il whisky, poi mi dico, perché no? Tanto non so neanche se arrivo vivo a domani!

Capitolo XIX

Raggiungiamo il luogo dell’appuntamento, è un locale malfamato che si trova nella zona periferica della più vicina cittadina, entriamo, la sala è densa di una palpabile coltre di fumo azzurrino, nell’aria si sente anche un notevole ed invitante odore di marjuana. Mi guardo attorno, Aldo probabilmente ha fatto bene ad insistere perché mi portassi dietro la pistola, siamo circondati dalla feccia della feccia, non mi era mai capitato di vedere tutti insieme una simile accozzaglia di banditi, ladri, e tagliagole. Non comprendo la lingua locale, ma capisco gli atteggiamenti, odo le risa sguaiate, il canticchiare sgraziato degli ubriachi e degli altri che si trovano sotto il torbido effetto di qualche droga. Da dietro il mucchio di una teppa infernale che somiglia all’immaginario collettivo di una ciurma di pirati appare e si fa largo tra di essi una figura umana conosciuta, con la sua sagoma taurina bassa e tozza ci viene incontro Aleandro, il quale ci assicura che nonostante le apparenze ci possiamo considerare al sicuro e lontano da occhi indiscreti, è tutta gente sua, tutte persone che fanno parte della sua banda e che non hanno né occhi né orecchi a meno che lui non voglia. Troviamo un posto comodo dove poter parlare con la migliore tranquillità consentitaci dall’ambiente circostante. C’è chiasso, musica dal vivo, e rumori molesti di vario genere, inizialmente facciamo un po’ di fatica a comunicare, ma in breve tempo ci abituiamo e ci adattiamo alla rumorosità del locale. A quanto pare l’affare è molto più complicato di quello che si potesse inizialmente pensare, sembra che a far fuori il nostro amico siano stati i servizi segreti italiani, Aleandro ci fornisce un nominativo di un agente italiano del SISMI, è un uomo conosciuto nel posto perché ha lavorato spesso nel loro paese, e anche se operava sotto copertura ha sempre avuto un brutto difetto, quello delle donne, in particolare c’è una delle ragazze di Aleandro con la quale si vedeva spesso e alla quale egli, soprattutto dopo che aveva bevuto un po’, confidava molto più di quello che si potesse permettere di dire. L’uomo dovrebbe essere abbastanza facile da rintracciare, è ancora in servizio in Giamaica, anzi abitualmente è proprio in servizio permanente in questa nazione, il problema sarà solamente quello di farlo parlare e di raccogliere una sua confessione, ma Aleandro ci assicura che se lo vogliamo hanno dei metodi sicuramente molto convincenti per portare l’uomo a comunicarci tutto ciò che ancora non sappiamo,

basterà dire alla ragazza con cui va abitualmente di mettergli qualcosa nel bicchiere e di chiamarci quando sarà bello che cotto. Ciò comporterà una spesa aggiuntiva di dollari diecimila, ma visto che con Aldo stiamo facendo a metà anche delle spese precedenti decido di accettare, mi dovrò esporre con lo studio per i soli diecimila che avevo già deciso di rischiare in prima persona. Rimaniamo quindi d’accordo nel voler andare ancora più a fondo all’intera faccenda, siamo ben disposti ormai a pagare questa ulteriore somma per riuscire a sapere chi ci sia dietro a tutta questa storia. Riepiloghiamo, tutto è partito da una accusa falsa ai danni di Maurizio, accusa di molestie sessuali, anzi mi correggo di violenza carnale, la denuncia è stata presentata dal padre di una ragazza che ai tempi era minorenne, il padre della ragazza era il Tommasi, che scopriamo essere coinvolto in alcuni festini omosessuali con ragazzi adolescenti, poi si scopre che il Tommasi negli ultimi tempi aveva una relazione clandestina con un uomo la cui identità non si conosce, si sa solo che è un personaggio importante e che ci tiene a rimanere segreto. Guarda caso Maurizio era impegnato in una causa che coinvolgeva un noto imprenditore italiano legato alla malavita e amico di un esponente politico italiano il quale a sua volta sembrerebbe essere anche egli poco pulito e con amicizie diciamo discutibili, il tutto fa pensare che la falsa accusa ai suoi danni gli sia stata indirizzata al solo fine di screditarlo e di danneggiare la sua immagine e quella dello studio. Noi decidiamo di seguire le tracce dell’uomo proprietario del casale nel quale il Tommasi si incontrava segretamente con l’amante misterioso, e l’uomo che noi inseguiamo viene ucciso non appena atterrato sul suolo giamaicano. Dietro ci si deve nascondere qualcosa di più di una semplice scappatella, e qualcosa di più anche di una relazione omosessuale scomoda e da tenere celata, sono sicuro che tutta questa storia ha a che fare con la causa che stava curando Maurizio, sono fortemente convinto che ha a che fare con qualcosa di sommerso, qualcosa che ancora non è venuto alla luce, e che qualcuno ha molta paura che questo possa accadere. Sicuramente se riusciamo a scoprire chi e perché abbia incaricato addirittura i nostri servizi segreti di far fuori l’uomo che inseguivamo, avremo per le mani uno scandalo così grande che non solo ci permetterà di smontare tutte le accuse rivolte al mio collega, ma sconvolgerà molti equilibri, non so se politici, sociali, religiosi od altro, è ancora tutto da verificare, io per quel che mi riguarda vado avanti sia per dare una mano al collega che è stato messo in mezzo a una brutta storia, sia per la curiosità che monta sempre di più giorno dopo giorno, mentre credo che gli stimoli che muovono Aldo siano soprattutto legati alla possibilità di ricavare dalle nostre indagini un buon profitto, comunque a me non interessano le sue motivazioni,

l’importante è che tornino utili anche a me. Impongo solamente una condizione al proseguimento delle opera-zioni di Aleandro, e ad un eventuale interrogatorio all’agente del SISMI, non voglio che si faccia del male a nessuno, mi faccio assicurare che una volta raccolte le dovute confessioni si rilascerà libero quell’uomo senza torcergli un capello.

Capitolo XX

Due giorni dopo veniamo chiamati di nuovo da Aleandro, il messaggio ci giunge sempre per mano dello stesso bambino, Ci viene comunicato di farci trovare di fronte ad un piccolo negozio, così facciamo, sull’ingresso della porta troviamo il proprietario del locale che ci accoglie a braccia aperte facendo finta di riconoscerci come suoi clienti, ci fa entrare, lo seguiamo dietro ad una porta, ci sono delle scale che portano ad un piano inferiore, nascosto dietro ad un finto muro in cartongesso c’è un corridoio buio, sembra lunghissimo, seguiamo l’uomo che ci guida per diverse centinaia di metri, giungiamo ai piedi di un’altra scala, saliamo ed arriviamo ad un’altra porta, la apriamo, usciamo in uno stretto vicolo, facciamo ancora qualche centinaio di metri a piedi ed arriviamo in un posto molto isolato dove c’è una costruzione bassa e quadrata costruita con mattoni di tufo, all’ingresso ci sono a fare da sentinella due degli uomini che erano presenti l’altra sera nel locale dove avevamo parlato per la seconda volta con Aleandro. Ci riconoscono, non ci fanno entrare subito, prima pretendono che noi indossiamo dei cappucci neri, ubbidiamo, indossiamo i cappucci ed entriamo. Dentro si trova Aleandro con altri suoi scagnozzi, lo riconosciamo dalla corporatura, in fondo al piccolo fabbricato si trova un uomo legato ad una sedia, non presenta segni di violenza, e neanche di paura, sembra come drogato. Dopo capisco, gli hanno iniettato del Pentotal, uno degli uomini parla un buon italiano, interroga con molta calma l’uomo legato alla sedia, senza essere aggressivo o violento lo porta a rispondere a tutte le sue domande. Inizia con quelle più semplici, chiedendogli il suo nome, il cognome, il lavoro che svolge, e via via lo porta fino a chiedergli dell’uomo ritrovato ucciso all’aeroporto, gli domanda chi l’abbia ucciso, il prigioniero ammette di averlo fatto egli stesso, gli chiede come lo avesse ucciso, l’uomo descrive le esatte modalità, ci dice che lo aveva atteso all’aeroporto, che si era qualificato come l’uomo che lo doveva aiutare a svolgere le formalità necessarie per incassare la somma che gli era stata promessa in Italia, che dopo averlo fatto accomodare nella propria autovettura lo aveva portato in una strada isolata ed utilizzando un cacciavite spaccato glielo aveva infilato di traverso nel collo non lasciando all’uomo neanche la minima possibilità di reagire. Gli domanda poi da chi fosse arrivato tale incarico, l’uomo cerca di non rispondere, cerca di resistere, ma alla fine cede. Era come già ci aspettavamo, l’incarico era arrivato per canali regolari, l’uomo era accusato di spionaggio contro la Repubblica Italiana e di collaborare con degli stati nemici

all’Italia, però l’uomo ci confessa che questa era la versione ufficiale, il motivo sostanziale di fondo sembrava essere diverso, ma non ne era bene a conoscenza di quale esso fosse, sapeva solo che l’ordine sembrava essere partito dall’alto, e che non poteva fare altro che eseguirlo, d’altronde era il suo lavoro. Ci dice anche che cercava dei documenti che l’Allegri doveva avere con se, che tali documenti facevano parte di un patto, ossia l’uomo doveva intascare una forte somma dando in cambio un plico ritenuto molto importante dai suoi superiori. L’Allegri però non aveva nulla con se, evidentemente aveva mangiato la foglia, e pensava che avendoli nascosti avrebbe avuto per il momento salva la vita, purtroppo però l’agente del SISMI convinto di viaggiare sul sicuro aveva pensato di eliminarlo subito e di perquisirlo una volta morto, rimanendo così con in mano un pugno di mosche. Nella stanza è presente una piccola cinepresa che sta riprendendo l’intera confessione, a me questo tipo di materiale di sicuro non servirà, non sono cose che legalmente puoi utilizzare tanto facilmente, mentre ad Aldo farà molto comodo, lui si che lo potrà utilizzare per ricattare chi è coinvolto nella storia. Un nostro rappresentante dello stato italiano coinvolto in chissà quali faccende sporche, chi lo avrebbe detto! Addirittura fino al punto di far dare l’incarico al SISMI di eliminare fisicamente persone ritenute scomode. Dobbiamo cercare di rintracciare il plico che avrebbe dovuto consegnare l’Allegri, si ma come? Dove? Il prigioniero a parte quanto ci ha già riferito, non sa altro. Gli uomini che paghiamo sono di parola, non gli fanno nulla di male, semplicemente lo finiscono di sedare e lo caricano su una vettura per andarlo a scaricare in un posto lontano. Finalmente a sera inoltrata con Aldo rimaniamo di nuovo soli ed abbiamo l’occasione di parlare e di fare un piccolo quadro della situazione. Aldo sembra notevolmente compiaciuto, ha con se una copia della confessione indotta. Sicuramente gli tornerà molto utile, ma vuole però anche venire in possesso della documentazione nascosta. Iniziamo a ragionare su quelli che sarebbero potuti essere i percorsi fatti dall’Allegri negli ultimi giorni di vita ed arriviamo alla conclusione che il plico deve trovarsi ancora in Italia, non ha avuto il tempo di nasconderlo in Giamaica, era appena atterrato, non conosceva il posto, e non aveva contatti, decidiamo quindi finalmente di tornare a Milano e di riprendere le ricerche da li.

Capitolo XXI

Ahhh! Finalmente a Milano, in Italia, traffico, confusione, mezzi pubblici affollati, locali e bar aperti e ben frequentati, aria inquinata dal traffico e dalla vita cittadina, alta percentuale di ozono nell’aria, finalmente si è tornati alla civiltà che conosco, si ricomincia a vivere. Siamo appena arrivati e già mi sento rinato, rifiorito, come tornato a nuova vita. Per la prima settimana io e Maurizio ci perdiamo completamente di vista, lui torna a sistemare le cose che ha lasciato in sospeso in città, mentre io ne approfitto per tornare qualche giorno a Roma, sia per giustificare ai soci dello studio l’entità delle somme spese, ma anche per dare delle spiegazioni sia a Giorgia che a Manu, se lo meritano tutte e due, non sono mica di pietra io. Comunque la cosa meno impegnativa è stata sicuramente quella di giustificare ai colleghi dello studio tutte le spese fatte in Giamaica, eh si, rispetto alle spiegazioni numerose e dettagliate che ho dovuto fornire alle mie due care amiche, beh giustificare le spese di lavoro è stata veramente una eggiata. Come? Ho utilizzato la parola amiche? Beh si, non mi sento legato a nessuna delle due, Manu è da tempo che la considero una amica, e con Giorgia c’è stato l’incontro di una notte, niente sentimento, solo ione, sesso, un impeto amoroso che si è consumato nel giro di poche ore e che la mattina dopo aveva lasciato ben poche tracce del suo aggio, quindi direi che ho utilizzato l’aggettivo giusto. Ah, si, rimanendo sull’-argomento vi chiederete per quale motivo non sia rimasto a Milano per la bella Fiona, sapete che c’è? In fondo anche quella era pura attrazione sessuale, non ho avuto sicuramente modo per apprezzare altre sue qualità, e le settimane ate in Giamaica mi hanno dato tempo e modo per riflettere, per ora capitolo donne chiuso, anche perché ho altro da pensare. o di nuovo a casa dopo più di un mese di assenza, vado subito a farmi una bella doccia, mi asciugo e finalmente poso le mie stanche membra sul mio amato letto. Mi sveglio solo dopo un meritato riposo che dura più di otto ore consecutive, quando apro gli occhi si è fatto giorno già da un po’, ancora faccio fatica nel trovare la forza per alzarmi, all’improvviso però suona il camlo, con scarsa voglia e grandissima indolenza mi trascino a fatica con movenze da bradipo verso il citofono posto all’ingresso del mio appartamento, rispondo, è

Manu, mi chiede se può salire un attimo, le apro senza obbiettare nulla, lei sale, mi saluta allegramente, mi dice che è ata a fare quattro chiacchiere con me, e si offre di prepararmi la colazione. Dopo pochi minuti ci troviamo seduti l’uno di fronte all’altra, la sua dolcezza, la sua discreta insistenza mi stanno man mano nuovamente riconquistando, ha gli occhi accesi di felicità, le guance leggermente rosate, e una piccola minuscola ciocca di capelli le cade dolcemente posandosi sull’angolo sinistro della sua dolce bocca carnosa, la quale oggi mi appare simile a due petali di rosa. Con un leggero e ponderato movimento delle mie falangi le scosto la ciocca di capelli dal viso, lei mi osserva interdetta, non capisce se sia un atto di intimità tra amici o se ciò voglia dire qualcosa di più, e a dire il vero ora non lo so più nemmeno io, ci sorridiamo entrambi, poi lei ridestandosi e scotendosi al tempo stesso mi confida una cosa che mi disorienta enormemente. Era venuta a trovarmi per dirmi che si è fidanzata, che ha conosciuto un ragazzo bello, simpatico e dolce. Non nascondo che per me è un fulmine a ciel sereno, solamente ora mi rendo conto che la sto perdendo, e soprattutto mi rendo conto di chi sto perdendo, una donna bella, dolce, fantastica e romantica con la quale avevo avuto la fortuna di avere una storia d’amore e della quale non avevo apprezzato prima delle qualità che apprezzo e cerco ora. Il suo viso è così solare che non ho il coraggio di dirle quello che sto provando, non prima di essere veramente sicuro della genuinità dei miei sentimenti e di essere soprattutto certo di aver finalmente trovato una stabilità emotiva. Non me la sento perché è la prima volta dopo tanti mesi che la vedo di nuovo così allegra, piena di voglia di vivere, come nei giorni nei quali stavamo insieme, no, non voglio correre il rischio di rovinarle di nuovo tutto, almeno non prima di essere sicuro che non si tratti di un mio puro e semplice istinto egoistico o di un vile istinto di possesso. Mando quindi giù l’amaro boccone e le faccio un gran sorriso mostrando il bianco di tutti i miei denti, le manifesto la mia finta contentezza. Non le chiedo chi sia lui, anche perché al momento non mi interessa, è stata talmente violenta questa notizia che non riesco ancora a riprendermi completamente. E’ lei invece a parlarmi di lui, mi dice che lavoro fa, quanto è alto, il colore dei capelli, degli occhi, dove abita e via discorrendo. Io sto quasi esplodendo con una scenata di gelosia, anche se non sono il tipo, anche se non l’ho mai fatto, anche se non ne ho assolutamente diritto. Per fortuna ad un certo punto lei smette di parlare di lui, altrimenti non so davvero quello che sarebbe potuto accadere dentro al mio salotto, poi si alza e mi da un bacio su una guancia, mi dice che deve andare al lavoro, che nel caso ci sentiamo più tardi, si allontana da me, esce dalla porta del mio appartamento chiudendola delicatamente alle sue spalle.

Che strano, ti accorgi quanto sia importante una persona per te solamente dopo che l’hai persa o mentre la stai perdendo, prima dai la sua presenza, la sua amicizia o il suo amore per scontato, voglio dire sai che c’è, che è li vicino a te e non ti accorgi di quanto ella conti. Ora però non ho tempo per questo, la mia razionalità mi impone di finire prima le ricerche a Milano e di rimandare a dopo i problemi personali, si rivedrà tutto quando torno. L’indomani mattina riparto per Milano, questa volta viaggio con l’Eurostar, con biglietto di prima classe. Giungo a destinazione prima delle undici del mattino. Ad attendermi trovo Aldo. Già ci siamo fatti una certa idea delle possibili azioni dell’Allegri. Sicuramente la chiave di tutto è all’aeroporto, doveva sicuramente avere una cassetta intestata a lui, una di quelle cassette blindate con chiave cifrata, e li di sicuro ha nascosto tutto poco prima di partire, oppure un’altra possibilità è che abbia nascosto il plico in casa, ma ci sembra troppo rischioso, non crediamo che abbia lasciato un plico di tale importanza senza alcun tipo di protezione, ma c’è anche un’altra ipotesi, ed è quella che speriamo non si sia verificata, ossia che l’Allegri abbia riposto il tutto all’interno di una cassetta di sicurezza nel caveau di una banca, in quel caso noi non potremmo mai venirne in possesso, quindi l’unica cosa che ci resta da sperare è che il tutto si trovi nell’aeroporto dal quale ha preso il volo per la Giamaica, si è la nostra unica possibilità di venire in possesso di quella preziosa documentazione. Aldo nel frattempo ha cercato di ottenere informazioni da qualche suo aggancio nella speranza che qualcuno avesse visto il signor Allegri mentre riponeva al sicuro la sua delicata zavorra, ma al momento non ha ottenuto grandi risultati, l’unica speranza è quella di riuscire a consultare le riprese di quel giorno, abbiamo infatti appuntamento con un suo uomo che lavorando nella sicurezza dell’aeroporto è riuscito a venire in possesso delle registrazioni relative a quella giornata. Ci incontriamo con lui verso le ore quattordici, l’incontro avviene in uno scantinato a poca distanza dall’aeroporto di Milano Malpensa, infatti dobbiamo verificare le immagini in poche decine di minuti, in quanto il tutto viene caricato su dei dischi che hanno delle protezioni particolari, possono essere letti facilmente ma non copiati, quindi una volta fatto il nostro lavoro l’uomo deve riportare il disco nel posto nel quale era conservato senza farsi scoprire. Finalmente troviamo le immagini dell’Allegri, lo vediamo entrare nell’aeroporto, ha con se una valigia trolli e una busta da corrispondenza di quelle grandi, poi sparisce dalla ripresa, è nel campo d’ombra che esiste tra una telecamera e l’altra, appare in un’altra inquadratura, quella della zona ripresa dalla telecamera successiva, non ha più la busta di corrispondenza con se, chiediamo all’uomo se in quel settore dell’aeroporto esista una cassetta per la posta, ci risponde di no,

chiediamo quindi se ci siano delle cassette con chiavi cifrate, ci risponde di si indicandoci esattamente dove esse si trovino e il loro esatto numero. Non sono molte, sono solo dodici in quel settore, Aldo mi dice subito che sono molto difficili da sce, che nell’aeroporto c’è sempre molta vigilanza, e che quindi è praticamente impossibile aprirle tutte anche perché al primo scasso inizierebbero a sorvegliare più attentamente l’area, quindi l’unica cosa da fare è quella di tenere sempre un suo uomo a sorvegliarle per vedere quali di esse venga aperta, da chi, che cosa ne venga preso, e se alla fine da nessuna esce la busta che aveva con se l’Allegri, allora la cassetta che non è stata ancora aperta da nessuno sarà quella che è stata utilizzata dal nostro uomo. Usciamo da una uscita posteriore del fabbricato nel quale ci troviamo, la porta sul retro dà su un vicolo stretto e poco pulito, mi si gela il sangue, sembra il luogo del sogno che avevo fatto più di un mese fa, l’incubo nel quale ero inseguito da qualcuno che mi voleva sparare, facciamo qualche o, si sente il rumore di una moto di grande cilindrata che si avvicina, la moto è nera e rossa con rifiniture cromate, entra nel vicolo, ci a vicino, sopra ci sono due uomini con caschi e giubetti tecnici da motociclisti, mi sembra quasi di vedere la scena alla televisione, i momenti sembrano interminabili, ho come la sensazione di osservare una registrazione al rallentatore, quello dietro ha un casco giallo, pantaloni neri e giacca tecnica nera con una banda gialla che va dalle maniche fino alle spalle, ha qualcosa in mano, si gira, mi punta contro una pistola e mi spara tre volte da pochi metri di distanza. Il primo proiettile mi colpisce alla spalla sinistra facendomi fare un intero giro su me stesso, il secondo ed il terzo mi colpiscono al ventre, cado in terra come nel mio sogno, tutto intorno a me diventa confuso, offuscato, sembra tutto lontano, distante, vedo Aldo che si agita, che cerca di tamponarmi le ferite, credo inutilmente, non penso di avere tante possibilità di salvarmi, di dolore non ne sento molto, anche questo è un brutto segno, ma la cosa più strana è che non penso che sto morendo, penso che non saprò mai che diavolo ci fosse dentro a quel maledetto plico, che cosa valesse così tanto da far uccidere una persona, ora forse due, e per la prima volta in vita mia mi rendo conto di quanto significasse per me Manu, la mia Manu, vedo il suo viso sul mio, ricordo i bei giorni ati insieme, i piccoli momenti felici, le eggiate in montagna o nei pressi di un lago quando ancora innamorati andavamo a fare una piccola fuga romantica, un pic-nic a due sotto le ampie fronde di una quercia secolare, ricordo un tramonto romantico, un bacio dato scambiandoci delle promesse d’amore, ora che sto morendo e che non la vedrò mai più capisco quanto ella mi mancherà, capisco quanto in realtà l’amassi e quanto l’avessi amata. Il mio corpo ora è preso e pervaso da improvvisi e

violenti spasmi, un fiotto di sangue caldo mi esce dalla bocca, eccola, sento la mano gelida di quella puttana della morte vestita di nero che inizia ad accarezzarmi, a chiamarmi, mi vuole come suo ennesimo amante, vedo delle luci azzurre, sento voci confuse, gente che mi solleva, ma cosa volete fare? Sono arrivato, cotto, salutatemi tutti, salutatemi il mondo, salutatemi Manu, si salutatemi Manu, avrei voluto dirle che l’amo, ora più che mai avrei voluto dirglielo, non l’ho mai fatto prima, avrei dovuto sposarla, cercare di vivere una vita tranquilla e serena insieme a lei, avrei dovuto seguire il sogno di vivere in una casa semplice dove la sera sarei tornato dopo il lavoro e l’avrei trovata li serena ad aspettarmi, avrei il camino vicino al quale ci saremmo seduti su di un divano a vedere insieme la televisione, mi pento di non averle mai detto che l’amavo, devo farglielo sapere, dov’è Aldo? Mi metto a gridare come un ossesso, lo chiamo, chiamo Aldo a squarciagola, poi vedo il suo viso sul mio, mi dice tranquillo, eccomi, Amleto sono qui, lo vedo, mi tranquillizzo, gli dico di cercare Manuela Tramigi, la mia ex ragazza, gli chiedo di dirle che ho sbagliato tutto che solo ora prima di morire ho capito di amarla, dille che l’amo, gli dico, dille che l’amo. Aldo mi guarda, è strano, ci conosciamo appena ma è sconvolto come se fossi un suo grande amico, mi giura che glielo dirà, mi tranquillizzo, chiudo gli occhi, mi tornano in mente alcuni versi di una poesia che avevo scritto per Manu, o forse che volevo scrivere per lei mentre in realtà non l’ho mai fatto, non lo so, ho le idee confuse, comunque faceva così: Ti osservo! Nei tuoi occhi mi perdo. Si mi perdo in un mare in tempesta, cerco di tenere il timone della nave, mi perdo mi perdo nel mare in tempesta. Poi il sereno, rinasce il sole tra le nubi, tu distesa sei li, ti osservo e mi avvicino mi disseto con la rugiada delle tue labbra mi sfamo con il frutto del tuo amore di colpo svaniscono gli incubi

il nuovo giorno preannuncia una festa ho te con me, tenendoti per mano non mi perdo, ti osservo, ti adoro, ti amo, è vero, la vita è una festa. Nei tuoi occhi ora vedo un mare calmo, un cielo azzurro disturbato da voli di gabbiani apro il mio pugno e ne osservo il palmo avevo freddo ora mi scaldano le tue mani riapro gli occhi, poi sorrido al ricordo di questa poesia che non so se ho scritto, che non so se l’ho mai letta a colei alla quale era dedicata, mi convinco di si, sorrido, poi chiudo di nuovo gli occhi, questa volta credo per sempre.

Capitolo XXII

Purtroppo è così, Amleto detto Shakespeare non ce l’ha fatta, è venuto a mancare alle ore cinque del mattino di un giovedì di settembre dopo diverse ore di agonia, io Aldo, un suo compagno di avventure e un suo amico, perché è questo che mi sento di essere diventato, un suo amico, gli sono stato vicino fino alla fine, non lo so perché, ma la sua conoscenza in parte mi ha cambiato, lui era un bravo ragazzo tutto sommato, mi sembrava di rivedere me quando era ancora viva e stava bene mia madre, quando ero un puro e non dovevo lottare troppo nella vita, mi è dispiaciuto tantissimo perdere il mio amico, comunque tanto per la cronaca ho mantenuto la promessa che gli avevo fatto, ho trovato la sua ex ragazza e le ho detto che lui prima di morire mi aveva chiesto di dirle che l’amava, logicamente lei si è messa a piangere come una bambina. Ma la storia non è finita così, io finalmente sono venuto in possesso del famoso plico, esso conteneva prove della perversione e della corruzione di alcuni uomini politici, conteneva le prove evidenti di alcune loro malefatte, delle loro depravazioni, infatti nel casale del signor Allegri avvenivano incontri e feste di vario genere, grazie a quella documentazione sono riuscito a ricattare persone molto importanti, ad ammucchiare molto denaro, ma soprattutto sono riuscito a venire a conoscenza dell’identità del mandante dell’assassinio di Amleto e dei killer che lo hanno eseguito, li ho trovati uno ad uno e l’ho vendicato, prima ho iniziato dai due pesci piccoli, per quelli è stato facile, è bastato seguirli nei posti che frequentavano abitualmente ed aspettare il momento buono, poi è toccato al pezzo grosso, per lui è stato un po’ più difficile, ho dovuto prima neutralizzare il suo autista e poi prenderne il posto, aspettarlo sotto casa, ed una volta caricato a bordo come lui si è accorto che non facevo la strada prevista, beh era già troppo tardi. Si, ho vendicato un bravo ragazzo che non meritava di fare quella fine, e queste sono state le mie ultime cattive azioni, gli ultimi atti di una vita che ora vorrei lasciarmi alle spalle, non ho neanche tenuto per me i soldi ricavati da tutta questa brutta storia, li ho donati tutti ad associazioni per la tutela dell’infanzia, per dare un contributo a chi cerca di garantire una sana infanzia a tutti i bambini del mondo, sicuramente non posso salvarli tutti, ma se ognuno di noi desse un suo piccolo contributo per cercare di migliorare il mondo che conosciamo, beh la

moltitudine di queste persone potrebbe creare un nuovo mondo, un mondo che l’uomo non ha mai visto e che ancora non conosce. Poi sono tornato a vegliare su Manu, lei subito dopo la morte di Amleto era entrata in depressione, si era lasciata con il suo nuovo ragazzo che non l’aveva capita, e che volete che vi dica, io me ne sono innamorato, e grazie ad Amleto e grazie a Manu ho cambiato vita, piano piano ho lasciato una strada che in realtà per natura non mi apparteneva, già ne ero consapevole da tempo, o forse ne ero sempre stato consapevole, mi ero semplicemente fatto troppo trasportare dai casi, dai fatti e dalle circostanze che fino ad allora avevano condizionato la mia vita, non ero mai riuscito a reagire completamente agli eventi, mi ci ero solo adattato dentro nel miglior modo possibile, ma ora è giunto il tempo di cambiare rotta, di navigare su mari più calmi e verso orizzonti più sereni, così ho iniziato un personale percorso di purificazione grazie all’aiuto e alla vicinanza di Manu. Di solito una storia ha una morale, o dovrebbe averla almeno, quale sia la morale di questa non ve lo so dire, forse Amleto ci sarebbe riuscito, forse io e lui eravamo più simili l’uno all’altro di quanto potessimo immaginare, solo che abbiamo avuto esperienze e percorsi diversi, oppure forse alle volte per salvare una vita ne serve il sacrificio di un’altra, beh io tutto questo non ve lo so dire, oppure, forse alla fine la morale è quella più scontata di tutte, ossia che se uno come me è potuto cambiare, se uno come me che stava diventando un rifiuto della società, uno di quegli individui che vivono al margine, sempre al limite, è potuto diventare una persona migliore, allora vuol dire che tutti possono cambiare, poi per alcuni serve la mano di un amico, per altri può servire l’amore di una donna, o per altri ancora è sufficiente ritrovare se stessi, le proprie certezze, le proprie convinzioni. Tutti noi possiamo diventare persone migliori, l’importante è ritornare a credere in noi stessi, poi che ciò avvenga con l’aiuto di altri o grazie alla nostra sola forza interiore, ciò non importa, quello che importa è ritrovare la nostra purezza, la nostra integrità morale, la nostra forza spirituale e tenerle ben strette a noi, e non consentire mai più a nessuno né alla vita stessa di strapparcele ancora una volta, questo non lo dobbiamo più permettere a qualsiasi costo, qualsiasi cosa accada. Comunque qualunque sia la morale della storia, una cosa è certa, il mio amico Amleto non c’è più, e ha lasciato un vuoto immenso nei cuori di tutti, la cerimonia per il suo addio è stata straziante e struggente, quelli più disperati erano oltre ai parenti stretti il suo collega Maurizio che si sentiva in colpa e responsabile della sua morte, poi appresso veniva Manu, poi una collega di nome Giorgia che aveva avuto una breve storia con lui, e di seguito logicamente altri colleghi ed amici che avevano avuto il piacere di conoscerlo e di apprezzarlo in

vita, io non ho altro da aggiungere, non ho altro da riferire, l’unica cosa che mi rimane da fare è quella di dire a un amico, a un caro amico che non c’è più, riposa in pace Amleto, il vuoto che lasci è grande quanto la tua persona, prima o poi ci rincontreremo, e grazie, grazie di tutto, se non ti avessi incontrato non avrei mai cambiato il mio modo di vivere, ciao, e a presto amico mio!