Il Caravaggio Di Manara 6t2c2d

cultura

RI SCOPERTA DELLA LUCE

LA MAGNIFICA OSSESSIONE: IL CARAVAGGIO DI

MANARA LA SENSUALITÀ DEI CORPI E LA VOCAZIONE RIVOLUZIONARIA. «È L’ARTISTA CHE PORTA LA VITA NELL’ARTE, COME LA POP ART NEGLI ANNI SESSANTA». DUE VOLUMI SUL GENIO ILLUSTRATI DA UNA GRANDE MATITA

V A DESTRA, COPERTINA DELLA VITA DI CARAVAGGIO DI MILO MANARA (VICINO AL TITOLO). SOTTO, IL RITRATTO DELL’ARTISTA DI OTTAVIO LEONI (1621) E AMOR VINCIT OMNIA (1602)

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ERONA. Doveva essere in crociera nel Pacifico. Tre mesi di giro del mondo. Avrebbe realizzato un sogno che coltivava da una vita. Invece ha dovuto disdire e rimanere a casa, nel suo studio, all’ultimo piano, una torretta che sembra la sala comando di una nave. Al posto delle onde, sotto i suoi occhi, si stendono i tetti di Verona: di qua, la Torre dei Lamberti; di là, i merli di Castelvecchio. Milo Manara è al lavoro per liberarsi da una piacevole ossessione. Sta mettendo su carta una fantasia che insegue dai tempi della scuola. La fantasia è fatta di carne e ossa e ha un nome: Michelangelo Merisi da Caravaggio. A 67 anni è arrivato finalmente a disegnarne la vita. La riscrive e

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di GIAN LUCA FAVETTO

la reinventa: è pur sempre un artista che racconta un altro artista e lo raccoglie in un romanzo per immagini. Lo racconta con la penna stilografica, inchiostro nero, intenso, che può acquarellare. Niente china, pochissima matita e, per la prima volta, il colore è messo al computer. Sul tavolo, ha una Mont Blanc, una Parker, un’Aurora, una Visconti ribattezzata Erotic Art Pen. Le usa per divulgare «la figura di un nostro contemporaneo» così dice «che ha rivoluzionato l’arte e, dunque, la vita». Poco importa che Caravaggio sia nato nel 1571 e morto nel 1610. «Mi è sempre sembrato adatto alla nostra epoca» spiega. «Come tutti i rivoluzionari, rimane un contemporaneo». Il tavolo da lavoro di Milo Manara è un grande rettangolo nel centro della stanza, zeppo di libri, riproduzioni, fogli, carte, penne, pennelli, matite. Sembra una mappa della fantasia dove si affastellano strisce e tavole, prove di colore e schizzi. Ha appena finito di disegnare una sequenza, tutta azione, che riempie quattro pagine. Sorride: «Nei fumetti è più importante l’azione. I dialoghi sono spesso noiosi». Caravaggio, a vent’anni, è appena giunto a Roma e, nella Taverna della Lupa, conosce quelli che saranno i suoi amici e anche quel Ranuccio Tomas-

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soni che, quattordici anni più tardi, ucciderà in una rissa durante una partita di pallacorda. La Taverna della Lupa è il luogo dove Manara gli fa scoprire l’importanza della luce. Scoppia un alterco e lui, sempre pronto a menar le mani, rimane incantato dalle splendide forme di una fanciulla con le vesti sollevate. «Viene folgorato dalla luce radente che colpisce le natiche della ragazza, rivelando tutta la bellezza del corpo femminile. È la scoperta della luce». Il volto di Caravaggio da giovane ricorda il fumettista Andrea Pazienza, uno dei cari amici di Manara. «Andrea era un genio, uno che non cercava, trovava» ricorda. «Proprio come Caravaggio. Per questo mi ispiro a lui. Sono entrambi uomini che non hanno scelto fra qualità della propria vita o qualità della propria arte. Chi vive intensamente sia la vita sia l’arte è destinato a consumarsi in fretta, come una candela che brucia da due parti. È una fiamma più luminosa, ma più breve». La ione di Manara per Caravaggio comincia al liceo. «Ho fatto l’artistico. Quando ho dato la maturità, l’esame di storia dell’arte l’ho sostenuto sulla Canestra di frutta di Caravaggio. Per me lui è sempre stato una specie di nume tutelare. Perché è un narratore: i suoi dipinti non sono mai allegorici o simbolici, Sedurre narrano fatti, epii giovani sodi. Usa la realtà con le storie e il movimento, è di avventura serve a togliere molto vicino all’ill’odore di stantio lustratore, se non proprio al fumetdei musei taro. E poi è un rivoluzionario: si è sempre messo contro l’establishment, la chiesa, i nobili. Era insofferente verso l’autorità, un vero anarchico, anche un po’ teppista». La sua storia è da riscoprire, dice. Per questo lo disegna. Il progetto prevede due volumi in due anni e un’uscita in rivista a metà febbraio, in Francia, sullo storico Écho des savanes. A settembre il primo volume sarà pubblicato contemporaneamente in Spagna, Usa, Francia e in Italia, da Panini. «Per ora mi convince il titolo se, L’epée et la 96

ALCUNE TAVOLE DEL PRIMO VOLUME DELLA VITA DI CARAVAGGIO DISEGNATO DA MILO MANARA. I FUMETTI SONO ANCORA DA RIEMPIRE CON I DIALOGHI. USCIRÀ IN FRANCIA A FEBBRAIO E DA NOI A SETTEMBRE

palette. Non sono sicuro che in italiano suoni bene, La tavolozza e la spada. Vedremo. Comunque, questi due oggetti, la spada e la tavolozza, riassumono tutta la sua vita. Ho anche prodotto un’ideale copertina. Potrebbe persino essere quella definitiva». Il pittore è raffigurato insieme a una delle sue amiche, la prostituta Anna Bianchini, modella per il Riposo durante la fuga in Egitto e per la Morte della Vergine. L’immagine è molto salgariana, Caravaggio ha tratti eroici, sembra il Corsaro Nero. «I fu-

metti si rivolgono a una certa fascia di lettori» riconosce Manara. «Sedurre i giovani con l’immagine dell’avventura è importante. Bisogna togliere l’odore di stantio e di cera da pavimenti che hanno i musei. Il taglio della storia è chiaramente avventuroso». D’altronde, la vita di Michelangelo Merisi è un’avventura: genio e scorribande, armi e dolori, fughe e bellezza. Una frenetica esistenza notturna, quasi da vampiro, come nota Manara nei suoi appunti. «Caravaggio ha veramente cambiato le cose: la sua moIL VENERDI DI REPUBBLICA

dernità, l’insofferenza verso il potere, il suo essere rivoluzionario, l’attenzione per la gente comune... È lui che mette in scena la miseria e l’umanità dolente. Dipingerà sempre dal vero, organizzando i modelli come in un set fotografico. Se c’è una pittura di luce, è proprio la sua. È un precursore del cinema. Non faceva nemmeno i disegni preparatori, incideva la tela con il manico del pennello e cominciava subito con il colore. È una colonna portante della storia della cultura». Parla dei quadri di Caravaggio 18 GENNAIO 2013

che grondano erotismo, della carnalità dei corpi, e intanto sfoglia libri e cataloghi. Improvvisa uno schizzo. Prende un pennello, lo bagna nell’acqua e lo a sulla figura che ha appena disegnato. Mostra come nascono le sfumature. «Da giovane mi ha colpito la Pop art, l’equivalente di Caravaggio nel Novecento» racconta. «È la Pop art ad aver riportato la realtà nel mondo dell’arte. Per uno come me, un chierichetto di Caravaggio, era la strada da seguire. Poi però mi sono accorto che un camio-

nista nella cabina del camion attacca l’immagine di una pin-up, non un lavoro di Rauschenberg. E così a fine anni Sessanta mi sono dato al fumetto». Che è più divertente, dice. Parla alle persone senza bisogno di mediazioni. E, soprattutto, è fatto di storie. «Sa, il mestiere del fumettaro è piuttosto metodico» sintetizza Manara, che disegna tutti i giorni. «È come con il pianoforte o il violino, devi allenarti quotidianamente. È una gran palestra di artigianato. Io stesso, con quarant’anni di carriera, se non disegno tutti i giorni mi arrugginisco». Prima di tornare alla penna e alle azioni del suo protagonista, osserva: «Sono stato sessantottino, ora non credo più nel primato della politica. Credo che ogni scelta, pensiero e La storia azione dipendano dell’arte dalla cultura per- è la nostra sonale. Anche tut- storia. Quel te le scelte politi- che sappiamo che sono scelte lo sappiamo culturali. Quindi, dall’arte per essere impegnati in politica bisogna essere impegnati in cultura. La storia dell’arte è la nostra storia. Quasi tutto quello che sappiamo di noi lo sappiamo dall’arte, dalla musica, dal teatro, dalla letteratura. Ecco perché raccontare un pezzo della storia dell’arte è fondamentale». È fare cultura, dunque buona politica. A maggior ragione se si tratta di raccontare la storia di un picaro dell’arte, un avventuriero della vita, un rivoluzionario che ha impastato arte e vita. E, al risultato, ha dato il suo soprannome, Caravaggio. 97