L'appuntamento All Moda: Appuntamento Da Rifare, #5 l5y45

“Susan Hatler ha una capacità speciale di scrivere libri che mi catturano fin dalla prima pagina!” — Books Are Sanity!!! “La Hatler ha un modo spiritoso di scrivere i dialoghi che ti fa ridere con entusiasmo dall’inizio alla fine dei suoi racconti.” — Night Owl Reviews “Susan ha talento per il dialogo spensierato e per descrivere con verve l’incontro tra Holly e Dave... Non perdetevi questo delizioso bocconcino.” — Tifferz Book Reviewz “Un appuntamento inaspettato è la lettura splendida e perfetta per una giornata di stress o di follia.” — Cafè of Dreams Book Reviews

Libri di Susan Hatler

La serie Un amore di Natale Sogno di un bianco Natale Il magico bacio prima di Natale Un Natale Confetto Un marito finto per Natale La serie La donna che sussurrava ai matrimoni Un gioiello di matrimonio Il bouquet di matrimonio Appuntamento al matrimonio La scommessa di matrimonio La serie Appuntamento da rifare L’appuntamento milionario L’appuntamento disastroso L’appuntamento impossibile L’appuntamento SOS L’appuntamento alla moda L’appuntamento da fiaba

Destinazione appuntamento La serie Appuntamento con l’amore Amore al primo appuntamento Verità o appuntamento Il mio ultimo appuntamento al buio Un appuntamento da salvare Le regole dell’appuntamento perfetto Licenza di appuntamento Appuntamento all’improvviso Progetto appuntamento L’appuntamento di una vita L’appuntamento incidentale La serie Sogni preziosi Un appuntamento inaspettato Un bacio inaspettato Un amore inaspettato Una proposta inaspettata Un matrimonio inaspettato Una gioia inaspettata Un bambino inaspettato

L’appuntamento alla moda

Susan Hatler

L’appuntamento alla moda Copyright © 2020 di Susan Hatler

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Indice

Capitolo uno

Capitolo due

Capitolo tre

Capitolo quattro

Capitolo cinque

Capitolo sei

Capitolo sette

Capitolo otto

Capitolo nove

Capitolo dieci

Capitolo undici

Capitolo dodici

Capitolo tredici

Capitolo quattordici

Capitolo quindici

L’appuntamento alla moda

Susan Hatler

Abbraccioni e bacioni a Ellen Price e Ann Rego per tutto il vostro sostegno.

Capitolo uno

Non direi che la popolarità della mia nuova esclusiva boutique mi ripagasse del tradimento del mio ex fidanzato con la damigella d’onore, ma sicuramente ne smorzava il dolore. Io, Missy Peters, ero ata da top model a imprenditrice, e la cosa mi piaceva. Il trasloco due ore a nord dalla cittadina di Blue Moon Bay al centro di Sacramento era sicuramente stata una buona mossa. Ma quell’ultimo mese di lavoro dall’alba al tramonto per far decollare l’attività richiedeva che cominciassi la giornata con ottimismo, un senso dell’avventura e una certa cosuccia chiamata caffè. I tacchi alti ticchettavano rapidi sul trafficato marciapiede cittadino mentre mi dirigevo al mio chiosco preferito. Un’infinita fiumana di gente mi superava e ricevetti una spallata. “Scusi,” dissi voltandomi mentre il tacco rosa mi si incastrava in una crepa del marciapiede. Rovinai di lato dritta tra le braccia di un uomo in coda al chiosco di Courtney. “Presa,” disse l’uomo in un sussurro profondo che mi fece sfarfallare lo stomaco. “Bei riflessi,” dissi io sentendomi un’imbranata totale mentre levavo lo sguardo sul mio salvatore. Mi scrutavano degli occhi scuri color caffè. Gulp. La pelle olivastra e i capelli scuri ne facevano l’incarnazione stessa di alto, moro e bello. Oscillando sui piedi instabili, mi aggrappai alle sue forti braccia, accorgendomi che era riuscito a rendersi ancora più sexy arrotolandosi le maniche della camicia button-down. Conoscevo bene quel tessuto, e la camicia era probabilmente abbinata a un considerevole cartellino del prezzo, ma lui la indossava con la grazia di una persona che si sentiva a casa sua in cartellini costosi. “Sta bene?” chiese con tono leggiadro arricciando gli angoli delle labbra.

Dato che ero tra le sue braccia e non spaparanzata sul marciapiede, ovviamente ero più che altro in imbarazzo. Insomma, ma dai. Avevo calcato erelle internazionali con tacchi alti il doppio senza mai cadere – anche se avrei preso in considerazione la cosa, se ci fosse stato quel tipo. Oh, cavoli. Era ato troppo tempo dall’ultimo appuntamento decente. “Sto meravigliosamente, grazie a lei.” Mi raddrizzai e poi sorrisi, ficcandomi le lunghe ciocche scure dietro all’orecchio. Il cuore sembrava essersi dimenticato come si batte a ritmo normale e istintivamente gli lanciai un’occhiata all’anulare sinistro: nudissimo. Dalla rottura mi davo agli appuntamenti occasionali, e non si poteva mai essere troppo attenti allo stato civile di un uomo. Sollevò la mano sinistra. “No, non sposato. Nemmeno la linea dell’abbronzatura, vede?” Scoppiai in una risata incredula a quell’audacia. “Avrebbe dovuto prendere l’occhiatina come un complimento, senza smascherarmi. Forse mi ha imbarazzata al punto da far scemare il mio interesse.” Si aprì in un lento sorriso. “Lei non mi sembra donna da imbarazzarsi facilmente.” “Verissimo,” dissi allungando la mano e pensando che il giro mattutino per il caffè si stava rivelando più interessante del solito. “Piacere, Missy Peters.” “Nick Zambini.” Mi prese la mano e la strinse leggermente. “Piacere di conoscerti, Missy. La verifica della fede la fai a tutti i ragazzi? O sono fortunato?” “Non a tutti,” dissi chiedendomi se la cosa rendesse fortunato lui o me. Sarei stata felicissima di rimediare un bell’appuntamento con quel bellone e uscire di casa una o due sere. Avevo fatto la reclusa nell’ultimo mese, per aprire il negozio. “Allora sono stato fortunato. Come fai a decidere chi controllare?” chiese con un po’ di allegria trattenuta. La coda per il caffè avanzò davanti a noi e lui allargò un braccio a segnalare che lo superassi. Bello e cortese? Sarebbe stato sicuramente un bell’appuntamento. Pareva pure sofisticato. Uhm, magari poteva portarmi fuori a cena e a un concerto…

Avanzai, lo sguardo incollato al suo mentre scuotevo il capo. “Non sono il tipo di donna che rivela i propri segreti a una persona appena conosciuta.” “Ah no?” fece lui. “Mhmm,” dissi accorgendomi di sembrare sicura di me e civettuola – anni di pratica, per questa ex top model. Ma dopo la brutta rottura dell’anno precedente, dovevo chiedermi che genere di donna fossi adesso. Sicuramente una meno fiduciosa. Una donna non interessata a una relazione. Anche se un appuntamento ogni tanto poteva essere divertente. Un appuntamento ogni tanto con Nick, almeno. La gente davanti a me se ne andò, e così finii finalmente in testa alla coda. Dietro al chiosco, il sorriso di Courtney Carmichael brillava mentre la sua luccicante maglietta paillettata rifletteva il sole minacciando di accecarmi. Era un ex avvocato trasformatasi in proprietaria di un chiosco dopo che il marito aveva divorziato perché lavorava ventiquattr’ore al giorno sette giorni su sette. Ora si concentrava sulle relazioni (invece che sul lavoro) con un impiego rilassante, e indossava sempre eccentrici top come promemoria del bisogno di godersi la vita. Il chiosco era il ‘daccapo’ della vita di Courtney, cosa che mi portava a chiedermi se anche la mia boutique esclusiva, L’elegante ritardo, potesse essere considerata un daccapo. Comunque adoravo le scintille che faceva, sia dentro che fuori, ma probabilmente avrei dovuto mettere gli occhiali da sole. “Ah, Missy,” disse Courtney prima di voltarsi vero il bell’uomo accanto a me. “E Nick…? Wow. Due tra le mie persone preferite contemporaneamente. Vi siete presentati, vero?” “Certamente,” disse Nick con un sorrisetto obliquo rivolto a me. “Missy ha anche verificato che non portassi la fede. Più in là non siamo andati.” “Grazie di averlo precisato,” dissi assorbendo il malizioso sguardo che aveva in volto che mi faceva venir voglia di rifilargli una gomitata. O di baciarlo. Con quelle labbra piene si poteva anche tirare a sorte. “Prima le cose importanti, eh?” Courtney fece un cenno deciso. “Approvo. Oh, guarda… ma che cucciolotto. Il mio caro Atticus è dall’acconciatore. Si capisce

che mi manca?” “Sono sicura che Atticus si sta divertendo un mondo,” dissi voltandomi nella direzione da lei indicata e scorgendo un adorabile labrador giallo tenuto al guinzaglio da un bambino. Le morbide orecchie del cucciolo ballonzolarono quando inclinò la testa per guardare qualcosa dall’altra parte della strada che pareva interessarlo. Io avrei scommesso sul cibo, ma che ne so dei bisogni dei cuccioli? “Il solito per voi?” chiese Courtney. “Sarebbe fantastico. Grazie.” Annuii e poi scrutai Nick proprio mentre questi annuiva a Courtney e poi si voltava verso di me con uno sguardo caldo che mi fece cedere le ginocchia. “Tre minuti.” Courtney ci sorrise e poi si mise al lavoro per prepararci le buonissime bevande. Adoravo il suo atteggiamento ottimistico, soprattutto considerando quanto sapessero essere scontrosi i clienti prima del caffè mattutino. Accidenti. Io, per dirne una, ero sempre grata del mezzo litro di latte scremato con una dose di vaniglia senza zucchero e spruzzata di cannella che mi preparava ogni giorno. Adoravo il suo atteggiamento amichevole e il servizio personale. Credeva fortemente nel creare connessioni e la cosa dava un’atmosfera da cittadina a quella capitale metropolitana californiana. Courtney una volta mi aveva confidato che le relazioni erano più importanti di ciò che poteva essere comprato col denaro, e lì era diventata la mia nuova persona preferita. Io i soldi li avevo. Moltissimi, in banca, dai giorni come modella. Ma questi avevano impedito al mio fidanzato di andare a letto con la mia damigella d’onore mentre organizzavamo il matrimonio? Macché. Sfilare era stato bello – volare continuamente in jet da Milano a Parigi e New York – ma adesso avevo ventotto anni e cos’avevo ottenuto? Un bellissimo book, un grasso conto bancario, più di un milione di follower sui social e una solitaria vita in viaggio. Per le prime tre voci ero grata, ma la quarta? Non ne potevo più. Ero pronta a fermarmi, coltivare le amicizie e uscire ogni tanto con qualcuno. Nick era azzeccato per la terza voce della lista. Gli diedi una spallata. “Non devi proprio dire a tutti che ho verificato che fossi

single. Inoltre, a quel che ne so potresti essere fidanzato.” “Neanche un po’.” Mi sorrise e abbassò la voce perché udissero solo le mie orecchie, inviandomi un brivido giù per la schiena. “Bel vestito, comunque.” “Grazie,” dissi particolarmente soddisfatta del complimento, visto che l’abito veniva dalla mia boutique, qualche isolato più in là. Gli sorrisi mentre gli angoli della sua bocca si sollevavano, e stavamo vivendo un signor momento… Finché un grido da perforazione del timpano non si librò nell’aria. Sgranai gli occhi allo stridio e guardai oltre la spalla di Nick, dove vidi il bambino di prima con le mani strette a pugno sui fianchi mentre proseguiva con il suo (forte) urlo turbato. Guardai attorno al bambino, aspettandomi di vedere la regina cattiva di Come d’incanto apparire nella sua veste dragonesca o qualcosa del genere. Vidi invece il bel labrador scendere dal marciapiede in strada. Oh no! Mi si fermò il cuore e trasalii quando un taxi clacsonò nel fiondarsi verso il cucciolo. “Cucciolo!” gridai lasciando il posto in coda e precipitandomi verso l’innocente e ignaro cucciolo più veloce che potevo sui tacchi rosa. Scesi dal marciapiede proprio quando quello arrivò in mezzo alla carreggiata. “Aspetta. Fermo. Zampa!” Il cucciolo mi diede retta? O si degnò almeno di guardare dalla mia parte? Macché. Curvò il suo corpicino come se non riuscisse a decidersi sulla strada da imboccare a quell’incrocio a quattro possibilità. Con un’esplosione di panico da ultimo secondo, lo chiamai ancora nella speranza di non fargli caricare verso il traffico in arrivo. Insomma, il taxi lo aveva schivato appena. “Fermo, cucciolo!” gridai con la visione improvvisamente interrotta da un autobus che, incidentalmente, aveva una mia foto in costume da bagno che pubblicizzava dell’acqua in bottiglia di un fiume di Tahiti. “Ehi, cucciolo. Calma!” Il cucciolo si fermò, si voltò a guardarmi, con la coda tra le gambe. Senza pensare, attraversai rapida la corsia per raccoglierlo e accoccolarmelo al petto. Il cuore mi martellava come un tamburo e facevo profondi respiri per calmarlo. La cardio poteva pure essere mia amica, ma il panico di vedere un cucciolo in

pericolo proprio no. “Che bello che sei salvo.” Dissi al piccolo fortunello, e lui mi leccò il mento mentre tornavo di corsa al marciapiede. Ero a metà o, col tacco rosa a mezz’aria, quando risuonò dal nulla uno scamlio acuto: din-din-din! Girai la testa a sinistra in tempo per vedere un ciclista puntare dritto contro di me a tutta velocità. Premette i freni, ma scivolava comunque contro di me mentre io spalancavo la bocca e gelavo sul posto. Mi ò davanti agli occhi tutta la vita in una serie di scatti, a cominciare da quel giorno a Roma in cui il mio ex fidanzato mi aveva chiesto di sposarlo davanti al Colosseo, io che guardavo in uno specchio a figura intera col mio abito nuziale firmato e su misura, e infine un lampo di me che rompevo con quel rospo del mio ex per via della sua infedeltà. Traslocare a Sacramento doveva essere un nuovo inizio. Sarebbe davvero finita così la mia vita? Spiaccicata da un ciclista che mi guardava male? Dal nulla, delle forti braccia mi sollevarono per trascinarmi fuori dalla pista ciclabile proprio quando il ciclista mi superò di corsa. Col cucciolo al petto, il cuore martellante e io che cercavo di prendere fiato, quelle forti braccia allentarono la presa adesso che ero salva. Levai lo sguardo sugli scuri occhi di Nick e un calore mi caricò il cuore. “Stai bene?” “Uhm, hai preso la targa del ciclista? Deve prendersi una multa,” scherzai. “Sono serio, Missy. State tutti e due bene?” chiese. “Non siamo piatti come pancake, quindi sì,” dissi abbassando lo sguardo sul piccolo cucciolo che aveva deciso di leccarmi di nuovo il mento, apparentemente ignaro di esser quasi diventato poltiglia d’asfalto. Guardai Nick, che aveva un’espressione preoccupata, e mi accorsi che non mi aveva completamente mollata. “Davvero, Nick. Sto bene. Grazie a te. Di nuovo.” Si rilassò e un sorriso si fece strada negli angoli delle labbra. “Ci stiamo facendo l’abitudine.” “Hai ragione. Stamattina mi hai salvata due volte e non abbiamo ancora preso il

caffè,” dissi mentre il cucciolo brontolava e mi si agitava tra le braccia, con la coda che si afflosciava mentre cercava di giocare. “Scusami, bello,” dissi fissando il cucciolo errante. “Tu chiami guai.” “Penso che tu gli piaccia.” Nick accarezzò il cucciolo dietro alle orecchie prima di permettergli di mordicchiargli la nocca per un secondo. Poi smise infine di cingermi col braccio e ci girammo proprio mentre il bambino e un uomo venivano verso di noi. “Grazie mille,” disse l’uomo presentandosi come lo zio del bambino e chiedendomi il biglietto da visita in modo da ringraziarmi come si doveva. “Prego.” Misi il cucciolo tra le braccia del bimbo, diedi allo zio il biglietto da visita e l’uomo ci ringraziò entrambi profusamente. “Tienilo stretto, ok?” dissi al bambino, che annuì e promise che da adesso in poi sarebbe stato più attento. “Sei proprio un eroe,” dissi a Nick mentre tornavamo al chiosco per le bevande. “Salvi un cucciolo e me addirittura due volte, e il tutto prima di aver bevuto la prima tazza di caffè.” Mi guardò in tralice. “Tecnicamente, sei stata tu a salvare il cucciolo.” Umile. Mi piaceva troppo, la modestia. “Questo te lo concedo.” “Generoso da parte tua,” disse ridacchiando mentre tornavamo al chiosco. “Allora, di che ti occupi, Missy?” Sorrisi, immaginando che non avesse visto are l’autobus con la mia faccia, il che era proprio una bella novità. Alcuni uomini si facevano eccessivamente vigili quando scoprivano che avevo fatto la modella, e quell’eccessivo interesse verso di me pareva ipocrita. “Sono la proprietaria dell’Elegante ritardo.” Sollevò un sopracciglio interrogativo. “È una boutique.” Strizzò appena gli occhi. “Ho la sensazione che ci sia una storia dietro al nome.” “Magari un giorno te la racconto.” Gli feci un sorrisone mentre prendevamo i caffè, e poi lasciai cadere una banconota da dieci dollari e sollevai la tazza verso

Courtney come per un brindisi. Lei sorrise e salutò con la mano, già presa dalla persona seguente in coda, mentre io e Nick ci levavamo di torno. “Avrei pagato io,” disse, un po’ sorpreso. “Era il minimo, dopo che mi hai salvata due volte. Che fai tu, Nick?” chiesi. “Io ho qualche attività, inclusa la Totalmente in forma.” “La palestra un isolato più in là. Ho delle amiche che ci vanno.” “Non tu, però. Di te mi sarei ricordato.” Mi guardò di sottecchi con un improvviso luccichio a illuminargli gli occhi. “Che cosa ti ha portata ad aprire una boutique?” Sollevai una spalla. “Mi piace aiutare la gente a mostrarsi al meglio.” “Interessante. Il mio motto è aiutare la gente a sentirsi al meglio.” “L’obiettivo è sempre lo stesso,” dissi tenendo lo sguardo su di lui mentre bevevo un sorso del caffè che quasi mi ero dimenticata di avere in mano. “Dovremmo fare squadra e vederci per una riunione di lavoro,” disse con gli occhi incollati ai miei. Mi sfarfallò il cuore nel petto. Un appuntamento, ehm, uhm, una riunione si poteva anche fare. Ero uscita con qualcuno dal trasloco a Sacramento, ma gli appuntamenti occasionali mi annoiavano rapidamente. Nick era il primo ragazzo a farmi sentire calda, confusa ed entusiasta. Riflettei sull’opportunità di rifiutare, però, dato che non volevo più di uno o due appuntamenti. Però mi stava solo chiedendo una riunione di lavoro. Doveva essere tranquilla. E poi sarebbe stato divertente uscire. Aprire una nuova attività si era dimostrato stressante ed esasperante. E per quanto adorassi stare a casa con la mia coinquilina Michelle – e il portatile cui la mia amica scrittrice era sempre attaccata – avevo davvero voglia di uscire. Bonus per un’uscita con la personalità affascinante di Nick. E nemmeno quel bell’aspetto da moraccione era male. “Che ne dici dell’opera?” chiesi.

Gli si aprì un sorrisone in volto. “E come facciamo a parlare di lavoro all’opera?” Sollevai le spalle. “C’è l’intervallo, no?” “Venerdì sera,” disse. “Andata,” dissi io. Ci scambiammo i numeri di telefono e poi corsi giù per la strada verso la boutique dato che, come sempre, ero in elegante ritardo. Per fortuna la mia manager era sempre in orario. Correndo per il marciapiede, non potei evitare di farmi assalire dall’entusiasmo al pensiero di rivedere Nick. L’entusiasmo per un ragazzo non era un bene. Come arrivai all’esterno in mattoni del negozio e ai sotto al tendone nero in direzione del portone principale dalle lettere dorate, mi rassicurai: non c’era nulla di cui preoccuparsi. Quella di venerdì sera sarebbe stata solo una riunione di lavoro e un’occasionale serata fuori. Tutto qua. Forse dovevo dirlo anche alle farfalle che mi si agitavano nello stomaco.

Capitolo due

Dopo due giorni trascorsi a pensare molto a Nick, avevo voglia di rivederlo per decidere se era bello, intelligente e affascinante quanto ricordassi. O se stavo solo fantasticando su di lui perché non uscivo con qualcuno da un po’. Anche se lunedì ci eravamo scambiati i numeri non mi aveva chiamata, e dato che seguivo una dieta relazionale sicuramente non l’avrei chiamato io. Che fare…? Pensai che un incontro fortuito sarebbe stata la cosa migliore, perciò quella mattina decisi di andare a prendere il caffè esattamente alla stessa ora in cui c’ero andata lunedì quando io e Nick ci eravamo conosciuti. Strategia brillante, se posso dirmelo da sola. Dato che non mi fidavo della mia memoria, dissi alla mia coinquilina che doveva venire con me a scopo di verifica. Michelle Moss era cresciuta con me a Blue Moon Bay e si era trasferita qui a Sacramento con me da poco per un cambio di ambiente, in modo da terminare il romanzo che aveva difficoltà a completare. Anch’io volevo che finisse il libro, dato che non era gradevole udirla sbattere la testa contro alla tastiera (spessissimo) quando colta da frustrazione. Perciò la trascinai al chiosco di Courtney nella speranza di rivedere Nick e salvarle il portatile dalla distruzione. “È lui?” chiese Michelle, la coda bionda che rimbalzava da una spalla all’altra quando girava la testa. Guardai il ragazzo carino indicato da Michelle e scossi il capo. “No, non è lui.” “E lui?” Indicò a destra e scrutai i diversi ragazzi in giacca e cravatta che poteva puntare. “No, non è neanche lui.” “Hai detto che è carinissimo, che ti ha salvata da una caduta, che ti ha aiutata a salvare un cucciolo, e ancora non sei sicura che sia fantastico come ricordi?” chiese con tono sospettoso. “Ti stai inventando l’uomo dei sogni? È frutto della tua immaginazione? Sii sincera. Non giudicherò. Troppo.”

“Si chiama Nick.” Scrutai la folla di gente di città diretta al lavoro, ma non vidi Nick da nessuna parte nell’ammasso di pedoni che risalivano il marciapiede dalla sua palestra. “E no, non me lo sto inventando. O almeno non credo.” “Ceeerto.” Michelle trascinò la parola qualche secondo e alzò gli occhi al cielo, con un sorriso divertito in volto. “Immaginario, te lo dico io. Un effetto collaterale del romanzo rosa su cui sto lavorando. Ti ho parlato troppe volte del protagonista, eh?” “Nick è vero,” dissi, sapendo che aveva buone intenzioni, ma quelle canzonature non aiutavano a calmarmi i nervi. Però era bello averla lì per o morale. Be’, abbastanza. Ero stata elettrizzata quando Michelle aveva accettato il mio invito a trasferirsi da me. Avevo pensato che il mio attico, con la sua fantastica vista sulla città, sarebbe stato la scintilla di cui aveva bisogno per far parlare la sua musa. Finora poca fortuna, però. Michelle, per quanto talvolta drammatica, era un’amica incredibile e mi ritenevo fortunata ad averla. Ciò che non mi aspettavo era la sua massima reclusione dell’ultimo mese. Davvero: usciva di casa per la corsetta mattutina e per prendere il caffè e poi era inchiodata alla tastiera. Anche se c’erano giorni in cui andavamo a prendere il caffè insieme, la maggior parte delle volte si alzava secondo i suoi ritmi. Courtney colse il mio sguardo e sollevò una tazza per farmi sapere che la mia bevanda quotidiana era pronta. Mi portai in testa alla coda e presi la tazza. “Grazie.” Il suo sorriso radioso rivaleggiava con lo scintillio brillante della maglietta di oggi. Stavolta l’aveva mitigata un po’ – per lei, almeno – con una camicia azzurro cielo. Sul davanti della maglietta un giglio bianco paillettato luccicava nel sole di Sacramento. “Latte scremato, una dose di vaniglia senza zucchero con spruzzata di cannella.” Courtney unì i polpastrelli e li baciò prima di tuffare la mano verso il cielo con fare entusiasta, l’ampio sorriso brillante come il mattino. Poi sollevò il dito verso Michelle e preparò rapidamente la sua bevanda. Quella donna aveva una memoria incredibile. “Sei troppo buona con me,” dissi inalando il profumo del caffè di Courtney.

Delizioso. Mi agitò una mano davanti. “Impossibile.” “Hai visto Nick?” Abbassai la voce e sperai di aver detto il nome con fare più disinvolto possibile. Speravo proprio di imbattermi in lui per caso e presentarlo a Michelle, ma finora nada. Courtney mi rivolse un’occhiata divertita, allargando il sorriso. “Così cerchi Nick, eh?” chiese con voce un po’ troppo forte facendo saettare lo sguardo oltre alla mia spalla. Mi sfarfallò il cuore in petto. “È dietro di me, vero?” Annuì, con quel sorriso così grande che mi aspettavo che il volto le si spaccasse a metà da un secondo all’altro. “Sono felice che la cosa ti diverta,” dissi con un respiro profondo per poi voltarmi e ritrovarmi faccia a faccia con Nick. Guardai in quegli occhi nocciola e il cuore mi saltò un battito. No, di certo non mi ero inventata la sua bellezza. “Che piacere rivederti qui.” “Forse sono arrivato alla stessa ora nella speranza di beccarti,” disse facendomi fare la ruota alla pancia con quei modi diretti. “Oh, uhm…” incespicai, non sapendo bene come gestire un uomo che, una volta tanto, non faceva giochetti. Nuovo e irritante allo stesso tempo. Con mani rapide, afferrai Michelle e me la tirai accanto. “Lei è la mia amica Michelle,” sparai. Lui tenne lo sguardo sui miei occhi. “Ciao, Michelle. È un piacere.” “Ah-ehm.” Si schiarì la gola. “Io sono qui,” disse con un borbottio irritato, e finalmente mi staccò gli occhi di dosso per guardarla. “È un piacere,” disse. Proprio come prima, la sua ricca voce mi scaldò dentro e mi inviò un delizioso brivido giù per la schiena. “Ho sentito molto parlare di te, Nick,” disse Michelle, e io le lanciai la muta implorazione di non mettermi in imbarazzo. Ma lei non mi guardava mica. Uh, oh.

“Ah sì?” Nick mi guardò arcuando un sopracciglio prima di sorridere a Michelle. “E cos’hai sentito?” “Che salvi cuccioli e la mia amica ogni volta che ne hai l’occasione.” La sua ricca risata mi colmò le orecchie e decisi di aver bisogno di udire quel suono a ripetizione. “Sono al suo servizio, immagino.” Michelle sgranò gli occhi e mi sorrise. “Il tuo eroe personale. In carne e ossa.” “Nick spera che lo aiuti negli affari combinando i miei sforzi con i suoi,” dissi, decidendo che era il caso di are a un argomento più sicuro. “Verissimo.” Nick si concentrò su di me con uno sguardo intenso in quegli occhi castani e tutto l’ossigeno mi lasciò i polmoni. Andato, fino all’ultima molecola. “Speravo anche di imbattermi in te per confermare i programmi per venerdì sera.” “Potevi chiamare,” indicai. Sollevò l’angolo della bocca. “Sono meglio di persona.” “Oh, tu dici?” dissi, sapendo che su quello non potevo proprio discutere. Fece un cenno al mio abito. Oggi avevo scelto un rosa pallido, qualcosa di leggero ed estivo contro il caldo di Sacramento. “Esci mai di casa senza apparire al tuo meglio?” mi chiese arcuando quel sopracciglio. Il calore mi innescava elettricità su ogni centimetro di pelle, piacevole ed eccitante. I suoi complimenti facevano proprio centro. “No,” disse Michelle. “Di domenica resta in pigiama fino a mezzogiorno.” Il commento fece scoppiare a ridere Courtney, che stava preparando una bevanda a un cliente. Io mi allontanai, leccandomi il labbro inferiore. “E tu appari sempre al tuo meglio?” chiesi, accorgendomi che oggi era affascinante in una camicia button-down color prugna di qualità perfino migliore dell’ultima, e scarpe firmate di un profondo color carbone.

Fece un gesto con la mano. “Sono italiano. Vestire al meglio è nella mia natura.” La bocca di Michelle fece una perfetta “o” di sorpresa e delizia quando mi guardò, ma io la ignorai. Adoravo che Nick vestisse bene e il suo modo di arrotolarsi le maniche mi colpiva proprio allo stomaco. La flessione dell’avambraccio in quei movimenti disinvolti mi faceva quasi sbavare e la protuberanza delle braccia quasi svenire dal caldo. Ovvio, se fossi svenuta avrei biasimato il caldo, ma sarebbe stata al cento per cento colpa sua. “Lo sai che Missy gestisce una boutique?” gli chiese Michelle. Fece schioccare le dita. “L’elegante ritardo.” “Te ne sei ricordato.” Sorrisi, con la voglia di lanciarmi in gridolini e salti. Però mi controllai dato che, be’, non sarebbe stata esattamente la quintessenza del tirarsela. I suoi occhi caldi incontrarono i miei. “E tu hai promesso di raccontarmi la storia che c’è dietro al nome, una volta o l’altra.” Mi morsi il labbro inferiore. “Non ho detto quando però, vero?” “No, non me l’hai detto.” Ridacchiò, rivolgendo l’attenzione alla mia amica. “Allora, Michelle… tu di che ti occupi?” “Sto scrivendo un romanzo, il che significa che fisso per ore uno schermo vuoto sul portatile finché non mi arrabbio e vado a guardare la tv. E tu?” Le avevo già detto io che aveva una palestra. “Io ho una palestra, tra le altre cose.” “Oh, che bella notizia! Missy voleva iscriversi a una palestra. Non mi avevi detto così, Missy?” Si girò verso di me, sbattendo innocentemente le palpebre, e io ebbi voglia di rifilarle un pizzicotto. “L’ho detto una volta sola.” Cercai di comunicarle con uno sguardo severo che avrebbe fatto meglio a piantarla subito, ma lei mi sorrise e fece spallucce. Nick fece are lo sguardo da lei a me, e parve decidere di non lasciarsi

immischiare nella nostra mini-faida. “Oltre a volerti rivedere di persona, c’è un’altra ragione per cui sono felice di essermi imbattuto di nuovo in te. Prima dell’appuntamento mi piacerebbe discutere di alcune idee di lavoro a cui sono giunto.” “Idee di lavoro?” chiesi. Avevo ipotizzato che l’intera faccenda della riunione di lavoro fosse una maniera schiva di chiedermi di uscire, ma più ne parlava più cominciavo a credere che fosse serio. Mi sprofondò lo stomaco, ma cercai di scacciare la delusione. “Hai mai preso in considerazione l’idea di fare la modella?” chiese. La testa di Michelle si voltò lentissima nella mia direzione come un gufo che segue un topo in gran lontananza. “Non gli hai detto che facevi la modella?” chiese inorridita. “No, io e Nick ci siamo visti una volta sola. Non ci siamo raccontati la storia della nostra vita.” “Magari possiamo farlo venerdì sera,” disse lui con gli occhi luccicanti. “A cominciare dal fatto che sei una modella.” “Sono un’ex modella.” Gli lanciai il lampo di un sorriso che non sentivo e cercai di pensare a un piano di fuga dalla conversazione. “Ottimo.” Il sorrisone di Nick, che andava da un orecchio all’altro, mi mise all’angolo. “Ho una nuova linea di capi sportivi e mi piacerebbe molto che tu mi fi da modella.” “È davvero bravissima,” disse Michelle facendomi venir voglia di fuggire subito. Avevo smesso. Mi ero lasciata quella vita alle spalle per aprire la mia boutique, e mi ero ripromessa di rimaner fedele alla pensione anticipata. “Ma guarda che ora s’è fatta. Devo proprio scappare,” dissi facendo finta di guardare il telefono. Michelle aprì bocca e io la presi per il braccio. “È stato bello beccarti, Nick.” “È stato un piacere conoscerti,” disse Michelle mentre io la trascinavo via. “Anche per me. Buona giornata, signore,” disse, un po’ sorpreso dalla mia

partenza avventata. A mezzo isolato di distanza, mi voltai verso di lei. “Che ne pensi?” chiesi. Si tamburellò le dita sulla guancia. “Su una scala da uno a dieci? Direi che è un venticinque.” Sollevai un dito. “Nessuna invenzione. Accetto le tue scuse.” “Ah!” Scosse il capo, guardandosi una volta alle spalle. “Perché questa fuga improvvisa?” “Devo andare al lavoro,” dissi mentre ci spostavamo verso L’elegante ritardo a i rapidi, con i tacchi che ticchettavano sul cemento. Sospirai. “E poi tutto ciò che vuole lui è parlare della palestra e di come potrebbe trarre profitto dall’unione delle nostre forze. O di come io potrei essergli utile per la palestra facendogli da modella.” “Ma hai visto come ti guarda?” chiese. “Sì, ma non era un modo speciale.” Spingevo tra la folla sul marciapiede. “Mi ha solo valutata a occhio per accertarsi che avessi l’aspetto giusto per fargli da modella per i suoi capi sportivi. Vuole associarsi e far crescere le nostre attività. Tutto qua,” dissi chiedendomi perché la cosa mi tormentasse quando pure io volevo solo quello. Doveva essere l’ego. Michelle scosse il capo. “Penso che sia interessato a te per altro. È stato a sentire ogni parola che hai detto e gli si è illuminato il volto quando ti ha vista. E gli è crollata l’espressione quando hai detto che dovevamo andare. Ho una bella sensazione, su questo qui.” “Lo sai che non cerco niente di serio.” Scacciai la cosa con la mano, bevendo un sorso di caffè. “Anche se magari un appuntamento occasionale qua e là non sarebbe la fine del mondo.” Ero già rimasta ferita, e non mi fiondavo verso nuovo dolore. Perciò ci sarei andata piano con l’uomo dei sogni. Ehm, uhm, con Nick.

Capitolo tre

Non avevo ignorato i messaggi e le chiamate di Nick per tutto il giorno. Anzi, ero rimasta entusiasta di ricevere ogni singolo segno da parte sua. Ma ero stata troppo presa dal lavoro per richiamarlo. Le pubblicità locali su cui avevo investito mi stavano proprio ripagando, perché avevo clienti a bizzeffe che si stavano comprando l’intero negozio. Scacciai l’ultima persona fuori dalla porta e andai a chiuderla, e dall’altra parte del vetro mi apparve un bel viso prima che potessi girare la chiave. Non riuscii a trattenere un sorriso né riuscii a impedire a un certo calore di invadermi la pancia. Con un sorrisone, indicai l’orario che diceva chiaramente che erano già ati dieci minuti dalla chiusura. Sollevò il costoso orologio verso il vetro e vidi che diceva che mancavano dieci minuti allo scoccare dell’ora. “Hai l’orologio indietro,” dissi attraverso la porta estraendo il telefono. L’orologio sullo schermo diceva chiaramente che erano ati dieci minuti dallo scoccare dell’ora. “O il tuo è in anticipo.” Quel sorriso affascinante mi inviò scosse di piacere per la pancia. “I satelliti non sbagliano,” gli dissi con gli angoli della bocca che si agitavano. Le chiavi erano ancora nella serratura, la serratura di sicurezza ancora ferma al suo posto, e gli sorrisi attraverso il vetro. “Il cliente ha sempre ragione,” disse. “Vero.” Mi morsi il labbro inferiore per nascondere un sorriso aprendogli la porta. Lui entrò, e la sua ricca e forte colonia mi inondò, appetitosa. Profumava di quercia antica e vino forte, combinazione mi ricordava serate fresche davanti a un caminetto di legno , e quando chiusi gli occhi mi ritrovai felice. “Sono contenta di rivederti,” sparai con le parole che mi scivolavano fuori da

sole. “Idem.” “Devo fare due cose prima di concludere la giornata. Spero che non ti dispiaccia,” dissi dirigendomi a uno stender per sistemare gli abiti secondo il colore, dai più chiari ai più scuri, perché fossero più allettanti alla vista. Lui mi si mise accanto mentre io avo a uno scaffale di magliette e pantaloni già piegati che avevo sistemato come completini ora tutto in disordine dopo le ricerche dei clienti. Oggi ero stata così presa da non aver avuto il tempo di alzarmi, quindi ci pensavo adesso. Piegai una maglietta ben stretta e mi accorsi che Nick raccoglieva dallo scaffale una maglia da piegare. Mi lanciò un’occhiata e poi cercò di imitare i miei movimenti, ma finì col saltare un paio di aggi e della maglia ne uscì un grumo incasinato. Soffocai una risata mentre lui guardava il capo con aria dispiaciuta. “Ecco perché i vestiti miei li appendo.” “Ti faccio vedere,” dissi prendendo la maglia e appianandomela sul petto prima di modellarla per piegarla o dopo o. Poi gliene porsi un’altra e lo feci provare. Migliorò, ma non riuscì comunque a piegare le maniche. Scossi la testa e gliela presi e le nostre dita si sfiorarono. Mi arono sulla mano rapidi brividi quando la sua pelle toccò la mia. Sconvolta, gli guardai il volto, notando l’improvviso fuoco nei suoi occhi. “Com’è?” Tenne gli occhi sui miei e poi piegò la maglia perfettamente al primo tentativo. Trasalii. “Ottimo lavoro.” “Imparo velocemente.” “Questo lo vedo,” dissi col cuore che mi martellava nel petto. Distolsi lo sguardo. “Allora, sei venuto a parlare di lavoro, giusto?” Annuì, ma fece comunque una pausa di qualche istante prima di dire, “La Totalmente in forma è più di una palestra. Vendiamo prodotti nutrienti, vitamine e abiti.”

“Ok…” Ascoltavo raccogliendo un’altra maglietta da sistemare. Lui fece lo stesso. “Il mio motto è aiutare la gente a sentirsi al meglio.” Sorrisi. “Il mio è aiutare la gente ad apparire al meglio.” “Visto?” disse, e il suo affascinante sorriso mi illuminò il petto. “È per questo che penso che dovremmo fare squadra. Insieme potremmo aiutare la gente a sentirsi e apparire al meglio. Che vuoi di più?” “Pare una combinazione perfetta,” dissi, detestando che, malgrado la decisione sulle relazioni, fossi poco interessata ad avere Nick come socio ma parecchio interessata a uscirci insieme. Terminai di piegare la maglietta e ne raccolsi un’altra mentre lui risistemava la pila per renderla fresca e perfetta. Stava facendo un ottimo lavoro ed ero grata dell’aiuto. “La combinazione perfetta,” ripeté lui con voce piena. “Non ho intenzione di suggerire diete ed esercizio fisico ai miei clienti,” dissi io chiedendomi che progetti avesse in mente ma chiarendo subito la faccenda. “Stavo pensando più a un’accoppiata. Fanno compere da te e si guadagnano uno sconto per la palestra o i prodotti. E viceversa. I soci della palestra ottengono un benefit per venire da te. Una promozione incrociata per offrire qualcosa ai clienti e fargli fare un buon affare.” “Interessante.” Raccolsi un paio di pantaloni ributtati giù a caso e corsi il forte rischio di fare un capitombolo a terra. Lui ne prese un altro paio da piegare e imitò le mie mosse aggio dopo aggio con un’attenzione al dettaglio che ammiravo. Riuscì a piegare i pantaloni al primo tentativo e gli feci le congratulazioni. “Allora, che ne pensi?” chiese. “Dei pantaloni? Ottimo lavoro.” Scosse la testa. “No, dell’idea della promozione incrociata.” “Non sono sicura che faccia per me,” dissi con un sospiro. Non morivo dalla voglia di fare affari. L’attività si era già ingigantita al punto che dovevo prendere

in considerazione di assumere personale solo per stare al o. Be’, a meno che non volessi continuare a lavorare dodici ore al giorno. Gli si formò una ruga tra le sopracciglia. “Magari dovresti fare un salto in palestra, Missy.” “Stai insinuando qualcosa?” chiesi prendendolo in giro. “Assolutamente no.” Scosse la testa con un luccichio malizioso negli occhi. “È che mi piacerebbe farti fare un giro personalmente. Scommetto che la mia linea personale sportiva ti piacerà.” “I vestiti che vuoi che indossi?” chiesi con un briciolo di sospetto. Annuì, aggiungendo un altro paio di pantaloni piegatissimi alla pila. Eravamo riusciti a sbarazzarci della piegatura a tempo di record. “La tua amica ha detto che cercavi una palestra. Ti piacerebbe entrare alla Totalmente in forma?” “Certo.” “Ti iscriverei al primo mese a costo zero.” Sorrisi. “Pensavi che dicessi di no, vero?” Annuì, con un sorriso imbarazzato che gli attraversò il volto, ma non ritirò l’offerta. “Accetto.”

Mezz’ora dopo ero ospite della Totalmente in forma, e avevo addosso una nuova tuta che Nick mi aveva dato sul posto. “Penso che la promozione incrociata ci sarebbe reciprocamente vantaggiosa,” diceva sparando quel suo sorriso affascinante nella sua infaticabile ricerca di collaborazione. “Altri pesi, per favore.” Digrignai i denti, decidendo di usare i suoi tentativi quasi costanti di unire le forze per lavorare insieme come la motivazione di cui avevo bisogno per raggiungere i miei obiettivi nella ginnastica. Era un po’ che non mi allenavo, e avevo perso più forza del previsto. Dovevo riaverla. “Ehi, capo,” disse un grosso ragazzo in forma raggiungendoci. Chiaramente si allenava moltissimo, e si vedeva. Insomma, i suoi muscoli praticamente avevano muscoli. Super-wow. “Steve.” Nick fece un cenno al tipo prima di concentrarsi di nuovo su di me. Incanalai tutta la forza sulle gambe e spinsi contro alla piattaforma. “Qui ci posso pensare io.” Steve si portò entrambe le mani dietro alla schiena e si mise a oscillare su e giù sull’avampiede. Il movimento riusciva a essere allo stesso tempo amichevole e buffo. “No, grazie.” Nick tornò a rivolgersi a me. “Tu non alleni mai, capo,” disse Steve. “Mi viene riservato un trattamento speciale?” chiesi con un’occhiata a Steve. “Trattamento Gold Star, direi. Mi chiamo Steve Burns. L’allenatore della palestra.” “Missy Peters. Proprietaria di una boutique che ha bisogno di allenarsi più di una volta l’anno,” scherzai. “Be’, sei venuta nel posto giusto,” disse ridacchiando. Concentrandomi sul sollevamento dei pesi, ascoltai il tranquillo scambio di

battute tra i due, del tutto affascinata dal botta e risposta. Volevo davvero rimettermi in forma. Avevo sempre creduto che fe bene al corpo e alla mente tenersi in forma e in attività. Che ci fosse Nick al mio fianco, a contare al posto mio e ad aggiungere pesi, male non faceva. “Bella serie,” disse Nick prima di guardare Steve. “Qui faccio io. Tutto a posto. Grazie.” “Chiarissimo.” Steve sollevò i palmi delle mani prima di andarsene. Nick si concentrò su di me ancora una volta. “Allora, farmi da modella per la mia linea di abbigliamento sportivo non sarebbe mica chissà che. Solo un servizio fotografico, Missy. Di’ di sì.” “Altri pesi, per favore.” “Sei sempre così testarda?” chiese. “Se dicessi di no mentirei,” dissi io mordendomi il labbro inferiore. “Bella e testarda. Combinazione letale,” disse aggiungendo altri due pesi, uno su ogni lato, prima di tornare al mio fianco a contare la serie. Durante l’allenamento mi dicevo che si trattava solo di mantenere il corpo tonico. Non del fatto che fosse adorabile che Nick contasse per me. Né dello sguardo determinato nei suoi occhi ogni volta che lo interrompevo per chiedere altri pesi. Certo, non lo interrompevo sempre. La maggior parte delle volte lasciavo che terminasse un pensiero prima di chiederne altri. Anche se non c’era parte di me che volesse una relazione, mi turbava che lui non sembrasse interessato a uscire con me. Ultimamente ricevevo un’infinità di offerte – più che altro da tipi elettrizzati che fossi una top model, e non volevo uscire con uomini così. Volevo un paio di bei appuntamenti con una persona sinceramente interessata a me. E la scintilla tra me e Nick non faceva mica male, eh. “Allora, avevamo detto di andare all’opera,” disse Nick dal nulla. Mi attraversò un piccolo brivido. “Immagino di sì, vero?”

“Sì.” Annuì, con gli occhi che brillavano di quel miscuglio di malizia e calore che mi ammaliava inviandomi i brividi su e giù per le braccia. “Eh sì. Ho chiesto quando potevamo parlare di affari e hai detto che c’è sempre un intervallo.” “Pare un’affermazione proprio da me,” dissi chiedendomi perché avesse ritirato fuori l’argomento. Continuai a muovere i pesi quando con un cenno mi fece capire che era ora di are alla serie seguente. Contò le ripetizioni, e con la mano a un certo punto toccò appena la mia. Il contatto mi fece are una scarica di elettricità nel corpo e lo guardai, quasi perdendo la concentrazione e i pesi. Strinse appena appena gli occhi mentre io lottavo per non perdere il fiato. “Respira,” sussurrò. Ci provavo, ci provavo davvero. Ma il cuore mi martellava nel petto, e non del tutto per i sollevamenti. “Mi piacerebbe portarti all’opera, Missy.” Abbassai i pesi solo con un leggerissimo tonfo e feci una smorfia prima di fare una mentale danzetta sul posto. “Mi farebbe piacere andare all’opera con te, Nick.” Si illuminò di un sorriso fascinoso che mi fece ribollire le viscere e decisi sul momento che era importante dimostrargli che una serata fuori con me sarebbe stata molto più interessante di lavoro-lavoro-lavoro. “È un sì, allora?” chiese. Gli rivolsi un’occhiata in tralice. “Sì. È un sì. Sì.” Adesso che avevamo confermato i progetti del venerdì sera, non avevo ancora idea se sarebbe stato un appuntamento o se si trattava di una strategia per parlarmi durante l’intervallo. Comunque sarei uscita di casa per andare in un bel posto con l’uomo più ammaliante che avessi mai conosciuto.

Capitolo quattro

Gli ultimi raggi di sole penetravano obliqui dalle finestre del bagno e illuminavano le particelle di fard vorticanti nell’aria mentre mi preparavo per uscire con Nick. Il fresco sentore del vestito pulito e i tenui accenni floreali di profumo mi solleticavano il naso mentre raccoglievo il mio mascara preferito. Sapevo che presto le luci della città avrebbero brillato nell’oscurità, ma io non sarei stata lì a osservarle come al solito perché avevo un appuntamento. Nick aveva promesso di portarmi all’opera, ed eccoci arrivati alla serata. Feci un felice ettino e un respiro profondo per calmarmi. “Odio non trovare le parole.” La voce di Michelle fluì nel bagno dal mio letto, dove stava seduta. “Me ne sto davanti allo schermo da ore. Niente. Ho la mente vuota. Nada.” “Cancello l’appuntamento di stasera,” dissi facendo capolino in tempo per vederla piantarsi la testa fra le mani. Era il ritratto stesso dell’infelicità e mi doleva al cuore. “Magari possiamo spararci la maratona di Una mamma per amica per tirarti su, no?” “Non osare,” disse pronunciando lentamente ogni parola. “Sicura?” Volevo esserci per la mia amica, ma avrei mentito se avessi detto che non ero elettrizzata per quell’appuntamento col misterioso, bello e stacanovista Nick. Quando mi fece un cenno col capo, mi curvai verso lo specchio per armi il rosa petalo sulle labbra, che stava benissimo con l’abito rosa. “Sì, va’ a divertirti. Non ha senso essere infelici in due.” “Che ne dici di un piccolo tirami-su?” chiesi, sapendo che non aveva idea di cosa avessi intrufolato in casa per farle una sorpresa. “Cosa potrebbe mai raggiungere una tale epica prodezza?” chiese, tanto sospettosa che trattenni una risata. Ah, Michelle, la coinquilina ruvida di sempre. Le volevo bene da morire e speravo che non cambiasse mai.

Lanciai un’occhiata e la vidi osservarmi con gli occhi sgranati e curiosi. “Ho portato a casa gelato alla menta con scaglie di cioccolato.” Trasalì e mi guardò battendo gli occhi. “Come facevi a sapere che è il mio preferito?” “Ho i miei sistemi.” Sapevo che era giù per la mancanza di progressi del libro. Apparentemente il trasloco non l’aveva aiutata a riemergere dal periodaccio, e dopo due chiacchiere con una vecchia amica cui avevo chiesto aiuto, avevo scoperto quale via conducesse al suo cuore. “È in freezer.” “Sei la migliore.” Si catapultò giù dal letto per correre in cucina. Un attimo dopo tornò in camera mia con in mano il cartone di gelato e un cucchiaino. “Allora, come sta Claire?” Ridacchiai. “È impegnata come stilista di vestiti nuziali. Da quando è comparsa su People la foto della sorella stella di Hollywood, l’attività è partita. In più è presa da Alex.” “Come se la cavano?” chiese con la bocca piena di gelato. “Perfettamente, ovvio.” Mi misi di nuovo davanti allo specchio interrogandomi su cosa fare coi capelli. Li raccolsi in una piega lenta e poi lasciai che le ciocche scure ricadessero di nuovo a incorniciarmi il viso. Claire e Alex si erano fidanzati ed erano felici a livelli sublimi. Doveva essere bello. Io non lo sapevo, dato che l’uomo che volevo sposare mi aveva tradita con la damigella d’onore. Sapevo di dover essere grata di aver schivato quella pallottola. Con un cipiglio, mi tirai su i capelli e li fermai con un bellissimo fermaglio a rosa di perline, poi lo tolsi e scossi il capo. “Hai idea di cosa combinino?” chiese Michelle trasalendo e tenendosi il lato della testa, col cucchiaino pronto a sgocciolarle gelato tra i capelli in qualsiasi momento. “Dolore da freddo?” “Sììììì,” disse con una smorfia. “Devi scaldarlo in bocca prima di deglutire.”

“Ah, ma dai…” “Comunque Claire e Alex hanno seguito un corso di ceramica. E si è scoperto che Alex ha un talento naturale, ma che Claire distrugge tutto ciò che tocca. Si prende in giro da sola e quando ne abbiamo parlato ho sentito Alex protestare a proposito di quella volta in cui lei ha toccato il suo perfetto vaso trasformandolo in un grumo argilloso,” dissi con una risata mentre mi pettinavo i capelli all’indietro per fermarne una parte lasciandone ricadere la lunghezza sulla schiena. “Strano.” Michelle pareva divertita mentre recuperava un altro po’ di gelato. “Verrebbe da pensare che una creatrice di abiti nuziali sia brava nelle arti.” “Penso che non le piaccia sporcarsi,” dissi sollevando un sopracciglio. Claire mi aveva detto di aver fatto la doccia una volta tornata casa, pur essendosi lavata le mani anche in classe. Sciogliendo ancora i capelli, sospirai. “Nessuna di queste acconciatura mi sta bene.” “Lasciali sciolti,” disse Michelle con un gesto della mano. “A Claire sporcarsi non è mai piaciuto. Come ha preso che mister Scienza fosse più bravo di lei?” “Hanno riso molto, quindi penso che si sia divertita e che non le sia importato tanto.” Sospirai. Oh, trovarlo un amore del genere… Adoravo la mia amica, però ero anche gelosa. “Claire e Alex sono una coppia paradisiaca e si vede. Mentre io esco con un uomo che vede in me una proposta di lavoro.” Michelle non disse nulla per un secondo. “Dici Nick?” La guardai. “Certo che dico Nick. Pensavi parlassi di Alex?” Ridacchiai e lei sollevò entrambe le spalle e un sopracciglio. “Non sei stata chiara.” Posò il cartone di gelato sul comodino ed entrò nel bagno. Con dita attente mi raccolse i capelli e li torse mentre io osservavo i suoi movimenti allo specchio. Prese un bel pettinino fior di ciliegio e me lo fece scivolare tra i capelli, chiudendo il fermaglio. “Com’è?” “Pare uno chignon.” Lo adoravo. Doveva aver percepito la gioia nella voce, perché il volto le si illuminò di un gran sorriso. “È perfetto, grazie.” Ne sfuggì qualche riccio a incorniciarmi il viso e lei li risollevò con le dita prima di fare un

o indietro per osservarmi. “Sei una meraviglia. E sei pure interessata a Nick. È evidente.” Pareva che avesse scoperto un mio profondo e oscuro segreto. Sollevai un dito. “Non osare dire che…” “Invece lo dico.” Rise. “Perché lo sai che è vero.” “Michelle, non…” “Te l’avevo detto.” Lo disse di getto e io le lanciai un’occhiataccia scherzosa allo specchio mentre diceva, “Ti piace. Ammettilo.” “Non sono pronta per una relazione, però da quando ci siamo conosciuti penso continuamente a Nick. Cerco di non farlo, ma non posso farci niente.” Mi si raccolsero le lacrime agli occhi e li battei per scacciarle, scuotendo il capo di fronte all’improvvisa ondata emotiva. “Quando Kyle mi ha tradita ho pensato che non mi sarei più interessata a un uomo. Poi sono uscita con come-si-chiama del matrimonio di Charlie Rockwell.” “Ma come si chiamava?” chiese Michelle. Feci spallucce. “Di lui era tutto… dimenticabile. Insomma, era abbastanza carino. Ma niente scintille, niente chimica.” “La chimica è importante.” Annuì, e il suo sguardo incrociò il mio allo specchio. “E con Nick ce l’hai. L’ho vista.” “Solo che a lui non piaccio.” Parve sconvolta. “Cosa te lo fa credere?” Sollevai entrambe le spalle, inerme. “Tutto ciò che fa è parlare di lavoro. Che potremmo aiutarci a vicenda. Che dovremmo lavorare insieme. Che vuole che gli faccia da modella.” “Tutte scuse per parlarti,” disse Michelle. “No, un uomo come Nick è diretto. Lo direbbe se fosse interessato a me,” dissi,

eppure c’erano scintille tra noi. Persino Michelle sembrava sicura di averle viste. “La sai una cosa?” dissi, colpita da un’idea. “Lo rintraccerò nei social.” Presi il telefono e lo cercai. Prima di poter cambiare idea, gli inviai una richiesta di amicizia. “Ecco, un socio d’affari non lo farebbe, no? Vediamo se accetta e così capirò.” “Vai, bella.” Michelle lanciò i pugni in aria come una cheerleader e poi tornò in camera mia a risistemarsi sul piumone con il gelato in via di scioglimento. Non dovetti attendere molto una risposta di Nick. Nel giro di pochi istanti, mi trillò una notifica sul telefono. “È lui!” “Nick?” “Sì! Ha accettato la richiesta di amicizia e mi ha anche mandato un messaggio.” “Be’, non tenermi in sospeso. Che dice?” Con dita tremanti, premetti sullo schermo e aspettai che si caricasse il messaggio. “Dice… bella idea fare squadra anche qui.” “Mi prendi in giro?” chiese. Mi crollarono le spalle e gemetti, masticandomi il labbro prima di ricordare di aver messo il rossetto. Sistemai lo sbaffo rapidamente con un polpastrello e riapplicai il colore. “Visto?” dissi controllando di non avere rossetto sui denti. Niente. “Quello lì è tutto affari.” “Ahia.” “Proprio ahia,” dissi sapendo che Michelle aveva ragione. Ero interessata a una potenziale relazione con lui. Le scintille tra noi erano innegabili. Però forse il mio interesse era semplice autoconservazione. Forse volere un ragazzo che sapevo non interessato era sicuro. O forse ero tanto interessata perché non uscivo da un po’. Sì, doveva essere questo. O almeno fu di quest’ultima considerazione che cercai di autoconvincermi.

Capitolo cinque

“È arrivato!” La voce di Michelle risuonò molto simile a una chiamata alle armi. “Ok!” urlai di rimando, sentendo il panico alzarmi la pressione del sangue mentre mi controllavo allo specchio un’ultima volta. Nick era venuto a portarmi all’opera. Si trattava solo di un amichevole appuntamento di lavoro, e io dovevo ricordarmelo e stare calma. Perciò feci un bel respiro prima di uscire da camera mia. Salutai con la mano Michelle attraversando il soggiorno e avanzai a grandi i verso l’ingresso dell’attico per aprire la porta. “Ma che bello vederti qui,” disse Nick, gli angoli della bocca che si curvavano verso l’alto, lì davanti a me, bellissimo nel completo color carbone e la buttondown blu navy. Il suo sguardo mi fece saltare un battito del cuore. La sua colonia mascolina e ricca mi solleticò il naso. “Forse perché ho programmato di vederci qui proprio a quest’ora,” dissi squadrandolo da capo a piedi. Wow. Il mio compagno per l’amichevole appuntamento di lavoro era sexy. Strinse un po’ gli occhi, col fuoco che vi infuriava dentro. “Sei bellissima, Missy.” “Grazie. Sei affascinante anche tu,” dissi notando che il completo di sartoria su misura gli stava alla perfezione. Aveva i capelli raccolti all’indietro e un buonissimo profumo, come di salvia e cannella. “Andiamo?” Mi offrì la mano e io la presi, con la sensazione della sua calda pelle contro alla mia che mi faceva venire i brividi su per il braccio. “Andiamo,” dissi io con una mezza giravolta e una leggera curva delle labbra. “Bellissima,” ripeté, e il roco gemito che aveva nella voce mi fece sfarfallare il cuore. Non pareva che si fosse complimentato per educazione. Il tono mi diceva

che faceva sul serio. “Grazie, Nick,” dissi con lo stomaco in piena agitazione. Chiusi la porta, avanzai e poi udii la porta riaprirsi alle mie spalle. Michelle mi porgeva la borsetta che, me ne accorsi lì, avevo dimenticato. Ops. Le feci un cenno col capo e la presi con un sorriso mentre lei chiudeva la porta lentamente, centimetro dopo centimetro. “Ciao, Michelle.” Nick ridacchiava. “Ciao,” disse lei con un sorriso brillante. “Scusa, stavo cercando di fare la discreta, non volevo essere maleducata né ignorarti. Buon appuntamento, voi due.” Con ciò, riscivolò all’interno dell’appartamento e Nick mi rivolse un languido sorriso. “È una buona amica.” Mi ficcai la pochette tra le costole e il braccio, sollevata che mi avesse beccata prima che me ne fossi andata, in modo da avere cellulare, rossetto e portafogli da sera. Annuì. “Pronta?” “Sì.” Percorsi il corridoio verso l’ascensore con lui al mio fianco. A ogni o mi scendeva nelle ossa la tensione in preparazione al suo argomento di conversazione. Quando avrebbe cominciato a chiedermi del lavoro? Io avevo fatto una battuta dicendo che per parlare c’era sempre l’intervallo, ma sapevo che la vera ragione per cui mi aveva chiesto di uscire… era un’altra occasione per cercare di convincermi a lavorare con lui. “Grazie.” Levai lo sguardo su di lui, tenendo traccia dei forti e bei lineamenti del suo volto. “Di avermi portata fuori, voglio dire. Era da un po’ che non uscivo e l’ultimo ragazzo con cui… vabbè. Quindi è un piacere, sai.” “È sicuramente un piacere,” disse lui allungando un braccio quando arrivò l’ascensore per farmi cenno di entrare per prima. “Di solito non parlo molto. Scusami.” Lo superai e feci un bel respiro per calmarmi i nervi che sentivo in ogni cellula del corpo, il che era stranissimo. Io

non volevo un appuntamento vero. E allora perché mi infastidiva che Nick volesse vedermi solo per ragioni lavorative? “Mi piace ascoltarti.” Mi sorrise seguendomi nell’ascensore. Facemmo entrambi per premere il pulsante dell’atrio e ci sfiorammo le dita. Ritrassi di scatto la mano, meravigliata dalla calda scarica dovuta al contatto, e gli rivolsi un sorriso confuso. “Dimmi qualcosa di te,” disse, e la sua voce piena fluttuava sopra di me come burro. Sbattei le palpebre. Voleva che parlassi di me? In maniera non lavorativa? Non sapevo come prenderla. Oh. “Cosa vorresti sapere?” chiesi voltandomi verso di lui mentre le porte dell’ascensore si chiudevano. Mi sollevò la mano e la guardò prima di incrociare il mio sguardo. “Perché l’opera?” “L’amore che ho per l’opera è nato in un viaggio a Milano. Andai all’opera alla Scala. L’Italia è bellissima, nonché sicuramente la mia destinazione di viaggio preferita.” Potevo chiudere gli occhi e ricordare tutto dell’Italia, il caldo profumo della creta al sole, i vigneti infiniti e una campagna che non esisteva in nessun altro paese del mondo. “È proprio un posto magico.” “Ah sì?” Gli lampeggiarono gli occhi quando le porte dell’ascensore si aprirono. Entrammo nell’atrio e attraversammo i pavimenti di marmo in direzione del portone. “Io sono di Milano.” Trasalii. “Ma è fantastico. Scommetto che l’adori quanto me.” Annuì mentre il portiere ci apriva i portoni di vetro. Io gli feci un cenno mentre Nick mi guidava alla sua auto, una costosa berlina d’alta qualità che aspettava accanto al marciapiede. Mi aprì la portiera. Mi ficcai di nuovo la pochette sotto al braccio, mi sedetti e mi raccolsi la gonna in modo da non chiuderla nella portiera. Poi gli feci un cenno per indicare che ero a posto e lui chiuse. Lo osservai fare il giro dell’auto da davanti a lunghi i. Il profumo di macchina nuova mi colpì il naso insieme all’accenno della colonia di Nick che indugiava nell’aria. Da intossicarsi.

Quando aprì la portiera del conducente gli feci un sorriso. “Tu hai un gusto squisito per tutto, vero?” chiesi, stavolta in riferimento all’auto. “Mi piace stare comodo,” disse. “A giudicare dal tuo attico, direi che si può dire lo stesso di te.” “Touché, Nick. Touché,” dissi, accorgendomi che parlare con Nick pareva naturale quanto respirare. Avviò l’auto e si immise in strada con una mossa rapida che mi disse che era abituato ad andare veloce, tipico degli italiani al volante. “Sei stata a Milano per lavoro o piacere?” “Per lavoro. Quando facevo la modella,” dissi decidendo di aprirmi ancora un pochino. “Vuoi sapere perché ho lasciato quel lavoro?” “Sì, così posso convincerti a un ultimo addio con la mia linea di abbigliamento.” “Sei infaticabile.” Stavolta non potei che ridere all’insistenza, anche se mi attanagliava un briciolo di delusione. “Dimmi, Missy. Voglio sapere perché hai mollato la vita glamour,” disse, facendomi così capire che davvero era curioso. “Adoravo le luci, gli abiti e la gente meravigliosa che incontravo,” dissi ripensando alle feste e al divertimento. “Ma ho avuto un esaurimento, sai?” Annuiva sfrecciando per le strade della città, ma sapevo che la sua attenzione era su di me. “Se tutto questo ti piaceva molto, forse l’esaurimento ha avuto più a che fare con altri aspetti del lavoro.” Spostò le mani sulle dieci e dieci e io sorrisi al suo profilo. Responsabile alla guida. Mi piaceva. “La morale è che non ne avevo più voglia, quindi ho smesso. Pare una follia, soprattutto dato che ho tantissimi follower sui social e la carriera andava ancora bene. Ma per certi versi… ne avevo avuto abbastanza, sai.” Annuì. “Viaggiare può essere dura.” “Esatto,” dissi sentendo che ascoltava e capiva. “I voli e gli hotel erano tutti di prima classe. Lo so che ero fortunatissima ad avere quelle opportunità. E

credimi: lavoravo sodo. Però a un certo punto… era come se avessi attraversato un confine senza nemmeno accorgermi dell’esistenza stessa del confine.” Si fermò a un semaforo rosso e mi guardò con un gentile sorriso negli occhi. “Pare che fossi stanca di viaggiare più che di sfilare. Forse eri pronta a sistemarti.” Sospirai. “Credi che non lo sappia? Ho provato a sistemarmi. Mi fidanzai pure.” Si irrigidì appena dietro al voltante, gli si stirò una ruga tra le sopracciglia. Poi scattò il verde e si infilò nell’incrocio. La guida aggressiva non mi spaventava neanche un po’. In parte mi piaceva il suo modo autoritario di possedere la strada. “Cosa accadde?” “Ci mollammo appena prima del matrimonio dopo che scoprii che mi tradiva con la mia damigella d’onore,” dissi, e la storia parve quasi appartenere a qualcun altro, a una persona di una vita fa. Ora tutto ciò che sentivo era un cuore svuotato di fiducia che non pareva poter essere più colmato. La mano di Nick lasciò il volante e allacciò le dita con le mie. Il contatto consolò qualcosa dentro di me e mi piacque la sensazione delle nostre mani allacciate. “I veri uomini non tradiscono.” Mi strinse con fare rassicurante la mano prima di riportare la sua sul volante. Poi trovò un parcheggio lungo la strada vicino al Sacramento Memorial Auditorium, un luogo storico. Nick posteggiò lungo il marciapiede, perfettamente parallelo al primo tentativo. Un attimo dopo era uscito, già alla mia porteria, me la apriva e mi offriva la mano. Io la presi e mi alzai, col cuore che batteva un po’ troppo forte. Ancora non aveva detto nulla sulla potenziale collaborazione lavorativa. Entrando, mi preparai alla comparsa dell’argomento. Invece Nick commentò gli interni dell’auditorium e la combinazione nello stesso dell’integrità storica con le amenità moderne. Trovammo i nostri posti e cominciai a rilassarmi quando cominciò lo spettacolo. Nell’intervallo, vicina alle lacrime, fissavo il palco con la vista offuscata. Nick si voltò verso di me con espressione calda. “È l’intervallo, bella.” Battei gli occhi accorgendomi che si erano accese le luci e… aspetta, mi aveva appena chiamato bella? Ero stata diverse volte in Italia e… mamma mia, quanto

mi era mancata la dolcezza di quella parola. Il cuore mi tuonò nel petto a quel semplice termine affettuoso. “Devo incipriarmi il naso,” dissi col desiderio di controllare di non avere sbaffi di mascara dopo una tale esternazione emotiva. Ci alzammo per dirigerci verso l’atrio, ma una voce femminile ci fermò di colpo. “Nick?” disse. Mi voltai e vidi una briosa bionda sgranare gli occhi come felice ma anche sorpresa di vedere il mio Nick lì. Ehm, di vedere Nick lì. Solo Nick. Non mio, eh. Neanche un po’. “Melanie?” Nick aprì le braccia per stringerla. Mi colpì una coltellata di gelosia, ma la scacciai subito. Dopotutto, non avevo diritto di essere gelosa. Melanie lasciò rapidamente andare Nick e tirò per mano il suo accompagnatore, che neanche mi ero accorta avesse appresso. L’uomo avanzò, porgendo a Nick l’altra mano. Se la strinsero e io mi sentii un po’ confusa, e mi chiedevo come mai conoscesse quelle persone. “Lui è Matt,” disse Melanie sorridendo a Nick. Fece saettare gli occhi verso di me e poi tornò a guardare Nick, che mi mise una mano sulla schiena spingendomi in avanti. Mi preparai all’inevitabile: alla presentazione da parte di Nick come una potenziale socia d’affari. Ovviamente avrebbe detto loro la verità, ovvero di avermi invitata per ragioni lavorative, e allora perché il pensiero mi turbava tanto? “Mel, lei è Missy. Missy, lei è Melanie. Faceva l’istruttrice di aerobica alla Totalmente in forma, ma ora insegna in un altro ambito.” Nick mi sorrise con calore e io annuii, porgendo a Melanie la mano. Con mia sorpresa, quella mi abbracciò. “Che bello vederti,” disse, calda e spumeggiante. Mi lasciò andare, sorridendo a Matt e parlando a entrambi. “Non scherza affatto sulla mia svolta lavorativa. Sono ata dal fare corsi di aerobica per adulti a insegnare ai bambini delle elementari. Il mio fidanzato Matt è professore di filosofia alla California State University.”

“Filosofia?” chiesi, curiosa. “Il mio testo filosofico preferito è il mito della caverna di Platone.” Matt annuì e i suoi occhi gentili si illuminarono. “Ah, Platone è fantastico, così come il suo insegnante Socrate.” Annuii, pienamente d’accordo. “Se aggiungi Socrate, allora bisogna contare anche Aristotele.” “Questa non bisogna farsela scappare.” Matt si portò una mano al petto e si voltò verso Nick, come se la frase fosse una conclusione scontata. Levai lo sguardo su Nick e mi accorsi che mi guardava molto attentamente. “Cosa?” chiesi, d’un tratto senza fiato. “Non smetti mai di meravigliarmi.” Quelle parole mormorate mi inviarono un’ondata di calore allo stomaco e le braccia vennero invase dalla pelle d’oca. “Grazie. Ora devo correre a cercare la toilette delle signore. È stato un piacere conoscervi, Matt e Melanie.” Feci un sorriso dispiaciuto e mi avviai verso i bagni con la testa che girava e il cuore che martellava. Davanti agli specchi controllai il trucco e vidi che sembrava ancora fresco, perciò mi concessi un attimo per riprendermi. Nessun uomo aveva mai avuto un tale effetto su di me. Il mio ex non ci si avvicinava neanche – ed eravamo fidanzati, il che era folle a ripensarci adesso. Facevamo una bella coppia e ci piacevano le raffinatezze, ma la connessione non c’era. Riflettendoci a posteriori, era stata più una faccenda “buona sulla carta” finché, be’, non si dimostrò infedele. Al contrario, tutto di Nick faceva proprio pensare che lui mi leggesse dentro e che non ci fosse modo di nascondergli qualcosa. Risentendo le sue parole nella testa, chiusi gli occhi e ricordai lo sguardo che aveva avuto nel dire che non smettevo mai di meravigliarlo. Forse era il complimento più bello che avessi mai ricevuto, nonché il più intenso. Uscii dalla stanza diretta ai posti, non volendo tardare per il secondo atto. Trovai Nick e mi sistemai accanto a lui in elettrizzante attesa. Fece scivolare la mano nella mia e qualcosa fece clic, come se tutto nella mia vita fosse andato a posto con quell’unico gesto.

Mi godetti le musiche e il canto, ma la mia mente continuava a tornare all’espressione di Nick e al suo mormorio a fior di labbra, Non smetti mai di meravigliarmi. Ogni volta che quelle parole mi si ripetevano in mente il volto mi si accaldava fino alle orecchie e un brivido mi correva giù per la schiena. Quando le luci si accesero infine per l’ultima volta, ci alzammo e applaudimmo. Con la gente che usciva in fila, ci dirigemmo verso le porte l’uno accanto all’altra. “È stato un appuntamento adorabile, grazie.” Levai lo sguardo su di lui con un sorriso. Mi colpì allora che non avevamo mai parlato di lavoro e mi si irrigidì ogni muscolo del corpo. Se ne sarebbe parlato adesso. Mentre mi riaccompagnava a casa. Era la sua ultima opportunità, quindi ovviamente sarebbe stato adesso. “Sai, non abbiamo mai parlato di lavoro.” Mi fece un sorrisone, con un infantile fascino che gli illuminava il volto, anche se quelle parole mi inviarono piccoli darti al cuore. “Sono contento che tu l’abbia definito un appuntamento però, perché anch’io mi sono divertito e ho apprezzato immensamente la tua compagnia. Grazie di essere venuta con me stasera.” “Prego,” dissi col cuore che mi accelerava in petto mentre sbucavamo nella fresca aria della sera, rapita dalla sensazione di aver avuto l’appuntamento più appagante della mia vita.

Capitolo sei

La sensazione del fresco raso nuovo sotto ai polpastrelli mi inviò una scarica di pura gioia nelle vene. Nel giro di una trentina di minuti avrei chiuso il negozio per quella giornata. C’era stato uno stabile flusso di gente dall’apertura, ed ero esausta. Però mi era arrivata una nuova partita, cosa per me super-avvincente. Scaricavo io per accertarmi che il mio sistema di coordinazione dei colori fosse impeccabile. Mentre il sole scendeva verso l’orizzonte, io mi smarrivo in morbidi tessuti lisci, e il tempo scivolava via. Avrei avuto la nuova partita pronta prima di lasciare il negozio per la giornata. Me ne sarei assicurata. Non c’era niente di peggio che arrivare al lavoro di primo mattino con le incombenze del giorno prima ancora da finire. Con lo scatolone degli appendini, cominciai ad appendere i nuovi top di raso. Alcuni erano di una delicata sfumatura lilla, alcuni bocciolo di rosa e altri ancora malva pallido. Perfetti, bellissimi, delicati. Esattamente ciò che richiedeva la stagione. Il lieve scamlio della porta mi fece saltare e levai lo sguardo. Mi attraversò le labbra un sorriso quando Nick venne verso di me con una tazza di caffè per mano. Mi si fermò davanti, porgendo il caffè con un piccolo cenno del capo. “Latte scremato, una dose di vaniglia senza zucchero con spruzzata di cannella.” “Te ne sei ricordato.” Presi la tazza calda col calore che mi inebriava lo stomaco per diffondersi in tutto il corpo a velocità sconvolgente. “Certo che sì. Per te è importante, quindi è importante per me.” Sbattei le palpebre mentre lui scrutava gli scatoloni. “Lavori fino a tardi oggi?” chiese riportando l’attenzione su di me. Annuii, col calore che mi inondava le guance. Dovevo proprio smetterla di

pensare a quando all’opera, il giorno prima, mi aveva tenuto la mano. Non significava nulla, ovviamente, dato che non mi aveva neanche dato il bacio della buonanotte. Oltre al bacio mancato, era stato anche strano. Però era venuto qui col mio caffè preferito, quindi ero confusa, per usare un eufemismo. “Già. Perché rimandare a domani quello che si può fare oggi?” Non avevo mai trovato un senso nel rimandare le cose. Se lasciavo le incombenze al giorno successivo quelle mi ossessionavano tutta la notte, incasinandomi il cervello e impedendomi di dormire. Perciò, per il bene della salute e di una buona notte di sonno, era logico portare a termine tutto quanto. “Una buona etica del lavoro,” disse. “Io sono uguale. Non dormo se c’è del lavoro da fare.” “Penso sempre di più che siamo spiriti affini,” mi uscì, e le mani mi si bloccarono sulla pila di camicette che avevo estratto dallo scatolone mentre le guance mi si accendevano. Lo guardai, ma lui stava studiando qualcosa sul fondo del negozio prima di riportare lo sguardo su di me. “Che c’è?” “Niente,” disse semplicemente. Niente? Aveva praticamente appena detto ciò che pensavo io e io lo avevo definito uno spirito affine e la sua risposta era: niente. Si spostò e si fermò, posando il caffè su uno scaffale lì accanto per aprire lo scatolone successivo. “Ami questo negozio, vero?” “Sì.” Annuii e cominciai ad appendere le camicette agli appendini, cercando di mettere da parte la confusione dovuta alla sua mancata risposta di fronte alla mia improvvisa confessione. Feci are le dita sulla liscia seta della camicetta, perduta nella bellezza del capo. “Adoro i bei vestiti. Apparire al meglio mi fa sentire bene. Deve sembrare sciocco.” “Per nulla.” Scosse il capo, e i suoi occhi scuri si incollarono ai miei. “Io ho la stessa sensazione con l’allenamento. Anche se pure vestire bene mi piace. Capisco completamente che vuoi dire. Sono d’accordo con te. Spiriti affini, giusto?” Un brivido mi percorse e poi annuii, con un minuscolo sorriso sulle labbra. “Ho pensato al tuo suggerimento. Credo davvero che potremmo combinare i nostri

motti allo scopo di aiutare la gente ad apparire e sentirsi al meglio.” Si mise a piegare una pila di pantaloni che aveva aperto. Lo osservai un attimo, sorpresa che ricordasse quello che gli avevo insegnato. La sua attenzione per il dettaglio rispecchiava la mia e ogni singola piega del tessuto era precisa e perfetta. “Impari velocemente.” “Un’attenzione rapita è ciò che merita la mia insegnante,” disse con uno sguardo bollente in quegli occhi nocciola. “Missy, saresti la modella perfetta per i miei abiti sportivi. Non per farti pressioni, ma penso che il tuo modo di porti e la cura che hai per il tuo aspetto e la tua salute si farebbero notare, e farebbero brillare il prodotto.” Il complimento mi fece incespicare il cuore nel petto. Lo fissai, con ogni centimetro di me che si scaldava. “Be’, hai delle buone idee, ma non sono sicura di voler lavorare con te.” Sorrisi e feci spallucce osservandolo ridacchiare. “Be’, non è un no.” Aprì lo scatolone successivo e mi accorsi che aveva già piegato un intero scatolone di pantaloni. Mi affrettai ad appendere le camicette. Aveva già svuotato un altro scatolone mentre io non avevo ancora finito il primo. Bevvi un sorso del caffè, pregando che la caffeina mi aiutasse a tornare sui binari. Lavorando in silenzio, ricordai che alla porta la sera precedente avevo sperato che mi baciasse. Be’, a essere sincera, avevo un nodo nervoso allo stomaco e una gran voglia di agitarmi di entusiasmo e attesa. Ma lui mi aveva appena toccato la guancia, mi aveva detto che si era divertito e mi aveva lasciata lì, sola, a guardarlo percorrere il corridoio. E lo avevo guardato andare col cuore che mi doleva nel petto perché avevo pensato che le cose fossero andate bene. Non avevamo nominato il lavoro neanche una volta, lo aveva definito lui un appuntamento, e la serata era parsa perfetta. Ma niente bacio. Era gay? No, il suo sguardo bollente su di me mi diceva che il problema non era quello. E allora qual era? Lo scatolone che aprì scoppiò quando ruppe l’ultimo pezzo di nastro adesivo e io

trasalii, correndo al suo fianco. Il tessuto bellissimo e scollato era un po’ osé per i miei gusti, ma dovevo proprio provarlo. Sarebbe stato perfetto per una con la corporatura di Michelle, se fossi riuscita a strapparla dal portatile per farla scendere lì a farsi vestire. Scavammo insieme e ci mettemmo a piegare i bei top, ma io cambiai sistema di piegamento per disporre meglio quelli scollati. Lui cercò di imitarmi, ma saltò un aggio e io gli diedi una botta con il fianco e risi. “E io che pensavo che avessi capito come si piega.” “Hai cambiato le regole. Mi sento tradito.” Mi fece un sorrisone e poi si portò uno dei capi al petto. “Questo ti starebbe benissimo.” “L’ho adorato quando l’ho preso alla sfilata,” dissi, contentissima che avesse scelto il mio preferito. Mi portai il capo alla mia figura e mi abbassai una spallina per scoprire una spalla sollevando l’altra per posarla alla perfezione sulla morbida curva tra il collo e la spalla. Mi voltai per guardarmi allo specchio a tre ante. Aprii la bocca per dirgli che non era il mio stile, però mi bloccai quando notai lo sguardo intenso che aveva. Mi voltai verso di lui, socchiudendo le labbra dallo shock all’improvviso fuoco della sua espressione. Lo conoscevo quello sguardo: puro, concentrato desiderio. Lo provavo anch’io. D’un tratto venne da me. Mi sfiorò la guancia con le nocche e poi mi ò le dita tra i capelli sopra all’orecchio, tenendomi con delicatezza. Si sporse e si fermò, con la bocca a pochi centimetri dalla mia, scrutandomi negli occhi. Nell’attesa, lo stomaco mi fece la ruota. Finalmente premette le labbra sulle mie. Il cuore mi tuonò nel petto alla sensazione delle sue labbra che sfioravano le mie. Da qualche parte, nella testa, scoppiò una sirena e ogni cellula cerebrale intonò pericolo, pericolo, pericolo. Ieri sera non mi aveva baciata, ma adesso stava recuperando alla grande. E non riuscivo a non pensare che era valsa la pena attendere. Le sue labbra accarezzarono le mie una, due, tre volte, facendomi esplodere i fuochi artificiali nella pancia. Con le dita mi raccolse i capelli, facendomi venire un brivido giù per la schiena prima di posarmi le mani sulle spalle e poi lungo la schiena per tirarmi più vicina. Le sue labbra si muovevano contro alle mie in minuscole pretese di

rubarmi il fiato dai polmoni. Non ero mai stata baciata così, con tanta efficienza e completamente. Le gambe parvero liquefarmisi a mano a mano che avano i secondi. Feci scivolare le braccia attorno alle sue spalle per non cadergli ai piedi. Il suo profumo mi riempiva i polmoni mentre le nostre bocche si esploravano. Sapeva di caffè forte e cannella ardente, mi riempiva i sensi. La sensazione delle sue labbra che si scioglievano con le mie a ogni accurato e curioso bacio abbatté ogni mia ultima difesa. Non volevo soffrire ancora. Ma come faceva a baciarmi così e a ferirmi? Non pareva possibile. Era valsa la pena aspettare per quel bacio, ma oddio, ero nei guai. Lo sapevo. Quello era il bacio numero uno e mi stavo già innamorando, e molto. Lo scamlio della porta mi fece scattare fuori dalle sue braccia e scossi rapida la testa per schiarirmi le idee lisciandomi i capelli. Feci saettare lo sguardo al portone mentre una cliente varcava la soglia. “Posso aiutarla?” chiesi con un bel respiro e allontanandomi da Nick, gesti per cui mi ci volle tutta la forza che avevo. Wow.

Capitolo sette

L’indomani arrivai alla Totalmente in forma di primo mattino per allenarmi prima di andare all’Elegante ritardo. Mi ero fermata al chiosco di Courtney per la mia bevanda preferita e lei aveva confermato che Nick non era ancora ato per l’espresso. Bingo. Una scusa favolosa per salutarlo e fargli sapere della mia decisione della sera precedente: ero pronta a una promozione incrociata con lui. Insomma, affaristicamente aveva senso, e non dovevo mica rifiutare una buona opportunità solo perché avevo avuto un appuntamento fantastico con Nick, nonché dei baci decisamente indimenticabili. Ero una professionista che sapeva separare gli affari dalla vita personale. E se tra noi le cose non avessero funzionato? Va bene, come dicono gli italiani. O almeno, questo mi dicevo. Con una tazza di espresso di Nick in una mano, salutai il receptionist entrando nell’atrio della Totalmente in forma e ai la tessera allo scanner. Il forte profumo di pulizia mi solleticò il naso mentre percorrevo il corridoio verso l’ufficio di Nick e bussavo alla porta. “Avanti,” disse. Aprii la porta e lo trovai alla scrivania. Levò il capo e il suo sguardo incrociò il mio. Gli attraversò quel bel viso un caldo sorriso e io andai alla scrivania e lui si alzò. “Missy? Che ci fai qui?” “Gli allenamenti del mattino. Inoltre, ti ho portato un espresso. Proprio come Courtney dice che ti piace.” Gli porsi la tazza e lui la prese, e i suoi polpastrelli sfiorarono i miei. Una scarica elettrica mi percorse il braccio e il cuore accelerò. Guardò le nostre dita, e mi venne da chiedermi se non avesse sentito la connessione anche lui. Poi sollevò di nuovo lo sguardo. “Che sorpresa premurosa. Grazie.” “Prego,” dissi, più sicura che mai che lavorare con Nick fosse la decisione giusta. Adesso dovevo solo dirglielo.

“Ti va di sederti?” Fece un cenno alla poltrona in pelle di fronte alla scrivania. “Certo, grazie.” Mi accomodai, tenendo il caffè in una mano improvvisamente tremante. Ero più che un pochino elettrizzata al pensiero di vedere Nick più spesso per via della nostra avventura lavorativa. Adesso dovevo solo dirglielo. Feci per aprire la bocca e… “Sono felice che tu sia venuta. Ho pensato a te.” Lo stomaco mi fece una piccola capriola. “Ah sì?” Annuì. “Vorrei conoscere la storia che ha portato all’Elegante ritardo.” Oh, una domanda di lavoro. Be’, ovvio. “Uhm… è più una confessione da terzo appuntamento.” Un sorrisone gli attraversò quel bel viso. “È questo il tuo modo furbo di dirmi che vorresti che ti portassi fuori ancora?” Si risedette alla scrivania, sollevò una pila di documenti, ne levò le graffette e sistemò i fogli in una scatola accanto al mangiacarte. “Immagino di non esser stata tanto sottile, eh?” Raccolsi parte della pila per levare le graffette e metterle sulla pila che aveva fatto lui accanto ai fogli da distruggere. “Come mai non i al digitale?” “In ritardo sui tempi, eh?” Ridacchiò, incrociando il mio sguardo. “Ci sono appena ato. È per questo che preparo la distruzione di questi.” “Oh.” Feci un respiro, preparandomi a dirgli la vera ragione per cui ero venuta. “Ho una cosa per te,” disse. “Una cosa per me?” Che voleva dire? Lasciai cadere una graffetta sulla pila e lo osservai raccogliere una piccola scodella per infilarci dentro tutte le graffette. “È la scodella delle graffette?” chiesi. Rise. “No, è un regalo.” Si alzò e andò alla parete mentre io continuavo a separare le graffette dalle pile di fogli. Raccolse un enorme cartello rettangolare e lo girò. “Per L’elegante ritardo,” disse.

Trasalii e mi scivolarono le graffette dalle dita. Le parole L’elegante ritardo erano meravigliosamente scritte a mano su una lunga insegna bianca e i colori del testo erano spruzzati di acquerelli rosa, malva, ametista tenuissima e lilla. Bellissimo. “L’hai fatto fare per me?” “Sì.” I suoi occhi caldi si corrugarono agli angoli e io posai il caffè sulla scrivania, mi alzai e gli misi le braccia sulle spalle. “Ho pensato che sarebbe stato bene sopra al portone d’ingresso.” “Lo adoro. Era un pezzo che cercavo di capire cosa metterci.” Era vero che avevo fatto di tutto per riempire quello spazio vuoto. Lo lasciai andare e abbassai lo sguardo sulla tela. Era perfetta. Commossa dal gesto così improvviso sbattei gli occhi per trattenere le lacrime. Non mi aspettavo proprio un dono così premuroso da parte sua, e il cuore mi doleva dalla pressione delle emozioni. “È la cosa più dolce che abbiano mai fatto per me.” Mi lanciò un’occhiata in tralice. “Be’, questo non lo so.” “Io invece lo so. Sei dolcissimo,” dissi, pensando che in tutto il tempo in cui ero uscita con Kyle lui non se n’era mai uscito con qualcosa di unico da regalarmi. Nemmeno per le occasioni importanti, come compleanni e feste. Optava per regali scintillanti, che apprezzavo. Ma questo era personale e perfetto. Ne avevo bisogno, ma senza nemmeno sapere di averne bisogno. Fece un cenno all’insegna. “Mi sono tormentato tra questa e un quadro.” “Adoro l’arte moderna, audace, ma penso di adorare di più questo.” Riguardai l’insegna, meravigliandomi che avesse detto di essersi tormentato sulla scelta. “Sei fantastico, lo sai?” chiesi. E dicevo sul serio. Non parlava di lavoro né mi chiedeva di fargli da modella, adesso. Aveva fatto un gesto dolce solo per me e non stava neanche cercando di usarlo come leva per insistere perché lavorassi con lui. “Non lisciarmi,” scherzai. Negli occhi gli si accese il divertimento. “Non me lo sognerei neanche. A me piacciono le ricce.” Risi. “Grazie. Mi piace davvero moltissimo.” “Prego.” Si risedette alla scrivania e raccolse una pila di fogli per spostarli nel mangiacarte.

“Non vedo l’ora di appenderla e vedere l’insegna nella sua nuova casa.” Dissi nella comoda poltrona, senza staccare gli occhi dall’insegna mozzafiato. Poi ricordai cos’ero venuta a fare. Lui continuava a distrarmi dicendomi che pensava a me, facendomi domande e dandomi regali. Lo guardai. “Sono elettrizzata.” “Se ti fa piacere, posso aiutarti ad appenderla,” disse. “Mi farebbe molto piacere,” dissi, con un’immagine di lui su una scala per appendere l’insegna perfettamente al di sopra della porta. Sospirai, adorando che non me l’avesse proposto insinuando che avessi bisogno del suo aiuto. Stava solo offrendomi una mano, il che rese il gesto ancora più dolce. Però mi stavo facendo distrarre di nuovo, ormai un’abitudine con Nick intorno. Raccolsi una graffetta raminga e la lasciai cadere nella ciotola. “A proposito di altri due appuntamenti…” Sollevò l’angolo della bocca. “Ne stavamo parlando?” “Ne stavamo parlando.” ai il pollice sul logo della tazza, cercando di fermare le mani tremanti. Bevvi un altro sorso di caffè e poi la posai. “Sai, sono sempre stata contraria alle uscite con i colleghi.” “Non capisco.” Incrociò le braccia, si appoggiò allo schienale e aggrottò le sopracciglia studiandomi. “Io e te non siamo colleghi.” “Aspetto che ci arrivi.” Il lieve tono scherzoso addolcì le parole. Giocavo con la pila di carte, liberando una graffetta. Lui posò la scatola sulla scrivania e vi mise dentro i fogli da distruggere. La graffetta sferragliò nella ciotolina. “Lavoriamo bene insieme,” dissi con un cenno alla pila mezza esaurita. Le sopracciglia gli scattarono all’insù quando la comprensione parve colpirlo. “Vuoi la promozione incrociata?” Si alzò guardandomi come se non ci credesse sul serio. Mi alzai e annuii. “Sì.” “Ottimo.” Fece il giro della scrivania e mi sollevò in aria, facendomi girare. Ridacchiai, fissando i suoi occhi caldi. “Sono elettrizzata anch’io.” Quando mi riposò a terra, fece scendere lo sguardo sulla mia bocca. Mi leccai il

labbro inferiore, desiderando un bacio e chiedendomi se non dovessi baciarlo io. Decisioni, decisioni. E poi mi misi sulle punte e le nostre labbra si incontrarono in un bacio dolce e perfetto. “Scusa,” disse scostandosi, mettendomi giù e dandomi la schiena. “Che c’è?” Mi avvicinai e gli toccai una spalla. “Nick?” Si voltò verso di me. “Niente.” “Per cosa ti sei scusato?” chiesi inclinando la testa, confusa. “Non sei felice che lavoreremo insieme?” “Sì,” disse, ma il sorriso aveva ancora qualcosa che non andava. Aprii la bocca per dire altro quando il telefono della scrivania trillò. Lui lo guardò. “Devo rispondere.” “Ok,” dissi, confusa dal suo comportamento. Vabbè. Non dovevo mica rimanere dopo quel trattamento freddo, soprattutto quando finalmente avevo acconsentito a lavorare con lui dopo tante insistenze. Raccolsi il caffè mentre lui rispondeva al telefono, più educato che mai. C’era qualcosa che non andava nel fatto che lo baciassi io? Era stato così dolce solo per farmi lavorare con lui? E adesso che avevo acconsentito, saremmo stati solo soci? Nel caso, ok. Comunque quel trattamento bollente e poi gelido non mi andava proprio. “Ciao, Nick.” Salutò con la mano e fece un cenno col capo. “Ci vediamo.” Varcai la soglia, con ogni particella del mio corpo che moriva dalla voglia di girarsi per chiedere risposte. Volevo sapere cos’era andato male. No, dovevo saperlo. Fuori dalla porta esitai, voltandomi per rientrare, quando udii le sue parole e mi gelò il sangue. “Puoi stasera? Dovremmo uscire a festeggiare.” Fissava il telefono, apparentemente senza neanche accorgersi che ero ancora sulla soglia. Doveva parlare con un amico maschio, no? Un caro amico. Non una donna. Nick non era quel tipo. Dopotutto, aveva detto che i veri uomini non tradiscono. All’altro capo del filo, udii chiaramente una voce femminile. “Ottimo, Nick.”

Mi gelò ogni nervo del corpo. Non sapevo che stesse succedendo, ma una cosa che sapevo era che non sarei rimasta lì a scoprirlo.

Capitolo otto

Lunedì mattina ero davanti a un edificio in apparenza tutto vetrato in attesa di Nick. Mi aveva chiesto di vederci a quell’indirizzo, che non conoscevo. Ma avevo pensato che gli affari erano affari e mi ero ripromessa di comportarmi in maniera professionale. Non volevo parlare di quel che era accaduto l’ultima volta che ci eravamo visti né del modo strano in cui era finita tra noi in ufficio. Che importanza poteva poi avere? Mi ero divertita a socializzare con lui ma non volevo una relazione, quindi era meglio che quell’aspetto della situazione fosse chiuso. Cercavo di fingere che non mi importasse, anche se lo stomaco mi si annodò quando vidi Nick risalire il marciapiede con un borsone. “Sono contento che tu sia venuta.” Si avvicinò, mi diede un bacio sulle guance e poi mi mise le mani sulle spalle per studiarmi. “Sei bellissima.” “Grazie,” dissi lisciandomi la gonna di seta e decidendo di accettare il complimento per educazione. Gli sorrisi. “Hai un bell’aspetto” “Grazie.” Chinò il capo e si fermò con la mano sul pomello. “Pronta?” “Non ho idea di cosa stiamo facendo, ma siamo qui perciò… sì?” Ridacchiò. “Immagino che non ci sia più ragione di mantenere il segreto. Siamo venuti per una mostra privata. Hai detto che ti piace l’arte moderna, audace.” “Sì,” dissi inclinando la testa. Una parte di me era commossa che mi fosse stata a sentire e avesse ricordato i miei gusti, ma questo cosa c’entrava con la promozione incrociata? “Entriamo,” disse. “Ok,” dissi io, più perplessa che mai. Per essere con un uomo solitamente molto diretto, non avevo idea di quale fosse la nostra situazione. Mi dissi che non aveva importanza.

Entrammo e venimmo accolti da una sorridente e vistosa donna dai corti capelli blu elettrico e dagli occhi azzurri segnati da un pesante tratto allungato di matita. Allacciò le mani e poi le fece ricadere sui fianchi. La magliettina le esaltava il luccicante anellino all’ombelico. “Voi dovete essere Nick e Missy.” “Bel piercing,” dissi, perché era vero. Io avevo lasciato che il mio ombelico si cicatrizzasse, ma il suo brillante mi fece rivalutare la cosa. La moda includeva decisamente i gioielli. “Grazie.” La sua voce chiara mi fece sorridere. “Aspettava noi?” chiesi. Guardò Nick e poi il suo sorriso si allargò. “Certo. Nick ci ha chiesto un favore…” “È un segreto,” disse sollevando tutte e due le mani e agitandogliele davanti. Poi fece l’occhiolino e lei rise. “Perché prima non fate un giro? Poi vi accompagno all’altra parte.” Allungò la mano. “Ah, io sono Kara.” “Piacere di conoscerla.” Le strinsi la mano e poi facemmo un giro per un’ampia sala, che apparentemente era una galleria d’arte, anche se sulla porta non ne avevo visto il nome. I quadri posti strategicamente alle pareti contenevano colori brillanti e audaci, con una moderna cernita di sfumature che risultava sia fresca sia elettrizzante. “Che bel posto,” dissi. Abbassò lo sguardo su di me con un sorriso. “Sono contento che ti piaccia. Questo è lo studio di Kara e lavora solo su appuntamento. O così mi hanno detto.” Ci fermammo davanti a un dipinto che mi mozzò il fiato nei polmoni. Mi avvicinai, assorbendo ogni dettaglio della bellissima fila di alberi nella campagna dipinti con pennellate spesse, audaci, e in colori vividi. Sfocando lo sguardo appena appena, mi veniva in mente la campagna di Milano. Delle spesse pennellate nere creavano gli uccelli e il cielo prendeva vita con lilla, rosa tramonto, crema pallido, viola e grigio. “Questo mi piace molto,” dissi indicando il dipinto.

“Anche a me,” disse lui, e poi fece scivolare la mano nella mia. Ma cosa…? Abbassai lo sguardo sulle nostre mani allacciate, chiedendomi che cosa fossero quei messaggi contradditori. Sapevo di dover ritrarre la mano per mantenere la situazione chiara e professionale, ma la verità era che non odiavo proprio per niente la sensazione della sua mano attorno alla mia. “E questo?” chiese. “Wow.” Guardai il quadro con la voglia di toccarlo, ma sapevo bene di non dover ungere col grasso dei polpastrelli le tele. Esaminai invece il quadro da vicino. Sembrava che le strade di Milano fossero state dipinte da una persona alla ricerca del loro variopinto riflesso nelle pozzanghere dopo un acquazzone. Cobalto vibrante, giallo girasole e arancione zucca rendevano l’increspato riflesso di due persone sotto a un ombrello che si allontanano da chi guarda. “Questa pare Milano.” “Sono d’accordo.” “Sono bellissimi.” Rantolai, staccando gli occhi dai quadri abbastanza a lungo da guardare lui. “Nick?” chiese Kara apparendo alle nostre spalle. Ci voltammo entrambi per vederla dire, “È tutto pronto.” “Che state combinando?” chiesi. Storse le labbra. “È un segreto.” “Sei pieno di misteri,” dissi, per certi versi apprezzando quella parte della sua personalità, ma non adorandola per altri. “Ti va di conoscere la sorpresa?” chiese. “Sì,” dissi senza esitazioni. Kara annuì. “Ok. Per di qua.” Con ciò, ci accompagnò al centro della stanza. Non mi ero nemmeno accorta che ci fosse un tavolo, né del vino, taglieri di legno di formaggi, cracker e uva, né

l’unica candela con la sua fiammella. “Prego, accomodatevi e divertitevi. Torno subito.” Si voltò per andarsene mentre Nick mi scostava una sedia. “Grazie, signore,” dissi. “Piacere mio.” Annuì e poi sedette accanto a me. “Vino?” “Sì, grazie.” Che strano allestimento; dovevo avere delle risposte. “Perché ci siamo solo noi? Le gallerie di solito sono aperte al pubblico.” “Ho chiesto una mostra privata come favore.” Annuii. Questo l’aveva già detto. “Ma perché?” “In modo da averti tutta per me,” disse rivolgendomi un sorriso affascinante mentre faceva saltare il tappo del vino. Scossi il capo. “Cosa ti fa credere che le sorprese mi piacciano?” “Ti piacciono?” “A volte,” ammisi. “Come pensavo.” Versò il vino in due bicchieri senza stelo e me ne offrì uno. “Ok. Siamo venuti per una mostra privata, ma dare un’occhiata ai quadri… be’, per te non è sufficiente. Perciò ho ottenuto il permesso di metterci al lavoro.” “Metterci al…?” Sicuramente non voleva dire che avremmo… “Dipingere. Avevi ragione tu, quel quadro ritraeva Milano. Per la maggior parte sono ambientazioni italiane, perché il pittore è italiano.” Bevve un sorso di vino e mi esaminò. “Quindi il pittore ci darà modo di creare i nostri quadri audaci. Poi li porteremo a casa con noi.” “Wow,” dissi colpita dal programma allestito. Punti per la creatività. L’idea mi piaceva proprio, anche se avevo qualche dubbio. “Io non so dipingere, Nick.” Si sporse verso di me. “Nemmeno io. È questa la parte divertente.”

“Sarà ancora divertente quando dipingerò omini stilizzati?” Bevvi un sorso di vino e osservai l’angolo della sua bocca sollevarsi. “Una donna che ha viaggiato il mondo come te si è ormai stufata delle piccole avventure. Ho torto?” “Non del tutto.” Sorrisi, cominciando a rilassarmi e a essere contenta di trovarmi lì con Nick. “E se tu fossi il prossimo Michelangelo e io fi disegni da bambini?” “Allora quando tornerà Kara ce li scambieremo e io dirò che sei un’artista meravigliosa e che dovresti tentare con la scultura. Gireremo il mondo esibendo la tua arte e diventeremo ricchi e famosi. Io ti farò da manager. Ok?” chiese con un sorriso lampeggiante. “Ok.” Risi forte mentre Kara veniva al nostro tavolo. “Ecco i colori, i grembiuli e altre cose che vi serviranno.” Ci sorrise posando tutto sul tavolo. “Se avete domande, ditemelo. Non sono una pittrice famosa, però mi sono cimentata a sufficienza da sapere come muovermi.” “Grazie, Kara.” Nick sistemò una tela davanti a me e una davanti a lui, prima di prendere una scatola di quelli che sembravano colori. “Paolo, il pittore, si scusa di non essere qui perché è accaduto qualcosa di personale, ma gli farebbe piacere parlarvi dopo.” Allacciò le dita. “Chiamate, se avete bisogno di me.” La osservai partire e poi guardai Nick. Prese un grembiule e me lo porse, e poi prese l’altro e se lo mise sopra al bel vestito. “Alta moda,” dissi sollevando il bianco grembiule fresco di bucato. “Sono meraviglioso?” Si mise in posa e risi. “Sì, sì che lo sei.” Mi sistemai il grembiule, grata di non rovinarmi la camicetta né i pantaloni quella sera. “E ora le basi.” ò in rassegna alcuni pennelli e poi li capovolse sul tavolo tra noi. “Ecco colori, pennelli e tu hai la tua tela. Cosa dipingi?”

Sollevai un morbido pennello che mi ricordava quello che usavo per mettermi il fard sulle guance. “Non ne ho idea. Tu?” “Oh, non dipingere me,” disse ridacchiando e sollevando i palmi. Simpatico. “No, non volevo dire che avrei dipinto te. Volevo dire: cosa dipingi tu?” Gli diedi una spallata e lui raccolse un tubetto di pittura blu. “La strada di una città riflessa in una goccia di pioggia.” “Molto ambizioso.” Sollevai le sopracciglia prendendo una tavolozza bianca e scegliendo dei colori chiamati Arancio Tramonto, Rosso Avana e Viola Prugna. “Pensavo che non avessi mai dipinto.” “Non da quando sono cresciuto. E non conto la pittura sulle dita.” Bevve un sorso di vino e posò il bicchiere per mettere un po’ di blu sulla tavolozza, insieme a del bianco e del nero. “Qui idem. Non mi è mai piaciuta la pittura con le dita. Non mi piaceva sporcarmi.” Gli sorrisi spremendo i colori scelti sulla tavolozza. Lui annuì, selezionando il pennello con la precisione di un chirurgo. “Perché l’altro giorno in ufficio sei stato così strano?” mi uscì, sbirciandolo mentre immergevo il pennello nel color Tramonto. Si irrigidì appena, fece un bel respiro e poi si rilassò rivolgendomi uno sguardo imbarazzato. “Scusami, Missy. Solo che… sono sconvolto dai sentimenti che provo per te.” Lo stomaco mi fece una super-capriola. “Davvero?” “Assolutamente sì.” “Oh,” dissi in maniera tanto, ma tanto insulsa. Non me lo aspettavo. Deglutii a fatica, scervellandomi in cerca di qualcosa da dire adesso, ma non riuscii a trattenere un sorriso. Provava dei sentimenti per me. Sentimenti che lo sconvolgevano. Sollevai le ciglia e gli sbattei gli occhi. “Non mi sembra un male.”

“No, non è un male. Una sorpresa, sì. Un male, no.” “Be’, ed eccoci qua.” Bevvi un sorso di vino, sollevai il pennello e mi misi a segnare lunghe pennellate sulla tela con l’audace arancione. Mentre io dipingevo, Nick metteva del formaggio sui cracker e li sistemava su un tagliere di legno per me insieme a un po’ d’uva. “Per te,” disse. “Grazie,” dissi raccogliendo un cracker e infilandomelo in bocca. Il formaggio mi si sciolse istantaneamente sulla lingua e masticai il cracker. “Che buono.” “Pensavo che mi avessi portata qui per questioni lavorative,” dissi osservando il bagliore della candela prima di voltarmi verso di lui. “Questo è un appuntamento, Nick?” Bevve un sorso di vino, adocchiandomi sopra l’orlo del bicchiere col sopracciglio arcuato. “A te sembra un appuntamento?” “Be’, vediamo. Mi hai invitata qui per una sorpresa. Hai fatto accendere una candela e portare vino, cibo, nonché organizzato delle attività. Devo concludere che pare proprio un appuntamento.” Gli brillò negli occhi un luccichio malizioso mentre esaminava la tela che aveva davanti. Non ne aveva ancora toccato la superficie. “Uh. Be’, se la metti così…” “È bellissimo.” Non riuscivo ad accettare la meraviglia della situazione. Nessuno aveva mai fatto una cosa del genere per me e io la adoravo. “Be’, io penso che bellissima sia tu.” Il basso tono di voce mi capovolse lo stomaco. “Grazie.” Scossi il capo chiedendomi cosa ne avrei fatto di lui. Non potevo mica tenergli il muso per la sua stranezza, dato che aveva ammesso di provare qualcosa per me in modo così diretto. Mi feci cadere un acino d’uva in bocca mentre lui cominciava a picchiettare con cautela il blu sulla tela. “Allora, stavo pensando alla tua idea apparire al meglio sentirsi al meglio...” Ridacchiò scuotendo il capo. “Io ti organizzo questo appuntamento e tutto quello a cui sai pensare tu è il lavoro?”

Lo fissai sconvolta. Dopo tutto il tempo ato a cercare di convincermi a parlare di lavoro, adesso era lui a rimproverarmi perché tiravo fuori l’argomento? Un sorriso mi tirò gli angoli delle labbra. “Mi prendi in giro, vero?” Scossi la testa, bevvi un sorso di vino e mi riconcentrai sulla tela, stavolta aggiungendo del Rosso Avana all’Arancio Tramonto. “Sono elettrizzata all’idea di lavorare con te, Nick. Che posso dire…” La sua mano coprì la mia e una scossa elettrica mi fluì dalle sue dita fin sul braccio in direzione del già martellante cuore. “Sono elettrizzato anch’io.” “Bene,” dissi, contenta che le carte fossero ormai sul tavolo. “Allora, a proposito dell’idea apparire al meglio sentirsi al meglio…” Mi ricordava quel che stavo dicendo come spronandomi a proseguire. Teneva gli occhi fissi sulla tela mentre il blu cominciava a prendere una forma arrotondata. La sfumatura di bianco e blu somigliava a una goccia di pioggia. “Va’ avanti,” disse. “Mi piace l’idea di offrire una spinta in entrambe le direzioni, la mia e la tua.” Usai l’orlo di uno straccio per pulire una gocciolina di colore con cui avevo per sbaglio macchiato la tela. “Tu mandi la gente da me, io offro loro uno sconto o un consulto gratuito. Li mando da te e…” “Io offro loro una sessione gratuita con un personal trainer.” Annuì levandomi le parole di bocca mentre aggiungeva del bianco alla goccia per creare un riflesso piuttosto vivo. “Esatto. Promozione incrociata delle nostre attività, condividiamo i risultati e offriamo qualcosa di benefico ai nostri clienti.” “Vittoria, vittoria e vittoria,” disse lui. “Mi hai detto anche che vendi capi sportivi. Magari potrei inserire una piccola parte della tua linea in negozio per vedere se interessa ai miei clienti,” dissi, anche se in realtà quella era stata un’idea di Michelle. “Suggerimento di Michelle, perciò qui il merito è suo.” “Sarebbe fantastico,” disse.

Lavorammo ai dipinti chiacchierando di lavoro e altro mentre le nostre creazioni prendevano forma. La sua goccia divenne bellissima e il riflesso degli edifici pareva familiare. Sbirciando da sopra alla sua spalla, dissi. “Ma dipingi benissimo.” “Grazie.” Si sporse e io cercai di nascondere la mia opera. “Anche tu. Be’, quello che vedo.” “Non è vero.” Sbuffai. Il dipinto del tramonto del Grand Canyon parevano schizzi su una tela i cui colori fossero semplicemente scivolati verso il basso lasciando variopinte strisce che non si mescolavano per nulla tra loro. “È orribile.” “A me piace,” disse. Me la risi fragorosamente. “Non sei serio…” “Non ti mentirei mai, Missy,” disse facendomi diffondere per il petto un certo calore. “E… c’è un’altra cosa che volevo darti stasera.” Mi morsi il labbro inferiore. “Così mi vizi.” Annuì. “Questa è l’idea. Voglio viziarti.” Io avevo scherzato, ma lui pareva serio e il cuore mi sfarfallò nel petto. “Ok.” Raccolse una borsa regalo che ricordavo di avergli visto in mano quando era arrivato all’edificio. Me la mise davanti e la fece scivolare nella mia direzione. All’interno c’erano un set di bellissimi e morbidi leggings e un top senza maniche da ginnastica. “Sono il design e il logo della Totalmente in forma.” “Bellissimi,” dissi col cuore che affondava un po’ dato che eravamo tornati all’argomento lavoro. Sapevo che non era giusto diffidare tanto, ma la scottatura presa in ato mi aveva reso cauta. Dopo quell’appuntamento perfetto, mi accorsi di volere di più da lui. Avevamo avuto una connessione istantanea che avevo cercato di ignorare, ma non c’era più modo di negare i miei sentimenti. “Grazie,” dissi. Mi strinse le mani. “Sono un regalo. Dovresti sorridere.”

Il mio pesante cuore si alleggerì un pochino. “Solo qualcosa di comodo da portare durante gli allenamenti, ok?” Annuii. Forse non c’erano sotto altre motivazioni. Forse mi stavo facendo paranoica, il che era ingiustissimo nei suoi confronti. Il suo affascinante sorriso lampeggiò e in me si sciolse qualcosa. “Fidati di me, saranno più comodi di quello che indossi di solito in palestra.” Mi alzai. “Grazie per stasera. Sono stata davvero bene.” “Piacere mio, bella,” sussurrò prima di lasciarmi un lieve bacio sulle labbra, facendomi battere all’impazzata il cuore nel petto. Col dipinto in mano gli sorrisi, pensando che con lui pareva tutto naturalissimo – quasi come se fossimo fatti l’uno per l’altra. Non avevo mai provato una connessione tale con nessun altro prima, e sicuramente era ora di piantarla di opporvisi. Perciò lo baciai di nuovo solo per provare a me stessa di essermi decisa a vedere dove mi avrebbero portata le cose con Nick.

Capitolo nove

Ero praticamente certa di svenire sul marciapiede. Ma perché avevo concesso a Michelle di convincermi a una mattinata di jogging con lei? Insomma, il sole non era nemmeno sorto all’orizzonte. Il cielo poteva anche essere bellissimo striato di rosa e arancione, ma tutto ciò su cui riuscivo a concentrarmi era sopravvivere alla corsa senza afflosciarmi a terra. Mi ero chiaramente presa una pausa troppo lunga dalla cardio. Perché, oh perché l’avevo fatto? “Aspetta,” dissi, poi mi fermai e curvai e finsi di controllarmi le scarpe. Non si erano slacciate, ma avevo bisogno di una scusa per tirare il fiato. Con le mani piantate appena sopra alle ginocchia, inspirai l’aria odorante di umido asfalto. Gli irrigatori da giardino di East Sacramento dove eravamo finite si erano spenti da poco e il terreno era ancora bagnato. L’aria tratteneva ancora la debole frescura dell’umidità che mi rinfrescava la pelle. “Un secondo. Ti prego. Ti imploro.” “Tutto bene?” Michelle correva sul posto davanti a me. Ma da dove la prendeva tutta quell’energia di mattina presto prima del caffè? Era un crimine, e se avessi avuto più energia l’avrei arrestata in flagranza di reato. “Possiamo tornare a casa se vuoi, anche se, be’, abbiamo corso solo due miglia.” “Sto bene.” Non avrei mai mollato adesso. Potevo reggere il suo solito percorso. Inspirai profondamente e annuii. “Troppo allenamento di forza in palestra. Ho trascurato la cardio.” “Quante volte sei andata in palestra nelle ultime due settimane?” chiese. “Sono stata occupata col lavoro.” “Come ho detto, possiamo tornare indietro,” disse Michelle mentre un tizio ci superava di corsa rapidamente come il coniglietto a pile, con gli shorts che sibilavano un po’ a ogni rigido movimento. Michelle inclinò la testa e lo osservò andare e abbassò la voce fino a sussurrare, “Che carino.” “Ah sì?” Tutto ciò che avevo visto io erano le scarpe bianche da jogging e il

fondo degli shorts che gli sfioravano i quadricipiti, essendo curva. “Ok, andiamo.” Mi costrinsi a correre di nuovo, anche se ero piuttosto sicura che dopo i muscoli me l’avrebbero fatta pagare. A proposito di sprechi. “È questa la vera ragione per cui corri appena ti svegli?” chiesi. Mi rivolse uno sguardo confuso. “Quale sarebbe, questa ragione?” “Per dare un’occhiatina ai ragazzi carini?” Sorrisi e tenni il o cercando di non farmi venire troppo fiatone. Potevo farcela. Rise. “Oh, ecco cosa pensi di me.” Superammo un cortile recintato con dentro un cane che ci accompagnò di corsa dall’altra parte della rete finché non lasciammo la sua proprietà. “Magari dovresti raggiungerlo. Chiedergli di uscire,” dissi pensando che con un po’ di fortuna mi avrebbe lasciata svenire in pace e avrei potuto salvare la faccia. “E lasciarti senza partner di jogging? Sono un’amica migliore di così.” Mi rise dietro e capii che si divertiva che la cosa per me fosse pura tortura. “Già, un’amica migliore di così.” La presi in giro e lei rise prima che tornassi seria. “Ho sentito Nick ricevere una telefonata di una donna nel suo ufficio. Pensi che voglia dire qualcosa? Pare degno di fiducia e non voglio fargli subire i miei dolori ati, ma non posso non essere a disagio.” “È stato prima o dopo il vostro meraviglioso appuntamento artistico?” chiese. Ovviamente gliel’avevo raccontato. “Prima.” Michelle rallentò mentre io mi fermavo per prendere ancora fiato. “Cos’ha detto di preciso?” chiese voltandosi verso di me e incrociando appena le braccia. “Spiegami tutto.” “Puoi stasera? Dovremmo uscire a festeggiare. O una roba del genere…” Cercavo di fare la disinvolta, ma le parole mi brillavano nella memoria come se non se ne dovessero andare mai.

“Piuttosto specifico.” Michelle mi esaminò come se sapesse che non ero del tutto sincera. “Corri davvero così tutti i giorni?” chiesi cambiando argomento come una codarda. Non riuscivo a credere che quella fosse parte della sua routine quotidiana. Giuravo che avevamo corso mille miglia, e ancora non eravamo a casa. “Sono esausta.” Sorrise. “A essere sincera, abbiamo corso solo metà delle mie miglia quotidiane.” “Mi prendi in giro?” Scosse il capo e ridacchiò. “Wow.” Avevo voglia di spingerla nel prato bagnato alle sue spalle, ma temevo di precipitare anch’io. E non avevo dubbi che lei mi avrebbe schivata e che io sarei caduta muso a terra, e che tutto il vicinato mi avrebbe vista e avrebbe riso. No, grazie. “Be’, abbiamo ancora il ritorno. Ti terrò testa, fosse l’ultima cosa che faccio.” Rise. “Finisci di raccontarmi che cosa ti tormenta della telefonata.” “La risposta di lei al telefono.” Sbirciai dietro di lei mentre riprendevamo il o da dove eravamo venute. Mi sforzavo di non dimostrare che, in realtà, ero di nuovo senza fiato. Alla Totalmente in forma mi ero fatta più forte, ma sicuramente avevo perso parecchia resistenza negli ultimi mesi. “Ha detto ‘ottimo’ con voce molto seducente.” Michelle ammutolì e mi rivolse un’occhiata preoccupata. “Questo complica le cose. Magari è sua sorella…” “Magari?” Non sapevo se avesse una sorella, ma avrei preferito pensare a una sorella che a una donna con cui usciva. Il pensiero che fosse una parente mi fece sentire meglio, ma di pochissimo. E se non fosse stata sua sorella? Né una cugina? Non mi piaceva essere gelosa. Non era un’emozione di cui abusavo prima del tradimento. Il mio cuore non voleva rischiare di nuovo un dolore del genere. “Ma forse no. Come faccio a sapere chi sono i suoi parenti?” “Non è da te preoccuparti così,” disse. Ci fermammo alla fine dell’isolato,

correndo sul posto, guardando in entrambe le direzioni per vedere se la strada era libera. Non c’era nessuno, quindi scendemmo dal marciapiede per attraversare. “È solo un ragazzo e non è niente di serio, giusto?” “Hai ragione, ovviamente.” Io e Nick non eravamo niente di serio. Doveva essere una cosa occasionale. Ma non pareva occasionale. Lui mi piaceva. Molto. Non mi preoccupavo mai di cose come le amiche dei ragazzi con cui uscivo. Finché Kyle non mi aveva tradita, almeno. Da allora ero stata meno sicura di me stessa e più preoccupata dei traditori. “Ma lo sai com’è, no: quando si è rimasti scottati una volta…” “E allora esci dalla cucina. Tanto non sai cucinare.” Michelle rise. “Battutaccia. Tu vivresti di gelato se potessi.” La presi in giro. Non potevo smettere di correre dopo averla recuperata, quindi spinsi con quel fiatone che mi sentivo addosso e mi chiesi se il cuore mi potesse davvero esplodere per la corsa. “Gelato alla menta con scaglie di cioccolato, per la precisione.” “Ahia.” Finse di ritrarsi come se volessi prenderla a sberle. Ovviamente non l’avrei mai fatto. “Sinceramente penso che non dovresti preoccuparti della telefonata. Senza contesto potrebbe essere stata chiunque, da sua sorella a una vecchia collega.” Era fin troppo ragionevole. Cercai di calmare i nervi. “Probabilmente hai ragione.” “Ti piace proprio questo ragazzo, eh?” chiese rallentando mentre io mi fermavo a prendere fiato premendomi una mano sul fianco. “Sì.” Faceva quasi paura quanto mi pie. Raggiunsi Michelle e le tenni testa rimpiangendo ogni bruciante o. “Ed è un problema.” “Un problema?” chiese, confusa. “Sì.” Dovevo allontanarmi da Nick. Mi piaceva. Mi piaceva molto. “È un po’ tardi per mantenermi professionale con lui.” Mi lanciò un’occhiata turbata. “Wow. Sei proprio presa, Missy. Insomma, sembrava un ragazzo gentile. Va bene provare qualcosa per lui. Che tu lo voglia o no, pare tu sia già a quel punto.”

“Lo so.” Era questo a spaventarmi.

Capitolo dieci

Sbucando a grandi i dalla stanza sul retro dell’Elegante ritardo, feci cenno a Lisa, dietro al registratore di cassa, ringraziando la mia buona stella di averla in mio soccorso. Un paio di mani in più dietro alla cassa faceva una grande differenza. Soprattutto quando avevo a che fare con nuovi ed esigenti clienti prima ancora di aver finito la prima tazza di caffè. “Benvenuti all’Elegante ritardo.” Allungai la mano a una rossa fiera che mi squadrò con i suoi grandi occhi verdi. “Sono Missy, la proprietaria.” “Perfetto. Io sono Veronica,” disse stringendomi la mano mentre l’uomo al suo fianco si spostava alle sue spalle e chinava il capo. “So esattamente quello che voglio. Lui è mio fratello.” “Piacere, Victor.” Avanzò con un sorriso da infarto e mi offrì la mano. “Mi ha trascinato per tutta…” “Non ti ho trascinato da nessuna parte.” Veronica gli diede una gomitata e poi si piantò le mani sui fianchi. “Sei elettrizzato che sia venuta a trovarti e sei felice di portarmi in giro per il centro. Ho ragione?” L’angolo della bocca gli si curvò all’insù. “Sì, sono contento di essere venuto… in una boutique per donne.” “È un piacere conoscervi.” Risi, notando che il ragazzo faceva buon viso a cattivo gioco, considerando che la sorella lo aveva chiaramente costretto a fare shopping con lei. Mi voltai verso Veronica. “Ha detto di sapere esattamente che cosa vuole. Mi pare un ottimo inizio.” “Be’, per quanto riguarda lo stile almeno.” Annuii. “Possiamo lavorarci. Che stile sta cercando?” “Carino, morbido, femminile.” Inclinò la testa. “Molto classico e chic.”

Mi vennero in mente diversi capi, quindi li accompagnai verso uno stender e le mostrai una bellissima camicetta larga che le avrebbe fatto risaltare gli occhi tè blu. “Che ne pensa?” Esaminò la camicetta. “Non sono una fan di questa sfumatura di azzurro. Ma lo stile è buono.” “Ti starebbe benissimo,” disse Victor. “Dovresti prenderla, così andiamo.” Gli lanciò un’occhiataccia e lui fece finta di chiudersi la zip delle labbra e buttar via la chiave. “Gli uomini non capiscono,” disse Veronica. “E questo?” Sorrisi con diplomazia e presi un altro top simile nello stile ma di un color prugna che avrebbe fatto pendant con la sua pelle e quei capelli rossi. “Mi faccia vedere.” Allungò le mani e io ce lo posai sopra. Lei sospirò ando le dita sul tessuto. “Che morbido.” “Possiamo aggiungerlo alla pila dei capi da provare.” Volevo essere sicura che le pie anche addosso, altrimenti l’intero scopo sarebbe stato discutibile. “Che ne dice del verde?” “Uuh.” Scosse il capo. “Lo so che le rosse dovrebbero vestirsi di verde, soprattutto se hanno gli occhi verdi, ma mi pare sempre di fare tanto albero di Natale vestita di verde.” Fece una smorfia. “No, grazie.” Risi. Mi piaceva. “Allora, di dov’è?” “Seattle.” Mi sorrise e prese la camicetta che le porgevo. Mi piacevano l’audace blu cobalto e lo stile delicato. Urlava guardatemi, ma con un certo gusto. “Che caldo che fa qui. Non ci sono abituata e non ho niente da mettere.” Victor ridacchiò. “L’avevo avvertita di mettere in valigia roba per le temperature di Sacramento, ma non mi ascolta mai.” “È che sono così abituata al freddo che non pensavo che il caldo mi avrebbe dato fastidio.” Rifilò una gomitata al fratello, che finse di essere rimasto ferito a morte, aggrappandosi alle costole e incespicando di lato. “Lo ignori,” disse. “Nessun problema.” Risi, anche se il suo bell’aspetto sarebbe stato difficile per

chiunque da ignorare. “Questo starebbe bene con la camicetta. Che ne dice?” “No. Questi non mi piacciono.” Rifiutò un bel paio di pantaloni eleganti che le offrivo. Erano adatti a diverse camicette che aveva scelto, ma andai oltre. “Ma la gonna l’adoro.” “Meraviglioso.” Aggiunsi la bella gonnellina bianca al mix. Il bianco l’avrebbe aiutata a stare più fresca d’estate. “E il bianco riflette pure il calore.” “Quindi il nero è stata una brutta scelta?” Abbassò lo sguardo sul bel vestitino nero che indossava. “Perché non mi hai detto niente?” chiese a Victor. “E come facevo a saperlo?” Sollevò entrambe le spalle e poi si ò una mano tra i capelli corti con un sorriso tranquillo. “Pensi che ti darei mai una ragione per trascinarmi in un posto del genere?” “E questo che vorrebbe dire?” chiese piantandosi una mano sul fianco e fissandolo. Gli crollò l’espressione. “Be’… solo che… lo shopping non fa per me.” “Sono sicura che la sta solo prendendo in giro.” Gli rivolsi un sorriso e lo osservai illuminarsi. Aggiungemmo diversa altra roba alla pila. Veronica non scherzava mica nel dire che sapeva quel che le piaceva. Scartò vari capi e ne accettò altri. Quando ne avemmo una quantità considerevole, mi voltai di nuovo verso di lei. “Pronta a provarli?” “Ci può scommettere.” Mi seguì. Lisa corse a raggiungerci e ci sorrise. Superammo lo stender con la linea sportiva di Nick e Veronica fece un piccolo gemito. “Questi sono proprio fuori posto qui. Non sono per nulla a livello del resto dell’offerta.” “È un esperimento…” Inclinai il capo, concordando sul fatto che la linea sportiva non c’entrasse granché, però mi ero impegnata nella promozione incrociata ed ero una donna di parola. Ma il fatto che una cliente avesse dato voce ai miei pensieri mi fece riflettere. Lisa si sporse arricciando il naso. “Parecchi altri clienti mi hanno detto la stessa cosa sulla linea sportiva.”

“Grazie.” Annuii mentre mi apriva la porta del camerino. Appesi i capi e indietreggiai. “Eccoci,” dissi a Veronica. “Sono elettrizzata.” Mi sorrise e poi si infilò nel camerino. Victor sedette su una delle belle poltrone che avevo sistemato per mariti e amici fuori dalla zona camerini. “Sono colpito,” disse piano. Mi misi al suo fianco e mi sedetti accanto a lui. “L’ha gestita bene. La maggior parte della gente la trova fastidiosa e ad alto mantenimento.” “Siamo tutte ad alto mantenimento quando si tratta di vestiti. È per questo che sono qui.” Gli sorrisi e lui mi rivolse un sorrisone da sciogliere il cuore. “Be’, è brava nel suo lavoro.” “Grazie.” Mi aggiustai il top e cercai Lisa con lo sguardo. Fluttuava qua e là, in aiuto dei clienti che giravano per il negozio. “Carino da parte sua venire qui per sua sorella.” “Qualcuno deve pur sopportarla.” Rise, ma si vedeva che l’adorava. “Questo mi piace.” La voce felice di Veronica si fece strada oltre alla porta e la guardammo entrambi. “Mi piace tutto. È perfetto. Prendo tutto quanto.” “Può indossare fuori quello che vuole,” dissi. “Visto il caldo.” “Missy, lei salva vite.” Aprì la porta e sbucò dallo stanzino con il top blu cobalto e la gonna bianca larga. Con un sorriso, fece una piccola giravolta. Applaudii. “Bellissima.” “Wow.” Victor si alzò e andò dalla sorella. “Me li tieni?” gli chiede lei facendolo sorridere. “Ma certo.” Raccolse le sue cose mentre lei mi gettava le braccia al collo. “Sono felice che sia andata bene.” Cominciammo a farci strada verso la parte anteriore del negozio. Lisa fece cenno da dietro alla cassa.

“Bene?” Mi fece un gran sorriso. “Vorrei portarla a Seattle. È stato bellissimo. E lei, Missy, è bravissima.” “Grazie.” In cassa Lisa fatturò tutto mentre Victor mi si avvicinava. Lisa e Veronica chiacchieravano tranquillamente di Seattle e della fatica che la seconda avrebbe fatto per infilare il nuovo mucchio di vestiario nella valigia per il volo di ritorno. “Le serve qualcosa?” chiesi a Victor. “È tanto evidente?” Incollò gli occhi verdi ai miei. “Mi chiedevo se le andrebbe di uscire a cena con me. Senza Veronica, ovviamente.” “Oh… molto carino e, uhm, inatteso,” dissi portandomi una mano al petto. Certo, era un bel ragazzo, però mi ritrovai presa alla sprovvista dato che non avevo pensato di uscirci insieme. Pareva carino e allegro, e le nostre brevi conversazioni mi erano piaciute. “Inatteso in senso buono?” Mi guardò inarcando un sopracciglio. “Sono solo sorpresa.” Gli sorrisi. Potevo dirgli di sì. Uscire con lui e levarmi dalla testa i miei problemi per una sera. Mi sarebbe piaciuto un appuntamento occasionale. Stando alla logica, probabilmente potevo farlo… ma il cuore sussurrava e Nick? E poi, per quanto fosse carino, le scintille con lui non le sentivo. Per nulla. Nemmeno mezza scintillina. “Grazie dell’invito, ma dovrò declinare.” “Valeva la pena tentare,” disse con un sorriso naturalmente buono. Salutai Victor e andai ad aiutare la cliente successiva. Anche se non sapevo in che situazione mi trovassi con Nick, sapevo di voler stare con lui. E con Nick c’erano scintille a bizzeffe. Anzi, decisi di mandargli un messaggio per sapere se nel finesettimana era libero. Mi girava la testa all’idea di rivederlo.

Capitolo undici

“Che bel posto per un picnic,” dissi. Invece di un ristorante, Nick mi aveva portata sulla riva del fiume in una spiaggia che non avevo mai visto. Misi piede sulla sabbia e gli rivolsi un sorriso. Lui mi seguì, il borsone di tela su una spalla. “Come si chiama questo posto?” chiesi. Odiavo spazzar via il buonumore di quella bellissima domenica pomeriggio, ma dovevo far sapere a Nick che la sua linea di abbigliamento nel mio negozio non funzionava. Sì, dovevo trovare il modo di dirglielo. Oh, sarebbe stato tanto imbarazzante. “Sand Cove Park. È un segreto locale.” Si portò un dito alle labbra. “Ssh.” “È bellissimo.” Scrutai la spiaggia. La sabbia scura si estendeva lungo il fiume. Non vedevo nessun altro, quindi doveva aver ragione a dire che era un segreto locale. “Fin dove arriva il parco?” “Non ne sono sicuro. Ha le dimensioni giuste per la navigazione però, dato che vedo are barche periodicamente.” Andava dritto verso l’acqua, e scelse un bel posticino parzialmente ombreggiato da un albero i cui rami parevano tendersi verso l’acqua. “Hai fame?” “Be’, sì, ho accettato il pranzo, no?” scherzai. “Mi pare di sì.” Sedette e aprì il borsone. Da lì estrasse una coperta, che allargò sulla sabbia all’ombra. Poi prese una bottiglia di sidro frizzante, due bicchieri e diversi contenitori. “Pranzo.” “Sidro frizzante?” Lo guardai inarcando un sopracciglio. “Niente alcol su questa spiaggia pubblica. Mi è sembrata una buona alternativa.” Sollevò entrambe le spalle e ridacchiò. Il sidro frizzante non mi dispiaceva neanche un po’. “Cosa mangiamo?” Mi sistemai sulla coperta e mi levai le scarpe.

“È una sorpresa.” Fece una risatina. Ma i contenitori con apertura a scatto profumavano innegabilmente di grigliata e avevo già un’acquolina pazzesca. “Sa di grigliata.” Feci una pausa per sorridere a una donna che portava a eggio un bellissimo cane. “Che bel cucciolotto.” “Grazie.” Mi sorrise e continuò a camminare. “Come hai fatto a capirlo?” Nick mi mise il contenitore in mano e io lo aprii; dentro ci trovai una grigliata dall’aspetto incredibile con contorno di insalata di patate. La perfezione. “Ho tirato a indovinare.” Raccolsi la forchetta e scrutai di nuovo la spiaggia. Poi mi voltai verso Nick, sperando che non la prendesse sul personale. “Vorrei parlarti della linea sportiva all’Elegante ritardo…” “Oh-oh. Perché prima non mangiamo e dopo parliamo?” Aprì il sidro frizzante, ne versò una tazza e me la porse. Io la presi con un debole grazie e bevvi un sorso considerando le sue parole. Non volevo aspettare per parlare della linea sportiva. Rimandare con me non funzionava. Volevo levarmi di torno la spiacevole chiacchierata in modo da (si sperava) goderci il pomeriggio. “È un’alternativa ragionevole al vino?” “È delizioso. Il sidro di mela mi è sempre piaciuto.” Bevvi un altro sorso e ascoltai i calmi suoni del fiume. “Era tanto che non facevo un picnic.” “Davvero?” Bevve un sorso di sidro. “Qui c’è pace e il panorama è unico.” “Hai ragione.” Sorrisi a una coppia che eggiava mano nella mano sul margine del fiume. Volevo una cosa così. Una tranquilla relazione in cui potersi godere insieme le cose semplici come una eggiata lungo il fiume. “Grazie di avermi portata qui.” “Prego.” Mangiò un boccone di grigliata e ricordai il cibo. “Che buon profumino.” Accoltellai un pezzo di carne affogata nella salsa e me la infilai in bocca. Il sapore dolce e forte mi fece chiudere gli occhi. La carne mi si sciolse sulla lingua e gemetti di soddisfazione. “Mi ha conquistata.” Rise. “Questo è il mio posto preferito per la grigliata.”

“Senti, Nick… non sono sicura che la linea sportiva vada bene per il negozio.” Aprii gli occhi e lo guardai. Lui immerse un po’ di carne nella salsa nel contenitore. “Scusa. È che la cosa mi turba e dovevo dirti come stavo.” Incrociò il mio sguardo. “Ma il prodotto vende bene.” “Hai ragione. Nella tua palestra,” dissi, sapendo bene di aver ricevuto più commenti e lamentele che richieste, nella mia boutique esclusiva. Non volevo dirglielo né ferirlo. La sua linea era fantastica. Ma lo sportivo non funzionava sui miei scaffali. Ma come facevo a dirgli i dettagli senza ferire i suoi sentimenti? “Però…” “Athena!” gridò una donna mentre il suo cane saltava nell’acqua come un cerbiatto. La proprietaria le correva dietro. “Vedi di non bagnarti. Oh, ottimo. Adesso sei fradicia.” Il cane si fermò con un sorrisone cagnesco in volto, prima di risalire di corsa la spiaggia per scrollarsi l’acqua dal pelo. Poi piantò entrambe le zampe e agitò il posteriore per asciugarsi. La padrona la chiamò e si avvicinò e il cucciolo scappò di nuovo. La padrona perseguì nella rincorsa bollente e io ridacchiai. “Ricordami di non prendere mai un cane.” “Pare un bel lavoro,” disse Nick con tono distante. “I cani sono carini. Ma il mio condominio non è esattamente aperto alle cucciolate.” “Però?” Nick osservò la giovane donna e il cane correre giù per la spiaggia, le rughe attorno agli occhi, prima di guardare me. “Stavi dicendo…?” Sospirai. “Però… non voglio cambiare la tua linea. Ma non sono sicura che funzioni per il negozio.” Bevvi un sorso del mio sidro frizzante e posai il bicchiere da vino senza stelo nella fredda sabbia all’ombra. “Ma ho parlato con un’amica della, ehm, situazione, e forse ho un’idea.” “Be’, ottimo.” Mi fece in sorrisone, sempre mangiandosi l’insalata. Pareva un po’ triste per quello che avevo appena detto, ma non terribilmente turbato. “Hai davvero mischiato la carne alla griglia con l’insalata?” Rivolsi al disordine

del suo piatto un’occhiata prima di incrociare il suo sguardo innocente. “No? Sarebbe strano.” Guardò da parte a parte, poi chiuse lentamente il coperchio del contenitore e risi. Preparò un altro boccone. “In realtà è buonissimo.” Mi offrì il boccone e io esitai. “Meglio che tu abbia ragione.” Aprii la bocca e lui mi infilò l’insalata e la carne alla griglia tra i denti. Nell’istante in cui morsi, decisi che dopotutto aveva avuto ragione lui. Era buonissimo. Dolce e saporito, cremoso e un pochino amaro e succoso… un boccone paradisiaco. “Magari era disordinato, ma sicuramente è buonissimo.” “Ecco perché te l’ho proposto.” Sorrise e diede un altro morso, allontanandosi da me come se pensasse che gli avrei levato il cibo da sotto il naso. “E allora, quest’idea?” “Chiacchieravo con la mia amica Claire, e lei mi ha dato dei consigli.” Chiusi il contenitore e lo posai sulla coperta accanto a me. Afferrai la borsa, me la tirai a me e presi i progetti che mi ero portata dietro combattendo l’agrodolce ricordo di aver lavorato con Claire al mio abito nuziale. Lo stesso abito nuziale con cui non avevo mai percorso la navata, grazie al mio ex traditore. “Claire è una designer di abiti nuziali e ha moltissimo talento.” Prese i disegni e li osservò. “Wow. Non scherzavi su Claire.” “Ho pensato che questi potrebbero essere degli spin–off della tua linea, dato che seguono i tuoi schemi con maggiore eleganza.” Guardai i disegni mentre lui li esaminava. “Potremmo chiamarla la linea sportiva… Elegante & In forma.” “È un’idea fantastica.” Levò lo sguardo su di me, l’entusiasmo che gli brillava negli occhi, e qualcosa in me si sciolse. “E adoro il nome Elegante & In forma.” “Athena!” La giovane rincorreva il cane e alzammo entrambi lo sguardo. Sorrise e ci salutò con la mano, senza fiato. “Scusate, è un cucciolo e un’artista della fuga. Ma la corsa mi faceva bene e lei non dà fastidio a nessuno.” “Nessun problema.” Le sorrisi. Non mi importava che le scape il cane. A noi non si era neanche avvicinato, nonostante la grigliata. “Athena è un bellissimo nome per un cane.”

“Grazie.” Si avvicinò con gli occhi sui fogli che avevamo tra noi due. “Ma che bella linea yoga. Dove si possono comprare?” chiese mentre Athena trottava avanti e la padrona afferrava il guinzaglio. “Alla Totalmente in forma, la palestra in centro,” dissi, sperando che quella fosse la conferma che a Nick serviva perché unissimo le forze per la nuova linea. “Capito. Lo dico anche alle mie amiche. Siamo tutte fanatiche della ginnastica. E adesso a casa, Athena. Buona giornata.” Ci salutò e noi le rispondemmo prima che se ne andasse, con dietro il suo cucciolo felice. “Visto? Ha adorato i disegni, e non eravamo neanche alla ricerca di clienti. Sarà una cosa grossa,” dissi. “Facciamolo,” disse lui tirandomi a sé. “Parli sempre di lavoro. Perché per il resto del pomeriggio non ci rilassiamo senza parlare di affari?” “Credevo che non te l’avrei mai sentito dire,” dissi con una risatina mentre lui mi solleticava il collo di bacetti. Poi mi baciò a lungo e con intensità, facendomi sospirare di soddisfazione. Ma una relazione poteva davvero essere così semplice? Aspetta, eravamo in una relazione? Non sapevo che ne pensasse lui. “Raccontami qualcosa di te, Nick. Hai sorelle? Fratelli?” Scosse il capo. “Cugini. Molti cugini. Qui e in Italia.” L’immagine di lui con un ammasso di cugini era buffa, ma non dimenticai che, se non aveva una sorella, non avevo idea di chi fosse la persona con cui aveva parlato al telefono quel giorno. Scacciai tutto di mente. “Che altro puoi raccontarmi di te?” Allargò le mani. “Sono un libro aperto. Cosa vuoi sapere?” “Uhm.” Ci pensai un attimo. Il vento salì appena, quindi raccogliemmo i disegni e li rifeci scivolare al sicuro nella borsa. E così avevo messo da parte le chiacchiere di lavoro. Avevo la sensazione che adesso potessimo concentrarci sul personale. “Perché non mi racconti della tua relazione più seria?” “Ok…” Bevve un sorso di sidro e io raccolsi il cibo per mescolare subito la grigliata con l’insalata mentre aspettavo la risposta. “Al college sono uscito con una ragazza. È stata il mio primo vero amore.”

“Va’ avanti,” dissi, chiedendomi se anche lei fosse stata innamorata di lui (figurati) e cosa li avesse fatti rompere. “Siamo usciti per qualche anno.” Fissò la bevanda e mi accorsi che era smarrito nei ricordi. Il dolore nei suoi occhi mi disse più delle sue parole, e stetti male per lui. “Non si fidava di me. Non per qualche mia azione, ma perché aveva dei problemi di fiducia. I suoi genitori avevano un pessimo rapporto e il padre se n’era andato quando era piccola. Ma non c’è mai stato nulla che abbia potuto fare per dimostrarle che meritavo fiducia.” “È dura. In una situazione del genere perdono tutti.” “Esatto.” Incrociò il mio sguardo. “Non so dirti quanto ho sofferto nel sapere che, a prescindere dalle mie azioni, non avrebbe mai avuto fiducia in me. Alla fine ci siamo allontanati.” “Mi dispiace.” Non sapevo che altro dire. Non era mia intenzione far riaffiorare ricordi dolorosi. “Non ti preoccupare. Sono contento di parlartene.” Mi sorrise, ma gli occhi rimasero un po’ tristi. “Da allora non sono più uscito con nessuno di speciale. Non sul serio. Fino a ora.” Mi si mozzò il fiato quando i suoi occhi scuri catturarono i miei. “Io?” Annuì e il cuore mi sfarfallò nel petto. “Tu.” “Be’, sì, sono un’ottima socia negli affari.” Cercai di scacciare ciò che stava dicendo. “È solo uno dei miei tanti pregi…” “Penso che insieme faremo affari. Ma se mi dicessi di non voler lavorare più con me, ciò non cambierebbe quello che provo per te, Missy. Sei diversa da qualsiasi donna abbia mai conosciuto. Mi hanno detto che so essere uno stacanovista.” “Non ci credo,” dissi con sarcasmo. “Sì.” Parlava con dolcezza, distruggendo ogni mia obiezione. “Non so come sia successo, ma la verità è che tu sei più importante per me. Più di quanto tu sappia.”

Il cuore mi saltò un battito. “Non so che dire.” “Non devi dire niente.” Le labbra gli si curvarono appena agli angoli e i suoi occhi si posarono caldi sui miei. “Mi serve del tempo per digerire quello che hai detto,” dissi, pensando che le cose stavano correndo. Non volevo che rallentassero, ma avevo le emozioni a mille e dovevo rifletterci bene. La sincerità era bella, ma le sue parole mi facevano sentire troppo calda e troppo felice… ero sopraffatta. “Prenditi il tempo che ti serve. Anch’io penso molto a noi.” Riempì il bicchiere suo e il mio e io mangiai ancora un po’ di misto insalata con grigliata e buttai tutto giù con un bicchiere di sidro frizzante. “Stare con te è meraviglioso.” “Per me è lo stesso. Per quanto riguarda gli affari…” Gli rivolsi un sorriso entusiasta. Mi sollevò un sopracciglio. “Ti ascolto.” Lo osservai accomodarsi, piantare i piedi sulla coperta e sollevare le ginocchia. Si avvolse morbidamente le braccia attorno alle gambe e mi osservò come se fossi l’unica persona al mondo, il che non fece che scaldarmi ulteriormente. “Mi piacerebbe proporre una partnership relativa alla linea di abbigliamento sportivo esclusivo che comprenda me, te e Claire.” Sorrisi alla sorpresa nei suoi occhi. “Lei ha fatto i disegni e le alterazioni ai tuoi progetti, con la mia guida. Ma il lavoro è basato sulla tua linea originale.” “Sei una notevole imprenditrice,” disse. “Grazie.” Annuii. “Apprezzo che tu sia così aperto con me, Nick. Non sono abituata a tanta onestà e schiettezza, ed è bello. Tanto bello. E mi piaci anche tu. Mi piaci molto, Nick.” “Sono un uomo fortunato.” Si mise in ginocchio, si sporse su di me mentre io spostavo il piede e mi prese il volto tra le mani. Le sue calde labbra incontrarono le mie e l’ultima preoccupazione che c’era in me si sciolse. Eravamo solo noi due al fiume, e nient’altro aveva importanza.

Capitolo dodici

“Il panorama è incredibile,” dissi guardando il luccichio delle luci del centro dalla terrazza del ventesimo piano dell’hotel Geoffries il venerdì sera. Quando un mese prima avevo salvato il cagnolino lo zio del bambino, Evan White, aveva preso il mio biglietto da visita. Evan mi aveva contattata la settimana precedente con un invito all’elegante festa di compleanno della sorella, e come partner io avevo portato Nick. Mi girai per guardare dietro di me Nick, bellissimo nel completo nero con cravatta rossa. “Che ne pensi del panorama, Nick?” “Incredibile.” Mi lanciò un sorriso che mi fece sfarfallare la pancia. “Chi avrebbe mai pensato che salvare un cucciolo al nostro primo incontro ci avrebbe portati qui?” “Bella svolta, eh?” dissi lisciando la gonna del brillante abito da sera nero senza spalline. “È sempre bello uscire con te.” Nick mi si avvicinò, con gli occhi che si corrugavano agli angoli. “Ah, abbiamo in programma una conferenza stampa per il lancio della nuova linea a una settimana da lunedì. Ci saranno tutti i media di Sacramento. Ho chiesto al mio assistente di inviarti le informazioni. Sono elettrizzato di essere tuo socio in Elegante & In forma.” Mi danzarono i brividi su per la schiena. “Sono elettrizzata anch’io.” “Ma, affari a parte, devo dirti che…” “Sono felice che ce l’abbiate fatta,” si fece sentire una voce maschile dietro di me. Mi voltai e mi portai una mano al petto, toccando la pelle nuda delle clavicole, calda nella serata estiva. “Oh, ciao, Evan. Festa adorabile. Grazie ancora dell’invito.” “Era il minimo che potessi fare per la salvatrice di Muffy.” Mi diede un casto bacio sulla guancia e poi si presentò a Nick. “Piacere di conoscerti, Nick,” disse.

“Piacere mio.” Nick strinse la mano di Evan e poi guardò la terrazza smisuratamente adorna di un originale tema aeronautico. “Di che ti occupi, Evan? Aviazione?” “No, quella è mia sorella.” Evan fece una bella risatina spontanea. “È una pilota di linea commerciale. Io sono nel campo immobiliare.” “Ah. Scelta molto lucrativa.” Il semplice commento di Nick gli fece guadagnare una pacca sulla spalla dall’altro uomo. “Non posso lamentarmi. Dicono che in amore e in affari, quando si sa, si sa.” “E chi lo dice?” chiese Nick massaggiandosi la nuca e lanciandomi un’occhiata con un sorriso agli angoli delle labbra. “In realtà, lo dico io,” disse Evan ridendo. “Citazione originale.” “In amore e in affari, quando si sa, si sa. Mi piace questo detto,” dissi rivolgendo a Nick uno sguardo significativo prima di tornare a rivolgermi al nostro ospite. “Allora, sei stato altrettanto fortunato in amore?” “Non ancora,” disse Evan, e gli si formò una ruga tra le sopracciglia che mi fece venir voglia di chiedermi se una fidanzata ata non gli avesse spezzato il cuore. Nel caso, lo capivo. Anche se adesso il mio cuore era guarito benissimo e non riuscivo a immaginare di stare con qualcuno che non fosse Nick. Stavamo bene insieme… come la nostra nuova linea di abbigliamento sportivo. Dopo una lunga pausa, Evan si schiarì la gola. “Volevo proprio ringraziarti di persona per aver salvato Muffy.” “Muffy, eh?” chiese Nick. Evan fece spallucce. “Ti avverto, la scelta non è mia.” “Io penso che sia un nome carino,” dissi. “Mio nipote Wyatt è un bravo bambino. Se ne è uscito lui col nome, ovviamente. Grazie a te, Missy, il cucciolotto sta meglio che mai.” “Sono contenta di essermi trovata al posto giusto al momento giusto,” dissi con un’occhiata a Nick. “In effetti è stato così che ho conosciuto Nick. Quindi in

realtà dovrei ringraziare io Wyatt di aver perso il cane, la prossima volta che lo vedo.” “Ah sì?” Evan sollevò le sopracciglia. “A vedervi stasera, avrei pensato che foste insieme da anni.” “A volte sembra così,” disse Nick, e il suo sguardo si incollò al mio, facendomi accelerare il cuore. Poi guardò alle mie spalle. “Pare che tu sia richiesto, Evan.” Evan si voltò in direzione della donna, che aveva lineamenti simili ai suoi – probabilmente la sorella – e che gli faceva cenno di raggiungerla. “Vi prego di scusarmi,” disse. “Divertitevi.” “Grazie,” dissi guardandolo allontanarsi prima di voltarmi verso Nick. “Entriamo a vedere il resto delle belle decorazioni a tema? Ho saputo che hanno portato una scultura di ghiaccio.” “Una scultura di ghiaccio? Questa devo proprio vederla.” Mi prese la mano ed entrammo insieme, lasciando la calda aria del terrazzo per mettere piede nella stanza tutta aria condizionata. Contro alla parete di fondo era stato allestito un palco con una cover band che suonava Firework di Katy Perry. C’erano molti ospiti che ballavano, e non potei che chiedermi se poi ci sarebbero stati i fuochi artificiali, visto il titolo della canzone. Con i soldi spesi per la festa, non ne dubitavo. Nick sollevò il mento in direzione del palco di legno. “Guarda un po’ i completi della band.” “Eh?” Guardai e vidi che il cantante era vestito come un pilota e il resto del gruppo come assistenti di volo. Allacciai le mani. “Meraviglioso. Unico.” “Ecco la scultura di ghiaccio.” Indicò il tavolo del buffet, dove c’era una scultura di ghiaccio gigantesca dalla forma di aereo su un piedistallo di cristallo con una tovaglia bianca. “Si è dato proprio da fare per la sorella.” “Ho sentito dire che è l’unica sua parente,” dissi indicando l’alto piedistallo di marmo accanto alla scultura. “Cos’è quella palla d’oro?” “Scopriamolo.” Mi tenne la mano mentre ci avviavamo verso il piedistallo. “Sembra… la Terra.” “Davvero bellissima.” Esaminai il globo platinato d’oro, circondato da un filo

dorato con un aereo in volo su di esso. Sull’aereo c’era scritto “Buon compleanno, Melinda.” “Chiaramente personalizzato,” disse con un cenno educato a un’altra coppia che ci raggiunse per ammirare l’opera. Poi andammo a un’altra opera costituita da un astuccio di vetro contenente una tenuta da pilota di aerei dall’aria antica. La placca in bronzo diceva Antica uniforme da pilota. “Mi chiedo dove l’abbiano trovata,” disse. Feci spallucce. “Collezione privata, probabilmente. Molto dolce.” Nick annuì voltandosi verso di me. “Se mai dessi una festa in tuo onore, come farò a raggiungere tali livelli?” “Vorrei che la mia scultura di ghiaccio indossasse una mise di Elegante & In forma, per piacere,” dissi con una risata. “Prendo nota,” sussurrò, e il suo fiato mi solleticò la pelle dietro all’orecchio. Poi mi sfiorò con le labbra la pelle per un dolce bacio. “Ti va di ballare?” “Sì, con molto piacere,” dissi con i brividi che mi schizzavano per la pelle. Non riuscivo a credere che effetto avesse su di me Nick. Non avevo mai avuto prima una connessione come quella con qualcuno, e mi sentivo fortunatissima. Grazie a Dio per Muffy. La band cominciò la seguente canzone veloce, California Girls di Katy Perry, che presumevo essere la cantante preferita di Melinda. Nick mi trasse a sé e cominciammo ad agitarci. “Non è un lento,” sussurrai. Mi rivolse un sorriso. “Qualsiasi canzone può essere un lento, se ti piace davvero con chi balli.” Sollevai le sopracciglia. “Allora sono contenta che balliamo un lento.” “Anch’io.” I suoi occhi scrutarono i miei e mi chiesi che cosa stesse pensando. “Devo confessarti una cosa, Missy… La maggior parte della mia vita è stata concentrata sul lavoro, mettermi ai primi posti e rimanerci. Ma quando sono con te tutto ciò svanisce.”

Mi sfarfallò lo stomaco. “Il tuo segreto è al sicuro con me.” Sollevò gli angoli della bocca. “Perfetto.” “Se non ti ci fossero voluti tre tentativi per piegare i vestiti, direi che sei perfetto,” dissi osservando il colore nei suoi occhi intensificarsi. “Invece dirò solo che sei perfetto per me.” Mi tenne un pochino più stretta. “Siamo perfetti l’uno per l’altra.” Sollevai le ciglia quando lui si chinò per premere le labbra sulle mie, dandomi la sensazione che la mia vita fosse sempre stata priva di una cosa ormai trovata. Quando si scostò, mi uscì un sospiro soddisfatto. “Se avessi una macchina fotografica, catturerei questo momento per ricordarlo per sempre.” “Ti viene in aiuto l’era digitale,” disse lui estraendo un cellulare dalla tasca. Poi sollevò il telefono davanti a noi, mise la guancia contro alla mia e sorridemmo per un rapido selfie. Il mio sorriso conteneva tutto ciò che provavo: quanto mi divertissi con Nick, la facilità e la naturalezza che sentivano tra noi, e l’amore completo che sentivo per lui. Per la prima volta, avevo fiducia che fosse tutto vero e che saremmo diventati una coppia a lungo termine. Magari persino per sempre. Abbassò il telefono e mi mostrò l’adorabile foto. “Considera il momento commemorato,” disse. Mi si scaldò il cuore. “Mandamela.” “Proprio quello che stavo per fare,” disse con un sorriso sulle labbra mentre premeva i polpastrelli contro al telefono. Fissai lo schermo vedendo il messaggio per me sparire con un allegro zeeoop. Stavo per staccare gli occhi dallo schermo quando apparve la foto di una bionda di nome Kennedy Sinclair insieme a un messaggio: Ieri sera ho lasciato la giacca da te. Posso are a prenderla? Il cuore mi sprofondò nello stomaco e mi esplose un allarme nella testa. Sbattei le palpebre, fissando la bellissima bionda, che apparentemente l’altra sera era stata da Nick. Io e lui non avevamo mai detto a voce che eravamo una coppia perché pareva evidentissimo che fossimo fatti l’uno per l’altra. Spiriti affini. Possibile che vedesse un’altra? Ovvio. Per quale altra ragione una donna avrebbe dovuto presentarsi a casa sua di sera senza che lui me lo accennasse? Mi si

annodò lo stomaco e mi sentii come quando il mio ex mi aveva tradita, solo peggio. A essere sincera, col mio ex c’era sempre stato qualcosa di strano, ma con Nick? I sentimenti che provavo per lui parevano radicati nelle profondità del mio cuore e della mia anima. Avevo pensato che fosse perfetto per me. Eravamo perfetti l’uno per l’altra… Le sue parole di prima mi echeggiavano nella testa, tormentandomi. Mi bruciavano gli occhi e mi si intorpidì il volto. Ricordai di aver seguito una lezione di zumba con Kennedy alla Totalmente in forma. Perché non mi aveva mai accennato che era stata a casa sua? Nick ovviamente la vedeva romanticamente, il che significava che mi tradiva. Di nuovo. Una feroce pugnalata mi penetrò nel cuore. Lo sapevo che non avrei dovuto farmi una relazione. Ma perché non avevo seguito il mio consiglio? Fu questo l’ultimo mio pensiero mentre la mia felicità si sgretolava in tanti pezzetti.

Camminavo avanti e indietro davanti allo specchio a figura intera della toilette delle donne. Il tappeto blu navy e oro che avevo sotto ai piedi soffocava il ticchettio delle scarpe. Mi fermai prima di consumare il tappeto e mi voltai verso lo specchio. Battendo via le lacrime che minacciavano di sgorgare, feci dei respiri profondi incapace di credere alla mia sfortuna. Kennedy aveva lasciato la giacca da Nick l’altra sera? Con entrambe le mani mi aggiustai il corpetto dell’abito da sera nero senza spalline. Come avevo permesso che riaccadesse? C’era qualcosa di sbagliato in me? Ma perché ogni ragazzo aveva bisogno di tradire? Una donna non era sufficiente? Incrociai il mio sguardo allo specchio, accorgendomi delle lacrime negli occhi e della stretta alla gola. Farmi spezzare il cuore per la seconda volta in maniera così grandiosa non pareva possibile. I riccioli neri mi scendevano alla perfezione attorno al viso e il trucco era impeccabile. Con una singola unghia rosa perfetta, mi toccai la tempia e mi levai un ricciolino dalla faccia. Almeno non avevo l’aspetto di una distrutta. Era già qualcosa. “Adoro il suo vestito,” disse una donna facendomi un sorriso. “Grazie.” Le rivolsi un sorrisone che non sentivo mentre varcava la soglia. Emisi un lungo sospiro, sapendo di dover affrontare Nick. Non potevo nascondermi nella toilette per sempre (purtroppo). Insomma, ero lì già da venti minuti. Cosa doveva pensare di me adesso? Ma non sapevo cosa dirgli. Cosa doveva esser detto dopo la scoperta che una donna era segretamene stata a casa sua l’altra sera? Be’, dovevo almeno dirgli che tra noi era finita. Io non sarei stata – non potevo essere – l’altra donna. Facendo una faccia coraggiosa, uscii dalla toilette e trovai Nick appena fuori, come se stesse per entrare, e finii col sbattergli contro al petto con un ooh. “Scusa, pensavo che fossi ancora dalla band,” dissi accorgendomi dello sguardo preoccupato che aveva negli incredibili occhi nocciola. “Sono venuto a cercarti. Stai bene?” chiese.

Uhm, no. “Sì, sto bene,” mentii. “Sembravi turbata quando sei scappata così. Qualsiasi cosa stia succedendo, sono qui per te.” Mi mise entrambe le mani sulle spalle e chinò il capo per guardarmi negli occhi. Io mi voltai per non sopportare quello sguardo fisso. Guardandolo negli occhi rischiavo di perdere la determinazione con cui dirgli che era finita. Feci un respiro profondo, dissi, “Nick, è finita.” “Cosa, è finita?” Non sembrava né turbato né arrabbiato, solo sconvolto. Gli caddero anche le mani dalle mie spalle. “Tra di noi. Sto rompendo con te. Mi dispiace,” dissi, anche se non dovevo essere io la dispiaciuta. Dopotutto, non ero io a vedere qualcun altro. Il cuore mi doleva e sbattevo le palpebre per scacciare le lacrime. Non avrei pianto in pubblico. Potevo piangere a casa, ma al momento dovevo essere forte. “Che succede, Missy? Ho fatto qualcosa?” La voce gli si levò un pochino di tono e incrociai il suo sguardo. Ora o mai più. Dovevo essere sincera. Per il mio bene, almeno. “Non mi piace che mi nascondi le cose,” dissi, perché non mi piaceva non dirgli la verità. Volevo parlare dei miei timori, ma non volevo nemmeno sentire scuse o storielle. Ne avevo sentite abbastanza quando Kyle era scappato con la damigella d’onore. “Cos’è che ti ho nascosto?” chiese, apparentemente a disagio, ma anche incredulo mentre spostava il peso e mi prendeva per il braccio per allontanarmi delicatamente dal flusso di gente. “Non ha importanza,” dissi, dato che era un modo elegante di eludere la domanda. Il cuore mi si spezzava nel petto e trattenni il dolore guardando qualsiasi cosa tranne lui. “Ciò che ha importanza è che tra noi è finita. Fine.” Vacillò di un o indietro. “Missy, ero sincero quando ho detto che insieme siamo perfetti.” “Anch’io,” dissi, e una coltellata mi penetrò il cuore. Era peggio del previsto,

peggio che con Kyle. Almeno Kyle era stato sincero quando lo avevo affrontato. “E allora da dove è uscita questa roba?” Si ò una mano tra i capelli e poi la agitò in direzione della festa. Il ritmo della musica picchiava e il chiasso della gente che parlava, rideva ed era felice mi riempiva le orecchie. “Eravamo felici e ci divertivamo un attimo fa. Era tutto perfetto. Cos’è successo?” “Dimmelo tu.” Levai lo sguardo su di lui incrociando le braccia. “Perché ieri sera Kennedy Sinclair era a casa tua? Ho visto il messaggio, diceva di aver lasciato la giacca da te.” “Si tratta di questo?” chiese, col sollievo che gli inondava i lineamenti. “Conosco Kennedy. È l’istruttrice di zumba della Totalmente in forma. Ho seguito una sua lezione.” “Ok…” “I capi non fanno venire a casa i dipendenti, soprattutto di sera,” dissi puntualizzando l’ovvio. Una donna ò in direzione della toilette delle donne. Lanciò un’occhiata sospetta a Nick dopo aver origliato ciò che avevo detto. Che imbarazzo. Quando la porta si chiuse dietro di lei, chiesi a Nick direttamente, “E allora perché era a casa tua?” Gli ò un tic nervoso sopra all’occhio destro. “Questo non te lo posso dire.” “Perché no? Mi nascondi le cose.” Strinse le labbra in una riga sottile. “C’è una ragione, ma non posso dirti qual è, Missy. Giuro che non sono interessato a Kennedy in quel senso, però. È una mia dipendente. Niente di più.” Esattamente quello che direbbe un traditore, no? “Quindi Kennedy sa qual è questa ragione e io no? E perché, se non ci fosse qualcosa tra voi due?” Gli crollarono le sopracciglia. “Devi solo fidarti che ho una buona ragione.” Volevo fidarmi di lui, davvero. Ma c’erano tutti i segnali di infedeltà. E il pensiero che lui si fidasse di Kennedy e non di me bruciava. Mi si inumidirono gli occhi e mi arrovellavo alla ricerca di una ragione valida per cui una donna

andasse a casa del capo. Non mi venne in mente nulla. “Mi hai detto una cosa del genere all’opera per tranquillizzarmi,” dissi ricordando il primo appuntamento chiaramente come fosse stato il giorno prima. “Hai detto che i veri uomini non tradiscono, ma eccoti qui a vedere di nascosto Kennedy.” Scosse la testa. “Devi per forza etichettarmi come il cattivo, eh?” “Ah sì? Vedila dal mio punto di vista.” Battei gli occhi per trattenere le lacrime e mi tamburellai col dito sulla guancia. “Ci siamo conosciuti e hai pensato che potessi aiutarti con gli affari. Volevi che ti fi da modella dopo che avevo smesso e mi ero lasciata quella vita alle spalle. Adesso viene fuori che tu e Kennedy avete un rapporto molto intimo e che lei mantiene i tuoi segreti. Siete più intimi di quanto dovrebbero essere un capo e la sua dipendente, secondo me.” Pareva pronto a perdere le staffe, ma io non avevo finito. “Missy, io…” “Quindi, dal mio punto di vista, pare che io sia stata una brillante opportunità imprenditoriale, mentre tu ti sei tenuto da parte la donna a cui eri davvero interessato.” Mi si gonfiò in gola un nodo acuminato, che strozzò dolorosamente le mie ultime parole. Odiavo ammetterlo, ma lo scenario aveva senso. “È questo che pensi di me?” chiese, suonando per la prima volta arrabbiato. Non avevo mai sentito Nick turbato con me, e la sensazione era snervante – non snervante quanto la delusione, però. “Non puoi semplicemente fidarti di me? Non sono Kyle. Non sono il tuo spregevole ex traditore.” Il cuore mi urlava di fidarmi, ma la testa sussurrava che c’erano evidenti segnali di tradimento. Non era disposto a darmi una ragione valida per la presenza di Kennedy a casa sua, anche se affermava di averne una. “Lo sai di tradirmi. Altrimenti perché non giustificare la sua presenza a casa tua?” “E perché dovrei dirti la ragione quando non ho fatto niente di male? Non sono stato io a ferirti, e non dovrei pagare io gli errori di un idiota.” Wow. Non ci arrivava proprio, eh? “Ma mi sei stato a sentire?” “Sì, ma adesso ho finito.” Scosse il capo ed emise una risatina abbattuta.

“Andiamo. Ti porto a casa.” Mi si rivoltò lo stomaco. “No, grazie. Preferisco prendere un taxi.” E con un’ultima occhiata a Nick, mi incamminai con calma ma a grandi i, senza mai girarmi e senza fargli sapere che mi aveva spezzato il cuore.

Capitolo tredici

Il lunedì seguente speravo che il caffè mattutino mi schiarisse le idee dopo una notte di sonno terribile e che mi aiutasse a capacitarmi della perdita di Nick. Senza Nick, ero stata tristissima nei precedenti nove giorni. Non aveva chiamato, e nemmeno scritto dei messaggi. Non che dovesse. Insomma, ero stata piuttosto chiara. Ma per una qualche ragione la cosa mi turbava ancora. Avevo ripercorso nella mente tutta la serata di venerdì un migliaio di volte, confermandomi di aver preso la decisione giusta. E allora perché sembrava tutto così sbagliato? Camminavo un po’ più veloce, e le scarpe rosa ticchettavano sull’asfalto. L’aria del mattino mi sussurrava tra i capelli e feci un bel respiro, come se potesse essermi utile contro al dolore che al momento mi schiacciava il petto. L’analisi era semplice: gli avevo detto di non apprezzare che vedesse un’altra a mia insaputa e lui non aveva presentato alcuna spiegazione sul perché fosse andata da lui quella sera. Perciò me n’ero andata. Insomma, quale donna sana di mente sarebbe rimasta a prenderle ancora? Spogliare l’analisi fino alle mere parole mi aiutava a gestire la ricaduta emotiva, la disgregazione dell’animo dovuta a un nuovo tradimento, l’insicurezza, la tristezza, perché fino a prima di quello stupido messaggio era sembrato tutto perfetto. “Ma hai dormito?” chiese Courtney con un’occhiata preoccupata quando mi avvicinai al chiosco. “Hai delle borse enormi sotto agli occhi. Scusa se te lo faccio notare.” “Non ho dormito abbastanza,” dissi lì accanto mentre lei serviva un altro cliente. Come al solito aveva un capannello di gente in coda ma io rimasi, consapevolissima che il suo caffè valeva l’attesa. “Oh-oh. È successo qualcosa con Nick?” chiese scrutandomi in volto con occhi preoccupati.

“Cosa te lo fa dire?” Feci spallucce, poco desiderosa di discutere i miei problemi davanti a un’intera fila di sconosciuti dagli occhi intontiti in cerca di una carica caffeica. Non sembrava giusto deprimere qualcuno prima ancora della prima tazza. “Dammi tre minuti,” disse volgendosi a sorridere alla persona due posti avanti a me. Qualche minuto dopo avanzai e ordinai un caffè, nero. “Adesso so che è una cosa seria. Non ordini mai il nero. A te neanche piace il caffè nero. Ti preparo mezzo litro di latte scremato con una dose di vaniglia senza zucchero più spruzzata di cannella, mentre tu mi racconti cos’è successo.” “Non… non ha funzionato,” dissi col desiderio di tornare a letto ad accoccolarmi sotto alle coperte per piangere nel cuscino. Ma a breve dovevo essere al lavoro. “E perché? Cos’è successo?” chiese macinando i chicchi. “Non per usare un cliché, ma sembravate perfetti l’uno per l’altra.” “Si tratta di un messaggio. Di una donna. Penso che veda un’altra.” Sbuffò. “Oh, aspetta. Ma sei seria?” “Purtroppo sì.” Annuii mentre lei esitava fissandomi e dimenticando il latte fumante sotto alla bacchetta. “Vorrei non esserlo, ma hai capito bene.” “Cos’ha fatto per fartelo pensare?” chiese aggiungendo latte al caffè nella tazza d’asporto e poi versandoci sopra la schiuma. “Ho visto il messaggio di una donna,” dissi, con l’improvvisa sensazione che fosse stato proprio colto in flagrante. “Diceva di aver dimenticato la giacca a casa sua.” Afferrò un piccolo contenitore per spezie e aggiunse una spruzzata di cannella in cima e poi mi mise la tazza in mano. “Oggi offre la casa.” “Oh, no. Il tuo caffè vale i soldi.” Le porsi il denaro. “Aspetta un attimo.” Courtney prese l’ordine della persona seguente e poi mise

insieme un’altra tazza d’asporto. “Allora hai controllato i messaggi di Nick?” “Oh, no. Non lo farei mai,” dissi pensando che controllare i messaggi di un ragazzo vorrebbe chiaramente dire di non fidarsi di lui. Ma io di Nick mi ero fidata, il che era una delle ragioni per cui la rottura non mi sembrava giusta. “Abbiamo fatto un selfie ed è saltato fuori un messaggio mentre guardavo la foto.” “Oh, fiuu. Stavo per dire, ragazza mia, che hai problemi più grossi della fiducia in lui, se gli controlli il telefono.” Rise e poi porse alla donna seguente il caffè con un sorriso. Per fortuna c’era calma, quindi rimanemmo solo noi due. “Missy, odio essere io a dirtelo. Ma devi mettercela tutta con Nick.” “Che vuoi dire? Ce l’ho messa tutta.” “No, dico proprio tutta,” disse sollevandomi un sopracciglio. “Ti ha mai dato ragione di dubitare di lui?” “Be’, non fino al messaggio. Ma…” “È un bravo ragazzo, Missy. Fidati di me, lo sai che imbranati vedo are per di qua ogni giorno.” Mi mise una mano sull’avambraccio. “Chiaramente provi qualcosa per lui, e vedo bene che lui prova lo stesso per te. Non penso che tu abbia paura che veda un’altra: penso che tu abbia paura perché in ato sei rimasta ferita.” “Non lo so,” dissi prendendo in considerazione quello che diceva. Non volevo assolutamente soffrire ancora. “Ma il messaggio lo metteva in una luce cattivissima.” “Gli hai dato la possibilità di spiegarsi?” chiese avanzando verso il banco per prendere un altro paio di ordini. “Sì, ma si è rifiutato.” “Perché?” Feci spallucce. “Ha detto di avere le sue ragioni e che io avrei dovuto fidarmi di lui. Ma non è una cosa che direbbe un traditore?”

“Dimmelo tu. Il tuo ex ha detto questo?” “Be’, no. Lui ha negato le volte in cui ho avuto i miei sospetti e poi ha ammesso la cosa quando è stato beccato.” “Senti,” disse prendendo un nuovo ordine e sorridendo all’uomo prima che la macchinetta dell’espresso ricominciasse a ronzare. “Nick non è Kyle. Non è un traditore. Lo sai tu e lo so io. Qualsiasi cosa sia quel messaggio, sono sicura che c’è una spiegazione razionale. Dagli la possibilità di dirti qual è. Guarda che triste che sei.” “Forse sono triste perché abbiamo rotto,” dissi cominciando a capire che poteva non essere tanto vero. “O forse sei triste perché lo ami e sai che lo stai respingendo.” Battei gli occhi. “L’ho respinto?” “Dimmelo tu,” disse con una lunga e dolce occhiata. Ci fu una lunga pausa silenziosa, e mi si raccolsero le lacrime agli occhi. “Ho inventato una scusa per respingere Nick? Ho avuto così tanta paura di essere ferita ancora?” “A questo puoi rispondere solo tu,” disse. Una singola lacrima bollente mi scivolò giù per la guancia e mi si sollevò un peso dalle spalle. “N-non me n’ero accorta, ma forse hai ragione.” “Ti è difficile abbassare la guardia. Credimi, lo so. Divorziata da cinque anni e ancora non sono uscita con nessuno. Sei più coraggiosa di quanto credi.” “Oh, Courtney…” Mi portai un palmo alla fronte capendo che aveva assolutamente, totalmente ragione. “Grazie di avermelo fatto notare. Ho la sensazione di aver combinato un disastro.” “Datti tregua. L’amore sa essere complicato. Ma ne può anche valere la pena. L’ho visto accadere con i miei occhi. E anche tu. Pensa alle amiche che conosci che sono felici delle loro relazioni. È stata tutta discesa per loro?”

Mi figurai la mia buona amica Claire con l’amore della sua vita, Alex. L’aveva aspettato letteralmente una decina d’anni e adesso erano felicissimi. “Cosa dovrei fare, Courtney?” “Devi andarti a prendere il tuo uomo.” Lo stomaco prese a ribollirmi di timori quando mi accorsi che aveva ragione. “E se non mi rivolesse?” “Sei un’imprenditrice intelligente. Sono sicura che ti sai prendere ciò che vuoi.” E ciò che volevo era Nick. La ringraziai e le diedi un rapido abbraccio. Poi, caffè in mano e testa alta, mi diressi all’Elegante ritardo.

Capitolo quattordici

Qualche minuto dopo arrivai alla mia boutique esclusiva e ci vidi Michelle fuori dalla porta in mia attesa. “Sei in ritardo,” disse. “Come pensi che mi sia venuto in mente il nome del negozio?” scherzai indicando l’insegna dell’Elegante ritardo. “Grazie dell’aiuto che mi hai offerto per il riallestimento in vista della conferenza stampa.” “Prego. Ma in cambio devi dirmi che ti sta succedendo. Ultimamente sei silenziosa,” disse aprendo la porta. Non le avevo detto niente di Nick, più che altro perché mi sentivo in colpa a strapparla alla scrittura dato che finalmente sembrava ispirata. “Sputa il rospo.” “Prima entriamo,” dissi entrando nel negozio e trovando Lisa con una cliente. “Ok, siamo entrate.” Michelle si chiuse la porta alle spalle. “Che succede?” Sospirai ficcandomi una ciocca di capelli dietro all’orecchio. “Non volevo disturbarti con i miei problemi dato che eri molto occupata a scrivere. Sapevo che avevi il blocco della scrittrice e…” “Ssh! Non si dicono queste tre parole ad alta voce. Porta sfortuna,” disse sollevando le braccia e indietreggiando come tentando di allontanare un invisibile nemico della scrittura. “Ok,” dissi trattenendo una risata. “Non volevo tormentarti mentre avevi… problemi nel trovare le parole giuste per il libro…?” Corrugò le labbra fino al naso e annuì. “Sei migliorata. Va’ avanti.” Emanai un sospiro di sollievo. “Nell’ultima settimana le parole fluivano e non volevo spezzare il ritmo con la brutta notizia. Come va la scrittura?” “Meravigliosamente. La musa è ispirata, grazie a te.”

“A me?” Annuì. “La tua storia d’amore con Nick mi ha ispirata a scrivere una moderna fiaba d’amore,” disse sorridendo. “Le parole non sono mai uscite così velocemente e con tale facilità. Quindi grazie a entrambi per la vostra connessione e ispirazione.” “Io e Nick lo scorso finesettimana ci siamo lasciati,” dissi di getto andando allo stender che dovevo spostare e cominciando a liberarlo dai vestiti. Lei trasalì, spostandosi sull’altro lato per aiutarmi. “Oh, no! Questa dev’essere la settimana delle rotture, perché si sono lasciati anche Krista e Lance.” “Il pompiere che lavora con il ragazzo di Lucy?” chiesi. “Sì, apparentemente non avevano nulla in comune. Peccato, perché pareva carino. Ma non si possono forzare le cose. Tra te e Nick cos’è successo?” “Non è una bella storia,” dissi spostando una manciata di abiti su uno stender temporaneo che avevo portato la sera precedente come aiuto per quella mattina. “Venerdì sera io e lui siamo andati a una festa privata tenuta dallo zio del bambino di cui ho salvato il cucciolo.” “Zio. Bambino. Cucciolo. Festa. Capito. Va’ avanti,” disse spostando una serie di camicette sullo stender temporaneo. “Ci stavamo divertendo da matti e sembrava andare tutto bene. Però poi ha scattato un selfie di noi due e mentre lo guardavamo ha ricevuto un messaggio da una donna che diceva di aver lasciato la giacca a casa sua.” “Oh, no.” Michelle si fermò, sconvolta. “Non me l’aspettavo.” “Nemmeno io,” le assicurai. D’un tratto fece schioccare le dita e mi rivolse uno sguardo speranzoso. “Colpo di scena: era sua sorella che è venuta a trovarlo.” Scossi il capo. “È una sua dipendente alla Totalmente in forma. Una bellissima e bionda istruttrice di zumba.” Sollevai le spalle mentre piazzava una manciata di abiti sul secondo stender. Insieme, lo sollevammo per spostarlo nella sua nuova

casa, contro alla parete. Arricciò il naso. “Non fa presagire nulla di buono.” “Courtney dice che devo fidarmi di lui perché non mi ha mai dato ragione di non fidarmi di lui.” “Ha senso. Insomma, a parte quella a casa sua,” disse Michelle sollevando le sopracciglia. “Ma se non ci sono mai stati segnali d’allarme e lui è una brava persona, dev’esserci una spiegazione. Magari sono buoni amici?” “E allora perché non lo dice e basta?” “Giusto. Come ha spiegato la cosa? Gliel’hai chiesto?” “Ha detto di non potermelo dire adesso.” Tirai lo stender per cominciare a riappenderci i vestiti. Michelle accorse ad aiutare, dividendo la catasta e appendendo i capi. “Ha detto che non era come sembrava. Io ero sorpresissima dalla foto sullo schermo e dal fatto che avesse lasciato la giacca lì e che lui non avesse mai accennato al fatto che fosse stata da lui né che fossero amici. Sono andata nel panico. Non sono riuscita a sentire ragioni, hai presente?” Annuì. “Sì, capisco.” Sospirai. “Courtney pensa anche che dovrei ‘mettercela tutta’, come ha detto lei. Non crede che mi sia aperta sinceramente con lui e forse ha ragione.” ammo allo stender successivo. Stavolta rimuovemmo gli abiti piegati per sistemarli ordinatamente in uno scatolone. Ero grata dell’aiuto e della compagnia di Michelle. “Grazie di essere qui.” “Ma figurati, Missy. Mi piace proprio il suo consiglio di mettercela tutta.” Posò una delle magliette piegate cercando di lisciarla. Il movimento mi ricordò Nick che piegava le cose, il che mi inviò un dolore sordo al cuore. “Allora è per questo che me ne sono stata zitta tutta la settimana. E tu? Come te la cavi?” “Lo sai cosa mi è appena venuto in mente? Prima di questa settimana non ce l’avevo ‘messa tutta’ nella scrittura.”

“Che vuoi dire?” chiesi. “Be’…” Esitò, spiegando e ripiegando la maglietta mentre io aggiungevo un’altra pila piegata ordinatamente allo scatolone. “Provavo a scrivere una storia secondo me vendibile.” “Ed è un problema?” chiesi, non capendo. Io dovevo comprare cose che ritenevo vendibili. “Sono affari.” “Vero.” Annuì mettendo da parte una maglia. “Ma non è così che funziona la mia musa. Una volta concentratami su una storia che veniva dal cuore, le parole sono uscite. Ci farò dei soldi? Chi lo sa? Le persone come me non vengono definite artisti da fame per niente.” Le rivolsi un sorrisino. “Io adoro la tua scrittura e non vedo l’ora di leggere il tuo libro.” Fece spallucce. “Scrivere è un salto di fede. Che altri apprezzino la storia che hai nella testa e che hai buttato giù per loro. Ma deve venirmi dal cuore, o non verrà per nulla.” “Hai ragione,” dissi pensando che ogni cosa sarebbe dovuta venire dal cuore, ovviamente. Anche se ordinavo abiti vendibili, mi assicuravo che il mio cuore partecie alla scelta. Dovevo credere pienamente in tutto ciò che riponevo sugli scaffali. “Dovrò dire a Courtney che aveva ragione su tutte e due,” scherzai, e Michelle rise. “Scusa se svio il discorso. Ma è stato un così bel consiglio che dovevo intervenire per applicarlo alla mia vita,” disse sistemando pile di maglie insieme ordinate per colore. “Non ti scusare. Sono davvero orgogliosa di te.” Le porsi un’altra catasta di maglie. Lei le sistemò accanto a quella che aveva preparato alla perfezione. “Orgogliosa di me?” chiese sorpresa. “Perché?” “Hai sofferto, ma non ti sei mai arresa.” Sorrisi, dispiaciuta per lei allo stesso tempo. Faceva del suo meglio senza avere fortuna da parecchio ormai. “Hai capito come scrivere dal cuore e ti ci sei buttata. Ce l’hai messa tutta. Sono orgogliosa di te.”

Annuì. “Devo essere coraggiosa come te.” Lanciai uno sguardo a Michelle mordendomi il labbro inferiore. “Sono innamorata di Nick. Voglio che sia il mio futuro.” La mia amica mi sorrise. “Allora appoggerò il consiglio di Courtney e dirò che devi andare da lui.” Annuii, mordendomi il labbro inferiore e chiedendomi cosa Nick provasse per me adesso. C’era un solo modo di scoprirlo: dovevo mettercela tutta.

Capitolo quindici

Nel primo pomeriggio L’elegante ritardo era un posto completamente diverso. Non solo era decorato diversamente e gremito di persone, ma c’erano giornalisti ovunque. Prima ero andata nella stanza sul retro, quando Kennedy Sinclair della Totalmente in forma era ata per la consegna di un campione di capi dell’Elegante & In forma a Michelle. Kennedy aveva detto a Michelle che Nick aveva fatto disegnare il campione da Claire come sorpresa per me, in modo che alla conferenza stampa potessi mostrare più del solo progetto della linea. Kennedy aveva anche detto a Michelle che quando aveva ricevuto i disegni in consegna espressa dalla mia amica Claire Davenport di Blue Moon Bay, era corsa a portarli a casa di Nick. Così lui avrebbe potuto scegliere un look per il campione e lei portare il disegno alla sarta, dato che la scadenza per la creazione dei capi era stretta. Avevo avuto voglia di sbattere la testa contro alla cassa quando Michelle me l’aveva detto, dato che confermava la buona ragione per cui la dipendente di Nick era stata a casa sua: una sorpresa per me. Tutto ciò che potevo fare a quel punto era affrontare Nick e chiedergli scusa. Cosa sarebbe accaduto dopo stava a lui, ma stavolta io dovevo mettercela tutta. Sollevai il mento, pronta ad affrontare la folla, con l’enorme entusiasmo per l’espansione dell’attività smorzato dall’impossibilità di condividere la gioia con Nick. Avevo i nervi a fior di pelle perché a breve lo avrei visto, però mi concentrai sul discorso imminente. Avanzai, salutando il presentatore della Scena Sociale di Sacramento (tradotto: La tripla S). Poi scorsi Nick, che mi fece cenno di raggiungerlo. Andai ad affrontarlo col cuore che martellava nel petto. “Ciao,” dissi, debolmente, chiedendomi se non dovessi scusarmi adesso o aspettare che avessimo un po’ di privacy. A essere sincera, dopo aver visto quegli occhi nocciola, non sapevo se sarei riuscita ad attendere ancora. “Dobbiamo parlare,” disse lui prima che potessi parlare. Gli occhi nocciola

schizzavano di qua e di là tra i miei e ci vedevo dentro ancora il dolore. “È importante.” “Ok,” dissi. Oh, no. La testa mi offrì tutti gli scenari peggiori. Mi avrebbe detto che non solo non gli importava più di me, ma che non voleva nemmeno lavorare più con me. Non che potessi biasimarlo. “Vuoi parlare, ehm, adesso?” “E un uccellino mi ha detto che c’è Missy Peters,” disse il presentatore della Tripla S tenendosi il microfono davanti al mento. “Missy Peters, per favore vieni qui davanti, la tua festa t’aspetta. E per festa intendo dire il vostro carissimo Frankie Brown, presente al cospetto di voi tutti!” La folla rise ed esultò. “Scusa,” dissi rivolgendo a Nick un sorriso forzato prima di dirigermi al palco. Il dolore nei suoi occhi rimaneva con me però, e cercai di scacciarlo di mente. “Eccola. Finalmente!” disse Frankie porgendomi un mio microfono. “Cosa posso dire?” chiesi al presentatore. “Sono sempre in elegante ritardo.” Rise. “Oh, no. Non è vero.” “Oh, sì. È vero,” dissi rivolgendo al pubblico un sorriso da star e salutando tutti con la mano. “Ehi, Missy,” disse Frankie guardandosi intorno in maniera esagerata. “Credo proprio di aver visto Nick Zambini, il proprietario della Totalmente in forma nonché socio della nuova linea di abbigliamento Elegante & In forma di cui siamo tutti entusiasti. Si è nascosto? Non fatelo scappare dal retro, gente.” “È qui,” dissi sforzandomi in un sorriso vincente, anche se avevo i nervi in delirio. “Nick, meglio che vieni quassù. I fan ti aspettano,” disse Frankie mentre la folla applaudiva e si apriva per un elegantemente vestito Nick. Si affrettò sul palco con un sorriso per il presentatore e per la gente e col dolore che ancora gli echeggiava negli occhi. Il presentatore gli porse un microfono. “Ciao a tutti,” disse Nick guardando il pubblico. “Grazie di essere venuti.

Significa molto per me.” La folla esultò e fischiò, chiaramente innamorata di Nick. Non potevo biasimarli. “E ora iamo agli affari.” Frankie si girò verso di me. “Innanzitutto, Missy, raccontaci com’è essere una top model.” “Be’,” dissi sorridendo alla folla. Vedevo Michelle laggiù e lei mi mostrò i pollici sollevati. Non era l’unica faccia nota, però. Feci l’occhiolino agli altri amici, Lucy e Jake, Hannah e Krista, Abigail e Cooper, e per l’occasione ce l’avevano fatta persino Claire e Alex. “Sfilare è un lavoro difficile e divertente, ma gli orari possono essere tosti e viaggiare è tremendo per il sonno. A volte però mi manca. Chi lo sa, magari farò qualche scatto per Elegante & In forma.” “È una promessa?” chiese Frankie. “Ci mancano i tuoi lavori.” “È decisamente un forse,” dissi facendogli l’occhiolino. “È sufficiente,” disse lui con un cenno al pubblico. “Allora, dopo la carriera di modella hai deciso di sistemarti qui a Sacramento per cercare di aiutare gli altri a sfoggiare un’aria da erella?” “Ma che bello, Frankie! Dovrò usarlo come slogan,” dissi con una risata. “Il mio motto è aiutare la gente ad apparire e sentirsi al meglio. Venite all’Elegante ritardo per trovare intere mise, dalla testa ai piedi, per essere pronte a tutto.” La folla impazzì e io mi voltai verso il giornalista della Tripla S, certa che stesse andando bene. In prima fila notai Kennedy con un uomo che la cingeva con un braccio parlandole piano all’orecchio – un uomo che chiaramente sembrava il suo ragazzo. Lottai per tenere il sorriso al suo posto, anche se mi sentivo una sciocca malata di gelosia. Ops. “Sei una meraviglia, Missy,” disse Frankie. “E ora fai vestire tutti stupendamente come te. Che bel concetto, che tutti noi possiamo essere modelli,” disse esitando e facendo cenno alla folla di piantarla di urlare e fischiare. Quando finalmente si calmò un poco, si voltò verso di me. “Sarò in guai tremendi se non te lo chiedo, quindi dimmi la verità. Esci con qualcuno, Missy?”

“E tu sei single?” chiesi. Sgranò gli occhi. “Per te, tesoro, super-single. Ma temo di giocare su un altro campo.” Risi forte. “Allora immagino che tu l’abbia scampata.” “Davvero però,” disse con un sorriso. “Qual è lo status? Ci sono menti inquisitrici che vogliono saperlo.” “Be’… sì, immagino di essere single.” Mi forzai a sorridere mentre la gente impazziva di nuovo. Mi sprofondò il cuore, però, e feci un bel respiro. “Devo darti una risposta più onesta, però,” dissi rifiutandomi di guardare in direzione di Nick anche se lo sentivo guardare me. Non potevo guardarlo negli occhi e vederci ancora quel dolore, però. Non potevo proprio. “La verità è che uscivo con una persona. Una persona oltremodo speciale. In effetti, sono ancora pazza di lui.” Per il pubblico ò un mormorio e persino Frankie parve sconvolto. “Raccontaci cos’è successo.” “Siamo usciti insieme ed è stato tutto perfetto, finché non ho combinato un disastro,” dissi tenendo il microfono e notando che mi tremava la mano. Osservai debolmente la folla, a disagio di fronte alla mia vulnerabilità. Vedevo i miei amici con espressioni preoccupate. “Signore, qualcuna di voi sa di cosa parlo?” chiesi osservando le mani levarsi in aria. “Ragazzi, rispondete anche voi, allora. Alzate le mani se avete mai avuto paura di rimanere feriti.” Persino il presentatore levò la mano in aria con un sorriso in volto. “Colpevole di tutte le accuse,” disse Frankie. D’un tratto scorsi Courtney tra la gente, con la mano alzata e una forza silenziosa negli occhi. Le feci cenno con il mignolo e lei mi fece l’occhiolino. “Be’, spero che per te e mister Perfezione non sia troppo tardi per riparare,” disse Frankie rivolgendomi uno sguardo sinceramente empatico. “Ti garantisco che tutta Sacramento fa il tifo per te, Missy. Sono sicuro che al momento ci sono scapoli qualificati in lacrime di fronte alla perdita di un’occasione con te, ma noi tutti vogliamo che tu sia felice e ti auguriamo tutta la fortuna del mondo. Grazie di averci raccontato la tua storia.”

“Be’, grazie a voi,” dissi, totalmente sollevata dall’enorme dimostrazione di affetto sua e di tutti gli altri. “Allora, Nick, come vanno gli affari?” chiese Frankie. Nick guardò me con sguardo indecifrabile e io distolsi gli occhi. Non volevo che il mondo sapesse che il mister Perfezione di cui avevo parlato era lui, ma lui rendeva difficilissimo mantenere il segreto, visto che mi fissava. Frankie sgranò gli occhi quando Nick non rispose. “Hai appena avviato una promozione incrociata di una linea fitness con L’elegante ritardo?” chiese Frankie, spronandolo di nuovo. “Vuoi dire L’elegante appuntamento.” Nick arcuò un sopracciglio verso di me e il presentatore rise. Nick proseguì, stavolta rivolgendosi direttamente a me. “Davvero, però. Se Missy Peters sa essere completamente onesta, penso che sia ora che lo sia anche Nick Zambini.” “Prego,” disse Frankie, apparentemente entusiasta di saperne di più. “Raccontaci cos’hai in mente.” “Lo farò,” disse Nick guardandomi prima di guardare la folla. “Grazie alla proprietaria di questa boutique esclusiva, la verità è che ho vissuto i migliori appuntamenti della mia vita e che non vorrei mai che finissero.” La folla trasalì. Mi accorsi che la bocca di Courtney si curvava verso l’alto. “Quindi, Missy,” disse Nick voltandosi verso di me. “Scommetto che potresti sistemare le cose con questo tizio di cui dici di essere pazza. Scommetto pure che ti ha già perdonata.” Lo stomaco mi fece una piccola capriola e mi si inumidirono gli occhi. “Davvero?” chiesi. “Ehi, grazie dello scoop,” disse il presentatore della Tripla S facendo are lo sguardo da Nick a me. “Pare che ci sia stato altro qui oltre a Elegante & In forma. Che siano nati eleganti appuntamenti elegantemente in ritardo oltreché elegantemente in forma?” “Ti prego, dillo cinque volte più veloce,” scherzai, e per la folla ò una

risatina. “Sai, Frankie. Per tutta la mia vita adulta, mi sono occupato solo di affari,” disse Nick guardando il presentatore, che annuiva come se capisse perfettamente. “Ed eccoci a parlare della mia linea fitness, della crescita degli affari, il che è fantastico. Ma non è quello a cui voglio pensare adesso. C’è una sola cosa su cui sono concentrato al momento.” Fissai Nick pensando di meritare una medaglia per non essermi fatta arrivare la mascella al pavimento con quella confessione. Perché quello non sarebbe stato un bel look per la foto dell’articolo. “E su cosa sei concentrato, Nick?” Il presentatore pareva elettrizzato e la folla scoppiò in un mormorio di voci. “Non avevo mai creduto che valesse la pena mettere l’amore al primo posto finché non ho conosciuto questa donna, che mi ha fatto cambiare idea.” I suoi occhi nocciola si incollarono ai miei e le gambe mi si trasformarono in spaghetti. “Non teme di amare con tutto il suo cuore, ma ha paura di soffrire. E, in quanto persona che la ama, dovrei capire come si sente. Devo ascoltare meglio.” Scossi il capo. “Sei perfetto.” “Questa donna è rapida e sveglia e un’incredibile imprenditrice,” disse Nick voltandosi verso la folla e sollevando il braccio. “Oh, talvolta è in ritardo…” Fece scattare in su una spalla, gli si formò sulle labbra un sorrisone sbilenco, mentre una risata ava per la folla quando tutti capirono di chi stesse parlando. Il presentatore rise. “Ho la sensazione che tu sia in territorio pericoloso adesso.” “Oh, lo so bene,” disse Nick rivolgendomi un sorriso da sciogliere il cuore. “Sai, a volte nella vita bisogna rischiare. In realtà una certa proprietaria di un chiosco di caffè mi ha incoraggiato a ‘mettercela tutta’, come ha detto lei.” Da qualche parte nella folla, Courtney lanciò un grido. Aveva parlato anche con Nick? La guardai e lei mi fece l’occhiolino, ma la vedevo appena attraverso le lacrime che mi offuscavano la vista. “Voi che ne pensate?” chiese Nick al pubblico portandosi il microfono alla

bocca. “Non credete che se ce l’avessi messa tutta lei in cuor suo avrebbe sentito che non l’avrei mai delusa?” Il soverchiante coro di sì, assolutamente sì e sicuramente riempì l’aria. “Credo che l’amore consista tutto nel rischiare e mostrare le proprie carte,” disse Nick tornando a girarsi verso di me, con gli angoli della bocca che si curvavano all’insù. Con ciò, scese su un ginocchio e allungò un anello. “Missy, sono innamorato di te dall’istante in cui sei inciampata per cadermi tra le braccia.” La folla si incantò. “Ho saputo che eri la donna per me nel secondo in cui ti sei gettata nel percorso di un ciclista e hai rischiato la vita, un arto e una bella grattata sull’asfalto per salvare il cagnolino di uno sconosciuto.” La folla si lanciò in gridolini di gioia pura e lui li guardò. “Giusto? Visto che voglio dire? È un fantastico essere umano.” Sorrisi, con le guance che bruciavano. Ero abituata a essere definita carina. Ero abituata a sentirmi dire che ero una brava imprenditrice. Ma essere definita un bravo essere umano pareva la massima lode possibile alle mie orecchie. Le parole di Nick mi toccarono il cuore direttamente. “Va’ alla parte bella,” urlò Courtney. Ridacchiai, incapace di frenare le lacrime di gioia che mi scivolavano per le guance. Nick le lanciò un’occhiata prima di levare di nuovo lo sguardo su di me. “Missy, voglio trascorrere il resto della vita con te. Prometto di rifornirti al chiosco di Courtney di mezzo di litro di latte scremato con una dose di vaniglia senza zucchero e spruzzata di cannella ogni mattina.” Il presentatore rise. “E nella proposta scivola a sorpresa uno spot.” “Nah, è che è il miglior caffè della città,” urlò qualcuno. Io e Nick annuimmo entrambi, concordi. Il miglior caffè, il miglior consiglio e il miglior cuore – ecco chi era Courtney Carmichael.

“Ricominciamo daccapo, bella,” disse dolcemente, con gli occhi che saettavano tra i miei. “Vuoi fare di me l’uomo più felice della Terra e sposarmi? Prometto di ascoltare di più e di ricordare sempre che tu sei l’unica per me. Che ne dici?” E fu così che chiunque altro svanì e ci ritrovammo solo io e Nick. Non mi preoccupavo di nessun altro. Guardai negli occhi di Nick e mi fidai di lui completamente. Mi fidai della sensazione di pancia che mi diceva che era esattamente ciò che volevo e ciò che era stato pianificato per me da sempre, senza che nemmeno lo sapessi. “Sì, ti sposo, Nick,” dissi guardando in quegli occhi nocciola e dandogli la mano. Lui mi fece scivolare l’anello al dito e tra il pubblico esplose un applauso quando si alzò, con uno sguardo tanto sconvolto che mi venne da chiedermi se pensasse che gli dicessi di no. Perciò lo ripetei, “Sì, Nick. Sì, sì, sì.” “Li avete sentiti, gente,” disse il presentatore della Tripla S. “L’elegante ritardo è un successo in crescita e sappiamo che lo sarà anche Elegante & In forma. L’ex top model Missy Peters è la proprietaria di questo posto e adora aiutare la gente ad apparire e sentirsi al meglio nel quotidiano. La sera lei e l’amore della sua vita salvano cagnolini. Sono la coppia di supereroi di cui ha bisogno questa città.” Nick, con un sorriso da un orecchio all’altro, mi trasse nelle sue forti braccia. Accoccolata contro al suo solido petto, sollevai le ciglia, pensando che l’unica cosa che avrebbe migliorato il momento sarebbe stato un bacio. Come se mi avesse letto nel pensiero, abbassò le labbra sulle mie e la folla impazzì.

Fine Se ti è piaciuto trascorrere del tempo con questi personaggi, corri a leggere la storia:

L’appuntamento da fiaba (Appuntamento da rifare, 6)

Notizie sull’autore

SUSAN HATLER è una Scrittrice Bestseller del New York Times e di USA TODAY. Scrive romanzi contemporanei umoristici e sentimentali e racconti per giovani adulti. Molti dei libri di Susan sono stati tradotti in tedesco, spagnolo, italiano e se. Ottimista d'indole, Susan crede che la vita sia strabiliante, che le persone siano affascinanti, e che la fantasia sia infinita. Ama trascorrere il tempo con i suoi personaggi e spera che anche tu lo faccia.

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Libri di Susan Hatler

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