Tamara Cej
Red Riding Hood
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Table of contents
Red Il cacciatore Detour Scontro Incontro Cacciatore o preda? Nel mio letto Cosa c'è? Stallo Il Lupo Forfait Epilogo
Note
Red
Appostata in alto, in piedi sul cornicione dell'edificio accanto, il piede poggiato sul muretto come un rapace pronto a spiccare il volo e lanciarsi sulla sua preda, Red spiava l'interno del laboratorio segreto di armi attraverso il mirino del suo MP5 SD6 poggiato contro la spalla destra, una carabina leggera, impostata sul colpo singolo, che montava un silenziatore rimovibile. Sulla slitta porta-ottica era installato un puntatore laser a luce verde con visione notturna, una delle invenzioni meno sofisticate di cui il suo datore di lavoro dotava i suoi agenti migliori. Unita alla capacità della donna di fare sempre centro, quell'arma era praticamente infallibile, letale.
L'attenzione della rossa venne calamitata da una sagoma a malapena accennata che si muoveva furtiva tra le ombre all'interno del capannone. In quel posto erano custoditi, protetti da una cassaforte con serratura a combinazione e lettura della retina, i progetti per l'arma di distruzione di massa più potente del mondo, di una tecnologia che superava di vent'anni quella degli americani e dei giapponesi. Non poteva assolutamente finire nelle mani sbagliate. Lei non l'avrebbe permesso. L'incarico le era stato affidato da suo nonno, direttore al vertice della GRANMA, un'organizzazione di spionaggio industriale che operava nel campo delle tecnologie avanzate. Da mesi erano sulle tracce del Lupo, un ladro professionista, astuto e sfuggente, il quale si stava dedicando a sottrarre progetti di prototipi di massima segretezza con la facilità con cui si ruba il gelato a un bambino. E la Nazione non poteva permetterlo. La GRANMA si riteneva protettrice e portavoce della Germania e, in quanto tale, non intendeva permettere che i delitti continuassero. Per questo avevano ingaggiato la migliore nel campo. Red Hood. L'occhio fisso nel mirino, seguiva il bersaglio cercando il momento giusto per fare fuoco. Tuttavia non le era permesso di uccidere il soggetto. Non ancora. C'erano molte domande a cui doveva rispondere, per le quali il capo
dell'organizzazione esigeva un esauriente resoconto. Quindi il One Shot era stato modificato in modo che potesse sparare bossoli costituiti da capsule con ago incorporato contenenti il flunitrazepam, un sonnifero sintetico usato un tempo in ambito ospedaliero nei casi in cui era necessaria una sedazione profonda. Il caro signor ladro professionista si sarebbe ritrovato a fare la nanna prima ancora di accorgersi che qualcosa l'aveva colpito. Una squadra, così ben nascosta da risultare invisibile, era pronta a prelevarlo non appena la sostanza avesse fatto effetto. Proprio nel momento in cui stava per premere il grilletto, l'ombra del criminale scivolò via, come se fosse stata inghiottita dall'oscurità della notte. “Ma che...?!” Red imprecò, sollevando il capo per vedere a occhio nudo. Poi afferrò il binocolo compatto e lo portò agli occhi. La messa fuoco automatica e la visione notturna rendevano le immagini chiare come alla luce del sole. Lo stabilizzatore d'immagine le permetteva di possedere la vista di un falco. Del Lupo nemmeno l'ombra. “Dannazione!” La ragazza in completo nero hi-tech balzò sulla pedana sottostante dove aveva assicurato un cavo che andava allungandosi attraverso la strada scomparendo in direzione della costruzione che stava sorvegliando. Se il capo fosse venuto a sapere che si era lasciata sfuggire quell'uomo, la sua reputazione ne sarebbe uscita distrutta. Per non parlare di tutte le lavate di capo che si sarebbe dovuta sorbire. O una bella sospensione dal servizio. Non poteva permettere che la sua carriera di cinque anni di ininterrotti successi fosse rovinata da un ladruncolo qualunque. Tanto meno da un uomo. Tirò su la zip fino al collo e raccolse i capelli rosso tiziano in una coda di cavallo improvvisata, avvolgendoli in un elastico nero di stoffa antistatica. Dal cavo, capace di sostenere il doppio dei suoi quarantacinque chili, pendeva un gancio. La rossa lo afferrò e l'agganciò a quello più piccolo che aveva in vita. Allungò le braccia sopra di sé, afferrò il cavo e sollevò le gambe incrociandole attorno al grosso groviglio di fili d'acciaio. Con lenta sicurezza iniziò la traversata, sospesa sopra un precipizio di duecento metri nel buio. Dalla finestra infranta sul tetto dell’edificio, Red piombò all'interno della stanza in cui gli architetti progettavano e ideavano le tecnologie occulte che la GRANDMA doveva custodire. A quanto pare il Lupo era entrato da lì. Erano ati neanche cinque minuti dalla sparizione del ladro e la rossa si guardava intorno alla ricerca di tracce. Glielo doveva concedere: era dannatamente bravo a non lasciarne. Tuttavia, l’angolo lievemente flesso di un foglio al margine di un
tavolo da lavoro tradì il suo aggio. “Sei ato di qui, furbone,” mormorò tra sé e sé. Seguì una lievissima scia, a malapena visibile nella polvere sul pavimento, lasciata dai i del criminale. Improvvisamente la traccia si interruppe, al limitare di una balaustra protetta da una ringhiera in ferro. Red guardò in alto, cercando di capire dove diavolo fosse andato. Ma in aria, ahimè, non si potevano lasciare tracce. A parte un lievissimo profumo di... muschio bianco. La giovane spia ruotò la testa per sciogliere la tensione alle spalle e sbuffò. Una bella scenata del grande capo non gliela levava nessuno. Nemmeno uno di tutti i ricercati a cui aveva dato la caccia nella sua breve ma brillante carriera l'aveva mai seminata in quel modo. Lei riusciva sempre a trovare una traccia, anche infinitesimale, della sua preda; aveva rintracciato e chiuso ogni caso che le avevano affidato. Questo ladro, però, era diverso dalle piccole volpi a cui era abituata a dare la caccia. Usava tecniche molto simili alle sue e sembrava, come lei, dotato di grande intelligenza e una capacità di scomparire davvero invidiabile. Uno scontro alla pari. Finalmente. Anziché scoraggiarsi, Red colse la palla al balzo e accettò la sfida. Stravaccata sulla poltrona davanti alla scrivania del capo, Red si sorbiva le imprecazioni e le lamentele del capo della GRANMA. Nel frattempo si guardava in giro con aria evidentemente stizzita. Quello stronzo del Lupo le aveva giocato un brutto colpo. L'ufficio era arredato in stile minimale, nelle tinte del bianco e del nero, raffiguranti lo yin e lo yang, l'equilibrio che l'Organizzazione, attraverso la sua testa di serpente, era chiamata a mantenere. Il tavolo del capo era in formica, i pavimenti in marmo di Carrara, le poltrone girevoli imbottite in pelle vera al cento per cento. Il grande capo si trattava bene, ma lo stesso trattamento era riservato, a livello di merito, ai suoi dipendenti. Ogni spia apparteneva a uno scaglione di reddito determinato dalle sue abilità, che venivano testate ogni anno. Secondo la giovane spia, il sistema funzionava. Spronava a dare il meglio. Sempre taciturno, seduto in fondo all'ufficio accanto all'entrata, stava il Cacciatore. Un collaboratore esterno a cui l'Agenzia ricorreva in caso di emergenza, ovvero soltanto quando uno dei migliori agenti si faceva sfuggire un pezzo grosso. Come nel caso di Red. Era un uomo corpulento sulla cinquantina
in camicia, gilet di pelle, jeans e scarponi, con il suo fucile Garand M1 sempre appresso, neanche fosse la sua coperta di Linus. “Vacci piano, Nonna, la tua segugia è ottima, è la preda che è una rogna,” si fece sentire l'uomo dai capelli argento con la sua voce bassa e roca. Parlava trascinando pigramente le parole con il suo accento particolare. A quanto pare il siparietto non faceva alcun effetto su di lui, a parte forse annoiarlo. “La prego di tacere, lei è solo un esterno che non ha voce in capitolo!” La testa della GRANMA gli puntò il dito contro. Oltre ai capelli grigi, i due si somigliavano molto poco. La Nonna era alto e magro, il viso asciutto e due occhi azzurri dallo sguardo tagliente. “Sono in grado di gestire i miei sottoposti! Evidentemente lei non si rende conto della gravità della situazione!” “Non mi rendo conto della gravità della situazione?” lo fissò l'altro con occhi castani dallo sguardo che non tradiva alcun timore, ma pura determinazione. Il viso quadrato solcato dalle rughe del tempo sembrò ampliarsi. Si alzò in piedi e fece qualche o in avanti, l'arma in spalla. “Se non fosse un caso di sicurezza nazionale non sareste ricorsi a me. Se non aveste avuto altra scelta, in altre parole. Quindi non mi venga a dire che non mi rendo conto di quanto siete nella merda!” rispose a tono, restituendogli il dito in faccia con veemenza. Red ammirò il coraggio di quell'uomo. Pochi avevano le palle di rivolgersi in quel modo al grande capo. Anche se la ragazza non aveva alcuna voglia di essere tallonata da un babysitter, seppur competente e capace come lui, non aveva scelta. Il Cacciatore era stato chiamato. La caccia grossa era aperta.
Il cacciatore
Solo perché l'Agenzia si avvaleva dei servigi del Cacciatore e la sua fama era nota, Red non era prona a lavorare con qualcuno di cui non conosceva nulla di personale. Quindi decise di fare un salto negli archivi della sezione operativa e sbirciare il fascicolo del suo collaboratore esterno. Al grande capo non sarebbe piaciuta la cosa, ma alla spia non importava. Aveva sempre agito di testa sua, e così avrebbe sempre fatto. Plico di carte alla mano, lo gettò sulla scrivania e si stravaccò sulla poltrona morbida, poggiando un tallone sulla scrivania, pensierosa. Com'era possibile che questo criminale le sfuggisse in quel modo? Sicuramente era dotato di capacità fuori del comune, ma lei era la migliore, cazzo! Nessun operativo di sesso maschile dell'Agenzia poteva starle dietro. Ed era per questo motivo che spesso si ritrovava a lavorare da sola, o al comando di un team. Non era tipo da gioco di squadra, la rossa. Il suo modo istintivo e imprevedibile di reagire in situazioni di emergenza rischiava di mettere in pericolo elementi con meno esperienza di lei che non riuscivano a intuire le sue decisioni. Non aveva ancora incontrato un collega con cui riuscisse a lavorare in sintonia. Si fece coraggio sospirando - detestava spulciare tra le carte - e aprì il fascicolo. Hudson Steel, alias il Cacciatore, era un libero professionista che aveva fatto la guerra nei Balcani, in Kosovo, a Mogadiscio e in Afganistan negli anni Novanta, ad aiutare i mujāhidīn contro l'invasione delle armate dell'Unione Sovietica. L'uomo era di origini australiane e discendeva da una famiglia di mercenari, noti per la loro sagacia e l'efficacia nell'esecuzione dei nemici. Quando si arruolò nell'esercito aveva già macinato esperienza nell'uso delle armi pur mantenendo una fedina penale linda e pulita. Per lo più si era dedicato allo spaccio di armi, sempre in veste di rappresentante, ma aveva sempre rifiutato di smerciare armi nucleari o chimiche. Non aveva mai creduto che la distruzione globale di un ecosistema aiutasse la causa, né che il fine giustificasse sempre i mezzi. Proprio per questo era diventato efficace sia nella lotta corpo a corpo sia nell'uso di armi bianche (coltello da caccia) e da fuoco (il suo favorito era il fucile a pompa). Tra
i monti dei Balcani, durante la guerra tra la Bosnia e la Serbia, e in Macedonia, aveva acquisito l'abilità di seguire tracce meglio del più acuto dei segugi. Laddove i cani da cerca fallivano subentrava lui rintracciando immancabilmente la preda, e nel trovare le trappole e disattivarle senza riportare danno alcuno. 'Se non altro, mi hanno affidato un valido concorrente.' Definirlo sostegno o aiuto avrebbe sminuito troppo il suo orgoglio professionale, già incrinato dalla competitiva caccia al Lupo.
Detour
Finalmente a casa. Red richiuse la porta calciandola all'indietro con il tallone. Mentre quella si serrò con un "clac", si guardò intorno. Lasciò lo zainetto accanto al mobiletto del telefono, dove poggiò lo smartphone e le chiavi. Sul piccolo mobile trasparente, una busta di un bianco immacolato spiccava nella penombra dell'appartamento. La rossa battè le mani per azionare l'impianto di illuminazione e le luci si accesero. Prese in mano la busta sollevandone il lembo superiore, quindi ne estrasse un cartoncino con la stampa di un indirizzo sul quale si rifletteva sfumato il color crema delle luci soffuse. Il biglietto indicava una locazione che si trovava nella zona industriale fuori città. Chiunque lo aveva lasciato, aveva violato la sacralità del santuario di Red. Casa sua era l'unico rifugio veramente sicuro dal mondo esterno e i nemici che si era creata nel corso della carriera di spia. La rossa si guardò intorno allarmata. Non le piaceva per niente. Cautamente, si mosse furtiva per la casa controllando ogni porta ed ogni finestra, ma non trovò alcun segno di effrazione. A prima vista sembrava che quella busta si fosse materializzata sul suo mobiletto dal nulla. Soltanto una persona che lei conoscesse era capace di un'impresa del genere. Il Lupo. Non c'era tempo da perdere. Se avesse agito rapidamente avrebbe avuto più possibilità di prenderlo. Avrebbe dovuto avvisare il Cacciatore, ma il farlo le avrebbe richiesto del tempo. Decise che l'avrebbe chiamato una volta in strada. Una volta sotto casa, montò sulla sua Ducati Monster 500 e infilò il casco dipinto di rosso. Avviò il motore e partì sgommando. Lungo l'ampia strada che ava accanto alla zona industriale, Red rallentò ad un semaforo rosso e fermò la moto. Posò un piede a terra e nel farlo notò, con la coda dell'occhio, che un'anonima motocicletta nera si fermava dietro a lei. Perchè proprio dietro? C'era posto accanto, la strada era deserta. Il braccio del motociclista, in tuta nera di pelle, si mosse verso il fianco. Istintivamente la mano della spia fece lo stesso correndo subito all'impugnatura della Walther P38 cromata, posta nella fondina ascellare che indossava sotto la giacca, sotto al braccio destro. Non era l'arma che usava in solitamente in missione, ma non se l'era sentita di recarsi in quel luogo completamente disarmata. In realtà non
andava da nessuna parte senza una difesa armata. La rossa mandò su di giri il motore girando a fondo la manetta. Il mezzo partì sbandando mentre il suo occhio esperto visualizzava chiaramente l'aerografia dipinta sul casco dell'aggressore. Un lupo nero ringhiante. Una mano poggiata sul manubrio della moto, l'altra tesa all'indietro pistola in pugno, la spia spingeva al massimo la due ruote per distanziare il bastardo. 'Sorprendere una signora alle spalle, che vigliaccheria!' pensava. Zigzagando per impedirgli di prendere la mira, sparava a sua volta cercando di rallentarlo in qualche modo. Mirò alla ruota posteriore cercando contemporaneamente di mantenere il controllo del veicolo; e fece fuoco. La moto dell'aggressore sbandò e scivolò sull'asfalto per parecchi metri, stesa su un fianco, mandando scintille provocate dallo sfregamento della carena metallica contro la striscia di cemento. Allora Red frenò il più rapidamente possibile, tenuta di strada permettendo, e voltò la moto facendo perno sulla ruota anteriore, per accelerare nuovamente e raggiungere il caduto. Ma una volta arrivata sul posto... il motociclista non c'era più. “Maledetto!” La rossa inveì verso il cielo, casco in grembo e i lunghi capelli rossi scompigliati dalla brezza mattutina.
Scontro
Era una notte frizzante a Detroit, di quelle che si vedono raramente nella stagione autunnale. Una sottile brezza scompigliava i lunghi capelli ondulati della spia, ferma sull'angolo del cornicione di un palazzo abbandonato di una trentina di piani. Impresa incredibile, era riuscita a seguire il Lupo senza che lui se ne accorgesse. O, almeno, non aveva dato a vedere di averla notata. La sua via di fuga dal laboratorio in questione era efficace, ma presentava un difetto che lei avrebbe sfruttato senza pietà. Il lupetto rischiava di trovarsi bloccato senza via di scampo. La salvezza del malvivente era sul tetto, una porta in ferro che una volta aperta dall'interno era difficile da riaprire una volta usciti. Inoltre, il tetto era circondato da una rete protettiva in acciaio tutt'intorno a quell'area, perciò il delinquente avrebbe dovuto correre per almeno cento metri prima di poter avere il via libera. Chissà perché aveva scelto una scappatoia tanto rischiosa... Non appena la porta si spalancò, Red spiccò il volo verso di essa, sollevata nell'aria dal fedele aliante hi-tech incorporato. Assecondando la corrente d'aria, girò in senso antiorario proprio sopra la zona. Non appena si trovò sul punto convenuto, sganciò l'aliante. Piombò a terra, ammortizzando la caduta piegandosi sulle ginocchia, quindi si rizzò fiera e con un sorriso sfacciato sulle labbra di fronte al Lupo, che la fissò sorpreso. "Ah, sei qui!" esclamò l'uomo, con uno strano accento straniero. Vagamente se. L'espressione del viso si rasserenò, il che infastidì e sorprese la spia. "Mi chiedevo dove ti fossi cacciata," sorrise beffardo. Vedendo che la donna non accennava a spostarsi, anzi, gli precludeva qualsiasi via d'uscita, appoggiò a terra lo zaino nero contenente il malloppo. Si drizzò e fissò la ragazza dritto negli occhi verdi. "Non pensavo.... che saresti stato così stupido." Red ricambiava lo sguardo. Nonostante parlasse i suoi sensi erano completamente assorbiti da ogni minimo
movimento del corpo dell'uomo che aveva davanti. E così era per lui. "Ho fatto un errore di calcolo," si giustificò l'altro con un sorriso ilare. L'altra scosse la testa. "Non credo. Secondo me non avevi altra scelta." "E siamo pure intelligenti," sibilò l'altro, con un sorriso da squalo. Ma il tempo delle chiacchiere era finito, e lo sapevano bene tutti e due. Rimasero a studiarsi a vicenda, come due samurai che saggiassero la tecnica e la potenza del rispettivo avversario ancora prima di sfoderare la spada. Fu il Lupo il primo ad attaccare. Un diretto volò verso la ragazza, che lo parò con una mano levando contemporaneamente la testa dalla traiettoria di tiro e restituì il colpo fulminea, spaccandogli un labbro. Il Lupo arretrò tenendosi una mano a coppa davanti alla bocca. Nei suoi occhi si leggeva una grande sorpresa. Non si sarebbe mai aspettato una reazione del genere da parte di lei. A quanto pare l'aveva sottovalutata. Red parve intuire il suo ragionamento perché sorrise sbeffeggiante. Allora l'uomo alzò la guardia mettendosi di traverso e iniziò a saltellare sulle punte dei piedi. "Un kickboxer", concluse mentalmente la rossa, mentre l'altro portava il ginocchio verso l'alto e distendeva velocemente e con slancio la gamba nella sua direzione, mirando alla sua faccia. "Ah no... Savate," si corresse, mentre schivava il colpo piegandosi leggermente di lato, afferrandogli la gamba e indirizzando una tempesta di diretti con il destro all'interno coscia. L'avversario ritirò la gamba saltellando all'indietro e imprecando per il dolore, scrollando l'arto per cercare di sciogliere il muscolo contratto, fissandola con uno sguardo tagliente come un rasoio. Ma la spia era al di là delle espressioni sociali ormai, completamente immersa nel combattimento. Finalmente decise di attaccare. La donna eseguì una finta e colpì il suo avversario con un colpo singolo improvviso a sorpresa, messo a segno mentre il Lupo si stava spostando per
correggere la distanza. Falso attacco di pugno al quale l'altro però non abboccò, rifilandole invece un calcio frontale al ginocchio destro. Red urlò di dolore e rabbia, inginocchiandosi a terra sull'altro ginocchio in attesa che il dolore asse. Il suo sguardo, un lampo verde, seguiva il ladro, che decise di approfittare per consegnarle un calcio in bocca. Fulminea, la rossa gli afferrò il piede con entrambe le mani e lo fece roteare con un contraccolpo, facendo piroettare l'uomo che quasi cascò. Dovette lasciare la presa per rimettersi in piedi nonostante il ginocchio pulsasse come una sirena della polizia. Quel bastardo le stava facendo perdere la pazienza, e le toglieva tutto il divertimento. Era ora di farla finita. Lasciò che l'attaccasse nuovamente caricando un calcio rotante che però non gli permise nemmeno di cominciare. Quando l'uomo caricò il colpo flettendo le ginocchia e girando su se stesso, Red gli conficcò un tallone nella schiena bassa con tutte le proprie forze mandandolo a stramazzare al suolo, lamentandosi. Dicevano che le donne hanno le gambe forti, quindi decise di prendersi ogni vantaggio. Si catapultò verso di lui e gli balzò a cavalcioni sopra la schiena, ancorandogli un braccio e una gamba con una presa immobilizzante. "Smetti di muoverti!" ringhiò rabbiosa. Quell'individuo l'aveva proprio fatta incazzare. "Non puoi fermarmi," fece l'altro, con una risata roca, come se non si trovasse in una posizione di completo asservimento. Red fu colta di sorpresa, per la terza volta nell'arco di meno di un'ora. "Cosa vuoi dire?" domandò, immobile, il cervello che lavorava ai massimi regimi. Forse quest'uomo aveva un complice e quel duello era stato un escamotage per permettere al suo collega di dileguarsi con il malloppo. Scosse la testa. Impossibile. Il Lupo lavorava sempre da solo. "Non prendermi per il culo!" ribatté dura, strattonandolo mentre cercava di ammanettarlo con apposite ganasce anti-forzatura. Voleva davvero essere sicura che non gli sfuggisse. Premette il bottone del taschino posto sulla tasca posteriore dei pantaloni per mandare il segnale alla squadra di recupero. Sarebbe arrivata a secondi. "Lo sai chi era tuo padre?" domandò la voce bassa e roca dell'altro. Aveva rinunciato a dibattersi, stranamente. "Mio padre?" ribatté confusa la rossa. "Tu non sai chi era mio padre!" Red si
guardò intorno pregando che arrivassero subito. Il tempo si stava dilatando troppo in fretta. "Dove cazzo siete?" Quella domanda aveva messo un tarlo nel suo cervello e non vedeva l'ora di sbarazzarsene liberandosi dell'individuo che gliel'aveva messo. Non aveva mai conosciuto suo padre. Morto sul campo quando la madre era ancora incinta di lei - era tutto ciò che le avevano detto di lui. Mamma le mostrava le foto di famiglia che ritraevano una coppia felice, un uomo dalle spalle larghe, il viso rettangolare, i capelli scuri a spazzola e il sorriso gentile. L'uomo sgusciò via da sotto le sue gambe non appena sentì l'allentarsi della tensione nel corpo della ragazza, sfruttando la sua distrazione. "Cazzo, no!" Se fosse fuggito sarebbe stato un casino. Non poteva permetterlo. La spia allungò un braccio e si agganciò alla giacca logora del criminale, che se la trascinò appresso fino al bordo del cornicione. Poco prima che spiccasse il balzo nel vuoto, Red perse la presa. Quando si sollevò a sbirciare giù dal palazzo, già non c'era più. "Dannazione!" batté un pugno sul cemento. Voltò il capo proprio quando un ultraleggero a quattro pale si abbassava con un sibilo sopra la sua testa vomitando dalla sua pancia un nugolo di soldati armati fino ai denti vestiti di nero completi di armatura. "Dov'è il prigioniero?" domandò il capogruppo da dietro il casco. "E' andato." "Andato?" "Sì, andato! Hai qualche problema?!" alzò la voce lei, a muso duro. "Nossignore!" rispose l'altro, rimettendosi in riga. "Almeno abbiamo recuperato il maltolto," commentò la spia sollevando lo zaino e mettendoselo in spalla. "Dia qui, signora, lo consegneremo alla base," si fece avanti l'altro, premuroso. La spia lo fucilò con lo sguardo. "Non ho intenzione di perdere anche questo. Lo restituirò io di persona."
L'agente annuii e fece cenno ai compagni di rimontare sull'elicottero, che ritornò su in cielo senza un fragore.
Incontro
Il Cacciatore e Red giacevano proni, armi alla mano e binocolo attaccato gli occhi, vigilando e scorrendo minuziosamente ogni finestra e ogni anfratto visibile del laboratorio segreto che, secondo le indagini, sarebbe stato il prossimo bersaglio del Lupo. I progetti dell'arma a cui il ladro mirava erano disseminati in diversi laboratori della città la cui locazione era secretata ai massimi livelli di sicurezza. I suoni del traffico notturno erano un fruscio lontano a malapena udibile ad un orecchio fine. Una sagoma apparve sul tetto dell'edificio, muovendosi rapidamente e senza far rumore. Red non aveva ancora raccontato né al capo né al collega del suo breve inseguimento con sparatoria con il ladro. Di certo non l'avrebbero presa bene: avrebbero finito per metterla sotto ulteriore sorveglianza, mandando all'aria i suoi piani per farlo cadere in trappola. L'organizzazione dava estrema importanza alle proprie risorse, soprattutto a quelle di alto rango come Red. Ma il Lupo non si sarebbe mai fatto vedere si fosse accorto che la spia era sorvegliata ventiquattrore su ventiquattro. La rossa si era scoperta cacciagione della sua stessa preda, così decise di accettare il proprio nuovo ruolo e di fare da esca. Soltanto per questo motivo rischiava la sospensione dal lavoro a tempo indeterminato, ma era decisa a giocarsi il tutto per tutto per catturare quell'uomo. Erano in gioco la sua carriera e la sua reputazione. “E' il nostro uomo,” decretò improvvisamente il Cacciatore. Simultaneamente, i due si alzarono in piedi, in sincronia, e si lanciarono nel vuoto. Gli alianti hi-tech incorporati nei loro mini-zaini tattici si aprirono quasi all'istante, facendo scivolare le due figure sull'aria come sopra una patina d’olio. Silenziosi e precisi, atterrarono sulla sommità dell'edificio a una cinquantina di metri di distanza dalla figura. Le ali fasulle si staccarono automaticamente non appena misero piede sul cemento, ricadendo a terra con un rumore plastico. L'uomo era fermo in piedi, per metà voltato verso di loro. Sembrava un corridore
alla linea di partenza. Red si domandò se il suo collega esterno avesse avuto la stessa impressione… Contemporaneamente, i due si lanciarono verso il Lupo ad armi spianate, lei con due Colt Double Eagle, una in ogni mano, e l'altro imbracciando un fucile automatico M16. Il criminale si mise a correre lanciando ogni tanto lo sguardo dietro di sé. Le pallottole di due diversi calibri sparate dai suoi inseguitori fischiavano sfiorandogli le orecchie eppure non lo colpivano. 'Ci sta attirando da qualche parte?' si domandò la rossa, trovando strano il comportamento dell'uomo. Perchè lasciarsi inseguire se poteva benissimo scomparire come aveva fatto l'ultima volta? Forse stavolta l'avevano colto di sorpresa. Ma era una teoria che non reggeva alla sua logica spietata. Il Lupo si lanciò oltre il bordo del tetto, a volo d'angelo. Dietro di lui, gonfiandosi come un palloncino, si aprì un paracadute. Red e il Cacciatore lo seguirono a rotta di collo vedendolo scomparire attraverso la finestra di un edificio abbandonato proprio a lato del laboratorio. La rossa e il Cacciatore lo inseguirono e atterrarono, planando con l’ausilio delle membrane delle loro tute, proprio nella stessa stanza in cui era entrato il ladro. Eppure era vuota. Si guardarono intorno, cercando segni del suo aggio. Il Cacciatore, proprio come uno vero, si chinò a terra esaminando tracce di impronte. “Trovato qualcosa?” domandò Red al compagno. “Sì,” rispose l'altro con un mugugno. Alzò la testa in direzione della stanza successiva e partì come un segugio che ha fiutato la preda. Red lo imitò per tenersi al o, ma venne afferrata, tirata e si ritrovò sbattuta di schiena contro un muro in una stanza buia. In preda a un lieve capogiro dopo aver battuto la testa contro l'intonaco scrostato della parete, Red vide pararsi davanti un paio di occhi che fissarono i suoi squarciando l'oscurità. Erano di un bel verde oliva, limpidi e chiari. Per un attimo, tutto il mondo si limitò ad esistere in quegli occhi soltanto. E quando un paio di labbra morbide e carnose si poggiarono sulle sue. L'oscurità avvolse
completamente il suo sguardo. Red attirò rabbiosamente a sé il proprietario di quegli occhi, sospettando di conoscerne l'identità, avvinghiando una gamba attorno alla sua. Il corpo premuto contro il proprio, riuscì a percepire al contatto che possedeva muscoli delineati e possenti. Il Lupo la strinse a sé con forza, quasi a voler delimitare una proprietà, poi di colpo la lasciò andare. La giovane spia dai capelli rossi rimase barcollante al buio a fissare il vuoto dove il ladro era appena svanito come uno spettro.
Cacciatore o preda?
Qualcuno la seguiva. Camminando lungo il marciapiede della via cittadina, Red aveva la netta impressione che qualcuno la stesse tallonando di nascosto. Si fermò e si volse per l'ennesima volta, i lunghi capelli mogano le finirono sul viso spinti dalla brezza. La strada era sgombra. I anti le scivolarono accanto, qualcuno la guardò. Si sentiva stupida. Eppure quella sensazione non l'abbandonava. Girò su se stessa e tornò a camminare, assillata dal dubbio. Red Hood non era sempre stato il suo vero nome. La sua identità era coperta da segreto ai più alti livelli. Abigail Snow era il nome a cui rispondeva la giovane spia in un ato così remoto da sembrarle un vago sogno. Reclutata molto giovane dall'organizzazione, a malapena maggiorenne, era praticamente cresciuta addestrandosi, combattendo e indagando per loro. In pratica non aveva mai avuto una vita sua. La rossa fece una nuova piroetta su se stessa. Questa volta aveva scorto un guizzo. Una sagoma di cui non era riuscita a scorgere i dettagli, si era appena infilata in un vicolo adiacente. Era la conferma che le serviva. Non perse un minuto a indugiare col pensiero su chi potesse essere lo stalker. Era lui, sicuro come il sole. Ora le restava da decidere quale comportamento adottare. La sua copertura dipendeva interamente da lei. Non poteva sfoderare la pistola in pubblico, nemmeno se lui avesse fatto fuoco - cosa di cui dubitava, vista la sua eloquente furtività. ando di fronte a un caffé ebbe un'idea improvvisa. Scartò di lato e si infilò nel locale, le cui porte a vetri bianche si separarono silenziosamente per lasciarla are. Prese posto ad un tavolo vicino all'ingresso e si sedette rivolta verso di esso. Così avrebbe potuto veder are il suo inseguitore. Non avrebbe sparato o causato scompiglio in pubblico. Era un ladro, non un assassino. Una cameriera si accostò e le chiese con voce soave cosa desiderasse ordinare. Red ordinò un
cappuccino con molta schiuma e attese. Si aspettava di veder are l'uomo davanti al locale buttando un'occhiata all'interno per poi proseguire. La bevanda arrivò in poco tempo, spingendo la spia farsi un'opinione molto positiva sul servizio del bar. Infilò le dita nella coda della scodella per portarla alle labbra e si gustò un sorso cremoso del caffé ad occhi socchiusi. Il tempo parve decelerare gradualmente, per poi procedere a rallentatore. Un uomo giovane, sui trent'anni, si avvicinò alle porte del locale a o svelto e deciso, come se sapesse esattamente dove stava andando. Le porte si aprirono per lui che marciò deciso e confidente verso la ragazza. Red sollevò lentamente lo sguardo. L'aveva riconosciuto nel momento in cui l'aveva visto entrare. L'aveva... sentito, dentro al petto. Una sensazione che non aveva mai provato prima. Una sorta di connessione intima con quella persona. Il Lupo si fermò davanti a lei, il portamento disinvolto di uno che sa di essere prestante e di piacere all'istante. Le sorrise sfacciato. "Posso accomodarmi?" Red fece un gesto con la mano, l'espressione incurante. In realtà dentro di sé stava fremendo, per la sua vicinanza e per la strana piega degli avvenimenti. Qualcosa le faceva battere più forte il cuore, ma sicuramente non si trattava di paura. Ancora non era sicura di cosa fosse. Con un sorriso smagliante, l'uomo si rivolse alla cameriera che aveva servito Red e ordinò un caffè liscio, nero. La spia lo osservò affascinata per riprendere subito un'espressione neutra quando lui tornò a voltarsi, i gomiti appoggiati sul tavolo, proteso verso di lei. "Come va?" domandò sorridendo, come se niente fosse; come se non si fossero mai sparati a vicenda per accopparsi. La cosa scatenò nella rossa un moto di stizza che badò a non far trapelare. Se lui voleva giocare di psicologia, sarebbe stata al gioco. Non esisteva che si fe battere da uno che era a malapena al suo livello. "Bene." Lo fissò con occhi penetranti scrutando ogni sua mossa per determinarne le intenzioni. L'uomo sembrava completamente a suo agio. Lo osservò portare la tazzina alle labbra sottili e rosee sorprendendosi a pensare a cosa avrebbe provato a sfiorarle con le proprie.
'Red! Un po' di contegno!' si rimproverò mentalmente senza riuscire a staccare lo sguardo da quelle labbra... Labbra che erano già state sulle sue, pensò, ricordando l'incontro ravvicinato nell'appartamento diroccato accanto al laboratorio. Per un momento la vista le si offuscò per il desiderio di riprovare quel brivido. Sbatté le palpebre per riprendere controllo delle proprie emozioni, ma il cuore galoppava già nel petto e la mente volava via. Scosse leggermente la testa. "Ci vediamo allora!" fece lui alzandosi e lasciando delle banconote sul tavolo. Si voltò e, rapido e sicuro come era arrivato, se ne andò. Red rimase come una rimbecillita a guardarlo andar via, con una voce dentro che le gridava di non lasciarlo andare, di rincorrerlo e sbatterlo al muro nel vicolo più vicino. La sua testa ruggiva per la frustrazione. Si stava prendendo gioco di lei e la cosa peggiore era che il suo cuore voleva che lo fe ancora. Aveva persino lasciato abbastanza soldi per pagare anche il suo cappuccino! Quel gioco la stimolava oltre ogni dire, meglio della missione più pericolosa. Lo sguardo fiammeggiante, Red giurò a se stessa che avrebbe avuto un altro tête-à-tête con quell'uomo.
Nel mio letto
"Vi è sfuggito di nuovo?!" tuonò la Nonna in faccia ai due malcapitati, in piedi dietro la propria scrivania, i pugni nodosi e rugosi posati sul ripiano di formica, le braccia sottili e nervose, tese e scosse da un tremito costante. Red socchiuse gli occhi per evitare uno sputo partito involontariamente dalle labbra del capo. Capitava, quando era fuori di sé dalla rabbia. E quello era decisamente il caso. Quel Lupo stava facendo fare la figura degli sfigati ai due migliori esponenti della GRANMA. Per non parlare del cuore della spia che si era messo a fare le bizze per conto suo. Proprio non ci voleva. Red sbuffò, stanca e frustrata. "Ti sto forse annoiando, Hood?" domandò sarcastico il vecchio direttore, fissandola dritto negli occhi, lo sguardo affilato come una lama. La ragazza sobbalzò lievemente, ridestata dai propri pensieri. Scosse la testa in risposta. "No. No, capo. Sono infuriata quanto lei per essermi fatta scappare quell'idiota," replicò senza troppa veemenza. Aveva bisogno di una bella dormita, ma erano giorni che non riposava bene la notte. Se ne chiedeva ancora il motivo. Quel dannato caso la stava stancando più del dovuto. "Quell'idiota è riuscito a farla franca sotto al naso di due dei miei migliori agenti!" berciò l'altro, sputacchiandole in viso. Red strizzò gli occhi e incassò il colpo. Il vecchio non avrebbe mollato l'osso per nessun motivo al mondo; tanto valeva dargli il contentino e lasciarlo sfogare. Prima o poi sarebbe riuscita ad acciuffare quel delinquente, anche se le sue convinzioni iniziavano a vacillare. La giovane spia sentì di aver bisogno di una vacanza. Stesa nell'ampio letto a due piazze, nell'angolo all'estrema sinistra del suo loft all'ultimo piano, la rossa fissava il cielo stellato baluginare di piccoli diamanti bianchi. Sembravano incastonati nella volta del cielo, pronti per essere colti da due dita sottili. Il sonno era ben che andato, e non accennava a tornare sui propri i. Abigail allungò la mano e finse di afferrare una stella tra l'indice e il pollice,
quando un'ombra comparsa all'improvviso sulla soglia della finestra la fece saltare sul letto. Impugnò la P38 che teneva sempre sotto il cuscino e la alzò per mirare al bersaglio, ma si ritrovò lunga distesa sul materasso in men che non si dica. Il peso dell'uomo gravava sulle ginocchia piazzate ai lati del corpo formoso di Red, una mano le stringeva il collo immobilizzandola. Il suo respiro si poteva sentire nel quieto fruscio del traffico, molti metri più in basso sull'arteria principale della città. Lassù, in cima al palazzo d'epoca, equivaleva a vivere praticamente tra le nuvole. Lo sguardo della spia percorse i lineamenti dell'uomo oscurati dalla penombra registrandone inconsciamente ogni particolare, per deformazione professionale. I suoi occhi... Sotto quello sguardo si sentì liquefare e lasciò andare l'arma abbandonandola sul letto. Quegli occhi le sondavano l'anima. Sentì un braccio che le ava sotto la vita mentre la mano dal collo scivolava dietro sulla nuca, e si ritrovò stretta contro il torso ampio del Lupo, le caviglie incrociate dietro la sua schiena. Una nuvola di profumo fresco e intenso l'avvolse ottundendole i sensi... muschio bianco. Il tocco umido e caldo della sua lingua le accarezzò le labbra, strappandole un gemito. Una sensazione familiare di calore al basso ventre le fece pulsare le parti intime spingendola pericolosamente vicino al baratro. La mente abbandonò il campo, lasciando posto agli impulsi più bassi della carne. Red si impadronì di quella bocca che restituì le sue attenzioni con foga. Le sagome scure dei due amanti si muovevano sul grande letto, sinuose nella notte, colmandola di suoni di gemiti e respiri ansimanti.
Cosa c'è?
Gli occhi azzurri di Red si spalancarono allarmati, mentre il suono fastidioso e gracchiante della sveglia elettronica le trapanava quel poco che le era rimasto del suo povero sistema nervoso. La giovane spia sollevò il busto, effettuò una mezza torsione e allungò la mano verso il maledetto aggeggio. Sicuramente poteva permettersi di meglio, ma la verità era che quel suono era l'unico in grado di svegliarla alla mattina. Nemmeno le cannonate. Si guardò intorno spaesata, come se non riconoscesse il posto in cui si trovava. Le immagini della sera precedente le si riversarono davanti agli occhi come una cascata d'acqua nera. Si ritrovò più eccitata e confusa di prima. Calciò via le lenzuola con fare rabbioso e si diresse in bagno. Si spogliò sganciando il ferretto del reggiseno rosso scuro e fece scivolare sulle gambe seriche il perizoma abbinato in pizzo, quindi entrò nella doccia. Sollevò la manopola del miscelatore regolandola sull'acqua a trentasette gradi centigradi e lasciò che l'acqua le inzupe la pelle, portandosi via la stanchezza che pesava sulle sue membra, in particolare le spalle. Quando si sentì soddisfatta chiuse il getto d'acqua e si avvolse in un corto asciugamano bianco. Guardandosi allo specchio, vide una nuvola di capelli rossi circondarle la testa come un'aureola. O meglio, una criniera. Scoppiò a ridere, contemplando anche la sua faccia stravolta. "Dio, sono proprio un disastro!" esclamò mettendo ordine in quei ricci ribelli con i soliti mezzi: pettine per i capelli ricci e spray disciplinante. Fortuna che bastasse così poco. Si rivide nel riflesso a lavoro ultimato. I dolci boccoli ricadevano sul capo simili al glicine spiovente sui porticati e gli occhi azzurri brillavano di una luce maliziosa. Qualcosa era cambiato in quello sguardo, spento e stanco fino alla mattina precedente. Forse la notte trascorsa con lo sconosciuto, che però le sembrava di conoscere da una vita? Non era possibile una cosa del genere. Solo al cinema e nei romanzi succedevano cose simili. Per di più, il Lupo era il suo mortale nemico! Un sorriso si aprì sulle sue labbra carnose, sfuggendo al suo controllo. Doveva aver perso la testa. Sì, aveva
decisamente perso la ragione. Chi era quell'uomo misterioso che compariva dal nulla nella sua vita e la sconvolgeva profondamente abbattendo le sue più inscindibili difese? Come faceva ad avere la chiave del suo cuore, della quale nemmeno lei conosceva l'esistenza? Si guardò sospirando allo specchio. Un paio di occhi languidi restituirono lo sguardo. 'No Red. Non puoi esserti innamorata. Non farai sul serio?!' Si voltò stizzita fuggendo dal suo stesso riflesso, rifugiandosi in camera da letto dove indosso un completo casual nero. Afferrò lo zainetto nero da motociclista diretta verso l'ingresso di casa propria. Salì in sella alla propria moto, parcheggiata sotto casa nel posteggio apposito, e percepì il prepotente bisogno di fuggire dalla propria vita, in un luogo dove nessuno la conosceva e avrebbe potuto trovare la pace tanto cercata.
Stallo
Red sorrise divertita, negli occhi di giada un lampo di sfida mista a divertimento. Era la seconda volta che si incontravano sul campo. Dall'altro capo dell'edificio, sul tetto spazzato da un vento impetuoso carico di umidità, gli occhi del Lupo baluginavano nell'oscurità come quelli di un vero canide selvatico. "Sei mio," mormorò la rossa. "Provaci," fece altrettanto l'uomo a un centinaio di i da lei, quasi fossero collegati da un filo invisibile che permetteva loro di comunicare a distanza. Nel momento in cui lui si volgeva per lanciarsi nelle tenebre della notte, lei scattava in avanti con velocità felina e lo raggiungeva agguantandolo per la giacca, precipitando con lui nel vuoto. Red scartò di lato per evitare il paracadute che si apriva dalla tasca posteriore del giubbotto che indossava il Lupo. Subito dopo recuperò la presa agganciandosi alla sua schiena come uno zaino. L'uomo continuava a cadere verso la strada, al punto che la spia pensò che si sarebbe sfasciato sul cemento. Con uno strattone il corpo del criminale si erse in posizione verticale appeso al paracadute, facendole perdere la presa e scivolare verso il basso. Le dita della donna si avvinghiarono ai pantaloni militari della sua preda, sospesa sopra la zona industriale che le vorticò attorno per una frazione di secondo. Gli occhi verdi si slanciarono verso l'alto supplichevoli. Il Lupo ghignò e sollevò il ginocchio scuotendo la gamba. Red perse la presa. Merda. L'asfalto si avvicinava rapidamente e, dopo un breve momento di panico, un paracadute di sicurezza sprigionò dallo zainetto ergonomico sulle spalle della spia. La donna ruzzolò in mezzo alla strada stringendo i denti per non gridare dal dolore. Quel dannato gliel'avrebbe pagata.
Giacque in mezzo alla via deserta, gli occhi fissi sopra di sé mentre la mente correva a verificare eventuali danni riportati nella brusca caduta. Tutto a posto. La spia si rimise in piedi. Ma una caviglia le mandò un dolore lancinante che la fece piegare su se stessa, zoppicando e spostando il peso sul piede buono. "Cazzo!" imprecò urlando. Volse la voce al cielo. "Ti prenderò, capito?!" gridò verso la luna piena, i ricci rossi maltrattati dal vento.
Il Lupo
Una settimana. Sospirò. Poteva andarle peggio. La rossa gettò il fascicolo della sua attuale preda sulla scrivania del proprio ufficio. Si abbandonò sulla comoda poltrona girevole, domandandosi perchè non la utilizzava più spesso. Guardò intorno il suo ufficio. A causa del lavoro sul campo vi metteva piede molto raramente. Il sollievo che la colse, seduta rilassata in quel luogo asettico, la sorprese piacevolmente. Fece una smorfia di fastidio e si chinò per grattarsi la caviglia. I medici dell'Agenzia le avevano praticato una fasciatura rigida che tenesse ferma l'articolazione, ma quella cosa non lasciava respirare la sua pelle delicata e le provocava prurito. Afferrò il tagliacarte dalla scrivania e si grattò con quello infilandolo con forza tra il bendaggio e la pelle, procurandosi un sollievo temporaneo. Fortunatamente era soltanto una distorsione. Le era andata di lusso, poteva rompersi qualcosa. Puntò le scartoffie sul piano di formica della scrivania come se fissasse un nemico. Forse lo era, suo nemico. Ma c'era sicuramente qualcosa di più. Lo sentiva come un suo pari. Uno spirito libero che niente e nessuno può imprigionare. Proprio come lo era lei. Nonostante lavorasse per l'Agenzia non seguiva mai le regole e faceva sempre ciò che le dettava l'istinto. Solo questo le aveva permesso di arrivare dov'era ora. In realtà, in quel criminale scorgeva la propria metà, l'unico in grado di tenerle testa. E la cosa la spaventava e la eccitava per la prima volta nella vita. Non sarebbe arrivata da nessuna parte se avesse continuato a fissare quel gruppo di carte... Sospirando annoiata attirò a sé il fascicolo e lo aprì. Jacques LeLoup - il nome strappò una risata alla spia - proprio per questo detto il Lupo, era un belga cresciuto nel ghetto, dove aveva sviluppato le sue abilità furtive e acrobatiche, compiendo borseggi, furti nelle case con entrata dall'alto. Nel suo campo era diventato infallibile, e molto presto richiesto da diversi mandanti per compiere i furti più assurdi e spettacolari. Mai lasciava una traccia, sembrava arrivare e svanire come il vento, la rossa lo aveva constatato di persona. In più, nella lotta corpo a corpo usava la Savate, un'arte marziale molto
elegante, nata nei quartieri più poveri di Parigi e sviluppatasi nell'aristocrazia se durante i primi anni dell'Ottocento. Un avversario davvero temibile. La sua caviglia lo confermava, pensò Red scostando un po' il capo per osservare il proprio piede fasciato sotto alla scrivania. Sbuffò chiudendo il fascicolo, con la sensazione che ci fosse molto di più da scoprire sotto la superficie.
Forfait
"Vi è sfuggito. Di nuovo." La Nonna torreggiava, le braccia tese sopra la scrivania, le mani simili a rami secchi poggiate sull'opaco vetro spesso. Il tono della voce era vagamente incredulo e teso come una fionda pronta a rilasciare il suo proiettile. Gli occhi di ghiaccio dallo sguardo affilato fissavano la spia seduta - o meglio, scompostamente accomodata - sulla comoda poltrona di fronte a sé. La rossa ricambiò lo sguardo, per nulla intimorita. "Ammettiamolo. Questa preda è di gran lunga migliore della sua cacciatrice. Io ci rinuncio." Le nocche del gran capo della GRANMA schioccarono. Uno sguardo divertito da parte del Cacciatore, in piedi sulla sinistra alle spalle della giovane donna. "Non ho compreso bene." Suo nonno si stava incazzando. E non avrebbe portato a niente di buono. Quando un tipo alla Clint Eastwood si incavola, l'unica cosa da fare è prendere il primo aereo per l'altro lato del mondo e sperare. Che non ti trovi. Che non decida di venire a cercarti, piuttosto. Non era sua intenzione irritarlo tanto; ma Red ormai ne era sicura: non avrebbe mai catturato il Lupo per l'Agenzia. Lui aveva agguantato il suo cuore e non c'era nulla che lei potesse fare. Mai si era innamorata nella vita, proprio per quel motivo. Quel sentimento rendeva debole il cacciatore che era in lei. La situazione attuale ne era la riprova. Peccato non essere riuscita a resistergli. In tal caso forse le cose si sarebbero messe diversamente. Lui l'aveva cacciata, s'era fatto inseguire, l'aveva catturata e poi posseduta. In pratica, l'aveva disarmata completamente, fiaccando di volta in volta le sue difese. Ora, tutto ciò che la spia voleva, era ritirarsi in uno chalet di montagna in mezzo al nulla e sparire. "É così," si limitò a ribattere con un'alzata di spalle, incurante dell rassegnazione che dimostrava al capo, pienamente consapevole di stare giocandosi la reputazione e la carriera alle quali fino a poco tempo fa aveva tanto tenuto.
"Bene. Sei sospesa da questo caso, e dal servizio per un anno intero." La voce del gran capo spezzò il silenzio che si era creato nella grande stanza. Suo malgrado, gli occhi smeraldo di Red si sgranarono per la sorpresa. Quella sentenza ebbe su di lei un impatto emotivo che davvero non aveva previsto. Non era mai stata sospesa in vita sua nè le era stato tolto un caso. Era un gran brutto colpo da subire. "Un anno è una vita," boccheggiò la rossa parlando con un filo di voce, fissando il capo stravolta. "Non mi lasci altra scelta. Le tue motivazioni per proseguire sono scarse." La Nonna era implacabile. Il bel viso teso e lievemente pallido, Rossa sospirò, abbassando lo sguardo e alzandosi lentamente dalla poltrona. In assoluto silenzio, senza emettere un fiato, lasciò l'ufficio, richiudendosi la porta alle spalle. "Sai cosa vuol dire questo, vero?" disse il Cacciatore, che fino a quel momento non aveva proferito parola. Dall'espressione che recava sul viso cotto dal sole, pareva trovare divertente la situazione. L'uomo di ghiaccio spostò lentamente lo sguardo nei suoi occhi marroni, il furore trattenuto a stento ardeva nei suoi. "Sì," replicò secco. "Lo so benissimo." Red imboccò la porta dello spogliatoio e si recò al proprio armadietto, verniciato di rosso, uguale a tutti gli altri, accostati al muro della stanza uno accanto all'altro, stretti come sardine. Una collega coetanea che armeggiava con il lucchetto accanto a lei le scoccò un'occhiata incerta e solidale. "Mi spiace molto." Incredibile quanto veloce si diffondessero le voci in quel posto. Non c'era spazio per la privacy. Un motivo in più per Red di essere estremamente riservata. Già era la nipote del capo... "Anche a me," sbottò la rossa con più rabbia di quanta credeva di provare, mentre ritirava alcune cose personali dall'interno del mobiletto in metallo. La sua mano si fermò dopo aver richiuso lo sportello. "Scusa." Guardò la collega, gli occhi lucidi di dispiacere e senso di colpa. Tra tutti, Lucy era quella con cui aveva legato di più. Per quanto alle spie fosse concesso di legarsi a i propri colleghi. I rapporti interpersonali tra di loro non erano certo incoraggiati.
"Allora, Spy... abbiamo fatto il botto?" La voce canzonatoria poteva provenire solo da una persona. Red si voltò, il viso di selce. "George," osservò con un tono per nulla benevolo. L'uomo, sulla trentina, occhi e capelli castani, lineamenti banalmente comuni e insignificanti, allargò le labbra orrendamente carnose in un sorriso di scherno. Red decise che ne aveva abbastanza per quella giornata. Salutò Lucy con un lieve calore nella voce sussurrata e ò accanto al collega per uscire, diretta verso casa propria. "Battiamo in ritirata, eh?" fece quello allegramente quasi stesse parlando del tempo, poggiato a braccia conserte allo stipite della porta. La rossa si fermò davanti a lui mentre solcava la soglia e lo guardò dritto negli occhi con aria di sufficienza. Nessuno sfidava la Rossa. "Sei sempre stato un pezzo di merda. Non peggiorare la tua situazione. Mhm?" Gli rivolse un'occhiata d'intesa, sollevando le sopracciglia, che spinse l'altro a deglutire rumorosamente. George era l'unico stupido abbastanza da sfidare la spia migliore dell'Agenzia con tanto candore. Eppure nessuno poteva batterla nel confronto, sia psicologico sia sul campo. Detto questo, la giovane spia distolse lo sguardo ignorando completamente l'individuo e lasciò l'edificio. Giunta al proprio appartamento, come sempre, lasciò le chiavi sul mobiletto di fronte all'ingresso. Lasciò lo zaino sul pavimento lì accanto e allungò le braccia in alto, stirando i muscoli tesi. Quanto sentiva il bisogno di un po' d'amore, ora... "Sembri aver avuto una brutta giornata." La voce bassa e vellutata del Lupo la raggiunse dal punto estremo del loft, eppure sembrava che sussurrasse al suo orecchio. Red voltò la chioma tiziana e guardò la finestra aperta sul traffico mattutino. La sagoma dell'uomo seduto sulla finestra, si stagliava nella luce argentea. "Sì. Molto brutta." La rossa andò a stendersi sul proprio letto con un sospiro, fissando il soffitto sopra di sè con aria pensierosa. Le mani dell'uomo salirono sulle sue cosce fino ad afferrarle dolcemente la vita. Si muoveva con una velocità e una furtività quasi soprannaturali. Le iridi verde scuro della spia si fissarono su quel ladro, di nome e di fatto, accendendosi subito di desiderio. Strano come le fe quell'effetto... mai provato con nessuno. L'uomo si stese su di lei, le mani che accarezzavano la pelle sotto la maglietta leggera.
"Sono stata sospesa." Lo guardò dritto negli occhi, mentre un piccolo fuoco le si accedeva tra le gambe. Fece del suo meglio per resistere alla tentazione di concedersi a lui senza remore. "Sono dispiaciuto." Dal tono non pareva. Ma a Red non fregava un cazzo. Significava una vittoria in più per lui e una in meno per lei. Si domandò quando avrebbe smesso di perdere in quello strano confronto fatto di ione e competizione. Le gambe della rossa si separarono spontaneamente come se avessero atteso il corpo di quell'uomo per molto tempo, e avvolsero la sua vita in una morsa leggera ma implacabile. Le labbra del Lupo sfiorarono la pelle della gola di lei strappandole un sospiro d'eccitazione. La vista le si appannò per un attimo. "Perchè mi sento così?" "Perchè mi ami." "No. Non ti amo." Per lei non era così facile ammettere un sentimento che razionalmente non comprendeva e che la rendeva più debole ed inerme di un bambino appena nato. Il suo orgoglio non accennava a cedere, anche se tutto il resto, la mente, l'anima e il corpo, l'avevano già fatto. E non era così sicura di cosa lei stessa provava. "Continua a parlare. Forse un giorno ti convincerai." La rossa ringhiò tentando di azzannargli il naso, lo sguardo irritato e furente. "Smettila. Hai già avuto tutto da me. Che cosa vuoi ancora?!" "La tua ammissione. Di sconfitta." "Mai." "Ma ti ho sconfitta." "Mai." Le mani scorsero verso l'alto per sfilarle la maglietta da sopra la testa, la chioma rossa venne sparsa sul letto... e a quel punto aveva già vinto.
Epilogo
La baita di montagna era situata su un promontorio con una parete a strapiombo, circondata da alti pini dal fusto sottile e gli aghi scuri. La vegetazione alpina la circondava avvolgendo le sue mura in tronchi di legno in un abbraccio naturale, nascondendola alla vista. Tra le lenzuola bianche del grande letto rustico, Red raggiungeva il terzo orgasmo di fila senza che lui ne avesse avuto alcuno. Il suo ghigno soddisfatto le dava ai nervi, ma non poteva non ammirare la potenza del suo fisico. Ansimante e stremata lo fissava con un misto di amore-odio. Il Lupo scivolò al suo fianco, sistemando la testa su una mano, il gomito piantato nel materasso e la guardò sorridendo. La spia sorrise a sua volta, lasciando cadere le proprie difese, come ogni volta che lui sfoderava quell'arma ancor più letale di lui. "Come fai?" sussurrò la donna allungandosi per posare le labbra sulle sue in un bacio caldo. "Non te lo dirò mai," ribatté l'altro, e si vedeva che si divertiva un mondo a stuzzicarla. "Ti prego... pensi che non sia capace di scoprirlo? Sono una spia dopotutto," rispose l'altra a tono con un sorrisetto malizioso. "Ma non sei riuscita a catturare me," saltellò l'altro sul letto con un colpo di fianchi, continuando a sbeffeggiarla. "Mmm... ne sei sicuro?" Piantò lo sguardo dritto nei suoi occhi. Lui perse l'espressione beffarda e si portò nuovamente sopra di lei, senza interrompere il contatto visivo con lei. Avvicinò il viso al suo fino a poggiare la fronte su quella della giovane donna, che negli occhi recava già i primi segni di cedimento. "Okay, okay!" sbottò la rossa poggiandogli una mano sul petto. Sbuffò. Con lui non poteva vincere quel duello. Era davvero testardo. Di gran lunga più testone di lei. Il Lupo tornò a stendersi sul materasso, stavolta supino, e sorrise fissando
il soffitto con un'aria divertita. Red non resistette all'impulso di stuzzicarlo ancora un poco. "C'è qualcosa di interessante da vedere lassù?" Scoppiò a ridere fuggendo inseguita dall'uomo, tirandosi dietro il lenzuolo per tutta la casa. La rossa tornò a buttarsi sul lettone, rimbalzando e lui le finì addosso, ridendo. Non aveva mai udito suono più caldo e piacevole... "E pensare che eri uno spietato criminale," sorrise lei, gli occhi brillanti. "Lo sono ancora," rispose l'altro con un sorriso beffardo. Ancora. La provocava continuamente stimolandola fino farle perdere il controllo. Nessuno aveva mai osato tenerle testa a quel modo. "Non ci credo," fece Red piegando un po' la testa. "Raccontami qualcosa sul tuo ato," lo incoraggiò, incuriosita. Lui sospirò e assunse un'espressione concentrata, come a raccogliere i pensieri. "Ad esempio, dove hai imparato a combattere?" lo incalzò lei. "La Savate," iniziò lui, ripercorrendo mentalmente i ricordi legati a quelle parole, "mi è stata insegnata da un allenatore di una palestra clandestina dove organizzava incontri, Francois Martin, perchè potessi difendermi e sopravvivere sulla strada. So che non ci crederai, ma da ragazzino ero piuttosto mingherlino e tendevo perciò ad attirare l'attenzione dei bulli del quartiere. Martin mi fece partecipare anche agli incontri illegali e mi allenò duramente, trasformandomi in uno spietato assassino." Lo sguardo che le rivolse le diede i brividi lungo la schiena. Al che l'uomo scoppiò a ridere, nel vederla così intimorita. "Coraggio tigre, mica ti mordo!" sbottò per darle comunque un morso alla spalla, che sapeva bene quanto la eccitasse. "Ma con me sei adorabile..." "Tu sei speciale," mormorò l'uomo con una strana luce negli occhi. Era forse felicità quella che vedeva negli occhi del selvaggio e inarrestabile Lupo? Era forse riuscita a fare breccia in un cuore nato e cresciuto nella violenza per renderlo più cedevole e plasmabile? Fosse stata una spia in servizio attivo avrebbe potuto usare tutto questo contro di lui. Ma non lo era. "ai ciò che ho detto contro di me, vero?" Lei lo fissò, seria, cercando di capire se la stesse prendendo in giro come al suo solito. Lui sorrise. Red scosse la testa.
"Anche se volessi, ormai non potrei più farlo," mormorò sollevando il capo e incontrando le sue labbra in un dolce bacio. Quella sera era speciale. Doveva essere organizzato tutto come preparato in largo anticipo. Le candele alte poste a centrotavola svettavano verso l'alto, diffondendo una tenue luce dorata nella cucina dello chalet. In forno attendeva un pollo arrosto cucinato con le patate che la rossa avrebbe apprezzato. La vide apparire sulla soglia, uno stretto vestito aderente che brillava al buio, argenteo. "Sei bellissima," bisbigliò il Lupo avvicinandosi, e baciandole le labbra e la mano destra. Lo sguardo nei suoi occhi era palese: la sua compagna era carica di aspettativa, che lui non avrebbe sicuramente disatteso. La condusse per mano, come fosse una contessa, e le scostò la sedia facendola accomodare. Quindi pose sulla tavola approntata il vassoio con la pietanza che aveva cucinato con le proprie mani. Sedette al proprio posto all'altro capo del tavolo, mentre Red lo fissava. "Che c'è? Non vorrai mica che ti tagli pure il pollo?" esclamò l'altro con il suo classico sorriso beffardo. "No, scemo, sono in grado di tagliarmelo da sola!" ribatté lei a tono e si tagliò una bella coscia esibendola come trofeo infilzata sulla forchetta. "Ta-da!" Gli sorrise provocante. "Rinfodera l'arma, tigre, o ci ritroveremo a letto prima di aver finito la cena," ridacchiò lui servendosi una porzione di carne. "Non sarebbe male," commentò la rossa con una risatina e uno sguardo eloquente. "Ninfomane!" ringhiò l'altro dall'altro lato del tavolo. "Perdente!" esclamò lei con un sorriso malefico. Entrambi scoppiarono a ridere. Erano una coppia perfetta. Le due candele che avevano rischiarato il delizioso pasto si spostarono in camera, una per comodino, mentre i due corpi sotto le lenzuola tornavano a cercarsi ancora, nell'ardore della ione che consumava le due anime. Continuò a possederla più e più volte, le sue urla protette da chilometri di boschi,
risuonavano nella notte stellata. Non si fermò finché lei non gridò "Basta!" in preda a un orgasmo delirante. L'aveva sfiancata. Proprio com'era suo proposito. Le braccia forti si strinsero intorno alla sua esile vita e le labbra le baciarono la pelle dal ventre fino al solco tra i seni sodi, che al solo sguardo gli facevano scorrere i brividi di piacere lungo la spina dorsale. "Lascia che ti possieda, un'ultima volta," mormorò roco, a voce bassa, mentre gli occhi della spia si schiudevano, lucidi. Aveva sentito il trillare del cellulare nascosto che squillava solo in un unico caso: se al capo della GRANMA fosse successo qualcosa. Qualcosa di grave. Prima che la sua mente sveglia concepisse il significato delle parole dell'uomo, quegli occhi verde giada si spalancarono insieme alle labbra rosse in un urlo silenzioso. Il sangue caldo di Red colò sul manico del coltello da caccia del Lupo, la cui lama era interamente infilata nella schiena della spia. "Mi dispiace, amore mio," la baciò il ventre con un vago senso di disagio al petto e alla bocca dello stomaco che si andava intensificando lentamente. Non ci fece caso. Così come non fece caso alla presenza che sembrava essersi materializzata alle sue spalle, facendolo voltare giusto nel momento in cui il dito del Cacciatore premeva il dito sul grilletto del suo fucile. La testa del Lupo esplose come una bomba di carne, le cervella schizzarono materia cerebrale ovunque ridotta a brandelli sanguinolenti. Il Cacciatore contemplò il casino. Sospirò, chiamando via radio la squadra di pulizie, che era rimasta in assoluto silenzio radio fino a quel momento. Che grande spreco. Due elementi così capaci andati perduti in una maniera così stupida. Se solo lei fosse stata abbastanza sveglia... Se solo lui non avesse scelto la via del crimine... Ma si sa, la vita non si può basare sui se sui ma. La vita si basa sui fatti. Ed uno di questi è: il lupo perde il pelo, ma non il vizio. FINE
note
[1] Questo libro è un’opera di fantasia. Personaggi e luoghi citati sono invenzioni dell’autrice e hanno lo scopo di conferire veridicità alla narrazione. Qualsiasi analogia con fatti, luoghi e persone, vive o scomparse, è assolutamente casuale. Copyright ã by 2014 Tamara Cej Quest'opera è distribuita con Licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate 4.0 Internazionale. Prima edizione Tutti i diritti riservati.
[2] RINGRAZIAMENTI Per prima cosa, vorrei ringraziare il mio amico Beniamino, che ha riorientato la mia idea di questa moderna reinterpretazione della favola di Cappuccetto Rosso, fornendomi lo spunto per scrivere una storia appartenente a un genere che non avevo mai affrontato prima, allargando così le mie prospettive di scrittura. Egli ha inoltre contribuito a riportare il mio modo di scrivere agli antichi fasti, quand'era ancora spontaneo e incontaminato. Voglio ringraziare in particolare anche il mio compagno, che mi ha aiutato davvero molto con la formazione dei neonati personaggi, soprattutto il Cacciatore e il Lupo, grazie alla sua fantasia visionaria e fuori dal comune. Senza il suo o i protagonisti di questa storia non sarebbero stati gli stessi.