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Sul serio ma non troppo

Annarita Coriasco

© Annarita Coriasco 2011

Edizione Smashwords

Prima edizione

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Sul serio ma non troppo

LA DISCIPLINA

Un giorno un giovinotto senza dio parlò in confidenza al vecchio zio: “In questa vita corta e senza brio io voglio sempre fare a modo mio.

Si, prenderò per me ciò che mi pare e chi non gli sta bene so che fare gli schiaffo un pugno da far stramazzare che a me nessun può dir come viaggiare.”

Rispose il vecchio zio un po’ sornione: “Mi sa che tu hai proprio gran ragione mai niuno mi servì senza obiezione son anni che non ho soddisfazione.

Codesta disciplina fa il mio buon uso” ciò detto gli appioppò un bel destro al muso.

BELLO SENZ’ANIMA

Avevo nella memoria il tuo ovale liscio di latte la tua storia senz’arte nè gloria. Il tuo futuro uguale al mio privo di un dio apparente da cosa morta che trascina il respiro oltre i letti dei fiumi entro le spighe di grano. D’artefatto mobile d’utile resa d’acque chiare e oscure al tempo stesso. E chi mi può colpire se io t’amo? S’amano tante cose inutili anime perse.

Perchè io non dovrei amare la grazia del tuo volto ovale? Forse dovrei pregare per non amarti di più. sei bello e senz’anima...

...Tiro l’acqua e ti guardo, laggiù...

L’INTELLETTUALE

L’intellettuale entrò come leone tra le pecore belanti del salone si stava recitando un madrigale di tal Giuseppe Cozza da Barale. Contenne il giusto sdegno con maestria che avrebbe già voluto andare via. Applausi compiaciuti e acclamazioni per poco non si giunse alle ovazioni. Egli sorrise, turossi il naso bolso si fece forza e cominciò il discorso: “La poesia ha un valore estrinsecabile nella misura in cui...” Quella vecchiaccia rifatta e intontolita pensò, ricorda una gallina rinsecchita... Il suon dell’oratoria terminò a tè e pasticcini disse “no” doveva andare a un altro appuntamento dove s’inaugurava un monumento.

Ancora applausi e il vecchio Presidente che di poesia non ne capiva niente la solfa cominciò su fama e onore con la velocità d’un senatore. L’intellettuale aveva il grugno tosto voglia di andare aveva in certo “posto” ma s’attardava con eroico sprezzo rischiando di mandare un certo lezzo. La tradizione vada ognor seguita scortato sia il grand’ospite all’uscita che un bel milione e mezzo di saluti trattengono ogni impeto, anche i più bruti e che per consolar da tante pene credete pure a me, van più che bene...

NOTTURNO N.4 (da Emilio a Silvio)

Amo le foglie secche che turbano i tuoi i e del ragno che ti morse la nefanda tela conservo. Amo il tuo viso fiero che d’orgoglio ti distoglie e la notte che mi ispira ciò che non potrò dirti riamato... T’amo come pio bove come tu t’ami allo specchio! Se tu fossi basso e pelato io t’amerei lo stesso... T’amo, quando al telefono odo in estasi la tua voce. Ho una prece pei tuoi sospiri una lacrima pei tuoi sorrisi. T’amo. A che vale esser fieri?!

Al vessillo d’amor non si comanda! L’anima mia prona è incatenata in Fede tua per sempre.

NOTTI DA METRONOTTE

Quando la Luna in seno ai coppi sporchi di caliginose nefandezze non si rispecchia affatto ma mi insegue io arroto sull’asfalto un toporagno pensando a un bagno caldo e rilassante strofino le mie mani infreddolite sotto le ascelle nidi di calore suono un pochino solo il camlo e la catena gratta contro il carter appiccico molliccio il mio biglietto

fischietto per donarmi impavidezza. Poi svolto l’angolo e ammiro il paesaggio di luci, ombre, gatti spelacchiati bidoni mezzi pieni e mezzi vuoti qualche ubriaco e qualche bella gamba. A me la Luna dice quasi niente al massimo ripete “sei abbonato” io sogno il giorno, il sole un verde prato e la mia donna che ci corre sopra libera da lenzuola buio e sonno. E vedo la sua faccia in pieno sole che quasi manco più me la ricordo.

INSULSA

Oh, Calliope d’eterea nefandezza ti libravi su me e il corpo quotidiano svaniva in bracieri d’incanto.

Oh, insulsa ch’io t’amai di breve ardore di tua linea che strema in ombroso languore. Così svettavi nell’aere.

Così, la virgulta ione di tuono l’emozione la tua caviglia ardita i tuoi i silenti: “Son duecento sacchi per un’ora e venti!...”

DIVA 2010

Recitava sussiegosa con le tette in prominenza poi cantava chissà cosa demolendo ogni pazienza. Ballicchiava come statua ingessata e smutandata indi la si intervistava e una diva diventava. Sempre in posa da quel giorno notte fonda e mezzogiorno col politico, un ginnasta, uno con “le mani in pasta”, calciatori, un produttore, col cantante a Singapore. Quindi un libro di memorie qualche amore, poche glorie due “canotti”, il botulino quei tre film per contentino

un neonato in tarda età una tresca qui, una là con le tette ancor più su e una sedia alla tivù come ospite gaudente: “So far tutto e faccio niente!” Poscia a destra. Indi a sinistra. Finirà come Ministra di cultura o educazione? Viva la televisione!

LA DISTRAZIONE (del poeta)

Io non amo che il mio sogno ma non so più cosa fare è sempre più difficile veder senza guardare.

Io vedo il sicomoro e tutti gli uccellini cinguettano estasiati ai miei ricordi affini...

Ma quando mi distraggo le ali son d’acciaio il sicomoro evade s’arremban guerre un paio.

Allora penso lesto al languido mio amore

che turba la mia anima e spasima il mio cuore.

Ma a un’altra distrazione l’amor diviene limbo l’anima è piena notte con i clienti a frotte.

M’accrocco sul ricordo d’infanzia mia gioconda di mamma, abbracci, giochi la lacrima s’appronta.

Ma ancora mi distraggo la mamma cambia aspetto... ...Le mosche, vacche magre, un bimbo inerte al petto...

...Rientro nella selva (che sta nel mio cortile) vedo le oche placide

ricordo un arenile...

Ma sulla sabbia fina (oh, orrida visione) due o tre balene morte, petrolio a profusione.

Allora d’un sol colpo io o alla preghiera pei poveri del mondo per chi più niente spera.

E i poveri festanti fan “ciao” con la manina... ...Ma manca ognor l’appello la solita bambina...

...Che l’abbia fatta fuori un vecchio sporcaccione cercando di strapparle l’infanzia e la ragione?

“La vita è ben terribile ma sol col sentimento si può arrestare l’odio il general tormento.”

Cantiam la ninna nanna ai bimbi poveretti la spiaggia è un po’ inquinata? Calziamo i gambaletti...

Gli aerei su nel cielo sono aquiloni blu l’amore è il cuor del mondo... ...Se indossa un bel tutù.

ARBITRO

Di palle rotonde in giri e volteggi porti il ricordo fiero.

Arbitro sparviero. dal tuo fischio possente si estende il nostro destino... Sferra il tuo giusto strale.

Arbitro fatale. Di giudicar correndo non ti stancare tosto. Ma il fallo era ingiusto...

Arbitro vetusto. Nè gesti impudichi nè insulto alcuno ti posson render muto.

Arbitro cornuto.

L’AMOR CORTESE

Quando le stelle evolvono e l’onda è sinfonia io dell’amor cortese ho somma maestria.

Quando le stelle tremano e l’onda è luminosa nell’aere tersa d’ambra vorrei darti una rosa.

Quando le stelle fulgono io non la trovo più trasalgo e poi rimango con le mutande giù...

AMOR DI PATRIA

Nell’alba greve e madida tra l’onde un sacrificio il tuo giovin respiro offerto a stral nemico. Cotal ferale dramma ognor ti porta amore chi grazie a te è intonso ancor per te si duole. Nulla potè salvare le tue spoglie mortali oh, mitile perito pei nostri focolari. A tale gesto eroico del tuo respir valente si aggrappa l’alma nostra la nostra speme tende. È gonfio il nostro cuore oh, mitile adorato

che unito ai tuoi compagni la vita ci hai donato. Che alfine i nostri palpiti riposino esauditi: la patria ti ha chiamato ai tavoli imbanditi! Oh, mitile impepato oh grande nostro orgoglio! La tua carne si’ impavida condita è già con l’olio...

L’ITALIA S’E’ DESTA (seconda repubblica)

In ogni politico s’annida ideale sposandosi appieno col sommo cianciare.

Chi ha dure condanne per questo e per quello chi ama chiosare a suon manganello.

Chi invece ridesta la Patria che chiama chi sforna balzelli chi giunge al proclama.

In tanto ideale ognun se n’è accorto

han tutti cert’aria da Cristo risorto.

Sarà che le spoglie ancora son calde ma mai s’eran viste idee più spavalde.

Di già il parlamento ci pare cambiato dal troppo fermento è ormai trasformato.

Dal magico quadro ch’è televisione è gran privilegio goder tanta azione.

Gli illustri che pensano con l’occhi serrati. Cotale ch’eloquia

son tutti eccitati.

Al punto che alcuni non san trattenere il loro consenso il loro parere.

Non vedono l’ora di giusto intervento stan zitti e seduti trasudan sgomento.

Il naso tormentano con dito nervoso il loro è intelletto fervente e operoso.

È inutile dire! Traspare la scienza la voglia di fare la somma impazienza!

Possiedon l’ardire del popolo tutto da tale irruenza il male è distrutto.

Ed è ben per questo che Italia s’è desta e amor di politica si cinse la testa.

UN, DUE, TRE (alle commissioni giudicatrici dei premi di poesia)

Un, due, tre questa rima fa per me la do in pasto all’uomo nero che ci ride un anno intero fra i clamori sfolgoranti e le groppe balenanti c’è l’incenso, l’emisfero infundibulo e pur vero c’è sto’ cuore con l’amore il pulviscolo silente c’è il frattale illuminato il glaciale brillo alieno dove gocciola l’aurora

sulla sabbia zigrinata c’è chi lucida le valve chi smeriglia l’onda tersa coi guizzanti pesciolini le barchette, i luparini c’è chi al mare liscia il pelo chi s’impenna sopra il pero e le margherite bianche case rosa, il cielo blu... ...Ma chi legge poesie? Io mi guardo la tivù.

MARGHERITA

Margherita, ti penso nelle ore d’estate

quando il sole lambisce ogni messe d’umano lavoro e la terra esala profumo di spezie. Margherita, ti cerco, ogni sera, ogni mattina laggiù sotto gli ulivi del nostro primo incontro. Ti cerco tra le vie, le case persino nei negozi tra stupite massaie. Margherita, ti voglio. Nel susseguirsi di notti nelle ore in cui solo le anime perse i gatti e i fornai vegliano stolti. Margherita,

perchè non torni? Anche il cielo sa quanto ingiusto è il mio dolore... E quel cane è in ferie ha chiuso la pizzeria!

ODE ALL’AMOR GLABRO

Chioma, frantumata nell’orrida cattedrale smunta della mia calvizie. È giocoforza restare nell’ombra o uscire snudati sotto le lance di una canicola spietata per raggiungerti e amare... È possibile estrarre l’essenza Di una tale tragedia E costringere il capo stremato (non domo!) a piegarsi al farmaco vile, terrigno o all’usanza di camuffi tubercoli incollati alla testa a mo’ di cimiero? (Giammai!) Camminerò solenne, impavido

tracotante nel mio implume destino. Come terra dissodata attenderò il miracolo chiomo. E se non sarà la fluente cascata non ti negherai oh mio amore giacchè il tuo occhio desioso non scorgerà imperfezione, e simile a liscio scudo io proteggerò il tuo respiro... Accorro a te senza più indugio tra poche ore saremo ricongiunti e l’eterno soffio dell’amore trionferà su questa fronte piana. Oh, fulgidissima dea, anelo a quell’istante e il pensiero dei tuoi riccioli vezzosi affretta vieppiù il mio o. Oh, il rimembrare le tue trecce brune di un’alba in cui sorgeva il sentimento tra i banchi e i calamai

dell’innocenza primeva! Oh, che sarà mai ora Del tuo capo d’opale nobile Di quelle trecce soavi e scomposte? Ti adornerò dei lontani nastri rossi ti vestirò di novella innocenza ti farò mio universo immutabile e grande... ...Ti farò volentieri uno shampoo!

TELEPHONE

Su vieni per un drink. In casa ho un nuovo look! Ci ho un disco proprio shock un heavy metal rock... ...No, certo non è kitch è solo un po’ retrò... ...Già, “L’ultimo métro” l’ho visto, proprio out... Ma certo, do l’O.K. ci firmo anche lo cheque mi piace, è molto “in”. Non è il solito spot... “Salviamo i nostri slang” è forse un po’ time-out direi invece al team di stare sul naïf e poi un bel sit-in e una convention-flash

“Dialetto oggi” il titolo direi ch’è proprio il best... ...Tuo figlio è manager? Ma allora sei al top! E senti, l’Euro Card non sembra un po’ fané?... ...O.K., ma sì, vabbè lo so, è un business – group ma io voglio sto’ spot lo pago più di voi! Nessuna lingua è morta! Vabbuono sì, o no?

LO SPECIALISTA (dal bastone alla carota)

Io son lo specialista di ciò ve ne assicuro con me tutti i problemi vanno diritti al muro.

Se i tempi hanno in loro un qualche mal fermento può fare di più un look che un pugno a onor del mento.

Una chitarra elettrica due gambe strabilianti van più di repressioni di celle e pompe idranti.

La lira ognora langue? ma l’arte invero sana!

Voilà! Un Pitti Bimbo... Rimedio all’italiana.

Problemi nell’immagine? Il giovin non è pio? C’è il rock che come sempre da anni va da dio...

Si muore un po’ di fame, d’uranio e anche di noia? Convegni, principesse... Esperti e tanta soia...

Le tasse non son sempre legali e sacrosante? È pronto un nuovo quiz e un caso “assai toccante”...

Insomma, date retta al mio sommo sapere son anni e anni ancora

che io ve la do a bere...

Oh no! Non mi presento in mie giuste vestigia io sono sempre stato un’eminenza grigia...

Del resto, dopo le guerre le bombe e i manganelli è a me che si ritorna io porto i tempi belli!

A me che son vetusto e invero sempre attuale e al motto mio superbo: “Carote a tutto andare...”

25 APRILE

È la banda tutta il piazza sta suonando con fragore sale il Sindaco sul palco con la fascia tricolore.

Ecco i vigili schierati gli Assessori sull’attenti le maestre fan tacere gli scolari impertinenti.

Della folla il poco resto è silente già da pria ora il Sindaco tossicchia il discorso prende il via.

Una visita sul Piave... La gran lode dei valori... La parentesi “olocausto”...

“Il futuro è dei minori...”

Il discorso è terminato degli applausi ecco il coro già la banda lesta attacca il sol splende tutto d’oro...

Quando l’ultima biscroma ci riporta al dì corrente pure il Sindaco è scomparso come tutta l’altra gente.

Resta il palco, ormai deserto le bandiere svolazzanti la commemore mezz’ora s’è involata con gli astanti...

I fantasmi son riposti tra quei fatti assai lontani e la banda è già nel bar che si beve il “gran domani”...

LA PROVA DEL CUORE

Sospira la mente s’imporpora il cuore son tutti che scrivono frasi d’amore. Ognuno si sforza di poetar la novella e a me chi ci pensa? Io son cacarella! Anch’io son tangibile ho odore, colore anch’io manifesto una prova del cuore. E no, non son bella ma l’arte dà impronta a ciò ch’è d’umano seppure c’è l’onta. Perciò pur di me si potrebbe parlare

dar luce, semente insomma, poetare. Lo ammetto, si sa che la braga calata non fa gran figura se messa in parata. Ma se anche la morte è messa in vetrina perchè non fermarsi e arrivare in latrina?

LA PACE

Com’è bella la pace! Fiori e marmi conformi al poeta un eroe là nel firmamento ectoplasmi di bombe lontane. Com’è buona la pace! C’è la mamma che soffre da sempre imbiancata dagli anni più grami e le buone novelle istruttive col futuro assai pregno d’amore. Com’è grande la pace! Con le mani che stringono mani ed il coro di voci inneggianti ecco, l’anima fa capolino ed il mondo è soltanto dei probi. Com’è cara la pace! Tutti sanno che vive nel cuore la festeggiano anche i potenti

e discende su buoni e virtuosi come manna sul popolo eletto. Com’è sacra la pace!

Ma chi è dunque quel bimbo cattivo che si fiuta la colla e mi assale?

Gli sparo.

L’INGIUSTO FATO

D’onesta civiltà è il mio dolore non per vinto mi do d’umano sdegno vivo tal fato sì spavaldo e fiero che mai potran tacciarmi d’esser schivo. Eppure d’alma il viso non s’incarna giacchè tutto è coperto d’enfie creste dall’acne vilipeso è ingiustamente che il core mio trabocca in sentimento. Deh, brufolo spietato, non t’accora di devastar cotale nobil fronte? Di tanto pellame che ricopre il mondo proprio del tappezzare il mio sembiante dovevi tener sì fede e accanimento? Quale brutale stolta opra compi! Nulla dissuade la tua bruta mira! Lozioni, preparati tieni in iscacco di dotti e di strizzate ti fai gioco... Brufolo vile! Nasci ma perirai!

La mia rivalsa avrà giogo potente. Per ora resti, attento e radicato... Sventura a te, oh pedicello odiato!

TECNOLOGICO D’ARDIRE

Volo in alto e tra le stelle col villaggio più globale io comunico in eterno con la scienza più totale. È un peccato che a qualcuno non sia dato d’ammirarmi e stia basso col suo nulla a comprare vecchie armi a mangiare vermi e sogni a morire nella culla. Ma io volo senza tregua l’universo mi fa vivo e volando tra le stelle sparo addosso al primitivo... E laggiù nella foresta traccio strade d’avvenire volo in alto tra le stelle

tecnologico d’ardire.

VENERE ANTICA

Siede col trucco mezzo sfatto la lacrima rappresa neanche l’ombra del sorriso d’un tempo. Basse le protuberanze d’amore neppure l’eco dei fasti ati: Fascino, appréssati ritorna da lei sulle ali d’acciaio temprato d’un ciarliero chirurgo famoso; ei brama riscolpire novello Michelangelo le forme decadute e, nell’impeto d’amore estetico

non s’avvede punto del naso suo oblungo e carnoso, di borse da viaggio a contorno d’acuta sapienza... Oblia l’epa strabordante accucciato nel camice serioso. Desiando parcelle non parche s’arrovella su zizza tremula da plasmare in busto di marmo. Soggiace compiaciuto alle proprie mani supreme valve botticelliane non mai però serico e smagliante scrigno di bellezze perdute. Piuttosto, reticolo asettico

salsicciotti guantati di scienza. E lei più non piange, si consola vezzosa nel domani volando all’idea d’una giovane Venere antica...

LA GUERRA IN BIANCO E NERO

Disse un giorno il re nero a quel foresto e bianco “Ben poco io t’intendo e non mi piaci manco”.

E disse quello bianco al re foresto e nero: “Neanche un po’ ci penso se tu mi piaci, e spero

che con la sorte ria che d’ora in poi s’avanza mi torni più che comodo bucarti quella panza.”

Quell’altro re di colpo si mise a sghignazzare:

“Facile non sarà... la sfida vo’ accettare.

Ma ti dirò, senz’altro l’esercito che schiero e valoroso assai è forte per davvero.”

Disse il re bianco al nero: “Bisognerà vedere...” E quello nero al bianco: “Riparati il sedere!...”

“Io sarò il primo, è ovvio! lo vuol la tradizione!” E il re bianco, si’ tronfio d’è inizio alla tenzone:

ecco gli enormi eserciti possenti e assai pugnanti. Nessun che vada indietro.

Van tutti quanti avanti...

Del resto è a molti noto giammai nessun potè negar la propria vita a un grande, sommo re.

L’immane, cruenta sfida fervente proseguiva e tra i pedoni bianchi pian piano si moriva...

Poscia esalaron anco duo o tre gran cavalieri e un generale solo coi loro bei destrieri.

E in tale punto gramo regal bianca consorte riuscì a cambiare tutto anche la propria sorte...

Comprò ministri a iosa di quell’opposto regno con nobili “favori” lei mise il colpo a segno!

Il re nero s’arrese le ostilità sospese e il bianco, lancia in resta lavò l’opposta testa:

“Rovina a chi con boria vuol darsi ingiusta storia!” Sorrise il vincitore di gloria avea il fulgore...

Trionfo d’un istante mai fu più elettrizzante! Eppure in un momento conobbe lo sgomento...

Sentì afferrar la testa da mano enorme e lesta. E infin, con suo dispetto tornò giù nel cassetto...

LIBRI DI ANNARITA CORIASCO “UN CASO COMUNE – Delitti di provincia 1” (giallo) “OMICIDI TRA LE RIGHE – Delitti di provincia 2” (giallo) “LO SPECCHIO, LA SPADA, IL FUOCO E LE CATENE” (fantasy) “MOVIE PLANET” (giallo fantascientifico) “PROFILO D’AUTORE” (umoristico) “DISARMONY – Racconti rosa ‘sciocching’” (umoristico) “SUL SERIO MA NON TROPPO” (umoristico) “SABBIE MOBILI” (poesia) “VOCI FUORI CAMPO” (poesia) “ODI BUROCRATICHE” (umoristico) “UNICO INDIZIO: UN FILO D’ORO – Le indagini di Lady Costantine (Torino 1806)” (giallo) “IL SUONO SEGRETO DELL’ARPA – Delitti di provincia 3” (giallo)

LIBRI DI DANILO CORIASCO “POESIE E PENSIERI POSTUMI DI UN CARRELLISTA FIAT” (poesia)

(la raccolta è stata già parzialmente pubblicata nel 1998 dall’editore Montedit, quale premio del Concorso “Age Bassi” ma l’autrice ne mantiene tutti i diritti)

http://annaritacoriasco.jimdo.com

Annarita Coriasco © 2011