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Nerina Stibel

Troia Celeste

L’autrice di Troia Celeste, Nerina Stibel, è una giornalista e una donna di esperienza, abituata alla scrittura di cronaca, veloce e priva di fronzoli poetici.

In questa sua opera prima di poesia erotica, Nerina ha voluto piegare il suo stile di cronista alle esigenze della descrizione poetica del sesso e dell’amore.

In scarne, ma ardenti immagini, la poesia di questa giornalista apre 40 finestre, tante sono le liriche di questo libro, sui letti dove giacciono, idealmente avvinghiate, altrettante coppie di amanti. E da ognuna di queste finestre Nerina vede, sente, annusa e tocca il loro sesso, il modo di possedere e farsi possedere, di desiderare e di godere.

Tuttavia non si ferma a descrivere gli amplessi e i giochi erotici, come ci si aspetterebbe da una giornalista. Non si ferma alla “troia”, che dà e pretende dall’amante, ma va oltre. Attingendo a piene mani dalla sua esperienza di donna, Nerina Stibel coglie l’anima erotica, “celeste” per l’appunto, della “troia”, e ne fa poesia.

Nerina vive a Milano, in un appartamento con quattro grandi finestre aperte su Corso di Porta Ticinese, ricolmo di orchidee e divani.

Sauro Ciantini, autore della copertina e delle creazioni fotografiche del libro, è illustratore e autore di strisce umoristiche, lavora per la pubblicità e l'editoria, realizza spot animati, disegna tessuti per la moda.

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Indice dei contenuti

Dio specchio Iniziazione Sesso e mani Autoerotismo Sazietà e fame Eccitazione L’odore Al telefono Tre uomini Ciliegie La sculacciata Seni Amico estraneo Ricordo spudorato In due Pizzo intimo Il Gong di Marte Sette minuti

Dita La frusta Praecox Stanza 225 Ero nuda Picnic Terzo incomodo La luce Donne in amore Risveglio Bacio Sadico La mano Troppo giovane Le tue donne Rossore Selfie Lingua Strade di piacere Danza a due Suono d’amore

Il tatuaggio Ringraziamenti

“Un uomo! Questo bramava. Un uomo con qualcosa tra le gambe che le fe il solletico, che la fe torcere nell’orgasmo, la portasse ad afferrarsi la fregna cespugliosa con tutte e due le mani, a strofinarsela con gioia, con orgoglio, con vanto, con un senso di rapporto, un senso di vita”. Henry Miller, Tropico del Cancro.

Dio specchio

Nello specchio

un viluppo pallido

di corpi fusi.

Ha quattro braccia,

su fianchi inquieti.

Ha quattro gambe,

che calciano l’aria.

Non so le parole,

non vedo il viso,

ma lì, tra mano e ombra

c’è la curva carnicina

di un membro tenace.

Nello specchio

c’è Dio, lo so:

un Dio che bacia,

un Dio che ama,

un Dio che orgasma,

dentro la pozza

umida del sesso.

Quel Dio eccitato,

riflesso nel vetro,

sei tu, sono io: siamo.

Iniziazione

Il cuore è intimorito;

il corpo lo brama.

Corre la tua lingua,

dall’incavo del ginocchio,

su, fino ai globi gemelli:

li dischiude, li contempla, li respira…

Come un devoto,

un preghiera verso la Mecca,

così io qui, prego te, Priapo,

di rivelarmi il segreto

del piacere sconosciuto.

L’occhio violetto dell'ano

è un fuoco nell'acqua,

quando, forzando le porte vergini,

affondi nelle tenebre.

Sesso e mani

Sotto la gonna

il fiume di miele

attende le tue dita.

Ma il piacere è crudeltà.

Si serrano le cosce

sulla mano prigioniera,

che si dibatte

tra sbarre di carne.

Eppure il piacere è lentezza.

La mano forza

la morbida prigione,

con preghiere e carezze.

Perché il piacere è desiderio.

A un o dalla vulva,

dove le ombre chiamano ombre;

la mano mi confida

i suoi desideri più spudorati.

Autoerotismo

Ieri sera avrei voluto risentire il tocco delle tue dita sulle mie labbra.

Avrei desiderato risentire il fuoco della lingua che richiama dalle profondità i serpenti dell’eros.

Mi sarebbe piaciuto osservare le serpi risalire i tendini e farsi strada verso le cosce.

Sentire il mio cuore bloccarsi nell’attesa, mentre il tuo indice, con tocco delicato, separa i petali serrati.

Avrei atteso quel momento, in cui le bisce avviluppano il sesso in spire di terrore e desiderio.

Avrei lottato ancora e ancora e ancora tra quelle spire umide.

Avrei voluto urlare, tremare, piangere sotto il ritmo a spirale crescente.

Ma ieri sera, la tua mano non c’era e il mio volo è stato breve.

Le ali del piacere hanno fatto un breve balzo in aria.

Poi, sono crollate, tremando, ripiegandosi sulla guaina vellutata.

Solo il mio cuore, insoddisfatto, è rimasto a vegliare la tua assenza.

Sazietà e fame

Hai soffiato sulla pelle,

liberandola dalle briciole

di mille e più banchetti.

Hai ordinato un piatto di sesso:

che ti ho subito offerto

aprendo la vulva con le dita.

Hai banchettato, ingordo,

sull’arruffato triangolo del pube,

senza badare alla mia fame.

Dopo, sazio,

ti sei addormentato,

stravaccato sulla fica,

che aveva ancora fame, fame, fame!

Eccitazione

Ha zampe di velluto

e fauci voraci.

Ha occhi che cercano

e froge che fremono.

Stasera noi siamo la preda.

Possiamo fuggire, urlare, combattere…

Invece stiamo qui,

facendoci strada

in questa foresta,

dove la tenera peluria

si fa alga, risacca, schiuma.

Attendiamo la fine,

tra onde di lenzuola,

come stelle di carne

avvinghiate

sul fondo dell’oceano.

L’odore

Non andare, ti prego!

Rimani dove lui ti ha legato,

con fili di carne e respiro.

Non andare, ti scongiuro!

Sentore di liquore vanigliato,

denso e aromatico.

Non andare, ti supplico!

Ti voglio ancora,

dove lui ha lappato

con tenera ingordigia.

Non andare via!

Le narici aspirato,

come sanguisughe,

le fragranze oscure

del suo corpo nudo:

la traccia inebriante

del corpo di un uomo.

Al telefono

Una voce in erezine,

arrampicata tra i peli

di una fica d’aria,

deposita

il suo sperma

sulla guancia riarsa.

…poi, più nulla.

Tre uomini

Lui arrivò per primo,

come vento leggero.

Senza fretta, timoroso,

bussò alla porta della fica,

ed entrò ondeggiando.

ò il secondo,

con i pantaloni turgidi.

Entrò nella stanza,

liberando dai vestiti

l’asta rigida e altera.

Dietro sé lasciò strie di sangue.

Venne infine un ragazzo,

in camicia amaranto.

Il cappuccio abbassato

sull’occhio lacrimoso.

Eretto, il giovane albero,

pianse lacrime calde

davanti alla fica,

che pianse insieme a lui.

Ciliegie

“Voglio le tue ciliegie”, ordini.

“Non ho ciliegie”, mento io.

Hai scosso allora

la mia anima di legno,

fino a quando

le bocche si sono sciolte,

una dentro l’altra.

Le ciliegie sono cadute

una, due, dieci, mille,

rotolando dai testicoli alti e duri,

sulle mammelle violate.

La tua lingua le ha raccolte

ad una ad una,

poppandone il succo

dai noccioli dei capezzoli.

Si serrano le cosce/ sulla mano prigioniera,/ che si dibatte/ tra sbarre di carne.

La sculacciata

Stai sul bordo del letto.

Prendi la mia mano e mi tiri giù,

sulle ginocchia calde.

Il sesso preme l'ombelico ritroso.

La mano scivola, tra le natiche, e prega.

Sto, sospesa, tra il pavimento e il cielo,

in equilibrio sul pene del mondo,

attendendo l’onda.

Il colpo arriva improvviso e atteso:

la natica sussulta, la fessura piange il piacere.

È rugiada di pesca e corallo.

Un altro colpo, un altro ancora e ancora…

Il culo brucia, si infiamma.

La schiena sgroppa, il respiro urla:

la pelle fiammeggia nel tramonto

marezzato d’orgasmo.

Sotto di me, zampilla lo sperma

che scorre a fiotti, dall’ombelico al cielo.

Non si ferma più!

Seni

Il seno minuto dondola ai lati del cuore

infastidito dai morsi.

Il seno grassoccio fa la gioia

del pene che imprigiona.

Il seno largo e forte detta il ritmo,

sta sopra, mai sotto.

Il seno piatto non c’è,

ma sa farsi trovare.

Il seno arrogante non sta negli abiti,

e i maschi li chiama.

Il seno collerico ansima e vibra,

la lingua non lo doma.

Il seno languido ballonzola pigro,

poi scivola di lato.

Il seno innocente protende il capezzolo,

ignaro del pericolo.

Il seno malizioso è asimmetrico,

e gioca con il giovane pene.

Il seno delle vergini arrossisce e si ritrae,

ma mantiene le promesse.

Poi c’è il seno delle troie, collina vellutata,

carne da sbranare.

Amico estraneo

Non lo conoscevo, non ancora,

e gli ero già amica.

Si ergeva tra le mie gambe

inchinando, di qua e di là,

la testa lucida di desiderio.

Non mi conosceva ancora

e la mia mano lo guidò

dentro la vulva irrequieta

e senza pudore.

Quando se ne andò, rimase il ricordo

di un artista, nel buio della cripta,

a cesellare per me, arabeschi d’orgasmo.

Ricordo spudorato

Resti, tra la lingua e il palato,

nel gusto sconosciuto di mandorla e sale.

Riposi, nell’angolo più umido,

carnoso, liscio e profondo.

Vivi, nel ricordo di un membro

che brucia, tra lacrime di sperma.

In due

È nella tua mano; è nella mia mano.

Scavalca l’orizzonte dei collant

si insinua tra i denti della cerniera,

le dita nell'arruffato triangolo del pube.

Si serra la mano sul sesso di sangue e respiro.

Danziamo?

L’orgasmo ci aspetta, al bordo della pista

sulle punte delle dita, bagnate d’argento,

e nel palmo stretto sull’asta

odorosa d’ambra e rugiada.

Pizzo intimo

Le gambe accavallate sul bordo del letto,

ti pregano e implorano, mentre tu guardi.

Il sopracciglio alzato è il segnale:

le ginocchia sciolgono il nodo aprendo le ali.

Il volo della tua mano, sotto la gonna, si fa lieve.

Ma una lingua di stoffa, crudele come brina,

la cattura e la imprigiona.

È l’incaglio di un istante.

Dal velo di pizzo sfuggono riccioli amaranto,

artigliano le tue dita,

le liberano, le vestono, le guidano.

Al di là della cortina di trine,

la vulva ducale le attende

per ingoiarle, una a una.

Il Gong di Marte

Dietro il paravento di giunco, la fanciulla

accarezza la mazza felpata del gong di Marte.

La vibrazione sonora

arriva, schiumando,

e guida la tua lingua

sulla battigia del sesso.

La fanciulla percuote il grande scintillante.

Le onde sonore ci travolgono

come cavalli selvaggi.

La lingua si fa soffice serpente rosato.

La giovinetta percuote il cuore di metallo.

A quel segnale, con tocco circolare,

delicato e ardente,

la lingua tesse una rete luccicante di saliva

attorno al bocciolo del mio piacere.

La fanciulla, a mani nude, fluttua tra onde sonore.

Le labbra tremano al richiamo del gong,

si serrano, succhiano con ingordigia.

Il suono del grande gong si fa urlo:

l’urlo ruggente del mio orgasmo clitorideo.

Sette minuti

Sette minuti per alzare la testa.

Cinque minuti per scardinare la porta.

Due minuti per entrare.

Un minuto per prendere.

Il corpo nudo, sorpreso ed esausto,

abbandona i seni pesanti,

al loro destino.

Dall’esile busto, delicatamente,

le mammelle di alabastro

si allargano verso le ascelle

sospirando al tempo filato via,

come un ladro.

Dita

Dita,

su corolle

di carne,

dischiudono

preghiere,

accarezzando

gemiti.

La frusta

Sibilo nella penombra:

bruciore profondo.

Il petto di latte e rose

sussulta sul cuscino.

Le corregge di cuoio

arrivano dal buio

zebrando di rosso

le terga candide.

L’urlo incanta la mano colpevole.

Le lacrime gocciano su labbra socchiuse,

che tremano, come luna nell’acqua.

Dita, / su corolle/ di carne,/ dischiudono/ preghiere...

Praecox

Sono qui

sotto un cielo di foglie,

vestita di ombre e luce

per lasciarti annegare

nel mio meato morbido.

Ma tu, in ginocchio, piangi.

Nel pugno,

sperma sterile

goccia sulla terra,

che non sa cosa farsene.

Stanza 225

Gemere, con labbra estranee

premute sulla corolla di carne.

Perché?

I velli del pube uniti

nella fatica d’amare, lottano.

Perché?

Sulla schiena, gocce di sale e stelle

stillano tra le natiche.

Perché?

Sul lenzuolo madito, l’ombra di banconote.

Ecco perché!

Ero nuda

Ero nuda e mi hai vestita di baci.

Ero nuda e mi hai riscaldata con le dita.

Ero nuda… e lo ero per te.

Hai leccato, mordicchiato, annusato, strofinato,

sei scivolato dentro il sesso, impaziente,

e lì sei rimasto, attendendo l’onda dell’orgasmo.

L’onda è arrivata, violenta,

dentro il mio corpo riarso.

Sei morto e risorto, nel tempo di un bacio,

e sei andato via, verso altri amori nudi.

Ora sono qui, nuda, ma è inutile:

non ci sei, non ci sarai…

Mi rivesto con i brandelli della tua assenza.

Picnic

Dimmi, di che cosa sa

l’orgasmo di una donna?

Che gusto ti lascia la lingua

impastata d’estasi?

... tu non lo sai. Ingoi il sesso a bocconi;

non assapori nessun aroma;

Rotoli dentro amori frettolosi,

pagati con minuti di carta.

Ma io, oggi, ti ho preparato

una tovaglia di carne,

con piccoli assaggi di miele e cannella.

Ho nascosto bocconi negli angoli bui:

li troverai affondando la lingua in calici roventi.

È un picnic d’amore: accomodati!

Col membro levato, dalla strettoia dell’inguine,

serviti!

Oggi conoscerai di che sapore sa

il corpo di donna imbandito per il piacere.

Terzo incomodo

La curva della schiena, che chiude il cielo.

Lo slip estirpato a forza dal ventre nudo.

Le cosce che pregano, cantando e sudando.

È scandaloso, lo so, ma lo voglio, lo vogliamo!

Lui guarda e ci sorride,

dalla porta della stanza:

il pugno stretto

sul membro fertile,

ruba il nostro orgasmo,

colpo a colpo,

scopandoci con gli occhi.

La luce

Che aspetti!

Accendi la luce!

L’ombra violetta

accarezza le colline

del culo, dei seni,

del vello increspato.

Accendi la luce!

Pizzo di vene

sul membro serico

levato nel suo vigore.

Accendi la luce!

Il tuo raggio

dentro il cono caldo,

schiuderà al sole

la corolla di carne.

Donne in amore

Labbra di donna,

su labbra di sesso.

Lingua di donna,

sul calice slabbrato.

Unghie di cinabro

sul duro clitoride.

Le donne

tempestosamente

si amano,

affogate

in un’unica morte,

le bocche piene

di fiori e pesci,

tra cosce spalancate

ai loro stessi gemiti.

Risveglio

Il tuo sesso è assopito, nel sonno della notte.

Lo libero, lentamente, dalla stoffa dei sogni.

Lo rinchiudo in un astuccio di desiderio.

Sei carne superba, gonfia di sangue e richieste,

che si desta tra le mie labbra, rimaste senza parole.

Bacio

Allacciate,

dentro le labbra,

le lingue

si torcono

tra fragranze oscure.

Inerpicate

sulla volta del palato;

contano le stelle,

a una a una.

Fuse, nel buio gemono.

E noi?

Noi, attendiamo

dentro una sola saliva

e un solo sapore:

le bocche lotteranno

così,

nel tepore senza parole,

trattenendo il respiro,

dentro i loro recinti,

fino a quando

parlerà l’amore.

Sadico

Le rosse zebrature

della gomena,

stretta all’albero

del mio corpo,

ad ogni respiro

gocciolano

rugiada rosa.

Il bavaglio

lascia volare

lacrime e singhiozzi,

mordendo

con labbra di stoffa

le parole di carne.

Le tue mani,

uncinate

alle sartie crudeli,

guidano il vascello

verso l’estasi terribile,

affogandomi,

lentamente,

nel tuo sperma.

Oggi conoscerai/ di che sapore sa/ il corpo di donna/ imbandito per il piacere.

La mano

La mano,

tocca la vulva,

la immagina

a suo piacere.

La mano,

tocca il seno,

lo immagina

a suo gusto.

La mano,

corre sul corpo nudo,

disegnando tele di fremiti.

Troppo giovane

Che confusione, ragazzo!

Hai abbandonato sul letto,

nel telo macchiato di noi,

graffi e resti di voce.

C’è voluto un uomo

per rimettere ordine:

un membro maschio

contro il mio ventre,

carne dolce e soda.

Eppure, ragazzo, penso ancora a te …

Il suo desiderio,

affondato nel mio sesso,

profondo e vellutato,

mi accende ancora di te.

Ti cerco nel suo corpo

tra pensieri spudorati.

Le tue donne

Tu con me:

labbra sulle labbra

di mille amanti.

Tu per me:

dita uncinate

a culi avidi.

Mi scopi,

portando con te

ricordi di altre donne

che hai amato,

hai fottuto…

Ci sono tutte

le ate,

le attese,

le desiderate,

le sognate.

Le lappi tutte quante,

come un gatto,

amando l’idea di loro,

mentre i la lingua

sulla riga delle mie natiche.

Rossore

Uno sguardo:

grigio e diritto.

Lui mi guarda:

è uno spillo

che trafigge il mio corpo.

Occhi luccicanti

mi danno la caccia

sotto i vestiti …

Sono prigioniera

di quegli occhi

e delle loro bocche

che mi fissano.

Guardo la luna,

e lei guarda me.

Si incendia il mio viso

come il sole al tramonto.

Selfie

L’occhio di vetro vede il respiro

caldo e regolare,

dal seno, al broncio dell’inguine.

La risacca del tempo,

fermerà questa onda tiepida...

Ecco, allora:

clik!

I capezzoli fremono nell’immobilità

e rimangono così, privi di respiro,

ardenti di desiderio,

dentro l’occhio incantato.

Per sempre così,

fremente e immobile,

libera e prigioniera,

celeste e spudorata,

in un selfie di me,

nuda, che penso a te

Lingua

Mandrie

di gemiti

fuggono,

terrorizzate.

Le insegue

la lingua,

mordendo

la cresta

rosata

delle valve.

A uno a uno

cattura i fuggitivi,

stanandoli

dalla vulva,

inseguendoli

sui capezzoli,

lappandoli dalle natiche.

Testimone, muta,

della caccia cruenta,

spalanco i cancelli.

Entrano, rantolando, le prede e il cacciatore.

Strade di piacere

La mia mano sul pube,

cerca e trova la strada

del mio piacere,

sotto lo sguardo

avido dell’uomo.

Quando il grido dell’orgasmo

si assopisce in gola,

lui scaccia la mano,

che non è sua,

spalanca il mio corpo

e, tempestosamente,

cerca la sua strada

buia e solitaria.

Danza a due

Strappa con le labbra

il velo che copre il seno:

i capezzoli ti chiamano dall’ombra

come adolesceti dalle finestre.

Affonda le dita

nel sesso fresco e morbido

obbediente e vibrante

al tatto eccitatto.

Accarezza la carne con la lingua,

sciogli la bocca nella mia,

fammi danzare sul pene eretto,

e muori per me, con me: ora!

Suono d’amore

Come la pioggia,

straziata dai i.

Come il naufrago

in un mare di gemiti.

Come la corsa

dal respiro malato.

Un suono lieve e cupo,

dolce e fastidioso,

sale dai nostri corpi

che oscillano

con violenza,

in equilibrio precario,

su lenzuola fradice.

Il tatuaggio

Le sue mani, su ciascun seno,

come coppe di vino novello.

Ancora un sorriso e le labbra si serrano

sul capezzolo ardente.

Dall’aureola rosata,

soffiando ad ogni respiro,

prende vita l’anello di squame

dall’occhio di biscia.

La sua bocca languida

racchiude il serpente inciso:

lo bacia, lo modella, lo stringe.

Un dolce veleno sprizza dal rettile marchiato

fin dentro le sua bocca.

Ora lui non ha più scampo:

il bacio del serpente avvinto al capezzo,

lo trascinerà nell’abisso e il mio corpo lo ingoierà,

tutto intero, vivo e pulsante.

Affonda le dita/ nel sesso fresco e morbido/ obbediente e vibrante/ al tatto eccitatto.

Ringraziamenti Un rigraziamento di cuore alle donne e agli uomini che hanno ispirato queste liriche d’amore e di sesso. Un grazie a Sauro Ciantini che ha creduto nel progetto, trasformando le fotografie di nudo in eros puro. Un grazie speciale a voi lettrici e lettori: senza il faro dei vostri desideri erotici, Troia Celeste non avrebbe mai trovato la strada per raggiungervi.