Il Successo In Rete: Come Guadagnare Un Milione Di Euro In Sette Mesi 22113f

Fabrizio Tramonti

Il successo in rete

Youcanprint Self-Publishing

Indice

1. Premessa

2. Come è nata l’idea

3. Progettazione del prodotto e produzione

4. Strategia di vendita su internet

5. Automatizzare i processi per le rendite automatiche

6. Viva i problemi

7. Copie e dintorni

8. Pubblicità gratuita e aumento di fatturati

© 2013 by Fabrizio Tramonti Riproduzione riservata

1. Premessa

Per circa tre anni sono stato impegnato nella ricerca di diversi progetti che potessero darmi l’opportunità di vendere prodotti on-line e ottenere guadagni automatici. Sono sempre stato affascinato dalle potenzialità di internet, perché investendo veramente poco si ha la possibilità di disporre di una vetrina virtuale visibile in tutto il mondo e potenziali clienti di qualsiasi nazionalità.

Avevo letto decine di libri e ascoltato diversi videocorsi sulle varie modalità per guadagnare on-line: era arrivato il momento di mettere in atto ciò che avevo imparato.

Purtroppo mi trovai presto a fare i conti con la realtà: nonostante i libri che avevo letto fossero molto semplici, la pratica si mostrò assai diversa rispetto alla teoria.

Feci diversi tentativi con siti e minisiti costruiti ad hoc in base al tipo di prodotto che volevo vendere on-line, ma i risultati non furono soddisfacenti.

Dopo vari esperimenti andati a vuoto e decine di euro spesi, stavo cominciando a pensare che forse guadagnare su internet era soprattutto una leggenda metropolitana o un affare per poche multinazionali in grado di investire in modo cospicuo in un business on-line.

Ero demotivato, ma decisi di non demordere: qualche dettaglio importante mi stava sfuggendo e non mi permetteva di ottenere i risultati desiderati.

Un giorno lessi un articolo che parlava di un ragazzo pugliese (Vito Lomele) che aveva venduto Jobrapido.com per 30 milioni di euro a una società inglese. Nel 2008 Vito aveva creato un sito che permetteva di ricercare lavoro in tutto mondo, un vero e proprio motore di ricerca: bastava inserire il tipo di lavoro e il luogo e il gioco era fatto. Dopo nemmeno quattro anni, il suo sito raccoglieva milioni di visite mensili in tutto il mondo, e questo gli aveva permesso di venderlo a 30 milioni di euro.

Dopo aver letto l’articolo, mi convinsi ancor di più che potevo farcela anch’io. Dovevo solo capire cosa stavo sbagliando e cosa dovevo fare subito.

Mi diedi ancor più da fare per trovare un business da lanciare in rete. Inizialmente sarebbe stato sufficiente anche un solo prodotto o un’idea che mi permettesse di ottenere discreti risultati, in modo da alimentare la mia autostima e quel tanto che bastava per non demordere e continuare a insistere.

La soluzione arrivò quasi da sola, dopo nemmeno un mese.

A maggio del 2012 iniziò la svolta e da lì nacquero una serie di eventi che mi portarono a guadagnare oltre un milione di euro in sette mesi.

Se ce l’ho fatta io, puoi farcela anche tu!

Basta rispettare alcune regole basilari e semplici e non DEMORDERE MAI.

Dietro ogni insuccesso si nasconde una grande opportunità.

Una frase che si addice perfettamente al mio caso.

Buona lettura

2. Come è nata l’idea

Negli ultimi due anni mi sono apionato di vendita online, rendite automatiche da internet e tutto ciò che riguarda la possibilità di ottenere guadagni attraverso la rete.

Mi adoperai per creare diversi siti e minisiti che vendevano on-line vari prodotti: liquore di mirto, burro di Karite, caricabatterie solare, portali fai da te, videocorsi… però nessuno di questi, in realtà, consentì grandi rendite automatiche ma solo pochi spiccioli. Anzi, in diversi casi non recuperai neanche il capitale investito, per quanto l’investimento fosse contenuto.

Cosa stavo sbagliando?

Seguivo tutti gli step e le procedure spiegate nei vari libri, ma non ottenevo i risultati sperati.

Non mi capacitavo di questo fallimento: più leggevo gli esempi di persone che hanno fatto milioni di euro con le vendite on-line, più cercavo di capire come poter aver successo anch’io.

La cosa ancor più affascinante è che la maggior parte dei fatturati generati da internet sono guadagni quasi automatici che richiedono il proprio o lavorativo solo nella prima fase, quella iniziale di creazione dei siti, dei testi ecc.

Dopo tantissimi errori commessi e denaro investito, per puro caso è arrivato il giusto business che mi ha portato a guadagnare, in soli sette mesi, un milione di euro, con un investimento iniziale inferiore a 1.500: finalmente sono riuscito a trovare la giusta chiave per realizzare business on-line.

Se si ha un buon “info prodotto” da vendere, è semplice automatizzare la transazione su internet: si crea un “info prodotto”, si pubblica su un sito e gli interessati, una volta effettuato il pagamento, effettuano il del prodotto on-line. In questo caso, il lavoro si limita a creare il prodotto iniziale e tutto il resto è automatizzato.

Altra storia è creare un prodotto “fisico” senza avere una propria società e organizzare spedizioni, imballaggi, garanzie, certificati, in modo da dare l’idea di una vera e propria azienda produttrice.

In questo e-book spiegherò, o dopo o, come ho creato un prodotto “fisico” dal nulla mettendomi in concorrenza con aziende di ricambi auto. Ho creato un prodotto servendomi di aziende esterne che hanno contribuito, ognuna con le proprie competenze, alla creazione dell’articolo. Non è semplice creare un nuovo prodotto: si devono trovare i giusti fornitori che devono collaborare indirettamente tra loro affinché il risultato finale sia un articolo ben fatto e pubblicizzato. Sono riuscito ad automatizzare tutti i processi, eliminandomi dall’equazione e facendo funzionare il business in modo quasi automatico, senza bisogno del mio lavoro e soprattutto senza avere assolutamente alcuna produzione interna, mantenendo così i costi flessibili.

Una sera di metà maggio, mentre stavo guardando la TV, vidi di sfuggita la pubblicità di un’auto elettrica dal design incredibilmente accattivante. Non che mi interessasse, ma istintivamente decisi di annotare sull’agenda di verificare di che auto si trattasse.

Il giorno seguente, dopo varie ricerche su internet, scoprii che si trattava della Renault Twizy, un veicolo da poco lanciato sul mercato. Un’auto a 2 posti che si ricarica in poche ore e elimina la “dipendenza” da carburante, permettendo inoltre di circolare nelle aree a traffico limitato senza il pagamento del pedaggio.

Mi recai presso un concessionario Renault e vidi l’automobile: per come era stata realizzata intuii immediatamente che la Renault ne avrebbe vendute a migliaia. Quelle poche auto elettriche che avevo visto in precedenza erano molto brutte e poco funzionali.

La Twizy, invece, aveva una linea decisamente trendy, un design che non ava inosservato ed era incredibilmente efficiente nella ricarica e nella durata complessiva della batteria.

La provai e constatai che era scattante, agile e veloce. Notai però che questa piccola auto non era dotata dei finestrini laterali.

Pazzesco, un’automobile quasi perfetta, con un’autonomia eccellente, costi di manutenzione ridotti quasi a zero, ma senza finestrini laterali!

Dovevo approfondire la cosa, ero curioso di capire perché Renault aveva messo in vendita un’auto con un “difetto” così evidente.

Il giorno dopo mi recai nuovamente dal concessionario e chiesi come si potesse immaginare di circolare in pieno inverno a Milano senza finestrini. L’unica soluzione che mi propose il venditore era la vendita di un kit/coperta da mettere sulle gambe. Mi disse anche che, probabilmente, in seguito sarebbero stati messi in commercio dei finestrini, perché era inconcepibile un’auto senza alcuna copertura laterale.

Si trattava di un’opinione personale del venditore che, pur di vendermi l’auto, si era avventurato in questa considerazione.

Cominciai a pormi delle domande:

Perché Renault avrebbe dovuto progettare e vendere in un secondo momento i finestrini?

Perché non erano stati progettati e prodotti finestrini da vendere come optional al posto del kit/coperta?

Perché, in base alla considerazione del venditore, e cioè che i finestrini sarebbero stati prodotti e messi sul mercato successivamente, Renault non menzionava ufficialmente tale cosa?

Mi recai presso un altro punto vendita (il più grande di Milano) e l’incaricato mi comunicò che lo stesso concessionario stava progettando una possibile soluzione. Era semplicemente un’iniziativa personale, in quanto non esistevano note ufficiali da parte di Renault che confermassero che i finestrini sarebbero stati prodotti da lì a poco. Il concessionario stava progettando dei finestrini in pvc morbido che sarebbero usciti i primi di novembre.

Dopo aver preso un po’ di confidenza con il venditore, mi disse che il “problema dei finestrini mancanti” era l’obiezione principale dei potenziali clienti, e che tale situazione stava diminuendo le vendite poiché gli eventuali acquirenti attendevano una soluzione prima di procedere all’acquisto.

Mi informai sul numero di veicoli e previsioni di vendite a livello europeo e scoprii che ogni fabbrica era in grado di produrre 3.000 autovetture e che Renault contava di venderne 2.000 per nazione nel primo anno di produzione. Tali dati non erano ufficiali, pertanto li incrociai con altri che ricavai da amici fidati e da internet.

Era fuori dubbio il fatto che Renault avrebbe venduto, se non 2.000 vetture per nazione, almeno un migliaio all’anno.

Ero comunque sicuro che ne avrebbero vendute un bel po’ proprio per il design e per tutta una serie di convenienze economiche per chi utilizza l’auto elettrica in città.

Decisi in quel momento che dovevo fare qualcosa per inventare un kit di finestrini da vendere su internet. Dovevo farlo velocemente, per battere sul tempo la stessa Renault e il concessionario di Milano che si stava attivando nella progettazione dei finestrini e i concorrenti che per conto loro producono optional e pezzi di ricambio.

Dovevo essere il primo a ideare un kit di finestrini, ma nello stesso tempo, avendo avuto esperienze pregresse poco positive, sapevo che avrei dovuto investire poco capitale, soprattutto in un settore, quello dei ricambi auto, che mi era completamente sconosciuto e del quale non mi ero mai occupato.

Non avevo le idee chiare, ma la certezza che produrre il kit di finestrini sarebbe stato un grande BUSINESS.

Se fossi riuscito a risolvere il problema, ero certo che Renault avrebbe venduto molte più auto e più velocemente, con beneficio reciproco.

Dovevo battere sul tempo le potenziali aziende concorrenti, che avrebbero potuto realizzare il mio stesso prodotto a prezzi più concorrenziali, vanificando i miei sforzi. La stessa Renault avrebbe cercato di risolvere tale inconveniente e il concessionario più grande di Milano si era già attivato per trovare una possibile soluzione.

La cosa mi eccitava non poco, trasmettendomi adrenalina e un forte senso di sfida, soprattutto ora che avevo la reale possibilità di competere con grossissime aziende grazie alla potenzialità di internet.

Mi soffermai a riflettere per cercare di attuare nel migliore dei modi questo

progetto e non prendere decisioni spinte dall’emotività del momento. Ma d’altra parte non avrei MAI potuto lasciar perdere questo business: credevo fermamente che il mio progetto avrebbe funzionato.

Era fine maggio, e dopo un paio di giorni dalla mia ultima visita al concessionario, mi recai dallo stesso per procedere all’acquisto della Twizy con la certezza che avrei trovato una soluzione valida da commercializzare. Ebbi la conferma che l’auto, perfetta per l’estate e le belle giornate, sarebbe stata inutilizzabile in pieno inverno.

La deduzione fu semplice: il cliente che avrebbe speso 8/9.000 euro per un’auto elettrica a due posti non si sarebbe fatto problemi ad acquistare un optional di vitale importanza per permettergli l’utilizzo dell’autovettura anche nelle giornate fredde e piovose.

Tutto ciò era iniziato guardando distrattamente una pubblicità in tv: un’idea che mi avrebbe fatto guadagnare più di quanto avrei creduto, consentendomi di avviare un’attività molto più semplice di quanto mi sarei mai aspettato.

3. Progettazione del prodotto e produzione

Ora dovevo progettare il prodotto e produrlo.

Per prima cosa fissai un appuntamento con uno studio legale che si occupa di brevetti. Andai all’appuntamento e mi resi conto che la situazione era alquanto complessa.

Quando si decide di brevettare un prodotto, questo deve essere disegnato in tutti i suoi particolari insieme a varie modalità alternative, per evitare che venga copiato apportando solo piccole modifiche.

Una volta elaborato il progetto, si deposita la domanda e dopo 18 mesi di verifiche che confermano che non esiste un brevetto simile, si procede all’esame dello stesso, che può essere approvato o respinto.

Il costo per il brevetto NAZIONALE all inclusive era 8.000 euro. Successivamente avrei potuto estenderlo a livello internazionale, con un surplus di spesa di altri 4.000 euro. Potevo risparmiare sulla parcella delegando i disegni e la progettazione ad altri studi, ma un risparmio di 3/4 mila euro non mi interessava. I tempi erano comunque troppo lunghi e un brevetto approvato dopo due anni non mi sarebbe servito a nulla. Avevo previsto che chi aveva una Twizy avrebbe effettuato l’acquisto al massimo entro i primi mesi autunnali, dopodiché la possibilità che Renault producesse una sua versione dei finestrini era altissima.

Feci una ricerca su internet e scovai la causa legale che aveva intentato la

Ferrero nei confronti della società cinese Montresor, che riproduceva fedelmente le praline dell’azienda piemontese. La Montresor era uscita sul mercato con il prodotto “copia” nel 1990. Nel 2005 era cominciata la causa legale e nel 2008 la corte di appello aveva dato ragione a Ferrero. I legali della Ferrero erano riusciti a bloccare la commercializzazione del “prodotto copia”, ma durante quegli anni l’azienda Montresor aveva fatturato milioni di euro ai danni di una società italiana.

Contattai il mio avvocato e gli chiesi delucidazioni in merito ai brevetti e all’impossibilità che il prodotto venisse spudoratamente copiato e commercializzato. Ebbi la conferma dei miei sospetti.

Lo studio legale mi comunicò che un brevetto non costituisce garanzia completa che il prodotto non possa essere copiato. Infatti, se il prodotto fosse copiato e commercializzato da qualche azienda in Asia, sarebbe estremamente lungo e dispendioso il percorso da compiere per bloccare la produzione del prodotto copia.

Praticamente, un brevetto non avrebbe garantito la tutela che desideravo.

Giunsi alla conclusione che l’unica valida soluzione era la VELOCITÀ di commercializzazione del prodotto, per battere sul tempo i futuri concorrenti. Prevedevo di vendere un gran numero di kit di finestrini entro novembre/ dicembre per un motivo molto semplice: chi avesse acquistato l’auto tra maggio e settembre avrebbe comprato il mio kit, e se proprio qualcuno avesse tardato nell’acquisto si sarebbe mosso una volta cominciate le prime piogge autunnali. Dopodiché sapevo che sarebbero usciti i “prodotti copia”, con la conseguente e inevitabile “guerra al ribasso dei prezzi”. Non volevo far parte di questa “guerra”. Volevo prendermi la fetta più grande del mercato in brevissimo tempo senza entrare in concorrenza con colossi del settore.

Decisi di accantonare il progetto del brevetto per focalizzarmi sul prodotto. Era arrivato il momento di procedere.

Feci subito una lista di cose da fare:

progettare il kit dei finestrini;

progettare sito, domini e traduzioni;

organizzare un call center per la gestione del servizio clienti;

cercare una società per la spedizione del prodotto ai clienti;

individuare una società per l’imballaggio del prodotto.

Per la progettazione dei finestrini, c’erano alcuni i da compiere e conseguenti problemi da risolvere: 1. Prima di tutto, sarebbe stato necessario creare una versione funzionale dei finestrini che desse la possibilità di non apportare alcuna modifica allo sportello dell’auto, pena la nullità della garanzia per i clienti che acquistavano la vettura (informazione fornitami dallo stesso concessionario Renault). 2. I finestrini avrebbero dovuto essere flessibili e resistenti, in quanto la Twizy ha un sistema di ammortizzazione estremamente rigido. 3. I finestrini avrebbero dovuto essere leggeri, poiché gli sportelli si aprono ad

ali di gabbiano tramite una molla: un finestrino pesante avrebbe impedito che lo sportello si alzasse tramite questo meccanismo. 4. La Twizy si apre solo dall’interno e il finestrino avrebbe dovuto permettere l’apertura delle portiere anche dall’esterno.

Immaginavo un kit composto da due parti, il plexiglass in policarbonato compatto e una barra che potesse sostenere il plexiglass avvitato tramite bulloneria in modo tale che la barra esercitasse sul plexiglass una pressione verso l’interno dell’auto, facendolo aderire perfettamente alla carena superiore.

Mi recai da un fabbro con l’automobile e gli chiesi di creare una barra da agganciare allo sportello. Tale barra avrebbe dovuto essere agganciata tramite la bulloneria esistente sulla Twizy.

Cosi facendo, il cliente avrebbe dovuto semplicemente allentare le viti dello sportello, inserire la barra e riavvitare la bulloneria. Costo: 100 euro.

Era una bozza ben fatta ma eccessivamente pesante, in quanto di ferro, ma molto simile a come l’avevo pensata.

L’unico problema era che il fabbro avrebbe potuto sostenere una produzione di 20 pezzi a settimana, e comunque il costo sarebbe stato di 200 euro a coppia. Troppo elevato.

Contattai una grossa azienda di lavorazione metalli che sarebbe stata in grado di produrli in sequenza, abbattendo i costi del 70%. Una coppia di barre mi sarebbe costata 40 euro. Ordine minimo: 10.000 pezzi.

Avrei dovuto investire, per le sole barre, 40.000 euro: impensabile!

Nel frattempo acquistai del pvc morbido per effettuare lo stampo dell’apertura dell’auto tramite disegno sul pvc trasparente.

Mi recai successivamente presso una società di materie plastiche, portando la forma del plexiglass che mi sarebbe servita.

Lo stampo avrebbe dovuto essere leggermente convesso, in modo da aderire alla carena superiore dell’auto. Mi fu detto che il costo per “lo stampo” era di 2.000 euro, che successivamente avrei dovuto ordinare almeno 2.000 pezzi per volta e ogni singolo pezzo mi sarebbe costato 30 euro.

Praticamente, per far partire il business avrei dovuto spendere almeno 60.000 euro di plexiglass, più il costo delle barre per altri 40.000 euro. In definitiva, la “modica” cifra di 100.000 euro. E mancavano ancora tutti gli altri costi…

Troppo dispendioso, dovevo trovare un’altra soluzione, non intendevo investire un capitale del genere. Anche se avessi risparmiato 5/10 euro a pezzo, l’investimento sarebbe stato comunque eccessivo e troppo rischioso. Ma più incontravo ostacoli, più trovavo la motivazione per cercare una possibile soluzione. Non avrei mai investito 100.000 euro, ma allo stesso tempo non avevo alcuna intenzione di mollare il business. Dovevo abbattere il costo o almeno ridurre le quantità da ordinare.

Mi trovavo di fronte a due situazioni urgenti da risolvere. Mi venne in mente un’idea fantastica, che risolse tutti i problemi…

Sono diversi anni che acquisto immobili alle aste giudiziarie, che faccio regolarmente ristrutturare per poi rivendere. Ogni volta che devo cambiare gli infissi all’interno dell’immobile chiamo il serramentista, che prende le misure e fabbrica le finestre su misura lavorando l’alluminio.

Contattai immediatamente il mio fornitore di infissi e fissai un incontro. Portai l’automobile e la barra prototipo spiegandogli esattamente ciò che desideravo. Mi disse: “Lasciami l’auto, te la porto tra un’ora…”. E così fu.

Creò un prototipo che aderiva perfettamente alla carena con una mezzaluna che avrebbe permesso l’apertura dell’auto dall’esterno.

Sostituì la barra di ferro con alluminio anodizzato alleggerito.

Il vetro in plastica (policarbonato compatto) era assemblato alla barra tramite bulloneria. La barra, a sua volta, era avvitata sullo sportello del finestrino tramite la bulloneria già presente sulla Twizy.

Pertanto non erano necessari interventi sulla carrozzeria dell’auto. Il kit dei finestrini si montava in un minuto, e anche una persona che non aveva mai preso in mano un cacciavite sarebbe stata in grado di farlo senza problemi.

Pattuimmo il prezzo: 100 euro comprensivo di barra e vetro, per un ordine minimo di 35 coppie (70 pezzi).

Costo totale per il primo ordine: 3.500 euro più il costo del primo campione, pari a 200 euro.

I finestrini erano incredibilmente funzionali, ma serviva un abbellimento estetico, poiché erano grezzi.

Contattai un tappezziere per far rivestire in pelle nera le barre in alluminio. Costo: 10 euro a coppia.

Dopodiché mi misi in contatto con un venditore di guarnizioni per la parte esterna dei finestrini: si trattava della stessa guarnizione che si utilizza per gli sportelli per evitare che si graffino quando si aprono.

Ne ordinai 100 metri, per un investimento di 100 euro.

Il finestrino pertanto era formato da: barra in alluminio, lastra di pvc rigida, bulloncini neri, guarnizione esterna.

Una volta che il tappezziere avesse rivestito le barre con la pelle nera, il finestrino avrebbe dovuto essere assemblato. Avevo bisogno di un collaboratore in grado di occuparsi dell’assemblaggio.

Trovai su internet una persona che si sarebbe occupata di questo aggio. Costo per l’assemblaggio del kit: 5 euro a pezzo.

Il progetto era partito, e la parte più complessa era stata risolta. Finalmente avevo tra le mani un kit valido da commercializzare, incredibilmente funzionale, proprio come lo avevo pensato. Ero riuscito a materializzare l’idea grazie all’aiuto di un mio fornitore che si occupava di tutt’altro.

4. Strategia di vendita su internet

Quale poteva essere il miglior modo per vendere i finestrini on-line e garantirmi comunque visibilità nelle principali nazioni europee?

Contattai il mio e gli spiegai che il prodotto avrebbe dovuto essere venduto in tutta Europa.

Decidemmo il nome del dominio da acquistare per poi realizzare il sito: in realtà su tale parametro andammo alla cieca, poiché non riuscii a effettuare una reale verifica sul numero delle ricerche mensili riguardanti i finestrini per Twizy, in quanto l’auto era uscita da pochissimo. Pertanto scelsi il nome finestrinirenaulttwizy.it.

Il mio mi consigliò inoltre di acquistare direttamente i domini con l’estensione della nazione dove volevo che il sito comparisse.

Pertanto feci tradurre il dominio dall’italiano in diverse lingue:

www.fenetresrenaulttwizy.fr (Francia);

www.ventanasrenaulttwizy.es (spagna);

www.fensterrenaulttwizy.de (Germania);

www.rainstopperrenaulttwizy.co.uk (GranBretagna);

www.rainstopperrenaulttwizy.com (mondo).

Costo totale per l’acquisto dei domini: 95 euro.

Cosi facendo, mi ero assicurato visibilità e credibilità in gran parte dei paesi europei.

Parlo di credibilità perché un sito italiano con estensione .it che vende un prodotto in Spagna è meno credibile di un sito spagnolo con estensione .es.

Personalmente, se devo acquistare un prodotto on-line preferisco indirizzarmi su siti italiani, e non su siti italiani con estensione del dominio di un’altra nazione.

Per maggiori certezze, sul dominio italiano feci inserire la possibilità di cambiare lingua rimanendo sullo stesso sito: per esempio, se una persona di Londra incappava nel sito tedesco aveva comunque la possibilità di selezionare la lingua inglese e viceversa.

Il o successivo fu l’ok alla creazione dei siti. Dovevano essere tutti identici, con la sola differenza della lingua dei testi.

Il sito doveva essere “leggero”, per are la visita di migliaia di visitatori senza che rallentasse, strutturato nel modo seguente:

Home: la vendita dei finestrini;

: chiunque può mettere le sue opinioni sul prodotto;

Finestrini rigidi: da qui il cliente, prima di acquistare, può consultare la scheda tecnica e i video.

Inoltre avevo fatto inserire i pulsanti per Google+, Facebook, Twitter.

Costo totale: 600 euro.

Infine, preparai i testi per il sito in italiano, elaborandoli strategicamente per aiutare l’indicizzazione del sito e traducendoli in inglese, spagnolo, se e tedesco. Per le traduzioni mi assicurai che fossero effettuate da persone madrelingua. Un testo mal tradotto significa acquisti mancati; mi costò un po’ di più, ma almeno avevo la certezza di suscitare una chiara idea di professionalità.

Costo: 400 euro.

Rimaneva da risolvere il problema del servizio clienti. Non volevo il classico sito dove il potenziale acquirente può comunicare solo tramite mail. Volevo fornire un servizio scrupoloso e di massima disponibilità nei confronti del cliente.

Pertanto, se qualcuno avesse avuto esigenze particolari o domande tecniche sul kit, avrebbe potuto contattarci telefonicamente.

Dovevo necessariamente tenere bassi i costi ma mantenere un’alta qualità nelle rispettive lingue dei vari siti. Dopo diverse verifiche e ricerche, scelsi una società tedesca che operava da poco in Italia: Segretaria24.

Feci attivare il servizio nelle lingue prescelte (italiano, inglese, spagnolo, tedesco e se) e mi furono assegnati due numeri dedicati oltre a un numero di fax che feci inserire sul sito.

Costo per l’attivazione dell’abbonamento: 75 euro.

Le chiamate erano a consumo per circa 0.10 centesimi al minuto.

Inviai a Segretaria24 un testo con la descrizione del prodotto, i siti internet e le risposte alle possibili domande che avrebbero potuto porre i potenziali acquirenti. Se una richiesta o domanda non fosse stata contemplata nelle FAQ, Segretaria24 mi avrebbe inviato una mail con i dati, il numero di telefono e la richiesta del cliente. Questo flusso lo avrei gestito personalmente, in modo da comprendere quali domande o dubbi il cliente poteva avere oltre alle già esaustive risposte che forniva Segretaria24. Ciò mi avrebbe permesso di implementare le FAQ con altre domande/ risposte da are a Segretaria24, che

sarebbe stata in grado di gestire le telefonate e le domande in modo veloce e in tempo reale.

Avevo capito che realizzando un buon sito con una descrizione chiara ed efficace del prodotto, e mettendo a disposizione del cliente anche alcuni video dimostrativi del kit, il numero di chiamate sarebbe stato limitato, abbattendo i costi. Questo era un dettaglio importante, poiché non ero in grado di calcolare quante chiamate avrei ricevuto, ed essendo calcolate al secondo, la spesa avrebbe potuto diventare notevole. Con i video avrei ulteriormente ridotto il numero di telefonate, perché le immagini avrebbero reso chiaramente l’idea del tipo di prodotto e della facilità di montaggio/smontaggio del kit.

Chiesi a un paio di amici di darmi una mano e adoperarsi nel farsi filmare mentre montavano il kit. Non erano necessari video professionali, in quanto il concetto che volevo trasmettere era la facilità di montaggio che chiunque avrebbe potuto effettuare. Servivano persone comuni, in modo tale che i potenziali clienti potessero rivedersi in alcuni soggetti del video.

Munito di telecamera, girai un filmato con una ragazza e un altro con un ragazzo limitando la durata, che altrimenti avrebbe appesantito il sito.

Dopo un’ora di riprese, ai il materiale a un altro amico che si diletta con Windows Movie Maker e feci realizzare il montaggio, eliminando le parti superflue.

Ogni video aveva un sottofondo musicale.

Inviai il tutto al per farlo caricare sul sito.

Archiviata la parte della vendita on-line, era giunto il momento di occuparmi della spedizione del prodotto, che avrebbe dovuto essere veloce ed economica. Dopo aver ricevuto dai corrieri diversi preventivi, la scelta cadde su SDA perché la spedizione aveva un costo di circa 8 euro in Italia e 13 in Europa, il più basso tra i concorrenti, e mi garantiva comunque gli stessi tempi di consegna.

Il o successivo fu quello di trovare una società che si occue di imballare il prodotto in modo professionale, con la garanzia che arrivasse integro al cliente finale: il migliore era un centro MBE di Milano. Oltre a imballare i finestrini, avrebbe stampato la scheda tecnica del prodotto da inserire nel kit fornendo anche il servizio di giacenza merce presso la sua sede. Con tale servizio aggiuntivo, avrei potuto consegnare al centro uno stock di finestrini lasciandoli in giacenza così da evitare eventuali costi di magazzino.

Costo dell’imballaggio del singolo kit e stampa della scheda tecnica a colori (3 fogli): 6,00 euro.

Mancava solo la modalità di pagamento da inserire sul sito, ma prima era necessario calcolare il costo di produzione del singolo kit per poi decidere il prezzo finale al cliente.

Il costo totale di produzione per ogni coppia di finestrini era il seguente:

100 euro produzione finestrini + barra

10 euro rivestimento in pelle

10 euro assemblaggio del kit

10,50 costo medio per la spedizione al cliente

6,00 imballaggio

Costo di produzione totale del singolo kit: 136,50 euro. Per l’acquisto su internet scelsi Paypal: all’inizio non ero molto convinto, questa modalità di pagamento è molto costosa in termini di commissioni e il sito tende a bloccarsi se arrivano troppi ordini contemporaneamente.

Contattai diverse banche per prevedere la possibilità di un pagamento on-line. La trafila era lunga, costosa, e i tempi di attivazione sconosciuti. Per forza di cose, dovetti scegliere Paypal.

Decisi che il prezzo al pubblico doveva essere 360 euro + 20 euro di spedizione.

Il kit era garantito un anno.

Inoltre avevo stabilito prezzi vantaggiosi per le concessionarie Renault che acquistavano per i loro clienti, in modo da lasciare loro un ampio margine di guadagno.

Il kit per le concessionarie sarebbe stato venduto a 260 euro (iva e spedizione compresa).

Feci una previsione negativa, e cioè che il 30% dei clienti avrebbe esercitato il diritto di garanzia.

Pertanto effettuai il seguente calcolo, prendendo come riferimento la vendita di 70 kit di finestrini (35 ai concessionari e 35 ai privati), con un fatturato di 22.400 euro. Se il 30% avesse richiesto la garanzia avrei avuto una potenziale perdita di 3.034 euro (21 kit da riprendermi indietro). Quindi, il fatturato sarebbe sceso a 19.366 euro. Avrei comunque ottenuto un utile di 10.115 euro.

Naturalmente tale calcolo previsionale era estremamente negativo e non aveva nulla a che vedere con la qualità dei finestrini. Il prodotto, effettivamente, era perfetto, ma un calcolo del genere mi dava la possibilità di poter fornire un eccellente servizio e ripararmi da eventuali spese non previste.

Attivai il codice per un pagamento pari a 360 euro + 20 euro di spedizione.

Per ogni transazione Paypal trattiene il 2,7%, pertanto ogni kit acquistato on-line avrebbe avuto un costo di 10 euro circa.

Pertanto il calcolo finale del costo per ogni singolo kit era pari a 136,50 euro + 10 euro di transazione = 146,50 euro.

Eravamo on-line dopo 17 giorni da quando avevo visto per la prima volta la

pubblicità in TV: generati i pulsanti per il pagamento, il sito era finalmente pronto.

In realtà il prodotto non era ancora in magazzino perché in fase di produzione e assemblaggio, ma nel frattempo il sito poteva indicizzarsi su google.

L’investimento finale e quindi il denaro speso fino a quel momento era il seguente:

Campione barra di ferro: 100 euro

Campione del kit completo: 200 euro

Acquisto domini: 95 euro

Creazione siti: 600 euro

Traduzione testi: 400 euro

Abbonamento per assistenza clienti: 75 euro

Totale: 1.470 euro.

In tale calcolo non ho inserito il costo di produzione dei primi 35 kit (3.500 euro), poiché avevo raggiunto l’accordo con il produttore per un pagamento a 30 giorni.

Volevo ottimizzare al massimo l’investimento iniziale in modo da avere un ROI altissimo a fronte di un capitale bassissimo. Ho sempre seguito un mio punto di vista per quanto riguarda la gestione di una società: entrate veloci, uscite lente.

Per questo motivo, dovevo collegare tra loro tutti i singoli processi, dalla produzione alla vendita, in modo che tutte le parti in causa fossero collegate tra loro eliminandomi completamente dall’equazione. Quindi dovevo unire le singole parti impegnate nella produzione: rivestimento, assemblaggio, imballaggio, ordini e consegna.

Ogni singola attività era svolta da un’azienda diversa. Mettendole in collegamento tra loro, avrei potuto far partire il business senza la necessità della mia presenza. Tutto doveva seguire uno schema e un percorso, in modo da poter gestire qualsiasi quantità.

5. Automatizzare i processi per le rendite automatiche

Ora che tutto era pronto, dovevo organizzare al meglio il lavoro in modo che l’intero processo funzionasse senza la mia presenza. Non volevo crearmi un impegno aggiuntivo, semplicemente guadagnare soldi grazie a un’idea che avrebbe risolto un problema a molte persone. Dovevo ottimizzare al massimo il mio tempo e creare una “perfetta catena” in cui le singole aziende che contribuivano alla creazione del prodotto fossero collegate tra loro senza necessità di intervento da parte mia.

La situazione che si presentava era la seguente: i finestrini dovevano essere consegnati dall’azienda produttrice, non assemblati; la barra che sosteneva il plexiglass doveva essere consegnata in tappezzeria per il rivestimento in pelle; successivamente la barra doveva essere ritirata dalla tappezzeria e assemblata con il plexiglass tramite bulloneria; terminato l’assemblaggio, i finestrini dovevano essere ricoperti con la guarnizione sui lati; il kit montato e completo doveva essere consegnato al centro MBE per l’imballaggio e la successiva spedizione.

Organizzai il processo nel seguente modo: il produttore del kit di finestrini avrebbe consegnato il prodotto all’officina; l’officina avrebbe recapitato le barre al pellettiere per il rivestimento e nel frattempo il plexiglass sarebbe stato ricoperto sui lati con la guarnizione; successivamente l’officina avrebbe ritirato dal pellettiere le barre rivestite per l’assemblaggio; infine, l’officina avrebbe consegnato i kit dei finestrini finiti al centro MBE per la stampa della scheda tecnica e il successivo imballaggio.

Pertanto, la procedura era completa e funzionante, almeno in teoria.

Nel momento in cui un cliente avesse effettuato un ordine dal sito, sarebbe arrivata una notifica via mail. Quasi in tempo reale una segretaria avrebbe preparato una lettera di vettura con relativo invio tramite mail al centro MBE e il KIT sarebbe partito nella stessa giornata.

Con tale sistema ero riuscito a creare un’azienda senza il bisogno della mia presenza. Inoltre, il sistema che avevo ideato era stato costruito in modo da gestire anche ordini elevati.

Avevo praticamente creato un’azienda che commercializza optional per Twizy senza avere un’azienda. Tutti i singoli processi sarebbero stati gestiti in outsourcing con costi variabili, quindi senza oneri fissi e con spese che potevano aumentare con l’incremento delle vendite e viceversa, un sistema estremamente flessibile.

Se il business non avesse funzionato, l’investimento si sarebbe limitato al deposito di 35 kit di finestrini.

Era tutto perfetto, dovevo solo attendere.

I primi 30 giorni dall’inserimento on-line del sito sarebbero stati i più importanti, perché mi avrebbero permesso di capire se il sistema che avevo creato poteva essere funzionale e privo di intoppi. Le eventuali problematiche emerse nel primo mese le avrei gestite direttamente io: questa strategia mi avrebbe permesso di sistemare tutto ciò che non funzionava perfettamente e di apportare le giuste modifiche al sistema per renderlo sempre più funzionale, con l’obiettivo di avere migliaia di clienti tutti soddisfatti.

6. Viva i problemi

Nei primi 30 giorni i problemi che si presentarono furono diversi e mi insegnarono moltissimo per nuove strategie e futuri business che avrei lanciato in rete.

Primo problema da risolvere

Nei primi 30 giorni riuscii a vendere 700 kit, quasi tutti in Germania. I tedeschi, alquanto precisi, mi chiedevano la scheda tecnica del prodotto. La prima “falla nel sistema”, infatti, era la mancanza di una scheda tecnica.

Non credevo fosse necessaria una scheda con le specifiche tecniche del kit da allegare alla spedizione. Pensavo che tali indicazioni si usassero esclusivamente per prodotti alimentari e cose del genere.

Dovetti far stilare una scheda che elencava tutti i materiali utilizzati per il kit e le varie torsioni alle quali poteva resistere. In questa operazione mi aiutò un amico che aveva lavorato all’interno di una grossa società che produce prodotti medicali. Per lui fu uno scherzo, me la creò in due giorni. Se non mi avesse aiutato questo amico avrei comunque contattato un ingegnere che mi avrebbe stilato la scheda per poco più di 200 euro.

La spedii subito al centro MBE comunicando che la stampa doveva essere a colori, su carta lucida e inserita in ogni kit. Ai clienti che avevano ricevuto il kit senza scheda tecnica, fu spedita per email.

Secondo problema da risolvere

Un altro problema era la mancanza di istruzioni per il montaggio del kit. Nelle prime due settimane l’80% delle telefonate e il 60% delle mail ricevute dai clienti che avevano acquistato il prodotto mi chiedevano le istruzioni di montaggio. Avevo dato per scontato che il kit fosse semplice da montare: in realtà lo era per me, che lo avevo smontato e montato molte volte.

Decisi di realizzare un video esplicativo su come “MONTARE e REGOLARE” il kit dei finestrini. Me ne occupai direttamente. Il video fu pubblicato sulla pagina di “atterraggio” di Paypal. Quando un cliente effettuava il pagamento, veniva “dirottato” su una pagina che mostrava il video con le indicazioni su come regolarli e montarli al meglio. Il video poteva essere compreso da chiunque, indipendentemente dalla lingua. Infatti, il filmato riportava alcune scritte in inglese per la descrizione di dettagli importanti, tipo “avvitare o svitare, spingere, tirare”. Cosi facendo, avevo evitato di realizzare diversi video in più lingue.

Terzo problema da risolvere

La questione più strana, e per me sconosciuta, fu la necessità da parte dei clienti TEDESCHI (gli unici a farne richiesta) di avere il certificato TUV dei finestrini.

Stupito, scoprii che in Germania la polizia può richiedere il certificato per gli optional montati sull’auto e, nel caso in cui non se ne sia in possesso, provvedere al sequestro dell’optional con multa al proprietario.

Mi prodigai in questo senso, contattando una società che rilasciava certificati TUV. Il costo per i test e il certificato ammontava a circa 12.000 euro, e per ottenerlo servivano minimo 60 giorni.

Decisi di ovviare al problema facendo pubblicare sul sito i singoli certificati di conformità dei componenti. Non era un certificato TUV, ma almeno fornivano chiare indicazioni sui singoli componenti dichiarando che il materiale utilizzato era conforme alla normativa europea e internazionale.

Quarto problema da risolvere

Una complicazione che si presentò a partire dalla terza settimana fu il blocco, in alcuni paesi, dei video pubblicati sul sito per presentare il prodotto prima dell’acquisto, in quanto violavano il copyright e le leggi vigenti in materia.

Il vero problema riguardava ancora la Germania, dove i video erano stati bloccati dopo nemmeno sei giorni. Mi resi conto della questione poiché i potenziali clienti tedeschi scrivevano chiedendo video esplicativi sul prodotto.

Per il sito in tedesco feci modificare il video, eliminando i sottofondi musicali, e così anche per la Francia.

In merito Italia e Spagna il problema si presentò dopo sei mesi.

Quinto problema da risolvere

Un altro problema mi preoccupava particolarmente, e dal quale probabilmente trassi l’insegnamento più utile, era il seguente: in Italia non abbiamo la mentalità e l’abitudine di acquistare su internet.

I peggiori acquirenti erano infatti gli italiani. L’80% delle telefonate che arrivavano al servizio clienti era di potenziali acquirenti italiani. Ci contattavano per sapere se potevano avere video sul prodotto, il prezzo di vendita, i tempi di consegna, nonostante tutte queste informazioni fossero on-line sul sito. Arrivavano anche centinaia di mail dal forum del sito con le stesse domande!

I costi del servizio clienti lievitavano per queste banalità con un aumento del 60/70% dei costi mensili di Segretaria24: mi ritrovai a gestire migliaia di chiamate, mail, richieste dal forum e alla fine furono pochissimi ad acquistare il prodotto.

Feci un accordo con due società, una di Milano e una di Roma, le due piazze principali che mi interessavano maggiormente. Feci scrivere sul sito che gli abitanti di queste due zone avrebbero potuto acquistare i finestrini direttamente presso il partner.

Risolsi in parte il problema, almeno in parte: le telefonate si ridussero infatti al 40%, con un buon abbattimento dei costi.

Gli affari stavano andando a gonfie vele.

Intanto fui contattato da Roma perché erano state vendute delle Twizy con

problemi alla pedaliera.

Quando a settembre mi recai presso il concessionario, scoprii che lo stesso aveva ideato una versione “morbida” dei finestrini per Twizy: li vendeva a 450 euro + 100 euro di manodopera per il montaggio.

Io avevo solo la versione rigida.

Feci progettare una mia versione morbida del kit facendo uscire il prodotto a un prezzo di 400 euro. Avevo puntato sulla facilità di montaggio, il prezzo modico e nessuna modifica definitiva da apportare alla carena dell’automobile. Mentre il mio concorrente aveva ideato un kit che richiedeva l’assistenza di un meccanico e la modifica della carenatura dell’auto, il mio kit poteva essere montato da chiunque e con facilità, oltre ad avere un prezzo più basso.

Affidai l’incarico di creare tali finestrini a un’azienda che lavora il pvc morbido. Fu molto semplice, in quanto la produzione del prodotto finito era gestita da una sola azienda. Seguii le stesse regole del kit rigido.

Il sito fu successivamente implementato con la vendita degli adattatori per presa elettrica.

Una sera infatti avevo perso l’adattatore, e il giorno dopo mi ero recato in Renault per acquistarlo, visto che era impossibile trovarlo in un normale negozio. L’adattatore era in vendita al pubblico a 60 euro: non comprendevo il motivo di un prezzo così elevato per una presa. Contattai la società che li produce per Renault e ne acquistai 1.000.

Il prezzo per il pubblico era pari a 50 euro per 2 prese. Praticamente avevo puntato esclusivamente sull’abbattimento del prezzo.

Il sito, che inizialmente era partito con la vendita di un singolo prodotto, in pochi mesi era stato implementato con altri due articoli che in un modo o nell’altro garantivano vantaggi economici e di qualità al cliente.

Dopo questa esperienza avevo compreso che puntare solo sulle vendite in Italia è fuori da ogni canone logico, a meno che il prodotto venduto non abbia un prezzo veramente concorrenziale. I migliori acquirenti sono i si e i tedeschi.

Tutti i siti che avevo fatto creare in precedenza avevano ottenuto eccellenti risultati in termini di ricerca del prodotto e concorrenza, ma in Italia gli acquisti su internet non funzionano, se non in minima parte.

Utilizzando Google per ricercare prodotti da vendere a “bassa concorrenza”, avevo finalmente capito l’errore principale che avevo commesso: limitare la

ricerca al mercato italiano.

Era chiaro che qualsiasi articolo avrebbe dovuto essere “internazionale” e tradotto in più lingue.

Pertanto, ho tratto queste conclusioni: 1. La vendita on-line deve essere rivolta al mondo intero: non ci si può dedicare esclusivamente all’Italia, proprio perché siamo ancora troppo acerbi per gli acquisti online. 2. La scelta del prodotto è di vitale importanza: non posso vendere articoli che potrei trovare a pochi i da casa mia, e il prezzo contenuto non è un valido motivo che spinge all’acquisto, a meno che non si tratti di uno sconto del 50/70%. 3. Il servizio clienti dà idea di professionalità e disponibilità nei confronti del potenziale acquirente: ha un costo maggiore, m ampiamente ripagato con le vendite. Non tutti hanno voglia di scrivere una mail e attendere una risposta, con la possibilità che il “desiderio” di acquistare si esaurisca. I potenziali acquirenti che contattavano il nostro servizio clienti (tranne gli italiani), nel 90% dei casi acquistavano il prodotto dopo la telefonata. 4. “Il risparmio non è sempre guadagno”: questo significa che non è consigliabile puntare al massimo risparmio con l’obiettivo di abbattere i costi. Tale “strategia”, molte volte, si traduce in qualità scadente. Segretaria24 non è uno dei servizi più economici in Italia. Anzi, in diversi casi è il più caro, ma si traduce in risposte veloci, disponibilità e gentilezza verso il cliente. Avrei potuto spendere il 70% in meno, ma mi interessavano gentilezza ed efficienza nelle risposte. Avrei potuto abbattere di un ulteriore 50% la produzione del kit utilizzando semplice materiale plastico, ma avevo optato per il policarbonato compatto, essendo un materiale molto più elastico e resistente. È necessario trovare un giusto compromesso tra qualità/prezzo. L’avidità fa commettere errori che prima o poi presenteranno il conto.

7. Copie e dintorni

Per quanto sia stato veloce a progettare e materializzare il tutto, il lavoro non è stato affatto semplice, ma grazie alle difficoltà incontrate ho imparato moltissimo.

Quando a settembre scoprii la versione creata dal concessionario più grande di Milano, prima di far uscire una mia versione morbida del kit cercai di mettermi in contatto con il presidente della società.

Gli chiesi esplicitamente una collaborazione: io lo avrei aiutato a vendere la sua versione morbida sul mio sito e lui avrebbe potuto offrire 2 scelte di kit ai clienti Twizy. Si rifiutò tassativamente, liquidandomi in questo modo: “La versione morbida dei finestrini è la migliore. La versione rigida non mi convince, e comunque non piacerebbe ai miei clienti [ne avevo già venduti 2.500 pezzi], pertanto non mi interessa una collaborazione con lei e tantomeno un incontro”.

Sono sempre stato convinto che la collaborazione renda più forte un’azienda. Il concessionario avrebbe potuto offrire al cliente la possibilità di scegliere quale versione soddisfe di più le sue esigenze. Invece incontrai un muro.

A quel punto decisi di fargli concorrenza, progettando un prodotto migliore del suo. Alla fine, i risultati mi diedero ragione. Diversi clienti che avevano acquistato il kit si rivolsero a noi a causa della manifattura scadente e le rotture per difetti e bassa qualità del prodotto.

Intorno a novembre cominciarono a farsi vedere diverse copie di finestrini simili

ai miei.

Avevo stretto una collaborazione con un concessionario di Milano che vende auto e moto elettriche. Dopo aver collaborato per diversi mesi con noi, dopo avergli fatto pubblicità gratuita sul mio sito, stranamente, a fine ottobre, aveva interrotto la collaborazione.

Scoprii che aveva ideato una sua versione rigida dei finestrini, copiandoli spudoratamente dai miei, apportando solo piccole modifiche. Inoltre aveva registrato (inutilmente) il brevetto, spendendo migliaia di euro. Gli avevo lasciato un ampio margine di guadagno, ma l’avidità gli aveva fatto commettere diversi errori, portandolo a spendere molti soldi invano, perché le vendite furono pochissime.

Avevo commesso un errore, quello di stringere un accordo con una semplice stretta di mano. In realtà, avrei dovuto fargli firmare un contratto inserendovi un patto di non concorrenza.

Avevo agito “emozionalmente”, basandomi sulla buona impressione che mi aveva suscitato la persona dopo diversi incontri. Una regola FONDAMENTALE nel business è lasciar perdere le emozioni. Questa persona, dopo aver percepito il giro d’affari e il numero di vendite, aveva deciso di mettersi in proprio pagandone le conseguenze in termini economici.

Uscirono altre versioni, le più disparate, ma tutti si limitavano a vendere tramite blog prodotti copia di bassa qualità. In Francia furono immessi sul mercato prodotti molto più macchinosi, ma ad oggi NESSUNO vende un kit di qualità in modo professionale e fornendo garanzie come le mie.

Forse, se tali copie fossero uscite qualche mese prima, avrebbero potuto crearmi qualche difficoltà nelle vendite: ma ero stato il primo e l’unico, e avevo previsto che sarebbe accaduto.

La qualità e la professionalità ripagano SEMPRE. Gli sprovveduti e coloro che vogliono guadagnare senza investire non sono mai andati molto lontano.

Provai anche a chiedere una collaborazione diretta con la sede Renault di Roma che gestisce l’Italia. Se fossi riuscito a stringere un accordo con Renault, avrei potuto vendere i finestrini direttamente in sede: in questo modo, le concessionarie avrebbero consegnato le auto già munite di finestrini.

Mi rimbalzarono dicendomi che le decisioni spettavano a Renault Francia. Contattai direttamente il manager, che mi liquidò spiegandomi che a loro non interessava il mio prodotto, in quanto a settembre sarebbe uscita la loro versione ufficiale dei finestrini. A febbraio 2013 non esiste alcuna versione ufficiale dei finestrini Renault.

Dunque, per quanto tu possa aver realizzato un prodotto vincente, utile e che – come nel mio caso – aiuti ad aumentare le vendite di un’auto, non ci si deve aspettare che intorno siano tutti entusiasti. Anzi, molte volte, stranamente, vieni addirittura deriso e snobbato. La mia fortuna è sempre stata quella di non aver mai dato molto peso al parere altrui, che mi ha permesso di andare avanti come un treno, indipendentemente dalle opinioni.

Ho venduto migliaia di finestrini, chissà se Renault avrebbe avuto più successo facendo uscire l’auto direttamente con il kit montato.

Non so se i manager Renault si siano mai posti questa domanda.

8. Pubblicità gratuita e aumento dei fatturati

A luglio, mentre ero diretto a Roma per l’incontro con la sede Renault, ricevetti una telefonata da parte di un giornalista di Quattroruote.

Mi disse che erano curiosi di conoscere chi produceva i finestrini per la Twizy e che era una bella idea, soprattutto in un momento di crisi. Giudicavano infatti “particolare” che un’auto così innovativa non avesse i finestrini e che un’azienda italiana, dopo pochi giorni dal lancio della Twizy, si fosse inventata la soluzione già in vendita.

Il giornalista mi intervistò telefonicamente e l’articolo uscì sul Quattroruote di ottobre 2012.

Sempre a luglio ricevetti un’altra telefonata da parte di AUTOBLOG, sito che si occupa esclusivamente di auto con migliaia di visitatori al giorno.

Mi dissero che avevano scritto da poco un articolo sul lancio della nuova auto elettrica Twizy e che, navigando in rete in cerca di una soluzione antipioggia, avevano notato un sito inglese che li produceva e vendeva. Era il mio sito nella versione per la Gran Bretagna. Da lì erano risaliti al sito italiano, scoprendo che la società che aveva avuto l’idea e li produceva era italiana.

Anche loro mi intervistarono, e l’articolo uscì qualche giorno dopo: http://www.autoblog.it/post/53473/finestrini-renault-twizy-la-soluzione-arrivadallitalia

Il mio aveva svolto un eccellente lavoro: chiunque avesse digitato “finestrini Twizy”, in qualsiasi lingua e in ogni parte del globo, sarebbe stato dirottato sulla prima pagina di uno dei miei siti.

L’ottimo lavoro svolto all’inizio e la cura di ogni singolo dettaglio mi hanno portato a conoscere questi due giornalisti, che mi hanno incredibilmente aiutato nella vendita. Infatti, dopo questi articoli, le statistiche del sito esplosero letteralmente. Non ho speso un solo euro in pubblicità e mi sono ritrovato a gestire centinaia di clienti. Il segreto: aver trovato una soluzione alla necessità di molti. L’ho fatto con professionalità e al meglio delle mie capacità. E questo mi ha ripagato moltissimo.

In soli sette mesi ho fatturato (quasi tutto on-line) oltre un milione di euro, dando lavoro a imprese italiane e aiutando indirettamente Renault a vendere più vetture.

Titolo: Il successo in rete

Sottotitolo: Come guadagnare un milione di euro in sette mesi

Autore: Fabrizio Tramonti

ISBN: 9788891183866

Prima edizione digitale: 2015

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