Educando Mamma e Figlia
Di Natalia Darque
Pubblicato da Natalia Darque Copyright 2012 Natalia Darque
Edizione Smashwords, Note di Licenza
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Capitolo Uno
Kevin
Questa storia ebbe inizio quando Kevin accettò un lavoro in una piccola università del Texas orientale. Essendosi trasferito da una grande città, e avendo divorziato da poco, stava cercando di mettere radici in un nuovo luogo. Spogliato di quasi tutto dalla giudice mangia-uomini della Corte di Famiglia presso cui si era discusso il suo divorzio, era ansioso di ricominciare. Essenzialmente, aveva un po' di denaro, una vecchia auto scassata e nessuna casa. Quella puttana della sua ex moglie lo aveva completamente ripulito in tribunale. All'età di 33 anni, si sentiva quasi troppo giovane per dover ricominciare, ma era felice di essersi lasciato alle spalle la vecchia situazione. Era ancora in forma dai tempi della gioventù e scattante grazie al tempo che aveva trascorso nell'esercito qualche anno prima. Doveva ammette che aveva ancora un bell'aspetto. Aveva una folta chioma di capelli castani, dei bei denti grazie ai genitori che credevano fermamente nell'ortodonzia e occhi blu che gli avevano sempre procurato un bel po' di complimenti. Dopo aver lasciato l'esercito, era tornato a scuola grazie al diploma militare e aveva lavorato fino ad ottenere il master. Era finito in questa città dopo aver cercato un ruolo da insegnante e un posto in un programma di dottorato. Si era lasciato alle spalle un'acida, lamentosa e perfida ex moglie che aveva messo su la bellezza di 10 chili nel corso del primo anno di matrimonio. Era ata dal peso piuma di 52 chili per 1 metro e 57 a una gonfia e cicciona nel giro di poco tempo, del tutto rassomigliante a una versione femminile del Gabibbo, e aveva sviluppato una personalità tale da poter essere considerata un contraccettivo. Era così felice che non avessero avuto dei figli, avrebbero solo complicato le cose dopo il divorzio. Considerato il fatto che lei aveva stronzeggiato incessantemente in merito a qualunque cosa, non era mai
dell'umore di buttarsi a letto con lei, una situazione che, sorprendentemente, lei non aveva mai capito. Ma aveva anche aiutato ad assicurare che non si riproducessero mai. Raggiunse il suo nuovo ruolo da insegnante e rapidamente si ambientò. Trovare un posto in cui vivere era al primo posto della sua lista di priorità. All'inizio, si era trasferito in un hotel che affittava stanze settimanalmente, ma era determinato a trovare qualcosa di più economico. Visitò alcuni complessi residenziali nei dintorni, ma si accorse velocemente di non vantare la disponibilità necessaria o il credito adeguato per la faccenda, per potersi permettere un qualsiasi tipo di appartamento decente. Dopo qualche giorno nella sua schifosa stanza d'hotel, acquistò una copia del giornale locale che usciva solamente due volte a settimana e cercò per vedere se ci fosse qualche offerta promettente di locazione. Si focalizzò su una mezza pagina di offerte immobiliari e sugli annunci. Tutto era fuori dalla sua portata economica o si trattava comunque di qualcosa che aveva già visitato, e puntualmente era stato scartato come potenziale inquilino. Cominciava a sembrare che l'hotel si sarebbe trasformato nella sua residenza fissa. Poi, al termine della sezione del giornale dedicata agli annunci immobiliari, notò una parte dedicata alle “Camere in affitto”. Ce n'era solamente uno. L'annuncio diceva:
Affittasi stanza, ammobiliata o vuota Permesso uso della cucina. $250 al mese. Chiamare XXX-XXX-XXXX
L'annuncio, e specialmente il costo, certamente catturarono la sua attenzione. Era meno della metà di quanto stava pagando per quella schifosa camera d'hotel. Quindi, afferrò l'iPhone e chiamò il numero dell'annuncio. Dopo pochi squilli, rispose una piacevole voce femminile.
“Pronto,” la voce disincantata disse all'apparecchio. “Sì, chiamo per la stanza in affitto dell'annuncio. È ancora disponibile?” chiese. “Oh, sì, lo è,” la voce disse dall'altra parte. “In effetti, stavo per arrendermi. Ho messo l'annuncio circa un mese fa e lei è la prima persona che chiama.” “È fantastico,” rispose. “Che cosa mi può dire in merito?” “Beh,” spiegò, “è ammobiliata ora, ma se vuole utilizzare i suoi mobili, posso rimuovere tutto, o parte. Decida lei. C'è un ingresso indipendente, quindi può andare e venire a suo piacimento e, naturalmente, può utilizzare la cucina e la zona soggiorno, fin tanto che potremmo stabilire degli orari tra lei e me, e mia figlia, naturalmente.” “OK,” disse, “sembra tutto meraviglioso. Non ho molti mobili, quindi il fatto che sia ammobiliata mi attrae, così come il prezzo. Potrei are a dare un'occhiata?” “Certo,” rispose lei. “Sono a casa ora e per il resto della serata, quindi qualsiasi momento è ottimo.” “Stupendo,” disse lui. “Mi dia un indirizzo e arriverò subito.” Lei snocciolò un indirizzo, che lui scrisse su un pezzo di carta. “Ha bisogno di informazioni per arrivare?” chiese lei. “No,” rispose lui. “ò il GPS.” “Perfetto,” replicò lei. “Ci vediamo tra poco.” La salutò e andò direttamente in auto. Qualcosa in merito a questa situazione sembrava davvero promettente. La signora sembrava piacevole al telefono. La immaginava come una figura materna di mezza età, probabilmente grassa e semplice. Non sapeva cosa pensare della figlia che aveva menzionato e si chiese se ci fosse anche qualcun altro nel quadretto. Balzando in macchina, inserì l'indirizzo nel GPS e ottenne le informazioni per raggiungere la casa della donna. Si trovava solo a qualche chilometro dalla sua
scuola, quindi la zona era perfetta. Percorse i chilometri con velocità e, ben presto, guidato dalla meccanica voce femminile del dispositivo, arrivò di fronte a una casa medio-piccola, con un immacolato giardino ben curato. Controllò l'indirizzo che gli aveva dato e si assicurò che quella stronza meccanica non lo avesse condotto nel posto sbagliato. Soddisfatto di essere nel posto giusto, scese dall'auto e si diresse verso la porta d'ingresso.
Capitolo Due
Charlotte
Dopo che l'uomo aveva chiamato per la stanza per la quale aveva messo l'annuncio, Charlotte aspettò in soggiorno, guardando la tv. Dalla sua postazione, vide un'auto avvicinarsi alla casa. Poco dopo, vide un uomo dall'aspetto giovanile uscire dal veicolo e avvicinarsi alla porta. Udì bussare alla porta, si incamminò e aprì l'uscio. Lì in piedi c'era un bell'uomo dall'aspetto giovane. Era molto meglio di quanto si fosse aspettata. Aveva dei capelli castani ondulati ed era sul metro e ottanta. Era in forma e, forse, più tendente al muscoloso che altro. Stabilendo un contatto visivo, si accorse che i suoi occhi blu erano ipnotizzanti. Lui sorrise e mostrò dei bellissimi denti bianchi. Dio, era così attratta dagli occhi blu e dai denti bianchi. Il suo dannato ex non aveva né gli uni né gli altri. Non poté fare a meno di notare che il giovane uomo tentava di osservarla clandestinamente dall'alto in basso. I suoi tentativi di discrezione fallirono miseramente. Sentì il suo sguardo salire e scendere sulla sua figura. Vide i suoi occhi spalancarsi. Non che ne fosse poi così sorpresa. Era sempre stata una patita dell'esercizio fisico. Il suo regime attuale comprendeva la sveglia alle 4 del mattino per correre. Ogni giorno, percorreva 8 chilometri. Con cura, aveva scelto un percorso che non le permettesse di distrarsi. Doveva per forza finire il tragitto una volta raggiunta la metà. Qualche mese prima, si era unita a un gruppo di allenamento e, due volte a settimana, si esercitava alla sera quando il lavoro glielo permetteva. Come risultato, all'età di 48 anni, pesava 52 chili per un'altezza di 1 metro e 63. Aveva quello che Crystal, sua figlia diciottenne, chiamava un “corpo esplosivo”. Parte di quel corpo beneficiava dell'unica stravaganza che si era concessa dall'accordo di divorzio. Il giorno dopo l'arrivo dell'assegno da parte del suo ex
marito per metà del suo ingente patrimonio, aveva contattato un chirurgo plastico e aveva fissato un intervento di mastoplastica additiva. Era ata da una A abbondante, o una piccola B, a una C abbondante o a una D scarsa, a seconda del reggiseno che indossava. Aveva mantenuto lunghi i suoi bei capelli biondi, nel rispetto dello stile reso famoso da Jennifer Aniston. Vide gli occhi strabuzzati dello sconosciuto che pian piano si riprendevano. Lui le catturò lo sguardo con quegli ipnotici occhi blu. “Salve,” disse con una voce calma e sexy. “Sono venuto per vedere la stanza che affitta.” “Certo, entri,” rispose lei. “Sono Kevin, a proposito,” disse. “Perdoni i miei modi.” “Sono Charlotte,” replicò, leggermente agitata. “Presumo che anche le mie maniere non siano state delle migliori. Piacere di conoscerla.” “La prego, mi segua,” aggiunse. “Lasci che le mostri la stanza.”
Capitolo Tre
Kevin
Kevin rimase a bocca aperta quando la porta si aprì. Si aspettava una sciatta donna di mezza età, magari anche sovrappeso. Invece, si ritrovò faccia a faccia con una bellissima signora da mozzare il fiato, con uno dei corpi più spettacolari che avesse mai visto. Probabilmente una taglia 40, forse una 42, con un agile corpo che lo faceva letteralmente sbavare. Inoltre, aveva dei magnifici capelli biondi. Dopo essersi offerta di mostrargli la stanza, gli fece strada e lui la seguì. Non poté evitare che i suoi magnifici occhi venissero magicamente attratti dal suo fantastico fondoschiena. Doveva essere vicina alla quarantina, ma quella donna aveva un sedere che sarebbe riuscito a far morire d'invidia perfino un'adolescente. Lei aprì una porta del corridoio e lo invitò in una camera da letto. Lui si guardò attorno. Era deliziosamente arredata con quello che sembrava un enorme letto, un armadio e una scrivania. Un paio di comodini con lampade abbinate completava la stanza. Era perfetta. Nessuno dei suoi schifosi mobili sarebbe potuto andare meglio, quindi l'avrebbe lasciata così. Tutto ciò che doveva fare era spostare il computer sulla scrivania e sarebbe stato operativo. Come aveva menzionato, c'era una porta esterna. “Wow, è davvero bella!” esclamò lui. “Può sempre usare i suoi mobili, se preferisce. Posso mettere questa roba in magazzino se non le piace,” offrì lei. “In realtà, è molto meglio di quanto io abbia. Mi limiterei ad aggiungere un computer,” le disse.
“Beh, abbiamo la connessione Wi-Fi, quindi tutto quello che deve fare è inserire la presa elettrica. Le darò la e i codici, ovviamente,” spiegò. “È fantastico. Adoro la stanza e la zona è semplicemente perfetta per me,” disse. “Oh, significa che la prende?” chiese. “Dovrei almeno farle vedere la cucina.” “Sarebbe fantastico,” disse lui. “Magari sto correndo troppo.” “Da questa parte,” disse conducendolo verso la più incredibile cucina che avesse mai visto. Armadietti di legno scuro, ripiani di granito e un delizioso vaso che pendeva dal soffitto: era sicuramente ben organizzata ed equipaggiata. Uno stupendo servizio di utensili da cucina completava il vaso sospeso. Guardandosi attorno, vide tutte le cose che aveva sempre voluto ma che non aveva mai posseduto. Elettrodomestici di acciaio inossidabile, un frigorifero con il congelatore, un set di sei piastre a gas e perfino un doppio forno. “Whoa,” esclamò. “Credo di essere morto e di trovarmi in paradiso.” “La maggior parte dei ragazzi non si entusiasma più di tanto per le cucine,” disse lei con una risatina sexy. “Questa è stata l'ultima invenzione del mio ex marito prima che decidesse di dedicarsi ad altro.” Charlotte notò che gli occhi di Kevin si spalancarono al breve riferimento all'ex marito. “Beh, immagino di non essere come la maggior parte dei ragazzi. Adoro cucinare e adoro mangiare. Non seguo lo sport, guardo i canali di cucina. Qualcosa che la mia ex moglie non apprezzava più di tanto,” le disse. “Beh, se le piace cucinare, mi piacerebbe tanto prendermi una pausa. Si senta libero di cucinare per me in qualsiasi momento,” gli disse con un sorriso. “OK,” rispose, guardandola negli occhi. “Potrei davvero farlo.” “Quindi la prende?” chiese, con un lieve tono interrogativo. “A meno che non ci sia qualche tranello, non vedo niente che non mi piaccia. Una stanza bellissima, una cucina meravigliosa, una padrona di casa piacevolissima e il prezzo è ottimo. Sto dimenticando qualcosa?” le chiese.
“No, non mi pare.” disse lei. “Questa è la prima volta che affittiamo la stanza, magari dovremmo un po' abituarci. Ma se avesse bisogno della cucina tutta per sé, si dovrebbe mettere d'accordo con me e mia figlia. Noi abbiamo la priorità, ovviamente. Se le va di mangiare con noi, non ci sono problemi, ma dovremmo in qualche modo accordarci per condividere le spese. Le sembra ragionevole?” “Oh, sì. Molto ragionevole,” le rispose. “Se le sta bene, la prendo.” “Magnifico!” disse eccitata. “Sono così felice che si sia presentato qualcuno di così simpatico e, beh... normale.” Ridacchiò come una scolaretta. “Beh, so che si sente preoccupata a lasciar entrare uno sconosciuto in casa sua. Sappia che lei e sua figlia non vi dovrete preoccupare per me,” disse. “Oh, ma lo sento. E solitamente capisco al volo il carattere delle persone,” aggiunse dopo una breve pausa.
Capitolo Quattro
Charlotte
Le prime settimane dopo il trasloco di Kevin furono davvero movimentate. Parlarono per un po' quel primo giorno e lui le raccontò del suo nuovo lavoro all'università. Lei gli parlò del suo lavoro come stenografa freelance. Era spesso richiesta da diversi avvocati per stilare deposizioni e guadagnava un bel po' di soldi. Le ore erano poche, ma la paga era davvero consistente. Era il lavoro che faceva per lei. Lui andava e veniva in continuazione, trascorrendo parecchie ore in facoltà. Le spiegò che doveva preparare le lezioni per essere pronto in classe. Insegnava storia in cinque diverse sezioni, ognuna delle quali aveva un programma differente, quindi la preparazione lo stremava. Solitamente arrivava a casa tardi, circa verso le dieci, e si ritirava immediatamente in camera, sfinito. Le uniche volte che ebbero occasione di parlare fu durante la colazione. Cominciava a lavorare tardi tre giorni a settimana, poiché le sue lezioni iniziavano al pomeriggio. Arrivava in cucina in accappatoio, o con una t-shirt e i pantaloni del pigiama. Lei aveva appreso i suoi ritmi e si assicurava che la colazione fosse pronta quelle mattine in cui aveva del tempo a disposizione. Crystal, sua figlia diciottenne, andava d'accordo con lui. Aveva un modo di fare davvero semplice e anche con lei era gentilissimo, il che spiegava perché potesse insegnare all'università. Una mattina, entrò in cucina e trovò Kevin che aiutava la figlia con i compiti di storia. Più tardi, Crystal disse a Charlotte, in via confidenziale, che trovava Kevin davvero sexy. Crystal era il capitano della squadra di cheerleader della scuola e usciva con il
quarterback della squadra di football. Era proprio come Charlotte, prima dell'intervento al seno. Aveva una bella coppa B su un'atletico corpo, probabilmente di taglia 38 o 40. Tutti dicevano che era la versione castana della madre, con lo stesso tipo di corpo minuto e una muscolatura soda e tonica. Anche i suoi lunghi capelli castani seguivano il popolare look di Jennifer Aniston. “Charlotte, grazie: tu e Crystal vi state davvero prendendo cura di me,” Kevin disse una mattina dopo essere arrivato in cucina per trovare del bacon, delle uova e dei muffins pronti per colazione. “Kevin, lo sai che non mi dispiace. Sei un tesoro con me e Crystal,” disse lei. “E come lo sono? Non sono quasi mai in casa,” le chiese. “Beh, non sei stato un peso,” gli spiegò. “Non potremmo volere nessun altro. E Crystal ha ottenuto una “A” per quel progetto di storia con cui l'hai aiutata.” Lui ridacchiò e alzò il pugno in segno di vittoria. “Sì! Lo sapevo!” gridò. Entrambi risero, festeggiando il successo di Crystal. “Beh,” le disse, quando smisero di ridere, “non appena potrò, prometto di cucinare per voi. Non appena avrò un po' di tempo e riceverò il mio primo assegno, ho intenzione di stupirvi!” “Va bene, signore, non vedo davvero l'ora!” rispose lei.
Chapter Five
Kevin
Dal suo ufficio, Kevin si collegò con il computer di mattina presto e controllò il saldo del suo conto in banca. Dalla sua irrisoria somma a due cifre, Kevin notò allegramente che il suo conto era lievitato fino a quasi quattromila dollari. Prendendo l'iPhone dalla tasca, cercò il numero di Charlotte e digitò un messaggio di testo.
Hai progetti per cena?
Circa un minuto più tardi, il telefono trillò. Lesse la risposta.
No, per cena no. Andrò a vedere lo spettacolo di Crystal alla partita stasera, ma per il resto sono libera.
Kevin digitò la risposta...
Posso prepararti la cena stasera? Diciamo verso le sei?
Charlotte rispose:
Ci sarò, con grande entusiasmo!
Kevin uscì dall'ufficio presto quel giorno, non appena riuscì a liberarsi. Sapeva di avere una montagna di cose da fare se voleva preparare il menu che aveva in mente per Charlotte. Sapeva di essere attratto da lei, fortemente, e voleva realizzare qualcosa di speciale. Quindi optò per una ricetta testata, semplicemente la pietanza più romantica che avesse mai provato. Chateaubriand, un ottimo filetto per due. Quando lasciò l'ufficio, si diresse verso il miglior negozio di alimentari della città. Puntando direttamente verso il settore macelleria, ordinò 700 grammi di filetto di manzo, informando il macellaio che avrebbe cucinato del chateaubriand. Ottenne il miglior taglio di carne che potesse sperare. Prese dei funghetti di Portobello, asparagi freschi, un po' di salsa per una Ceasar Salad e un po' di patate, e si diresse verso la cassa. Guidando verso il negozio di liquori più vicino, entrò e chiese una bottiglia di cognac e una bottiglia di vino Madiera. Prese anche degli altri vini da bere durante la cena. Non sapeva se fosse una donna da vino rosso o vino bianco. Dopo aver scelto con l'aiuto del commesso del negozio, uscì di fretta per preparare la sorpresa. Detto e fatto, aveva speso quasi cento dollari per questa cena, ma ne sarebbe valsa la pena. Charlotte sarebbe rimasta stupita e piacevolmente sorpresa.
Una volta a casa, Kevin accese il barbecue sul retro. Prendendo le patate, le spalmò di burro, sale e pepe e le mise sulla griglia. Deliberatamente, sparse dei trucioli di legno sul fuoco per ottenere l'effetto affumicante desiderato. Sapeva che assorbendo il fumo della griglia, le patate sarebbero state fantastiche. All'interno, preparò il filetto per la griglia semplicemente spruzzandolo di pepe nero, e lo ripose quindi in una padella di ghisa. Poi prese gli asparagi, ne tagliò le estremità e ne avvolse tre o quattro all'interno di fettine di bacon, pronte per essere arrostite. Poiché incombeva l'ora in cui Charlotte sarebbe rientrata dal lavoro, Kevin scottò il filetto di manzo sui fornelli, prima di metterlo nel forno per arrostire. Dopo pochi minuti, mise in forno anche gli asparagi. Osservando attentamente la carne, Kevin la rimosse dal forno a tempo debito, scolò il sugo in una terrina e ricoprì la carne. Nella terrina, aggiunse aglio e olio d'oliva e fece saltare i funghetti Portobello. In quel momento, Charlotte varcò la porta di ingresso. “Che profumo delizioso!” esclamò. “Vuoi vedere qualcosa che ha un aspetto magnifico?” chiese dalla cucina. “Certo!” rispose, entrando nel locale. Spruzzò i funghi saltati con del cognac e rimise la terrina sul fuoco affinché l'alcol si disperdesse. La terrina prese fuoco, fino a ridursi in una fiammella azzurrognola. “Oh mio Dio!” Charlotte squittì. “La cena sarà servita tra circa cinque minuti,” le disse. Mentre Charlotte salì di sopra per cambiarsi, lui si accinse febbrilmente a terminare i lavori, cominciando ad affettare i medaglioni di carne alla chateaubriand. “Oh mio Dio! Ha un profumo COOOSì buono!” sentì una voce esclamare dal corridoio.
Alzò lo sguardo e la vide. I suoi lunghi capelli biondi erano sciolti. Indossava una maglietta che le sottolineava il seno alla perfezione. Sotto, portava un paio di aderenti jeans “skinny” che le fasciava il fantastico sedere e le cosce. Ai piedi aveva un paio di stivali Ugg, popolarissimi tra le adolescenti. Pochissime donne dell'età di Charlotte avrebbero potuto permettersi di indossarli. Me lei poteva. A quella vista, cominciò a sentire qualcosa che si induriva.
Capitolo Cinque
Charlotte
Mentre si sedeva davanti al cibo che Kevin aveva preparato per lei, fu totalmente stupita delle sue capacità culinarie. Lui esordì con una domanda. Si voltò dal bancone della cucina con una bottiglia di vino in ciascuna mano. “Rosso o bianco?” chiese. “Sì, per favore,” rispose con un sorrisino. Lui rise. “Bianco, in realtà,” disse lei. “Io e il vino rosso non andiamo molto d'accordo.” Velocemente stappò la bottiglia e portò due bicchieri di vino bianco a tavola. Poi confezionò due coppette colme di Ceasar Salad. Era su di giri. E quello era uno dei piatti preferiti di lei. “Il condimento è fantastico,” disse dopo aver assaggiato l'insalata. “L'ho fatto io,” le disse. “Wow! È perfetto,” gli disse. Lui si alzò e tornò con la portata principale. Di fronte a lei, posizionò un piatto con medaglioni affettati di filetto di manzo, ricoperti da una ricca salsa di vino Madiera, cognac e funghetti Portobello sminuzzati. Come contorno, c'erano rotolini di bacon e asparagi e una patata affumicata e arrostita per ciascuno. “Kevin, tutto questo è fantastico,” gli disse.
“Beh, volevo fare qualcosa per dimostrarti quanto apprezzi il fatto che tu e Crystal siate state buone con me,” le disse con sincerità. “Beh, questo funzionerà alla perfezione!” gli disse, assaporando la portata. Trascorsero la maggior parte dell'ora seguente a mangiare e chiacchierare. Lei lo stuzzicò con domande su come avesse imparato a cucinare. Scoprì che aveva un'innata ione per la cucina, del tutto disprezzata nella sua vita matrimoniale. Aveva sposato una donna proveniente da una famiglia che aveva l'abitudine di mangiare sempre le stesse cose e che arricciava il naso di fronte a qualsiasi cosa che varcasse i confini della routine. Aveva veramente avuto l'occasione di cucinare pasti come questo solo dopo averla cacciata. “Stupida puttana,” pensò lei tra sé mentre assaporava il pasto meraviglioso che le aveva preparato. Mentre la cena e la conversazione stavano scemando, lo guardò e lo fissò. “Hai altri piani per questa sera?” chiese. “No. Niente di particolare,” disse lui. “Beh, andrò a vedere Crystal alla partita di football. Si esibirà nell'intervallo. Vuoi venire con me?” gli chiese. “Certo!” rispose. “Sarà divertente”. “Solitamente arrivo sul tardi e me ne vado subito dopo il termine dell'intervallo. Non mi dispiace guardare la squadra di cheerleader ma quella di football fa davvero schifo. Ogni settimana quei ragazzi vengono strapazzati come un ragazzino adottivo dai capelli rossi con le bretelle e le lentiggini.” Scoppiò a ridere sentendo quelle parole. Di certo, non aveva mai sentito un paragone simile.
Capitolo Sei
Kevin
Più tardi, quando uscirono di casa per andare alla partita, lui rifletté che finora aveva fatto un lavoro piuttosto buono. Charlotte era rimasta impressionata dalla cena, questo era sicuro. Erano rimasti seduti al tavolo a chiacchierare fino al momento di uscire in tempo per l'intervallo. Si erano spazzolati una bottiglia di vino e ne avevano cominciato una seconda. Quando fu ora di andare, si diressero verso l'auto di Charlotte. Lei lo sorprese consegnandogli le chiavi e chiedendogli se volesse guidare. Era diventato pratico della città e sapeva dove fosse lo stadio. Prendendo le chiavi, aprì lo sportello del eggero per Charlotte e la tenne aperta mentre entrava. “Grazie,” disse mentre lui richiudeva lo sportello. Girando attorno all'auto, raggiunse il sedile del guidatore e mise in moto. “Non ricordo nemmeno l'ultima volta che un uomo mi ha aperto lo sportello,” gli disse. “Beh, qualcuno che non è stato educato a dovere dalla mamma, suppongo,” Kevin disse, sfoggiando un finto accento del sud. “La mia di mamma mi avrebbe fatto il sedere a pezzi se avesse saputo che ti ho fatta salire da sola in auto.” “Dovrei incontrare tua madre una volta o l'altra,” Charlotte aggiunse con una risata. “È tradizionale. E lo intendo davvero,” Kevin rise. In pochi minuti arrivarono allo stadio. Lui parcheggiò e spense il motore. Charlotte si sporse verso la maniglia dello sportello per uscire. “Aspetta! Non toccare quella maniglia! Mia madre potrebbe avere delle spie nei dintorni!” disse.
Charlotte ritirò la mano come se la maniglia fosse radioattiva. “Oh merda! Mi dispiace!” disse, ridacchiando. Kevin scese dall'auto, chiudendosi lo sportello alle spalle, e girò attorno all'auto con fare esageratamente da galantuomo. Riusciva a vedere Charlotte che ridacchiava all'interno per la commedia che aveva messo in scena. Aprì lo sportello per lei e le offrì una mano, che lei accettò. “Signora,” disse formalmente. Si chiuse lo sportello alle spalle. Lei rise ancora. “Ti preoccupi davvero che tua madre possa avere delle spie nei paraggi?” le chiese con un sorrisino. “Cara, mia madre è come Babbo Natale. Sa tutto,” le disse, guardandola negli occhi. Piegò il braccio e lo porse a Charlotte. Lei lo prese a braccetto e lui la condusse all'interno dello stadio. Si sentiva a meraviglia nel camminare all'interno di uno stadio colmo di spettatori con una deliziosa donna al suo fianco. Guardò Charlotte e notò che sembrava pensare la stessa cosa. Lo continuava ad osservare con un grande sorriso, chiaramente godendosi il momento. La scortò all'interno dello stadio e sugli spalti, fino a trovare un posto adatto per ammirare la figlia. Notò che alcune paia di occhi si giravano mentre salivano le scale e si chiese se fosse lei il centro di quell'attenzione o se fosse il fatto che accanto a lei c'era lui. Mentre prendevano posto, Crystal si guardò attorno e li vide mentre si sedevano. Sbracciò eccitata quando realizzò che erano venuti a vederla. Nel giro di un minuto, quando il primo tempo stava per volgere al termine, la squadra delle ragazze fece ingresso in campo e prese posizione per lo spettacolo dell'intervallo. Crystal regalò loro un breve cenno di saluto prima di incamminarsi con le amiche in campo. Guardarono attentamente lo spettacolo. Quando Crystal fu annunciata come capitano della squadra, saltò e fece una spaccata, lasciandosi cadere sull'erba in quella posizione. Kevin trasalì all'idea. “Se lo fi io, sarei in lacrime e lascerei il campo in barella,” disse,
avvicinandosi e sussurrando all'orecchio di Charlotte con fare cospiratorio. “Anch'io, temo,” sussurrò a sua volta, catturando il suo sguardo per un istante. Mentre guardavano lo show, Kevin fece eco alle grida di Charlotte, sostenendo la squadra. Mentre gridavano, nessuno li scambiò per tifosi della squadra di football. Il tabellone mostrava che alla fine del primo tempo, i ragazzi locali erano sotto di 28 a 0. Mentre la schifosa squadra di football rientrava in campo, le ragazze tornarono al loro posto. Quando Crystal si sedette, li salutò di nuovo. Entrambi risposero al saluto. “OK, andiamocene di qui,” Charlotte disse, avvicinandosi al suo orecchio. “Non ti piace il football?” Kevin chiese. “Non questa squadra. I ragazzini di Jerry potrebbero strapazzarli,” Charlotte sussurrò. Kevin rise forte, prima di portarsi una mano davanti alla bocca con finta sorpresa. Charlotte si alzò in piedi, chiaramente pronta ad andare via. Kevin si alzò e le offrì il braccio. Charlotte lo prese. “Andiamo?” chiese lui. “Andiamocene da questo postaccio. Non mi va di vedere il fidanzato di Crystal fare una figuraccia.” Kevin rise e la condusse lungo le gradinate. Gli sembrava di sentire centinaia di occhi che li stavano osservando.
Capitolo Sette
Charlotte
Non parlarono molto lungo in tragitto verso casa. Entrambi sembravano assorti nei pensieri della serata. Se le assomigliava almeno un po', lui avrebbe dovuto pensare alla prossima mossa. Sapeva che lo voleva. Quella notte era la prova che lui era davvero un bravo ragazzo. Riusciva a chiacchierare, aveva il senso dell'umorismo ed era realmente attraente. Si chiese se fosse bravo a letto almeno quanto lo fosse fuori. Kevin parcheggiò nel vialetto. Lei si sporse verso la maniglia. “Aspetta!” disse lui. “La mamma potrebbe avere delle spie anche qui!” Lei ridacchiò, ma aspettò finché scese dall'auto e raggiunse il suo lato per aprirle lo sportello. Le offrì la mano, lei la prese e scese dalla macchina. “Grazie. La tua mamma sarebbe orgogliosa di te stanotte,” gli disse. “Dio, lo spero. Di solito usava una cinghia di pelle per il mio sedere. Se ho fatto qualcosa si sbagliato, ti prego, non dirglielo,” disse lui con una risata. “Se fosse qui, decanterei le tue lodi,” gli disse, incamminandosi verso casa. “Buono a sapersi,” gli sentì dire da dietro. Aprì la porta ed entrambi entrarono. Era ancora presto. Erano solo le 8:30 di sera, notò sbirciando l'orologio. “È presto,” disse una volta all'interno. “Vuoi guardare la tv, un film o qualcos'altro?”
“Tv, film o qualcos'altro?” chiese con un ampio sogghigno. Divenne debole alla vista della sua dentatura perfetta. “Qualsiasi delle tre mi va bene.” “Uh, perché non cerchiamo un film?” chiese lei. “Va bene,” rispose lui. Charlotte si sedette sul divano. Gli fece cenno, con un gesto della mano, di sedersi accanto a lei. Si lasciò cadere sul divano al suo fianco. In quasi un mese in casa loro, non le era mai stato così vicino. Le poche volte in cui aveva guardato la tv con loro, era rimasto sempre in poltrona o su una sedia a distanza. Era stato molto rispettoso in tutto quel tempo. Charlotte trovò una commedia romantica su un canale a pagamento e chiese se fosse qualcosa che avrebbe gradito guardare. “Certo,” rispose. “Sembra fantastico.” Accettò il contratto di vendita sullo schermo e il film ebbe inizio. In pochi secondi, apparì l'anteprima. Sapeva che non si trattava altro che di 15 minuti di cavolate prima che il film cominciasse. Decise che quello era il momento per fare una mossa. Deglutendo per il nervosismo, si girò verso Kevin e lo guardò a fondo nei suoi immensi occhi blu. “Kevin, voglio ringraziarti per questa sera,” disse nervosamente. “Oh, non è stato nulla...” cominciò a rispondere. “Kevin, fidati,” disse. “È stato qualcosa. Ha significato tanto per me. Hai cucinato per me, mi hai accompagnato come un brillante cavaliere alla partita di football, mi hai fatto sentire meglio di quanto non mi sia sentita in anni. Fidati, devo ringraziarti per tutto quanto.” “OK, allora... immagino... prego,” bofonchiò, per una volta senza parole. Lei si sporse in avanti e lo baciò, castamente, sulle labbra. “Grazie,” gli disse, dopo aver interrotto il contatto.
Kevin non proferì parola. Il suo braccio le cinse il collo e la tirò più vicino a sé. La sua bocca trovò quella di lei. Sentì quelle labbra che premevano con forza contro le sue, in modo diverso dal casto bacio che gli aveva dato. Le labbra di lui cercavano le sue con ansia. Avvertì la sua lingua farsi strada tra le sue labbra, cercando la sua. Socchiuse le labbra e provò una scossa elettrica quando le due lingue si incontrarono. Mentre cominciavano a baciarsi furiosamente, Kevin si ritrasse, e la spinse all'indietro all'improvviso, Charlotte era stupita. “Charlotte,” chiese. “Che mi dici di Crystal? Quando torna a casa?” “Esce con lo stronzo, intendo con Mark, dopo la partita. Non tornerà prima di mezzanotte.” “Oh, OK,” disse e cominciò a baciarla con furia nuovamente. Le sue mani salirono verso l'alto e le trovarono il seno generoso. Avvertì un formicolio quando le sue mani le cullarono i seni. Quando le sue dita cercarono e trovarono i capezzoli, sentì una scarica elettrica attraverso tutto il corpo. “Dio!” pensò. “Quanto tempo è ato?” Ci ripensò, mentre Kevin la accarezzava e la eccitava. Erano ati cinque anni da quando suo marito l'aveva lasciata per una modella più giovane. Si chiese cosa avrebbe pensato il suo ex ora. Aveva un uomo più giovane di 15 anni. Il suo ex l'aveva lasciata per una donna più giovane di 20 anni che ora si era trasformata in una donna grassa e sciatta dopo avergli dato un figlio e una coppia di gemelli. Come al solito, era troppo avaro per pagare le devastazioni dei parti. Piuttosto, era di nuovo sul mercato, a caccia di un'altra, più giovane e più bella. “Tesoro, devo dirti una cosa,” Kevin disse con ansia, scostandosi da lei. “Cosa, caro?” chiese lei. “È ato un bel po' di tempo da quando ho... er.. fatto qualcosa del genere,” disse. “Quanto tempo?” chiese lei. “Quasi un anno. Ho appena divorziato e tu sei la prima donna con cui io sia
stato. Non eravamo propriamente attivi nel nostro ultimo anno di matrimonio,” spiegò. “Quasi un anno?” chiese. “Tutto qui?” Lui sollevò un sopracciglio con fare interrogativo. “Tesoro, io non ho avuto un uomo per più di cinque anni,” gli disse brutalmente. “Cinque anni?” chiese incredulo. “Sì, cinque anni. Mi sono concentrata sull'educazione di mia figlia quando mio marito mi ha lasciata. Non ho pensato a scopare,” spiegò. “Semplicemente non riesco a credere che una donna come te non abbia avuto delle occasioni in cinque anni,” disse lui. “Oh, Kevin, ci siamo capiti male. Non ho detto che NON AVREI POTUTO scopare. Ho solo detto che non l'ho fatto. Mi sono preoccupata di mia figlia e di nient'altro. Mio marito se n'era andato e la mia priorità è diventata mia figlia.” “Beh, ti dispiacerebbe se dicessi qualcosa di possibilmente inappropriato in merito al tuo ex marito?” le chiese. “No. Continua pure,” disse lei. “Il tuo ex è decisamente il più stupido figlio di puttana nella storia del mondo,” Kevin le disse. “Beh, nemmeno la tua ex moglie è stata ai livelli di Einstein,” replicò. Ci fu una lunga, intensa pausa. “Ora, perché non ce ne andiamo in camera da letto, proprio come dovrebbe essere?” chiese lei.
Capitolo Otto
Kevin
“Non ho l'abitudine di invitare gli uomini nella mia camera da letto, ma quando qualcuno riesce ad essere un tale gentiluomo, mi rende la decisione molto più semplice,” Charlotte disse prendendogli la mano e scortandolo verso la camera da letto. “Charlotte, io, uh...” balbettò. Charlotte si voltò e gli portò il dito indice alle labbra. “Shhhhh...,” gli disse. “Non devi dire nulla.” “Stai andando davvero bene,” continuò. “A questo ritmo, qualcuno probabilmente sarà fortunato,” disse, regalandogli un sorrisino consapevole. Kevin la seguì nervosamente in camera da letto. Aveva visto l'interno della sua stanza andoci dal corridoio, ma non ci era mai entrato. Era arredata in modo grazioso con mobili di legno, tra cui un letto a baldacchino. Da ogni angolo del letto scendeva una delicata rete che caratterizzava la struttura, creando l'apparenza di un muro attorno al letto, con delle aperture a ogni lato. Charlotte si chiuse la porta alle spalle e si mise a fianco di Kevin, accanto al letto. Senza dire una parola, gli portò un braccio attorno al collo e lo attirò a sé per un sentito e apionato bacio. Lui avvertì le mani di lei farsi strada sotto il pullover, per tastare il petto e gli addominali. Incoraggiato, le infilò una mano sotto la maglia e salì fino al ferretto del reggiseno. Scivolò sulla schiena, trovò il gancetto del reggiseno e lo sganciò abilmente. Con le mani tornò sul davanti, le fece scorrere sotto il reggiseno e la sentì rabbrividire mentre le cullava il generoso seno, con i pollici e le punte delle dita
a contatto con i capezzoli. Kevin avvertì che le mani di lei stavano armeggiando con l'orlo del suo pullover e poi sentì che glielo stava sollevando, fin sopra alla testa. Alzò le braccia per permetterle di sfilarlo. Poi fece lo stesso, afferrando l'orlo della maglia e sfilandogliela dalla testa. Dopo essersi liberata della maglia, lo guardò negli occhi, mentre lui afferrava i lembi del reggiseno e lo abbassava, gettandolo sul pavimento accanto agli altri indumenti. Rimase meravigliato davanti al suo seno stupefacente. Nuovamente tra le braccia l'uno dell'altra, sembravano pensare in sincronia quando si gettarono sul letto: fu Charlotte la prima a sdraiarsi, tirando Kevin sopra di sé. Le mani di Kevin tornarono sul suo magnifico seno e cominciarono a stuzzicarlo e ad accarezzarlo. Sentì che la mano di lei si stava indirizzando verso il suo inguine. Era eccitato e duro come marmo, quando la mano di Charlotte scivolò sul suo cazzo e ne prese possesso attraverso i jeans. Anche se non aveva le misure di un pornostar, era abbastanza ben equipaggiato da non aver mai avuto alcun tipo di insicurezza. Quella puttana della sua ex moglie, in realtà, si era lamentata della misura del suo cazzo, come di qualsiasi altra cosa, dicendo che era così grande da farle male. Con venti centimetri di lunghezza con una circonferenza rispettabile, aveva anche avuto una partner casuale incapace di accoglierlo. Kevin fece scorrere una mano verso l'inguine di Charlotte. Quando la mano si posizionò tra le sue gambe, riuscì a percepire il calore attraverso i jeans. Lei si lasciò sfuggire un leggero gemito quando lui la toccò lì. Le mani di lei stavano armeggiando con il bottone e la zip dei suoi jeans. Lui fece lo stesso, cercando di liberarla da quei jeans straordinariamente aderenti. Una volta che riuscì a slacciarli, Kevin si mise seduto sul letto e gli afferrò i jeans per la vita. Charlotte sollevò i fianchi per aiutarlo nell'intento di liberarla, rimanendo così rivestita unicamente da uno striminzito perizoma. Eccitato e pronto a mettersi in moto, Kevin si mise in piedi accanto al letto e cominciò ad abbassarsi i pantaloni. Già sbottonati, fu un gioco da ragazzi farli scivolare sul pavimento. Proseguì, mentre Charlotte lo guardava, abbassandosi i boxer, liberando il suo duro cazzo dolente. Gli occhi di lei si spalancarono nel vedere tale misura e tale grado di eccitazione.
Tornò sul letto e si sdraiò accanto a Charlotte. Abbassò la testa sui suoi seni e cominciò a baciare e leccare i suoi capezzoli gloriosamente eretti. Dopo aver baciato entrambi i seni, cominciò a schioccare una fila di baci lungo il corpo di Charlotte, fino ad arrivare alla “V” tra le sue gambe. Baciandole delicatamente l'interno coscia, avvertì che Charlotte cominciava ad agitarsi e a gemere di piacere. Affondò un dito nelle sue mutandine. Scostandole di lato, vide la sua vagina gloriosamente rasata e liscia. Si fece avanti e cominciò a leccare e a baciare la sua femminilità. “Oh Dio! Ti prego! Ti voglio dentro di me, ora!” le sentì dire. Lo stava tenendo per entrambe le orecchie, tirandolo verso l'alto. Usando entrambe le mani, e resistendo ai suoi strattoni, le abbassò il perizoma, aiutato dal suo volontario sollevamento dei fianchi. Tornò a baciarle la fica, facendola strillare. “Ora! Ti voglio dentro di me ora! Non posso più aspettare!” sussurrò con ansia. Cominciò a baciarla verso la parte alta del corpo, posizionando il busto tra le sue gambe. Lo stava ancora tirando per le orecchie, strattonandolo freneticamente. La baciò fino a raggiungere il suo viso, trovando la sua bocca ansiosa. Allo stesso momento, percepì che la punta del suo cazzo stava scivolando tra le gambe di lei. Spingendosi delicatamente avanti e indietro, avvertì il suo calore abbracciargli la punta mentre cercava di farsi strada tra le sue pieghe scivolose e bagnate. Sotto di sé, sentì Charlotte irrigidirsi mentre avvertiva che la stava per penetrare. Con gentilezza, Kevin fece pressione. Avvertì il cazzo scivolare tra le sue labbra e infilarsi in profondità dentro di lei. Con circa sette centimetri dentro, si ritrasse e poi spinse ancora. Quindi, affondò ulteriormente. “Oh, Dio! Sei così grosso!” mugugnò lei. “Ti sto facendo male?” chiese, sorpreso. “Dio, no! Dammelo!” esclamò. Si ritrasse ancora e affondò nuovamente. Il suo cazzo penetrò fino alle palle che
premevano con forza contro le sue labbra bagnate mentre avvertiva la punta del suo fallo strusciare contro la cervice in profondità. “Oh Dio! Ti sento fino nello stomaco! Sei così in profondità!” sussurrò. Appoggiato sui gomiti sopra di lei, cominciò a pompare, dentro e fuori, lentamente. Sapeva che, a corto di sesso qual era, sarebbe venuto immediatamente se avesse cominciato a scoparla troppo velocemente. Mentre entrava e usciva, trovò la sua bocca, baciandola in profondità e con ione. “Adoro il tuo cazzo!” sussurrò lei. “Mi farai venire!” le disse. “Mmmmm. Voglio sentirti venire dentro di me,” sussurrò a sua volta. Continuò a spingere mentre sentiva lo scroto irrigidirsi e le palle indurirsi mentre si preparavano ad espellere la loro dose di spermatozoi nel suo grembo. Spinse con maggior intensità e ulteriormente in profondità. Percepì Charlotte irrigidirsi sotto di lui per via di quella scopata intensa. Kevin avvertì i primi brividi dell'orgasmo formarsi e poi esplose. Con un ringhio profondo, sentì ondate di piacere pervadergli l'intero corpo. Il suo cazzo era in fiamme, rilasciando un intero anno di frustrazione sessuale accumulata. Guardando verso il basso, Kevin vide gli occhi di Charlotte spalancarsi mentre il suo cazzo rilasciava un fiume di caldo, appiccicoso sperma dentro di lei. “Oh!” gridò sorpresa, mentre il suo seme la riempiva. Con il cazzo affondato in profondità, la punta premeva contro la cervice. Sentì il suo calore pervadere l'intimo di lei, espandersi nel suo grembo e colarle lateralmente dalla fica mentre continuava ad entrare e a uscire, spingendosi sempre più in profondità. “Sto venendo!” gemette lei, mentre il suo cazzo continuava a martellarla con seme caldo nel ventre. La sua schiena si inarcò e si lasciò sfuggire un grido tagliente ad ogni forte spinta di quel meraviglioso cazzo. Nonostante avesse svuotato le sue palle represse dentro di lei, rimase duro come
marmo. Non volendo schiacciarla con il suo peso, ritrasse il cazzo granitico e si girò su un fianco, accanto a lei. “Oh mio Dio! È stato fantastico,” gli disse. “Sì, lo è stato,” rispose lui. Guardando verso il basso, lei notò il suo cazzo ancora gloriosamente eretto. “Non sembra proprio che tu abbia terminato,” disse con una risatina. “Beh, ho terminato se tu lo vuoi. Non voglio essere un rompiscatole,” le disse. “Oh, cavoli. Ti prego, sii un rompiscatole,” gli disse mentre allungava una gamba sopra di lui, si metteva a cavalcioni e faceva scorrere il suo cazzo nuovamente all'interno. E cominciarono il secondo round...
Capitolo Nove
Charlotte
Charlotte si svegliò alle quattro del mattino, quando la fastidiosa sveglia suonò. Era ora di andare a correre. Poi si accorse di Kevin che si rigirava nel letto accanto a lei. Ricordò la notte precedente. L'aveva scopata quattro o cinque volte? Era stato insaziabile una volta cominciato. Entrambi dovevano sfogare la frustrazione accumulata nel corso di anni. Sorrise al ricordo. Kevin rotolò verso di lei e le si appoggiò contro la schiena, coccolandola. Il suo cazzo, prevedibilmente duro ed eretto, le premeva contro. La sua mano le scivolò lungo il corpo, fino a trovare il seno sinistro. Quando il pollice e la punta di un dito trovarono il capezzolo, lo sentì indurirsi sotto quel tocco. “È ora che io vada a correre,” gli disse. “Perché non rimani qui?” chiese lui, ancora intontito. “Beh, credo che potrei concedermi un giorno libero. Dopo tutto, qualcuno mi ha tenuta sveglia fino a tardi la scorsa notte,” disse lei. “Dimmi chi è quel testa di cazzo e lo prenderò a calci per te,” borbottò, poi ridacchiò. “Potrei fare un altro tipo di esercizi cardio, immagino, e saltare la corsa stamattina,” propose. “Hmmmmm, non sembra molto divertente,” mugugnò lui. “Beh, gli esercizi cardio non devono essere necessariamente noiosi, sai?” disse
lei. “Davvero?” chiese lui. “No. Certo che no,” disse. “Per esempio,” continuò, “potresti usare quel cazzo enorme gloriosamente eretto per far accelerare il mio battito cardiaco.” Prendendola per la spalla, la ruotò sulla schiena e la guardò negli occhi. “Vuoi davvero che faccia ancora l'amore con te? Dopo la scorsa notte, temevo di rompere tutto. E ciò avrebbe spezzato il mio povero, piccolo cuore,” le disse. “Beh, devo mantenere la mia forma da scolaretta.” Gli disse. “Sono almeno 150 calorie a rapporto e, al ritmo che abbiamo sostenuto, ho quasi smaltito la cena che mi hai preparato la notte scorsa. Ma è rimasto ancora qualcosa. E, no, non stai rompendo proprio nulla.” “Mi fa piacere sentirlo. Non vorrei mai,” le disse mentre scivolava in posizione tra le sue gambe.
Capitolo Dieci
Crystal
Crystal si svegliò nel cuore della notte, incapace di dormire. Era tornata a casa dopo aver trascorso la serata con Mark, si era spogliata e si era messa una maglietta sopra le mutandine ed era andata a letto, dove aveva pianto fino allo sfinimento, asciugando lacrime amare per via della sua situazione. Usciva con il quarterback della scuola, il che avrebbe dovuto essere il sogno di ogni ragazza. Ma nessuno poteva avere idea di cosa succedesse davvero. Mark sembrava essere la persona più egocentrica che avesse mai conosciuto. Specialmente in camera da letto, tutto ruotava attorno a lui. Mentre lei gli si concedeva ogni fine settimana, lui non cercava mai di soddisfarla. Uno dei problemi era dato dal fatto che veniva sempre velocemente. La scopava per un po' e, ad ogni rapporto, riusciva a venire anche cinque o sei volte. Il problema era che non era mai stato in grado di regalarle un orgasmo e, soprattutto, sembrava non importargli affatto. L'altro fatto, che non aveva mai osato discutere con nessuno, era che Mark, nonostante il fisico e i muscoli atletici di un quarterback, aveva il pene più piccolo che avesse mai visto. Immaginava fosse tra i cinque e i sette centimetri, da eretto. Si chiedeva, e gli aveva perfino chiesto, se fe uso di steroidi, poiché aveva sentito che potessero rallentare la crescita degli organi genitali. Lui aveva negato, ma lei non gli credeva. In fondo, quando erano insieme, le conficcava dentro il suo ridicolo cazzetto e veniva. Non sembrava importargli davvero nulla che a lei non pie. Il tutto si abbinava al fatto che stava vivendo una stagione disastrosa come quarterback. Era in procinto di essere rilegato in panchina, e dopo la partita della scorsa notte, con quattro falli nel primo tempo, probabilmente sarebbe stato
messo da parte a favore di un ragazzino che aveva dimostrato di essere piuttosto promettente. Lì distesa, indecisa sul da farsi, udì un grido tagliente provenire dalla stanza della madre. Allarmata, scese dal letto e si diresse verso la camera della madre per accertarsi che fosse tutto a posto. Nel corridoio, notò che la porta della stanza di Kevin era aperta. E lui non era all'interno. Li aveva visti insieme alla partita durante l'intervallo mentre raggiungeva il campo per lo spettacolo. Si chiese se Kevin e sua madre si stessero dando alla “pazza gioia”. Erano sembrati piuttosto intimi alla partita. Strisciando lungo il corridoio, si avvicinò con circospezione alla porta e cercò di origliare. Udì una voce che sembrava essere di sua madre. Se era lei, stava facendo dei brevi e taglienti gridolini, di piacere o di dolore. Non ne era sicura. Non sapendo cosa fare, decise infine di aprire con cautela la porta della madre. Prendendo il pomello in mano, lentamente riuscì ad aprirla senza fare rumore. Dallo spiraglio, riuscì a vedere all'interno della stanza. Quello che vide la sbalordì. Nel buio, riconobbe la sagoma di sua madre sdraiata sulla schiena a letto. Tra le sue gambe c'era Kevin. Stava muovendo i fianchi per spingersi dentro e fuori da sua madre. Crystal dovette reprimere un sussulto nel vedere la madre in quella circostanza. Mentre guardava, fu sorpresa nel vedere sua madre cingere avidamente le gambe attorno ai fianchi impazziti di Kevin. Allacciando le caviglie sotto le sue natiche, usava le gambe muscolose per attirare Kevin in profondità. Crystal vide le mani della madre farsi strada verso il basso e afferrare le natiche di Kevin, affondando le unghie nella carne morbida e, letteralmente, accogliere quel cazzo dentro il suo corpo ad ogni spinta. Crystal osservò sorpresa, mentre la madre si lasciava sfuggire dolci gemiti ad ogni spinta di Kevin.
“Oh mio Dio! Sto venendo!” sentì la madre bofonchiare. “Calma! Sveglieremo Crystal,” sentì Kevin sussurrare a sua volta. “Se solo sapessero,” Crystal pensò mentre guardava Kevin affondare il cazzo dentro e fuori sua madre. Crystal osservò mentre sua madre inarcava la schiena e sbatteva la testa di lato mentre Kevin continuava a martellarla. Si chiese quanto fosse grande il cazzo di Kevin. Si chiese se fosse più grosso di quello di Mark. Mentre Crystal osservava Kevin martellare la fica della madre, fece scivolare una mano nelle mutandine e trovò il sensibile clitoride. Cominciò a strofinarlo con delicatezza mentre guardava Kevin che scopava sua madre. Quando la madre si riprese dopo un intenso e prolungato orgasmo, guardò sorpresa mentre Kevin le prendeva le gambe e se le portava, una alla volta, sopra le spalle. Sua madre gli cinse il collo con le braccia, ansiosa. Con un'intensa, ferma e lunga spinta, osservò Kevin che affondava il cazzo in profondità nel grembo di sua madre. La mamma reclinò la testa all'indietro e ansimò mentre la lunghezza di lui le scivolava dentro. Con le gambe della madre a mezz'aria, e con gli occhi che si stavano abituando al buio, riuscì a scorgere dei dettagli che le erano sfuggiti poco prima. Con le gambe della madre fuori campo, riuscì a vedere la misura del cazzo di Kevin che entrava e usciva dalla fica esposta della madre. Fu completamente sorpresa di vedere che era almeno due o tre volte più grande del patetico pene di Mark. Crystal continuò a strofinarsi il clitoride mentre guardava Kevin che scopava la madre gemente. “Oh, cazzo, Kevin! Vengo di nuovo!” Crystal udì la madre dire in un sussurro ansimante attraverso la fessura della porta. Crystal vide la schiena della madre arcuarsi e le braccia avvolgere il busto di Kevin mentre lui continuava a scoparla. La madre si lasciò sfuggire un ovattato gemito ad ogni spinta di Kevin. Ad ogni spinta di quell'immenso cazzo, Crystal udì i loro corpi sbattere l'uno contro l'altro e vide il seno della madre ondeggiare su e giù, sottolineando l'intensità delle spinte di Kevin.
Crystal si accorse che anche lei stava per raggiungere l'orgasmo, incentivata dalla visione della madre che veniva grazie alla scopata senza pietà da parte di Kevin. Si morse il labbro inferiore mentre cominciava ad essere scossa dall'orgasmo, appoggiandosi contro il muro all'esterno della camera da letto della madre. “Merda, sto per venire ancora!” udì Kevin dire. “Vienimi dentro, tesoro!” sua madre gli sussurrò. Spiando attraverso la fessura mentre l'orgasmo la pervadeva, Crystal vide Kevin spingere il suo cazzo eretto dentro la madre, fino a raggiungere l'apice, per quindi lasciarsi sfuggire un ringhio ferino. Smise di spingere, rimanendo dentro sua madre. “Oh, è così sexy,” udì la madre sussurrare. “Adoro sentire che mi spruzzi dentro.” Kevin si lasciò cadere sopra sua madre, ansimando con forza. Crystal si ritirò con cautela nella sua stanza. Infilandosi a letto, cominciò a toccarsi di nuovo, eccitata da quando aveva appena visto nella stanza della madre. In un minuto o due, fu avvolta (molto silenziosamente) dai piaceri di un altro fantastico orgasmo.
Capitolo Undici
Charlotte
Charlotte si svegliò la mattina seguente, intontita dalla notte precedente. Kevin era nell'altro lato del letto, che dormiva silenziosamente nella sua beatitudine post coitale. Come avrebbe dovuto essere. Aveva fatto pace con le sue palle trascurate in una sola notte. Si chiese se gli si sarebbe alzato ancora. Ma, considerata la sua insaziabilità, gli si sarebbe alzato in qualsiasi momento. Immaginò che questo fosse un vantaggio di frequentare un uomo più giovane. Cominciava a sentirsi leggermente una cougar... Ma si incuriosì nel trovare la porta socchiusa la mattina seguente. Si ricordava perfettamente di averla chiusa quando si era rintanata in camera con Kevin. Nessuno dei due aveva lasciato la stanza, per quanto potesse ricordare. Rimase perplessa per quel particolare, ma non chiese nulla a Kevin. E, ovviamente, non chiese nulla nemmeno a Crystal che si sarebbe domandata perché sua madre si preoccue della porta aperta quando solitamente la lasciava spalancata. Ogni notte delle due settimane seguenti, giocò innocentemente con Kevin fino a quando Crystal si fosse ritirata per la notte. Nei giorni di scuola, il suo coprifuoco era alle dieci, un limite seguito religiosamente. Anche Kevin rispettò la routine. Poco dopo le dieci, cercava di assicurarsi che il campo fosse libero e poi sgattaiolava silenziosamente nella sua camera da letto. Entrando, si chiudeva la porta alle spalle e cominciava a spogliarsi, lasciando dietro di sé una scia di indumenti, dalla porta al letto. Quando arrivava al letto, era completamente nudo e pronto... lei era nuda e invitante.
Lei non si lamentava di nulla, anche se ogni mattina si svegliava intontita e con le occhiaie per la mancanza di sonno. Kevin si era impossessato della cucina e ogni sera preparava dei pasti fantastici per lei e Crystal, prontamente divorati. E lei non era andata a correre nemmeno una volta nelle due settimane ate. La cosa divertente era che comunque aveva perso un chilo... Apparentemente, scopare era un'efficace forma di esercizio. Ed era decisamente molto più divertente che calpestare le strade della città.
Capitolo Dodici
Crystal
Crystal aveva ascoltato sua madre e Kevin che ci davano dentro ogni notte per le ate due settimane. Ogni notte, sgattaiolava in corridoio mentre ascoltava i gemiti di ione della madre, socchiudeva la porta e guardava lei e Kevin scopare come conigli. Poi tornava a letto quando sua madre e Kevin terminavano la loro sessione e si masturbava per soddisfare le sue voglie insoddisfatte. Stanca di Mark, lo aveva mandato al diavolo qualche giorno prima. Dopo aver visto Kevin con sua madre, sapeva che avrebbe dovuto cercarsi un uomo in grado di soddisfarla. Mark, con il suo patetico cazzetto, non sarebbe mai stato in grado di farlo. Una mattina, circa una settimana dopo la prima volta che aveva osservato Kevin e sua madre, si sedette al tavolo della cucina da sola. Sua madre entrò nella stanza. “Buongiorno,” sua madre disse allegramente. “Sì,” Crystal rispose con tono scontroso. “C'è qualcosa che non va, bimba?” la madre chiese. “Oh, non lo so,” Crystal disse. “Non lo sai?” la madre chiese. “Cazzate. Non puoi essere così scontrosa e non sapere perché.” “OK, ho rotto con Mark un paio di giorni fa,” Crystal ammise. “Cosa è successo, Crystal? Pensavo che voi due andaste d'accordo a meraviglia!”
la madre le disse. “Beh, non era così male, ma è successo qualcosa che mi ha fatto pensare. Quindi l'ho scaricato,” Crystal disse alla madre. “Che diavolo è successo?” la mamma chiese. “Non credo che tu lo voglia sapere,” Crystal le disse con tono pratico. “Come puoi dirmi questo? Abbiamo sempre parlato di tutto!” Charlotte si inalberò. Era decisamente offesa. “Mamma, te lo dirò. Ma mi devi promettere che non ti arrabbierai,” Crystal le disse. “OK, certo, bimba. Puoi dirmi qualsiasi cosa. Starò buona.” Charlotte le promise. “Beh, lo scorso venerdì notte, sono tornata a casa e mi sono accorta che Kevin non stava dormendo nella sua stanza,” cominciò. Charlotte sollevò un sopracciglio, come per invitarla a continuare. “Comunque, ho sentito dei suoni provenienti dalla tua camera e ho pensato che potessi essere nei guai, quindi ho aperto la porta. E ho visto te e Kevin insieme.” “Mi dispiace,” continuò. “Ho aperto la porta solo perché ero preoccupata per te.” Charlotte la fissava in silenzio. “Beh, mi dispiace. Abbiamo cercato di essere discreti, ma immagino che non ci siamo riusciti.” “No, non ci siete riusciti,” Crystal disse, puntualizzando il tutto con una risatina. “Merda, mi dispiace, bimba,” Charlotte disse, aggiungendo una risata alla conversazione. “Beh, sembrava che vi steste divertendo,” Crystal le disse. “Crystal!” Charlotte la sgridò.
“Beh, solo perché tu lo sappia, ho osservato l'intera scena!” Crystal le disse. “Non l'hai fatto!” Charlotte replicò. “Certo che l'ho fatto!” Crystal le disse, con tono pratico e certo. “Bimba, mi dispiace. Spero di non averti segnata a vita,” Charlotte le disse. Crystal prese una pausa. “No, mamma, non mi hai segnata. Mi hai fatto solo capire cosa mi mancava,” disse alla madre. “Cosa intendi?” Charlotte chiese. “Mamma, ti ho vista mentre avevi un orgasmo,” Crystal le disse brutalmente. Charlotte arrossì, ricordando. “Oh, sì. Immagino di sì,” le disse con un sorriso. “Mamma, ti devo parlare di qualcos'altro,” Crystal le disse. “Che c'è ora? Ho quasi paura di chiedertelo!” Charlotte disse. “Mamma, non ho guardato solo quella volta,” Crystal disse con un lento e forzato sospiro. Il sopracciglio sinistro di Charlotte si sollevò in modo interrogativo. “Mamma,” Crystal disse, riconoscendo il sottile incitamento da parte della madre. “Vi ho sentiti ogni notte da quasi due settimane ormai e ogni notte mi sono intrufolata per vederti mentre Kevin ti scopa.” Charlotte si portò una mano alla bocca, turbata da quanto la figlia aveva appena detto. Poi scoppiò a ridere. “Oh mio Dio!” esclamò. “Continuavo a notare la porta socchiusa al mattino quando eravamo certi di averla chiusa ogni notte. Piccola impicciona!”
“Mi dispiace, mamma,” disse, laconica. Charlotte fece un inventario mentale delle ultime due settimane e pensò a quante volte aveva fatto l'amore con Kevin e si chiese durante quante volte Crystal stesse guardando. Avevano fatto l'amore in ogni modo possibile, ad eccezione che penzolanti dal lampadario. Se Crystal aveva visto solo un po' di tutto questo, aveva goduto di un lungo spettacolo. “Mamma, ho dormito solo con Mark, ma non ho mai provato nulla di quello che tu sembri provare con Kevin,” Crystal continuò. “In confronto a quello che ho visto, Mark era proprio... patetico,” Crystal le disse. “Bimba, intendi che tu non hai mai, er, uh...” Charlotte le chiese diretta. “Avuto un orgasmo?” chiese. “Se questa è una domanda, ci sono diverse risposte. Se intendi un orgasmo provocato da un uomo, la risposta è no. Se intendi un orgasmo provocato da me stessa, la risposta è sì,” Crystal le disse brutalmente. “Whoa!” Charlotte le disse. Cercò di metabolizzare l'informazione che la figlia le aveva appena dato. “Ho bisogno di un minuto per digerire il tutto.” Crystal attese mentre la madre cercava di assorbire tutto quello che aveva sentito. I problemi della figlia con il fidanzato, il suo spiarla durante la notte e la consapevolezza del fatto che era a conoscenza di quello che c'era tra lei e Kevin. “OK,” Charlotte disse infine. “C'è qualcosa che vuoi sapere?” “Beh, io, er... uh..” Crystal balbettò. “Cosa, bimba? Puoi chiedermi qualunque cosa. Non è che abbia più segreti, dopo tutto,” disse con una risata. “Beh, il... pene di Mark,” sbottò infine, “era veramente piccolo. Sembrava che Kevin non avesse quel problema.” “No, Kevin è lontanissimo dall'avere quel problema,” Charlotte disse diretta.
“Fa differenza, mamma?” Crystal chiese brutalmente. “Beh, dicono che le misure non contino. Dicono anche che questo detto sia stato inventato da una donna che cercava di far sentire adeguato il proprio uomo. Non sono mai stata con un uomo dal pene minuscolo, quindi tu hai provato qualcosa che a me manca. Ma un uomo con un pene di misura media con una qualche abilità a letto può comunque soddisfare alla grande.” “Ma, un uomo bravo a letto, con un gran bel cazzo, farà faville, secondo la mia umile opinione,” continuò. “Immagino che Kevin faccia parte della categoria?” Crystal chiese. “Oh, sì!” Charlotte le confermò, puntualizzando l'affermazione con una risatina. “Tu l'hai visto! Non è vero?” “Sì, sembrava sapesse quello che stava facendo,” Crystal disse. Ci fu una lunga pausa. “Mamma, mi dispiace di averti guardata con Kevin,” Crystal le confessò. “Va tutto bene, Crystal. Immagino che non ci siano più segreti ora. In realtà, trovo stranamente eccitante il fatto che tu mi guardassi,” Charlotte le disse. “Mamma!” Crystal esclamò. “Trovo sia terribile che tu stia crescendo e faccia sesso, senza sapere quanto possa essere fantastico,” Charlotte disse con comprensione. “Beh, da quello che vedo, tutto quello che dobbiamo fare è trovarmi qualcuno come Kevin!” disse con una risatina. Charlotte fece una pausa e guardò la figlia. “E ho un'idea fantastica su come lo possiamo far accadere,” disse alla figlia.
Capitolo Tredici
Kevin
Il cellulare di Kevin suonò un giorno a scuola. Guardando l'identità del chiamante, vide il nome di Charlotte. Senza esitazione, aprì lo sportello dell'iPhone per accettare la chiamata. “Hey, tesoro! che succede?” chiese. “Kevin, odio doverti chiedere un favore, ma sono alle strette,” udì la voce di Charlotte dire dall'altro capo della linea. “Potresti farmi un favore?” “Bambina, sai che farei qualsiasi cosa per te,” le disse. “Beh, merda, quel testa di cazzo del mio capo mi tratterrà fuori città per il fine settimana. Crystal ha una partita stasera e contava che io ci fossi. Le ho parlato ed è ferita, ma ha chiesto se ci potessi andare tu. Non voglio obbligarti,” gli disse. “Potresti dare un'occhiata alle cose fino a quando non torno?” gli chiese. “Charlotte, se vuoi che io vada alla partita, è semplice. Guardare Crystal non è un problema. Sarò felice di aiutarti,” le disse razionalmente. “Grazie mille. Ma ora che ha scaricato lo stronzo la scorsa settimana, avrà anche bisogno di un aggio verso casa a fine partita. Va bene per te?” gli chiese. “Oh, sì, va bene. Non devi torturarmi perché io vada a vedere una partita di football. Potrei sempre tifare per gli avversari considerato il modo in cui parli di Mark, tuttavia,” disse con una risatina. “Grazie, Kevin. Mi hai salvato la vita,” disse lei.
“Mi aiuteresti anche tu se te lo chiedessi,” lui rispose. “Sì, forse,” lei disse. “Malandrina!” replicò. Charlotte rise. “Comunque, ho appena il tempo di andare a casa e prendere un po' di roba prima di correre all'aeroporto. Il mio volo è tra poche ore. Sarò di ritorno domenica pomeriggio,” gli disse. “Oh wow! Toccata e fuga. Peccato. Mi sarebbe piaciuto vederti prima che tu parta,” le disse con sincerità. “Sì, sarebbe stato bello, ma non ce la faccio, tesoro. Abbiamo questa deposizione che è già stata raccolta e questo fine settimana è l'unico possibile,” gli disse. “Beh, ci vedremo domenica, allora,” le disse. “Sì. Mi mancherai. Mi ero piuttosto abituata a dare il benvenuto a te e al tuo piccolo amico ogni notte, ormai,” gli disse ridacchiando. “Beh, è stato piuttosto piacevole, non è vero?” chiese. “Sì, molto. OK, devo scappare. Ci vediamo domenica. Grazie ancora,” disse. “Nessun problema. Quando vuoi,” le disse. La comunicazione si interruppe. Qualche ora più tardi, Kevin saliva sulla sua schifosa e vecchia auto e si dirigeva verso lo stadio. Ora che veniva nuovamente pagato regolarmente e che le sue spese a casa di Charlotte erano così basse, aveva deciso che forse era ora di cercare una nuova auto. Magari ci si sarebbe potuto dedicare nel fine settimana dato che Charlotte era fuori. Sicuramente non gli sarebbe mancato quel rottame, l'ultimo ricordo tangibile del suo matrimonio fallito. La sua ex si era presa l'auto buona e a lui era rimasta la merda. Immaginava di essere fortunato, dopo che il giudice divorzista gli aveva lasciato qualcosa in più della maglietta che indossava. Pagò il biglietto al cancello e si fermò a prendere qualcosa da mangiare,
incamminandosi verso lo stadio. Un pezzo di torta e una coca scomparivano in confronto a quello che solitamente mangiava e a quello che preparava per Charlotte e Crystal, ma era un modo pratico per mangiare da solo, poiché non si sarebbe dovuto preoccupare di loro quella sera. Arrivò sugli spalti, poco prima che la partita avesse inizio. Poco dopo essersi seduto, la squadra delle cheerleader salì sulle gradinate, con Crystal in testa. Guardandosi attorno, lo vide, sorrise e lo salutò eccitata. Crystal colpì Kevin come la versione mora della madre, con alcune differenze. Simili di statura, Crystal ovviamente non aveva beneficiato dell'attenzione di un chirurgo plastico. Il suo atletico corpo da ballerina non era caratterizzato dall'imponente seno della madre, piuttosto da un paio di minuscole tettine, probabilmente una scarsa coppa B. Portava i capelli come la madre. Charlotte gli aveva detto di aver messo per ben due volte l'apparecchio ai denti di Crystal e di aver speso un bel po' per il dentista, ma ne era valsa la pena. Crystal aveva un sorriso brillante che metteva in evidenza due perfette file di denti bianchissimi. A vederle insieme, si vedeva che erano parenti. Erano entrambe stupefacenti. Dopo che la squadra si fu sistemata sugli spalti, Crystal lo raggiunse. Si alzò vedendola arrivare e fu sorpreso quando lei lo abbracciò. “Grazie per essere venuto, Kevin,” gli disse. “Hey, figuriamoci,” le disse. “Mi fa piacere essere qui.” “Beh, per me significa molto. Mamma era davvero dispiaciuta di non poterci essere,” disse. “Ma sono contenta che tu ce l'abbia fatta.” “Farei qualsiasi cosa per te e tua madre, lo sai,” rispose. “Perfino venire a vedere una terribile partita di football,” continuò, facendosi più vicino e sussurrando al suo orecchio. Crystal rise e poi si avvicinò ulteriormente al suo orecchio. “Sì, non essere così traumatizzato da andartene e da dimenticare che mi serve un aggio a casa!” disse con una risatina. Allontanandosi da lui, lo guardò con un ampio sorriso e, allegramente, tornò a sedersi tra le compagne di squadra.
Capitolo Quattordici
Crystal
Dopo la partita, Crystal aspettò che l'allenatore lasciasse libera la squadra. Vide che Kevin era ancora sugli spalti e spostò la testa di lato per indicargli che era pronta. Lui annuì e si incamminò lungo le gradinate per andarle incontro. “È stata una bella partita,” Kevin disse sorridendo quando la raggiunse. “Sì. Un territorio poco familiare per me, tuttavia. Non mi ricordo di aver mai assistito a una vittoria,” ridacchiò lei. Mark aveva fatto un disastro nel corso del primo tempo. Durante l'intervallo, era stato rilegato in panchina senza pietà. Il ragazzino si diede subito da fare e portò la squadra a un o dalla vittoria dopo aver recuperato i 21 punti di deficit causati da Mark. Poi, in dirittura d'arrivo, riuscì a realizzare un touchdown. In quel momento, Crystal aveva osservato l'intera squadra gioire, tranne Mark. Aveva gettato il casco per terra, con un gesto di stizza infantile, e sugli spalti suo padre era andato su tutte le furie, insultando l'allenatore mentre tutti gli altri stavano festeggiando. Ridacchiò per la loro immaturità e per quell'atteggiamento egocentrico. Quel momento le fece pensare a cosa le mancava. Nulla. “Quindi sei libera di andare?” chiese. “Sì,” rispose lei. “Ottimo. Ho parcheggiato vicino. Posso portarti la borsa?” le chiese. Lei fu sorpresa dell'offerta. Ogni membro della squadra aveva un enorme
borsone pieno di inutilità che andavano portate a ogni partita. Anche se non era pesante, era voluminoso e ingombrante. Dovevano perfino riservare uno spazio sugli spalti, non solo per permettere alla squadra di stare insieme, ma anche perché ci fosse spazio a sufficienza per la loro immensa mole di cazzate che dovevano portare ad ogni spettacolo. “Certo, sarebbe fantastico,” gli disse porgendogli la borsa. Lui la prese e se la portò alla spalla. Cominciarono a camminare fuori dallo stadio verso l'auto. “Hai fame?” le chiese. “In realtà no,” rispose lei. “Beh, mi farebbe piacere portarti a mangiare qualcosa, se ti va,” le disse. “No, sono piuttosto stanca. Se mi viene fame, mangerò qualcosa a casa,” gli disse. Quando raggiunsero l'auto, aprì il baule e vi infilò la borsa, e poi aprì lo sportello del eggero per lei. Entrò e lo ringraziò mentre lui chiudeva. “So che tua madre avrebbe davvero voluto esserci,” Kevin disse salendo in auto. “Sì, lo so,” Crystal rispose. Vivevano ad appena tre chilometri dallo stadio, quindi impiegarono pochissimo per tornare a casa. Kevin e Crystal chiacchierarono lungo l'intero percorso del secondo tempo della partita e di come il cambio di quarterback avesse portato la squadra alla vittoria. Il suo ex ragazzo, Mark, non fu nemmeno menzionato. Molto presto, entrarono nel vialetto di casa. Crystal sbalzò fuori prima che Kevin potesse aprirle lo sportello ma, come un vero gentiluomo, prese la sua roba dal baule. Una volta dentro, si girò e lo guardò in faccia. “Sono troppo eccitata dalla partita per dormire. Ti va di guardare un film o qualcos'altro?” Crystal gli chiese. “Certo,” rispose lui.
“Vedi se riesci a trovare qualcosa mentre mi tolgo l'uniforme,” disse lei. “OK,” replicò. Lo lasciò mentre stava cercando un film per cambiarsi e indossare una maglietta con il nome della scuola e la mascotte sul davanti e un paio di pantaloncini della Nike, decidendo all'ultimo minuto di evitare le scarpe e di rimanere a piedi nudi. Di ritorno in soggiorno, si gettò sul divano, accanto a lui. “Hai avuto fortuna?” gli chiese. “In realtà no. Che genere di film ti va di guardare? Una commedia romantica o cosa?” le chiese. “Dammi il telecomando,” disse. Lui glielo ò.
Capitolo Quindici
Kevin
Kevin la osservò mentre si destreggiava tra la lista dei film disponibili sullo schermo. Dopo aver scartato diverse ipotesi, arrivò alla fine dell'elenco, ai film per adulti. C'erano diversi canali con numerosi film vietati ai minori. “Hmmmmm,” disse, contemplando, “questi sembrano interessanti.” “Tua madre mi farebbe a pezzi se guardassimo qualcosa del genere,” disse con una risata. “Oh, potresti rimanere sorpreso,” Crystal disse. “Cosa intendi?” le chiese. “Non è andata su tutte le furie quando ha scoperto che vi ho guardato tutte le notti nelle ate due settimane,” disse, guardandolo dritto negli occhi. “Tu... hai... guardato?” riuscì a balbettare. “Sì, l'ho fatto,” gli disse. “E per quanto ti possa importare, mi dispiace davvero.” “Tua madre è arrabbiata?” le chiese. “No, per niente,” Crystal disse. “Abbiamo finito col riderci sopra.” “Cavoli, è comprensiva,” disse lui, ridendo nervosamente. “Sì, è andata fuori città questo fine settimana perché potessimo avere la casa tutta per noi. Lo sapevi questo?” Crystal disse. Kevin deglutì nervosamente.
“Perché avrebbe dovuto farlo?” chiese. Era così nervoso che le mani cominciarono a tremargli. “Ho un problema di cui mi ha detto di parlarti,” disse, sorridendo dolcemente. “Crede che tu possa aiutarmi.” “Che tipo di problema?” “Beh, sono stata solo con Mark... a letto, intendo,” spiegò. Riuscì a vedere le sue guance infiammarsi di quello che presumeva essere imbarazzo. “Ed era, credo che una buona descrizione potrebbe essere... inadeguato come amante,” disse infine. “Come mai?” Kevin chiese. “Beh, era molto piccolo, er, lì sotto. Ed era così egocentrico che si preoccupava solo di venire. Non ha mai provato a fare nient'altro, tranne martellarmi con il suo cazzetto e raggiungere l'orgasmo,” spiegò. “Quindi, tu non hai mai...” cominciò, ma si fermò. Non poteva chiederglielo. “Avuto un uomo che mi portasse all'orgasmo?” finì lei per lui. “Era questo che cercavi di chiedermi?” Kevin annuì. “No. Mai,” gli disse. Kevin rimase seduto, completamente a corto di parole. “Tuttavia,” Crystal continuò. “Ho visto quello che sei riuscito a fare per mamma: ripetutamente, potrei aggiungere.” Ridacchiò con apprezzamento. “E ho detto a mamma che avevo bisogno di trovare qualcuno come te. Lei mi ha detto che a lei stava bene che parlassi con te di questo problema e che ti chiedessi se mi potevi aiutare.” “Quindi mi stai dicendo che per tua madre va bene se noi due finiamo a letto insieme?” chiese sbalordito.
“Già. È esattamente quello che dico,” gli disse. “Credo sia meglio che parli con tua madre,” Kevin disse. “Immaginava che avresti reagito così. Sarà probabilmente fuori con gli amici, ma mi ha detto che avresti potuto mandarle un sms in qualsiasi momento,” Crystal disse. “Perché non lo fai, mentre finisco di cercare un film.” “OK,” disse lui ed estrasse l'iPhone dalla tasca. Crystal selezionò un film dal titolo MILF Venute Interne e si sistemò per guardare. Kevin inviò un messaggio a Charlotte che diceva:
Tua figlia sta cercando di sedurmi.
Quando il film cominciò, una risposta arrivò velocemente.
Sì, immagino. Le ho detto io di provarci.
Kevin rispose.
Perché? Non vuoi più stare con me?
Charlotte replicò.
Oh, diavolo, no! Adoro stare con te e non vedo l'ora di tornare. Ma non mi dispiace condividerti. Ti dispiacerebbe essere condiviso?
Crystal si agitò quando ebbe inizio la prima scena di sesso. Mentre Kevin digitava, i suoi occhi erano fissi sull'immagine di una MILF che abbassava i pantaloni di un addetto alla piscina e cominciava a succhiargli il cazzo.
Charlotte, ho 15 anni più di lei. Mi sentirei come un rapitore di bambini in culla.
Lei replicò velocemente.
Kevin, io ho 15 anni più di te. Mi stai dicendo che sono un rapitore di bambini in culla? LOL
Kevin fu sorpreso di scoprire quanti anni avesse. Era certo che fosse almeno di dieci anni più giovane.
Hai 48 anni? Sono sotto shock. Touche, comunque. LOL
La sua risposta fu molto lunga.
Tu sei quello che le serve per scoprire che il sesso può essere meraviglioso. Hai l'equipaggiamento e le capacità. Non voglio che sia delusa dagli uomini e dal sesso per via di quell'idiota di Mark. Tu sei il migliore amante che abbia mai avuto e sei gentile e altruista a letto. È una donna ora, e prende la pillola, quindi non ti devi preoccupare di poterla mettere incinta. E io non mi dovrò preoccupare di chi è in compagnia.
Lesse tutto d'un fiato. Poi inviò un altro messaggio:
E tra noi sarà tutto OK se lo faccio?
La sua risposta fu celere.
Assolutamente. Farai meglio ad essere pronto per me quando torno. Ho intenzione di farti a pezzi! LOL
Inviò quindi l'ultimo messaggio.
OK, ti prendo in parola. Mi manchi e non vedo l'ora di rivederti.
Lei rispose:
Mi manchi anche tu.
Poi lei inviò un messaggio ad entrambi.
Divertitevi voi due!
Al suono di un messaggio di testo, Crystal prese il telefono e lesse il contenuto. “Visto, te l'avevo detto!” disse con un grazioso sorriso malefico. “Film interessante,” Kevin disse. Sullo schermo, ora la MILF era a letto sdraiata sulla schiena, con l'addetto alla piscina che la martellava, dentro e fuori. La MILF pronunciava delle parole sconce, dicendo al ragazzo di riempirle la fica. “Avanti, domami! Vienimi dentro la fica!” l'attrice sullo schermo stava urlando. “Sì, mi piace. Mi sta eccitando,” Crystal gli disse con fare civettuolo. Si fece più vicina quando Kevin le cinse le spalle con un braccio. Guardandola, non riusciva ad accettare ciò che stava succedendo. Doveva mettercela tutta per credere che era stato convinto da una madre a portare sua figlia a letto. Crystal si rannicchiò nell'incavo della sua spalla mentre la coppia sullo schermo ci dava dentro come maniaci. Con la mano gli toccò il petto, e cominciò ad accarezzarlo dolcemente. La mano di lui scese sulla coscia più vicina. Sentì la morbidezza della sua pelle. La guardò. Lei girò il viso per osservarlo. Si guardarono l'un l'altra, mentre le mani di entrambi procedevano nell'esplorazione. Lui abbassò la bocca sulla sua e le loro labbra si incontrarono. Avvertì un profondo respiro quando le loro labbra si sfiorarono per la prima volta. Dopo un gentile bacio prolungato, percepì le sue labbra schiudersi. Incontrò la sua dolce
lingua e la sentì ansimare. Si baciarono per quelle che sembravano essere ore, ma probabilmente si trattò di pochi minuti. Sapeva di volerci andare piano con Crystal, al contrario della frenetica e intensa scopata che aveva avuto con la madre un paio di settimane prima. Aiutò il fatto che né lui né Crystal fossero in astinenza dal sesso, come lo era stato quando aveva portato a letto Charlotte. Dalla coscia, Kevin spostò la mano lungo il corpo di lei, muovendosi leggermente verso la “V” tra le sue gambe. La sentì ansimare ancora. Le sue mani si fecero strada lungo il corpo snello da ballerina, fermo e sodo per via dell'esercizio fisico, per trovare il suo esile seno. Avvertì i capezzoli completamente eretti spingere contro il tessuto della maglietta. Era chiaro che sotto non portasse nulla. La mano di Crystal gli scivolò in vita e lui ansimò quando gli sfiorò il cazzo rigido, costretto nei jeans. Avvertì la sua mano andare avanti e indietro, esplorando gentilmente il territorio. “Mio Dio! Mamma mi ha detto che era grosso, ma non avevo idea. Il tuo cazzo è enorme,” Crystal sussurrò. Kevin afferrò l'orlo della sua maglietta e cominciò a sfilargliela dalla testa. Crystal alzò le braccia per permetterli di completare il movimento e rimase a seno nudo. Gettando l'indumento di lato, abbassò la testa sul suo petto e cominciò a baciarle e leccarle i seni, concentrandosi sui capezzoli turgidi. Lei cominciò a gemere di piacere. Mentre gli strofinava il cazzo attraverso i pantaloni, lui abbassò la mano sul suo inguine mentre continuava a leccare, baciare e mordicchiarle i capezzoli. Sentì la sua mano allontanarsi dal cazzo per raggiungere la vita, cercando il bottone dei suoi jeans. Trovandolo, lo slacciò. Scoprendo che indossava jeans a bottoni, proseguì sbottonandoli uno ad uno, con dita abili. Kevin cominciò a massaggiarle con forza l'inguine attraverso il sottile tessuto dei pantaloncini. Poi fece scivolare una mano all'interno dei pantaloncini e scoprì che, al di sotto, non portava nulla. Era chiaramente venuta in soggiorno con l'idea di essere scopata: si era vestita MOLTO semplicemente! Con la mano all'interno dei pantaloncini, trovò una fica meravigliosamente
rasata. Era soffice come un bimbo, si era probabilmente appena rasata, poiché non sentiva nemmeno un accenno di ricrescita. Ritraendo la mano, agganciò il pollice all'elastico dei pantaloncini da corsa e li abbassò lentamente. Quando le raggiunsero le ginocchia, lei si divincolò fino a farli scendere sul pavimento. Era completamente nuda sotto di lui. Mentre continuava a stamparle una serie di baci dal collo al seno, le mani di lei si infilarono nei suoi pantaloni. La mano si intrufolò sotto l'elastico delle mutande e trovò il suo cazzo. Sentì la mano circondargli l'asta. Lei ansimò mentre lasciava scivolare la mano dall'alto al basso. Kevin le baciò il corpo, procedendo verso il basso e raggiungendo il suo piccolo seno sodo. Scivolò giù dal divano e si inginocchiò davanti a lei, continuando a baciarla, sempre più in basso. Prendendola per le gambe, tirò il suo corpo a sé fino a ritrovarsi l'inguine a portata, all'estremità del divano. Prese uno dei suoi piedi tra le mani e se lo portò alle labbra. Poi la guardò. Nuda, tremava ansiosamente. Si portò le dita alle labbra e lentamente le sfiorò con dei baci leggeri. Mentre si dimenava, le succhiò l'alluce, facendogli ruotare la lingua attorno. “Mi fai il solletico,” disse lei, ridacchiando. Cominciò a schioccarle una serie di baci leggeri sul collo del piede, sulla caviglia, e si fece strada lungo la gamba. La sentì rabbrividire sotto di lui. Quando raggiunse l'incavo del ginocchio, baciandola sempre più in alto, i suoi brividi erano in continuo aumento. Poteva dire che era eccitata oltre misura. Il suo respiro era già mozzato, come se si dovesse sforzare per catturare l'aria. Quando raggiunse la parte alta dell'interno coscia, continuò a baciare verso l'alto. Il respiro di Crystal si era fatto ancora più intenso. Sospettava che sarebbe esplosa quando il momento fosse giunto. La sua bocca raggiunse l'inguine. Inalò il suo profumo muschiato quando si trovò sulla sua sensibile “V”. Interrompendo il contatto, la guardò da vicino, e poi sporse le labbra per dirigere un soffio d'aria verso la sua fenditura. La sentì inspirare con forza. Sapendo che era pronta, la leccò partendo dall'ano e facendo scivolare la lingua
lungo la fessura. Lentamente, mosse la lingua verso l'alto, cercando di superare le pieghe scivolose. Poi la sua lingua trovò il clitoride gonfio mentre lei rabbrividiva ancora. Muovendo la lingua in delicati cerchi attorno al bottoncino, i suoi brividi si intensificarono. Sentiva di aver trovato il punto giusto. Lei si sporse in avanti e lo afferrò per le orecchie e, avidamente, gli spinse la faccia in profondità. Mentre la lingua si muoveva avanti e indietro, poi su e giù, contro il suo clitoride, la sentì gemere. “Proprio così!” gemette. Senza bisogno di incoraggiamenti, fece scivolare la lingua con maggiore intensità sopra il clitoride turgido. “Oh mio Dio!” gridò. Poi avvertì il suo delicato corpo da ballerina irrigidirsi sotto di lui. I suoi fianchi si dimenarono e la schiena si arcuò. “Uhnfffh,” la sentì bofonchiare e poi si lasciò cadere. In silenzio, il suo corpo annaspò e si contorse in diversi spasmi. Ad eccezione di un sospiro ansante, non emise alcun suono. Tuttavia, sapeva che stava sperimentando un fantastico orgasmo. Percependo il suo punto di non ritorno, alleggerì la pressione e l'orgasmo la travolse. “Oh mio Dio!” disse. “Cosa?” Kevin chiese. “Ora so esattamente di cosa si tratta!” esclamò. “Mark non ti ha mai leccata in questo modo?” chiese con curiosità. “No. Diceva che c'erano troppi germi,” gli disse. “Mi stai prendendo in giro!”
“No.” “Ma è patetico,” le disse con tono comprensivo. “Oh mio Dio! Ora so cosa provava mamma con te!” esclamò eccitata. “Non ancora, non lo sai,” Kevin disse. “Abbiamo appena cominciato.”
Capitolo Sedici
Crystal
“Perché non ci spostiamo in camera da letto?” Kevin chiese. Lei era completamente nuda. Lui era ancora vestito, ma la punta del suo grande cazzo faceva capolino dall'elastico dei boxer. Lei gli aveva sbottonato i jeans e aveva trovato il suo immenso fallo, ma non era andata oltre. “Mamma ha detto che possiamo usare la sua stanza,” gli disse. “Mi stai prendendo per il culo?” le chiese con una risata. “No,” replicò. Lo prese per mano e lo condusse verso la stanza della madre. Raggiunto il letto, si voltò e lo guardò negli occhi. Nuda, dovette piegare il collo all'indietro per poterlo fissare. Cominciò a sbottonargli la camicia dall'alto, facendosi strada verso il basso. Lui si abbassò per incontrare la sua bocca, sbattendoci contro, con la lingua esperta a cercare la sua. Quando anche l'ultimo bottone fu liberato, lei usò le mani per fargli scivolare il tessuto dalle spalle. Le sue mani scesero verso il basso e superarono la cintura dei jeans per trovare l'elastico dei suoi boxer. Agganciando i pollici all'interno, scivolò dentro, abbassandoli quel tanto da permettere a quel cazzo duro come marmo di essere
liberato. Mentre i jeans scivolavano sul pavimento, lui realizzò che per via delle scarpe non sarebbe stato in grado di liberarsene. Facendo un piccolo o indietro, usò il piede per sfilare una scarpa e fece lo stesso con l'altra. Poi si abbassò e si levò i calzini, uno dopo l'altro. Rimettendosi in posizione eretta, mosse le gambe in modo alternato affinché i jeans cadessero sul pavimento, poi se ne liberò del tutto. Fece un o in avanti, il suo cazzo duro era intrappolato tra i due corpi. La guardò intensamente negli occhi. Lei lo fissò a sua volta. “Ho sognato questo momento,” disse. “Cosa facevi nelle tue fantasie?” chiese lui. “Questo,” gli rispose. Tirandosi leggermente indietro, si lasciò cadere sulle ginocchia e si trovò con il viso di fronte a quel cazzo eretto. Con delicatezza, sporse la lingua e trovò la punta del suo fallo. Leccò leggermente l'estremità e lo sentì rabbrividire. Roteò la lingua in modo circolare attorno al glande gonfio. Riuscì a notare che era rigido, quasi color porpora per via dell'eccitazione. Scivolò con la bocca sulla punta del suo cazzo e lo prese per tutta la lunghezza che riuscì a infilare. Percepì il cazzo scivolarle in bocca, raggiungendole la gola. Con furia, lo fece entrare e uscire dalla bocca. Lui gemette eccitato. Allungandosi verso il basso, le prese la testa e la staccò dal suo cazzo. La rimise in piedi e la tirò a sé, in un forte abbraccio. Il suo immenso cazzo rigido pulsava tra loro. Lui si ritrasse dall'abbraccio per portarsi di fianco al letto. Lei lo seguì. Salendo sul letto, si ritrovarono di nuovo faccia a faccia. Lui la tirò a sé in un bacio soffocante. Mentre la baciava con intensità, si ritrovò in posizione tra le
sue gambe. Continuò a baciarla mentre i loro corpi si dimenavano di piacere e ansia. Sfrenatamente, lei allungò una mano e afferrò quel cazzo situato tra i loro corpi. Guidò la punta del fallo fino a sentirla premere contro la sua entrata bagnata. Con la punta del cazzo pronta a farsi strada, rimosse la mano e allungò entrambe le braccia per cingergli il collo, tirandolo in un abbraccio ancora più intenso. Avvertì Kevin effettuare una leggera pressione contro di lei. Il suo cazzo penetrò con lentezza all'interno. La sua spinta era gentile, ma insistente. Lo sentì ritirarsi e spingere ancora. Lei ansimò quando sentì il suo cazzo entrare in profondità. Alla seconda spinta, era già più in profondità di quanto avesse mai fatto il cazzetto di Mark. Anche se era entrato a malapena, riusciva a sentire la punta del suo fallo strofinarle la cervice e si allungò per permettergli di posizionarsi meglio. “Va tutto bene?” le chiese. “Oh, sì. È meraviglioso,” rispose lei. Lui si ritrasse e spinse ancora, a ritmo lento. Lo avvertì penetrare sempre più a fondo. Si sentì riempita più che mai mentre il suo cazzo la allargava. Poi lui si ritrasse e spinse ancora. Con una spinta finale, affondò completamente. Lei ansimò mentre il suo cazzo la riempiva del tutto. “Mio Dio!” ansimò. “Ti sento fino nello stomaco.” “Ti sto facendo male?” chiese lui. “No. Per niente. Continua. È stupendo!” rispose. Kevin cominciò a spingersi dentro e fuori, lentamente ma con ritmo deciso. Le sensazioni che le provocava erano incredibili. “Kevin?” chiese, tremando.
“Sì?” rispose lui. “Non credo che sarò più in grado di accettare un cazzo piccolo. Questo è COOOSì incredibile,” gli disse. Lui rise mentre continuava a spingersi dentro e fuori. “Come ti sembra?” le chiese. “Ottimo, ma vai più veloce,” gli rispose. Percepì che assumeva un ritmo. Il suo cazzo si spingeva dentro e usciva a maggior velocità ora. La sua mazza sbatteva contro il suo punto G ad ogni spinta. Avvertì l'orgasmo avvicinarsi dentro di sé. Ricordando cosa aveva visto fare alla madre, cinse i fianchi di Kevin con le gambe muscolose e agganciò i piedi poco sopra al suo sedere. Usò le gambe per attirare Kevin più in profondità ad ogni spinta. Si spostò dal collo e gli prese le natiche tra le mani, tirandolo con maggior forza a sé. Si ritrovò, quasi inconsciamente, a cominciare a spingere contro di lui, seguendo il suo ritmo, portandosi sopra il suo rigido palo. Avvertì le sue palle sbatterle contro le labbra ad ogni spinta, e riusciva a sentirle cozzare contro la sua fica completamente inzuppata. Kevin si sostenne sulle braccia sopra di lei e continuò a martellarle la fica bagnata. “Gesù! La tua fica è così stretta!” bofonchiò. “Il tuo cazzo... è... così... enorme... per... me,” Crystal mormorò tra una spinta e l'altra. Crystal sentì l'impellenza dell'orgasmo. Mentre Kevin entrava e usciva, la sentì stringersi attorno a lui, accogliendo la sua massiccia lunghezza. Le sue spinte erano ate da lente e dolci a rapide e forti, affondando sempre più in profondità la sua mazza. Crystal si crogiolò tra le sensazioni che provava. Poi la colpì. E la colpì con forza.
Sentì arrivare l'orgasmo con lentezza, ma poi la colse in toto, come una lenta vendetta. Mentre Kevin entrava e usciva dalla sua fica, cominciò a venire intensamente. Involontariamente, sentì la schiena arcuarsi. Gettò la testa da un lato all'altro mentre cercava di capire cosa stava provando. Perse completamente il controllo del suo corpo mentre tremava e gridava.
Capitolo Diciassette
Kevin
Mentre si spingeva dentro e fuori, fu sorpreso di quanto fosse stretta la fica di Crystal. L'ultima volta che era andato a letto con una diciottenne, aveva egli stesso diciotto anni. Crystal si dimenava sotto di lui in estasi. Le sue spinte di poco prima contro il suo cazzo erano cessate. Ora si era trasformata in una bambola imbizzarrita sotto di lui, ansiosa e ingorda mente lui la martellava. Ansimò per respirare e si lasciò sfuggire un grido acuto ad ogni spinta del suo cazzo. Si sentì in procinto di perdere il controllo, eccitato oltre al limite dalla vista di quel sodo e minuscolo corpo adolescenziale sotto di sé. “Bimba, sto per venire!” gridò. “Fallo!” ansimò lei. “Vienimi dentro!” Avvertì le sue palle indurirsi mentre si preparavano ad espellere il loro carico nel corpo di lei. Percepì i primi brividi dell'orgasmo mentre il cazzo gli cominciò a pulsare poco prima dell'eiaculazione. Con il cazzo in profondità, si sentì in fiamme e un torrente di caldo sperma inondò l'intimità di lei. Dimenandosi sotto di lui, Crystal si lasciò sfuggire un grido tagliente mentre il suo caldo seme la pervadeva. Mentre il cazzo sparava raffica dopo raffica di viscido e bollente sperma nelle fica, lui la sentì gridare ad ogni singolo spruzzo. Quando il cazzo smise di pulsare, lui le si lasciò cadere sopra, appoggiato sui gomiti per evitare di schiacciarla con il peso.
Quando il respiro ritrovò regolarità, ritrasse il cazzo ancora semi eretto dalla sua fica e si girò di lato. “Oh mio Dio!” disse lei. “Mamma aveva ragione! È stato incredibile!” “Sì, lo è stato,” disse lui. “Ora so perché tu e mamma lo fate ogni sera!” disse con una risatina. “Beh, solitamente lo facciamo più di una volta, sai?” le confessò. “Oh, anche ora?” chiese, con innocenza. Si sporse verso il basso e gli afferrò il cazzo ancora eretto e duro come pietra. “Sì, ovvio.” Rispose. “Allora, cosa stai aspettando?” chiese lei. A quelle parole, lui la fece roteare sullo stomaco e si infilò tra le sue gambe. Spingendosi in avanti, la punta del rigido cazzo trovò la sua umida entrata. Lei gridò mente lui la penetrava in profondità con un'unica spinta, forte e decisa.
Capitolo Diciotto
Crystal
Si svegliò un paio d'ore più tardi. Scuotendo la testa per liberarsi dall'indolenzimento, realizzò di trovarsi nel letto della madre. Guardando più in là, vide Kevin, addormentato accanto a lei. Ricordò le ore precedenti e si rese conto che non si era trattato di un sogno. Lui l'aveva davvero scopata sei volte e l'aveva fatta venire. Ancora e ancora, e ancora. E anche lui era venuto, ripetutamente, riempiendole la fica di denso e caldo sperma. Ora, completamente sveglia, si mosse nel letto fino a quando il suo pene flaccido si trovò vicino alla sua bocca. Prendendolo in mano, alzò la punta verso la bocca. La prese all'interno e cominciò a roteare la lingua attorno al glande, sentendolo diventare gonfio. Percepì Kevin stiracchiarsi sotto di lei. Senza rimuovere il cazzo dalla bocca, lo guardò. Lui si fissò il pene.
“Lo sai che sono le due del mattino?” chiese, intontito. “Sì, lo so,” disse lei. “Hey, lo sai che il tuo cazzo ha il mio sapore?” “Immagina come possa essere successo?” le chiese, ridacchiando. Il suo cazzo continuava a diventare più rigido all'interno della sua bocca. Lei tornò a succhiargli il fallo. “Allora, presumo che ti sia piaciuto la notte scorsa?” le chiese. “Uh... sì!” disse lei, dopo essersi levata il cazzo dalla bocca. “È stato incredibile, proprio come mamma mi ha detto.” “Ottimo. Non sopporto deludere le persone,” disse lui. Proprio quando il suo cazzo era pronto all'azione, lui udì uno sportello d'auto chiudersi di fronte alla casa. Cercò di sentire meglio. Distratta, lei scostò la bocca dal pene e piegò la testa per ascoltare. “C'è qualcuno fuori,” sussurrò. “Probabilmente uno dei vicini,” rispose lui. Quell'ipotesi fu scartata quando entrambi udirono qualcuno che bussava forte alla porta. “Crystal!” udirono una voce gridare. “Merda, è Mark!” sussurrò lei. “Oh, fantastico!” Kevin disse. “Crystal, esci! Voglio parlarti!” Mark gridò mentre bussava alla porta d'ingresso. “Vado a parlargli,” Crystal disse. “No!” Kevin disse. “Me ne occuperò io.” Kevin accese la lampada accanto al letto e si mise i jeans e la camicia della notte
precedente. Abbottonò appena un paio di bottoni della camicia e si diresse all'esterno della camera.
Capitolo Diciannove
Kevin
Scocciato, e con la testa il fiamme, Kevin spalancò la porta d'ingresso. Fuori, c'era Mark. “Cosa posso fare per te alle due del mattino?” Kevin chiese. “Oh, tu sei quel ragazzo “inquilino”,” Mark disse con una risata, portandosi le dita a lato della testa con fare esagerato. “D'accordo. Cosa vuoi?” Kevin chiese, facendo un o in avanti, fuori dalla casa. Riuscì a percepire l'odore di alcol nel fiato di Mark. Mark, percependo la minaccia, fece un o indietro. “Voglio parlare con Crystal,” disse. “Se ti presenti alle due del mattino, non vuoi parlare, sei in cerca di una prostituta.” Mark lo guardò in silenzio, esterrefatto. “Vai a casa e fatti are la sbronza. Poi chiama Crystal o mandale un messaggio. Se ti vuole parlare, risponderà,” continuò. “Chi diavolo sei tu per dirmi cosa devo fare?” chiese, belligerante. “Sono quello che chiamerà il 9-1-1 se non sparisci da qui ora per andare a farti are la sbronza,” disse a Mark. “Vai, sparisci da qui!” Ferito nell'orgoglio, Mark gli sferrò un ubriaco colpo diretto alla testa.
Istintivamente, Kevin alzò il braccio sinistro e lo bloccò. Schivato il colpo, Kevin partì all'attacco. Colpì il viso di Mark con il dorso della mano, sorprendendolo, e gli piazzò un gomito al lato della testa. All'attacco, ora, Kevin si posizionò per bene sul piede sinistro e scalciò con il destro, colpendo Kevin sotto il mento. Udì i denti di Mark sbattere quando il colpo lo urtò. Mentre Mark si sporgeva all'indietro, Kevin fece un o avanti, incrociando il piede sinistro sul destro. Poi roteò e alzò la gamba destra mentre girava. Estendendo completamente il piede, in linea con la gamba, colpì nuovamente la parte laterale della testa di Mark che cadde come un sacco di patate. Rimettendosi in posizione, Kevin aspettò di vedere cosa avrebbe fatto Mark. Mark, coraggiosamente, si alzò barcollando. Scosso e ubriaco, dimenò le braccia verso Kevin con fare minaccioso. “Avanti! Colpisci!” Mark gridò. Kevin notò che in alcune case dei vicini le luci si stavano accendendo. “Mark, vai a casa e fatti are la sbronza. Non venire più qui perché sei incazzato dopo essere stato scaricato e messo in panchina dalla squadra,” Kevin gli disse. “Dannazione! Voglio parlare con Crystal!” gridò. “Chiamala quando ti a e ci potrai parlare, se lei è d'accordo,” Kevin disse al quarterback ubriaco. “È tutto per stanotte.” Mark farfugliò qualcosa, senza speranza. Sconfitto e umiliato, sia nel gioco che nella battaglia, era fuori di sé dalla rabbia. “Testa di cazzo!” Mark gridò, barcollando in avanti. Kevin lo colpì con un calcio frontale all'inguine mentre si avvicinava. Mark ringhiò quando il piede affondò sulle sue palle e il dolore aveva inizio. Senza perdere altro tempo, Kevin prese Mark per le orecchie e per i capelli e lo costrinse a mettersi in ginocchio.
Kevin affondò la coscia nello stomaco di Mark, portandolo a piegarsi a metà. Poi ritrasse la gamba, lanciandola verso la faccia di Mark mentre, simultaneamente, gli portava la testa in posizione perfetta per colpirlo con il ginocchio. Kevin avvertì la faccia e il naso di Mark schiacciati contro la sua rotula. I soffici tessuti del viso di Mark crollarono contro il duro scheletro del ginocchio. Kevin, percependo che Mark era finito, lo scostò e fece un o indietro per mettere distanza e per permettere a Mark di valutare le possibilità. Mark si rialzò, sbalordito. Le lacrime gli scendevano senza più controllo mentre il sangue gli colava dal naso. Si portò una mano al naso e rabbrividì al solo contatto per via del dolore. “Tu, figlio di puttana! Mi hai rotto il naso!” Mark strillò. “Sì, sembra di sì,” Kevin gli disse pazientemente. “E ti romperò molte altre parti del corpo se non cogli l'occasione per sparire da qui,” disse con tono risoluto. Ubriaco, ferito e frustrato, Mark rabbrividì dalla rabbia e dal dolore. “Cazzo!” urlò a piena potenza. Altre luci si accesero nel vicinato. “Mark, vai a casa, fattela are e ne riparleremo,” Kevin gli disse. “Rimani qui per un altro secondo e chiamerò il 9-1-1 e lasceremo che siano i poliziotti a decidere.” “Merda, amico, non riesco nemmeno a vedere per guidare!” Mark disse, lamentandosi. “Avresti dovuto pensarci prima di colpirmi. Ora vattene o parlerai con i poliziotti,” Kevin disse. Girò sui tacchi e si incamminò tranquillamente verso casa. Una volta entrato, trovò Crystal in ginocchio che sbirciava all'esterno grazie a una fessura tra le tende. “Gesù, gli hai fatto il culo!” disse con un sorriso. “Dove hai imparato a picchiare in quel modo?”
“Oh, ho dimenticato di menzionare che sono cintura nera di karate giapponese?” Kevin rise. Anni prima, principalmente per allontanarsi dalla moglie che lo annoiava, aveva preso lezioni di karate per due anni, diventando cintura nera in tempo record. Nonostante fosse fuori allenamento da più di due anni, tutto gli era tornato alla mente in modo istintivo. Ore e ore di allenamento, seguite da lezioni in cui colpiva e le prendeva, gli avevano insegnato come combattere con efficacia. Mentre Crystal osservava, Mark si rimise in sesto a sufficienza per rientrare in macchina e andarsene. Crystal si rimise in piedi e si diresse, gloriosamente nuda, verso di lui. “Credo che per averlo spaventato tu meriti una ricompensa,” gli disse.
Capitolo Venti
Crystal
Crystal sganciò i bottoni dei jeans di Kevin. Il suo cazzo fece capolino, semi eretto. Le sue mani lo circondarono e lo afferrarono mentre la sua bocca trovava quella di lui per un bacio apionato. Kevin si sfilò le scarpe, si liberò dei pantaloni e rimosse velocemente la camicia. Si sporse verso il basso e prese Crystal per il sedere, alzandola in un abbraccio. Lei gli circondò il collo con le braccia e, avidamente, gli allacciò le gambe attorno alla vita stretta. Kevin la sollevò fino a quando lei riuscì a percepire la punta del suo cazzo sfiorargli i lombi. Mentre con una mano la teneva alzata, con l'altra fece scorrere la sua asta in posizione, all'entrata della fica. Ancora gocciolante dalle precedenti ore, era scivolosa e pronta ad accoglierlo. Con il cazzo in bilico all'entrata, fece in modo che il corpo di lei gli scivolasse sopra. Lei avvertì il suo membro affondare fino in fondo mentre pian piano si abbassava. “Oh, cazzo!” gridò mentre la riempiva completamente con la sua mazza. Kevin cominciò ad alzarla e ad abbassarla sul suo palo, scopandola senza pietà mentre la gravità la spingeva con intensità verso il basso, contro il suo cazzo, ad ogni spinta. In men che non si dica, lei avvertì i primi accenni di un altro orgasmo, seguito da un altro e un altro ancora. Venne ripetutamente, prima con dei brividi e poi con una marea di ondate di piacere mentre veniva scopata intensamente. Mentre veniva grazie alla scopata di Kevin, le sovvenne il pensiero perverso che
le sarebbe piaciuto che Mark la guardasse e imparasse come un vero uomo sa regalare piacere a qualcuno, al di fuori di se stesso. Mentre un altro orgasmo la stava per pervadere, Crystal percepì il suo respiro sempre più mozzato. Si aggrappò con forza a Kevin proprio quando lui smise di martellarla. Senza proferire parola, si incamminò verso la camera da letto, con lei ancora impalata sulla sua mazza. Nella stanza, la abbassò su un angolo del letto, rimanendo affondato dentro di lei. Una volta che la ebbe distesa sulla schiena, le sollevò le gambe fino a quando le ginocchia le sfiorarono il petto, comprimendole il seno già minuscolo. Con le gambe reclinate in quel modo, era completamente a disposizione del cazzo di Kevin. Applicò una pressione leggermente più intensa e lei si sentì più piena che mai. Poi cominciò a scoparla con forza. Ritraendosi fino a quando solo la punta rimaneva all'interno, selvaggiamente si spingeva nuovamente in profondità. Optò per un vivace ritmo deciso mentre si ritirava e la riempiva, si ritirava e la riempiva. Ancora, ancora e ancora. Mentre la scopava senza pietà, lei avvertì la familiare sensazione di un altro orgasmo che stava per pervaderla. Questo fu particolarmente intenso e prolungato. Mentre il cazzo la martellava, sentì la cervice sbattuta dalla punta del suo cazzo. Venne di nuovo, ancora e ancora, in cerca d'aria. Venne per quelli che sembrarono minuti. Cominciò a chiedersi se sarebbe svenuta, mentre si sentiva la testa in fiamme per via del prolungato orgasmo che lui le aveva regalato. Si lasciò sfuggire un acuto, stridente grido ad ogni spinta martellante del suo maestoso cazzo. “Vengo ancora!” lo sentì ringhiare. Voleva dirgli di venirle dentro ancora una volta, ma non ebbe abbastanza fiato. Continuò a gridare ad ogni spinta mentre, con violenza, soccombeva all'estasi. Poi Kevin affondò il cazzo più in profondità che poté, forzandolo e trattenendolo nel suo grembo. Percepì un fiume di caldo e viscoso sperma contro la cervice. Il calore che avvertì scorrere dentro di lei fu incredibile. La sensazione del suo seme che le spruzzava dentro le provocò l'intensificazione del proprio orgasmo. Venne con maggior intensità, gridando ad ogni spruzzata di seme proveniente dal suo cazzo e lui si svuotò dentro di lei, ancora e ancora.
Appoggiato sulle mani sopra di lei, Kevin riprese fiato. Lei avvertì che il suo cazzo cominciava a sgonfiarsi e poi lo sentì uscire. Secrezioni, una combinazione di quelle di entrambi, sgusciarono dalla sua fica mentre il cazzo usciva come un turacciolo. Lui si sdraiò sul letto accanto a lei. “Bimba, sono distrutto,” le disse. “Tra il fatto che tu voglia scopare senza sosta e il dover mettere al tappeto il tuo ex, sono davvero a pezzi.” Rise. “Vai a dormire. Devi riposare, perché ricomincerò con te in mattinata,” disse con una risatina. “Oh, merda, è proprio quello che temevo,” disse con una risata. “Vai e dormi. Manderò un messaggio a mamma per vedere se è sveglia.” Con il telefono tra le mani, lo sentì cominciare a russare lievemente a letto accanto a lei. Inviò un messaggio alla madre:
Sei sveglia?
Circa un minuto più tardi, sua madre rispose:
Sì, non riuscivo a dormire. Speravo di sentirti. Come è andata?
Crystal disse:
Beh, ora di certo so di cosa si parla così tanto!
Sua madre replicò:
Quindi è andata bene?
Crystal disse:
Mamma, è stato fantastico. Non vedo l'ora di svegliarlo domattina per rifarlo! LOL
Sua madre disse: Non sfinirlo! Voglio il mio turno quando torno a casa! LOL
Poi Crystal aggiunse:
Abbiamo anche avuto un piccolo fuori programma qui stasera...
Sua madre chiese:
Cosa è successo?
Crystal le disse:
Mark è ato, completamente ubriaco, e voleva vedermi. Kevin se ne è occupato.
Sua madre chiese:
Se ne è occupato come?
Crystal disse:
Lo ha messo completamente ko e gli ha rotto il naso. È venuto fuori che Kevin è cintura nera di karate, oltre ad essere dannatamente bravo a letto. LOL.
Sua madre chiese:
Kevin non si è fatto male, vero?
Crystal le disse:
Mamma, Mark non lo ha sfiorato nemmeno con un dito. Avrei voluto che vedessi anche tu. Ha fatto davvero il culo a Mark... LOL
Sua madre replicò:
Non sarebbe successo a un ragazzo migliore.
Crystal disse:
Meglio che dorma un po'. Ho una giornata piena per domani.
Sua madre chiese:
Che piani hai?
Crystal le disse:
Rimanere a letto tutto il giorno con Kevin. LOL
Sua madre replicò:
Santo cielo, ho creato un mostro! LOL
Crystal disse:
Non un mostro. Solo una ninfomane! LOL
Sua madre disse:
Buonanotte! Meglio che ti riposi un po'!
Crystal inviò un ultimo messaggio:
Buona notte!
Con quello, Crystal appoggiò il telefono sul comodino della madre e si accoccolò accanto a Kevin. Nel giro di un paio di minuti, si addormentò velocemente.
Capitolo Ventuno
Kevin
Kevin si svegliò la mattina seguente, intontito dalla notte precedente. Mentre cercava di riordinare i pensieri, gli sovvennero gli incredibili eventi della notte prima. Era stato sedotto da una bellissima diciottenne e si era cimentato nel karate per la prima volta nella sua vita. Ridacchiò ripensando a Mark che si trascinava verso l'auto con il naso a pezzi. Crystal non era a letto con lui, ma il rumore dell'acqua della doccia nel bagno della stanza gli fece capire dove si trovasse. Con un sogghigno, decise che avrebbe potuto farle una sorpresa. Il suo cazzo reagì al pensiero di quel giovane corpo e della sua fica da adolescente incredibilmente stretta. Scendendo dal letto, si avvicinò alla porta del bagno. Era leggermente socchiusa. Aprì la porta ancora un po' e vide Crystal attraverso la parete di vetro. Era insaponata e si stava accuratamente strofinando il corpo. Le sue mani indugiarono sulla fica bagnata, fresca di rasatura. Pensò che la visuale di lei che si insaponava nella doccia fosse una delle cose più sexy che avesse visto da parecchio tempo. Entrò silenziosamente in bagno. Gli occhi di lei erano chiusi, mentre si concentrava su quello che stava facendo. “Ti va un po' di compagnia?” chiese, alzando la voce per essere udito sopra il rumore dell'acqua scrosciante. Gli occhi di Crystal si spalancarono e lo guardò con un sorriso. “Pensavo che non ti saresti alzato ancora per un bel po'. Ti ho tenuto sveglio fino a tardi,” disse con un sorriso. “E adorerei avere un po' di compagnia.”
Kevin aprì la porta ed entrò nella doccia accanto a lei, poi si richiuse lo sportello alle spalle. Le mani di lei gli cinsero il collo e lo tirarono a sé per un profondo, ionale bacio. “Buongiorno,” disse dolcemente quando le loro labbra si allontanarono. “È un buon giorno, non è vero?” disse lui, avvertendo il cazzo farsi sempre più consapevole della situazione. “E vedo che non sei l'unico ad essere sveglio questa mattina,” disse con una risatina, ovviamente avvertendo il suo duro membro tra i loro due corpi. “Allora, cosa si fa oggi?” Kevin chiese. “Intendi oltre a scopare tutto il giorno?” chiese con espressione seria. “Wow! Sei molto ambiziosa!” le disse. “Sto solo recuperando il tempo perduto,” gli disse. “Lo vedo,” Kevin disse mentre la sua mano si faceva strada verso l'inguine di lei e le inseriva un dito nella calda fica bagnata. Lei chiuse gli occhi e gemette leggermente a quel tocco. “A dire il vero, non ho nulla da fare oggi. Se non scopare selvaggiamente come non ho mai fatto in vita mia,” le disse. “Sembra interessante,” disse lei mentre le loro labbra si univano ancora. Entrambi si presero del tempo per insaponarsi a vicenda, facendo particolare attenzione alle zone speciali di entrambi. Nel giro di poco, entrambi furono eccitati e pronti per il successivo round. Mentre Kevin se ne stava dietro a Crystal, insaponandole e accarezzandole la schiena, lasciò scivolare una mano verso il basso. Trovò la sua fica e cominciò a stuzzicarla con la mano piena di sapone. Lei gemette di piacere e si sporse in avanti, mettendosi a sua completa disposizione. Mettendole una mano sulla schiena, gentilmente la fece inclinare in avanti fino a raggiungere una posizione
a 90 gradi. Le mise una mano sul fianco e, con l'altra, indirizzò il cazzo verso la sua entrata umida. “Sbrigati, ti voglio dentro di me,” ansimò lei. Stuzzicandola, mosse la punta del cazzo in modo circolare all'interno del muscoli che proteggevano l'entrata della sua fica. Sentì il calore delle secrezioni sul cazzo insaponato. Lubrificato dalla doccia e dalla schiuma, scivolò facilmente all'interno, con una sola spinta. Crystal ansimò accogliendo completamente il suo membro. Kevin effettuò alcune spinte, dentro e fuori, affondando nell'intimità ben lubrificata. “Più veloce,” gemette lei. Prendendole i fianchi con le mani, cominciò a martellarla con la sua mazza, dentro e fuori. Lei cominciò a lasciarsi sfuggire un esile urlo ad ogni forte spinta effettuata. Le prese entrambi i polsi in una mano, poi le portò le braccia all'indietro, come per bloccarla. Mantenne l'altra mano su un fianco per stabilizzarle il corpo mentre la scopava da dietro. Kevin cominciò a scoparla come un coniglio, con brevi e intense spinte a un ritmo incredibilmente veloce. Le sue grida ad ogni spinta si intensificarono, sembrava che emettesse dei continui e interminabili gorgheggi. Kevin la sbatté con forza e intensità, con il cazzo che entrata e usciva solo per qualche centimetro ad ogni spinta. Kevin la sentì cominciare a rabbrividire e seppe che era prossima a venire ancora. Lasciandole libere le mani, si sporse in avanti e la afferrò per le spalle. Cominciò ad affondare l'intera lunghezza, dentro e fuori, e usò le mani sulle sue spalle per tirarla a sé con maggiore intensità. E fu sufficiente. Lei cominciò a venire. Lui sentì che la sua fica già stretta cominciava a contrarsi sul suo cazzo, mentre lei si contorceva e di dimenava nell'orgasmo. Sentì le secrezioni fuoriuscire dall'interno, inondandogli completamente il cazzo. Crystal, ora, si lasciava sfuggire un grido acuto ad ogni martellata. Il suono dei loro corpi bagnati che sbattevano tra loro sottolineava ogni strillo.
La sua fica che si contraeva e gli strizzava il cazzo lo portò al punto di non ritorno. Affondando completamente il fallo all'interno, si svuotò una volta ancora. Mentre il suo sperma si espandeva, la sentì irrigidirsi. La sua schiena si arcuò quando, spruzzo dopo spruzzo, il seme le inondava l'utero. Lui rimase all'interno di lei mentre entrambi cercavano di riprendere fiato. L'acqua della doccia scendeva su di loro mentre rimanevano in piedi, uniti dal suo cazzo via via più flaccido. Infine, si ripresero a sufficienza. Kevin si ritrasse da lei e tornarono a pulirsi e a insaponarsi a vicenda. Dopo aver finito la doccia, chio l'acqua e si asciugarono. “Quindi, cosa vuoi fare ora?” Crystal chiese maliziosamente.
Capitolo Ventidue Crystal
Crystal aveva perso il conto da ore del numero di volte che Kevin l'aveva fatta venire quel giorno. Era sulla schiena mentre Kevin la stava martellando da sopra. Kevin aveva notato la sua flessibilità da cheerleader e le aveva fatto provare qualcosa di nuovo. Le chiese se si poteva portare le gambe dietro la testa. Perfettamente snodata sui fianchi, per lei non fu un problema. Con un piede dietro alla testa, lui la penetrò da sopra. Affondato in profondità, lei ansimò per la sensazione del suo immenso cazzo dentro di lei. “Questo si chiama l'Ostrica Viennese, se te lo chiedessi,” le disse. “Mmmmmm, non mi sono mai piaciute le ostriche,” disse. “Fino ad ora!” Dopo quello, Kevin cominciò a martellarle la fica con vigore. Lei fu stupita che potesse avere ancora un'erezione dopo tutte le volte che l'aveva scopata quel giorno. Erano usciti dalla doccia e lui l'aveva portata in un locale in zona per colazione. Entrambi avevano mangiato come se fossero stati a digiuno da giorni. Erano tornati a casa ed erano andati dritti a letto, uscendone solo per andare a pranzo allo Steak Buffet, dove entrambi avevano nuovamente mangiato con avidità prima di affrettarsi per tornare ancora a letto. Infine, si erano avventurati fuori per andare in un ristorante cinese per cena. Al cinese, lui le aveva mostrato le ostriche. Ne aveva presa una dalla conchiglia con la forchetta, l'aveva messa su un pezzo di cracker salato, intinta nella salsa cocktail, e gliel'aveva offerta. Lei l'aveva presa allegramente e aveva masticato, trovandola viscida e disgustosa.
“Dicono che siano afrodisiache,” le aveva detto. “Credo che nessuno di noi abbia bisogno d'aiuto in quel settore,” aveva replicato lei. Lui aveva reclinato la testa all'indietro e aveva riso. “Beh, immagino che abbiano un gusto particolare, ma io le adoro,” le aveva detto. “Mi prometti che ti laverai i denti per bene prima che ci baciamo?” gli aveva chiesto. Lui aveva riso ancora. “Sai, parlando di ostriche, quando torniamo a casa, ricordami di mostrarti una posizione che credo ti piaccia...” E quello spiegò come si era ritrovata nella posizione dell'Ostrica Viennese, scopata dal suo enorme cazzo. Mentre lui affondava il suo cazzo senza pietà nella stretta fica diciottenne di Crystal, lei avvertì le prime sensazioni di un altro strepitoso orgasmo. La schiena le si arcuò e dimenò la testa a destra e a sinistra, gridando ripetutamente ad ogni spinta di quel grosso cazzo nel suo corpo. Dopo alcuni minuti di grida e divincolamenti, lui rallentò il ritmo. Cominciò ad entrare e a uscire a ritmo lento, sensuale e lussurioso. “Bimba, adoro la tua fica stretta,” le sussurrò all'orecchio. “Mmmmmm, mi piace come suona. E io adoro il tuo cazzo, a proposito,” gli sussurrò a sua volta. Crystal vide un movimento con la coda dell'occhio e si accorse di una figura attraverso la porta semi aperta della camera. Cominciò a gridare, una reazione che Kevin percepì come uno slancio di ione, continuando a fotterla, dentro e fuori. Crystal osservò la figura nel buio e realizzò che la sagoma era quella della madre. Realizzò che la madre la stava guardando, piegata in avanti, mentre Kevin entrava e usciva da lei. Decise di regalare alla madre un bello spettacolo.
“Più veloce, tesoro! Più forte!” ringhiò con un tono roco e avido. Kevin rispose spingendosi in profondità con maggior lena. Da dietro la schiena di lui, Crystal salutò la madre con la mano, facendole cenno di entrare nella stanza. La vide intrufolarsi, camminando scalza attraverso la camera e sistemarsi in una poltrona nell'angolo, pronta a godersi lo spettacolo. Crystal avvertì l'enorme mazza di Kevin scivolare dentro e fuori dal suo corpo e divenne sempre più bagnata sapendo che la madre la stava guardando mentre il suo amante la prendeva. Percepì l'orgasmo avvicinarsi e colpirla come una vendetta. Cominciando come una piccola onda sulla riva, il suo orgasmo esplose. Ad ogni successiva ondata, la mandò in estasi. Dalla piccola onda sulla riva divenne un uragano guidato dalla marea e poi si trasformò in un devastante terremoto e in uno tsunami. Con quell'enorme pezzo di carne che le affondava dentro, si divincolò, si dimenò, si irrigidì e rabbrividì. Mentre veniva, sentì che le ava un braccio sotto il corpo, sorreggendo il peso sull'altro. Utilizzò il braccio sotto per indirizzare il suo corpo su e giù dalla sua asta, mentre incrementava rapidamente il ritmo della scopata. Il suo orgasmo si intensificò ulteriormente mentre la arava di gran lena. Dopo circa un paio di minuti, avvertì il cazzo spruzzare la sua ondata all'interno della sua fica abusata. Avvertì ondate di caldo sperma riempirle l'intimità, ciascuna delle quali perfetta a prolungare il suo orgasmo. L'apice fu ulteriormente intensificato dalla consapevolezza della madre che la stava guardando dall'angolo della stanza. Kevin si ritrasse, senza fiato, e si lasciò cadere sul letto accanto a lei. Crystal si sganciò e si accoccolò al suo fianco, annidandosi tra le sue braccia. “Hai notato che abbiamo un ospite?” chiese, ancora ansante. “Cosa?” chiese.
“Mamma è casa. La vedi?” disse, indicando l'angolo della stanza. Kevin sollevò la testa e, scosso, notò Charlotte seduta sulla poltrona nell'angolo. “Hey, voi due!” Charlotte disse. “Hey, Charlotte! Pensavo che non saresti tornata prima di domani,” disse lui. “Abbiamo finito in anticipo, quindi sono tornata. Sono distrutta, comunque. Quel viaggio da Dallas dopo mezzanotte non ha fatto per me e la deposizione è durata più di 12 ore,” gli disse. “Vuoi che ti ridiamo il tuo letto?” chiese lui. “Beh, se voi due siete in grado di dormire per un po', siete i benvenuti. Se volete continuare per tutta la notte, andate nella stanza di Crystal, o nella tua. Ma io sono pronta a dormire,” gli disse. “Francamente, anch'io”, Kevin disse. Si girò verso Crystal e alzò le mani. “Crystal, hai vinto! Mi arrendo!” “Beh, merda!” disse lei, mettendo ironicamente il broncio. Risero tutti e poi osservarono Charlotte che si spogliava e si infilava sotto le coperte. Nel giro di pochi minuti dormivano tutti.
Capitolo Ventitré
Charlotte
Charlotte si svegliò la mattina successiva. Rimase sotto shock guardando l'orologio accanto al letto e notando che erano quasi le dieci del mattino. Kevin stava ancora dormendo, così come la distrutta Crystal. Charlotte rise tra sé pensando alla reazione di Charlotte in merito al suo risveglio sessuale. Charlotte scivolò quattamente fuori dal letto, indossò una corta vestaglia di seta e si diresse verso la cucina. Preparò una caraffa di caffè. Guardandosi attorno, notò che c'erano dei piatti sporchi nel lavandino – gli stessi di prima che partisse. Kevin e Crystal ovviamente non avevano consumato un singolo pasto per l'intero fine settimana, il che non la sorprese affatto. Rise sommessamente. Aprì la lavastoviglie e cominciò a infilare i piatti mentre la macchina del caffè faceva il suo dovere. Aveva disperatamente bisogno di recuperare dopo quel fine settimana. Avvertì due mani che le circondavano la vita da dietro e si spaventò. “Mi dispiace, non volevo spaventarti,” disse lui mentre gli si accoccolava da dietro, baciandole il collo. “Mmmmmm, buongiorno,” rispose lei. Girò la testa e trovò la bocca di lui. Nonostante avesse un evidente problema di alitosi mattutina, non lo trovò spiacevole. Le loro lingue si cercarono a vicenda e condivisero un lungo, dolce bacio. “Mi sei mancata,” le disse. “Mi sei mancato anche tu. Ma sono felice che tu abbia trovato il modo di are
il tempo,” disse. “Sì, ma ho paura di non riuscire a tenere il o con lei,” disse. “Potrei aver bisogno di vedere un medico per un po' di Viagra o qualcos'altro.” Lei allungò una mano all'indietro e fu sorpresa di scoprire che Kevin era completamente nudo. Le sue mani trovarono il cazzo, semi eretto e in via di risveglio. “Non credo che tu abbia bisogno d'aiuto in quel settore da quello che sento,” gli disse. “Non ne ho bisogno se sono ispirato nel modo giusto,” disse lui. “Cosa devo fare per ispirarti?” gli chiese da sopra la spalla. “Solo apparire,” disse semplicemente. “Questa è una delle cose più dolci che qualcuno mi abbia mai detto,” gli disse. Reclinando la testa all'indietro, le loro bocche si unirono ancora. Avvertì la mano di Kevin armeggiare con la cintura della vestaglia. Sciolse il nodo e spalancò la parte anteriore della vestaglia per trovarle il seno. Mentre una mano circondava e coccolava uno dei seni, l'altra si faceva strada verso il basso. Le sue dita la strofinarono avanti e indietro, lungo la fessura, e le separarono le labbra. Inserì un dito dentro di lei, trovandola umida e desiderosa. Sporgendosi nuovamente all'indietro, lei trovò il suo cazzo, maestosamente eretto e pronto per lei. Kevin si allungò in avanti e le fece scivolare la vestaglia dalle spalle. La prese e la gettò su una sedia vicina. Le posizionò una mano al centro della schiena e le agganciò la vita con l'altra. La spinse sulla schiena, forzandola a piegarsi in avanti all'altezza della vita. Charlotte posò una mano sul piano della cucina per sostenersi. Avidamente, allungò una mano tra le gambe e trovò il suo cazzo. Indirizzò la punta del suo membro verso la fica vogliosa. Kevin colse l'invito e gentilmente premette. Il suo cazzo le divaricò le labbra e si insinuò all'interno. Cominciò lentamente a muoversi, dentro e fuori, affondando sempre più in profondità ad
ogni spinta. “Oh, merda, mi è mancato così tanto quel cazzo,” sussurrò lei. Kevin cominciò a scoparla ritmicamente mentre si piegava contro il piano della cucina. Avvertì i seni sobbalzare ad ogni spinta di quel grande cazzo dentro di lei. Si crogiolò nella piacevole sensazione che le provocava, ritraendosi e spingendosi dentro ancora, riempiendola e ritraendosi, ancora e ancora. “Sì! Sì! Sì!” cominciò a gemere ad ogni spinta del cazzo di Kevin. Dietro di lei, udì Kevin ringhiare delicatamente ad ogni mossa, sforzandosi di spingersi in profondità con ogni potente spinta. Ad ogni spinta profonda di Kevin, cominciò a lasciarsi sfuggire dei gridolini. Ricordò Crystal la notte precedente e realizzò che lei e la figlia reagivano più o meno allo stesso modo durante il sesso, considerato soprattutto che le reazioni erano provocate dallo stesso uomo. “Oh, sì! Sì! Dammi quel cazzo!” disse, prima di tornare a gridare ad ogni spinta. “Stai per farmi venire!” disse. “Bene. Vienimi sul cazzo,” ringhiò lui. “Sì! Sì! Sì!” gridò quando l'orgasmo la pervase. Avvertì ondate su ondate di piacere avvolgerla mentre Kevin la martellava con forza da dietro. Il suo cazzo entrava e usciva, ritirandosi quasi fino ad uscire del tutto per poi affondare nuovamente in profondità. Fu scossa da un orgasmo dopo l'altro così rapidamente da non poter dire quando finiva uno e quando cominciava l'altro. In pratica stava avendo dei continui orgasmi multipli, una sensazione che era riuscita a provare solo con Kevin. Venne per così tanto tempo da sentirsi annebbiata. Ma continuò a venire, non volendo che quel piacere cessasse. Percepì la sua fica contrarsi ad ogni ondata, avvolgendosi attorno al suo cazzo per poi rilassarsi dopo ogni contrazione. “Sto venendo,” disse lui mentre la martellava senza pietà.
“Sì! Riempimi la fica!” gridò mentre continuava a venire. “Cazzo!” Kevin urlò mentre il suo cazzo si svuotava all'interno della fica. Lei percepì la familiare sensazione del suo seme che la infuocava, inondandole l'intimità con il suo calore fondente. Il suo orgasmo si intensificò quando, spruzzo dopo spruzzo, il suo caldo e viscido sperma le riempiva il sesso. Lui affondò il cazzo un'ultima volta e rimase in profondità dentro di lei. La punta del suo fallo premeva con forza contro la cervice poiché la lunghezza e la circonferenza forzavano la sua intimità a ridimensionarsi per accogliere la sua stazza. “Visto, te l'avevo detto che mi eri mancata,” le sussurrò all'orecchio. Dopo pochi secondi, lo avvertì ritirare il suo membro. Rumorosamente sgusciò fuori, sbattendo flaccidamente contro la gamba. Fece un paio di i indietro, nudo e con il cazzo rilucente delle miste secrezioni. Si lasciò cadere su una sedia. “Che cosa c'è per colazione? Sto morendo di fame!” disse, ridacchiando. “Sei tu il cuoco!” esclamò lei. “Perché non ci prepari qualcosa?” “OK,” disse, alzandosi. Guardandosi attorno, Kevin si sforzò di trovare qualcosa. “Sai, dovremmo davvero prenderci una pausa dallo scopare a destra e a manca e fare un salto al supermercato.” “OK, ci andremo più tardi se Crystal ti concederà una pausa,” Charlotte disse, ridacchiando. Con una credenza pressoché vuota, Kevin trovò solo poche cose. “Beh, sembra che il meglio che possa fare sia qualche omelette. Va bene?” chiese. “Solo una schifosa omelette?” chiese sbuffando ironicamente. “Hey, qui non siamo al Burger King, donna! Non è tutto a modo tuo. Sarà a
modo mio, o non avrai proprio un bel niente!” replicò con un sorriso. “In quel caso, un'omelette sarà meravigliosa,” gli disse. Pochi minuti più tardi, Kevin aveva preparato le omelette per entrambi, ancora nudo come un verme. Contenevano un po' di prosciutto e formaggio, un pomodoro sminuzzato che era quasi andato a male, e ci aveva messo perfino un po' di olive e funghetti che aveva trovato in dispensa. Semplice ma creativo, fece colpo. “Sai, potrei abituarmi ad avere nei paraggi un ragazzo che cucina così bene quasi quanto scopa”, disse guardandolo negli occhi dopo aver terminato. “Quasi?” chiese con tono imibile. Stava chiaramente scherzando. “Ti stai lamentando della mia cucina?” “Affatto. Era più un complimento in merito al sesso, veramente,” spiegò. “Beh, in questo caso: grazie,” le disse. “Ho messo da parte abbastanza roba per preparare un'omelette per Crystal, quando si alzerà,” disse. “Sono sicuro che avrà fame. L'ho portata fuori a mangiare tre volte ieri. Quella ragazza ha l'appetito di uno scaricatore di porto!” disse, ridendo. “Solitamente mangia come un uccellino. Stavate per caso facendo qualcosa che abbia potuto farle aumentare l'appetito?” chiese innocentemente. “Oh, solo un po' di questo, un po' di quello,” esordì. “Oh, solo un po' di quello che ho visto la notte scorsa?” chiese con un sogghigno. “Sì, all'incirca,” disse lui. “Quello spiegherebbe l'appetito,” disse, ridacchiando.
Capitolo Ventiquattro
Kevin
Con Charlotte e Crystal, si abituò a una sorta di routine, sebbene piuttosto ortodossa. A volte, rimaneva nella stanza di Charlotte per la notte. A volte, si fermava da Crystal. Non sembrava esserci alcuna regola o ragione particolare, ma una delle ragazze gli faceva sempre capire dove sarebbe finito quella notte. Sembrava se la gestissero tra loro, in tutta semplicità. Una cosa era certa. La sua vecchia stanza era completamente disabitata, eccezion fatta per l'utilizzo del computer. Un'altra cosa certa era che aveva più fica lui che un sellino di bicicletta. E non si lamentava di certo. Parecchie settimane dopo aver portato a letto Crystal per la prima volta, portò Charlotte a un'altra partita di football per guardare Crystal in azione. Era la finale della stagione. A sorpresa, dopo che Mark fu messo in panchina come quarterback, il promettente rimpiazzo con il ragazzino aveva portato la squadra a una serie di vittorie. Sembrava che il team avesse trovato il catalizzatore per vincere e quello era davvero un quarterback che riusciva a fare la differenza. La maggior parte delle imprese di Mark, invece, era sempre a favore degli avversari. Su richiesta del padre, uno delle più grandi e influenti teste di cazzo della città, Mark aveva lasciato la squadra per protesta. Se ne parlava parecchio in città, ma non nel modo in cui avrebbero voluto. Molte delle chiacchiere sostenevano che l'abbandono di Mark non fosse altro che una liberazione. L'ondata di proteste che avrebbe dovuto riportare Mark in squadra non si materializzò mai. Al momento della finale di stagione, la squadra era miracolosamente sul punto di raggiungere i playoff per la prima volta in anni. Così, contagiati dall'eccitazione
della città, Kevin e Charlotte arrivarono presto, prima del calcio d'inizio, invece di apparire per lo spettacolo dell'intervallo. Entrò allo stadio con Charlotte al suo braccio. Non facevano segreto di essere una “coppia”. Ma Kevin rideva tra sé per quello che avrebbe pensato la città se avesse saputo l'intera storia. Nel primo tempo della partita, la squadra locale giocò piuttosto bene contro gli avversari, delle leggende del distretto e favoriti alla vittoria. Tuttavia, il rimpiazzo di Mark riuscì ad effettuare un aggio, portando, da solo, un sacco di punti alla squadra. Il ragazzino portò a casa ben due touchdown e un altro ancora, portando la squadra in pareggio. Al termine del primo tempo, la tifoseria avversaria era completamente in silenzio. Era chiaro che se il team locale avesse sostenuto quel ritmo, il secondo tempo sarebbe stato esplosivo. Mark e Charlotte osservarono Crystal esibirsi con la squadra durante lo spettacolo dell'intervallo. Mark ammirò il suo corpo sodo e atletico durante la sessione di danza, che considerò essere piuttosto provocante per una scuola battista della città. Aveva decisamente il corpo giusto per enfatizzare le mosse di ballo. Si sentì eccitato nel guardarla. “Calmo ragazzo!” pensò tra sé mentre il suo cazzo si risvegliava nei pantaloni. “Faccio un salto al chiosco per prendere qualcosa da mangiare,” disse a Charlotte quando Crystal ebbe lasciato il campo. “Vuoi qualcosa?” “No, sto bene, grazie,” disse lei, sorridendogli. Si abbassò e le diede un bacio veloce. Al diavolo quello che pensava la gente. Lei si illuminò. Mentre si avvicinava al chiosco, girò l'angolo in fondo agli spalti e sbatté contro qualcuno. Guardando la persona contro cui aveva cozzato, realizzò che si trattava di Mark. “Scusami,” Kevin disse. “Perché non guardi dove vai, stronzo!” Mark ringhiò.
Kevin notò un gruppo di ragazzi dietro a Mark. Erano in cinque, tutti soddisfatti dal trattamento che Mark stava riservando a Kevin in pubblico. Quello spiegava probabilmente il coraggio di Mark, che rischiava un'altra batosta. “Ti ho chiesto “scusa”, Mark. È stato un incidente,” Kevin disse, alzando la voce. “Beh, devi guardare dove vai,” Mark disse con tono minaccioso mentre il suo gruppo cominciava a disporsi attorno a lui. “Mark, ti ho chiesto scusa,” Kevin disse con voce calma. “Per quello che vale, ti dirò anche che mi dispiace.” “Ma spero che tu non aspetti che ti baci il culo,” aggiunse. “Perché dovrei!” Mark cominciò a infuriarsi. “Dovresti cosa, Mark?” Kevin disse con voce bassa. “Farti spaccare il culo di nuovo?” Mark lo guardò come se da un momento all'altro gli potesse uscire del fumo dalle orecchie. Il suo viso diventò completamente rosso, livido per essere stato umiliato di fronte ai suoi amici. “Avanti, Mark! Siamo in sei. Facciamogli il culo!” Uno degli amici disse all'orecchio di Mark. Mark sembrò calmarsi in qualche modo, poi riprese controllo del gruppo. “No, non qui. Troppi poliziotti,” disse agli amici. “Gli faremo il culo, ma non voglio essere interrotto.” Poi, girandosi verso Kevin, lo guardò negli occhi e gli si avvicinò. “Più tardi!” disse. “Sta bene! Ci vediamo allora!” Kevin disse allegramente. Poi si lasciò Mark alle spalle e si diresse verso il chiosco. Dopo aver preso qualcosa da mangiare e da bere, tornò sugli spalti da Charlotte.
Prese posto accanto a lei e cominciò a divorare il suo hot dog. Lei gli prese la bibita e cominciò a bere. “Pensavo che non volessi niente,” disse lui, ridendo. “Ho mentito,” disse lei. “Mi sono imbattuto in Mark al chiosco,” le svelò. “Come è stato?” chiese. “Non molto piacevole. È esploso quando l'ho urtato. Letteralmente,” le disse con una risatina. “Si è comportato come uno stronzo?” gli chiese tranquillamente. “Sarebbe fargli un complimento. Aveva altri cinque amici con sé. Erano indecisi se farmi il culo ora o aspettare più tardi,” le raccontò. “Immagino che abbiano deciso di farlo dopo?” chiese, ridendo. “Sì,” rispose. “Se dovessi immaginare, quei coglioni si ubriacheranno dopo la partita e troveranno il coraggio per farsi avanti. Faremmo meglio a stare in guardia stasera,” ragionò. “Merda!” Charlotte disse con disgusto. “È fantastico.” Rimasero seduti in silenzio per alcuni minuti, fino a quando la partita riprese. Nel secondo tempo, la squadra di casa, con il rimpiazzo di Mark si infiammò. Nella prima azione dopo il calcio di inizio, il ragazzino percorse la linea laterale agganciando una presa e corse con la palla verso un touchdown. L'azione fu solo l'inizio di un cammino verso la vittoria, con un margine di quattro touchdown. Gli spalti esplosero in festeggiamenti di giubilo a termine partita. La squadra non raggiungeva i playoff da anni e l'intera città era raggiante alla prospettiva.
Capitolo Venticinque
Crystal
Kevin e sua madre arrivarono a prenderla dopo la partita. L'espressione seria sui loro volti tradiva il fatto che fossero preoccupati per qualcosa. “C'è qualcosa che non va?” chiese a sua madre. “Kevin si è imbattuto in Mark durante la partita,” la madre le disse. “Temiamo che abbiano qualcosa in mente per questa sera.” “Quindi sarebbe meglio che ce ne andassimo di qui e che tu venissi a casa con noi stasera,” Kevin disse. “Tesoro, uscire con i tuoi amici potrebbe non essere una buona idea. Non stasera,” la madre le disse. “Beh, cazzo!” Crystal disse. “Sono davvero stanca di quel pezzo di merda!” “Lo siamo tutti,” Kevin disse. Lasciarono lo stadio e si incamminarono verso l'auto di sua madre. Notò che Kevin continuava ad ispezionare la zona con attenzione mentre camminavano. Arrivarono all'auto senza problemi e salirono. “Credi davvero che Mark possa cercare di fare qualcosa dopo il modo in cui lo hai fatto fuori la volta scorsa?” Crystal chiese a Kevin. “Probabilmente. Aveva cinque amici con sé. Quello sembrava avergli dato coraggio,” Kevin rispose. “Era ubriaco la volta scorsa. Sospetto che si inietteranno un po' di coraggio
liquido e che poi verranno a casa in cerca di guai,” continuò. “Cosa facciamo?” Crystal chiese. “Quando arriverà, se si presenterà, qualcuno deve immediatamente chiamare la polizia. Mi occuperò della situazione fino a quando arriverà,” Kevin disse, seriamente. “Kevin, sono in sei!” sua madre disse, alzando la voce. Kevin guardò sua madre e sogghignò. “Lo so,” disse con nonchalance. “Non puoi sistemare sei ragazzi da solo!” sua madre gli gridò. “Bimba, non lo farò, almeno che non sia costretto. Accertati solo di chiamare la polizia e di farla arrivare prima possibile. Andrà tutto bene,” le disse. Crystal vide delle lacrime scendere sulle guance della madre.
Capitolo Ventisei
Kevin
Tornarono a casa. Nessuno voleva veramente andare a letto, sorprendentemente. Tutti e tre si ritrovarono a cercare un film sui canali a pagamento e lo guardarono insieme. Kevin scelse una commedia, cercando di risollevare gli umori. Nonostante il film fosse esilarante, ci furono ben poche risate. Come previsto, udì un'auto fermarsi di fronte e il rumore degli sportelli che si aprivano e si chiudevano. Crystal sbriciò dalla finestra. “È lui,” disse. Non appena si scostò dalla finestra, il silenzio della stanza fu rotto da un vetro che si frantumava. Uno di quegli stronzi aveva lanciato un mattone contro la finestra dalla quale Crystal aveva appena sbirciato. “Yoohoo, Kevin può uscire a giocare?” udì una voce dire in falsetto. “Sì, Kevin! Vieni fuori così possiamo farti il culo!” sentì un'altra voce urlare. “OK, ragazze. Chiamate la polizia,” Kevin disse calmo, “Esco fuori.” “Kevin, non uscire. Aspetta la polizia da qui,” Charlotte disse. “Chiudetevi dentro. Starò bene,” le disse con voce pacata. “Crystal!” la voce di Mark gridò da fuori. Crystal non disse nulla. “Quando avremmo finito di spaccare il culo al tuo amico, io e i miei amici
faremo dei bei turni con te!” gridò verso la casa. “Hanno tutti un cazzetto di cinque centimetri come te, Mark?” gridò attraverso la finestra rotta. “Zitta, puttana!” Mark urlò verso la casa. Kevin rise incamminandosi verso la porta, che si chiuse alle spalle. Il suo istruttore di karate gli aveva sempre detto che, una volta optato per la lotta, si deve sempre rimanere in posizione di offesa. Mai ritirarsi in difesa o, probabilmente, avresti perso. Era esattamente quello che aveva intenzione di fare questa volta. Lasciando la casa, vide Mark nel mezzo del prato. Mentre si avvicinava a Mark, il suo gruppo sbucò fuori ai lati, formando una linea nel bel mezzo del vialetto. “Beh, non pensavo che avresti avuto le palle!” Mark ghignò mentre gli si avvicinava. Poi commise il primo errore. Fece un o avanti rispetto al resto del gruppo. Senza proferire parola, Kevin colpì. Kevin sganciò una combinazione di pugni sul viso di Mark. Mark annaspò e ribatté mentre i pugni di Kevin gli colpivano entrambi i lati della faccia. Posizionandosi per bene, Kevin calciò verso l'alto sul petto di Mark, mentre quest'ultimo si stava ancora riprendendo dai pugni in faccia. Il calcio fece ruzzolare Mark all'indietro e cadde sull'erba dietro al gruppo. Uno degli amici di Mark gli corse incontro dal lato destro. Era un adolescente alto ma smilzo con un viso pieno di acne e un cespuglio di capelli rossi. Kevin si piazzò in posizione di attacco, con il pugno alzato, pronto a colpire. Il pugno dell'adolescente si alzò e riempì la distanza, puntando dritto al viso di Kevin. Lui si scostò leggermente verso destra per lasciar sfilare il colpo. Poi allungò la mano e afferrò il pugno che stava arrivando, strizzandolo in una morsa d'acciaio. Poi ruotò lo smilzo pugno del ragazzo dall'alto in basso, e gli girò il polso con
rapidità. Mettendolo fuori gioco, Kevin udì il rumore delle ossa che si spezzavano mentre lo forzava in posa innaturale. Kevin gli lasciò andare la mano, gli piazzò un pugno sul letto e lo mise al tappeto. Lo smilzo adolescente, gridando in agonia, cadde a terra tenendosi il polso. Con la coda dell'occhio, vide un altro ragazzo fare una mossa dall'altro lato. Ruotando la testa, vide che stava cercando di colpirlo sulla nuca. Si girò di lato, schivando il colpo. Si allungò con entrambe le mani e gli afferrò il braccio. Prendendolo con forza, lo tirò selvaggiamente in basso, oltre la spalla. Udì il soddisfacente rumore di ossa rotte mentre il gomito del ragazzo usciva di posto. Da dietro, udì i lamenti del ragazzo che si teneva il braccio piegato a 90 gradi nella direzione sbagliata. Kevin gli lasciò il braccio, lasciando il ragazzo sull'erba a contorcersi. Percependo un movimento sulla sinistra, sbalzò in piedi e ruotò in quella direzione. In ritardo, Kevin si prese un pugno dritto al lato del viso. Nonostante fosse potente, il pugno non colpì alcuna zona sensibile, ma lo stordì completamente, lasciandolo traballante. Cadde, ma quando colpì il terreno, roteò velocemente per mettere distanza tra sé e l'aggressore. Inarcò la schiena, posizionando i piedi sul terreno, e le mani sopra la testa, riuscendo a rialzarsi. Cadde a quattro zampe e immediatamente tornò all'attacco contro il ragazzo che l'aveva messo al tappeto. Partì con un doppio attacco combinato. Colpì due volte il ragazzo allo stomaco, con pugni inferociti. Riusciva a sentire l'odore del whiskey nel fiato del ragazzo. Poi lo colpì ferocemente sul viso con un altro doppio colpo. Il secondo pugno fece esplodere il naso del ragazzo in un getto di sangue e muco. Il ragazzo cercò comunque di difendersi e attaccare, ma incapace di vedere attraverso la cortina di lacrime che gli inondava gli occhi, riuscì solo a sferrare un debole colpo. Kevin parò il pugno con il braccio e lo trattenne in alto, sferrando così una serie di calci nelle costole del ragazzo. Di nuovo, udì un soddisfacente rumore di ossa che si spezzavano mentre metteva fuori uso buona parte della cassa toracica dell'adolescente. Roteando la testa come una giostra, Kevin guardò in ogni direzione. Tre ragazzi
erano seduti o distesi sull'erba, tenendosi diverse parti anatomiche, mentre Mark e gli altri due si stavano dirigendo verso il baule della macchina con la quale erano arrivati. Allungandosi, Mark estrasse una mazza da baseball. Gli altri due lo imitarono. E cominciarono a farsi avanti. “Oh, merda!” Kevin pensò mentre cercava di rimanere calmo. Mark mantenne una distanza di sicurezza, mentre gli altri due cominciarono a circondare Kevin per portarglisi alle spalle. Kevin valutò le opzioni e iniziò a formulare un piano. Decise di puntare su Mark, sperando che, demolendolo, gli altri due avrebbero capito che non si trattava di affari loro. Dietro di sé, Kevin udì il rumore della porta di casa che si apriva. “Rientra in casa!” gridò senza vedere di chi si trattasse. Pronto a colpire, Kevin attaccò Mark. Con la mazza tra le mani come un battitore sul campo, Mark lo aspettò. Kevin si fece sotto e attese il momento giusto. Quando vide Mark che cercava di affondare la mazza sulla sua testa, Kevin si abbassò e ruotò sull'erba. Poi si rimise in posizione e colpì l'inguine di Mark con due pugni ben assestati. Mark gridò dal dolore mentre Kevin gli stritolava le noci. Kevin si alzò, colpendo Mark allo stomaco e al viso ed ebbe la soddisfazione di vedere il naso di Mark, solo di recente guarito dalla rissa ata, appiattirglisi sul volto. Il sangue schizzò ovunque. Mark cominciò ad abbassarsi sul terreno, lasciandosi cadere la mazza ai piedi. Kevin si girò per guardare gli altri due. Mentre lo fece, udì un colpo di pistola. Si spaventò a quel suono e si voltò per vedere da dove provenisse. Vide Charlotte portarsi una pistola all'altezza della spalla, pronta a centrare il ragazzo più vicino. “Va bene, stronzi! Lasciate andare le mazze e mettetevi a terra. Il prossimo colpo non sarà in aria,” urlò con una voce di comando.
Il ragazzo più vicino la guardò sbalordito. Kevin quasi ridacchiò quando vide una grande macchia bagnata formarglisi all'altezza dell'inguine sui jeans. “A terra!” ordinò ancora. “Ti ucciderò se non lo fai!” Entrambi i ragazzi si lasciarono cadere a terra, abbandonando le mazze. “Mani dietro la testa!” Entrambi ubbidirono. Guardando su e giù per la strada, si accorse che quasi tutte le luci del vicinato erano accese e che molti dei vicini erano usciti per capire che diavolo stesse succedendo. Kevin si mosse per raccogliere tutte le mazze da baseball dei ragazzi sconfitti. Fatto quello, si girò verso Charlotte, sorrise e le alzò in pollice in segno di vittoria.
Capitolo Ventisette
Charlotte
Charlotte se ne stava in piedi nel patio della casa con la pistola all'altezza della spalla come un cacciatore di uccelli. Vide le auto della polizia che lentamente si avvicinavano lungo la strada verso la casa. Crystal era stata al telefono con i poliziotti per l'intero periodo, mentre Kevin combatteva con Mark e il suo gruppetto e Charlotte si apprestava a prendere l'arma da sotto al letto. “Mamma, dicono che non si avvicineranno alla casa fintanto che hai la pistola in mano,” Crystal gridò attraverso la finestra rotta. “OK, dì loro che l'ho messa via,” Charlotte disse. Appoggiò l'arma contro il muro della casa accanto a sé. “Ragazzi,” disse ai due adolescenti a terra, “che non vi venga idea di scappare via. Ci metto un secondo a riprenderla.” “Sì signora,” udì uno dei ragazzi dire, con la voce soffocata dal contatto con l'erba. Un'auto della polizia si avvicinò lentamente all'ingresso di casa. Il poliziotto uscì dalla vettura. “Dov'è l'arma?” chiese. Charlotte alzò il pollice verso la pistola posizionata contro il muro della casa. “Si allontani dall'arma, signora,” le disse. Lei obbedì. Si avvicinò alla pistola e, sapientemente, rimosse tutti i proiettili. Si portò il
microfono agganciato alla camicia alla bocca e confermò agli altri agenti che la situazione era sotto controllo. Velocemente, altre quattro auto si avvicinarono e i poliziotti scesero. “Probabilmente ci sarà bisogno di qualche ambulanza,” Kevin disse, in tono pratico. Il poliziotto osservò la scena. Il ragazzo smilzo era seduto sul prato, che si teneva il polso. Il ragazzo con il gomito spezzato era sdraiato a terra, urlante, cercando di mantenere il braccio immobile per evitare ulteriore dolore. Il ragazzo con le costole rotte era riuscito a mettersi seduto ma, ovviamente, tossiva sangue. Chiaramente, una o più costole rotte gli avevano perforato il polmone. Mark era ancora incosciente, svenuto con le mani sulle palle. “Gesù, c'è stata un rissa qui o cosa?” “No, sono venuti per attaccarmi e hanno minacciato sessualmente una delle due donne,” Kevin spiegò. “Quindi, chi li ha ridotti così?” il poliziotto chiese. “Io,” Kevin disse semplicemente. “Lei ha fatto tutto da solo?” chiese il poliziotto, confuso. “Sì,” Kevin disse. “Gesù!” il poliziotto sussurrò. L'agente afferrò il microfono di nuovo. “Svelti, avremo bisogno di almeno due ambulanze qui,” disse alla radio. “Ricevuto,” la voce disse. “Allora, cos'è successo?” chiese l'agente. Kevin cominciò a raccontagli quanto accaduto.
Capitolo Ventotto
Kevin
Kevin rispose a tutte le domande dei poliziotti e raccontò dettagliatamente tutti gli eventi della serata. “Così ha avuto modo di credere che fosse in pericolo così come le signore,” il poliziotto gli chiese. “Beh,” Kevin disse, “quando Mark ha gridato che dopo avermi fatto il culo avevano intenzione di fare i turni con Crystal, ho capito bene o male cosa volevano fare.” “È ferito?” il poliziotto chiese. “Sono stato colpito al volto, ma da quanto mi sembra non ci sono danni. Potrei avere un po' di mal di testa domattina, ma nessun problema,” Kevin gli disse. Il poliziotto rise. “Lei li ha ridotti così e tutto quello che hanno saputo fare è stato colpirla una singola volta?” chiese. “Sì,” Kevin gli disse. “Beh, o sono i peggiori combattenti nella storia del mondo o lei è davvero una forza,” il poliziotto disse con una risatina. “Beh, ho studiato un po' di arti marziali,” Kevin disse. “Un po'?” l'agente chiese.
“Sì,” Kevin disse con semplicità. Non aveva intenzione di svelare il suo grado, a meno che non gliel'avessero chiesto direttamente. “Quindi, vuole sporgere denuncia?” il poliziotto chiese. “Può scommetterci. È la seconda volta che quel testa di cazzo crea problemi,” Kevin disse, alzando il pollice in direzione di Mark. Il poliziotto guardò verso Mark che nel frattempo era stato svegliato dai paramedici, Si teneva una borsa del ghiaccio contro l'inguine. “Quello che si tiene le palle?” il poliziotto chiese, sogghignando. “Sì, suo padre è un pezzo grosso della città, da quanto ho capito,” Kevin disse. “Sì, lo è, ma suo figlio, il signorino Palle laggiù, è un vero coglione. E un membro di quello che la polizia locale qui chiama il “Club degli Habitué,” il poliziotto spiegò. “Causa un sacco di problemi.” “Comunque, non vedo nulla che lei o la signora abbiate fatto e che possa creare problemi. Sparare un colpo in aria è considerato un'infrazione di primo grado ma non ho intenzione di farvene una colpa,” disse a Charlotte. Lei annuì. “Quello che farò,” spiegò amichevolmente, “è dire che ha sparato a uno dei sospetti e l'ha mancato.” “Perché dovrebbe fare una cosa simile?” chiese lei. “Sembrerà strano, ma la legge locale non prevede alcuna pena per uno sparo d'avvertimento. La forza bruta è la forza bruta. Uno sparo in aria è considerato avventato e pericoloso. È stupido, ma se dico che l'ha mancato, a nessuno importerà un bel nulla,” spiegò a voce bassa. “Oltre a prendermi in giro per essere il peggior tiratore al mondo! Chiunque mancasse il bersaglio a quella distanza con una calibro dodici non dovrebbe nemmeno avere il permesso di possedere una pistola,” Charlotte disse con una risata.
“E, ancora, dalle testimonianze dei vicini, nessuno l'ha veramente vista sparare. Hanno solo udito il colpo,” il poliziotto continuò con voce ovattata. “Quindi qualcosa dirà, sarà perfetta.” “Agente, riflettendoci, immagino che fossi nervosa, ma quando ho sparato a quel ragazzo proprio lì, l'ho mancato miseramente,” Charlotte disse, avendo chiaramente colto il ben intenzionato ma clandestino consiglio dell'agente. Il poliziotto guardò verso il basso, verso il ragazzo con i jeans bagnati. “Beh, non sembra che l'abbia mancato di molto. Si è pisciato addosso!” il poliziotto disse, ridendo. Kevin e Charlotte si unirono alle risate. “Per quanto riguarda questi ragazzi, dovranno vedersela con qualche accusa bella pesante. I tre con la mazza da baseball saranno accusati di tentato omicidio. I tre che hanno attaccato solo a mani nude saranno probabilmente accusati di semplice aggressione, un reato di terzo grado. “Il tutto in aggiunta al fatto che quattro di loro che si faranno un giretto in ospedale,” terminò con una risatina. Quando anche l'ultimo dei ragazzi fu portato via, tra le auto della polizia e le ambulanze, il poliziotto li guardò. “Voi, ragazzi, godetevi il resto della serata. Chiamateci se avete altri problemi,” disse loro. “Grazie, agente,” entrambi gli dissero. Il poliziotto allungò la mano verso Kevin. Kevin la strinse. “E grazie per il servizio pubblico che ci avete garantito stanotte,” il poliziotto sussurrò. Kevin rise.
“Piacere mio,” Kevin disse. “Tutto per i ragazzi in blu.” Il poliziotto salutò con la mano mentre si avvicinava all'auto, scuotendo la testa con sconcerto. “Sono stanco,” Kevin disse a Charlotte. “Credo che andrò a letto.” “Mi piacerebbe andare a letto,” Charlotte rispose. “Ma non sono stanca nemmeno un po'.” Kevin sorrise.
Capitolo Ventinove
Charlotte
Parecchi mesi più tardi, le cose filavano ancora lisce come l'olio. Crystal si stava per diplomare alle superiori e stava progettando il suo futuro al college. Stava pensando di frequentare l'università locale dove Kevin insegnava, oltre a considerare l'opzione di alcune scuole fuori città. Mark e i suoi amici non facevano più parte del quadretto. Mark, con i soldi di papino, era riuscito ad evitare un periodo di reclusione, ma aveva lasciato la città per evitare di essere additato a causa delle sue azioni. I suoi due amici che lo avevano ato nel tentativo di colpire Kevin con le mazze da baseball furono condannati per tentato omicidio. Entrambi trascorsero qualche tempo in galera, ma furono rilasciati sulla parola grazie a rigide costrizioni che avrebbero dovuto seguire in futuro. Gli altri tre furono accusati di semplice aggressione e se la cavarono con un'ammenda. Tuttavia, la presenza di Kevin in tribunale e la sua dettagliata testimonianza, aveva portato a una condanna globale. Poi fu il momento di lasciare che il ato fosse ato. Non avrebbero visto nemmeno uno di loro per i parecchi mesi. Kevin continuò a “stare” in casa loro, nonostante la motivazione economica non fosse poi più così importante. Non pagava più l'affitto, ma senza che glielo chiedessero, pagava un bel po' di spese di casa. Si era anche fatto carico della cucina poiché era di certo il miglior cuoco di casa. La notte prima del diploma, Charlotte e Kevin portarono Crystal in un bellissimo ristorante a Dallas, a circa due ore d'auto. Era lì che avrebbero dato a Crystal i loro regali di diploma, ma nessuno dei due aveva svelato all'altro a cosa avessero pensato. Al ristorante, mentre la cena volgeva al termine, Charlotte porse un piccolo pacco a Crystal.
“Crystal, ti voglio un mondo di bene e sono molto orgogliosa di te,” le disse. “Questo è il mio regalo per il tuo diploma di scuola superiore.” Crystal aprì la scatola. Ne estrasse una chiave. “Mamma, questa è la chiave di un'auto! Una Ford!” Crystal disse, eccitata. “Sì, lo è. L'auto era troppo pesante e non ci sarebbe stata in borsetta,” Charlotte disse con un sorriso. “È nel garage a casa. Ma ho una foto.” Estrasse dalla borsa l'immagine di una Ford Mustang decappottabile color rosso ciliegia. Attorno all'auto c'era un nastro con un enorme fiocco. “Mamma! È fantastica! Grazie infinite!” Crystal strillò, alzandosi e andando ad abbracciare la madre. Alcuni clienti del ristorante guardarono la scena confusa. “Svelti, andiamo a casa che la voglio vedere!” Crystal disse eccitata. “Non vuoi sapere quale sia il mio regalo?” Kevin chiese.
Capitolo Trenta
Kevin
“Mi ha comprato qualcosa anche tu?” Crystal chiese. “E come tua madre, non l'ho portato con me,” le disse. “Dovrai aspettare e vedere più tardi.” “Che cos'è?” chiese con sospetto. “Un set di quelle,” disse, indicando i seni di Charlotte più discretamente possibile. “Mastoplastica! Mi pagherai una mastoplastica?” chiese eccitata. Sapeva che Crystal desiderava disperatamente dei seni nuovi. Adorava il corpo della madre e l'unica differenza era proprio il florido davanzale di Charlotte. Aveva menzionato come si sarebbe rifatta il seno appena avesse potuto. Da quando aveva cominciato a lavorare al college, era riuscito a risparmiare un bel po' di soldi considerato che le spese erano così basse. Con Charlotte che non gli faceva più pagare l'affitto, aveva messo da parte una gran quantità di denaro. Elargire per l'operazione di Crystal non avrebbe fatto una gran differenza. “Kevin, ma sei sicuro?” Charlotte chiese. “Sicurissimo. Ho parlato con uno dei tuoi dottori e ho capito quanto mi sarebbe costato,” disse a Charlotte. “Non è un problema.” “Quindi lo potrai fare appena ti sentirai pronta e me ne occuperò io,” disse a Crystal.
Si sollevò sulle punte dei piedi, eccitata, e lo avvolse in un caldo abbraccio. “Grazie mille!” disse. “C'è una condizione, però,” disse lui, seriamente. “Quale?” chiese lei. “Ci potrò giocare ogni volta che vorrò!” le sussurrò all'orecchio. “Beh, naturalmente!” gli disse.
***
Quell'estate, Kevin fu al settimo cielo. Aveva poche lezioni al college, quindi aveva parecchio tempo da trascorrere a casa. Crystal e Charlotte si assicuravano che non gli mancasse mai del buon sano sesso. Trascorreva la notte con l'una o con l'altra ogni sera. A volte, dormivano perfino tutti insieme, nonostante non ci fosse del sesso in quelle occasioni. Crystal era stata dal chirurgo plastico e stava aspettando con ansia il giorno dell'operazione, che sarebbe dovuta avvenire più avanti, nel corso della settimana. Crystal adorava la sua nuova auto e all'interno di essa aveva un aspetto dannatamente sexy. Come previsto, lo portò a fare in giro in macchina. Guidarono verso un'area remota in un parcheggio desolato. Gli disse che voleva battezzare l'auto. Si lasciò scopare sui sedili posteriori dell'auto e quindi sul cofano. Kevin si era finalmente concesso una nuova auto. Aveva fatto un affare con una BMW nera decappottabile che adorava. Ci aveva portato entrambe le ragazze, una alla volta, per un giretto in campagna. Quindi la sua nuova auto era stata battezzata per ben due volte.
Parecchie settimane più tardi, Kevin tornò a casa dal lavoro. Entrando in casa, trovò sia Charlotte sia Crystal in soggiorno. Crystal aveva un'espressione seria sul volto. Le guardò, incuriosito. “Siediti. Dobbiamo parlare,” Charlotte gli disse. “Certo,” disse lui. Prese posto tra di loro. “Crystal ha fatto gli esami pre-operatori oggi. Dovrà aspettare per l'operazione,” Charlotte disse. “Perché?” Kevin chiese, girandosi verso Crystal. “Perché non vogliono praticare un'anestesia non necessaria su qualcuno in stato interessante,” Crystal disse, guardando in basso, chiaramente evitando lo sguardo di Kevin. “Avrai un bambino?” Kevin chiese, sbalordito. “Sì,” Crystal disse. “Pensavo che prendessi la pillola,” disse, calmo. “La prendevo. La prendo!” gli disse, esasperata e ansiosa di spiegarsi. “Ho controllato le mie pillole,” continuò. “Sono terribile. Ogni mese ne dimentico qualcuna. Un paio di mesi fa, ne ho dimenticate tre di fila. Immagino che sia successo allora.” Lui era senza parole. Sarebbe diventato padre del bimbo di una diciottenne. “Sei furioso?” Crystal chiese, guardando in basso. La prese dolcemente sotto al mento e le voltò il viso, verso di sé. “Bimba, no. Certo che no. Ti amo e amo molto anche tua madre,” le disse. “Forse avrei dovuto dirlo prima, ma vi amo. E molto.” Le lacrime le cominciarono a scorrere lungo le guance. “Mi dispiace, Kevin,” piagnucolò.
“Non essere dispiaciuta,” le disse. “Andrà tutto bene.” “Temo ci sia altro,” Charlotte disse da dietro di lui. Si voltò per guardarla e vide che teneva tra le mani un piccolo oggetto di plastica. Aveva una finestra circolare all'estremità. All'interno della finestra c'era un piccolo segno più di colore blu. “Quello è di Crystal, vero?” chiese, temendo la risposta. “No. Questo è mio,” disse lei. “Anche tu? Come?” chiese. Charlotte gli aveva confidato di essere vicina alla menopausa. Il suo ciclo era molto irregolare. Anche se aveva discusso dell'opportunità di prendere la pillola con lui e con il dottore, sentiva che non sarebbe stata in grado di concepire per via dell'età. Onestamente, non se ne erano proprio preoccupati. “Quindi, sei arrabbiato con me?” Charlotte chiese. “Certo che no,” replicò. “Meglio che tu non lo sia o non scoperai mai più!” disse, ridendo. Lui rise e mise un braccio attorno ad entrambe. “Vi amo tantissimo entrambe. Capiremo cosa fare. E qualsiasi cosa faremo, decideremo come una famiglia,” disse. “Sta bene,” Charlotte disse, accoccolandosi contro di lui. “Sì,” disse Crystal dall'altro lato. Sapeva che avrebbero dovuto pensare un bel po'. Queste ragazze dovevano capire cosa avrebbero voluto fare. All'età di Charlotte, c'era un'alta possibilità che il bambino potesse soffrire della sindrome di Down, e quello non era rassicurante. I piani per il college di Crystal, invece, avrebbero dovuto essere messi da parte. Sapeva solo che aveva una vita meravigliosa con Charlotte e Crystal e non
voleva che nulla la rovinasse. Avrebbe fatto qualsiasi cosa servisse affinché le cose filassero lisce e avrebbe accettato da uomo la responsabilità di quello che aveva fatto. Poteva immaginare situazioni peggiori in cui trovarsi. Aveva due bellissime donne che lo amavano e lui ricambiava i loro sentimenti. Ma una cosa era chiara. La sua semplice vita sarebbe stata ancora meravigliosa, ma sarebbe stata molto più complicata ora che aveva educato madre e figlia.
Fine
Un Estratto Da Educata dal Migliore Amico di mio Fratello Di Natalia Darque
Qualche istante più tardi, Cal mi aveva gentilmente adagiata in posizione prona sulla sabbia. Il suo forte corpo muscoloso torreggiava su di me mentre le sue labbra premevano con forza contro le mie. Sentii le sue labbra schiudersi e poi la sua lingua intercettò le mie labbra ancora sigillate. Senza pensarci ulteriormente, socchiusi le labbra e le nostre lingue cominciarono dolcemente a cercarsi a vicenda. L'effetto fu elettrizzante. Finalmente distesa sulla fresca e soffice sabbia, sentii le sue mani tirarmi forte a sé. Il suo inguine mi premeva contro il fianco e la semi erezione che avevo percepito poco prima si era trasformata in un pilastro duro come marmo nei pantaloni. Le sensazioni che provavo mi resero partecipe della sua voglia e del suo desiderio nei miei confronti. Ma mi lasciarono anche preoccupata per le sue dimensioni. Il mio ragazzo precedente, uno dei giocatori di football della scuola, mi aveva portato a letto verso la fine della nostra relazione durata parecchi mesi. Ero sempre stata attenta affinché usasse sempre il profilattico. Era l'unico ragazzo con cui avevo fatto sesso. Fare l'amore con lui era stato bello. Dolce e tenero, si trattava ancora di un impacciato esperimento da parte di entrambi. Mi era piaciuto, nonostante l'ansia e il dolore della prima volta fossero un po' difficili da dimenticare nel corso degli esperimenti successivi. Poi, d'improvviso, ricevetti un suo messaggio con il quale mi informava che probabilmente saremmo dovuti rimanere solamente amici. Ero devastata. Non solo mi aveva scaricata, ma l'aveva fatto con un insensibile messaggio. Non avevo più guardato alcun ragazzo a scuola. Ma ero certa di voler dare più che uno sguardo a Cal.
Sentii le sue forti mani farsi strada lungo il mio corpo, una di esse si posizionò sul mio seno. Con gentilezza, massaggiò la mia carne morbida, mentre con le dita tracciava dei cerchi attorno al capezzolo, inviandomi un altro brivido di piacere. Era molto più dolce, gentile e, ovviamente, molto più esperto di quel coglione del mio ex ragazzo. Mi faceva sentire veramente bene. Mi faceva avere voglia di desiderarlo. Tremando nervosamente, gli feci scorrere una mano sul petto, assaporando i muscoli guizzanti sotto la maglietta. Superata la vita, sentii i suoi pantaloni rigonfi. Facendogli scorrere una mano sui pantaloni, sembrava come se quel rigonfiamento che sentivo non avesse mai fine. Fui sbalordita quando finalmente mi resi conto della dimensione di quella sagoma. Lo sentii inspirare con forza mentre le mie mani gli sfioravano delicatamente il cazzo. Prendendo spunto da me, spostò l'attenzione dal mio seno e la sua mano scorse lungo il mio corpo, trovando il cuore del calore che mi si stava formando in grembo. Il suo tocco gentile, mentre faceva scorrere la mano sul mio inguine, accarezzando dolcemente la soffice pelle, mi provocò una sensazione familiare, ma molto più intensa di quelle provate con il mio vecchio ragazzo. Solo molto, molto più intensa. L'eccitazione che provavo con Cal era palpabile mentre mi sentivo sciogliere dentro. Sentii le dita di Cal slacciarmi i pantaloncini e raggiungere la zip. Allungai una mano velocemente e lo bloccai. “No!” sussurrai. Ero devastata dalle emozioni. Lo volevo, ma avevo paura di quello che sarebbe successo. Ma sapevo cosa potevo fare per occuparmi di Cal e soddisfare anche un pizzico della mia curiosità. Lo guardai negli occhi e vidi uno sguardo frustrato sul suo volto. Poi i suoi occhi si spalancarono dalla sorpresa quando raggiunsi i bottoni dei pantaloni e li sbottonai, uno ad uno. Mi allungai a tentativi, trovai l'elastico della biancheria e infilai una mano. Quando lo feci, sentii la sua rigida carne sbucare dai pantaloni e sporgere eretta nella mia mano. Intrecciai le dita attorno e lo sentii ansimare per la sorpresa. Mi guardai attorno, sentendomi quasi colpevole per quello che ero in procinto di fare. Nel pallido chiaro di luna, e sotto le luci soffuse dei condomini nei dintorni,
non riuscivo a vedere nessun altro in spiaggia. Guardai il suo cazzo. Era lungo il doppio di quello del mio ex, ed era anche molto più grosso. Era circonciso, e la rigida carne sulla punta luccicava per via di qualche goccia di sperma dovuta all'eccitazione. Lo guardai di nuovo e sorrisi. Non dissi una parola. Semplicemente, abbassai la testa, e gli schioccai un bacio delicato alla base del suo massiccio fallo nero. Mi leccai le labbra per inumidirle e assaporai il gusto salato del suo sperma. Poi, con la lingua, cominciai a leccargli la lunghezza dell'asta. Lo udii gemere di puro godimento. Lo guardai dal basso e vidi che aveva reclinato la testa all'indietro, ammirando le stelle in cielo mentre mi occupavo di lui. Con una risata quasi impercettibile, cominciai ad abbassargli i pantaloncini fino a lasciare completamente esposti i testicoli e il cazzo. Dopo aver baciato la lunghezza della sua virilità, trovai i testicoli, che mi sorpresero in quanto perfettamente rasati. Mentre li baciavo, mi meravigliai della loro dimensione. Erano grossi e sotto i miei baci erano duri e pieni, notai anche che lo scroto si era irrigidito a causa dell'eccitazione. Quando realizzai che i suoi respiri erano diventati dei gemiti, ricominciai a baciargli l'asta. Quando raggiungi il suo nero glande, lo presi in bocca e lo feci scivolare per quanto mi fosse possibile. Sentii Cal dimenarsi sotto di me. Mentre mi concentravo sull'asta, dall'alto in basso, roteai la lingua attorno alla sensitiva punta per aumentare il piacere. Era un trucchetto di cui avevo sentito parlare da una delle mie amiche che giocavano a calcio che, in confidenza, mi aveva svelato come riusciva a far impazzire il suo ragazzo. Mentre leccavo su e giù, sentii la mano di Cal posizionarsi sulla mia testa, cercando di forzarmi a prendere la sua asta per intero. Feci del mio meglio, poi la sua mano cominciò a spingermi verso il basso e a rilasciarmi a ritmo frenetico. Riuscivo a mala pena a prenderlo in bocca, non avevo alcuna scelta se non obbedire. “Merda, bambina!” Sentii il suo gemito con voce ansante. “Sto per venire!” Forse pensava di avvisarmi, ma la mano che mi aveva messo sulla testa mi dette ben poca scelta. Sentii il suo cazzo pulsare nella mia bocca e poi avvertii una prima spruzzata di caldo seme in gola. La forza e la quantità quasi mi strozzarono. La mia unica scelta era quella di ingoiare. Lo feci, deglutendo una gran quantità di liquido denso e salato.
Mentre ringhiava e tremava, continuai a sentire il suo cazzo pulsarmi in bocca. Ad ogni pulsazione, un altro spruzzo di sperma mi inondava la bocca, costringendomi a deglutire per tenergli testa. Ce la feci appena, quando il suo cazzo si immobilizzò e si fermò. Leccai le ultime gocce, deglutii un'ultima volta e poi rilasciai dalla bocca il suo cazzo ancora semi eretto. Lo guardai e sorrisi, proprio mentre quando stava alzando la testa. Mi guardò. “Oh, baby!” sussurrò abbastanza forte per essere udito. “È stato magnifico!” “Sono contenta che ti sia piaciuto,” dissi, rialzandomi e avvicinandomi al suo viso, dove schioccai un lungo, orgoglioso bacio. Riuscivo ancora a sentire il sapore salato del suo sperma sulla lingua mentre lo baciavo a bocca aperta. Si sporse per cercare di liberarmi ancora una volta dai pantaloncini. Con gentilezza, rimossi la sua mano. “Non ancora,” gli dissi. “Non sono pronta.” “Non sei pronta?” la sua voce tradiva un lieve sconcerto. “No,” dissi con decisione. “Non ancora.” Fece una pausa. Sapevo che avrebbe usato ogni tipo di argomentazione per cercare di farmi cambiare idea. Tuttavia, non disse nulla. “OK, Mack,” disse con un sorriso. “Ma fammi sapere se cambi idea, ok?” “Certo.”
Fine dell'Estratto
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Tradotti in italiano
Educando La Figlia Del Mio Migliore Amico Obbligato A Guardare: Uno Sconosciuto Che Educa Mia Moglie
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