Angela Giulietti
Rubacuori di strada
UUID: c43ffcc2-2b1a-11e6-a28e-0f7870795abd
Questo libro è stato realizzato con StreetLib Write (http://write.streetlib.com) un prodotto di Simplicissimus Book Farm
Indice dei contenuti
Introduzione 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17
18
Introduzione
Appunti per curare una colonia felina e storie di gatti di colonia
A Boris, il mio amore che mi ha fatto scoprire le parti più belle di me. E' stato ed è il mio raggio di luce.
Creature ammalianti
I gatti sono animali meravigliosi e imprevedibili. Chi se ne prende cura si rende presto conto che trovano sempre il modo di sorprenderci. Amare i gatti significa entrare in un mondo in cui tutto è in evoluzione e in continuo movimento. E' per questo che voglio raccontarli, raccontare le storie di gatti di strada e dare qualche consiglio su come rapportarsi con essi, come curarli al meglio, come capirli e accontentarli. Io sono una animal communicator, perciò sono facilitata nel compito di mettermi in contatto con le menti complicate di questi animali. Ma chiunque può riuscire, con calma e apertura mentale. Perchè un gatto aspetta sempre la tua prima mossa. Sulla fiducia non ti concede nulla.
1
1-Una colonia felina-Il cibo
Io seguo una colonia felina all'interno del comune di Firenze. Le colonie feline sono gruppi di gatti che vivono all'aperto, direttamente tutelati dal comune in cui si trovano. La nostra è una squadra ben organizzata. Ci sono io, c'è mia sorella Roberta, Sabrina, Chiara, Paolo, Roberta, Giovanna, Paola e Stephanie, momentaneamente "infortunata". A turno, ogni giorno, uno di noi porta da mangiare ai gatti. Per chi iniziasse ora questa attività di volontariato, ecco qualche consiglio sul cibo da somministrare. Innanzitutto, evitate la pastasciutta, i sughi, la carne condita e tutto ciò che di norma mangiamo noi esseri umani. Si può dare ai gatti un po' di carne, cotta e priva di sugo, ma accompagnata ai cibi che si trovano in commercio. Le ossa costituiscono un serio pericolo per la salute del gatto, perciò è bene accertarsi sempre che non ne siano rimaste attaccate alla carne. Un consiglio per risparmiare e al tempo stesso dare calorie al gatto è quello di mescolare il contenuto della scatoletta con un po' di riso soffiato per cani, reperibile in ogni supermercato. Questo sistema è utile soprattutto in inverno, quando l'animale tende ad avere più appetito. Basta bagnare il riso per ammorbidirlo e in seguito aggiungerlo alla "pappa". In estate, può succedere che il cibo in scatola rimanga a lungo nei piatti, indurendosi, richiamando sciami di mosche e vespe, diventando cattivo e nocivo per l'apparato digerente del gatto. Perciò, quando fa caldo, è preferibile nutrire i gatti con cibo secco, che resiste meglio alle alte temperature. In commercio esistono scatolette e crocchette apposite per i gattini. E' bene tenerne sempre qualcuna di scorta. Questo tipo di cibo è indicato non solo per i
cuccioli, ma anche per gatte che hanno partorito, gatti in convalescenza o molto magri, e in generale quando la temperature esterna si abbassa molto. E' importante che i mici abbiano sempre accesso all'acqua. Per l'acqua è meglio utilizzare contenitori pesanti, che si rovescino con meno facilità. Ricordate sempre che per un gatto bere significa la sopravvivenza stessa.
2
2-Storie di gatti di colonia: Michelle Obama e gli Obamini
Una bellissima gatta nera comparve dal nulla nell'estate del 2012. Aveva il muso allungato, occhi intensi e un'espressione matura. Non sapendo se era maschio o femmina la battezzammo "Obama". Poi, in ottobre ci portò fuori cinque piccoli micetti, tutti molto graziosi: una nera, uno grigio e gli altri grigio-bianchi. Si avvicinava l'inverno, perciò ci demmo da fare per cercare adozione a tutti, trovandola quasi subito. E fu così che, il primo di novembre, le strade degli "Obamini" si separarono. La mamma, nel frattempo, aveva preso il nome di "Michelle Obama", e assistette alla cattura con grande dignità. Ashley, la micina nera, era la più fragile e minuta della cucciolata. Valentina la portò a casa e si innamorò di lei all'istante. Ma dopo pochi giorni Ashley stette male, e la corsa in piena notte alla clinica fu inutile: morì tra le braccia della sua mamma umana, che piangeva disperata. L'altra femmina del gruppo: Tyler, che fu rinominata Trilly, divenne la gatta unica di Sonia e Matteo, una bella coppia di fidanzati. Essi le riservarono addirittura una stanza e ancora oggi, dopo essersi sposati, continuano a dire quanto sono felici di aver adottato quella micia. Noah era quasi tutto grigio, con una macchia bianca a forma di clessidra sul nasino, petto e pancia bianchi e zampine di due colori. Andò a stare a Empoli da Simona, che lo chiamò "Nippon" e divenne il suo angioletto. Le fu accanto quando Simona disse addio al cane Cuba, l'amore della sua vita, e accolse l'arrivo del piccolo Giulio, il figlio di Simona, con amore e tenerezza. Nippon era felice, giocava con l'altro gatto Palmiro e osservava la crescita del cucciolo umano. Ma poi, una sera, non tornò a casa.
Simona si preoccupò moltissimo. Attese che il gatto si rife vivo: era un anno e mezzo che compiva giretti per i campi e poi rientrava per cena. Ma arono i giorni, i mesi, e non cambiò nulla. Gli appelli e le ricerche furono inutili: Nippon era scomparso. Simona spera sempre di vederlo arrivare alla porta finestra, non smette mai di sperare, e il suo angioletto peloso le manca da morire. Gli altri due maschietti erano Qitt e Roxi: uno tutto grigio, l'altro un bel mix di grigio e bianco con un musetto furbo. Pochi giorni dopo averli catturati, ci incontrammo con la signora che li aveva prenotati. Sembrava a posto, firmò tutti i moduli e se li portò via. Ma dopo qualche giorno ricevemmo una telefonata da un'amica della donna, che ci mise in allarme: i gattini erano tenuti malissimo, nello sporco, ignorati dalla signora che li toccava solo coi guanti per paura di essere graffiata. Così, la sera stessa alle 11 andammo a riprenderceli. E ora c'era da trovare casa per i due fratellini. Uno dei due lo prenotò Valentina, rinfrancata al pensiero di poter adottare uno dei fratelli della sua Ashley. L'altro trovò adozione tramite un annuncio su Facebook, da Paola e Paolo a Sesto Fiorentino. Roxi oggi si chiama Bruto e Qitt si chiama Adriano. Di loro mi resterà sempre il ricordo della mattina seguente alla notte del "rapimento", quando li tenevo per la scale di casa mia e li tiravo fuori dalla gabbia per accarezzarli.
.
3
3-Come prendere confidenza con un gatto di colonia
I gatti hanno caratteri diversissimi tra loro. Quando ci si avvicina a un gruppo, c'è chi si druscia, chi scappa, chi si limita a guardarti da lontano. Ottenere la fiducia di un gatto di strada richiede tempo, pazienza e buona volontà. La prima regola, che può sembrare assurda ma è molto importante, è dare un nome a ogni gatto della colonia. Un nome pronunciato a voce alta invia all'animale un'immagine positiva, che lo fa sentire "considerato". Il fatto di chiamarsi Marco oppure Simba, piuttosto che "micio" dà al gatto la consapevolezza di essere tenuto in grande considerazione dall'umano. Chiamate spesso il gatto con il suo nome, con voce serena, e ne trarrete benificio entrambi. Prodigatevi anche in complimenti. Il gatto percepisce le immagini mentali che gli inviate quando gli dite: "Che bel pelo che hai" oppure "Quanto sei carino". E' un animale vanitoso, che tiene molto al proprio aspetto. Fare amicizia con un gatto richiede tempo. Prendetevi un'oretta, dopo aver dato da mangiare, per osservarlo. Parlategli, guardatelo, raccontategli qualcosa. So che può sembrare strano, ma serve a far prendere confidenza all'animale con la vostra voce, il vostro odore e il modo in cui vi muovete. Ciò che si conosce non spaventa e quando avrà familiarità con voi sarà di sicuro più docile e rilassato. Non toccate mai un gatto arrivando dall'alto con la mano, egli percepisce questo gesto come una minaccia. Se volete accarezzarlo, fategli prima annusare la vostra mano tenendola all'altezza del suo naso. Poi, provate ad accarezzarlo alla base della coda, dove termina la schiena. Non insistete troppo, usate un tocco delicato e breve, che non sia fastidioso per lui. E' molto importante, per i gatti, avere a che fare con persone equilibrate e serene.
Curare una colonia felina non significa mettere i gatti al centro della propria esistenza. Chi accudisce i gatti perché ha delle mancanze affettive o si trova senza interessi investe l'animale di una responsabilità eccessiva. Nessun animale è nato per sostituire un marito, un figlio, un amico, un fratello, un lavoro o un hobby. E' ingiusto verso di loro e verso noi stessi dare loro questo compito ingrato. Perciò, facciamo tutto nel migliore dei modi perché i gatti stiano bene, ma non pensiamo a loro 24 ore al giorno. I momenti trascorsi con i nostri amici a quattro zampe devono essere piacevoli e rilassanti, e ciò accade solo se questi momenti non sono il centro della nostra vita, ma episodi positivi che ci distraggono dai problemi che abbiamo. Per interagire con un gatto bisogna "rubargli" un po' del suo epicureismo. Si deve essere capaci di aspettare e pazientare, senza guardare l'orologio o sbuffare, ma apprezzando ciò che abbiamo intorno mentre accudiamo i nostri mici. Un raggio di sole, una brezza di vento, il volo di una farfalla, l'odore delle piante, i colori di un fiore, esattamente come fanno i gatti. Solo così si può entrare in comunicazione con questi meravigliosi animali.
4
4-Storie di gatti di colonia: Robin
Robin lo abbiamo conosciuto quando ancora era solo un pensiero. Maia veniva corteggiata da Dennis con una costanza che ricordava un'opera di Shakespeare...non per nulla lei stava sul muretto e lui sotto, come a chiederle di ascoltare le sue parole. Alla fine, Maia capitolò alle avanches di quel gattone arruffato e acciaccato, e ben presto la sua pancia si gonfiò. A gravidanza già avanzata, non ce la sentimmo di farla sterilizzare: avevamo la situazione sotto controllo, c'erano pochi gatti, e poi...poi non lo so, ma era come se avvertissimo che quei gattini dovevano nascere, perché erano destinati a qualcosa di speciale. Accarezzavamo la pancia di Maia e sussurravamo "Qua dentro c'è Robin". Era un bel nome, adatto sia a un maschio che a una femmina. Il 2 aprile 2011 vedemmo Maia camminare senza pancia. I ragazzi della ditta accanto alla colonia ci dissero che uno dei gattini era nato in uno scatolone, poi la gatta lo aveva preso e portato oltre l'argine, dove aveva partorito gli altri. La videro mentre allattava, sul prato, e ci informarono che erano nati quattro bei micetti. Ma arono i mesi e dei piccoli nessuna notizia. Fino al 6 agosto 2011, quando udimmo un debole "miao" e ci avvicinammo al piazzale dove erano in sosta i motorini della ditta di consegne. Da uno dei cestini anteriori spuntarono due orecchie bianche e un paio di occhi verdi: un micino di 4 mesi ci fissava con aria perplessa. "Robin!" Esclamammo. Il gattino scese, si mise vicino a babbo Dennis e mangiò dal piattino che gli avevamo messo accanto, un po' impaurito ma anche incuriosito da noi. Era un bellissimo micio bianco e nero, molto snello, con uno sguardo davvero intelligente.
Dopo pochi giorni uscirono allo scoperto anche i tre fratellini: un maschio e due femmine, che chiamammo Star, Kokò e Sake. I gattini se ne restavano oltre l'argine del fiumiciattolo, saltandolo solo per venire a mangiare. Capimmo presto che Robin era il leader del gruppo, e iniziammo a fare con lui lunghe chiacchierate. Gli dicevamo spesso "Robin, ma che belle orecchie bianche che hai", lo elogiavamo quando prendeva qualche iniziativa, gli parlavamo tantissimo. E facevamo progressi ogni giorno. Dapprima, ci seguiva con lo sguardo quando andavamo via. poi iniziò a restare vicino a noi anche dopo aver mangiato. Infine, il 10 dicembre 2011, si lasciò accarezzare. E quello fu il giorno della svolta. Robin divenne affettuoso, socievole e mansueto. Ci seguiva ovunque, nelle due basi della colonia: quella in strada e quella nel piazzale delle ditte. Se pioveva, saliva in macchina ad asciugarsi. Aveva rispetto degli altri gatti e amava le persone. Quando l'inverno diventò freddo, restò ai casottini per aiutare i "Danielini", che erano nati da pochi mesi. Era, insomma, un micio speciale. Robin era diventato l'essenza stessa della colonia. Quando arrivavamo era già lì, oppure usciva non appena pronunciavamo la lettere "rrrr". Era molto più maturo della sua età, e la bella Danielina si innamorò perdutamente. Stavano sempre insieme, quei due, sembravano una vera e propria coppia. ò un inverno molto freddo, arrivò la primavera e decidemmo di far castrare Robin. Lo facemmo a spese nostre, perchè il comune in quel momento non aveva posti liberi per i maschi. Così Robin fu operato, chippato e andò qualche giorno in stallo da Silvia e Saverio, i quali erano sorpresi di trovarsi davanti un micio di colonia tanto socializzato. Eravamo felici, con Robin. Dopo la degenza era ancora più bello di prima, con il pelo morbido e lucido, le orecchie pulite e quell'aria saggia e seria che lo rendeva unico. Ma il 21 giugno 2012 Robin, all'improvviso, scomparve. Avevamo appena visto i suoi cuccioli e lui non si trovava. I gatti spariscono, cambiano colonia, si spostano, è normale, ma tutto ciò per Robin non valeva. Robin era nostro! Non
ci avrebbe mai lasciate, non avrebbe mai piantato la Danielina e i suoi piccoli...no, Robin non poteva essersi allontanato di sua iniziativa. Da una parte, il fatto che avesse il chip ci tranquillizzava: se fosse stato trovato morto, oppure se qualcuno lo avesse portato da un veterinario, saremmo state avvisate. Però non capivamo cosa potesse essere successo. Tappezzammo tutta la zona di volantini, andammo da tutti i veterinari di Firenze, facemmo appelli su Facebook e sui giornali, non ci arrendevamo. Pur essendo animal communicators, non potevamo parlare con lui perché eravamo troppo coinvolte. Lo fece Valeria, la nostra insegnante, ma vide solo che era in una casa, protetto ma molto triste. Quell'estate fu pazzesca: ci chiamava tanta gente ma i gatti avvistati non erano mai Robin. Iniziavamo a perdere le speranze. Ci mancava, ci mancava ogni volta che andavamo alla colonia, la sua assenza faceva tanto male che quasi si poteva toccarla. Non era più la stessa cosa, senza di lui. E anche i suoi fratelli sentivano un vuoto, lo facevano capire... Il 17 settembre perdemmo una persona a noi molto cara, portata via in un mese da una malattia fulminante. La sera mia sorella formulò un veloce pensiero: "Robin, sarebbe il momento di tornare" Due giorni dopo andammo al funerale, e la mattina seguente al funerale a riprendere un libro che avevamo dimenticato in chiesa. C'era un gatto bianco e nero, dentro al campo di basket, che ci fissava. Avvertimmo un brivido, ed entrambe pensammo: "E' un messaggio di Robin" Il tempo di tornare a casa e ci arrivò una mail della nostra amica Stefania, la quale ci informava: "Da lunedì (il giorno del lutto improvviso) c'è un gatto qui nel piazzale di Ferragamo dove lavoro io, è uno dei vostri?" Allegò la foto e per poco non ci sentimmo male: quello era Robin! Ci precipitammo a riprenderlo, con il cuore in gola...e quando lo vedemmo
scoppiammo a ridere tra le lacrime: certo che era stato in una casa, era diventato un ciccione! Lo portammo subito in colonia e suo fratello Star corse verso la macchina, chiamandolo; era una scena commovente. Restammo per un po' lì con i gatti, tutto sembrava tornato come prima... Ma non era così. Stefania ci avvisò che Robin era di nuovo da Ferragamo. Là non poteva restare: era pericoloso per lui e se entrava nella mensa rischiava di far prendere una multa a chi glielo aveva concesso. Del resto, se lo avessimo portato in colonia, sarebbe potuto sparire di nuovo. Così, una delle dipendenti si diede da fare e trovò per lui un'ottima adozione. La storia di Robin, iniziata in uno scatolone di una ditta, si concludeva così in una villetta sulla colline, con un uliveto intorno, dove una famiglia si innamorò di lui. Sapevamo che ci sarebbe mancato tanto, tantissimo, ma eravamo felici che andasse a stare bene. E nei tre anni successivi, quando siamo tornate a trovarlo, ci ha riconosciute e ha fatto con noi ciò che faceva alla colonia: buttarsi a terra, prendere qualche carezza, rialzarsi, fare due i e ributtarsi giù. Poi ci fissava, con quegli occhi verdissimi e luminosi, ed era come se ci dicesse: "Non vi dimenticherò mai" Nemmeno noi potremo mai dimenticarlo. Robin che già toccavamo prima ancora che nascesse, Robin il leader, l'amico, colui che ci aveva fatto piangere e soffrire e poi sorridere. Robin che era tornato da noi nel momento in cui avevano più bisogno per farci capire quanto anche lui ci amasse.
5
5-Come organizzare al meglio il volontariato
Tutti abbiamo i nostri impegni. C'è chi ha orari di lavoro proibitivi, che deve seguire i figli, chi non ha la macchina o la patente. Per potersi dedicare al meglio a una colonia felina il segreto è: tante persone per poco tempo. Ognuno di noi ha un turno, massimo due la settimana. In questo modo nessuno deve fare troppi sacrifici. Spargete la voce tra amici, parenti, colleghi, e se non basta cercate un aiuto sui social networks. La maggior parte dei volontari che curano la nostra colonia li ho trovati tramite un appello su Facebook. Per curare al meglio i gatti non basta portare loro da mangiare. Vanno anche catturati per essere curati o sterilizzati. Una volta trovate le persone, fate una colletta e comprate una gabbia trappola: costa meno di 40 euro, qui a Firenze si può anche prendere in prestito dall'ufficio tutela colonie feline del comune, ma è meglio averne una di proprietà, per ogni possibile emergenza. All'interno del nostro gruppo ognuno usa al meglio le sue capacità: c'è chi è bravo a catturare i gatti, chi si occupa della manutenzione dei casottini, chi gestisce la pagina Facebook e chi scatta foto e fa video. Nessuno deve sentirsi mai in obbligo di fare qualcosa, certo, provarci non costa nulla, ma tutti conosciamo i nostri limiti. Chi non copre i turni per portare le pappe ai gatti può rendersi utile in molti altri modi. Un amico con una casa spaziosa può offrirsi per fare gli stalli dei gattini in attesa di adozione o dei gatti convalescenti.
E se conoscete persone con ottime doti dialettiche, potete arruolarle per darvi una mano in caso di raccolta cibo presso i negozi. Le raccolte sono davvero utili per mettere insieme un po' di scorte e difficilmente il negoziante vi dirà di no: ha anche lui il suo tornaconto se la gente spende di più. Sapersi organizzare è fondamentale per svolgere al meglio il volontariato. E ovviamente, più contatti si hanno e più è facile trovare le persone adattea svolgere i vari compiti. Non abbiate mai paura di chiedere; al massimo otterrete un "no", ma cosa avete da perdere? Una buona collaborazione tra le persone fa bene anche ai gatti, perciò non vi limitate a lamentarvi se avvertite un peso eccessivo sulle vostre spalle, ma datevi da fare e coinvolgete gli altri. Non fateli mai sentire "obbligati", chiedete una mano solo se capite che sono convinti di volervela dare.
6
6-Storie di gatti di colonia: gli Inglesini
La sera in cui, arrivando alla colonia, vedemmo un "affarino" scuro scappare dietro la rete, ci chiedemmo: "Di chi sarà?" A tutto pensavamo meno che Danielina, che aveva appena nove mesi, fosse già diventata mamma. Ma il suo atteggiamento era inequivocabile: sfilò davanti a noi con il "cosino" e altri due cosini che la seguivano come ombre. Erano tre micetti di circa un mese, nati presumibilmente verso metà maggio. Li osservammo meglio. Uno dei tre era tigrato molto scuro e a pelo lungo come la mamma. Un altro era tutto grigio e con la coda pelosa. Il terzo era tigrato e con un visetto indisponente. Li chiamamamo Shaki, Piqué e Terry. Le vacanze si avvicinavano e prima di partire volevamo aver catturato i tre piccoli, per poi poter pensare all'adozione a fine luglio, tornate dal mare.Una nostra "amica", che chiameremo S, si era offerta da molte settimane per tenerli in stallo, così la contattammo: stava andando a Parigi, ma al ritorno...certo che li avrebbe presi! La nostra volontaria Stephanie si propose per tenerli fino al ritorno di S. In seguito, le due si sarebbero incontrate mentre noi eravamo al mare: era tutto studiato nei dettagli. Catturammo per primo Terry e pochi giorni dopo Shaki. Ma Terry iniziò a fare il diavolo a quattro a casa di Stephanie: pareva addirittura che volesse strappare la zanzariera e gettarsi dal sesto piano! Così, il giorno in cui catturammo Piqué, andammo a riprenderci anche gli altri due. Non capivamo come mai Terry fosse tanto agitato. Beh, in seguito lo avremmo capito!
Mia sorella sistemò i gattini nel suo ufficio. Era uno stallo provvisorio, così chiamai S non appena fu tornata e fissai per portarglieli il mercoledì: tre giorni prima della nostra partenza per le vacanze. Il giorno dell'appuntamento la sentii al pomeriggio e tutto sembrava normale. Così, verso le 19, mia sorella mise i micini nei trasportini e partimmo verso l'uscita autostradale di Impruneta. Da Campi Bisenzio a quell'uscita occorrono circa 40 minuti, percorsi coi cuccioli in macchina sotto un sole cocente... Arrivate al casello, chiamai a casa S, che mi rispose con un tono affranto: "Scusami, ho lasciato il cellulare in ufficio, non sapevo come rintracciarti, però ti avevo scritto su Facebook" Eh già...peccato che io avessi spento il pc un'ora prima!! Ecco ma per esempio, chiedere il mio numero a una delle tante amiche comuni non era una soluzione che il suo cervello avesse contemplato? In ogni caso, saltai questo o e chiesi: "Ma perché? C'è qualche problema?" "Sì" Rispose lei "Mio marito mi minaccia che se stallo i gattini lui va a dormire in stazione" Ecco...io davo per scontato che lei, al marito, lo avesse chiesto molto prima, quando si era proposta per lo stallo. Ma imparai a non dare nulla per scontato con certe menti "geniali"! Così eravamo lì, tre giorni prima di partire, con tre micini sofferenti per il caldo, senza sapere cosa fare. La prima telefonata la facemmo a Giulia, che si era limitata a dire: "Forse poi prendo un gattino" "Ti stiamo portando un gattino" Furono le nostre parole. E mentre andavamo a casa sua chiamammo i nostri amici Silvia e Saverio, supplicandoli di tenerci due micini almeno per una notte. Loro accettarono, ma stavano per uscire. Col fiato in gola, giungemmo sotto casa di Giulia e scegliemmo al volo il primo gattino da tutelare: decidemmo per Piqué, il più timido, il più pauroso, che poi si rivelò la femmina del trio. Allungammo a Giulia il trasportino e ci precipitammo da
Silvia e Saverio. Adesso, i mici erano salvi e di colpo un pensiero ci attraversò la mente: "E se fosse toccato a Stephanie incontrarsi con S ? Lei ha meno contatti di noi, meno esperienza...si sarebbe trovata nella merda e avrebbe dovuto riportare i gattini in colonia!" Ecco perché Terry aveva fatto il matto: lui sapeva che le cose dovevano andare in un altro modo. Era davvero uno stregatto! Mentre tornavamo a casa, telefonammo a Marco e Manuela, due amici di vecchia data, che avevamo mostrato interesse per Shaki. Anche in quel caso, non usammo giri di parole: "Se volete ancora il micino, domani sera ve lo portiamo!" La sera seguente, andammo a Scandicci a prendere Shaki e da lì alle Croci di Calenzano, dove lo aspettava la sua nuova famiglia. Fu chiamato Lionel Andrès detto "Leo" come Messi, essendo Marco un tifoso del Barcellona. Terry era ancora da Silvia e Saverio. Non sapevamo davvero cosa ne sarebbe stato di lui. Silvia ci trovò uno stallo da una ragazza di nome Anna, che lo avrebbe tenuto fino al nostro ritorno nella camera delle figlie che in quel periodo erano in vacanza. Andò a prenderlo la nostra mamma, lo portò da Anna e intanto tutte ci stavamo muovendo per cercargli un'adozione. La sola persona che si fece viva, lo tenne un'ora e poi lo rimandò indietro perché "non interagiva". Noi seguivamo la vicenda dal mare, per telefono, e ogni giorno la speranza di trovare una casa a Terry diminuiva. Quando tornammo, tornarono anche le figlie di Anna, e lei a malincuore dovette mandare via Terry. Lo prese Claudia, una delle nostre volontarie. Eravamo allo stallo numero sei: Stephanie, ufficio, Silvia e Saverio, Anna, tipa che lo aveva rifiutato, Claudia. Quel povero micino sembrava davvero sfortunato, ma noi non mollavamo. Lo dovevamo alla Danielina, a Robin che nel frattempo era scomparso, a Terry stesso, che con i suoi colpi di testa aveva salvato se stesso e i fratelli...ci impegnammo in tutti i modi ma
sembrava che nessuno lo notasse! Poi, un giorno, ci scrisse una ragazza di nome Mayla, di Terni, su Facebook. Voleva Terry, sarebbe venuta fino a Firenze a prenderlo! Inutile descrivere la nostra gioia, mentre la aspettavamo. Ebbe anche molti contrattempi, le si ruppe la macchina ma rimediò un aggio e arrivò; per fermarsi solo un'ora, per prendere il suo cucciolo e tornare a casa. E quando Terry e Mayla si guardarono negli occhi per la prima volta, si "videro" davvero. Tutto ciò che c'era intorno scomparve: esistevano solo loro due. In quell'istante sbocciò un grande amore: Alla fine, anche Terry aveva trovato una mamma tutta per lui. I tre figli di Danielina e Robin, ora, avevano tutti e tre una famiglia. Le vicissitudini ate erano solo un ricordo: il viaggio sotto il sole, la cara "amica" che li avrebbe ributtati in mezzo a una strada, gli stalli...erano pronti a una nuova vita. Shaki-Leo, Piqué e lo "stregatto" Terry sarebbero stai tre gatti di casa ben nutriti e ben curati. Come desideravano i loro due splendidi genitori.
7
7-Come mantenere sani i gatti di una colonia
I gatti che vivono all'aperto possono andare incontro a molti problemi di salute. I più comuni sono le ferite da lotta per i maschi, i parassiti e le patologie da raffreddamento. E' praticamente impossibile far assumere un medicinale a un gatto di colonia, così come pensare di disinfettarlo o somministrargli regolarmente l'antipulci. Alcuni gatti, quelli più docili, si avvicinano e a quel punto con un gesto veloce si riesce, ogni tanto, a curarli. Ma ci sono altri che scappano, e se non sono feriti in modo grave non si catturano. Prima di tutto perchè il comune ha fondi limitati. Se ognuna di noi portasse dal veterinario un gatto ogni volta che ha una ferita, non ci sarebbero più soldi per curare quelli davvero in pericolo. Inoltre, un gatto che è già stato catturato una volta diventa sospettoso nei confronti della gabbia trappola e si rischia di non riuscire più a prenderlo, neanche quando avrà davvero bisogno di assistenza. In commercio c'è un antibiotico che per i gatti ha un sapore gradevole: il Synulox. Noi lo sbricioliamo nel piatto all'inizio dell'inverno, come profilassi. Ovviamente si deve tener conto del peso dell'animale, e riuscire a farlo assumere a tutti non è facile, ma vale la pena comprarlo e tentare di darlo a più gatti possibile. Lo si somministra anche in caso di gatti feriti, o ai gattini in crescita. Gli antiparassitari che ci sono in commercio sono piuttosto costosi e per coprire tutta una colonia la spesa è davvero alta. Noi abbiamo rimediato acquistando l'olio di Neem. Una boccetta costa meno di 20 euro e dura a lungo. Questo estratto, proveniente da un albero indiano, ha moltissime proprietà. Combatte ogni tipo di parassiti, dalle zecche alle pulci, ed anche un ottimo antifungino, antibatterico e antisettico. E' utilizzabile anche sull'uomo: noi lo usiamo per proteggerci dalle zanzare quando
andiamo alla colonia, ma anche per cicatrici, scottature e molto altro. Non essendo un medicinale non ha controindicazioni, perciò non esiste il pericolo di sovradosaggio. All'arrivo della stagione calda, noi spruzziamo l'olio di neem, mischiato ad acqua dentro un apposito erogatore, all'interno dei casottini, per tenere lontani gli insetti. L'odore non è gradevole, ma si può ovviare a questo problema aggiungendo qualche goccia essenziale di lavanda. Se possibile, è meglio applicare l'olio dietro il collo, dove il gatto non arriva a grattarsi. E nel caso di zecche, direttamente su di esse: è capitato che la zecca sparisse dopo una sola applicazione.
8
8-Storie di gatti di colonia: Danielina
Che Camilla avesse avuto dei gattini lo scoprimmo alla fine di ottobre del 2011. Venne a mangiare assieme a una micina bianca e grigia, che catturammo subito e facemmo adottare. Ma eravamo sicure che non fosse da sola, e infatti, circa un mese dopo, vedemmo quattro musetti dietro alla rete, molto lontani dai casottini. Chiamammo i cuccioli i "Danielini" e tentammo in ogni modo di farli avvicinare, ma non riuscimmo nell'intento. Le settimane arono e a dicembre ci arrendemmo: erano ormai troppo grandi e per nulla socializzati, impossibile farli adottare. Col tempo, i piccoli iniziarono a farsi vedere meglio. Erano un maschio e tre femmine: Dani Mou, Dany Grey, Danielina e Dany Ruby. In particolare, Danielina era abbastanza socievole. Non si lasciava toccare ma nemmeno scappava. Ed era bellissima: grigia, con un pelo lungo e folto e occhi verdissimi. Dany Grey sparì pochi mesi dopo, rimasero gli altri tre. Intanto, Danielina prendeva confidenza. Iniziò a venire più vicina e quando prese a fare coppia con Robin accettò le prime carezze. Era davvero buffa: le facevamo i grattini tra la schiena e la coda e lei partiva a "zampettare", in una specie di ballo di gioia, tanto che ogni volta che lo faceva noi cantavamo "Waka Waka". A giugno del 2012 partorì, e siccome era molto giovane dimagrì tantissimo. Le davamo cibo per gattini, le portavamo da mangiare più volte al giorno, insomma cercavamo di farla riprendere. E non appena il comune ci assegnò una sterilizzazione decidemmo che toccava a lei: non era proprio il caso che avesse altri gattini. Il veterinario a cui ci rivolgevamo di solito era in ferie. Andammo da un altro, ma la gatta non gradì: al ritorno in colonia era diventata scostante e irritabile,
non si faceva più toccare e restava lontana da noi. Ci toccò ricominciare tutto da capo. Recuperare la sua fiducia fu un lavoro lungo, ma finalmente, a dicembre del 2012, ci si "concesse" di nuovo. Salì sui tetti dei casottini, mimò un accenno di "Waka Waka" e capimmo che non era più arrabbiata con noi. Dopo che Robin era stato adottato, Daniela divenne, assieme a Maia, il simbolo della colonia. Era una micia molto tranquilla, pacata, e il suo pelo diventava sempre più folto. Il problema, però, era proprio il pelo: Danielina si incastrava nei rami, tirava su spini e foglie, e spesso le si formavano dei nodi giganteschi, che le causavano fastidio. Poiché era di carattere docile, decidemmo di provare a farla adottare: era un tentativo. Se non fosse andato a buon fine l'avremmo riportata in colonia. Mettemmo l'appello su Facebook alla fine dell'estate del 2013, e poco dopo ci rispose Laura, che aveva visto la foto di Daniela e si era innamorata. Fissammo per farle conoscere e lei venne a vederla: sì, le piaceva, la voleva, voleva darle questa possibilità. Ci organizzammo per catturarla e per trovarci con Laura, che abitava un po' lontana da Firenze, nel Mugello. Il giorno in cui prendemmo Daniela, avevamo le lacrime agli occhi: era nata lì, era sempre stata lì, Era il sole delle nostre giornate quando arrivavamo alla colonia, era la nostra ballerina di "Waka Waka", e adesso stava per andarsene per sempre...ma lo facevamo per lei: era una gatta speciale, meritava una chance. Non fu facile, per Laura, addomesticare Daniela. I primi tempi, i gatti adulti abituati all'aperto vanno tenuti in un luogo piccolo, per farli ambientare e non rischiare che scappino. La micia era triste, perchè si sentiva sola e prigioniera. Laura iniziò a chiedersi se non fosse il caso di riportarla in colonia, perché non reggeva quello sguardo disperato. Ma noi insistevamo: "Tieni duro" Dal bagnetto, l'area di azione di Daniela fu poi estesa fino a tutta la taverna. Le furono presentati gli altri mici di casa e lei ritrovò un po' di serenità. E finalmente, a primavera, poté uscire in giardino e godersi la campagna che circondava per chilometri la casa di Laura.
Adesso, la nostra Danielina è felice. Ha prati sconfinati in cui correre, ma anche carezze, coccole, cure, vaccini e ogni tipo di assistenza. E il suo pelo lungo è finalmente setoso, liscio, libero dai nodi. E' una principessa viziata ma adorabile.
9
9-Difendere la colonia dalle minacce
Può capitare che una colonia felina, specie se situata vicino ad abitazioni, crei malumori nelle persone che non amano i gatti. E' perfettamente inutile cercare di instillare tolleranza e intelligenza là dove non vi è cervello. Potremmo rispondere in tanti modi, per esempio "Anche a me danno noia i tir che ano/ le persone che urlano la mattina alle 6/ coloro che buttano cartacce per strada...ma devo avere pazienza!". Chi si scaglia contro una colonia è un individuo con grossi problemi, le cui facoltà mentali sono assai limitate. Spesso si sente dire che i gatti accuditi sono "snaturati" dal loro compito in natura, ovvero uccidere i topi. Si tratta di gente che è rimasta indietro più o meno di 70-80 anni, alla quale si potrebbe rispondere che l'automobile impedisce all'uomo di camminare anche se le sue gambe sono state create per quello..ma non vale la pena replicare. Come ho scritto, si tratta di elementi con cui ragionare è impossibile. Il primo o per tutelare un gruppi di gatti libero è quello di censire immediatamente la colonia, che viene riconosciuta ufficialmente ed entra così sotto la tuela del comune dove si trova. Una colonia regolarmente registrata è protetta dalla legge 281/91, che vieta ogni tipo di maltrattamento. Ogni danno causato alla colonia felina è un danno diretto al comune, e sono previste pesanti sanzioni per chi commette questo reato. Altro discorso per il quale a volte si sbatte contro un "muro" è quello della sterilizzazione. Esistono persone che si proclamano contrarie e che la ritengono una violenza sugli animali. Anche in questo caso, è inutile ribattere con argomentazioni valide: il gatto sterilizzato non soffre affatto, viene protetto dai
tumori, si rasserena ed è più equilibrato, per ogni gatto lasciato intero e pronto a procreare ci sono decine di gattini che muoiono o finiscono in gattile, non ce ne frega nulla se "una volta" non si faceva, una volta per pisciare dovevi andare in cortile... Non capiscono, mai, meglio lasciar perdere, annuire e quando non sono nei paraggi catturare e operare il gatto. Per proteggere al meglio una colonia si deve essere un po' "falsi" e ruffiani al massimo. Arrivare allo scontro è controproducente e mette in pericolo gli animali. Se proprio si crede che ci sia una persona che può essere pericolosa, una bella visita delle guardie zoofile, con un chiaro prospetto delle conseguenze che un atto rivolto contro la colonia può portare, dovrebbe bastare a chiudere la questione.
10
10-Storie di gatti di colonia: Friday
A volte, ci sono delle mamme che si rivelano molto ostili verso noi volontarie. E' il caso di Dany Ruby: a giugno 2013 aveva partorito i cuccioli "schini", nascondendoli dentro al cortile di una ditta, lontani da noi. Fortuna volle che Claudia abitasse proprio sopra la ditta in questione, e che ci informasse dell'esistenza dei gattini, che riuscimmo a catturare. Pochi mesi dopo, c'eravamo di nuovo. Dany Ruby aveva fatto tre micini e li teneva dietro la rete, nel campo. Ci guardava con aria di sfida e ci controllava. Uno dei tre: Monday, scappò dal suo controllo e non appena si avvicinò lo catturammo e lo facemmo adottare. Ma la gatta continuò a tenere nascosti gli altri due: uno più robusto bianco e tigrato e uno minuscolo grigio e bianco, che riuscimmo a fotografare ma non a prendere, l'unica volta che lo lasciò uscire. Intanto, stava arrivando il freddo. Così una domenica mattina io, Roberta e la ex volontaria sca andammo alla colonia decise a stanare i gattini. Un'amica che abitava nei paraggi ci fornì la scala, Roberta scavalcò la rete e iniziò a cercarli. Io la seguivo da fuori e intanto sca controllava la zona dei casottini. Ad un tratto, ci chiamò: "Ehi, uno dei gattini è qui, ma mi pare che stia male!" Ci precipitammo, e riconoscemmo il piccolo grigio e bianco, che avevamo chiamato "Friday". Era disteso su un fianco e respirava a fatica. Era inerme, sembrava già morto, ma osservandolo bene si notava quel debole alzarsi e abbassarsi del torace...dovevamo provare a salvarlo! Ci guardammo intorno: Dany Ruby stava mangiando, tranquillissima, col micino
agonizzante a pochi i. Non era un bel segno che la mamma lo avesse già abbandonato. Tuttavia, volevamo provare a salvarlo. Ci recammo dall'unico veterinario della colonia aperto la domenica, e lui, quando vide il gattino, scosse la testa e ci disse di prepararci, perché era quasi certo che non ce l'avrebbe fatta. Ci disse anche che era una femmina. C'era un filo di speranza esile esile, ma dovevamo aggrapparci a quello: Friday aveva già una mamma che la aspettava, una vita già pronta da vivere con Jessica, che si era innamorata di lei. Così, attendemmo fino al lunedì mattina. Quando telefonammo, il veterinario ci diede la notizia: Friday non ce l'aveva fatta. Era morta senza soffrire, tra le braccia della giovane assistente che la accarezzava. Almeno, non se n'era andata là in strada, da sola, al freddo. Era una magra consolazione, ma non avremmo potuto fare di più. E quando il terzo fratello: Sunday, fece per avvicinarsi a noi, la mamma lo prese, si sedette sopra di lui e poi lo portò lontano. Non lo trovammo più. Dany Ruby vedeva in noi, non sappiamo il perché, un pericolo. Ovviamente fu sterilizzata appena possibile, e dopo cambiò atteggiamento e divenne più dolce. Non scorderemo mai la piccola Friday, i suoi occhioni bellissimi sono impressi per sempre nella nostra mente. Il destino non ha voluto concederle una possibilità, non ha voluto farla diventare la miciona bellissima in cui prometteva di trasformarsi. Ma, seppure per poche ore, è stata amata e accarezzata. Il nostro piccolo angelo grigio-bianco adesso protegge gli altri mici dal ponte dell'arcobaleno.
11
11-L'adozione intelligente
Partendo dal presupposto che è umano sbagliare, si cerca sempre di scegliere al meglio gli adottanti a cui affidare i gatti. Criticare col senno di poi è inutile: gli errori fanno crescere, formano l'esperienza. Col tempo se ne commettono sempre meno, ma come leggerete nelle due storie successive, all'inizio sono molto frequenti. Chi non fa non falla, è proprio vero: per sbagliare si deve aver tentato. Tuttavia, dopo tanti anni e tanti errori, si sviluppa un istinto quasi animale verso le persone che fanno richiesta di adozione. Questo, unito alla razionalità sviluppata nel tempo, consente di evitare pericolosi i falsi. Partiamo parlando dei gattini. Un gattino è adottabile più o meno dai 90 giorni di vita fino ai 3 mesi. Se è stato catturato e messo in stallo in una casa i tempi possono anche allungarsi, ma nel caso di cuccioli rimasti in colonia e senza interazioni con gli umani, dopo le 12-13 settimane è un grave rischio darli in adozione: potrebbero avere e creare molti problemi. Quando si riceve una richiesta di adozione, si deve sempre specificare che essa avverrà con modulo da firmare, controllo pre e post affido e obbligo di sterilizzazione. Questa è già una prima scrematura: se si nota che la persona tentenna, forse ha qualcosa da nascondere e si a oltre. Ogni associazione e ogni gruppo di volontarie ha le sue regole nella scelta dei possibili adottanti. Noi preferiamo non porre limiti ambientali: c'è chi tiene il gatto solo in casa e chi lo fa uscire, non siamo noi a dover dire alla gente come crescere un gatto. Chiaramente, se si dà un gatto a qualcuno che ha lo spazio esterno, ci si raccomanda di seguire i i in modo scrupoloso, tenendo il gattino prima in una piccola stanza, poi un'area più estesa,
in seguito in tutta la casa e infine in giardino, dapprima con una pettorina e poi libero. Ci è capitato di far adottare alcuni gattini fuori dalla Toscana. Noi abbiamo avuto fortuna perché a Terni avevamo una delle nostre volontarie che vi si recava spesso e a Novara la persona che ha adottato il micio era amica di un'amica carissima. Nel caso in cui voleste dare un gattino in zone che non frequentate, informatevi presso le associazioni locali e chiedete che facciano loro i controlli. Alcuni camli di allarme che possono frenare l'iter dell'adozione sono universali. Se si sente dire che si prende il gatto perché "Il bambino lo vuole" o perché "Ho una vita vuota", è bene fermarsi immediatamente. Ancora peggio il caso in cui lo chiedano per "fare una sorpresa a unamico/parente/collega". Il gattino deve essere voluto da tutta la famiglia e dopo attenta valutazione dei pro e dei contro. Affidare un cucciolo a una persona anziana è un'altra situazione da studiare bene. Si sa che i cuccioli sono bellini, ma ovviamente se una persona di 80 anni chiede un gattino di due mesi è facile che l'animale le sopravviva. E allora, cosa succede? C'è un familiare disposto a firmare per assumersi la responsabilità di adottare il gatto del parente? In caso contrario, noi rifutiamo, e casomai cerchiamo di indirizzare la scelta verso un gatto adulto, magari in attesa al gattile, che tra l'altro per un anziano è più semplice da gestire. Gatti adulti: territorio scottante! Esistono delle volontarie che hanno addosso l'ansia di "liberare la colonia" mettendo in adozione tutti i gatti. Non è un comportamento intelligente. Se un gatto è sano può vivere senza problemi all'aperto. Mettendo in adozione gatti con caratteri selvatici, non solo si rende l'animale triste e confuso, ma si creano seri problemi a chi lo ha preso. E' sempre bene osservare il comportamento dei gatti prima di decidere di cercare casa a uno di essi dopo i 5-6 mesi. Se c'è un micio particolarmente dolce, mansueto e socievole con le persone, si può tentare di metterlo in adozione, seguendo i primi i e aiutando l'adottante a compiere la fase dell'ambientamento. In caso di gatti che non si fanno toccare, che scappano, che esprimono principalmente il proprio lato selvatico, è rischiosissimo farli adottare. In un appartamento l'animale potrebbe soffrire di nevrosi e depressione, in un'area aperta potrebbe scappare o perdersi.
Se non avete esperienza con le adozioni, chiedete un consiglio a chi è da più tempo in questo campo. Meglio, sempre, fare una domanda in più che una in meno.
12
12-Storie di gatti di colonia: Pippi e Deki
L'inesperienza causa incidenti, e purtroppo a rimetterci sono i gatti per i quali si cerca di fare del nostro meglio. Seguivamo la colonia da nemmeno un mese, eravamo solo io e mia sorella, coadiuvate da un signora che lavorava lì vicino. Non sapevamo ancora nulla di come si gestisce quel tipo di realtà. Eravamo in buona fede ma totalmente vergini in quel settore. C'erano due gattine piccole: una sui 2 mesi, tipo siamese e una tigrata sui 4 mesi. Siccome stavano sempre insieme, volevamo che qualcuno le adottasse entrambe. Ci rispose una certa E, l'unica di tutti coloro che ci avevano scritto a proporsi per la doppia adozione. Riuscimmo a catturare solo la Pippi, la siamesina, perché la Deki, che era più furba, si prese gioco della nostra totale inesperienza con la gabbia trappola. E sembrava una persona per bene. Non appena ci incontrò piagnucolò sul micio che le era morto da poco, e disse di sé che amava tanto gli animali e faceva qualunque cosa per loro. Ora, sappiamo che chi parla troppo bene di sé è da evitare, ma in quel momento ci sembrò adatta a prendere la Pippi. Poco dopo che aveva adottato la gattina, ci informò che era scappata. Io cercai di essere paziente, misi annunci ovunque sul web, lavoro che sarebbe toccato a lei, le dissi di cercare dappertutto, ma dentro di me mi stavo già pentendo di avergliela data. Pippi tornò, con grande sollievo della figlia di E. Poi scappò di nuovo poco dopo essere stata sterilizzata. E mi scrisse, con tono divertito "E' andata nella legnaia del vicino". Io le risposi di andarla a prendere, ma poco dopo lei mi informò:
"Sai, ho provato a prenderla ma mi ha graffiata, così la lascio lì" Che cosa? La abbandonava per un graffio? Decisamente E non era una brava persona. Pippi sparì anche dalla legnaia, svanì nel nulla. Chiesi aiuto a due amiche animal communicator ed entrambe mi dissero che secondo loro era morta. Era solo una conferma di quello che temevo, perchè nessuno dei vicini di E vide mai più Pippi. E mentre E continuava nella sua visione infantile della realtà e voleva immaginarsela "libera e felice che corre in un prato", io la segnalavo come cattiva adottante, augurandomi che nessuno le desse mai più un gatto. Nel frattempo, Deki era cresciuta. Aveva circa 7 mesi e ormai non pensavamo più a farla adottare, anche perchè era una gattina abbastanza vivace e spericolata. Ma nel momento in cui la catturammo per sterilizzarla, la nostra "collega" insistette che dovevamo metterla in adozione. Lei aveva più esperienza di noi, o almeno così credevamo, e postammo l'annuncio on line. Ci rispose Alessandro, che si era innamorato di quel visetto dispettoso e la voleva ad ogni costo. Noi tentammo di dissuaderlo, per capire se fosse sicuro, ma lui era più che determinato. La amò dal primo momento che la vide, nonostante lei si fosse presentata con un graffio fulmineo...ecco qual era la diffrenza tra Alessandro e E. Peccato che la Deki non avesse nessuna intenzione di vivere in una casa. Era ritrosa, scostante e nervosa. Col tempo migliorò, interagiva con Alessandro e la sua ragazza, ma l'appartamento le stava stretto. Quando lui la lasciò uscire nel cortile sul retro, la gatta sembrava più felice. Ma poi arrivò la fine dell'estate e delle porte aperte, e in più Alessandro temeva che un cane o uno dei vicini potesse farle del male quando entrava nelle loro proprietà. Richiuse le finestre, e a quel punto Deki prese a piangere, in modo straziante. Divenne irrequieta, intrattabile, miagolava di continuo in maniera disperata. Alessandro non sapeva più che cosa fare. non poteva vederla soffrire così . Ci chiamò, e noi gli spiegammo che l'unica soluzione era riportarla in colonia dov'era nata. Per lui fu un sacrificio enorme: adorava quella gatta. Mentre la portavamo via tratteneva a stento le lacrime. Ma sapeva che Deki voleva vivere libera e la accontentò.
Tornata nel posto che per lei era "casa" Deki era di nuovo felice. Riprese a correre e saltare, a catturare insetti e ad arrampicarsi sugli alberi. poi, forse trovò un posto ancora più selvaggio, perché venne a mangiare sempre più di rado, e un giorno non venne più. Pippi e Deki sono state le prime esperienze e i nostri primi erorri. Abbiamo fatto soffrire una gattina e due persone per la nostra imperizia nel valutare prima l'adottante e poi il carattere della gatta. Ma ci hanno fatte crescere, hanno aperto la strada a una conoscenza più profonda e un'attenzione maggiore nel campo delle adozioni.
13
13-Non sono sempre rose e fiori
Prendersi cura di una colonia significa anche prepararsi a momenti difficili. Quando non si riesce a catturare un gatto dopo molti appostamenti, quando spunta dal nulla una femmina "intera" e tu pensavi di averle già sterilizzate tutte, quando mancano i soldi, o gli stalli, o le adozioni, lo scoraggiamento si fa strada dentro al volontario. Ma non c'è nulla di più brutto della morte o della sparizione di un gatto. Da quando seguo la colonia, cioè da più di 4 anni, tanti gatti sono spariti, e presumo che alcuni di loro siano morti. Ogni tanto è capitato che un micio si sia rifatto vivo dopo mesi, o che qualcuno lo abbia avvistato in un'altra colonia, o addirittura in un cortile privato. Ma di altri non ho più avuto notizie. L'area in cui si estende la colonia che curo è assai vasta ed è normale che prima o poi quacuno dei gatti superi la stradina oltre l'argine e scelga la campagna circostante. Così come può succedere che un maschio vada altrove a cercare più femmine "disponibili" e meno contese. Ci si deve preparare psicologicamente a questi eventi. Dato per scontato che è impossibile non affezionarsi ai gatti, si deve essere capaci di andare avanti anche quando uno di essi scompare o muore. Io ce l'ho fatta anche nei tre mesi senza Robin, con tanta tristezza nel cuore, ma sono andata avanti. E' la vita che è così. Come ci capita che muoia qualcuno cui teniamo, o che un amico ci abbandoni, anche dopo anni, così vanno le cose anche nella società dei gatti. Il modo migliore per riuscire ad affrontare gli eventi negativi è cercare subito quelli positivi. C'è sempre qualcosa cui volgersi: un micio che di colpo si lascia toccare, uno che fa un gioco buffo, un altro che inizia a seguirti... Il mondo felino è un mondo di acrobati e di filosofi, di attori e di clown. Un gatto, prima o poi, riesce sempre a strapparti un sorriso.
Non si può non occuparsi dei gatti perchè si ha paura di soffrire. Allo stesso modo non ci si dovrebbe sposare, fare figli, legarsi agli amici. Le cose belle ci sono anche nei momenti più difficili, basta aver voglia di vederle. Mentre piangevo per Robin, all'improvviso Piqué uscì dal cespuglio ricoperta di polistirolo, con dietro Leo e Terry che le tiravano addosso i pallini...quanto fu spontanea e catartica quella risata!
14
14-Storie di gatti di colonia: vite da gattini
Chi si occupa di una colonia ha un sogno: arrivare al momento in cui non nascono più gattini. Ma non si può fare a meno di innamorarsi dei cuccioli, e mentre ci si rende conto che costituiscono un impegno in più ci si perde a guardare la loro goffa eleganza, ossimoro più che azzeccato in questo caso. I primi gattini che sono nati da quando io seguo la colonia sono stati i "Ragazzi dell'argine": Robin, Star, Kokò e Sake, e pochi mesi dopo i "Danielini": Daniela, Dani Mou, Dany Ruby, Dany Grey e la prima Ruby che è stata adottata. Gli altri dei due gruppi sono cresciuti lì, e solo Robin e Daniela se ne sono andati da adulti. Abbiamo già raccontato degli Obamini. Nello stesso periodo, mentre cercavamo adozione per loro, comparve dal nulla un gattino bianco e tigrato, con una ferita su una zampina posteriore. Era ridotto male: magro, sporco e zoppicante. La signora che ci dava una mano lo portò a casa e si adoperò per trovargli un'adozione. Lo avevamo chiamato Joe, che divenne Achille "Aki" quando una persona si innamorò di lui e decise di adottarlo. Di lui mi rimarrà per sempre il ricordo di come fissava Qitt, mentre attendevano entrambi dal veterinario, quasi invidiandolo per il suo peso sostanzioso e per la sua forma fisica! Adesso Aki è cresciuto ed è un bellissimo micione alto e lungo, e del micino bagnato e spettinato resta solo il ricordo. Dopo 7 mesi dall'adozione di Aki e degli Obamini, Dany Ruby partorì tre cuccioli nel piazzale di una ditta. Scelse un posto nascosto, nella zona interna della strada. Claudia, una delle ex volontarie, abitava proprio nel palazzo adiacente. Un giorno si affacciò e vide tre palline di pelo che giocavano. Ci avvisò, e da quella sera iniziò una serie di appostamenti, che a volte si prolungavano fino alle nove e mezza. Non potevamo entrare nella ditta,
scavalcare il cancello, né potevamo accedere di giorno perché mentre gli operai erano al lavoro i gattini stavano nascosti tra tubi, pancali, mattoni e oggetti vari. L'unico modo che avevamo per prenderli era convincerli ad uscire, e per farlo dovevamo portarli a fidarsi di noi. Era giugno, il sole restava in cielo a lungo e noi trascorrevamo ore a parlare coi cuccioli. Uno di loro era grigio e bianco e col visetto buffo, quello che chiamammo Borja e che pareva il più coraggioso. Poi c'era Taylor, bianco e nero, e Ashley (in memoria della Ashley del 2012), tutto nero con spruzzate bianche. Marilena da Novara, amica della nostra amica Chichi, ci scrisse per chiederci Ashley. Anna, colei che aveva stallato Terry, ora poteva prendere un altro micio e voleva Borja. Catturammo Ashley con la gabbia trappola e lo lasciammo da Claudia in attesa di fisssare con Marilena. Borja invece lo afferrai per la collottola appena uscì dal cancello e dopo poche ore Anna venne a prenderlo. In realtà Borja era una femmina e fu chiamata Kora. Ashley prese il nome di Bizet e partì con Marilena e la sua famiglia per Novara. E Taylor? Il terzo gattino non si faceva prendere. Avevamo un adottante in attesa e a un certo punto lo indirizzammo su un altro gatto, per non farlo aspettare troppo troppo. Nel giorno in cui lui tornò dal gattile col suo nuovo micio, la padrona della ditta riuscì a catturare Taylor. Sembrava ci avesse volute prendere in giro! Era una femmina anche lei e, mentre Claudia la teneva in stallo, la sua bambina Giada si scoprì pazza di quella micina. Giada aveva visto andare via tanti gattini, quella volta Claudia capì che la piccola e il suo fratellino avevano il diritto di tenersi un micino, e il regalo per loro sarebbe stata la piccola Taylor, che divenne Lili. I tre mici ormai sono adulti. Bizet, purtroppo, si è ammalato e non potrà guarire. Le sorelle, invece, crescono forti e robuste. Dopo la faticaccia per stare dietro ai tre schini, pensavamo che le sorprese fossero finite, per quell'estate del 2013. E invece ai primi di agosto, appena tornate dal mare, ci imbattemmo nella gatta Carrie, arrivata da poco in colonia, e nei suoi due micetti minuscoli che si aggiravano nella parte posteriore di una
ditta. Uno dei due, bianco e nero, sembrava essere cieco, perchè a malapena gli si vedevano gli occhi: dovevamo assolutamente portarlo via! Chiamammo lui Baby e il fratellino Rumba, perchè loro, per noi, erano i cuccioli "Dirty dancing". Fu ancora più difficile stabilire un contatto con questi due gattini, perché c'era un solo punto da cui potevano uscire. Per fortuna fui abile e fortunata a prendere Baby, il quale andò in stallo da sca e si rivelò sanissimo, se non per un disturbo intestinale che gli causava la calata della terza palpebra. Altro che cieco, era proprio un micio pazzo e simpaticissimo! Una ragazza di nome Raissa vide la foto del gattino su Facebook e lo volle per darlo alla sua amica Emi, che aveva una gatta traumatizzata e paurosa per la quale cercava una compagnia che la aiutasse. Così, Baby diventò Romeo e andò a vivere in una casa grande e comoda, nella quale ha una stanza tutta per sé e per la sua compagna felina. E ora toccava a Rumba. Rumba, però, non era affatto di questa idea. Sarah venne da Modena per vederlo e magari portarselo via, ma lui restò dietro il cancello, facendosi a malapena vedere. Rimase lì, e col tempo si rivelò "una Rumba", che crebbe bella, snella e sinuosa, con gli stessi occhi a mandorla del fratello. I cuccioli "Weeki" furono il canto del cigno di Dany Ruby. Monday ebbe sorte migliore di Friday: fu adottato e rinominato Vasco, ed è diventato il modello perfetto in casa di Deborah, il cui patrigno è apionato di fotografia e si diverte a immortalarlo in ogni situazione. Nello stesso periodo in cui sbucarono Monday, Friday e Sunday, venimmo avvisate che c'era un gattino nero che si infilava nel buco di scolo di una delle ditte. Dopo la morte di Friday eravamo determinate a prenderlo in tutti i modi, ma lui a malapena si affacciava nel piazzale e scappava se ci vedeva arrivare. Stavamo già abbandonando ogni speranza quando, all'improvviso, un giorno il micino, che chiamavamo Vale, arrivò fino ai casottini e uscì a mangiare. Ci sembrava tutto così facile che tentennammo un istante...poi allungai il braccio, lo presi e lo infilai nel trasportino. Vale era tutto nero e col pelo folto. E andò a fare compagnia a Terry lo stregatto,
a Terni. Mayla venne a prenderlo in dicembre, e dopo due ore lo aveva già steso addosso. Anzi, la aveva, perché si trattava di una femmina che prese nome Willow. E Terry deve averla riconosciuta come concittadina, perché gira tenendola sempre in bocca, se la porta ovunque, e qualche volta Mayla li sorprende, isolati dagli altri gatti, mentre sembra che parlino tra di loro. Quanto è magico l'animo di un gatto! Nell'agosto 2014 nacquero i micini argentini: Gonzalo, Rodrigo e Liga, figli di Carrie. Finché erano piccoli nessuno li ha voluti, perciò sono rimasti in colonia. Sono venuti su bene, molto bene, è bello vederli crescere., ma ci dispiace che non abbiano trovato una casa e una famiglia. Gli argentini erano ormai sui 3 mesi, quando catturammo Susy, una delle gatte più piccole, per farla sterilizzare. Quando arrivammo dal veterinario, lui la visitò e ci informò che aveva partorito da pochissimo e stava allattando. I cuccioli avrebbero rischiato di morire di fame, se lei si fosse assentata per un lungo periodo. Non sapevamo cosa fare: da un lato c'erano i gattini, dall'altro la salute di Susy, che era minuta e non sarebbe sopravvissuta a un'altra gravidanza. Decidemmo con la morte nel cuore: prima veniva la mamma e poi i figli. Il veterinario operò Susy, che la sera alle 22,30 si era già ripresa e fu rimessa in colonia. In totale era stata via per 10 ore circa, ed eravamo certe che i piccoli di pochi giorni fossero morti. Non ci pensammo più, anche se eravamo tristi per loro: una volta catturata Susy non avremmo potuto riprenderla in tempi brevi, ed era troppo esile per restare di nuovo incinta. Poi, un pomeriggio di fine ottobre, Susy uscì a mangiare in compagnia di due micetti tigrati. Era incredibile, era un miracolo: altro che morti, sembravano due maialini, grossi e sani, vivaci, bellissimi! In preda alla gioia, cercammo subito adozione per loro. Li catturammo i primi di novembre, in un periodo molto piovoso, tanto che li avevamo chiamati "Leaf" e "Rain". Una famiglia venne dal Valdarno per prendere Rain, la femmina, cui diede nome "Tredici". Il maschietto fu prenotato da un'amica di amici, la quale, però, avrebbe voluto regalarlo alla figlia per Natale, e per il momento era troppo presto. Leaf ebbe così una serie di stalli: Eleonora, Eva e Valentina (la mamma di Adriano, ex mamma di Ashley!). A differenza degli altri cuccioli messi in stallo fino a quel momento, aveva un carattere socievole e affettuoso. La ragazza che lo voleva lo venne a vedere e le fu difficile resistere fino a dicembre. Poi decise:
"Dirò alla bambina che, anche se non è ancora Natale, Babbo Natale lo ha trovato e vuole che lo tenga lei" Lo portò a casa il 6 dicembre, e il micio prese il nome di "Chicco", facendo innamorare tutta la famiglia. SIstemati i due gattini, a tutto pensavamo meno che Miki, una gatta che si vedeva di rado, ce ne avesse sfornati altri due. E invece, una sera apparvero due frugoletti stupendi; uno tigrato e uno nero. La nostra amica Rachele, che cercava compagnia per la sua gatta, chiese il tigratino, che si scoprì essere una femminuccia. Il cucciolo nero aveva tante richieste ma non si faceva prendere, e fu necessario rivolgersi a un accalappiatore a pagamento. E finalmente, la sera della Befana, il piccolo ribelle venne preso. Questi due micini erano stati chiamati "Grey" e "Yang" per il telefilm "Grey's anatomy", ma Yang divenne ben presto Guinness, amato e viziato dalla giovane coppia che lo aveva scelto. A febbraio 2015 partì l'ondata di sterilizzazione di massa. L'addetto del comune rimase con noi una settimana e prese i nostri gatti, più altri che avano da lì. L'idea era quella di non far più nascere gattini. E' giusto così. Anche se quando li vedi, così teneri e goffi, il cuore ti si scioglie. Terminammo di sterilizzare i gatti i primi di maggio del 2016. E pochi giorni dopo qualcuno pensò bene di buttarci in colonia tre micini di poco più di un mese, nati in casa senza alcun dubbio; ormai sappiamo distinguere i cuccioli domestici. Quei tre erano socievoli e affettuosi, puliti, senza parassiti. Una persona con una mente bigotta aveva ben pensato di far accoppiare la propria gatta, per poi disfarsi dei gattini. Li catturammo subito, erano due maschietti e una bimba e li chiamammo Yuri, Goran e Rachel. La Giovanna li tenne per la notte, ma la mattina seguente la piccola Rachel morì all'improvviso. Fummo tutte molto rattristate, anche perché era bellissima: bianca, grigia e rosa. I fratellini stavano bene, e dopo una settimana a casa di Eleonora, che si prestò a fare da "tiragraffi umano", li consegnammo a Nadia, che li voleva adottare insieme. Eh già, perché i due piccoletti nel frattempo si erano legati molto e ci sarebbe dispiaciuto separarli. I loro nuovi nomi furono Snark e Chem, ispirati a due proteine. E sappiamo che la piccola Rachel veglia su di loro, affinché possano vivere una vita lunga e felice. Per quanto riguarda la persona che si è disfatta di loro... che dire? Noi rubiamo tempo e spazio a famiglie e amici per salvare i gattini, lei avrebbe
dovuto perdere 2 ore per portare la gatta a sterilizzare. Ma ha dato per scontato che tanto ci saremmo state noi a occuparci dei piccoli. Purtroppo gente del genere esiste, e di certo per come siamo fatte noi non le auguriamo del bene. Siamo troppo cattive? Beh, che i lei intere giornate a cercare di catturare i gatti per operarli, col freddo, con l'afa, col vento e con la pioggia, solo per limitare il randagismo, che persone come lei invece favoriscono. Dopo di ciò, avrà voce in capitolo, per adesso non le diamo neanche il diritto di considerarsi umana..
Kora
Gli argentini
Chicco
Snark e Chem
15
15-L'ambiente migliore
Quando si vuole dotare una colonia felina di casottini nei quali i gatti possano ripararsi dal freddo o dal sole, spesso non si hanno le possibilità economiche per acquistare vere e proprie cucce. Per fortuna, è possibile creare una serie di ripari anche con pochi soldi. La prima cosa da fare è chiedere in giro se qualcuno ha cucce o casette che non usa. Fatto ciò, ci si può ingegnare a trovare delle alternative. Per evitare che la pioggia sciupi i casottini, è sempre bene appoggiare a contatto con il terreno una serie di "pallet", i pancali che vengono utilizzati dalle aziende per il trasporto dei materiali. E' abbastanza facile reperirli: molte aziende appoggiano fuori i pallet con qualche difetto o un po' danneggiati, che possono andare benissimo per sostenere il peso relativamente leggero di una cuccia. Se non si hanno cucce pronte, si può effettuare una ricerca tra i conoscenti oppure tra il mobilio che la gente porta in strada in attesa che venga raccolto dall'azienda per lo smaltimento. Cassettiere, pensili scolapiatti, armadietti, tavolini, possono rivelarsi molto utili. Con i vecchi cassetti si possono costruire le coperture. I cuscini o i maglioni vecchi sono ottimi per rivestire l'interno delle strutture in vista dell'inverno. Le tovagliette all'americana si rivelano utili sotto i piatti per tenerli fermi e per raccogliere il cibo che i gatti spesso fanno uscire. Per proteggere le strutture dalla pioggia e dal gelo, si possono cercare le cerate, acquistabili nei negozi fai da te e, se si ha fortuna, reperibili dove ci sono cantieri o case in ristrutturazione, spesso gettate via perché macchiate di vernice. In mancanza di queste, molto utili possono essere i vecchi giubbotti impermeabili.
Imparate a chiedere a tutti coloro che conoscete. Se spargete la voce che siete alla ricerca di materiali e oggetti per i vostri gatti, chiunque vi contatterà quando deve buttare via qualcosa che potrebbe servirvi. Non concludete mai la vostra ricerca, perchè le cose lasciate all'aperto col tempo si rovinano e ve ne serviranno di nuove. La capacità di riciclare per rendere migliore la vita dei gatti aiuta voi, loro, l'ambiente e il vostro portafoglio.
16
16-Storie di gatti di colonia: Momò
Momò si può dire senza dubbio che sia stata il mio primo grande amore della colonia. Sbucò dopo pochi mesi che curavo la colonia. Arrivò dall'argine: una gattina nera sui cinque mesi, bellissima e simpatica. Momò si fece subito accarezzare, si drusciava, a volte saliva sulle ginocchia e chiedeva di essere presa in braccio...era, insoma, una micina davvero socievo Ogni volta che arrivavo lei mi correva incontro. Entrava anche in macchina, per scegliere le crocchette che preferiva. Iniziammo a pensare che avremmo potuto farla adottare, visto il suo carattere docile...ma mentre stavamo riflettendo, il destino accelerò il corso degli eventi. Un giorno, Momò apparve mogia e stanca. Tossiva e colava dal naso, e continuava ad alzare le zampine e a salirci sulle ginocchia, come per chiedere di essere portata via. Sul momento, decidemmo che la mattina seguente avremmo chiamato l'ufficio del comune per farci autorizzare la visita dal veterinario. Ci allontanammo, mentre lei ci seguiva con lo sguardo... Non riuscimmo a lavorare, quel giorno. Eravamo impietrite, come incapaci di agire. Continuavamo a pensare a Momò, e alla sua richiesta d'aiuto...così tornammo in colonia, la caricammo in macchina e la portammo dal veterinario. Lui ci disse che la micina soffriva di una forma di influenza e che le ore successive sarebbero state fondamentali per capire se si sarebbe salvata o meno. Ovviamente, pregammo e sperammo: non potevamo perdere Momò! Per fortuna, la gattina si riprese in fretta, ritrovando in pochi giorni la sua vivacità e il suo entusiasmo . A quel punto era impensabile riportarla in colonia.
Una delle volontarie che collaborava con noi in quel periodo ci disse che la sua mamma stava cercando una gattina per far compagnia al gatto Mino, il quale non trovava nella sua gatta anziana una degna compagna di giochi. E fu così che Momò raggiunse Mino, iniziando una vita da micia di casa. A dire il vero, un po' di animo selvaggio le rimase, perchè decapitò letteralmente l'orsetto russo di famiglia...un episodio molto triste, ma era nella sua natura! Alla colonia, Momò mancava tanto. Era la primavera del 2011 e l'assenza di una micia tanto affettuosa e socievole si faceva sentire. Dovevamo solo aspettare: Maia aveva la pancia, poche settimane dopo sarebbe nato Robin...
17
17-Storie di gatti di colonia: Maia
Maia era la gatta di tutti. Aveva un carattere mite e affettuoso, ma non per questo rinunciava ad arrampicarsi sugli alberi o sul cassone grande della spazzatura, dal quale scendeva con una grazia e un'agilità mai viste. Maia diede alla luce Robin e i fratelli, e poi fu subito sterilizzata, diventando ancora più socievole. Tutti la conoscevano, nel piazzale che dava sull'argine. I magazzinieri di una ditta la tenevano in magazzino, dove poi lei partorì Robin, lei saliva sui tavoli, si addormentava sulle stampanti, si infilava nelle scatole. Nella ditta accanto lavorava uno dei nostri volontari, che in inverno la chiudeva in un locale riscaldato, dove le lasciava cibo, acqua e una lettiera. Insomma, pur essendo una gatta di colonia, era viziata e curata al meglio. Noi arrivavamo alla colonia nei giorni feriali e lei usciva dal magazzino. La domenica, si appoggiava alla porta, contrariata perché la trovava chiusa. Stava sempre con noi volontari, chiedeva coccole, giocava, si faceva prendere in braccio...era un amore di gatta. Tante volte ci chiedemmo se avremmo potuto mettarla in adozione, ma Maia amava anche i prati, gli alberi, le corse sfrenate, era nata lì, era lì da 5 anni e forse non l'avremmo resa felice. Perché Maia stava bene. Era la più sana di tutti, visto che usufruiva dell'aria condizionata in estate e del riscaldamento in inverno. Ma poi, a settembre 2015, arrivò qualcuno a rovinare la sua bella storia. Un'auto prese una curva velocemente, in un piazzale dove il limite di veolcità è di 20 km orari, e investì Maia. Una delle sue figlie, Kokò, richiamò l'attenzione di un'impiegata della ditta: la stessa impiegata che trascorreva con la gatta ogni pausa pranzo. La ragazza non perse tempo:si fece aiutare a caricare Maia in macchina e la portò dal veterinario, assieme a un collega. Poi, la tenne a casa propria, controllando se le ferite miglioravano o peggioravano. La vegliò fino alle 3 di notte, quando la nostra dolce Maia esalò l'ultimo respiro.
Ce lo dissero il giorno dopo. E il mondo ci crollò addosso. L'incredulità lasciò presto il posto al dolore e alla rabbia. Non potevamo accettare che Maia non ci fosse più. Ci manca, ci mancherà sempre. Il giorno in cui è morta piangevamo tutti: noi, l'impiegata, i magazzinieri... come sempre, restano le foto, a testimonianza della vita meravigliosa che comunque ha vissuto. Ma che avrebbe potuto essere molto più lunga. Maia è stata una delle pagine più belle della colonia, e questo non cambierà mai. L'ameremo sempre, la nostra piccola tigrata dagli occhi intensi che sceglieva come cuscini le stampanti e i fax.
18
In conclusione...
Come epilogo, vorremmo sfatare alcuni dei tanti luoghi comuni che circondano il gatto e le gattare. La gente spesso parla senza sapere come stanno realmente le cose, perciò ecco qualche importante verità.
1-I gatti nati in colonia sono malati. Errore!! Quelli che abbiamo fatto adottare, sia da adulti che da cuccioli, e che sono stati testati, sono risultati negativi a FiV e FeLV.
2-Chi cura i gatti non cura le persone. Ma che cavolata!! Parlando per me, io sono donatrice di sangue da 15 anni, e sostengo CBM e Cuore Fratello. E ho appurato da vicino che quando ci sono state persone in difficoltà le mie colleghe volontarie hanno dato loro una mano.
3-I gatti non si affezionano come i cani. In parte è vero, non accettano senza conoscere. Ma se si legano a qualcuno possono essere assai fedeli e amare in modo assoluto.
4-Il gatto esiste per cacciare i topi. Già, e magari la donna per sfornare figli? E il cavallo è un mezzo di trasporto? Un consiglio dagli anni 2000: se vivete in città e avete i topi, prima di affamare un gatto chiamate la derattizzazione. E magari chiedetevi come i topi sono arrivati lì!
5-I gatti neri sono inquietanti. Sì, e attenzione a rompere gli specchi e non partire di venerdì...ogni tanto è bene ricordare in che anno siamo!
6-Il gatto è pericoloso per la donna incinta. Può esserlo, se la donna è una sudiciona che prende in mano la cacca del gatto e senza lavarsi le mani tocca il cibo o se le mette in bocca. Beh, io direi che in questo caso è meglio che una donna del genere figli non ne abbia proprio! Perché probabilmente li esporrebbe a malattie molto più diffuse di quelle che può portare un gatto.
7-Il gatto deve stare sempre in casa. Oppure, al contrario: il gatto deve poter uscire. Ogni gatto e ogni situazione è diversa, non c'è una regola che valga per tutti. Contano le persone: quanto lo amano, quanto si prendono cura di lui, e non dove abitano. Ovviamente, si dà per scontato che troppi gatti in poco spazio non è affatto sano, ma impariamo a guardare la persona e non il tipo di casa in cui vive.