Il Canto Del Gallo 6t6r3d

Titolo | Il canto del gallo Sottotitolo | Cronaca di un insegnamento sciamanico Autore | Paolo Sorgi Immagine di copertina a cura dell’Autore ISBN | 9788891126184 Prima edizione digitale 2013

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IL CANTO DEL GALLO

La via dell'essenza.

Cronaca di un percorso di risveglio

Dedicato a tutte le esperienze che mi hanno spinto

e portato a essere.

A tutti coloro che camminano senza gioia né colore

presi dall'amo del ato:

Seppellite quel cadavere...

Un morto trascinato con se...infetta!

Lasciatelo, non siatene attaccati, offritegli una Messa

e ringraziatelo per quello che vi ha portato,

fosse anche la peggiore delle vite...è quella che avete creato per la vostra evoluzione.

Niente è inutile

Niente è positivo o negativo in assoluto.

Tutto serve il tutto, anche se a volte non comprendiamo.

La vita e il pulsare nascosto, inconscio è il più potente,

a volte ci porta dove non vorremmo, ma chi è che vuole?

Qual'è l'istanza che decide cosa e come vivere?

La nostra mente piccola e presuntuosa,

Il caso

Fortuna o Sfortuna

Destino

Karma...

Chi ha stabilito il nostro cosiddetto Karma

Noi! Noi che abbiamo condensato i talenti e le forze necessarie

ad affrontare questo oceano chiamato vita e alcuni ostacoli necessari.

Noi che abbiamo scelto Padre e Madre, per vivere nell'humus più adatto alla nostra avventura, per affrontare, comprendere, superare e infine imparare, digerire lezioni utili alla nostra evoluzione.

Alla domanda: ma quando è successo questo, non me lo ricordo.

Certo che non ricordi, se ricordassi tutto non saresti mai nuovo!

E' successo in quello spazio non spazio che ci aspetta dopo la bellezza della vita. Bellezza con il più ed il meno.

Adesso un sorriso please. Riprendiamoci l'unico spazio degno di essere vissuto: IL PRESENTE!

La vita è un respiro, esiste solo in tempo presente.

2 Prefazione

Esiste un'ampia, variegata e purtroppo discutibile letteratura sulle esperienze

eccezionali di iniziati, sciamani, sensitivi di ogni latitudine e orientamento: perché dunque scrivere e, soprattutto, leggere un altro libro sulla conoscenza?

Cosa fa sì che si debba leggere "Il canto del gallo" senza rimpiangere ancora una volta le visioni grandiose, profetiche di Alce Nero o scorci del Libro dei Morti o i

suggerimenti di Don Juan? E perché la nostra preferenza non dovrebbe andare,

invece, agli illuminanti momenti di lirismo di una poesia che è sempre via alla

conoscenza e canto d'amore per il creato, sofferente o incomprensibile,

incommensurabile o percepito nella sua armonia? Esperienze iniziatiche sono spesso infatti, come si ventila in questo testo, anche quelle di chi canta bellezza, amore ed armonia - da Leopardi a Dante, da San sco a... - E allora? Perché leggere questa sorta di diario fuori dal tempo e dallo spazio, che non segue un ordine cronologico ma ne definisce un altro, interiore direi? Perché dare spazio a questo strano resoconto nato dall'urgenza interiore di chi è solo un portavoce e quindi onestamente, semplicemente riporta ciò che è ricompensa per la fatica della ricerca e dono per la costanza e per l'amore profusi in tale attività? Perché soffermarsi su questi strani squarci di poesia, questi momenti a volte stranianti nella loro comicità e semplicità, a volte spiazzanti nella confusione spazio-temporale? Perché perdersi nei labirinti del pensiero di un uomo che sembra confondere, sovrapporre le dimensioni e

gli strumenti stessi della conoscenza? Che parla con personaggi che non potremmo incontrare neanche se viaggiassimo fino alla fine del mondo?

Ho seguito la genesi di questo strano libro di parole semplici ma grandi, ariose

pesanti e pensanti, e ho la fortuna, forse, di poter affermare che leggerlo significa sentire un po' dell'energia che c'è dietro. Paolo salta da una dimensione all'altra, ascoltando, indagando e penetrando l'essere - il suo e quello altri: ma sono poi distinti? - Paolo afferra l'energia, la cattura e la fa vibrare, la riversa attorno/dentro/intorno a chi gli è vicino, trasforma il respiro in suono, il suono in voci lontane e le voci in canti antichi che risvegliano ciò che è sopito e danno forma all'invisibile che in noi riposa, pescando nel nostro immaginario boschi e notti e paure e ansie ancestrali per lasciarci storditi o rinvigoriti o... travolti da ciò che abbiamo dentro e non sappiamo più di sapere. ..

Parlare di questo libro significa riconoscere un limite, enorme, alla parola scritta, chiudendo così contraddittoriamente il cerchio che abbiamo iniziato a tracciare all'inizio di questa pagina, così come in cerchio si chiude senza chiudersi la storia che Paolo ci racconta, che ancora continua e alla quale possiamo

partecipare perché è anche nostra: la parola non arriva dove solo il corpo può portarci, abbandonandosi e poi abbandonandoci e distraendoci da noi stessi, dal qui- ora per un tutto-ovunque.

Leggere questo libro significa assaporare, solo in parte e purtroppo limitatamente, ciò che si prova quando l'anima vola e si allontana dal corpo – come tanti ci hanno raccontato, o hanno raccontato agli antropologi - e non possiamo fare a meno di percepire l'autenticità di ciò che ci è trasmesso nella mancanza di intellettualismi e presunzione. La semplicità di un'esperienza forte e coinvolgente perde inevitabilmente molto bloccata sulla pagina. La scrittura come sempre insegue l'indicibile, ciò che non è provabile. Allora resta la consapevolezza della difficoltà di raccontare, restano la curiosità, la voglia di assaporare dimensioni più autentiche, più profonde di quelle che quotidianamente ci circondano. Resta il desiderio di inseguire il sogno di un uomo più completo, meno dimentico di se stesso e dei suoi limiti e più generoso, con se stesso e con la Natura, la grande protagonista di questa storia che si attorciglia come un serpente, ritraendosi e donandosi come il senso segreto degli eventi, come il mistero di una voce che può attraversarci e farci risuonare in uno spazio lontano, non solo fisico.

Oscurità, ancora una volta: un'oscurità che si può diradare, forse, solo col contatto diretto con questo stravagante, giocoso, lieve narratore: un funambolo della vita e un giocoliere che lancia in aria storie, personaggi, visioni... Un raccoglitore di erbe ed aria, respiri e malesseri, viaggi e sogni, tempo e notizie.

Come i viaggiatori una volta erano anche portatori di nuove e novelle, oggi Paolo ci parla di un mondo che non appare in televisione né nelle vetrine, né sui giornali. ... di un mondo che crediamo non ci sia più, ma che vive ancora, come il nostro, qui e ora o forse un po' più in là... e leggendo questo libro ne sentiamo l'eco, debole ma presente: incontrando Paolo sentiamo qualcosa di più che l'eco.

Stella Tundo

TU NON PUOI

A PATTO CHE MUOIA

VIVENDO

E VIVA MORENDO.

Mi presento

La vita dell’uomo è il suo camminare e il suo camminare è la sua vita. Nella foresta dell’esistenza, in questo infinito bosco, il sentiero di ognuno incontra : radure, grovigli di spine e paludi, salite e discese dolci e impervie, strapiombi verso l’alto e verso il basso; anfratti e nascondigli rassicuranti, a volte bui, maleodoranti e ossessivamente terrorizzanti. Questo col sole e con la pioggia, il gelo e il vento, con ogni tempo, perché la vita di ognuno è veramente un ventaglio sempre aperto. Ma non è questo il punto, la domanda vera è: sto andando verso il mio compimento.? Sto seguendo la strada del mio vero essere, di quello che profondamente sono, o la strada che cammino è solo quella funzionale a ciò che sono diventato? Cosa sono io, cosa porto dentro. Io e il mio me, i miei me, che da secoli, abbracciati uno con l'altro camminiamo insieme. Ci siamo ostacolati fino alla nausea. Però, seguendo tracciati che non portavano da nessuna parte se non verso il dolore, utilizzando la vita contro se stessi per coronare il bisogno dell’ego di appartenere ed essere potere, ho compreso dove non andare.

Per trovare è necessario cercare, camminare.

Per cercare è indispensabile: vedere, sentire, toccare, annusare e gustare, ma soprattutto intuire, il che equivale al sentire dentro. Io mi fido delle mie intuizioni. Le mie sensazioni sono il mio cane da fiuto, le mie esperienze il mio laboratorio…là cercando mi trovo.

Io sono. Io sono-

Vengo da un atto d’amore cosmico che mi ha voluto e amato, da un canto d’amore tra un ovulo e uno spermatozoo che anche volendo non potrebbero

trovare mai più quella combinazione che ha portato questo individuo all’esistenza e mi hanno amato oltre ogni lecito pensiero. Chi genera la vita mi ha amato e sempre mi amerà e anche la restituzione sarà un canto d’amore, un tornare a casa; perché ovunque è un tornare a casa. Grazie per ogni momento, fosse anche il più terribile. Grazie, perché questo mi sta dando la possibilità di sentire cosa può vivere l’uomo e tornerò con quest’amore come una lettera scritta per me e per tutti.

IL CANTO DEL GALLO

Il canto del Gallo annuncia sempre l’avanzare della luce.

Questa creatura offre il suo servizio senza presunzione,semplicemente strumento del sole posto sulla soglia dell’eterno pendolo notte-giorno. E’ il Guardiano che segnala nel veloce e morbido scivolare dalla tenebra alla solarità, l’in-scindibilità di ogni doppio, l’araldo che annuncia con l’alba un nuovo carico di possibilità, di fiducia. Ma nonostante il titolo, questo libro non è uno squillo di tromba annunciante. L’annuncio di una nuova alba per la creatura umana. No, è semplicemente la voce di un’esperienza vissuta, anche se il pensiero di un nuovo corso d’amore per l’umanità intera, non può far altro che aprirmi un immenso sorriso di gioia. No, è solo la voce di un uomo come tanti che, ubriaco della bellezza dell’universo e spinto dall’urgenza, si è posto sulla strada come una briciola di pane per il becco dell’aquila. Cibo per se stesso e per la bocca dello spirito.

Si, perché un giorno nonno mi disse:

- la magnificenza che vedi ovunque e vedrai in ogni spazio/tempo, altro non è che l’infinito specchio sfaccettato dove la divinità riflessa, coglie l’esperienza totale di essere. La nostra, loro, sua esperienza di esserci, al di là di essere-.

- Si, lo Spirito è, ma per esserci ha bisogno della presenza, ha bisogno di noi. Essere, non implica necessariamente l’atto di esserci. Essere al di là del tempo e dello spazio, al di là del manifesto/tangibile, nel vuoto impensabile, prima del suono creativo: non è esserci. Come potrebbe mancando azione e luogo. Anche

il suono che per eccellenza è seme dell’universo creato, senza il pensiero che diventa azione attraverso il fonema, senza un luogo nato dal non luogo, non potrebbe moltiplicarsi, presentarsi e consapevolizzarsi come…l’esserci .

Esserci, è urgenza divina di manifestarsi e questo pone le creature dentro Dio e Dio stesso dentro le sue creature-.

Allora nonno, gli chiesi sicuro, è la nostalgia l’eco di quel suono iniziale che ronza nelle cave profonde del nostro orecchio. E’ questo richiamo a spingerci verso lo spirituale, oltre, quasi fossimo limatura di ferro attratta da una potente calamita. O meglio, un bacio che riconosce la bocca che l’ha generato e lo riceverà come sua unica terra e giustificazione.

-E’ probabile -, mi rispose.

- Ma nonostante nasca come il desiderio più spontaneo, l’anelito innato per eccellenza, è senz’altro il più arduo e nascosto. Non è da tutti –continuò e aggiunse pensieroso: -anche se nasce e si sviluppa in tutti. E’ un sentire che fin quando non si manifesta come urgenza, difficilmente si autodefinisce con chiarezza-.

-Ad esempio- continuò dicendo

TU NON PUOI

A PATTO CHE

MUOIA VIVENDO E

VIVA MORENDO-.

-Spiegati meglio nonno-, dissi serio.

-Semplicemente, apri le braccia e spogliati dell’eccesso-, rispose con noncuranza.

-Niente ti appartiene. L’ultimo respiro, ricordalo sempre, capovolgerà la montagna della vita di cui ogni uomo va tanto fiero e la trasformerà in coppa. Lì si vedrà cosa contiene -.

SI, L’ULTIMO RESPIRO CAPOVOLGERA’ LA MONTAGNA DELLA NOSTRA VITA TRASFORMANDOLA IN COPPA.

Questa immagine mi diede subito il senso ineluttabile del raccolto e la ferrea consapevolezza che solo quello che si è accumulato all’interno e non all’esterno, resta con noi.

Non fu detto:- non accumulate tesori sulla terra, dove tignola e ruggine consumano…...(Matteo, 19-21) . Oggi viviamo in un’epoca dove la cosiddetta – coscienza dell’abbondanza- sembra essere la più alta aspettativa dei ricercatori dello spirito. Nel recinto di una mente, di un cuore e due braccia serrate a

produrre, difendere ed aumentare ciò che si ha, quale tempo, quale disponibilità a farsi essenziale, leggero e ad abbandonarsi al corso dell’esistenza può mai entrare..

Fa sorridere come un camminare che i Budda di ogni luogo e tempo, gli Alce Nero, i Socrate, , i sco e i vari Don Juan della letteratura, Gesù, abbiano insegnato e dimostrato come: lungo, difficile, impegnativo, ma anche leggero e gioioso, misterioso e avventuroso, da implicare coraggio e dedizione, urgenza, follia forse, tanto da ridisegnare il senso dell’esserci e della vita stessa; oggi si sia trasformato spesso in un mordi e fuggi fatto di pratiche e tecniche promettenti; benessere, rilassamento,fortuna e visioni . Fortuna dell’uomo, è che il tempo tesse abili agguati e ragnatele con le mani dell’infinito e, prima o poi questa immensa, piccola, incredibile, indefinita creatura ci finisce puntualmente dentro. Solo allora, dopo essere giunta davanti a se stessa non confonderà più la goccia con il mare e sentirà che di gocce ce ne sono anche sotto le proprie ascelle e che lei stessa e già mare. Lei stessa è l’infinito mistero, la pietra filosofale che permette il miracolo della consapevole e assoluta libertà.

-Abbi cura del tuo tempo e diffida di chi lo svende -,

mi disse un giorno un vecchio puntandomi l’indice davanti agli occhi.

- Chi deve imparare l’uso delle armi-, continuò con quel dito puntatomi in faccia a mo di revolver,

- - chi deve imparare l’uso delle armi, ha bisogno di quella strana dimensione chiamata tempo-. Non esserne mai schiavo, sii tu il padrone del tuo tempo. Sii tu la tua arma-.

Anche nonno una volta mi disse:

-NON ABBATTERTI MAI e non abbattere il tuo tempo. Lavora e fanne un alleato. Fa che non ti morda mai e non morderlo mai. Ricordati che anche quei soffi d’aria chiamati farfalle, per quanto leggere e colorate, ne hanno bisogno per trasformare la loro carne in aquilone-.

DIVAGAZIONI

Ci sono universi oltre i codici del visibile

Interferenze e misteri

Da trasformare un uomo in vela

Le braccia in ali e ……

La divisione è figlia della confusione e la confusione della divisione. Un vela bambino fino a quando non è separato dalla sua spontaneità, ha il dono meraviglioso della DISINVOLTURA . Quella disinvoltura che fa muovere con appropriato fare un felino, una scimmia tra gli alberi, un delfino nel mare, uno squalo e una mano innamorata quando crea una carezza. Un bambino non ha bisogno di niente. Nessuna radice, è già collegato all’universo, radicato al tutto. E’ una voce che non reclama il diritto di parlare….nasce per questo! E’ un vento che spazza libero la piana della vita, fin quando non viene costretto da palizzate e cunicoli a convogliarsi in strade prestabilite, ad essere un Noi, addomesticato a condividere, pena l’isolamento: lo scherno, la derisione, il rifiuto di quell’abbraccio che nutre e tranquillizza il suo piccolo essere.

Ci avete pensato mai che il bambino, semplicemente è.

I grandi invece, hanno denti fragili per nutrirsi di vita; essendo quello che

devono e pensanodi essere. Sono come monete fuori corso, anzi si sentono come monete fuori corso e segretamente ne sono quasi contenti. Riacquistare valore, trasformarsi, dire: io sono, essere la pianta che il proprio seme anela a diventare implica sempre una meravigliosa fatica. I grandi hanno bisogno di appartenenza, di appartenere, di radici, di storie comuni per non sentirci soli ed esiliati, per sentirsi amati e protetti. I grandi sono una voragine. Hanno bisogno di sapere e non sanno niente. Chi siamo effettivamente, da dove veniamo, cosa abbiamo dimenticato, quali tesori nascondiamo sotto la terra della nostra coscienza, quale archeologia attuare alla nostra vita per riappropriarsene; visto che non abbiamo mappe né riferimenti di questo continente, tanto lo abbiamo coperto di ceneri.

In effetti l’uomo è un gran bel mistero. La bellezza lo meraviglia. Lo meraviglia la perfezione con la quale è tessuto l’universo. L’immensità stellare scompiglia e banalizza le sue certezze mentre, tranquillamente convive guardando sempre altrove, con il buco nero della memoria originaria, accontentandosi di tutte le risposte esterne che sembrano portargli sollievo. Tranquillamente, almeno così appare, tranquillamente ansioso. Continuamente facendo finta di non sapere che è in quella apparente Babele di linguaggi e paure, dentro se stesso, che è nascosta la porta da oltreare per cercare il vero. Quella verità che libera, portandolo finalmente a trovarsi e trovare assiso il Dio che ha la nostra stessa faccia di luce. Il Dio dormiente e vigile che, altro non aspetta che sentire risuonare le trombe della nostra e sua definitiva liberazione. La via della consapevolezza a solo attraverso quella della libertà, non per quella delle libertà.

Mi ero appollaiato sull’ala della gioventù

Come un pidocchio credendomi immortale

Ma gli anni, come pioggia,

Hanno lasciato i solchi del vero sulla mia terra.

A VOLTE UN TESORO

A volte un tesoro ha la forma di un taccuino trovato casualmente per strada, sgualcito e poco leggibile, ma misteriosamente illuminante per la mano che lo raccoglie e gli occhi che lo leggono. Una calligrafia nervosa tra stampatello e corsivo, segnava tappe e punti di una riflessione o intuizione profondamente sentita.

1) La creatura umana tende all’unità. Al ripristino di quell’armonia primaria di cui ha solo un’eco, una nostalgia lontana e spesso lacerante.

2) L’uomo non è la divinità, ma essendone parte, vive il richiamo della similitudine. Vive immerso in un universo in risonanza con la fonte primaria e ne percepisce il respiro. Quel respiro che chiama AMORE e con ritmo continuo ed instancabile esce e rientra dalla bocca di Dio. Quel respiro che percepisce come sentimento tendente alla riunificazione, all’unità del suo cosmo interiore con quello esterno.

3) Dall’unità veniamo e all’unità tendiamo. Quale sia la strada che percorriamo è lì che ci spingiamo, è lì che andiamo,

Solo tre frasi leggibili in un marasma di segni e cancellazioni. Ma quel taccuino e quelle frasi le ho ringraziate come un dono.

E’ vero, gli uomini hanno sempre cercato questo in qualsiasi parte del mondo. Hanno creato dei percorsi formati da metodiche , discipline, leggi e visioni, chiamate appunto: tradizione, all’interno delle quali, come pellegrini, percorrere

la strada per arrivare alla terra promessa.

Pianta un seme nella terra che gli appartiene da millenni…ecco la tradizione.

Che strano libro!

Mio nonno è un uomo rosso . Ha chiamato me che non sono uomo rosso facendomi da maestro. Mi ha insegnato come stare al mondo da uomo unito e tessuto con tutto l’universo, rispettando la vita e soprattutto lo Spirito che la sostanzia

. Un giorno mi ha detto : -

Tu non hai tradizione, non sei una tradizione. Non ne hai trovato il senso, perso nella piccola immensità del tuo deserto. Anche se tutte le tradizioni hanno sentieri comunicanti che tendono alla stessa cima, alla stessa montagna, tu sei chiamato ai margini, affiancato dalla tua stessa compagnia, addestrato dal fiato insondabile dell’infinito o forse dalla tua stessa follia. Accontentati della tua non sapienza e senza mai domandarti se riuscirai, cammina la tua strada-.

Bene, questa è epoca in cui gli uomini galleggiano sopra le tradizioni secolari, dedicandosi più a dedurre che ad essere colti dalla bellezza e dall’armonia. E’ un’epoca tagliente, spartiacque, perché la modernità, la tecnologia, tagliano radici e immaginari per adattare gli uomini ai suoi valori.

Questo è un bene, questo è un male. Toglie o porta nuova vita? Ecco la

DOMANDA.

Essere immersi in una tradizione, equivale ad essere immersi nello stesso sangue culturale, ambientale, storico. Essere nelle stesse leggi, aspettative e visioni. Significa consacrare la propria vita, il proprio quotidiano a gesti, pensieri, ritmi, legami con gli uomini ed il mondo che accettano la stessa motivazione di essere. E’ un essere, essendo nel e del mondo. Una tradizione spirituale è un grande arazzo nel quale si è tessuti, ognuno con il suo divenire, uniti da una visione e da un unico sentire la vita. Una tradizione è una poesia conosciuta da tutte le bocche che dai tempi la cantano. E’ ricordare storie che pescano nella linfa vitale dell’esistenza e ci fanno da maestre. E’ sentirsi spinti ma anche protetti da una grande mano nella quale anche la nostra è fusa e ne fa parte. E’ sentirsi affiancati durante la vita e durante il morire e la morte, da riti di cambiamento, pratiche, canti, leggende, bocche che narrano ed occhi che hanno visto. E’ indubbiamente un abbraccio confortante che si perpetua. Una verità che mantiene e nutre, ma anche un limite, un recinto che opera divisione con il resto dell’esistenza e giustifica al - noi siamo… - qualsiasi cosa, qualsiasi oltraggio pur di mantenere o imporre le sue verità. NO, io sono sui i di una tradizione nata e raramente vissuta che, anche se osannata, rari uomini hanno posto sull’altare della loro vita: quella dell’amore. Quella che nasce dal rispetto di se e degli altri e innalza a simbolo della sua espressione l’abbraccio e l’adempimento di se stessi. Quella che canta la vita in tutte le sue manifestazioni e le accetta. Che non riduce le creature viventi a moduli, norme o funzioni, ma costruisce ponti per superare fossati e cavalli di Frisia. Quella che si lascia respirare e respira nel respiro della vita e nell’infinito. Che non ha bisogno di oltraggio e ostentazione, di potere per dirsi viva. Quella che ha bisogno della grandezza di un uomo piccolo, ma talmente piccolo da dimenticare se stesso. Talmente piccolo da farsi vuoto per ospitare l’intero universo: FRATELLO SOLE, SORELLA MORTE.

Sono sulle orme di quella tradizione che considera bella la mano destra , come la sinistra, la luce come il buio, la vita come la morte. Che considera la vita bella così com’è, nonostante la follia dell’uomo. Sono sui i di questa forza, perché di questa forza ognuno è portatore talmente potente, che per paura i regnanti l’hanno spesso inchiodata e non solo sul legno. Tanto che ancora la inchiodano.

Ancora, contro quella forza che parla alla coscienza: d’amore, libertà, di consapevolezza, rispetto, dell’importanza di farsi con grande dignità piccoli e allo stesso tempo forti e grandi da sollevare il peso del proprio orgoglio, della propria importanza e gettarlo oltre la propria vita, contro quella forza che parlando agli uomini ha detto di guardare dritto e vedere il cielo negli occhi dei fratelli: siano essi re, preti, politici o quant’altro … ancora contro quella forza che smaschera tutti nella loro miseria spirituale, uniti, ancora gli uomini impugnano chiodi e martello! Proprio così !

Non nascosta ma evidente, dietro, anzi davanti ad ogni azione che mortifica l’uomo e la Madre terra in tutta la sua generosa bellezza c’è l’abominio di un colpo calato con sempre maggior forza, visto che ogni ripetizione è una reiterazione che conficca un chiodo lungo migliaia di anni nella Parola di Carne Rivelata.

Quanta sofferenza, quante braccia alzate, quanto sangue rinsecchito dal calcolo e dall’indifferenza.

Quante impronte di bambino cancellate dalla strade e quanti secchi di latte lasciato inacidire

e quanto sudore da riempire piscine e quanti bastoni per avere ragione e…

Nascerà da questa ferita putrida un succo di miele che sazierà le bocche, ricucirà gli opposti

E germogliando nuova carne e cuore, occhi ed orecchi, si vestirà d’amore fin nel canneto delle ossa, nel fondo di ogni fibra , nell’alto dei pensieri.

Ma non ci si aspetti che i potenti, gli ipocriti, i costruttori di morte e povertà saranno i nuovi semi. Nuova fiducia verrà dai PORTATORI di BELLEZZA, coloro che sanno ospitare in se le parole e i i della vita infinita. La verità, prima di discendere dall’alto, nasce dal basso, da un sasso, un fiore, una goccia, da una zanna, dalle ombre, dal sole e dalle caverne maleodoranti del nostro essere.

Dallo specchio della bellezza dove riflette,

quando il vento lo pulisce, il cielo .

IL CANTO DEL GALLO

Capitolo Primo

E’ proprio l’abito a fare il monaco

E’ proprio il monaco a fare l’abito

E’ proprio …

Spesso non è sufficiente guardare la propria livrea o il proprio piumaggio per sapere chi siamo. L’ uomo vede con troppa facilità ciò che crede di essere e difficilmente quello che realmente è. Per questo troppo spesso le nostre potenziali uova d’oro vengono rilasciate in un pollaio qualsiasi credendosi una gallina pur essendo un’aquila e i pulcini subito abituati a ruspare piuttosto che a volare come direbbe A. De. Mello Siamo un’umanità in potenza. Libera ma imprigionata dagli stessi limiti che pensa di avere.

- Questa tristezza - disse un giorno nonno - è bilanciata dallo spettacolo comico che offriamo all’universo. Almeno così si diverte e ride , anche se non ne avrebbe bisogno perché l’universo sorride continuamente . Ride e sorride. -

Confesso che mi sembrò un pensiero assurdo quello e lo rimuginai nella testa fino a fargli prendere una consistenza seriosa, quasi accademica. Poi mentre stavo per controbattere mi fermò dicendo: - no, l’universo sorride per se stesso e di cuore, con un cuore che pulsa di vita. Se vuoi davvero sentirne il canto, poni il tuo orecchio non gli orecchi. Per fare questo non identificarti con l’umanità, anche se sei una fibra di questo tappeto. Ognuno è responsabile di se stesso e per se stesso, ognuno ha un nome ed un cognome, non esiste l’uomo comune. E’ una delle tante invenzioni per nascondersi dietro ai pregi e ai difetti degli altri affinché i propri, appaiano meno invadenti ed evidenti. Sei tu che sei sordo, che non senti e non vedi. L’universo sorride. Poni il tuo orecchio, apri il tuo occhio e ascolta convinto che quel sorriso ti bagnerà del suo oceano. -

Ad essere sincero l’idea di un universo sorridente non mi sembrava così assurda, visto l’immenso oceano di luce ed informazioni che lo sostanzia, genera e sostiene. Ma dove sorride? Dove sorride l’universo? Io sorrisi di nascosto, facendomi prendere da quella forma di stupida intelligenza che attanaglia spesso chi pensa di sapere e puntualmente poco sa. Mi sbagliavo. Con quello sguardo saettante che investe e a oltre, in un attimo quegli occhi fermi e docili, direi quasi affettuosi, mi inondarono e sentii la forza di un’espressione verbale che abbraccia in se domanda, risposta e affermazione di fatto.

- L’UNIVERSO SORRIDE. L’universo sorride …così - e stampò nel mio campo visivo un sorriso da orecchio a orecchio. Si ò il dorso della mano sulle labbra come di consueto e riprese a dire:

- - ascoltalo in silenzio oltre te stesso e lo sentirai sorridere in ogni luogo, in ogni spazio, in ogni palpito delle tue cellule, ovunque la vita reclama un respiro. -Ascolta - continuò con un tono pacato e divertito, senza il doppio petto mentale che attanaglia ancora troppi insegnanti - l’universo sorride come un cerchio autoconsapevole della bellezza, della potenza … della meraviglia che esprime e genera. Dimora nella divinità, è il suo stesso sorriso, il suo aspetto visibile, l’unica forma che gli occhi possono sostenere, comprendere e interrogare. E’ la sua poesia e manifestazione. Questo lo sanno bene i poeti, gli artisti, gli

scienziati, o meglio, dovrebbero saperlo. L’ universo è formato dal tutto. E’ un grande PORTATORE di BELLEZZA e la bellezza parla sempre dell’alto anche se nasce dal basso, da quell’apparente basso che chiamiamo materia e che solo un uomo malato può pensarla al negativo. Non è il male. Cosa saremmo noi senza di essa ? E’ solo energia stretta da una grandiosa mano che l’ha solidificata per ospitare nell’immenso quello che chiamiamo vita. Per questo la bellezza è indicibile e indivisibile. E’ ovunque. Nasce dentro e fuori dagli occhi, è oggettiva e soggettiva allo stesso tempo e per chi la coglie è sempre UNA, FOLGORANTE, RARA e colma come una carezza d’amore pieno. -

Si l’universo sorride ed è sufficiente uscire da se stessi per vederlo. Uscire dalla prigionia della propria identificazione per coglierne l’immenso indicibile sorriso. Questo è il compito di un portatore di bellezza. Soprattutto quello di un portatore come l’universo, che in unica goccia ‘scioglie vita e morte. Vita e morte si, scioglie vita e morte. Queste parole risuonavano dentro di me come fossi una scultura vuota e trasparente e oltre al suono sembravano acquistare una loro consistenza avvolta da luminescenze colorate. Ero immerso in una condizione percettiva incredibile. Lo spazio sembrava esclusivo dominio di parole e suoni che si manifestavano acusticamente, visivamente, con una strana percezione tattile, come fossero figure geometriche tridimensionali e con diversa tessitura materica: spugnose, lucide, oleose, a volte con pelle di roccia o vetrosa., di pura luce o acquose. In quello stato, senza togliermi gli occhi di dosso, anzi , fissandomi con quelle piccole e lucide fessure quasi per fermare la mia attenzione su quello che andava dicendo continuò:

- L’universo sorride grazie alle creature che lo compongono e, come un cerchio che si autodefinisce attraverso tutti i punti che lo formano, l’universo infinito si sostanzia e autodefinisce attraverso il tutto. Se manca un solo punto non è più un cerchio- e rafforzava il concetto disegnando nell’aria con l’indice della mano destra proprio una circonferenza.

-Non è più un cerchio - disse rallentando e soppesando le parole quasi per farle vivere di una forza nuova.

- Non è più un cerchio. Ma solo un’aperta linea ricurva che, inizia in un punto e termina in un altro. Ricordati, nel cerchio la fine e l’inizio si annullano a vicenda. Tutto è perfettamente posizionato alla stessa distanza dal centro ed ogni singolo punto della circonferenza ha la stessa imparagonabile, terribile importanza.

TUTTI I PUNTI HANNO LA STESSA DIGNITA’

LA STESSA INCONMENSURABILE BELLEZZA .

La creatura umana è un gigante che costringe i suoi piedi dentro scarpe adatte a un nano. Ecco perché questo o, questo camminare tra solitudine e dolore. Non conosce la sua reale grandezza. Se solo vedesse!. Se solo sapesse che:

OGNI OCCHIO E’ ANCHE OCCHIO ORIGINARIO NASCOSTO SOTTO UNA COPERTA DI MENZOGNA

OGNI OCCHIO OSSERVA L’UNIVERSO FUORI E DENTRO SE.

OGNI OCCHIO QUANDO SI ILLUMINA E’ PURA DIVINITA’

NIENTE LO SEPARA DA NIENTE, NIENTE LO SEPARA .

Con calma, mise la mano destra nella vistosa tasca laterale della sua giacca di velluto a coste larghe color tabacco e tirò fuori una cordicella rossa, sulla quale aveva fatto alcuni nodi tutti alla stessa distanza uno dall’altro. La guardò con attenzione girandola fra le mani nodose, poi volse lo sguardo con insistenza dentro i miei occhi come per dirmi :-osservala bene- e continuò dicendo.

-L’Universo , oltre ad essere sostanza è anche una mappa. Un metro, un insieme inimmaginabile di rapporti esatti pur nella loro a volte apparente incomprensibilità da costringerci se siamo aperti e liberi, continuamente al rispetto, alla comprensione, alla meraviglia per questa infinita varietà ed espressione di VITA che ospitiamo in noi e fuori di noi. LASCIA CHE OGNUNO ABBIA IL SUO METRO - e dicendo questo depose quella cordicella annodata nelle mie mani con estrema delicatezza.

NON OBBLIGARTI AD ESSERE GIUDICE DEGLI ALTRI

Un animale misura il mondo con un metro diverso da quello dell’uomo, di una pianta, di un cristallo, con variabili spazio-tempo diversi, finalità diverse, diversa biologia, energia e memoria. -

Questi metri, non sono uno meglio dell’altro. Sono semplicemente differenti. Ognuno funzionale alla mano, alla zampa, alla foglia ed al minerale che lo usa-. Sorrise con quella tenera fierezza che solo gli anziani conoscono. Poi riprese a parlare.

-Un animale è creatura dello Spirito quanto l’uomo, con la stessa dignità di una pianta, di un sasso, di un insetto. Solo così si può cogliere la meraviglia del creato…quella meraviglia non certo scaturita da mano umana. LASCIA CHE OGNUNO USI IL SUO METRO. OGNI METRO NASCE DALLA CREAZIONE DI NATURA E DALLA PROPRIA. OGNI CREATURA , OGNI

ESSERE UMANO NE HA UNO, anche se impastato di errori e disarmonie-.In fondo nonno non è stato detto “siate caldi o freddi, perché i tiepidi li vomiterò dalla mia bocca”. Certo è lungo e duro il cammino per arrivare a porgere l’altra guancia, e spogliarsi dell’ego, della propria forma, della propria storia e importanza personale. Lo so nonno, lo so. L’esercizio al rispetto della propria e altrui libertà è tra tutti il più difficile e impegnativo.

- Sperimentati dentro la vita- continuò,

-Ma abbi il coraggio di cantare il tuo grido o il tuo lamento quando vedi chi distrugge e si accanisce contro la vita stessa. Di cantare forte con un suono che arrivi al cielo e alla terra e li unisca. La vita ti appartiene come tu appartieni a lei. Non assuefarti all’ipocrisia., al dolore, alla crudeltà, alla schiavitù, allo sfruttamento dell’uomo sull’uomo e sulla natura, non assuefarti al sangue ed al suo odore., non assuefarti alla banalità, alla prigionia, alla mediocrità, alla mancanza d’amore, all’indifferenza, non assuefarti a TE STESSO.

NON INCHIODARE NESSUNO e NON INCHIODARTI MAI

Poi, senza nessuna soddisfazione nel rilevare tale differenza disse:

- noi , preghiamo per il nostro popolo quando preghiamo per noi. Tu che non hai un popolo, per lo meno prega senza chiedere. -

Grazie per avermelo ricordato. Non c’è bisogno di chiedere, ma solo dire, in modo impeccabile e senza nulla aspettarsi in cambio: IO SONO QUI. IO SONO PARTE DI TE CHE VUOLE RIUNIRSI PER ADEMPIERSI. IO SONO QUI’, SOSTIENIMI. SII PER ME IL PIEDE ED IL BASTONE.

Un’altra volta, saltando di palo in frasca, come si usa dire, mi ricordò che l’umanità, altro non è che un’immensa multiproprietà. Disse proprio così:

-non dimenticare mai di considerare l’umanità come un’IMMENSA MULTIPROPRIETA’-.

Certo a pensarci bene, chi non dipende da nessuno? Dov’è quel punto indipendente che non dipende dal tutto?.

Per fortuna non abbiamo vie di scampo!. Siamo tutti confinanti e interconnessi .

UNO CON L’ALTRO. UNO NELL’ALTRO. UNO PER L’ALTRO

La nostra carne non finisce dove inizia la pelle che la ricopre, isola e protegge. Continua nell’altro, sia esso essere umano o no. Continua nel mondo. In quello che si lascia in un altro essere quando lo si abbraccia: in un figlio, in ogni carezza, in ogni azione, in ogni memoria che sedimentiamo nella vita con il nostro corpo. Tutto quello che è “altro da noi”, partecipa di noi stessi e viceversa. Una continua meravigliosa interazione, un’osmosi che è la linfa vitale di quella forza chiamata Amore. Questo, perché in ultima analisi, non siamo altro che campi di energia che inviano e ricevono continuamente messaggi e informazioni. Ma quando succede che quella radio non emette o riceve nessun segnale (quasi sempre), prima di seminare sarcasmo, forse si dovrebbe pensare che in quel momento si è semplicemente sordi! Lo so nonno, essere scollegati è una sorta di egoismo. Rinchiudersi nel proprio castello e farne magazzino per i nostri esclusivi bisogni può sembrare rassicurante, ma quel continuo vivere se stessi, senza essere in se stessi, senza essere alimentati dal - fuori -, altro non manifesta che isolamento dalla vita. In quel preciso momento, l’immagine di

milioni di esseri umani circondati ognuno da immensi salvagente che ne impedivano il contatto mi gettò nello scoramento. E’ proprio così dissi, mentre nonno mi guardava quasi preoccupato annaspare in quell’ingenuo sentimento.

- Ci si può affogare in quella accondiscendenza iva che stai stringendo-, mi ricordò severo.

-Puoi compiangerti come piccolo e incompiuto essere umano generico, o autocompiacerti della tua importanza personale, d’altra parte come tutti hai nome e cognome e allora: sia fatta la tua volontà. Ma osserva bene un topolino nella ruota della sua gabbia-, disse con infinita tenerezza.

-Osservalo bene. Ora chiudi gli occhi e pensa ai tuoi piedi e domandati: come camminano la vita?. Anche loro girano a vuoto in terrificante solitudine?. Osservati senza allarmarti-, si affrettò a dire.

-Devi sapere che una sola parola di verità, una sola immagine, può fermentare tanto da essere più feconda di milioni di piccoli quotidiani atti d’’ufficio. Ecco, allora non esiste più l’isolamento, quell’essere esiliati perché lontani dal l'usuale modello di vivere, da quello che è considerato il ragionevole vero. Per questo assumiti sempre la responsabilità delle tue costruzioni, anche di quelle considerate da te stesso sbagliate.-

Nonno, nonno, che piacere parlarti. Troverò la forza di chiamare sempre le cose per nome. Non mi nasconderò dietro le ombre, non avrò paura, perché nascondersi è perdersi. E’ il gioco dei ciechi ed io voglio vedere. Certo, ho notato, l’indice della verità, dello spirito, non è mai puntato sul vuoto, sul plurale, sulla corresponsabilità dei tanti. Che meraviglia la giovanile ”vocazione di S. Matteo” del Caravaggio. Anche quello è un indice puntato tra occhi e cuore. E’ riferito a se, al proprio sentire e vedere, non lascia vie di fuga: inchioda

irrimediabilmente alla propria responsabilità nei confronti della propria FESTA o SOFFERENZA, chiama all’arresa…mi abbandono allo spirito in quanto spirito

IO SONO IO SONO

TU SEI TU SONO

EGLI E’. EGLI SONO

Poi dopo avermi dato il tempo di ubriacarmi di deduzioni, continuò ricordandomi che non esistono plurali.

-La massa è formata da milioni di IO SONO. Miliardi di soffi divini, unico soffio che traccia segni e disegni irripetibili in ognuno. Sii fiero dei tuoi caratteri, della tua faccia, del paesaggio che sei. Amali, prima di oltrearli. Amali ed animali. Ama tutto di te, ombre comprese. Se non ti accetti come puoi amarti? Come puoi imparare da te stesso? Come puoi compierti trasformandoti? Certo,- disse divertito,

-a volte è come camminare bendati-.

Io direi è come giocare a mosca cieca.

-Lo so- riprese a dire.

-Le ombre sono piatte. Si dichiarano per mancanza. Hanno bisogno del buio e di un po’ di luce per manifestarsi. Ricordati sempre che nascono dal lato che non riceve luce. Le ombre sono parti dell’uomo che mancano, creature notturne in gestazione, territori vivi ritirati alla coscienza avvolti ancora nell’inverno, semi che presuppongono ed aspettano il germoglio, il fiorire, l’epifania della luce e della completezza. SVEGLIATI , SVEGLIATI, SVEGLIATI canta il poeta.

SII COME IL SOLE DI MEZZOGIORNO

CALDO, LUMINOSO E VERITIERO

NON NASCONDERE LE OMBRE ILLUMINALE.

SOLO LA CONSAPEVOLEZZA LE TOGLIE DALLA CAVA BUIA DEL TUO MONDO SOTTERRANEO E NE FA POTERE CHIARO E LUMINOSO.

NIENTE VA DISTRUTTO, SOLO TRASMUTATO

SE PORGI UNA MANO NON INVADERE

RICORDA

OGNI CREAZIONE HA UN SUO SCOPO

OGNI OGGETTO TI FA PARLARE CON IL MONDO

OSSERVATI . OSSERVATI

RICORDA E RISPETTA TUTTO

NON RIDURTI A MERCE e NON RIDURRE A MERCE.

-Dietro una coperta c’è un lavoro incredibile-, mi disse una volta srotolando una coperta scura fra le mani come fosse una reliquia.

-C’è un vegetale, una sostanza della terra e il gioco dell’intelligenza umana . Ci sono colori e disegni, del talento, tradizione di mani e sudore, il bisogno di riscaldarsi, proteggersi, coprirsi e, oggi c’è l’inquinamento lasciato per produrla.

Dietro un boccone di carne gettato, c è una vita sacrificata per nutrirsi ed altre bocche che non possono, anche se vorrebbero arrivare a quel pezzo di vita. C’è la vita che si nutre di vita e sa. L’atto che la sostiene e quello che la taglia-.

La caratteristica di nonno, è quella di guardare sempre fisso negli occhi mentre parla. Guardare intensamente. Sembra quasi soppesare se le parole vengono accolte ed ospitate con onore e amore, quasi fossero semi per far germogliare

nuovi alberi e paesaggi. Il suo è sempre stato un naturale comportamento sacerdotale, frammisto a semplicità, affetto e sorriso, come solo certi rari esseri sembrano poter fare.

-RICORDATI- disse in quella occasione,

-NON MORTIFICARE MAI LA VITA. Anche se l’uomo e pieno del non necessario, sappi che solo il necessario è portatore di dignità e onora il rapporto che la creatura umana instaura con le sue creazioni. Ascolta gli oggetti. Ascolta: gli oggetti hanno una propria vita, sono ricchi di significato, nascono con un potere in grado di interagire e condizionare l’uomo e la vita che lo circonda. Sono vivi di una vita che non comprendiamo e che siamo convinti dipenda solo sa noi. Pensa alle automobili, alle armi, a tutte quei ninnoli che si utilizzano per gonfiarsi ancora di più il petto. Sappi che un uomo con una pistola è diverso da uno disarmato. Lo stesso vale per chi possiede una macchina di lusso e anche diverso è chi veste d’oro da chi ha divisa e chi stracci. No, non sono innocui. Sono potere. Comunicano, manipolano e condizionano fino a rappresentare l’uomo nel gran ballo della vita Gli oggetti non sono semplici oggetti. Solo se servono realmente l’uomo, in tutta la loro semplice ricchezza diventano anch’essi portatori di bellezza.

Sono il nostro modo di ringraziare e valutare il mondo, dimostrandogli che quanto offre è utilizzato al meglio e con rispetto. Sono il segnale dell’intelligenza umana e si caricano di significato fino ad assurgere a simboli. Purtroppo, diventano spesso prolungamento di qualità e caratteristiche dell’uomo, soprattutto di quelle che dovrebbe eliminare o trasformare, intrise come sono di egoismo e desiderio di potere. Ma anche grazie a questi oggetti possiamo osservarci, proiettare la nostra immagine sul loro specchio e fare laboratorio di noi stessi- .

Detto questo chiuse gli occhi, tagliò il tempo con un lungo silenzio poi aprì un sorriso e avvicinandosi , con un gesto secco strappò qualche capello dalla mia

testa. Tornò a sedere lentamente e, con l’altra mano, la sinistra per la precisione, tolse qualche capello anche dalla sua. Poi dopo avermi ben squadrato con disinvolta noncuranza come se stesse parlando a se stesso, disse: - In questi capelli c’è tutta la nostra storia di uomini. Parlano del nostro corpo in modo perfetto e mirabile,…esatto-. Poi, con tono categorico rimarcò:

-questo , alle parole manca .

-Le manca la capacità di essere totali. Non sono più spade, non sono più fiori . Non hanno più la leggiadria e il mistero della farfalla né la forza del legno e del ferro…anche se attraverso di esse l’uomo si forma e si comprende, o cerca di comprendersi.

La differenza tra parole e parola oggi non è più compresa, l’uomo è ancora tutto nel capello e oggi forse, non sarebbe neanche più sufficiente apparecchiare un letto per unire la misura e la poesia. O forse per ora, questo matrimonio non s’ha da fare. Più l’uomo nuota in superficie, più è pesce da canna. Ora vai-.

Certo, qualunque cosa stesse o stessimo facendo, se lo considerava il momento, mi guardava fisso negli occhi e con tono gentile pronunciava…ora vai.

-Ora vai, ma ricorda che tutto è una famiglia - disse un’altra volta.

-Tu ne sei solo una parte , sei un dito non la mano, porta sempre rispetto alle altre dita, perché l’intera mano è la vita -.

Aprendo il palmo della sua mano sotto il mio naso disse : se il mignolo è la famiglia dei minerali. delle rocce, delle rughe della terra, l’anulare è quello delle piante, degli alberi, dei fiori, del verde che ospita e nutre, così come il medio rappresenta la famiglia degli animali e l’indice quella umana . Ma solo il pollice riunisce tutto in una strumento mirabile e perfetto. Rappresenta lo spirito che lega tutte le dita in una volontà unica chiamata mano. Ricordati sempre di essere un membro della grande famiglia che è la vita e si estende OVUNQUE , nell’alto, nel basso e in tutte e quattro le direzioni.- .

Un’altra volta, socchiudendo gli occhi e serrando i muscoli della faccia, cosa che puntualmente faceva quando mi mostrava qualche nuova pratica, disse con tono deciso: - guarda bene, farai questo ogni giorno. -

Lo chiamò “Il respiro delle direzioni”.

LE DIREZIONI

- Da ogni direzione viene un vento - disse. - Un colore, una forza , un’espressione del potere dello Spirito che puoi chiamare angelo se vuoi. Io lo chiamo SPIRITO.

Dell’EST

Del SUD

Dell’OVEST

Del NORD

Del CIELO

Della TERRA.

Loro sono il mistero che vivifica l’universo . Gli abitatori dell’immenso invisibile. Sono il canto del gallo che allerta l’infinito , cantando: è giorno! , è vita! Sostengono il giorno e la notte con un’unica mano, costringendo l’uomo ad incamminarsi verso quel cielo che affonda le sue radici fin dentro il suo petto.

Sono le mani invisibili dello Spirito che dipingono continuamente quelle che noi chiamiamo: rocce, alberi , fiori , acque, fuoco, le vere false immagini di quest’incredibile illusione nella quale siamo immersi e della quale ci nutriamo . Sono il sorriso di quest’impensabile Uno che chiamiamo: Dio , Padre, Jave’, Wahan-Tanha, il Grande Spirito, l’Inconcepibile Vuoto Consapevole, colui che ha mille nomi e nessuno nome perché a nessuno appartiene ed appartiene a tutti, visto che il tutto gli deriva e dal tutto possiamo sentirne il respiro. -

La sua voce sembrava soppesare le parole come una bilancia. Parlava lentamente, anche se spesso con mirata enfasi utilizzando espressioni facciali e gesti delle mani. Quando deglutiva, ava il dorso delle mani sulle labbra quasi per asciugarle, poi sorridendo continuava . Era un suo gesto ricorrente e devo dire che proprio queste caratteristiche me lo facevano sentire meno astratto. Mi coglievo a sorridere di quel gesto, tanto che spesso quasi lo aspettavo. Continua nonno, continua.

-Una luce, per quanto piccola, illumina di possibilità un intero oceano di buio . Segna una posizione inconfutabile ed è riferimento per chi cerca chiarezza . Ricordati che il buio non esiste come creatura autonoma, il Buio non è altro che mancanza di LUCE, ma anche l’altra faccia della luce. Quella pesante e compressa, concentrata e massificata-. Sentii il suo sguardo scrutarmi quasi con tenerezza, mentre diceva:

-vai con leggerezza d’aria , plasticità d’acqua, forza di terra e soffio di fuoco, radicato e umile. Vai e scavalla la linea che separa giorno e notte, logica e sogno, ato e futuro e insinuati da pellegrino nella realtà UNICA. Cammina nel sogno con scarpe d’uomo, non di fantasma. Posa i tuoi i sulle impronte che lo spirito lascia intravedere dentro e fuori di te, anche se quel fuori è pur sempre un dentro, altrimenti come potresti risuonare con esso?. Risuona, risuona, suona ancora. Hai già suonato e ri-suonato migliaia di volte nell’universo, anche se non

lo ricordi. La dimenticanza è necessaria. Un uomo nasce sempre dimentico di se. Nasce vecchio ed ogni volta nuovo. Originale, pioniere e creatore e solo così può apprendere e ricostruire quello che in lui è malato e disarmonico. Tutti sono portatori di una memoria storica e personale da riconoscere e risanare, da portare a compimento, riconciliarsi con essa è portarla a UNITA’. Disegna la tua mappa- mi disse serrando il pugno con pacata partecipazione.

- Le azioni, pensieri, sentimenti, i vuoti, le ansie , paure, disegna il corpo, faccia, visioni e malattie, il fuoco e le nostalgie , azioni e re-azioni, le forme e gli elementi che ti costituiscono perché ogni elemento, questo ed altro, sono già curve di livello capaci di tracciare ed azzardare risposte alla fame di definirsi per conoscersi…..- conosci te stesso -, prima di superarti. Conosciti….Vivi… Ama e Vivi. Sperimenta in quest’immenso e meraviglioso laboratorio che è l’esistenza, chi sei , poi superati.

Ritrova quella parte incorruttibile che vibra dentro te e ti fa vibrare di vita quando perdi i tuoi occhi nella vastità del cielo, quando senti il respiro dell’immensità che fiorisce dentro: quello è il tuo Nord Quella è la via di casa che ti chiama. Non con voce di sirena, ma di verità , anche se è un’avventura tra le più ardue, perché ti costringe ad essere nave, mare e timoniere -.

RESPIRO DELLE DIREZIONI

Esercizio

-Considera ogni direzione come una mano - disse insegnandomi questo esercizio - una mano il cui palmo rivolto verso l’alto e colmo di un potere che il Grande Spirito soffia sul mondo. Chi attua questa respirazione, ospita le caratteristiche di questi poteri dentro se stesso. Sii sempre consapevole di questo-.

Devo dire che alla luce dei risultati ottenuti in questi anni da me e dalle persone con le quali condivido sia questi movimenti sia altri strumenti , nonno Ossa Sbiancate come al solito ha sempre avuto ragione.

Questi movimenti, fatti con consapevolezza del loro significato e mantenendo i muscoli tesi e carichi di determinazione, arricchiscono questo Unicum Umano di energia e consapevolezza, portandolo a ri-connettersi con le forze del creato.

Si inizia stando eretti con la colonna dritta e la faccia rivolta ad Est, le ginocchia leggermente piegate per bene ancorarsi a terra porgendo un ringraziamento allo Spirito dell’Est per la luce che ci affida con questo atto.

Si dichiarare il proprio intento di ricevere l’energia dell’Est dentro il proprio respiro.

- CON QUESTA RESPIRAZIONE RICEVO L’ENERGIA DELL’EST-

Voglio solo ricordare che l’Intento non è l’ atto di potere della comune volontà, quel (volli, fortissimamente volli espresso dall’Alfieri), ma quella forza poderosa dello Spirito che sottende la creazione e permette a una montagna (come dice GESU’ ) di spostarsi al nostro comando. .L’allineamento all’Intento è frutto di una impeccabile disciplina che permette al praticante di spogliarsi delle illusioni dell’ego e riconoscersi per quello che si è : pura luce. Nell’attesa che si verifichi tale condizione non si può fare altro che mettersi con forza ed umiltà sulla sua strada, senza aspettative e senza darsi un tempo, sapendo che la nostra disponibilità, se è vera, già ci posiziona sulla sua scia e tanto basta.

1) Mentre si inspira profondamente, si piega il braccio destro fino a portare l’avambraccio in posizione verticale ed espirando si colpisce con il taglio della mano sinistra il centro del palmo destro e successivamente con il taglio della destra il centro del palmo sinistro. Sempre durante la stessa espirazione, si lanciano tutte e due le mani verso l’Est mirando in lontananza un punto immaginario all’altezza del pavimento, o se all’aperto dell’orizzonte terreno. Si afferrano con le mani dei filamenti energetici di colore giallo e portandoli alla bocca si respirano profondamente, visualizzandoli o immaginandoli giallo vivo .

Si ripete il punto n.1, lanciando le mani di volta in volta verso un punto immaginario dell’orizzonte all’altezza dell'ombelico, degli occhi e oltre la testa verso il cielo .

Lo stesso si fa rivolgendosi a Sud, ad Ovest e a Nord., sempre ringraziando e dichiarando il proprio Intento a voce.

Fatte queste quattro direzioni, ci si rivolge al l’Alto ( CIELO )ed al Basso, ( TERRA ) sempre con la stessa modalità: facendo solo quattro cerchi concentrici al posto dei quattro punti immaginati sull’orizzonte. Si lanciano le mani al cielo in verticale e si compie il primo cerchi, il più ampio, portando le mani alla bocca

inspirando. Con la stessa modalità si traccia il secondo più piccolo e così fino a quello centrale ( il quarto ), che sarà il più piccolo in assoluto.

Lo stesso si attuerà per il basso, la Terra.

I filamenti di energia respirati si visualizzeranno con il seguente abbinamento :

Est-giallo, Sud-rosso, Ovest-blu scuro, Nord-bianco, Cielo-azzurro, Terraverde.

Finito questo o o danza, si ringraziano tutte le sei direzioni.

Questa serie di movimenti, andrebbe fatta al mattino appena alzati, anche se è possibile praticarli in qualsiasi momento della giornata.

E’ bene sapere che la direzione del l’Est significa :Alba, ri-nascita, principio unificante dello Spirito, illuminazione è associata all’elemento fuoco e all’uomo, colore Giallo

Quella del Sud : Forza di mezzogiorno, sviluppo, esplosione rigogliosa, movimento delle emozioni, è associata all’elemento acqua ed alla famiglia delle piante, colore Rosso.

Quella dell’Ovest : Riflessione del Tramonto, rallentare, dimensione del corpo e

della salute, è associata all’elemento Terra ed alla famiglia delle rocce e minerali, colore Nero o Blu scuro.

Ed infine quella del Nord: Notte, stasi, preparazione alla ri-nascita, freddo,vento, è associata all’elemento Aria ed alla famiglia degli Animali, colore Bianco,

L’Alto, il Cielo , è associato al principio maschile, al Padre ed ha colore azzurro, mentre il Basso, la Terra, al principio femminile, alla Madre ed ha colore verde.

TUTTO PARLA

Capitolo Secondo

Il linguaggio scritto, delinea ed esprime l’esterno dell’uomo ed il suo interno fino al confine dell’indicibile, poi per forza di cose inciampa nella banalità.

Ciò che viene dopo non si può esprimere altro che con la poesia del Paradosso, con il Paradosso della poesia o con il SILENZIO.

Un’altra lezione di grande saggezza e semplicità mi è stata donata da nonno ossa sbiancate mentre eravamo seduti sul grosso braccio di un albero secco. Puntualmente prima di parlare o iniziare qualsiasi operazione o pratica mi squadrava come se soppesasse qualcosa in me, poi iniziava lentamente quella che, solo dopo, mi rendevo conto essere sempre una vera lezione .

-Tutto parla - disse quella volta, muovendo leggermente le mascelle come se stesse masticando le parole.

-Tutto ha diritto a parlare, ad essere ascoltato. Tutte le famiglie dell’universo hanno voce, segni, colori suoni e parole nascoste per dire e dirsi, anche se l’uomo ha perso l’uso delle orecchie e considera la vita che gli ruota intorno, altro da se stesso. Chi è sordo a questa sinfonia che accomuna tutto, che parla con la lingua della bellezza, dell’analogia, delle corrispondenze, dei segni, suoni, della percezione altra e con quelle inquietanti interferenze che l’universo ci annoda davanti per darci una traccia da seguire ( sincronismi ), è un prigioniero di quella guerra che l’uomo combatte contro se stesso e lo riduce a sordo, cieco,

nella ristrettezza di un mondo piccolo e poco differenziato. Tu Ascolta, Ascolta, Ascolta- mi esortò a fare con un timbro di voce velatamente accorato.

-Chi ascolta, non è mai solo. Chi ascolta,- continuò ,

-entra in contatto con la meraviglia del creato, con ciò che è il visibile e con ciò che non lo è. Chi ascolta amplia il suo cerchio, l’esperienza dello starci, si arricchisce ed arricchisce, ma attento a non sottostare a valutazioni morali…un vomitare è un vomitare. Un compiangersi è un attentato a se stessi e alla dignità umana, un autocompiacimento…..anche.

Lo so, gli uomini impiegano anni per dimenticare questa lingua mentre imparano il ristretto codice che li accompagnerà nella comunicazione ordinaria, ma il recupero in fondo non è poi così difficile. Perdere i propri confini, uscire dalla forma che si è costruiti e nella quale ci si identifica, eliminare la propria ridicola importanza personale , tutto questo può essere di per se già sufficiente. Compito facile pensai, sorridendo con un misto di preoccupazione ed ironico scoramento, mentre, quasi avesse sentito i miei pensieri, rimarcò dicendo:

- la via dello spirito è facile ed ardua allo stesso tempo. Facile ed ardua, - ripeté con gli occhi puntati nei miei come una doppietta - facile ed ardua. -

Poi, dopo essersi contato le dita delle mani ed aver constatato con evidente soddisfazione che erano proprio dieci, mi domandò a bruciapelo: perché proprio dieci? Non mi dette il tempo di pensarci che scivolò in una elementare ma efficace disquisizione sul rapporto essenza-apparenza.

-I venti non soffiano solo per bocca loro. - disse con tono asciutto - Così il fuoco,

le piogge, i mari che si gonfiano e le rocce che fondono nel cuore dei vulcani. Tutto quello che l’uomo scopre, altro non è che il mezzo perfetto, l’insieme di forze innescate dall’infinito, dallo Spirito, per attuare in modo mirabile il manifestarsi della vita, della bellezza e della creazione nel suo aspetto visibileinvisibile. In questo orologio perfettamente sincronizzato, l’uomo ha semplicemente confuso il mezzo con la finalità, l’apparenza con l’essenza. Ancora non si rende conto che quello che va scoprendo, non è altro che il funzionamento delle cose. Va scoprendo il COME, ed è buono. Ora però dovrà ripensare il PERCHE’ ed il FINE, visto che dimostra di averlo completamente dimenticato. Alla consequenzialità causa-effetto, prova a sostituire quella di “fine ed effetto”. Certo, se pensiamo al vento, ci dovrà pur essere una condizione particolare affinché possa manifestarsi questa creatura particolare, questa forza. Guai però a confondere le differenti pressioni atmosferiche, le tipologie geografiche, ecc...ecc.. con il vento stesso. Queste condizioni si creano affinché manifestandosi, questo movimento d’aria significante, possa portare la necessaria informazione nella vita fuori e dentro noi. La stessa visione possiamo applicarla anche alla cosiddetta malattia. La nostra anima ha spesso bisogno del teatro del corpo per manifestare la sua profonda disarmonia. Come è necessaria una adeguata e pertinente scenografia per sostenere un particolare atto teatrale, altrettanto nel corpo, la scenografia fisiologica si piega a rappresentare il malessere della nostra anima. In fondo, a lei che è legata e partecipe del nostro corpo, ma non è il nostro corpo, interessa fondamentalmente la propria evoluzione, anche a costo di sofferenze e disagi. Tutto è intimamente correlato e tutto serve l’evoluzione e la consapevolezza. Vita, visibile o invisibile che sia, è tutto ciò che presenta consapevolezza e crescita, crescita intesa come evoluzione.

-Non illuderti di conoscere il cuore del Vento-,

mi disse tra sarcasmo e ammonimento.

Non illuderti di conoscere quelle della Pioggia, del Fuoco, degli Alberi e della Terra, solo perché ne hai scoperto i meccanismi. Quest’apparenza ha un essenza chiamata: acqua, fuoco, terra ed aria. Forze che si muovono fuori e dentro in

modo orchestrato e consapevole, come tutto nell’universo, all’interno del proprio modello, uomo compreso. Se soltanto sapesse -, continuò con lo sguardo gettato lontano.

- Se sapesse che queste forze: aria, fuoco, terra, acqua e il loro multiforme manifestarsi, sono anche archetipi operanti nel suo intimo che lo spingono ad aderire, contrapporsi, a confrontarsi, con se se stesso e con il creato, allora negli occhi avrebbe la meraviglia e la bellezza come cibo per nutrirsi di vita e non solo foraggio, oggetti e presunzione. QUALE SIGNORE , se sapesse- !

-

Certo nonno, fra tutte le creature l’uomo è re. Si è autoproclamato re. Dimenticando o non sapendo che questo grande dono lo inchioda, in quanto re, alle sue responsabilità nei confronti di se stesso, dei suoi simili e della Terra con tutte le creature viventi che ospita. La tristezza nasce solo dalla constatazione di come questo folle sta rispondendo alla sua responsabilità. Mi viene in mente un o del vangelo di Tommaso che fa dire a Gesù: - Ascolta e ricorda Tommaso: a colui che bestemmia il Padre, sarà fatta misericordia, a colui che bestemmia il figlio, sarà perdonato. Ma colui che sevizia la madre non troverà perdono, né in terra, né in cielo. E sai perché? Perché lei non si difende e tutto riceve -.

Poi ancora in un altro o, sulla cima di un monte Gesù dice :

- Tommaso, tutto quello che tu vedi quassù, tutto quello che tu tocchi e che senti è materia, è carne. Questa è la Grande Madre-.

Si questa è la grande Madre. Una Madre che per figli non ha solo gli uomini, ma

ogni forma viva che in essa dimora, sassi compresi e tutto innalza a fratelli e sorelle. Ci sono stati e ci sono uomini, santi sciamani ed altro che hanno brillato e brillano come diamanti su questa Terra benedetta, arrivando a vedere la bellezza anche nella Morte da chiamarla sorella. Tale grandiosità di spirito è la più alta delle opere che un uomo può concepire e compiere. Immaginare un amore tanto straripante da abbracciare tutte le forme della creazione, senza esclusione e senza dividerle in bene e male, vivere di esse e farle vivere dentro di se è un atto di tale consapevolezza da innalzare la creatività dell’uomo a dimensioni cosmiche. Tutto parla, tutto parla! Impariamo ad ascoltare e ad amare. C’è tanta di quella musica nell’universo che necessita solo di SILENZIO per essere ascoltata.

-Sii Unito con il Tutto, per essere UNO. Ovunque c’è Maschio e Femmina, non solo in te-.

Troppe parole, troppe parole nonno, troppe per ricordarne il senso ma soprattutto per viverle tutte, per farne un atto di vita quotidiana e trasformarle in consapevolezza.

Le parole devono essere come il vento, fecondare, impollinare e are oltre . Ma le parole hanno peso, gli dissi una volta.

-….io morirò prima che abbia detto qualcosa che possa essere indegno di me.

capo CANONCHET dei Narraganset.

- Hanno significato…si -, m’interruppe sorridendo,

-ma non sono quello che significano. Non sono il calore, il freddo, il profumo, la forza e l’energia di quello che cercano di rappresentare. Sono la mappa e non il territorio. Possono evocare, ma non sono quella cosa, quell’evento. Tu devi portare dentro di te quelle cose, quegli eventi, devi risuonare con loro. Fai che i tuoi occhi vedano, che le tue orecchie ascoltino, le tue mani tocchino, che annusi l’odorato e la tua bocca assapori e parli come lo farebbe il cielo, l’acqua , la brace, il vento, la montagna. E’ ora di cambiarsi, di uscire dalla ristrettezza percettiva che la società ti ha insegnato, non fidarti delle emozioni che la storia, la tua storia ha cucito addosso alla tua carne. Devi diventare un paesaggio dove le tue forze possano pascersi e vivere in libertà. Fermati e ascolta. .. Quali corde della tua arpa sta pizzicando questo vento?. Questo atto di poesia che il creato ci ha donato, quali analogie ha con la tua vita e i suoi eventi?. Alza polvere dentro di te o ti purifica. Paura, piacere, ti fa sentire saldo, bene ancorato , piacevolmente leggero o insicuro ?. Un veliero che utilizza la benedizione di questa stupenda creatura o una vela senza timoniere. Accarezza o scompiglia e infastidisce. Ti sfugge continuamente o puoi tenerlo fra le mani e giocarci. La sua inconsistenza nel cercare di afferrarlo diverte o ti mette a disagio. E poi ..e poi…Con tutto si può giocare e nello stesso tempo imparare. Vedi come tutto parla. Impara ad accogliere. Sii la casa che ospita il mondo e non limitarti a portare a so le tue ossa, i tuoi desideri, le emozioni e i sentimenti che ti caratterizzano. Fai del tuo occhio uno strumento magico e osserva il cielo con la vastità del cielo, il lampo come fossi la sua stessa frustante energia, così con il fuoco e con tutto ciò che esiste-.

Poi quasi sottovoce, come se non dovesse essere sentito:

-quante volte dovrai cambiare forma per vivere la moltitudine del creato-.

Smise di parlare per qualche istante, ma non per riflettere, dal momento che mise la mano in un sacca che gli stava affianco e tirò fuori una collana di semi scuri che sembravano nocciole.

-Tutto respira- riprese a dire,

ma questa volta con un tono che lasciava trasparire una sorta di noncuranza.

- Ogni creatura vivente, compresi i sassi, sono perle infilate dal laccio dello spirito a formare la collana del creato. Lo Spirito gioca con se stesso, con noi, con il tutto. Siamo suoi giocattoli. Si alimenta e colma di gioia e bellezza, ma non provare a decifrarlo, non cercare di scartarlo con gli artigli della tua mente come fosse un cioccolatino, resteresti solo deluso, inappagato e sfiduciato. Lascia questi giochi seriosi ad altri. Tu accontentati di sentirne il respiro attraverso la creazione. Sii questa esperienza, fatti vuoto come un osso- e mi mostrò un pezzo d’osso cavo sul quale poggiò le labbra e soffiò con un suono acuto e perforante. Poi si alzò da terra e mostrandomi il suo fischietto d’osso disse:

- trovane uno e trasformalo in un canale cavo, ti ricorderà cosa dovrai diventare per continuare questa avventura-.

Stavo per controbattere qualcosa, ma proprio in quel momento vidi allungare le sue mani verso di me ed ebbi netta la sensazione che entrassero nel mio torace scuotendomi così forte da farmi ballare gli occhi confondendomi le immagini, tanto che fino a quando non pronunciò il solito -adesso vai-, restai spaesato e infastidito da una sorta di nausea che dallo stomaco si irradiava quasi a chiudermi la gola. Ma non finì lì quell’incontro. Appena mi ripresi da quella condizione, vidi che manovrava con tutte e due le mani all’altezza del mio ombelico come se stesse aggrovigliando una matassa di fili. Tenendo in mano qualcosa di luminoso lo tirò verso se ed ingoiò quella matassa di energia dicendo con un largo sorriso soddisfatto

- ora siamo collegati, come un telefono-.

Solo con il ar del tempo compresi le implicazioni nascoste in quella frase. Quando mi arriva un’intuizione improvvisa, precisa e dettagliata so chi c’è dall’altra parte del filo, a volte.

Che meraviglioso COLLEGAMENTO!

Qualcuno in queste affermazioni vedrà nascosta una sorta di disprezzo per l’intelligenza e la genialità dell’uomo. Ma non è così. Siamo esseri creativi, ma anche stazioni riceventi e trasmittenti. . Poi c’è quel concetto strano di inconscio collettivo. Oceano buio e profondo popolato di vita, di segni, archetipi, totem ed esperienze che giacciono lì e si accoppiano da milioni di anni in una sorta di laboratorio potenziale, in misteriose nozze et separazioni; un’ infinita ragnatela di informazioni. Poi, col tono di chi non ammette repliche mi ricordò “non dimenticare mai che tutto è circolare. L'uomo non può fare del male senza a sua volta farsi del male”

E in effetti….; qualcuno ha mai sentito parlare di inquinamento?. Non solo dell’aria, ma del suolo e delle falde acquifere che ci danno vita. Sentito mai parlare di espansione di malattie quali: Tumore, l’Aids misterioso, Ebola, Batteri di laboratorio, manipolazioni genetiche, Desertificazione, Piogge acide, Effetto serra, Buco dell’ozono, estinzione di vita animale e vegetale e, finiamola qui per non rattristarci troppo.

La scienza dovrebbe essere uno strumento per il benessere dell’uomo e della Terra e non strumento di potere e del potere.

-Io non ho mai rivendicato il diritto di poter fare con la terra quello che ritenevo giusto. L’ unico che ha un tale diritto È Colui che l’ha creata-

Quanto rispetto e quanta saggezza, visto come siamo ridotti oggi grazie alla barbarie pseudo-moderna, in queste parole di capo Giuseppe della tribù dei Nez Percè. Come la verità è tale solo se totale, solo se abbraccia un angolo di 360 °, così il bisogno di comprensione dell’uomo è reale solo se nella sua complessità abbraccia tale estensione spaziale . Ecco allora che le intuizioni, informazioni, pratiche e scoperte andate in disuso e dimenticate, i messaggi codificati nei manoscritti sacri e non, tutto diventa un humus da cui far germogliare il vero. Questa creatura, del rapporto con il sacro ancora se ne riempie la bocca, nonostante poi, in ultima analisi lo consideri alla stregua di mera superstizione.. Ma poi cos’è il Sacro? Cosa significa chiedersi di allinearsi allo Spirito?

Quante bocche aperte a chiedere comunione nelle chiese di tutto il mondo e di tutte le confessioni. Quanta cattiveria, rabbia, parole ustionanti perfide e pericolose. Quanti ordini nefasti per l’uomo e la terra, escono ogni attimo da quelle stesse bocche., mi domando se questa è consapevolezza o barbarie. Anzi lo domando a voi: è abbrutimento o elevazione ?

Quante parole leggere sulla bellezza degli angeli e quante zappate sulle loro ali.

Ma il paradosso non si esaurisce sul terreno della valutazione morale. Così, l’uomo, che da una parte accetta per abitudine fideistica la formulazione di un mondo spirituale, dall’altra la bolla come superstizione, come se fosse una mera proiezione dell’instabilità di alcuni irragionevoli illusi. Questo d’altra parte è il frutto di una umanità che ha paura ad incontrare lo Spirito sull’unico terreno possibile, cioè dentro di se. Preferendo al contrario, incontrarlo, o meglio di sperare d'incontrarlo nelle istituzioni e nelle norme, nelle scuole teologiche, nell’umido delle sacrestie e nelle norme morali e nei precetti dettati dall'uomo. A volte la nostalgia per un mondo pulito e sorridente è così lancinante che sembra strizzarmi. Ma so che questo ora è l’unico mondo possibile, perché è il presente

e mi offende malamente, perché il più maestoso dei templi, la più sublime, la più bella delle cattedrali, è l’opera creata dalle mani del creatore: madre Terra e la vita che gli cammina sopra, noi compresi. Su questa terra corrono e respirano invisibili gli angeli. Pura consapevolezza, sinapsi, messaggeri senza ali che ci portano la voce dell’infinito dentro, nell’orecchio di ferro ossidato nostro. Mappe del nostro cosmo interiore, note del nostro pentagramma da trasformare in musica.

Angeli ( annunciatori), Spiriti luminosi che oltre a sostanziare e sostenere il manifesto, portano all’uomo aiuto, notizie, informazioni e suggerimenti, cavalcando sogni, viaggi , visioni , intuizioni ed altro. Forse viaggiano su quel terreno invisibile che il biologo Skeldrake chiama – campi morfogenetici-? Campi dove tra il visibile e l’invisibile, tra una parte e il tutto corre infinita una rete di luce e informazione che tutto collega. Questa rete è attiva da sempre. E' viva e si sostanzia anche della luce e del buio che noi stessi creiamo con le nostre forme pensiero. Ma dov’è ora tutta quella saggezza, quel sapere, quella conoscenza che l’uomo anche senza camice bianco e mascherina ha estratto dal setaccio del tempo. Dove è andato a finire? Sotto quanta polvere sta ancora nascondendosi per proteggersi dall’uomo stesso. Da dove viene la presuntuosa convinzione che solo l’uomo moderno (dall’illuminismo in poi ), è degno e capace di cogliere il vero. Non è il caso di aprire una finestra di tali dimensioni in queste pagine, anche perché diverso ne è lo scopo; nonostante non faccia male, ogni tanto ricordarsi che geniali intuizioni arrivano spesso al di là della nostra consapevolezza, del nostro merito e al di là del clima scientifico del momento e dei suoi i. A volte capita di essere una stazione ricevente in perfetta sintonia ed è veramente un grande dono. Spesso il genio osannato dall’ego collettivo si confonde con l’umile portatore d’acqua a beneficio di tutti .

- Apri le braccia e disponiti, che l’universo è tutto un regalo.” Mi ha sempre detto nonno.

- Bussa e ti sarà aperto, altrimenti chiediti perché quella porta resta chiusa”.

Chiedi e ti sarà dato, in contrario domandati di cosa hai veramente bisogno.

Nel frattempo fatti piccolo, sii l’ultimo, non nel senso di essere bisognoso, mortificato o espressione di tutte le accezioni negative che vogliamo associare a tale termine, ma nel suo significato più alto di: essere umile, non orgoglioso di se e delle proprie costruzioni. identificate spesso come prolungamenti, protesi.

IMPARA SERIAMENTE a GIOCARE SENZA PRENDERTI SUL SERIO.

Ascolta fratello un giorno un mendicante disse:- quello che conta sono il primo e l’ultimo respiro. Gli altri, servono a giustificare e dare forma a quel piccolo momento di veloce eternità chiamato vita-.

Siamo tutti uguali di fronte alla vita. Ognuno la serve in modo diverso. Ognuno, anche se non lo sa, è responsabile in primis nei confronti della propria anima più che nei confronti della società. Lì non ci sono e mai ci saranno sotterfugi, furbizie e scappatoie, ognuno risponderà di se stesso a se stesso. Ognuno sarà giudice di fronte alla legge della propria evoluzione spirituale. Tra quel primo ed ultimo respiro, scaccia i mercanti dal tempio del tuo cuore. Lustralo e rendilo una casa ospitale per ricevere la bellezza dell’infinito. Se ci sono cianfrusaglie, ninnoli, suppellettili, scatoloni, polvere, mozziconi e rifiuti, casseforti e rastrelliere d’armi come potrà entrare quel soffio divino che ci sostanzia. Il gendarme dell’ego ha paura del vuoto e si gonfia a dismisura per padroneggiare ed assurgersi a creatività assoluta. Si considera la vera essenza dell’uomo, il pensiero supremo e questo lo fa gongolare d’importanza, sazio di se e del riflesso che lascia sullo specchio del mondo. Quando la mattina ti alzi e pratichi il primo respiro consapevolmente, stando seduto sul tu letto con la colonna vertebrale eretta e la sera ti addormenti cercando di cogliere l’ultimo sempre consapevolmente prima di entrare nel sonno, pratichi una soave e concentrata meditazione che pian piano ti riconduce all’essenziale, o meglio, ti porta verso

l’essenziale.

L’INCONTRO

Capitolo Terzo

Il biglietto da visita di nonno ossa sbiancate, una volta avuto il permesso di entrare nella sua capanna o casa di legno, è stato quanto mai gradito e significativo. La casa, piantata in una piccola radura con la porta rivolta ad Est e un corollario di alberi alle spalle, era adagiata su un territorio collinoso arso e forte, anche se con spruzzi di macchia vegetale non proprio boschiva e fitta. Quella mattina il tutto era dolcemente avvolto da un’atmosfera opalina. Più che nebbia era una foschia perlacea che sembrava diradarsi davanti ai miei i, lasciando avvolto in quell’abbraccio il rimanente paesaggio. Il mio campo visivo era limitato e si spostava seguendo la direzione del mio sguardo mettendo a fuoco solo gli oggetti o lo spazio della mia attenzione. Inquadrato il cubo di legno di un’abitazione e sapendo che mi stava aspettando, mi sedetti nella radura antistante la porta ed iniziai a cantare, ringraziandolo per avermi chiamato e scelto. Il canto nasceva come uno zampillo d’acqua sorgiva, spontaneo , improvviso, ma con un suo preciso carattere ed una intensità da lasciarmi sconcertato. Sapevo perfettamente che era un vecchio canto di ringraziamento e questo mi indusse uno stato di assenza e profonda calma. Improvvisamente, da quella condizione mi scosse il movimento della terra che iniziò a sussultare con un ritmo costante , come fosse un tamburo o un cuore che pulsava profondamente trasmettendo quel sussulto anche al mio corpo tanto che iniziò a sobbalzare..

LA TERRA RESPIRA.

Sentii rimbombare dentro di me coma fossi una cassa armonica, un contenitore vuoto a forma di uomo. Nel medesimo istante una scarpa enorme mi veniva incontro, pronta a calarmi addosso per schiacciarmi. Un lampo gelato mi

attraversò la spina dorsale lasciandomi con una sensazione di lucida paura. Non può farmi niente ripetevo in continuazione, anche perché percepivo si un senso di oppressione, ma non di pericolo., tanto meno di minaccia. Chiusi gli occhi restando seduto ed iniziai a cantare una sorta di lamento. Poco dopo notai la porta aperta e chiamai di nuovo per avere il permesso di entrare . Una voce ferma mi rispose invitandomi varie volte ad entrare. Entrai lentamente, non per paura, forse per pudore di non essere sufficientemente rispettoso. Oltreai la soglia e quasi al centro di quella spoglia stanza, notai un uomo seduto a terra che sorrideva. – Siedi -, disse indicando una coperta ripiegata a mo’ di cuscino davanti a lui. Statura media, un metro e sessanta ad occhio e croce, capelli legati a treccia dietro la nuca quasi completamente bianchi, jeans, camicia a scacchi e un senso di rassicurante forza lo caratterizzavano. Percepivo un’aria densa, carica di energia che si muoveva come formata da varie correnti a spirale che si incontravano, si fondevano e respingevano come fossero lenti fiumi d’aria elettrica. Non riuscivo a decifrare quella condizione capace di generare un leggero formicolio su braccia e mani, mentre in silenzio cercavo di fotografare mentalmente quella strano spazio e la sua figura. Più strana, finito l’incontro, fu la sensazione di sentire braccia e gambe come addormentate, quasi avessi preso freddo. Mettere a fuoco il suo viso sembrava un’azione impossibile, quando di scatto, alzandosi pose le sue mani sul ginocchio destro e sul mio fegato. Nel ginocchio percepii subito un piacevole calore e un leggera luminescenza e mentre cercavo o aspettavo altrettanta sensazione nella zona del fegato, seduto di nuovo in terra mi invitò a fare altrettanto senza pronunciare parola. Fu strano rendermi conto che anche non aprendo bocca, sapevo perfettamente quello che stava dicendomi.. Sorridendo sorridendo, mi stava scandagliando come un fondale marino. Nonostante l’oscurità del suo non conoscermi, sembrava sapere alla perfezione chi ero e cosa provavo , tanto che disse , quasi con tono severo: - non cercare più l’Africa fuori da te, ora devi diventare il sasso, l’albero, l’animale, il paesaggio e l’uomo che tutti li comprende. Preparati a diventare terra e cielo e ricordati il sogno del “marinaio braciere “.

All’improvviso quelle sequenze mi vennero incontro con incredibile lucidità. Il sogno del “marinaio braciere”, da molti anni mi accompagna ancora col suo monito dal sapore aspro di carciofo amaro e non lo racconterei se il suo significato non potesse essere raccolto ed utilizzato anche da altri. Ricordo che mi trovavo imbarcato su di un vecchio brigantino a vela. C’era una bonaccia da far paura e non soffiava il più debole filo di vento. L’aria stagnava in un caldo

umido che ci faceva sciogliere in sudore, tanto che alcuni di noi cominciarono ad ammalarsi ed a morire. In quella tragica situazione, la voce del capitano tuonò con secca autorità ordinandomi un sacrificio, affinché la malattia non degenerasse contagiando tutti i componenti dell’equipaggio. Era il mio sacrificio e sdraiato sulle assi di legno del pavimento della nave dovevo diventare il braciere che avrebbe bruciato e purificato i corpi morti dei miei compagni. Non ricordo le emozioni collegate a questo sogno, anche se ogni volta che lo rivivo un sotterraneo malumore, quasi una sorta di sapore acido si scioglie nella bocca, lasciandomi con un senso di incompiutezza e di perso. In quell’aria cupa, morbosa, eppure prepotentemente solare, un marinaio con la classica maglietta a strisce bianche e blu, salito sopra di me a cavalcioni, iniziò a mani nude a togliermi : viscere, fegato, milza, tutti gli organi situati nella cassa toracica e nell’addome, lasciando le mie costole ben visibili e denudate come fossi un braciere di bronzo atto a bruciare tutti i miei compagni morti. L’indifferenza, durante tutta l’operazione di svuotamento, sembrava essere la caratteristica che meglio di altre, potesse definire e caratterizzare il mio stato, tanto da far sembrare quasi astratta quella figura. Il viso terribile era metà maschio, con baffi e pelle arsa e metà femmina : pelle liscia, tirata e labbra coperte da rossetto. L’incredibile era il suo distacco nello svuotarmi, una sorta di cinica indifferenza che non accettavo, in quanto sapevo che quel marinaio non era altro che me stesso. Il sogno mi indicava quanta pulizia, quante parti di me stesso dovevo ancora bruciare in quanto orpelli non più utili e funzionali alla mia evoluzione. Mi invitava a disfarmi del consueto me stesso, ad abbandonare quella folla che ospitavo inconsapevolmente, insomma a spogliarmi della mia forma: composta da Avi, genitori, insegnanti, uomini, donne, cani e pesci.

DALL’AMBIENTE CHE MI HA CIRCONDATO E CHE IO STESSO HO DIPINTI E CARICATO DI SENSO e dalle forze che da lontano mi spingono con le loro informazioni e incrostazioni. Un’ urgenza di estrema pulizia, insomma un atto totale che, se praticato prometteva una catarsi definitiva e liberatoria. Ma torniamo a nonno ossa sbiancate.

Aprì le mie mani con un fare gentile e deciso e vi pose un uovo, un uovo luminoso, poi delicatamente le socchiuse quasi a proteggere quel dono misterioso e aggiunse:

-è perfezione, è rinascita. Ponilo nella zona che stai curando- disse con un tono di voce basso e sorridendo mi invitò a lasciarlo solo, pronunciando il solito ora vai-.

Lo salutai con un grazie carico di rispettosa riconoscenza e un attimo prima di uscire , alzando il palmo destro della mano disse: -torna quando vuoi-.

Tornai carico di entusiasmo anche se perplesso e sconcertato visto che da quella prima esperienza di viaggio ebbi subito una risposta inquietante. Voglio raccontarlo questo aneddoto, perché anche se il dubbio di una possibile autosuggestione mi accompagnò per un lungo tratto di strada, non di meno mi diede una propulsione ed una forza straordinaria. Un uomo si domanda. Un uomo chiede risposte diverse dalle solite che non lo soddisfano più. Salta sulle ideologie, sulla pretesa chiarezza scientifica, sul teatro codificato della religione e sulla filosofia, scende in profondità per necessità perché nessuna di quelle strutture di pensiero è in grado di indagare su quelle radici che sono sprofondate nella terra e nei cieli .Un uomo chiede. Un uomo esige ed io ho chiesto. Ho cercato e dopo un periodo di scandaglio in solitaria, l’urgenza di un percorso e una disciplina che mi portassero oltre il guado del quotidiano e conosciuto fiume della percezione, mi ha portato a incontrare una guida e numerosi compagni di cordata. Stavo appunto in uno di questi raduni annuali di lavoro, quando ebbi il gradito dono di incontrare quello che per me sarà sempre: mio nonno ossa sbiancate. Un Maestro, non so se d’aria o di carne. Una guida che con amore e attenzione, con forza. Mi ha insegnato il camminare di un guerriero, il guardare il sentire di un guerriero e a diventare casa per l’universo intero e sentire la vita : la propria regale casa. Un Maestro che mi ha riempito le mani di doni e di responsabilità, tutte quelle che ho potuto e voluto assumermi. Un Maestro che mi ha insegnato a cavalcare le parole dette, camminandole con rispetto e dignità.

Ecco, in una di quelle prime esperienze di estensione della consapevolezza; fui

letteralmente risucchiato in una sorta di turbinio nebbioso che mi lasciò quasi intontito davanti alla sua capanna di legno. Non meno frastornato fui la sera quando verificai un fatto strano, inaspettato e quanto mai gradito. Arrivai a questo raduno con il menisco del ginocchio destro rotto. Problemi ai legamenti, ecc..ecc..avendo addirittura bisogno di una stampella per camminare. Avevo difficoltà a salire e a scendere le scale oltre che a camminare e inoltre il gonfiore mi causava un indolenzimento continuo anche se non proprio effettivo dolore. Bene, dopo l’incontro con nonno ossa sbiancate, ebbi modo di constatare un miglioramento nettissimo. Anche se non fu una vera e propria guarigione, la sera salii le scale senza la stampella, senza fastidio alcuno e con una leggerezza nel sentire e muovere il ginocchio che non sentivo da tempo, tanto da lasciare perplessi molti miei compagni, oltre che il sottoscritto. Certo, so che l’auto-illusione, l’auto-ipnosi, a volte ci lasciano sconcertati per i risultati ottenuti e questa esperienza potrebbe avere proprio i suoi connotati. Potrebbe essere stata un atto di auto suggestione, ma negli anni successivi, i risultati ottenuti sia singolarmente che in gruppo hanno confermato il valore dei doni che -nonno-mi ha elargito. Da quel giorno per me è iniziato un apprendistato che mi ha portato ad avere nuovi occhi, nuove orecchie, che mi ha insegnato l’arte sacra del sarto: quella di cucire terra e cielo

- Il confine è sempre là dove si ferma la tua mano e il tuo pensiero.

- Non essere mai confine di te stesso-, si raccomandò una volta, mentre con le mani figurava gesti che rafforzavano e davano ritmo visivo alle parola. Lo so nonno. Ogni società traccia un cerchio che la delimita. E’ il proprio confine di norme, consuetudini, di tutto quel fare e credere che chiamano leggi: scritte o no che siano. Al suo interno anche ogni individuo crea il suo con il contributo della società e dei singoli con i quali interagisce. All’interno di questi cerchi ci è permesso di muoverci più o meno liberamente e quando si cerca o si superano questi confini, sia la società, con le figure istituzionali, sia noi stessi e chi ci circonda, tutti mettono in atto strategie di riadattamento per ricondurre quell’essere, a quella identità, a quelle caratteristiche che aveva assunto e che rassicuravano tutti. E' la legge del “noi”. Poi ammonì:

-

- Gli altri contribuiscono a creare e a mantenere il tuo confine…spostarlo spetta solo a te. PARTI SEMPRE DALL’ACCETTAZIONE INCONDIZIONATA DI TE STESSO, POI TRASFORMATI, allora vedrai tutto diverso.

Allora sentirai che con tutti i tuoi bagagli, anche i più ingombranti , quelli che più ti infastidiscono e mettono a disagio, anche con le ferite più purulente che continuamente si riaprono e tolgono la gioia tessendo ragnatele davanti agli occhi, anche con la montagna di errori che portano nausea tanto si ripetono, anche così, sei sempre terribilmente giustificato ad esistere ed a vivere in pieno-. Non è mai stato difficile seguire le sue parole. Anzi, a volte da quelle parole quasi germogliavano spontanee nuove associazioni, deduzioni o storie. Purtroppo noi ci amiamo spesso in funzione di quanto gli altri ci amano, dimenticando invece che gli altri ci amano e rispettano in rapporto a quanto noi ci amiamo e rispettiamo. A tale proposito:

si narra di un gallo che un giorno, stanco e demoralizzato per essere diventato lo zimbello di tutta l’aia a causa della sua piccola e bianchiccia cresta e convinto per questo di non valere un gran che come fecondatore e direttore di pollaio; prese la via dell’esilio volontario e si allontanò dalla fattoria. Ma accadde l’impensabile e si innamorò, ricambiato questa volta da una graziosa ed intelligente gallinella. Capì così che era proprio come tutti gli altri galli, poteva amare e fecondare, difendere e farsi rispettare e allora gonfiò il petto e tornò alla fattoria con la gallinella che gli aveva dato forza e fiducia. Nel vederlo immaginatevi quanti e quali sberleffi , ma non si scompose: presentò a tutti la sua compagna e la sua prole numerosa, i propri muscoli e si disse pronto a dare giustificazione a tutti i galli che increduli ne volessero. Si fece avanti il più spaccone e ricevette il fatto suo,…tanto bastò e il giorno dopo tutti andavano in giro con la cresta sbiancata e perfino rimpicciolita, convinti che questo look, questo immedesimarsi, avrebbe dato la forza e la fiducia manifestata dal nostro Gallo.

Quanto è grande il recinto dei pollastri e quanto piccolo quello degli uomini!.

Cos’è un nome.

Durante le lezioni che “…….”, mi impartiva mi trovavo spesso nella difficoltà di non sapere come chiamarlo e quando mi disse:- chiamami nonno-, mi sentii sollevato, perché ogni volta che mi rivolgevo a lui avevo l’imbarazzo a definire perfettamente la sua figura. Solo quando cerchi di farle vivere, ti accorgi che le parole hanno un’anima. Quando non vengono considerati innocui multipli comunicativi, semplici segni d’informazione, solo allora la parola diventa gravida di significato, materia , carne che ci permette di esprimersi e profondamente conoscere. Solo allora si sa cosa vive dentro quel corpo, dentro quella forma segnica che chiamiamo parola, e solo in questo contesto ho sentito che termini quali: guida, Maestro, santo e quant’altro, fossero inadeguati a quella figura, a quell’esperienza e forse anche a me. Nonno esprime l’appartenenza, la familiarità, l’affetto, ma non la bonaria consolatoria pratica della comprensione, non è referenziale ne altisonante, impegna su un livello di continuità; nel mio caso legandomi a un filo rosso che attraversa la mia storia a ritroso penetrando in quella cultura, tramite quelle che potremmo definire esperienze karmiche, o forse salti quantici di una coscienza interconnessa con il tutto, con l’informazione dell’universo intero che per affinità si colloca sulla scia di esperienze ate ( forse anche appartenenti ad altri) fino a riviverle. Ovviamente questo è solo un pensiero pellegrino e vizioso da decifrare e verificare. Solo un input, arrivato varie volte alla mia coscienza e gettato lì come un seme che potrebbe essere vivo e germogliare, oppure miseramente privo di vita, rinsecchirsi e farsi polvere. Certo cos’è un nome? Cos’è la parola? Cos’è un libro? Una volta gli domandai, allarmato dalle sue continue richieste a narrare questa esperienza, se: un libro dovesse a tutti i costi avere una sua organicità, una narrazione che non salti troppo, oppure, se in casi come questo, potrebbe anche permettersi di procedere rotolando, come un bambino che fa capriole su un declino erboso.

- Stai narrando di qualcosa che non è credibile-, rispose con la solita chiarezza e lucidità.

-Stai scrivendo di qualcosa che non ha riferimenti ma che è costretto ad usare il consueto linguaggio della realtà che cade sotto i sensi di tutti, della normale percezione codificata da norme ed abitudini, con il rischio di rendere sterile e banale queste esperienze “altre”. Non crearti nessun problema, non ci può essere linearità di espressione, di ritmo, di melodia tra quello che stai vivendo e il quotidiano… perché cercarla per forza nella narrazione? Cammina le tue parole, fa che diventino la Parola fuori e dentro di te, poi quando il tempo che le pesa avrà fatto il suo lavoro e tu le avrai digerite, fa che diventino i tuoi piedi, i tuoi i-.

Questa espressione, questo concetto ancora oggi mi viene spesso ripetuto anche se in forma diversa e in diverse situazioni e comportamenti, tanto da sentirle ripetere nella conchiglia delle orecchie:

- cammina te stesso, cammina le tue parole. Lo Spirito sostanzia il tutto. Il mondo immanente e il mondo invisibile sono facce di una stessa medaglia che si alimentano a vicenda . A cosa mira un essere umano che inizia questo viaggiodisse poi sorridendo.

-Ad una cosa sola- continuò.

-Essere Consapevole. Il che significa libertà, verità. abbandono ed affrancamento dalle prigionie del mondo pur partecipandoci in pieno. Mira ad essere unito ed a camminare la sua esistenza dentro scarpe che siano le sue. Non scomode, larghe, strette, o deformate, ma perfettamente sue, almeno fino a quando non le GETTERA’-.

Bene ribattei. Per questo, anche ri-tornare sulla stessa cosa, sugli stessi limiti, sui soliti circuiti tracciati e stampati che identifichiamo con noi stessi ( la nostra forma ), è una sorta di pellegrinaggio a ritroso e il suo procedere, se praticato

oltre il contesto meramente analitico può avvicinare alla terra promessa, a quella scintilla interiore che liberata, accende la luce dentro e ci corona re.

-Proprio così- disse sorridendo e sorridendo continuò.

-E’ errato pensare che ci voglia coraggio ad entrare nelle miniere fosche e urlanti della propria anima. Nei lazzaretti dove giacciono inchiodate le nostre ombre, per conoscerle e dargli la vita che finalmente le compete e che meritano. No non ci vuole coraggio, se mai , urgenza di vita, di vivere, di compiersi. Ci vuole più coraggio a non avere il coraggio! -.

Certo nonno, è importante avere questa visione. Deleterio non è lo sbaglio, ma il non comprenderlo, il non volerlo superare. Nefasto non è il morso, ma la muola che l’uomo si mette per non digrignare i denti, per non osare, per non andare contro, per non urlare le sue bestemmie, sapendo o intuendo che solo gli impotenti bestemmiano. Caro fratello non chiedermi di scrivere il dieci dopo il nove, perché scrivere questo libro è come pensare correndo. A volte si cammina spediti, a volte per non inciampare si scalciano i rifiuti lasciati ad ingombrare la strada o si è costretti a saltellare.

Nonno, apri le braccia nonno. Se scrivere è un’arte, come ogni arte, dove inizia e dove finisce. Dove non c’è più percezione e sentimento del nuovo?

-L’arte finisce dove finisce l’uomo- , rispose.

-Anche se per l’uomo, l’arte non finisce dove finisce la sua coscienza di fare. Per fare, intendo ogni artifizio, ogni costruzione teorica e non.- e continuò meravigliandomi per le finezza di quel pensiero.

-L’uomo sente anche quello che non vede, solo che ne ha paura. Lo so che adattarsi ad una vita che è nello stesso tempo: tangibile e intangibile, crea ansia e insicurezza. E so anche che questa miscela impone un pedaggio alto al vivere, perché fa germinare nell’uomo il sentimento di sentirsi minacciato. Al contrario della ragione non permette un ORDINE stabilito a priori. Anche se è un ordine e un equilibrio da funamboli, visto che tiene fuori dal calcolo parte della realtà che, anche se non misurabile con gli strumenti dell’ortodossia, esiste e genera il visibile. L’arte espressa dagli uomini, non è altro che il tentativo continuo di ricreare armonia e bellezza, in un mondo esterno-interno vissuto come alienazione e separazione. Non sa, non sanno, tranne pochi, di cogliere solo il riflesso della bellezza, della meravigliosa potenza operante dietro il sipario dell’apparenza.

A FOLLIA SI RISPONDE CON FOLLIA….NONNO

LUCIDA CALIBRATA e DISCIPLINATA

Con il are degli incontri riuscii a definire in modo sempre più dettagliato l’interno e l’esterno della capanna in legno, l’ambiente circostante, ma soprattutto lo scopo che muoveva il suo rapportarsi a me, anche se mi sfuggiva la natura reale del suo essere. Quegli occhi, erano allo stesso tempo occhi di: bambino, guerriero, di acqua e fuoco, d’animale, nel senso più alto della parola , così come d’albero e foglia; ma soprattutto erano occhi d’anziano che hanno visto tanto da essere profondamente partecipi e distanti nello stesso istante. Nonno ossa sbiancate è sempre stato di una semplicità disarmante, fresco come ombra di bosco e bruciante come lingua di fuoco. Un giorno mi disse::

- gli uomini rossi hanno braccia, cuore e mente a forma di cerchio, siedono in cerchio, hanno nel cuore tende rotonde e vivono in una natura circolare. Sul cerchio della vita sono equidistanti dal centro come tutte le altre creature che popolano Madre Terra, vivendo gomito a gomito col le forze stesse che formano

la vita: fuoco, terra acqua e aria, ma soprattutto con il soffio del Grande Spirito. Il cerchio dona la stessa dignità a tutti i punti che lo compongono, ognuno con la sua caratteristica e diversità. La vita è ciclica. -.

Si, ma chi avvelena questa Terra Sacra ? Mi rispose sereno, nonostante percepissi quelle parole come contaminate da un sepolto dolore, dalla nostalgia di una bellezza strappata e mortificata.

- Perdonare non significa piegare la testa a tutto. Perdonare è l’atto di accettare anche la disarmonia e la follia dell’uomo. E’ non giudicare, perché tutti in diverso modo siamo corresponsabili. Vuoi per creazione, per accettazione, per indifferenza o per pigra assuefazione, ma tutti siamo legati. Per prima cosa cambia te stesso e mentre lo fai non rassegnarti mai al peggio. Non assuefarti all’indifferenza., sii sempre parte e voce del mondo, hai una mano per prendere ed una per dare…ricordalo. Tu non maledire, prima o poi chi genera scempio maledirà se stesso, o meglio sentirà tutto il male causato sulla propria anima.

Sii solo il canto di strazio per le ferite e quello di gioia per le bellezze di questo immenso giardino e dei suoi abitanti. Hai mai osservato con attenzione una pietra- mi chiese in quell’occasione.

-Bene, è ora di farlo- e indicò un sasso scuro poco distante da me. -Raccoglilo ed osservalo attentamente in ogni parte, lentamente. Prenditi un giorno, un giorno intero; RICORDATI SEMPRE CHE SONO TUOI…I GIORNI, poi recati in un parco, meglio se in un bosco e siediti. Devi osservare il sasso per riuscire a vederlo-. Presi il sasso ed iniziai lentamente a rigirarlo fra le mani osservandolo in ogni direzione, soppesandolo, cercando di cogliere più informazioni possibile per acuire sempre di più la mia capacità di osservare e cogliere le più piccole sfumature, quando improvvisamente, con una risata gustosa mi fece sentire un po’ stupido ed un po’ presuntuoso. Pensavo forse di aver capito tutto mettendo la quarta alla mia capacità logico/deduttiva, topografando la struttura esterna si quel pezzo di roccia. Mi sbagliavo. La risata

si trasformò in sorriso e continuò la lezione .

-Devi darti ed avere tutto il tempo disponibile-, disse in tono amorevole ma deciso.

- Lo sviluppo della capacità di osservare è solo una conseguenza, non è la finalità-. Mi venne affianco, avvicinando ed allontanando il sasso stretto nelle mie mani dagli occhi che lo studiavano e issandolo come un oggetto raro disse:

- giralo in modo impercettibile e cogli ogni piega della sua pelle. Gli anfratti e le colorazioni che la caratterizzano, incrostazioni varie e differenze di materiale, la forma o meglio le forme, il peso, dimensioni e grafie, tutto quello che c’è da cogliere, associazioni comprese. Fatto questo- , continuò con un tono squisitamente didattico,

- gira il sasso fra le mani più velocemente, osservando con estrema attenzione cercando di ri-cogliere quello che hai notato prima. Dopo di che, allontana il sasso per tutta la lunghezza del braccio e sfoca lo sguardo.

DATTI TUTTO IL TEMPO PER OGNI FASE, fino a quando di quella meraviglia non ne avrai fatto una mappa mentale. Ci vogliono ore…ore…ore, giorni e giorni. Arrivato a questa fase, o meglio a questa condizione, scegli un forellino, una ferita, una fenditura nel corpo del sasso ed osservala con estrema attenzione, poi sfocato lo sguardo chiudi gli occhi e lanciati con il sistema rotante del vulcano dentro quell’universo di pietra che è parte di te e …..buon viaggio. Quando vengono utilizzati i nostri sensi E AL DI Là DI ESSI, non c’è miglior fonte di conoscenza che l’esperienza diretta-.

Durante uno dei primi incontri, mentre ero di fronte a lui e mi percepivo in forma di correnti che circolarmente si muovevano dentro di me, a destra e a sinistra, l’una in senso orario, l’altra antiorario rispetto all’asse della mia colonna, disse:

“quando nel cuore degli uomini si libera la fiamma dello spirito, quando quel canto umido di nostalgia rimbalza nelle gole del proprio paesaggio, quella fiammella non si spegnerà più. Divamperà fino a trasformarti in un nuovo essere libero o bruciarti in follia o alienazione, a te la scelta.

La normalità”, continuò incalzandomi con un timbro di voce e un tono tra il serioso ed il preoccupato quasi per spaventarmi,

“la normalità busserà alla tua porta continuamente per reclamare il suo pedaggio. In fin dei conti stai vivendo sulla sua riserva fatta di: consuetudini, luoghi comuni, abitudini, aspettative, omologazioni, consensi, protezioni, identità, il tutto condito da quel sale chiamato IMPORTANZA PERSONALE,…….. IMMAGINE .. FORMA.

Autorità costituite quali: legami, affetti, impegni professionali, codici di comportamento, non possono che spaventarsi di fronte ad un essere; uomo o donna che sia, che abbracci una via del genere.

La via dello Spirito è via di libertà in assoluto ed in questo ogni società vede un attentato alla propria esistenza, anche perché il primo o è libertà dagli stereotipi, sui quali si basa il consenso, l’accettazione e il potere sugli altri. Per un guerriero la Libertà è libertà da se stesso e ci vuole un grande amore nell’accettare e vivere questo richiamo, come altrettanto ce ne vuole, nell’accettare che qualcuno lo segua”.

Si, LIBERTA’ E’ LIBERTA’ da SE STESSI.

Non c’è niente da aggiungere, paradossalmente c’è solo da togliere e questa è la grande fatica dell’uomo- .

Si, togliere se stessi di mezzo significa abbandonarsi. Farsi canna, osso cavo, semplicemente togliere dal centro del nostro mondo l’idea che abbiamo di noi stessi. Ecco il porgi l’altra guancia di cristiana memoria. Farsi piccoli da are inosservati, farsi gli ultimi nella corsa al predominio dell’ego e dell’immagine, dell’illusione. Destituire la presunzione, perché l’alto è ovunque.

Solo chi ha la brocca vuota da se tesso può ospitare, accogliere altro, farsi chioma per il vento fecondante dello spirito.

LA LINGUA PERDUTA

Capitolo Quarto

Se parli con voce del mondo e lasci tracciare sul corpo Bianco tuo di parola, pianta, animale, sasso, lasciando che il vento sull’arsa distesa del calcolo disegni il suo gioco.

Se nuoti simile a trasparente e consapevole pensiero nel loro cuore di nulla,

ascolta : si possono udire parole, ascolta , si parla..

Dopo i primi incontri tutto prese una china terribilmente impegnativa, anche se devo confessare che era proprio quello che andavo cercando. Qualcuno che mi scuotesse, che fe di me laboratorio per forgiare le potenzialità inespresse, non solo con pratiche ed esercizi più o meno mentali, ma con forze che vivono dentro e fuori di noi, abitando l’universo intero. Oggi so che nessuno più di nonno Ossa Sbiancate, poteva fare di me una foglia, il vento, l’acqua, fuoco, terra, albero, lupo e quanto la natura sgrana come chicchi di rosario per darci in pasto a quella forza cosmica che chiamiamo amore e che abbiamo sempre paura di riconoscere ed abbracciare. Oggi so che amare l’altro come se stesso, significa riconoscere nell’altro la maestà dello Spirito che respira in noi. Sapendo che non è possibile amare, se non si ha gioia nel chinarsi a porre la stessa nostra corona sul capo di un animale, di una pianta di un sasso, di un fiume o di un fuoco. Senza di loro, l’uomo non sarebbe tale. Senza piante non ci sarebbero animali,,,e senza acqua?....L’uomo semplicemente non sarebbe. Una piccola foglia, un tessuto vegetale, nella sua infinita varietà ci permette di vivere, ci offre la vita. Il Divino fa dipendere l’esistenza dell’uomo da un mosaico intrecciato di creature con un ordito ed un disegno talmente meraviglioso che tutte le creazioni e

cattedrali, tutti gli affreschi, le sculture e le scienze dell’altezzosa mente umana, appaiono nella loro grandiosa bellezza: esercizi di genere. Ma invece di lodare questo arazzo, questo dono di vita, l’uomo lo calpesta. Lo ferisce come impunemente fa con i suoi simili: vecchi, deboli, donne e bambini compresi. Lo so, lo so, qualcuno direbbe che questo è un atteggiamento morale, che aver compreso significa essere distanti e distaccati, essere oltre il bene e il male e che partecipare alla vita con questo sentire è sinonimo di essere ancora preda dell’illusione del mondo. Bene, io dico di no, anche se la mia è solo una piccola voce. Qualcuno, fatto are dall'agiografia ufficiale e popolana per una sorta di efebo biondo e sdolcinato, il cui regno non è di questo mondo, come si pensa andasse dicendo: cacciò i mercanti dal tempio a frustate, non con scudiscio di cuoio, ma con corde intrecciate, “ fatta allora una sferza di cordicelle…….”.

Quello stesso qualcuno, dava dell’ipocrita ai farisei chiamandoli “sepolcri imbiancati” e senza aggiungere troppo, nel quinto vangelo di Tommaso dice: “ Tommaso, non nascondere mai la verità. Ciò che ti entra da un orecchio, fallo uscire dalla bocca, gridandolo forte a tutti! Sono stati i ladri e gli assassini ad inventare, per loro convenienza, l’usanza che sia peccaminoso fare la spia. Verrà il giorno in cui non sarà più possibile tenere segreta alcuna cosa. L’uomo non avrà più nascondigli, maschere, scudi e foglie di fico. Anche il pensiero più recondito sarà in piena luce. Tutte le lampade usciranno dai loro nascondigli e brilleranno nei luoghi alti.”

Non credo si debba essere distanti e basta. La distanza va mantenuta anche nella partecipazione alla vita, nel grido e nell’alleluia..Distanza non significa indifferenza. Anche nell’azione si può mantenere una sana distanza che ci permetta di essere lucidi e protetti. Distanza, non significa accettazione acritica e incapacità ad abbandonarsi. Non attaccarsi al risultato implica già un distacco. Un percorrere una strada dove si accetta sia quello che fiancheggia la destra e la sinistra. L’amore chiede di essere cuciti ad esso. Essere il filo che tiene unita la vita. L’umanità è un grande tappeto che giace con grandi parti ferite e strappate, logore e sporche, che offendono la bellezza del disegno e piccole parti pregiate che offendono l’uomo e la sua dignità per non voler curare la grande parte sofferente e lacerata. A ognuno la sua totale responsabilità…immancabilmente, ma essendo tutti collegati con il tutto; quello che abbiamo creato e viviamo è una

sorta di multiproprietà. Tutti siamo responsabili, per comportamento attivo o ivo. Senza assenso, senza acquisto , dove sarebbero i potentati che governano il mondo?

Il cerchio in movimento

- Vai quattro giorni in montagna, fai il cerchio, digiuna e osserva il tuo camminare attraverso l’Est, il Sud, l’Ovest ed il Nord.-. Sapevo che si riferiva alla ruota della medicina,. Era parte della sua cultura e me la stava insegnando partendo da me stesso. Comprai alcuni testi che lessi avidamente. Almeno, così pensavo, anche se non esatta, avrei avuto una generica conoscenza dell’argomento. Come si dice, mi sarei potuto meglio orientare. Feci lo zaino, il sacco a pelo, un giaccone, un piccolo igloo, un bastone di corniolo, incensi, i miei cristalli , e mi incamminai. Era il primo giorno del mondo, l’aria sembrava elettrizzata dagli arpeggi degli uccelli. La Luna piena infarinava il sentiero con luce vitrea, lattea e le cime dei monti anche se morbide sembravano nascondere un segreto da decifrare, almeno ai miei occhi. Il ginocchio mi sorresse senza problemi e questo aiutò la mia determinazione in quanto spesso mi capitava di pensare al primo incontro con nonno, alla sua mano sul mio ginocchio in termini dubbiosi, con la paura che fosse solo una mia proiezione. Se fosse il tiro mancino della mia importanza personale che, in modo raffinato mi sta portando fuori strada ? Se fosse…. se fosse, difficile capirlo. Certo questo faceva parte del dubbio, ma c’era anche l’evento del ginocchio e ossa sbiancate, spirito o uomo che fosse aveva permesso un risultato quantificabile, il risultato era vero e vera era l’energia e la dedizione che mi aveva insufflato. Come un animale riconosce con la forza dell’olfatto il suo cibo, così in nonno io avevo riconosciuto alimento per la mia anima, per la mia evoluzione. Quali segni nonno, lo Spirito pone sulla strada e come interpretarli.

Pensando questo pensiero, camminavo con attenzione, pronto a cogliere ogni elemento da decifrare, senza accorgermi che nel frattempo, o dopo o, dietro di me, due cani mi stavano accompagnando fin lassù. Arrivati in cima, senza una leccata, senza uno sguardo, come se non esistessi, fecero dietrofront, tornando a casa loro da dove erano partiti. Era chiaro il riferimento alla fiducia ed alla fedeltà e sorridendo della mia cecità, mi sentii avvolto da questo abbraccio. L’universo mi ha abbracciato pensai, ha riconosciuto che i miei piedi lo stanno cercando. Accesi la mistura di erbe secche che avevo portato, purificai me e offrii fumo alle forze delle direzioni, poi purificai il cerchio dentro e fuori.

Lasciai salire lo sguardo verso l’alto insieme al fumo e ringraziai colui che non ha nome e tutti li possiede .

Un rito, se non viene avvilito ad essere pura scenografia, è sempre una voce che chiama lo Spirito. E’ un posizionarsi in una parte del mondo e chiamarlo, aspettarlo, essendo sicuri che farà festa con noi. Anzi è la festa stessa, ovunque, in ogni spazio e tempo.

Ogni giorno ho lavorato con una diversa direzione, affrontandone tutti gli aspetti in relazione alla mia vita ed alle forze che operano in me: fuoco, acqua, terra ed aria .Ho riascoltato la narrazione della mia esistenza. Con quale modalità ho camminato e su quali strade. Ho accolto in me quella solitudine, ascoltato i suoni del giorno e della notte. Mi sono sentito aprire dalla gioia, nel sentire il vento alzarsi all’improvviso in una giornata di calda bonaccia soffiarmi fresco sul viso dopo aver lavorato con l’energia dell’aria e in un attimo dopo svanire .Ho sorriso incredulo nel vedere un nugolo di farfalle rincorrersi giocando all’interno del cerchio dove ero seduto e poi allontanarsi in mille direzioni in un battito di ciglia. Stringere dalla paura, quando durante un viaggio con Ossa sbiancate, al cui fianco due lupi mostravano le zanne; un ululato proveniente dal bosco colpì come una freccia l’intero mio corpo, dandomi il senso dell’impotenza. Senso di impotenza che si amplificò quando in piena notte, un animale grande quanto un grosso cane del quale sentivo il fiato ansimare, fece vari giri strusciando con il corpo contro il piccolo igloo nel quale dormivo. Non ho contato quanti giri fece, ne quanto tempo restò lì. Tanto meno mi chiesi che tipo di animale fosse. Il tempo sembrava essere sospeso in quei momenti e l’unica sensazione definita era un gran freddo interiore come se avessi viscere di ghiaccio, tormentate da quel profondo e rauco ansimare. ai la notte in uno stato di dormiveglia e ringraziai il sorgere del Sole come si ringrazia un salvatore. E’ difficile esprimere una paura che non sgorga dalla mente, da un ricordo, da un’esperienza, ma totalmente dalla profondità del corpo. In quell’occasione, un grido interno e soffocato ruggì la sua totale impotenza e incomprensione.

Ecco, il sole si è di nuovo alzato e la luna di nuovo lo porterà a dormire

come sempre. Mi rincuorai così. Poi con il giorno svanì la paura e si affacciò l'ansia, una sottile ma presente inquietudine, una sensazione logorante di impotenza prese posto nella mia mente e mi accompagnò per tutta la giornata. La natura non è solo più grande di me pensai, ma molto più profonda e misteriosa di quanto potessi fino allora immaginare. Noi, culmine immaginario dell'evoluzione, non pensiamo mai di avere dentro tutti i processi che ci hanno preceduti, dalla parola creativa al sasso all'alga, alla pianta, all'animale e a quell'intreccio meraviglioso di energie e neuroni che chiamiamo uomo. Certo sembra solo un cumulo di concetti, ma come ci sfiora questo sentire, quello stesso pensiero toglie il fiato. Come non si può amare quello che ci ha formato in questo lungo cammino. Come si fa a non sentire amore verso queste forme di vita, verso queste creature unite dall'unico abbraccio dello spirito che hanno dato forma e materiale alla nostra evoluzione. Lo spirito è evoluzione, non staticità e il materiale con cui la vita è formata è tutto nella tabella di Mendelev. Però, tutto quel materiale chiamato -atomo-, non è altro che vuoto. Apparente vuoto, energia....che meraviglia!!!

Il giorno dedicato al Sud, il secondo giorno, in un incontro nonno mi disse: incontra la famiglia delle piante, incontrale con il lancio del vulcano. Impara a parlare con loro. Sii umile, hanno molto da insegnarti, ma non rinchiuderti nel tecnicismo, non pensare che la tecnica sia la chiave magica….lo strumento da perfezionare è sempre l’uomo. Tu sei la tecnica, tu devi essere il rito, abbandonati e spalanca le porte della tua casa, tu sei la chiave-.

Seduto, visualizzai la montagna cava in me e roteai talmente forte che mi venne la nausea, ma la narrazione e l'informazione che ogni pianta di donò mi ripagò di ogni malessere. Anche questo regno da quel giorno divenne un mondo. Da quell'esperienza, la pianta, non posso non chiamarla amica. Un'amica, una sorella che serve la vita con le caratteristiche e i compiti che la vita stessa gli ha fornito e per le quali le ha formate.

E’ incredibile quanto l’attrazione per la natura, il rispetto ecologico-ambientale, l’amore per le eggiate, le erbe, i funghi, gli animali, viaggi e letture pur nella loro grande importanza, all’improvviso, mi siano apparse come una sorta di tenera carezza in rapporto all’abbraccio totale vissuto in quei quattro giorni . Questo, una volta per tutte, mi ha dato il senso della distanza che, soprattutto l’uomo occidentale con la sua cultura oggi in espansione a macchia d’olio, vive nei confronti di ciò che lo circonda. Anche se l’uomo, in preda al suo delirio di onnipotenza si convincesse di essere solo un costrutto biologico casuale, un perfetto scherzo dell’evoluzione; depredare e distruggere la natura, inquinare anche se stesso come fa capillarmente in ogni parte del pianeta, sembra sempre più l’atto inconsulto di un folle. Purtroppo nella storia l’uomo ha dimostrato quasi sempre di non voler ascoltare. Dov’è finito quel monito:” chi ha orecchie per intendere intenda”. Più che intendere egli ha frainteso, o più semplicemente ha inteso solo in funzione del suo potere.

La Terra e gli uomini stessi non dovrebbero mai essere considerati - concime per il giardino dei vincenti

.

OGNUNO E’ RESPONSABILE DI SE STESSO AL CENTO PER CENTO. Lo so, ma TUTTI SIAMO COLLEGATI IN QUESTO UNIVERSO, allora torno a dire: VIVIAMO TUTTI IN UN A MULTIPROPRIETA’

Per questo, non farebbe male anche a noi impugnare una FRUSTA per cacciare i mercanti dal tempio. Ma questo non è praticabile se prima, da quel tempio chiamato uomo, non si cacciano i nostri astuti mercanti. Egoismo, orgoglio, ipocrisia, cinismo, indifferenza ma anche importanza personale, senso di rivalsa, cristallizzazioni intorno a ……e bisogno di potere. Ognuno i suoi, senza

ricorrere a croci, cilici, torture, persecuzioni e sopraffazioni. Mai dimenticando che il regno, il paradiso terrestre è qui ed è proprio qui che dobbiamo realizzarlo per portarlo con noi altrove. Se pulire significa togliere l’eccesso, eliminare ciò che offusca, gettare l’inutile, rendere abitabile e gioiosa, invitante e profumata la casa che offriamo: allora in primis, tutto questo va praticato nel nostro tempio interiore, in quella sancta sanctorum nelle cui profondità vive il respiro dello spirito e altro compito non ha che vivificare come una fiaccola la nostra vita. Dentro di noi è il paradiso terrestre, la terra promessa….l’età dell’oro è tutta lì.

INCONTRO CON L’ANIMALE TUTELARE.

Capitolo Quinto

- Il tuo colore è il Bianco e il Rosso - mi disse una volta.

- Continua così, non scimmiottare mai i modi del popolo Rosso, continua così cristiano: essere l’ago che cuce le distanze è un compito arduo…non distrarti mai e non aver paura di mostrare una gioia incontaminata, di ringraziare ed amare la Terra che ti sostiene come madre, di danzare, cantare e sorridere alle opere dello Spirito; dal più piccolo elemento, al più grande. Sappi che sei immerso in una realtà unica visibile ed invisibile, dove è solo la malattia dell’uomo, il suo essere separato a determinare il Bene ed il Male-. Un uomo può entrare in una casa solo se trova porte o finestre aperte...altrimenti la sua presenza in quella casa non sarà mai possibile.

E’ stupefacente parlare così con la semplicità di chi dice: l’acqua calda è calda quella fredda è fredda. E’ facile nonno accettare con la mente questo pensiero, questo immaginario. Sentirlo con l’emozione come fosse una bella possibile poesia; ma viverlo in profondità come reale, sostenerlo con il corpo che è materia evidente, sicurezza nel dubbio e bussola che si manifesta nel qui ed ora in un preciso spazio-tempo, sostenerlo mentre scriviamo con esso la nostra presenza nel mondo, è cosa ardua nonno, è cosa ardua. Per te che la cammini nonno, questa dimensione spirituale è di una verità oserei dire scontata. Per noi no….per me no. Guarda il nostro occidente, dissi con una sorta di scoramento. Al di là delle differenze tra cattolici, protestanti, e tutte le possibili sfumature teologiche, è un mondo che nasce e crede nel Cristo. Dovrebbe avere quindi a rigore di logica una visione della vita in sintonia con il messaggio stesso di Gesù.. Dovrebbe essere una umanità sprizzante amore da tutti i pori della pelle; invece è ossessionata dalla morte, soffre di cannibalismo ed è pronta a sfruttare tutto ciò che può essere sfruttabile. Terra, animali, uomini, aria, tutto è merce,

nient’altro che materia di scambio. Anche se poi leniamo le ferite esaltandoci delle nostre opere: cattedrali, opere d’arte, filosofia, musica, di geniali invenzioni scientifiche, ecc…ecc…ancora oggi, dopo millenni esportiamo guerre, sfruttamento e soffocamento dell’uomo su l’uomo. Ci avveleniamo avvelenando la nostra Terra. e qui mi fermo, ricordando solo quanto sangue è stato versato e quanto se ne versa ancora nel mondo in nome di Dio. Di un Dio, nel nostro caso di cristiani, che ha manifestato la sua presenza tra di noi, magnificandosi e magnificandoci sull’unica legge non scritta degna di essere sempre vissuta: l’Amore. E’ sconfortante dissi. Ma non ricevetti nessun assenso al mio sfogo. Anche se mi ascoltava, la sua attenzione era rivolta ad altro. Stava impastando qualcosa in una ciotola di legno, quando alzò la mano destra come per dirmi - silenzio-. Fermai quella sorta di patetico monologo-riflessione, mentre lui, alzandosi, senza pronunciare parola mi fece cenno di seguirlo fuori dalla sua casa in legno. Si fermò poco distante seduto all’ombra di un albero e battendo in terra, fece cenno con la mano invitandomi a sedere accanto a lui.

-E’ ora che conosci altri abitanti di questo universo- disse sorridendo. Mi guardò negli occhi un attimo e senza darmi il tempo di potere formulare né un dubbio, né un pensiero mi strinse la mano dicendomi: -ti sto stringendo una mano, quindi per te esisto. Un sogno non ti stringe la mano-e così dicendo la serrò ancora più forte.

-Però il sogno esiste, o no-?

Poi senza attendere risposta ficcò l’indice di entrambe le mani nelle mie orecchie chiedendomi con tono da sberleffo:- quanti suoni non senti che pure esistono-?. Quante cose non vedi che esistono-?

Quante, quante, quante, in quel momento mi afferrò un pensiero beffardo che quasi mi stordì: dove inizio io e dove termino, visto che la mia materia come tutta la materia altro non è che un insieme di campi mdi energia, pura energia. Se in quello che chiamiamo etere esistono senza perdere niente della loro

caratteristica raggi ed energie di diversa tipologia : onde radio, fotoni, ultrasuoni, raggi x, raggi gamma, fasci di ecc…ecc…tanto da poterli stipare in una scatola senza che si fondano uno nell’altro, dando vita ad informazioni differenziate ( una dall’altra ) e a diversi sistemi e strumenti di lettura, vedi computer, radio, televisione, radar ecc….; non mi sembra strano che in uno stesso spazio possano esistere diverse dimensioni energetiche. Nello spazio occupato dal mio corpo, in quella precisa zona di universo invasa da me, quale altra vita, quale altro tempo si stanno manifestando, visto che tutto è energia, danza di elettroni, protoni, danza di i infinitamente piccoli e niente nel vuoto esiste di quello che chiamiamo MATERIA, la grande Mater, la prima semenza manifesta. Hai ragione mi disse, come se avesse colto la portata di quello che andavo pensando, poi aggiunse: -è inutile forarsi la testa con simili aghi- e sempre sorridendo, invitandomi a camminare dietro di lui disse:

-ora andrai a fare visita ad alcuni di questi vicini di casa-. Mi diede una pacca sulla spalla carica d’affetto e sostegno, poi tornati nella sua casa di legno, chiuse porta e finestra e mentre accendeva un piccolo fuoco mi disse con semplice indifferenza- non avere timore-.

Quel piccolo fuoco di rametti di legno raccolti già secchi nel bosco, emanava una tenue eppur rassicurante luce che definiva le rughe di nonno quasi fossero un gretto di Burri, un mandala che ti invitava a perderti in quel labirinto di segni carichi di vita e memoria. Con gesti sicuri, calmi, quasi rallentati, come usava in ogni situazione rituale, estrasse da una sacca di stoffa una treccia d’erba secca. L’accese con un rametto di quel piccolo fuoco, poi ne spense la fiamma e con la mano, quasi fosse una grande piuma, iniziò a fumigare lui, me e l’interno della casa. Mentre cantilenava una canzone di sole vocali, vedevo che muoveva le mani che sorreggevano la treccia di erbe verso l’alto, facendo segni e movimenti che non riuscivi a definire bene. Incredibilmente iniziai a percepire il mio corpo come fumo che di dissolveva e quando mi disse: - siedi-, quella voce sembrava venire da lontano, da molto lontano. Come portata dal vento la sua voce continuò ad istruirmi sul cosa fare. A guidarmi in quella prima esperienza con quelli che nonno, scherzando, chiamava i nostri vicini.

- Siediti come il vulcano - disse e mi suggerì di trovare nella mia memoria un pozzo, una grotta, un tunnel o qualsiasi perforazione naturale che penetrasse nella carne della Terra. Fatto questo mi invitò a ringraziare ed a chiamare a me i poteri delle direzioni per sostenermi ed aiutarmi in quel primo viaggio alla scoperta del mio animale tutelare, mentre durante tutto il viaggio mi sollecitava a descrivere a voce alta quello che succedeva. Anche se non era la prima volta che il mio spirito si estendeva oltre i limiti del corpo in dimensioni altre, quel primo viaggio nel mondo inferiore, nella carne della Terra, come diceva ossa sbiancate, fu, grazie alla sua guida di una chiarezza percettiva impressionante.

Entrato nel cunicolo di una cava che conoscevo fin dall’infanzia per essere un posto di gioco, mi ritrovai subito a scivolare in un budello fangoso che scendeva ripido verso il basso. Mi sentivo un proiettile infangato che nella sua corsa si riempiva di sporcizia, ragnatele, fino a precipitare in una pozza d’acqua chiara ribollente, come fosse un getto frizzante, uno zampillo sotterraneo che mi entrava nelle orecchie, nelle narici nella bocca, lavandomi e purificandomi. Sentivo in lontananza la voce un po’ rauca di nonno che mi ricordava di descrivere.

-Guardati intorno, cosa vedi, cosa senti. Tocca con le mani con gli occhi, con tutta la tua memoria materia…tu conosci tutto, hai memoria di quello che è ruvido, viscido, spugnoso, cedevole ecc…ecc . Osserva i colori, percepiscine il carattere, la luce, sii…- e proprio in quell’istante mi resi conto di essere intrappolato in una grotta sotterranea d’acqua limpida. Era una sorta di cupola nera d’ossidiana con grige venature di roccia opaca. Una prigione ben levigata e senza appigli ne aperture , quasi un gioiello, un gioiello di prigione. Nonno sono intrappolato, gli dissi con una sorta d’ansia, ma le uniche parole d’aiuto che mi arrivarono furono: -hai risorse illimitate. L’unico nemico può essere per ora, solo la tua paura. Essa è legata all’uomo come un’ombra al corpo, fino a quando egli stesso non diventi un perenne mezzogiorno. Ma tu sei folle al punto giusto per non considerarla.-. Respirai e mi immersi in quell’acqua ribollente sentendomi risucchiare come un tappo di sughero in quella sorta di buco nero. Quel vortice mi aspirò come un bacio che annulla e stordisce e nonostante continuassi a pensare (niente può succedermi di grave), quella immersione non finiva mai, tanto che a un certo punto ebbi l’impressione che mi mancasse l’aria

realmente. Sentivo che le mie gambe si scuotevano in modo più energico e in quel preciso istante un urlo secco mi uscì dalla gola tanto che non sembrava neanche il mio e all’improvviso una parete di roccia crollò e mi trovai gettato nel vuoto avvolto in una cascata d’acqua schiumosa. Fu un lungo e sconcertante viaggio, ma alla fine tornai pieno di entusiasmo con il mio animale tutelare ben stretto tra le mie braccia. Ossa sbiancate mi guidò magistralmente in tutte le fasi di quell’esperienza e quando mi ripresi stanco e sudato mi disse: -alzati, sii l’animale stesso, il suo paesaggio e danzalo. Prima di iniziare mi suggerì di ancorarmi bene in terra:

-con le dita dei piedi arpiona la pelle della Terra, senti la tua forza, la tua stabilità, l’energia che arriva da sotto e trasformati nel tuo animale. Rappresenta ciò che devi apprendere e vivere-. Non mi disse altro se non il solito: -adesso vai-.

Ripresi pieno possesso di me e danzai. Non ho espresso intenzionalmente tutta la narrazione di questo primo viaggio che custodisco in me in tutta la sua ricchezza, proprio per evitare di farlo apparire con la misura della parola solo una invenzione favolistica e inquinarne la portata. E’ un mio intimo gioiello e come tale brillerà nello scrigno della mia anima, perché come ripete spesso nonno: -ogni aggancio del magico che offri agli altri è una buona occasione per farti trascinare e imprigionare nelle paludi della ragionevolezza e dopo in quelle del dubbio e della sfiducia-.

Numerosi viaggi sono seguiti a questo primo, come numerosi sono stati e sono gli insegnamenti relativi a quella dimensione, fino ad incontrare altri animali, altri alleati, da far nascere in me una grande gratitudine e rispetto.

Più si scende nel dominio del buio, più consono sarebbe chiamarlo sconosciuto, più si sprofonda nel primigenio, nel lontano, in quello spazio-tempo ancora non umano. Forse questo e il territorio di quella dimensione chiamata inconscio, che non può identificarsi solo con il non-cosciente, ma rappresenta essenzialmente il

Primario, l’Elementare, inteso come forze formanti, Archetipiche. Lì le forze del mito sono intatte e vitali. L’irragionevole è ragionevole, l’impossibile è possibile, il vero è il vero e il falso non esiste. In quella zona chiamata Mondo Inferiore, da non confondere con l’inferno delle religioni istituzionalizzate, vivono gli Animali Tutelari, regno virtuale di segni e disegni, di insegnamenti, al quale è possibile accedere perché dentro di noi e noi ne siamo la porta. L’uomo non è un ammasso di carne che cammina staccato da terra e cielo, l’uomo è terra e cielo. E’ un arco voltaico che collega la Madre e il Padre, il femminile e il maschile, le forze telluriche e quelle del fulmine. Ha radici che lo ancorano e l’alimentano dal sotto. E’ la canna che conosce la lingua della Terra e fa risuonare come un flauto il respiro del cielo, ma questo l’uomo non lo sa più. Ha posto le parole sul trono della sua testa e trascinato Dio nelle università, interpretandolo più che viverlo. In quella dimensione denominata Mondo di sotto o inferiore, c’è tutta la memoria dell’umano, del pre-umano e delle forze che come mirabili artisti-artigiani consapevolmente, mantengono vivo e vicino l'incommensurabile infinito. Quello che comunemente chiamiamo in-conscio, non corrisponde solo al non cosciente, ma soprattutto al non-sondabile.

-L’uomo è un mistero-, mi disse durante uno dei nostri incontri.

-Più terra verrà portata in luce di questo insondabile mistero, più buio si scoprirà-.

Un altro giorno, parlandomi delle modalità scoperte dall’uomo per esplorare e conoscere l’invisibile in ogni angolo del mondo, da ogni differente cultura sciamanica, mi disse:

-tutti conosciamo e pratichiamo l’incontro con l’animale tutelare e il potere che ci irradia, la caccia all’anima per ritrovare salute ed unità e tutti tracciamo un cerchio per tenere per mano la pietra, l’albero, le famiglie degli animali e le mirabili forza del fuoco, dell’acqua, della terra e dell’aria. Come vedi gli uomini si parlano a distanza senza saperlo-

Sorrise fissandomi dritto negli occhi, poi con naturalezza si avvicinò al mio orecchio sinistro sussurrando quattro volte:-l’Universo è tutta una voce-.

Un giorno, a proposito del volare nel Mondo di sotto, mi disse : -vedi, penetrare in quell’universo non significa fare luce, significa semplicemente fare esperienza. Connettersi ed ascoltare altre voci della vita, cogliere altri insegnamenti riguardo a noi stessi e all’universo, altre lingue che non conosciamo più: quella degli alberi, dei sassi, degli animali, del fuoco, dell’acqua dell’aria, della terra e di ogni cosa manifesta. Cogliere aspetti della malattia e della guarigione da ricondurci a noi stessi ed aiutarci a guarire. Significa camminare nuovamente su terre dimenticate e rese tabù dal guardiano della ragione.-.

OGNI METAFORA NASCONDE PARTE DI VERITA’

E OGNI IMMAGINE PARLA DI NOI.

- Non ti dirò cosa rappresenta per te l’animale che hai trovato, se ti apri e rischi lo sbaglio, la presunzione di non avere in te parti animali che ti spingono all’azione, di fare a meno di un insegnante con pelo e zanne…bene, allora capirai tutto.

-Ricorda sempre -, mi disse con voce calma e inflessibile, come stesse rivelandomi un grande segreto del quale avrei dovuto farne tesoro.

-Non mortificare mai dentro di te questa dimensione con il dubbio. Un guerriero deve credere. È’ questa la sua follia. Ha bisogno di credere in quello che è annebbiato dal mistero, in quello che è insondabile, inconoscibile, perché proprio lui sarà la sonda che si avventura. Non essere ingenuo, abbi sempre la forza di sperimentare ciò che ricevi, perché nonostante l’intero corpo di quella dimensione è vero, le deduzioni che puoi trarne NO!. Puoi interpretare ed inquinare: SUONI, IMMAGINI, PAROLE, insomma la narrazione nelle sue parti spesso più significative. Puoi deformare il sogno che stai vivendo con tue personali aspettative, con desideri e paure…e questo porterebbe fuori pista, porterebbe verso l’inganno, verso la tua non-libertà. Da questo ci si libera soltanto sperimentando senza mettere in dubbio, in crisi, la verità di tale dimensione-.

Spesso ritornava su tale questione. Il suo linguaggio asciutto e poetico allo stesso tempo non cedeva mai spazio a immagini gratuite, a Misteri o Sophie di genere, superstizione, ne tanto meno al dogma. Evitava con attenzione di scivolare nell’intellettualismo di comodo, prediligendo sistematicamente la pratica.

Noi veniamo da qualcosa che è terreo, opaco, scuro e informe per eccellenza: il fango.- allora il Signore Dio plasmò l’uomo con polvere del suolo e soffiò nelle sue narici un alito di vita-.

Il creato è nato dal suo pensiero, dalla sua parola, dal suo intento astratto e cristallino; nient’altro che pensiero, a differenza dell’uomo che ha avuto bisogno della materia, dell’argilla, del già creato.

Nasce dalla materia più umile e fondante. Da quel germe informe che in modo sprezzante viene chiamata Terra. Questa Terra unita all’Intento ha generato l’uomo. Uno non avrebbe potuto fare a meno dell’altro. Si sostanziano a vicenda, il cielo e la terra, la luce espansa e quella contratta. Se nasciamo dalla polvere, dal fango. Se il nostro sangue e la nostra materia si genera da quella carne primordiale, dobbiamo conoscere questo fango in tutto il suo fosco,

luminoso, reggente potere.

- Parla, chiedi, osserva-, insisteva sempre.

-Comunica con forza ed umiltà perché ogni atto in quella dimensione può essere di straordinaria importanza, ma soprattutto ricordati che niente è fantasia. E’ realtà. E’ un vivo universo e, come tutte le dimensioni, è una realtà esistente nell’inesistente. Niente esiste di tutto ciò che esiste, eppure tutto esiste. La materia ha leggi e potenzialità diverse da quella che conosciamo noi . Niente è immutabile e niente è mutabile. Per questo ognuno ritrova gli ambienti definiti dalla sua storia e dal suo pensiero. Deserti, mari, montagne, flora e fauna, elementi di ogni tipo, miti, favole e leggende, tutto è vero. Il pensiero è datato di braccia in quella dimensione. Costruisce immediatamente la sua realtà, come anche le sue paure-.

Senza che me ne rendessi conto, nonno stava tracciando per me una topografia da esperto cartografo. Incontro dopo incontro, mi rivelava la natura, le insidie e le incredibili potenzialità di quel mondo a-temporale e a-spaziale. Mi è venuto in mente un pensiero strano nonno, gli dissi entusiasta per l’intuizione avuta.

Se in quella terra è possibile comunicare con ogni forma di vita, se non esiste la Babele delle lingue ed è sufficiente formulare il proprio pensiero per comunicare; non è forse questo territorio una sorta di Eden, quel luogo mitico dove l’uomo faceva ancora parte del cerchio, senza separazione e solitudine?

-CHI HA IL CORAGGIO DI DOMANDARE, DEVE TROVARE ANCHE QUELLO DI RISPONDERE-.

Grazie per avermi lasciato così nonno. Grazie per avermi ricordato che un uomo che cerca è un affamato che non si sazia più dei suoi limiti. E’ la pecora che salta il recinto, si smarrisce ed obbliga il pastore alla ricerca, perché amarsi è anche conoscersi, sperimentarsi, forzare la paura per adempiere ciò che siamo, far divenire piante quei meravigliosi semi che abbiamo dentro. Semi che hanno il diritto-dovere di compiersi. La libertà inizia da questo rispettarsi per quello che si è e da quello che si porta dentro. Grazie per ricordarmi che la vita non ha interruzioni, né durante, né dopo.

Grazie per mettermi nella condizione di ringraziarti. La vita è incinta di vita. E’ sempre piena di vita. In ogni granello di polvere, nell’infinitamente piccolo come nel più grande, altro non è che un pupillare di vita. E’ energia che si abbraccia, si attrae e respinge con una sensuale danza d’amore, perché la parola che la genera, parola senza misura, è proprio quella: AMORE

Regola

Ogni cosa che fai ha bisogno di un luogo, almeno per ora. Poi troverai un non luogo.

Ogni atto che pratichi necessita di un tempo, almeno per ora. Poi troverai un non tempo.

Puoi camminare, correre, saltare, ma nonostante tutto, i tuoi i hanno bisogno di essere posti uno dietro l’altro.

Ecco le regole: concatenazioni funzionali a percorrere certi territori senza subire danni, anzi limitandoli se mai si manifestassero.

-Ricordati sempre di queste semplici cose quando viaggi in quel mondo-.

Queste sono sempre state le raccomandazioni di nonno :

*Non accettare caramelle dagli estranei, né in forma di dolci né in forma di prestazioni sessuali.

*Non cercare mai di mettere il guinzaglio al tuo animale tutelare, potrebbe morderti.

*Non fidarti mai degli estranei, potrebbero portarti in luoghi sconosciuti dai quali non si ritorna!.

*Ma soprattutto non firmare niente!. Non promettere niente e non lasciare il tuo indirizzo a nessuno, in fondo in fondo sono pur sempre esseri o elementi NON CIVILIZZATI.

Detto questo, alcuni consigli pratici non rilevanti quali i seguenti, forse potrebbero tornare utili in qualche caso.

*Lì sei un ospite, eppure conduci il gioco.

*Abbandonati, ma ricordati che solo un cuore forte può farlo, per questo abbi fiducia in te stesso e nell’universo.

*Tu sei una fonte di risorse illimitate, il tuo pensiero crea e lì puoi affrontare e modellare la realtà nei modi che ritieni più appropriati. Ricorda però che non tutto ti sarà possibile. Potrai volare, trovare le soluzioni più fantasiose e magiche per svincolarti da situazioni difficili, ma spesso ti renderai conto che pur tentando alcune cose non riuscirai a farle, a cambiarle…accetta il gioco e desisti. L’ onnipotenza NON ESISTE PER GLI UOMINI. Per lo meno, non ancora.

*Lascia a casa la razionalità, eppure portala con te. Anche lì dovrai valutare spesso cosa fare o non fare.

*Chiedi sempre in nome della verità.

*Sii sempre pieno d’amore, anche quando lotti.

*Lo Spirito ama gli audaci con un cuore immenso e vuoto di cose.

*Se sei aggredito cerca sempre di comunicare la tua intenzione varie volte prima di ritornare indietro o affrontare lo scontro.

*Se proprio dovrai lottare, proteggi soprattutto il tuo plesso solare. Per questo visualizzare la croce luminosa rotante su se stessa lungo l'asse verticale emanare la sua luce, può essere già sufficiente( vedi –danza della croce- più avanti ), oppure intona i suoni sacri.

*Abbi fiducia nel tuo o nei tuoi animali .

*Supera sempre la tua paura, ma se non riesci ritorna tranquillamente indietro senza sentirti svilito .

*Rispetta tutti gli esseri che incontri ed impara ad essere un punto di questo immenso cerchio che è la vita. Lì incontrerai energie consapevoli di se stesse e di te, ricorda sempre che sono VERE. Vere come vero sei tu. Quello che cambia è solo lo stato della materia. Tu sei pesante, mentre loro….

*Sii sincero e sappi: quella dimensione è reale, Tutti i suoi abitanti SONO REALI .

*Verifica nella tua vita quotidiana quello che raccogli in quella dimensione. Verifica con umiltà e spirito di verità quello che ti viene comunicato e la bontà dei doni che ricevi; .potresti aver inquinato una comunicazione od altro con la tua aspettativa, con un tuo desiderio, con la tua megalomania ed importanza personale.

*Non lasciare al dubbio la possibilità di affogarti nel ragionevole.

*Necessario è respirare, anche se ci sono esseri umani che respirano bene e quelli che respirano male. Intendi bene questo.

*Tu sei lo strumento, la perfezione è tutta nell’impeccabilità di essere e sentirsi ospiti e padroni di casa nello stesso tempo Quella dimensione ci è estranea eppure nello stesso tempo è profondamente nostra.

*In quella dimensione come in ogni altra, impara a toccare, ad annusare, a sentire il tipo di materia che incontri. Impara a riconoscerne le caratteristiche: è dura, morbida, scivolosa, ruvida, liscia, fredda ecc…ecc…

*Anche se lì la materia è puro pensiero, essa acquista le caratteristiche e le conformazioni che già conosciamo.

*Ripeti spesso il tuo Intento, senza forzare ne cristallizzarsi su tale aspettativa.

*Anche se la nostra esperienza è depositaria di informazioni riguardo allo stato multiforme della materia e del suo apparire, non di meno, i nostri sensi interiori devono esercitarsi e liberarsi per funzionare appieno. Per questo in quelle condizioni è buona norma toccare e sentire tutto quello che si incontra .

*se senti di assumerti un impegno, rispettalo. Se poi te ne penti, quando ritorni lì scusati, accetta la tua piccolezza e la prossima volta fai più attenzione. Quella è si terra di gioco, ma non di superficialità. Come dice ossa sbiancate: -non è terra di pasta frolla, anche perché le favole, non hanno carne di solo zucchero-

.

*Non comportarti mai da mediocre, da pauroso, non andare lì a compiangerti né ad esaltarti. In quei casi sulla tua faccia è sempre scritta la verità.. Per essere ridicoli è sufficiente la vita di tutti i giorni.

Avrai capito con che animo devi affrontare un viaggio del genere.

1°, sii sempre te stesso in tutta umiltà

2°, rispetta sempre tutti gli esseri che avrai la fortuna di incontrare, siano essi antropomorfi o no.

3°, abbi fiducia nella purezza d’intenti del tuo cuore e dell’universo che ti

sorregge. Tutto può insegnarti qualcosa, per questo impara a ringraziare profondamente con tutto te stesso.

4°, sei lì per apprendere, comunicare e ricevere, ma in fondo anche per dare. Tutta la vita, senza interruzioni di sorta si fonda sul dare e sul ricevere…..cosa dare sta a te deciderlo. Sappi comunque che attraverso la tua consapevolezza e il tuo diventare paesaggio per l’animale quando lo danzi, anch’egli conosce e partecipa grazie al tuo corpo alla conoscenza di questo nostro mondo.

5°, è sempre più prolifico incontrarsi che scontrarsi. Per questo di fronte ad un ostacolo, ad un ‘aggressione, prima manifesta con decisione la tua non belligeranza, la tua volontà di confronto e rispetto, in poche parole la tua posizione e il tuo essere uomo di pace……dopo di che, valuta il da farsi, tenendo in mente che non vuoi avere nemici. Ricordati, l’essenziale in ogni scontro è: non mortificare mai l’avversario.

6 °, impara a muoverti, a correre, a volare, come se fossi nel quotidiano e utilizza le mani, gli occhi, l’udito come fossero antenne. Ricordati, tu hai conoscenza di ogni tipologia col la quale la materia si manifesta.

Esempio: se percepisci o intuisci la presenza di un muro di pietra, vai con le tue mani (mentre sei immerso nel viaggio ) e toccalo, senti di che materiale è fatto, se è freddo, umido ecc…ecc….così per ogni cosa, per un Tessuto, un terreno, per l’acqua, per un suono ( è forte o debole, è acuto o greve ecc…)

Impara anche a narrare quello che stai vivendo in diretta. Ti aiuterà a mantenere più vivido il racconto.

Mentre eserciti il tatto, può aiutarti visualizzare le proprie mani energetiche, come il prolungamento di quelle materiche..

Ricordati sempre di chiedere. Di fronte ad un essere, un oggetto, un paesaggio, davanti a qualsiasi cosa, domanda: quali colori emani?. Che energia hai?, chi sei?, ecc…ecc…

Ultimo consiglio, anche se questo non è un manuale per il volo: usa il suono di un tamburo. Dal vivo se suonato da un altro, oppure registrato, quello sarà il tuo cavallo e la strada che ti condurrà.

Deve essere un suono ripetitivo, monotono, un suono che non ha per scopo quello di farci godere della bellezza della varietà, ma di intrappolare la nostra attenzione da condurci in SILENZIO in uno stato di coscienza che funge da aporto.

Sono io la pelle stesa in braccio ai rami

Che avvolge l’universo e pulsa

Al canto del cuore: dum dum dum

Dum dum dum ……

- Ricorda -, mi disse una volta nonno:- la vibrazione genera. E’ lei ad aprire e chiudere ogni porta, ogni cuore, ogni paura, ogni cancello-.

Dum dum dum dum

- Fatti tamburo anche nel pregare,-, mi suggerì. E’ vero dissi, pregare non dovrebbe essere altro che un canto di ringraziamento per tutto quello che RICEVIAMO, ma soprattutto per ciò che non RICEVIAMO. Pregare è meditazione, non una pratica per richiedere favori. E’ farsi silenzio e dire ci SONO .

E’ dire: sono parte di te che si è dimenticata, un raggio di luce che ha perso il SOLE, un tamburo che batte col suo cuore la gioia di esserci…un piede in cerca che cantilena: TROVAMI, SOSTIENIMI, affinché le mie gambe rese forti non smettano mai di camminare e finalmente trovare.

Dum dum dum dum

Dum dum dum dum

QUANDO VOLI, SDRAIATI O SIEDITI

SEMPRE AL CENTRO DEL CERCHIO.

Nel cerchio l’energia fluisce senza resistenze, alimenta, protegge e rende visibile nella sua figura geometrica il senso dell’abbraccio. Quando una voce nasce dal cerchio, è sempre affianco ad altre orecchie che l’ascoltano. Dentro non esistono ne cattedre ne distanze tra chi parla e chi ascolta, non c’è il dietro. C’è la massima fiducia, il mondo è davanti ai tuoi occhi e le spalle di tutti sono al sicuro.

QUANDO VOLI, SDRAIATI O SIEDITI

SEMPRE AL CENTRO DEL CERCHIO.

-Se la tua forza è grande, puoi tracciarlo anche mentalmente -.

Poi mi disse:

- chiama a testimone l’universo e le direzioni e segnalo con i tuoi occhi o la mano destra girando intorno a te a partire da Est verso Sud, focalizzando i punti cardinali con i loro colori. Un’altra volta disse:- La lingua di un uomo di spirito non può essere altro che la poesia. Niente può cogliere l’intima trama dell’universo meglio di lei. Una lingua asciutta, obiettiva, che tende solo a misurare i cosiddetti fatti, non ha orecchi per sentire i battiti profondi della vita. Quei battiti nascosti percepibili solo da un uomo che più che interrogare ama ed interroga amando più che amare interrogare. La lingua della poesia è sorella del cerchio, fluisce come l’acqua. Come l’acqua supera ed alimenta tutto. Portare con se un libro di poesia aiuta ad avere nuovi occhi-.

COSÌ PARLANO GLI ANIMALI TUTELARI.

Capitolo Sesto

Dopo la mia prima esperienza, affascinato e incuriosito dall’animale che mi rispecchiava, volendone sapere di più sul significato totale che esso incarnava: psicologico, comportamentale , ma soprattutto esoterico inteso come fase di un percorso di trasformazione che stavo vivendo; comprai tutte le pubblicazioni possibili che trattavano l’argomento.

NONNO RIDEVA. Ogni volta che puntualmente non trovavo niente di nuovo al di la delle solite quattro righe sul significato dell’animale in questione, puntualmente anch’io iniziai a ridere. Anch’io ridevo della mia miope stupidità. Durante un incontro, in modo lapidario mi disse:

- una parola è solo un insieme di suoni, consonanti e vocali semplici da comprendere con la testa, ma terribilmente difficili da vivere con il corpo e con il cuore. Non esistono trucchi, perché quando l’avrai compresa e vissuta profondamente LA TUA VITA CAMBIERA’-. Si riferiva al significato stereotipo degli animali.

E’ vero, un riferimento generico su tali significati è senza dubbio un aiuto, una sorta di appunto per iniziare la discesa, per scoprire come e quanto mortifichiamo, trascuriamo ( per paura o altro ) le caratteristiche e gli insegnamenti dell’animale in questione che agiscono in noi. Ad esempio, se penso al Lupo, so che le sue peculiarità sono quelle di un essere che adempie al ruolo di Maestro, ma nello stesso tempo è il gregario a totale disposizione del suo gruppo. E’ il leader dotato di combattività coraggio e franchezza, ma nello

stesso tempo il solitario scaltro, il maestro dell’agguato impeccabile, fiero e implacabile.

Il Lupo è sinonimo di franchezza nell’affrontare il pericolo, ma anche di ombra che scivola insidiosa nella Notte. E’ il maestro che abbraccia sole e luna, che mostra la zanna e la carezza e costruisce la pienezza della vita. All’uomo sta il superarla con un atto di consapevolezza, andando oltre se stesso, oltre la natura genetica e gli impulsi comportamentali che da essa derivano e lo spingono all’azione o all’immobilità. Certo questo può aiutarmi, ma c’è un altro punto da considerare. Oltre che come, in quali zone della mia vita queste caratteristiche devono applicarsi?. Dove e in quali settori necessito di coraggio, scaltrezza, decisione, capacità di discernere il pericolo per me e per chi vive accanto. Ho necessità di potenziare la mia capacità di insegnante nei confronti di chi?...dei miei figli’, dei miei allievi, di me stesso. Ho la lungimiranza e il fiuto per cogliere gli agguati che la vita mi pone davanti e la capacità, il coraggio, l’abnegazione di metterne in atto l’insegnamento. Ho bisogno di disegnare il canto della mia solitudine sul disco della Luna affinché la notte mi sia amica e mi protegga dal rumore di fondo della società e dai miei stessi pensieri? Nella mia vita manca l’equilibrio tra la zanna e la carezza, tra il potere del decidere e guidare, e quello di accogliere affettuosamente e proteggere?. Bene, come vedi caro fratello, il resto, la parte più impegnativa e difficile, il vivere, riconoscere e comporre con esattezza il puzzle, possiamo solo scoprirlo leggendo ed interpretando il libro che scriviamo con la nostra vita e i moti dell’anima.

SAGGEZZA ANIMALE

Ogni nostra azione è un boomerang che prima o poi, anche se nei modi più impensati e in aspetti e zone della nostra vita inimmaginabili, torna al mittente e chiede il conto.

Ognuno di essi (animale tutelare), è portatore di un contenuto da vivere, di un messaggio che ci indica quale aspetto della nostra vita ha bisogno di essere sostenuto, corretto e affrontato .

Gli uomini, dalle nebbie del tempo, non hanno mai perso né zanne, né artigli. Li hanno solo posti fuori dai loro corpi. Si chiamano semplicemente : ARMI.

Ogni animale è un territorio di carne che per analogia, forma e aiuta l’uomo.

Sorella Serpe, fratello Lupo ... apparteniamo tutti alla stessa famiglia che si chiama Vita.

Gli animali sanno sempre dove andare e cosa fare. L’uomo può conquistare questa facoltà eccezionale solo con la sua consapevolezza, con la capacità di vivere in tempo Presente.

Gli animali vedono e sentono, l’uomo osserva e deduce…sempre con un pò di ritardo.

Un animale feroce è sempre un animale affamato o impaurito, in sintonia con se stesso e con l’ambiente che lo reclama e disegna così.

Un uomo feroce, è un animale che fa scempio di se, dei suoi simili e della vita che sostiene e attornia.

Prima della Babele, la lingua unica era l’Intento.

LA MADRE

Capitolo Settimo

Abbiamo tante Madri,

Tutte di carne e luce.

- Ora ti dirò qual è la mia famiglia-, mi disse nonno con voce rivelatrice dopo avermi scosso abbastanza per sciogliere la mia forma, come usava dire in certe

circostanze.

-La forma che ogni essere assume, è il limite nel quale conforma la propria vita-.

Ego sum. Io deduco. Io credo. Io mi comporto. Io nego. Io considero: vero, falso, giusto, sbagliato, bello e brutto, buono o cattivo, degno di vita o no. Io valuto degno di libertà o no. Io dico: questo è inferiore, questo altro superiore. Io argomento e convalido: questo si può distruggere, sfruttare, inquinare, eliminare e questo altro no. Io sento, accetto e affermo: questo è il mio Dio e in suo nome mi permetto:…Questa è la mia donna, la mia famiglia, i miei figli,il mio clan, il mio, mio, mio, mio.

Ma questo ciclopico EGO, alla fine cos’è se non un metro. Elefantiaca costruzione ricolma di: mio, mio, mio, come tante lampadine di Natale, che determina e costruisce quella che definiamo la nostra forma. Quella pseudolibertà della quale ci si vanta e colma di fierezza, altro non è che un reticolato, un insieme di misurazioni fatte con il nostro pensiero e che di riflesso diviene metro, termine di paragone e confronto con il mondo fuori e dentro noi. Un reticolato apparentemente invisibile ma solido, formato nel grande sacco del luogo comune, dell’usanza, della convinzione e morale vigente. Reticolato forgiato dallo scontro-incontro tra le nostre forze-pulsioni e l’altro, in tutte le possibili sfaccettature. Questa contaminazione generata grazie allo scambio avuto dal primo respiro ( a meno che non si diventi consapevolmente liberi ), con: genitori, familiari, maestri, insegnanti vari, compagni e compagne, insomma con quel movimento chiamato vita, struttura la nostra forma, la nostra individualità.

- Per camminare a piedi liberi e sentire la terra, devi prima sciogliere i lacci e toglierti le scarpe-, ripeteva spesso nonno ossa sbiancate.

Il giorno che soffiò dentro di me con una lunga canna per distruggere la mia forma, mi disse, dopo aver finito quel rito: - non puoi sentire le madri, fin quando non elimini le stupidaggini e le falsità che hai seminato dentro di te-.

Era vero. Dopo quella esperienza, il mio corpo sembrava fatto di aria, tanto era il senso di leggerezza e libertà che provavo. In quella condizione mi invitò a sedermi in terra e parlò.

-Ora puoi comprendere meglio. Percepirai e tratterrai le parole come semi ed anche se il recinto della tua forma si alzerà di nuovo, sarà di certo meno forte e serrato.

- Ascolta -, disse sparando dentro i miei occhi il suo sguardo penetrante e fiero. Fu una sensazione stranissima. Le parole sembravano nascere intorno a me con un effetto stereo e quel “me”, viveva come svanito in una atmosfera grigio azzurrina, una sorta di aria opalescente che nello stesso tempo era sia me che non me. L'interno e l’esterno fusi insieme in un solo abbraccio.

- Questi semi nasceranno- disse, mentre fluttuavo aperto ad ogni rivelazione o insegnamento senza contrapporre la benché minima resistenza, pensiero o contro intenzione.

- Nasceranno, ma non potranno espandersi e fecondarti liberamente, perché la tua palizzata, il tuo limite, la tua forma si alzerà di nuovo, ma tu la abbatterai ancora e poi ancora e poi …fino a quando il tuo torace si espanderà a respirare con le montagne e il cielo.

Ora ti presenterò la mia famiglia-.

Si alzò per fare gli onori e le presentazioni e con un inchino ed un largo sorriso disse: ho molti fratelli e sorelle, alcuni talmente piccoli da essere invisibili, altri talmente grandi da non potersi neanche loro vedere ad occhio nudo. Li chiamano: atomi, virus, batteri e tanti altri nomi che non significano niente, se non il fatto che ci formano e mantengono, regalandoci la possibilità di conoscere meglio la casa che li ospita, cioè NOI, grazie alla malattia che permettono, e grazie al gioco della guarigione. Ricorda sempre che non è la malattia ad avere bisogno dell’uomo ma l’uomo della malattia. La vita si sperimenta sempre nel corpo indissolubilmente unito al pensiero, al sentimento, alle emozioni. E’ il laboratorio dove le acque, grazie appunto al nostro pensiero diventano trasparenti o stagnanti, putride o fresche e ricche di vita-.

Spesso il suo linguaggio mi sconcertava. ava da una esposizione di fatti pratici a concatenazioni teoretiche, con la stessa facilità utilizzata nel cambiare registro espressivo: dal lirico, al poetico, all’asciutto linguaggio concettuale. Capivo perfettamente che l’incredibile, l’indicibile, hanno per loro natura bisogno di un apparato espressivo che più che comunicare una narrazione, sappiano farla risuonare dentro di noi senza imbrigliarla nella rete della mente. Ecco perché nonno ossa sbiancate, in una sorta di meta-linguaggio, utilizzava: parole, segni, gesti ed espressioni corporee, azioni, suoni e repentini cambi di registro.

- I miei fratelli più grandi e sono tanti, si chiamano: sassi, alberi e tutto quello che puoi definire al maschile. Le mie sorelle invece: acqua, luna, serpe, farfalla, montagna e tutto quello che in questo caso, puoi definire al femminile. Hanno tutti e tutte il segno riconoscibile della bellezza della Madre che genera ed ospita tale insopprimibile vita e del cielo che soffia il seme-pensiero che feconda. Due aspetti che si abbracciano e si fondono nell’Uno senza nome e con mille nomi: il grande Spirito-.

Per mia ovvia formazione scolastica e culturale mi aspettavo un’esposizione più

dettagliata che asse tali affermazioni, ne aveva bisogno l’occhio della mia logica, che per quanto rassegnato a non intromettersi troppo, era sempre , come un minuscolo led rosso. Ma nonno ò oltre il mio visibile contrariato turbamento espresso con un sospiro parlante.

Si accovacciò sedendosi in terra e con un movimento repentino fece rotolare verso di me un bel sasso grigio chiaro a forma di sfera, di quelli utilizzati per il rito dell’Iniipi o capanna sudatoria. Senza capire bloccai quel sasso mentre lui rideva di cuore mimandone il movimento rotatorio con le mani

- Vedi-, mi disse:

- ogni forma armoniosa è tonda. Una delle mie Madri divenne una pancia di Luna, bella, tonda e acquosa. Mi nutrì con e in quella forma, con suoni gentili, cibo e una lunga notte che ancora accarezza. Con la sua carne creò la mia e i suoi pensieri scendevano come fiori nella mia terra in costruzione. Tutto fu morbido, rassicurante e protettivo. Era una donna lussureggiante e quando nacqui il suo sangue per me si trasformò in latte dolce e abbondante. Aveva anch’essa preso le forme della Grande Madre, tonda e dispensatrice di vita e amore. Come avrai notato, non ho deliberatamente detto -dispensatrice di vita e morte-, perché anche la cosiddetta Morte è parte integrante della vita-.

Certo nonno, tutto ciò che vive è sostenuto dal corpo. E’ sostenuto dal calcio, rocce e ossa, da fibre e acque, clorofilla e sangue, capelli, denti e acidi, da formule, ossigeno, carbonio, azoto e idrogeno, dal fuoco e dal freddo, da colle, umori, escrementi, da baci e cancrene, dall’amo e dal pane, tutto è sostenuto dalla carne e la Grande Madre è carne. Carne che vibra e respira, bella e consapevole. Una creatura che dovremmo coprire con un lenzuolo di fiori e canti, invece…….

- Quando aprirai il cuore e la incontrerai, quando l’abbraccerai- proseguì nonno, - sentirai un canto struggente sciogliersi dentro di te, una litania malinconica ed allo stesso tempo confortante e rassicurante, uno sconvolgente senso di estraneità ed appartenenza. Allora saprai che l’uomo è allo stesso tempo la lama e la ferita-.

Certo, confermai dentro me pensando:

LA TERRA E’ LA CARNE DOVE AFFONDA LA LAMA DELL’UOMO ED ALLO STESSO TEMPO, LA FERITA CHE LO GUARISCE.

-Ecco, questa è la mia famiglia-, disse sorridendo.

Mio padre fa parte della stessa Terra come la Terra del cielo. E’ al di là della terra e del cielo, come lo zero, sempre prima e dopo l’infinito numerico. Lo chiamo: Wakan Thanka, il Grande Spirito , il vuoto colmo impensabile e indicibile. E’ il mio Grande Padre, Dio, L’Assosluto-.

Poi si alzò, uscì dalla sua casa in legno facendomi cenno di seguirlo. Mentre camminava con o svelto senza mai voltarsi, continuava il suo illuminante monologo indirizzato a me.

-Gli uomini che non conoscono l’abbraccio della Terra, possono solo essere allegri, forzatamente o stupidamente allegri, mai gioiosi. Sono proprio necessarie tutte le parole che gli uomini scrivono?. Quanti alberi distrutti solo per fare da letto a parole inutili. Quante, quante, quante-.

A volte capitava di perdermi dietro a riflessioni o deduzioni, confuso in una sorta di nebbia. Era come se smarrissi il filo della mia presenza e quella di nonno. La mia mente in quei momenti andava alla deriva ed io ricordavo solo poche cose che vi si impigliavano e restavano impresse come fossili in quei momenti senza tempo. Quella volta, mi restò impressa l’immagine della mia cassetta delle lettere completamente traboccante di pubblicità commerciale. Tutti i giorni così. Tutti i giorni così. All’improvviso si fermò sul cranio di un colle, all’ombra di un gruppetto di alberi che mi ricordavano dei grandi ginepri. Si girò verso me e disse; -sdraiati pancia in sotto-.

Mi ricoprì completamente con un telo di cotone nero, dalla testa ai piedi e dopo un interminabile silenzio aggiunse: - ascolta-.

Non potevo ascoltare. Mi sentivo ancora frastornato dal trattamento ricevuto nella sua casa capanna poco prima, quando, dopo avermi completamente ricoperto di un miscuglio di erbe, polvere, saliva e urina, infilò una canna nel mio ombelico soffiandoci dentro con forza, fino a mandare in pezzi la rigida corazza di quello che percepii come la MIA FORMA. Dopo avermi spalmato quella poltiglia addosso e prima ancora di soffiare con energia nella canna, ebbi la netta percezione di cosa significasse avere una seconda pelle rigida che imprigiona. Una sorta di spesso strato d’argilla, di sterco disseccato che impedisce d’essere e fare movimenti liberi e disinvolti. Prima di insufflare quel vento dirompente con quella lunga canna, mi portò di fuori al sole, mi tappò: orecchie, naso, bocca e occhi con una sostanza appiccicosa che dall’odore ricordava cera d’api e resina di pino, poi mi lasciò asciugare completamente. Mi lasciò seccare al sole fino a quando la sensazione di costrizione, di ingabbiamento fu totale.

- Ora sai cos’è la forma. L’hai sperimentata grazie alla consapevolezza sul tuo corpo-

Ecco quello che può chiamarsi un insegnamento pratico!. Una esperienza del

genere vale indubbiamente più di mille pagine pensai. So che in quella occasione la mia forma non fu certamente distrutta. Nonostante tutto, oltre alla netta sensazione di sapere ora cosa è una forma e come ti condiziona, nella mia vita qualcosa è decisamente cambiato. Da quel giorno un più ampio senso di libertà è sbocciato dentro, facendomi sentire meno arroccato in difesa del mio me stesso e meno orgoglioso della mia storia personale.

-La tua forma ha iniziato a perdere coesione- specificò con estrema chiarezza nonno.

-Non illuderti però, non è così grossolana da essere facilmente visibile. Non è solo quella che in ultima analisi viene chiamata con enfasi ed orgoglio: la mia personalità !.E’ il tuo pensiero sul mondo e del tuo essere e sentirti nel mondo. Per questa ragione è invisibile. E’ un po’ come sparare su se stessi, non trovi-?

Certo che trovo, certo. Poi continuò, alzando l’indice della mano destra in tono saccente, mimando una marionetta di insegnante.

- Prima di coglierne il limite, devi conoscerne le caratteristiche, insomma devi prima verificare l'esatta realtà e caratteristica del tuo pensiero formante-.

Bene!, confermai, scodellando un piccolo nervoso applauso e incalzando con un modo e un tono leggermente concitato: se il nostro pensiero è il seme della nostra Forma e dobbiamo liberarcene per approdare alla libertà…..noi, nonno, cosa siamo?. Di noi cosa rimane?. Vivere nell’impersonale non è un po’ come morire?. Forse, confessai tra me e me, l’anonimato mi fa più paura della morte stessa. Questo pensiero mi fece andare su di giri e il silenzio di nonno accentuò non poco il mio disagio.

Il suo silenzio mi lasciò perplesso, dal momento che dava sempre giustificazione a qualsiasi domanda gli ponessi. Qualsiasi dubbio era sempre pretesto per parlare e andare oltre la questione intavolata, ma quella volta non rotolò la domanda fra le mani per giocarci, come era solito dire. Non mi rivelò mai a quale gioco associasse quello che definiva il gioco delle domande. Nondimeno in me si era solidificata la certezza che quando rispondeva sorridendo, non pensasse altro che al gioco del Bowling e ai birilli della mente che tanto amava sbaragliare, sempre ridendo. Anche se gentilmente o con fragore, comunque sempre ridendo, tutto al più sorridendo.

-Mmm-, espresse quel suono in modo distratto e continuò deciso:

- adesso ascolta attentamente-.

Il tono della sua voce si fece più grève e parlò ancora più piano di quanto normalmente usasse fare..

- Ascolta -, disse indicando con l’indice della destra il suo orecchio.

-Sei sdraiato pancia in sotto come una pelle in braccio ai rami. Pronta ad essere usata e diventare tamburo per dare voce alla Terra. Lei sarà la cassa armonica, il corpo di questo tamburo e tu vibrerai al suono dello Spirito. Respira lentamente e profondamente, lentamente e profondamente e inizia a sentirti pelle secca e tesa. Di te tutto è andato disperso e altro non resta che pelle dura, tesa e senza pieghe, pelle talmente spessa e robusta da farne un tamburo per il corpo dell’intera Terra. Dove c’era il tuo ventre, ora c’è pelle tesa tirata al massimo da una mano gigante. Lo stesso vale per la tua cassa toracica e per la tua testa. Una immensa pelle stesa sulla Terra. Ora non sei altro che un tamburo e percepisci il suono che dal profondo della Madre, sale, si gonfia e ti fa vibrare-.

Dum Dum Dum Dum Dum

Piano, piano sentivo il mio corpo vibrare colpito da un suono ritmato, pieno, potente e lento. Sembrava l’effetto attutito di una danza, i pesanti che pestavano il suolo e si propagavano dal centro di quello che era il mio petto proprio come onde d’acqua sulla superficie colpita da un sasso, con un ordine matematico crescente per ampiezza e intensità.

Dum Dum Dum Dum Dum

La voce di nonno lanciava: suggestioni, suoni e indicazioni relative al dove nel corpo, quei semi-suono dovevano essere piantati. Iniziò a farmi vibrare dei suoni in testa, suoni acuti che diventavano più grevi man mano che ad ospitarli fosse il mio cuore, l’addome, le ossa e la totale cavità del corpo, fino a diventare un involucro vuoto. Nel giro di non so quanto tempo, mi trasformai in quella che potrei definire pura vibrazione.

Assenza di Spazio e di Tempo

Impossibile definire………….

Impossibile ricordare…………

Il tempo è misurazione praticabile fin quando si hanno dei parametri, dei

riferimenti con un prima e un dopo. Durante quella situazione, avevo completamente perso ogni termine di riferimento. Ero un geometra senza metro e calcolo in balia del non misurabile. Quando ricordo questa esperienza, sento ancora il suono rimbombare dentro come fossi una sorta di stampo vuoto. La sensazione di sentirsi corpo era andata dispersa e se l’immagine di essere una pelle secca e tirata si imponeva di forza, non di meno mi percepivo come suono, come vibrazione lenta e grassa, ma allo stesso tempo percorsa da una seconda dal carattere sottile, acuta e veloce. Una sorta di sottofondo armonico, un ipertono tessuto nella struttura della prima vibrazione più pastosa. Restai così : annullato e vibrante. I suoni e alcune ricorrenti parole emesse da ossa sbiancate mi ronzavano attorno come fossero piccole api o falene luminose, piccoli punti che si perdevano nel vuoto per poi riapparire e annullarsi di nuovo in una sorta di danza estremamente delicata. La leggerezza e una sublime bellezza, avvolti in un abbraccio commovente d’amore per questa Madre, è stata la quintessenza di questa esperienza, anche se una terribile e lacerante nostalgia mi accompagnò per giorni interi.

Una grande gioia viene sempre da lontananze siderali, dal ricordo e dall’anelito dell’Eden. Dalle origini, dalle immense praterie dello Spirito, per questo è sempre striata di nostalgia.

GRAZIE

Ho imparato a fare in modo che le cose accadano al di là di me stesso. La vita non è solo una macchina da guidare, ma una vettura con la quale viaggiare e lasciarsi viaggiare!.

Siamo sempre parte della vettura e del viaggio stesso e la comprensione e la capacità di essere in questo pensiero, lo devo in modo particolare a quel forte vecchio d’aria che chiamo: nonno Ossa Sbiancate. Comunque in quello stato di coscienza alterata e per mia fortuna anche in altri momenti, la Terra parlò con questo piccolo uomo che sta cercando di narrare con estrema fatica e difficoltà

quello che sa essere non totalmente dicibile, con il rischio per altro di renderlo patologicamente banale..

Parlò alla mia anima.

Si la Terra parla.

Parlò di me e per me, non di lei.

Come una madre che non appesantisce e rattrista un figlio con i suoi problemi ma sorride e gli da fiducia, nonostante la sofferenza che la accompagna. Mi disse: preparati e non abbatterti mai. Ci saranno momenti nei quali dovrai essere spietato e impeccabile. Proprio come si addice a un cacciatore. Questi momenti puoi chiamarli agguati. Sbaglierai talmente tanto da nausearti, ma non desistere, non sconfortarti, nessuno come un guerriero è un essere in continua costruzione. Il mio corpo sosterrà con amore i tuoi i ovunque andrai e quando sarai triste, non perdere tempo a cercarli, saranno loro a cercarti, sii solo pronto a catturarli quando si manifesteranno. I tuoi nemici sono in te e il tuo sguardo li coglierà allo scoperto. Sii pronto al balzo come un felino in agguato. Ricorda, la tua mano è la lancia che uccide e la zampa che corre. Preda e cacciatore insieme. Quando sarai stanco di correre, distenditi e fai che la mia vibrazione, nelle tue ossa, in tutte le tue cavità ti rigeneri. Lascia che le tue emozioni, i sentimenti, sgorghino fuori come getti d’acqua dal tuo cuore e arrenditi al mio amore e alla mia gioia di sentire un figlio che mi riconosce e mi cerca. Questo cura ogni ansia. Quando mi cerchi in questo modo rivolgi la testa ad Ovest. Quel parlare fu una lunga e benefica carezza e oggi sempre di più, mi rendo conto di quanto, ogni tentativo di comunicare tali esperienze e farle rivivere è comunque irrimediabilmente inadeguato. Dopo quel lungo abbraccio con la Terra colmo di commozione, con gli occhi lucidi, dissi a nonno: un suono in particolare mi è rimasto impresso . Un lungo nome, se non ricordo male, almeno così mi è parso. Un insieme di suoni grevi e prolungati e provai ad emettere quello che a me sembrava fosse un nome, o per lo meno un suono significante, sconosciuto,

comunque un insieme di consonanti e vocali con forma sonora definita. Alzò prontamente la mano destra per dirmi SILENZIO, poi in tono severo aggiunse:

-nessuno di questi suoni o nomi deve essere emesso MALAMENTE-.

Sentii il peso della mia superficiale stupidità E’ vero!. Una parola, prima di essere un suono è vibrazione. Risuona nell’universo con quelle affini, diventando potenzialmente una chiave. Una chiave che ha bisogno del potere di una mano per essere girata nella serratura e la mano appartiene sempre all’uomo. Una parola, un nome, un suono, senza questo potere, senza la giusta attenzione e non intendo la scialba attenzione che utilizziamo nel quotidiano, non porta a nulla. Resta solo aria emessa dai polmoni che gioca con forme sonore. Nonno mi insegnò che ogni elemento, ogni creatura è nominabile e ogni nome ha in se un segreto potere. Conoscerne il segreto è come poter suonare il camlo di casa di quell’elemento o creatura, facendo in modo che ci apra la porta della comunicazione.

Questo non significa avere in pugno l’altro, creatura o elemento che sia, ma entrarci in profondo contatto.

-Ricordati sempre-, continuò a istruirmi:

-ogni segreto ha un’ombra che lo rende misterioso e inespugnabile e un raggio di luce, che al contrario, lo rende chiaro e penetrabile, addirittura semplice-!

Qualcuno pensa ancora che la sapienza dei “Medicin-men”, degli sciamani, nell’arte del curare e guarire, sia frutto di pura osservazione o casualità?. Suggestione? Stupidi! Quanto ci ha messo la nostra medicina ufficiale ad

accettare pratiche e scienze quali: l’agopuntura, omeopatia e tante altre. Per altro cogliendone solo l’aspetto pratico-efficientistico, senza considerare, forse per paura di bruciarsi i baffi o per interessi altri, tutti gli aspetti ENERGETICI, misteriosi a volte, tutti i legami invisibili della comunicazione tra l’universo e l’uomo stesso. La logica dello struzzo. Un po’ come osservare una forte e bella pianta sconosciuta, senza analizzare e considerare le qualità e proprietà del terreno che la sostiene e nutre. Perché quest’uomo malato di strumenti, non si chiede quale macchina ha tracciato la mappa dei meridiani energetici dell’agopuntura? L’essere umano è in grado di praticare una conoscenza esterna, deduttiva, grazie alla sua parte logico-analitica residente nell’emisfero sinistro e una interiore, intuitiva, residente in quelli destro. Ma solo unificando questi aspetti potrà un giorno cogliere il vero. Dovrebbe però sapere, che la più alta forma di ignoranza è l’offuscamento creato dalla presunzione del sapere accademico ad uso del suo stesso mantenimento e potere.

Certo, a quelle culture primarie è mancata l’alta e raffinata tecnologia del nostro tempo, ma hanno avuto quegli uomini, la capacità di vedere la vita nel suo nucleo intimo. Io so che un giorno la Scienza e la Magia, quelle scritte in maiuscolo, si daranno la mano. L’indagine della nuova fisica, slitta sempre di più in territori da millenni scandagliati dalla pratica esoterica e dalla sua incredibile sapienza. La scoperta della MATERIA come energia, campi elettro-magnetici,

” la materia è la cresta di un onda del mare”,

scriveva Ermete Trismegisto, indica che le direttrici di tali ricerche: la magica e quella scientifica, iniziano a coincidere. In fondo, la scienza indaga, sperimenta e formula le leggi che nascono dal mistero dell’universo visibile. Anche se molte delle sbandierate verità sono ancora teorie e, nel limbo teoretico sappiamo che c'è spazio per tutto. Dall’altra, la magia, o forse sarebbe meglio chiamarla indagine del non manifesto( ricordate i re Magi, magister, maestri) attraverso il vedere e il farsi antenna dell’uomo, entra in contatto con il mistero per comprendere le leggi, contattare gli elementi, le creature e le forze dell’immateriale che giustificano, sorreggono e danno finalità all’uomo e

all’universo. In fondo tutte e due, scienza e magia, portano al centro della loro domanda, della loro indagine: l’uomo, e l'infinito, utilizzando capacità dello stesso, apparentemente opposte e inconciliabili.

Una la destra, l’altra la sinistra. Una il lobo destro, l’altra il sinistro e il giorno che si daranno la mano, l’uomo avrà superato quella menomazione che ancora lo rende schiavo e disabile: la lobotomia che lo affligge da millenni e che lui stesso ha praticato in ogni forma e sapere. Siamo maschio e femmina, destra e sinistra, scienza e arte, buio e luce, ma è possibile grazie alla meraviglia e all’abbattimento della presunzione, riunire queste forze e questi saperi, solo apparentemente inconciliabili.

Un uomo per chiamarsi tale deve essere integro. Non deve suonare come un coccio venato. La sua parte destra deve sapere cosa fa la sinistra Altrimenti gioca a nascondino con se stesso Ma per essere integro, un uomo deve ritornare ad essere e non solo avere. Deve strappare il velo dell’illusione, delle paure, degli opportunismi che lo fanno brancolare nella nebbia delle sue pastoie e dei codici che si è dato per difendersi dalla paura della libertà.

Prima di chiudere questo capitolo, voglio ricordare uno di quei momenti inaspettati che a volte Madre Terra ci regala. Quella volta mi prese per mano, portandomi in una visione che, ancora mi auguro non sia immagine del divenire umano. Seduti in cerchio, eravamo circa in sessanta, in quello che per me fu l’ultimo incontro con quei compagni. Da qualche ora stavamo emettendo il mantra A U M, quando sentii tirarmi dall’alto. Immediatamente fui fuori dal mio corpo, sfilato come si sfila una maglietta. Una donna giovane, sorridente e triste nello stesso tempo, come avesse gli occhi persi in lontananze siderali, prese la mia mano e mi portò con se a so per il cielo. Aveva capelli lunghi e una veste primaverile, da ricordarmi quasi la primavera del Botticelli. Una bellezza delicata, mi guidò in quella che poi divenne un’amara eggiata. Fui sconcertato nel vedere colonne di esseri umani: uomini, donne, vecchi e bambini, ricurvi su se stessi, trascinarsi sbandati senza meta. Sembravano coperti e sporchi da una sostanza scura, che, a prima vista, associai al petrolio, visto che

sembrava quasi oleosa. Vagavano in un paesaggio fossilizzato, dove sembrava essere caduta neve, come nera fuliggine. Del fumo si alzava qua e là, come resto di fuochi e fui preso da un’amarezza straripante, da uno sconforto lancinante; mitigato solo dalla visione di cerchi di luce disseminati come fiaccole in quella geografia desolata.

-Sono gruppi di esseri umani che, grazie al loro allineamento allo Spirito, emettono luce e speranza, una stella polare per ritrovarsi in quest’oceano scuromi disse.

La ricordo come una visione di indicibile sofferenza, anche se non aveva tratti apocalittici. Una visione di dolore, tanto che negli occhi ho ancora scolpita la mortificazione di quelle colonne umane e la profonda seppur velata tristezza scritta sul viso dolce e accorato di quella giovane donna. Sapevo che non era altro che l’immagine della terra che mi aveva rapito, o una creatura ad essa collegata. La sua portentosa bellezza mi aveva ospitato in se, nel palmo della sua mano e e mi stava rendendo visivamente consapevole di quel tormento. Non fu necessario chiederlo,perché guardandomi negli occhi mi disse semplicemente:si-.

-Guarda-, ripeteva e nel suo sguardo potevo cogliere la stringente rassegnata accettazione di chi non può fare altro che constatare, mentre aspetta un risveglio quasi impossibile per quei figli là sotto. Almeno per ora. Era la primavera del 2000

-Guarda-, ma quell’esclamazione, più che un richiamo individuale, diretto a me stesso, aveva la consistenza di un ammonimento cosmico.

-Guardate cosa avete fatto! Cosa continuate a fare-!

Colonne nere di sbandati e deportati dalla terra della vita, verso un’infinita colonia di abbrutimento.

-In nome di cosa? In nome di chi?-, sembrava chiedere già conoscendo la risposta.

Scure scie di raminghi. Scuri fiumi di formiche umane in cerca di vita, cibo, riposo, casa, dignità, considerazione, amore e gioco, allegria e sorriso. Disgraziati affluenti umani in cerca di un mare che rispecchi questo nome. L’aria plumbea di questa visione che sembrava non finire mai, difficilmente scomparirà dalla mia memoria. Cosa significa Madre questo film? Cosa dobbiamo aspettarci e quando? Non ci fu risposta. Solo un sorriso amorevole e un semplice: - non lo sai? -

L’AMICO

Capitolo Ottavo

-Hai un amico che non giudica. Un amico impietoso che ti ami davvero?,- mi disse una volta nonno, gettandomi in faccia queste parole in un modo tale, che l’ interpretai come una sfida.

- Devi sapere-, continuò quasi con un sottinteso piacere, scrutandomi attentamente con gli occhi socchiusi e fissi pronto a cogliere qualsiasi mia risposta.

-Devi sapere che un guerriero, un uomo di Spirito, è la creatura più sola, ma nello stesso tempo la più circondata di vita, di presenza, di significato, di attenzione e amore, di tutto l’universo-.

Poi continuò, senza aspettare consensi né dinieghi. Continuò dicendo:

--la solitudine di un guerriero, non nasce dal la paura di non essere amato.. Non nasce dall’abbandono. Chi non è, come potrebbe essere abbandonato?. Non nasce dalla paura della morte. Chi è solo energia, anche se accetta il gioco e le leggi del corpo, come potrebbe morire?. La solitudine di un guerriero, nasce dalle incommensurabili altezze dello spirito che tutto collega, che parla sempre del tutto e ovunque sia, lo fa sentire spesso incompleto. Da lì nasce e dalle vertiginose profondità del midollo, del proprio corpo che ricollega alla polvere, alla Terra da cui è stato tratto. La solitudine del guerriero è

la solitudine dell’indicibile, del mistero incomunicabile, di chi porta fiori e profumi in un mondo di addormentati che non vedono e non sentono e niente sanno della bellezza e della gioia che potrebbe sbocciare in ognuno di loro e sulla Terra intera. Gioia e letizia che sboccerebbero se ognuno sapesse e sentisse di amare ed essere parte del tutto. Se ognuno potesse guardare con occhi di: PIANTA, SASSO, ANIMALE, con OCCHI DELL’ALTRO E LEGGERSI IN QUELLO SPECCHIO, gioia e letizia nascenti profumerebbero il mondo. Se potesse vedere con occhi di chi ha l’arcobaleno negli occhi! Vedere, sentire e vivere quello che causa a se stesso causando male agli altri., l’uomo sarebbe…

La solitudine del guerriero, è la solitudine di chi sa di non avere confini. Di chi non percepisce confini stabiliti perché energia e goccia nell’oceano e una goccia nell’oceano non ha confini. E’ la solitudine di chi vive in un universo abitato dal mistero e sa di essere il solo punto luce capace di illuminare quel mistero. Mistero comunque che resta indecifrabile ad ogni suo assalto . E’ la solitudine che trascina con se la bellezza. Non certo quella prete-a-porter di tanta contemporaneità, ma quella che tocca e suona i tendini nascosti dello spirito, che se tale, se vera bellezza, mai scivola nell’assuefatto, nello scontato, nella decorazione e nella trappola del gusto. La bellezza sublime e potente della natura multiforme di un corpo, di un pensiero, dell’arte, di una assenza, dell’infinito. Quella bellezza che coglie l’uomo sempre nudo e indifeso. Che gli instilla una nostalgia, un richiamo al quale non può sottrarsi. Una leggerezza e soavità come battito d’ala struggente per la troppa libertà e amore.

Il paradosso del guerriero, condizione che condivide per certi versi con l’artista, è quella di essere in solitudine pur non essendo mai solo. E’ una solitudine particolare, non abbatte, non sconforta, non isola. Fa alzare gli occhi sempre ad altezza degli altri occhi. E’ una leggera brezza che genera ebbrezza e sussurra di una lontana nostalgia, portando profumi e sapori di una sentita terra promessa. E'’quella solitudine che dispone il guerriero ad accogliere il soffio dell’infinito, dello spirito. Quel soffio che a volte percepisce sfrigolare lungo la colonna vertebrale e segnala che l’infinito lo sta abbracciato profondamente-. Dimmi nonno, domandai quasi con supponenza, cosa me ne farei io di un tale amico?

Non turberebbe questo discreto silenzio, il fragile equilibrio di questa delicata solitudine?. Un amico con le caratteristiche che mi hai elencato è un amico totale. Una sorta di angelo custode, di guida. Comunque una presenza da considerare ed alla massima espressione anche. Una presenza che potrebbe risultare inconciliabile con questa solitudine di sabbia, che ospito, mi ospita e di cui mi nutro. In effetti non mi turbava il fatto di non avere un simile amico. Un amico capace di vedere oltre i suoi e i miei occhi, in grado di: Non giudicare e Amare al di là di se stesso.

Rispondere senza pietà né condizionamenti come farebbe solo il nostro Spirito, per dirla come “Ossa Sbiancate”. Comprendere il nostro stare al mondo pienamente senza spiegazioni né giustificazioni. Un amico completamente indifferente della nostra storia personale, che sorride al chicchirichì della nostra importanza, anzi, come uno specchio ce la riflette addosso facendosi maestro generoso e impeccabile. No, non ho un tale amico e onestamente, dandomi una risposta sincera, anche se non mi turba il non averlo, vorrei comunque averlo. Ma tu nonno, tu hai un tale amico?, gli chiesi incuriosito.

-SI-, rispose con tono fiero e pacato allo stesso tempo.

-Ho un tale amico, ed ora anche tu l’avrai-. Lasciai l’ironia rotolare tra il mio sarcasmo e con una smorfia/sorriso ribattei: per trovare un amico con tali caratteristiche bisognerebbe incatenarsi al cielo.

- Senza saperlo tu ci sei già incatenato-, sorrise e rispose pronto con disinvolta ovvietà. Si, comunque io non ho di queste amicizie, risposi spazientito per sentirmi grossolanamente preso in giro .

- Ancora no-. Poi con una gioviale espressione del viso che rafforzava nella mia testa, l’idea che stesse burlandosi di me,

- ancora no-, sottolineò. Ancora no, sorrisi io. Non di meno, onestà vuole che io dica la verità e nonostante tutto, ero pronto a scommettere che nonno stava per servirmi qualche piacevole sorpresa. Sentivo che stava per arricchirmi ancora, come era solito fare. A volte i nostri incontri, ruotavano intorno a poche parole e a lunghi silenzi, come in questo caso specifico.

-Devi intendere, quando è la parola a fecondare il silenzio che segue, o quando è il silenzio a fecondare la parola-.

Ripeteva con piacere questa raccomandazione nei lunghi silenzi che spesso intavolava con me. Poi, come consuetudine mi salutava dicendomi:-

ora vai-.

Ritornai carico di curiosità e aspettative a casa mia. Nella mia casa di ossa, carne , tendini e pensieri. Nella mia casa di terra e cielo chiamata corpo. Le ore successive le ai con dubbi e domande letteralmente inchiodate nella mia testa. Non riuscivo a rendermi autonomo da quel tarlo. Quell’amico, era la rappresentazione di cosa; mi domandavo continuamente. Del nostro Se superiore, del guardiano della soglia, del nostro custode, o del nostro Dio interiore al quale tutti aneliamo. Burla o non burla, agguato o non agguato, cosa potesse significare un amico del genere nella mia vita non ne avevo la più pallida idea. Poi che tipo di consistenza avrebbe avuto questo nuovo amico. Energetica, come nel caso dell’animale tutelare o materica, per come conosciamo e percepiamo noi umani la materia. So che la vita non si ferma alla sola soglia della materia. Vivo: visibile o non visibile, è tutto ciò che ha un grado di consapevolezza, perciò reale in quanto vivo. Pensai molto a quello che nonno mi disse durante il nostro ultimo incontro, come ogni volta. Avevo imparato a

tornare da ossa sbiancate quando ne sentivo il bisogno, oserei dire il richiamo, o quando lo specificava lui. Nonostante tutto, quella volta la curiosità mi attanagliò talmente che dopo due giorni ero di nuovo davanti alla sua casa in legno. Quel giorno, arrivato davanti alla sua porta chiamai invano. Dentro non c’era nessuno e così fu anche la volta successiva. Sembrava stesse giocando a nascondino con me e ben quattro volte chiamai invano, restando solo ad aspettarlo fuori dalla sua porta.

Da uomo veloce e perspicace, dopo ben quattro volte capii che dovevo attendere e non lo cercai più. Decisi di attendere un segno, con paziente attenzione, proprio come mi aveva insegnato ossa sbiancate.

- Come l’occhio dell’aquila, devi cogliere lo scintillio manifestato dall’infinito. Quello è un segno. Non altro che un movimento dello spirito che segnala un’intenzione diretta a te. Devi essere serenamente e costantemente vigile, con una attenzione sobria e penetrante, proprio come quella dell’aquila che osserva con penetrante e fredda impeccabilità-.

arono una decina di giorni senza che cercassi più nonno ossa sbiancate. La mia tensione interna si sgonfiò e quasi mi ò di mente. Di tanto in tanto, tornava quella sottile curiosità che mi stringeva soprattutto quando ero tra la natura, tra gli alberi. In una di quelle occasioni, in un parco di Roma, mentre osservavo mio figlio Tiziano giocare con altri bambini, ebbi l’immagine interiore di un cono che, partendo all’altezza del mio ombelico saliva cavo fino alla gola, dove, sempre aperta, era situata l’altra estremità. Fu una visione così nitida che restai incredulo e perplesso. Non mi era mai capitata una cosa del genere all’improvviso. La base del cono, della montagna interiore e cava, conteneva un lago, la cui acqua scura non lasciava intravedere il fondo. Le pareti di roccia, a volte lisce, quasi a specchio, a volte ruvidamente movimentate, con fenditure, anfratti e appunti di vegetazione, salivano a formare un cono verso l’apertura piccola della mia gola. Vidi una mano prendere un foglio di carta bianco e una voce ripetere: fai come me. Automaticamente, feci quello che vedevo fare e sapevo perfettamente, anticipandolo, quello che avrei dovuto fare.

Presi un foglio bianco e mi visualizzai nello scrivere su quel foglio la domanda che avevo formulato, aspettandone una risposta. Poi accartocciai li foglio con la mano destra, sentendolo divenire un sasso e lo lasciai cadere nel lago. Lo segui con lo sguardo fin quando con un tonfo entrò in acqua, vedendola incresparsi ed attesi. Nel giro di pochi secondi arrivò la risposta. Vidi la frase che conteneva la risposta apparire sull’acqua ed allo stesso tempo dalle pareti interne della montagna, del cono, uscire un insieme di voci che all’unisono ripetevano la stessa identica risposta. Mi ripresi velocemente alla voce di mio figlio che chiamava e capii che quella incredibile esperienza durò nella sua totalità appena una manciata di secondi. Le lancette del mio orologio che casualmente avevo controllato prima di essere involontariamente rapito da quella visione, erano ancora nella stessa posizione . Quella sorta di collasso-temporale mi lasciò stralunato e confuso. In più, per tutto il tempo che rimasi ancora nel parco, una mezzora circa, una sorta di leggera ed evanescente nebbiolina grigio-azzurro sembrava circondarmi e muoversi con me. Fu un fenomeno stranissimo, perché mentre avevo percezione di questo tulle traspa-evanescente che mi avvolgeva come una sorta di alone luminoso dal torace in su e leggermente più denso verso il basso, non di meno i colori del mondo esterno, si imponevano con una intensità e lucentezza incredibili. Il Don Juan di Castaneda, direbbe che il mio punto di unione s’era spostato facendomi entrare in quella condizione chiamata “ la seconda attenzione”. Probabilmente fu così, anche se io non avevo formulato nessun Intento relativo a questa possibilità. L’ immediato pensiero che saettò come un fulmine nella mia mente fu: chi ha formulato questo Intento?. Chi ha permesso questo?. Chi ha…non ebbi tempo di esprimere il mio dubbio che la risposta arrivò secca e inappellabile: nonno ossa-sbiancate. Tornò l’immagine di quando prese le fibre energetiche intorno al mio ombelico e le risucchiò dicendomi ridendo: ora siamo collegati, come il telefono. Questa possibilità che prima non avevo ben messo a fuoco, mi diede un senso di vertigine, una sorta di leggera nausea, come se qualcosa mi strizzasse lo stomaco.

-E’ la paura del tuo ego che manifesta l’ansia di sentirsi fregato come un pesce preso all’amo-, sentii risuonare dentro.

- Non accettare questo tarlo dentro di te, ospitarlo, significherebbe essere ridotto in segatura-.

Poi quella voce sicura e impersonale continuò dicendo:.

-Nel cuore di un guerriero, il dubbio deve occupare lo spazio di un solo respiro. Respira e decidi in fretta. Quale sia la tua decisione, è sempre quella giusta. Tu solo sai quale cambiale firmare a chi ti guida. Quanta fiducia dare. -

La fiducia da dare a chi mi guida, nel mio caso a nonno ossa sbiancate è sempre stata grande e si è manifestata come un atto spontaneo. Ho sentito subito qualcosa nel mio profondo risuonare con estrema naturalezza. Non c’è stato bisogno di tempo per dover capire. In tutto quello che dice, in quello che fa, come lo dice e come lo fa c’è qualcosa di mio come in quello che io sono c’è qualcosa di suo. Anche un maestro riceve, non fosse altro che la giustificazione ad essere tale, cioè – maestro -. Maestro e discepolo, ci deve essere una grande corrente tra questi due poli. Una grande fiducia e apertura e un amore squisito, altrimenti come farebbe un discepolo, un allievo, colui che sta cercando nella mappa dell’universo il suo sentiero per poi trascenderlo, ad ospitare tale guida. Come farebbe a divenire la casa per ospitare dentro di se colui che insegna, il maestro. A SPALANCARE PORTE E FINESTRE, accettando l’aria che entra, la nuova, come la vera aria, un vento capace di cambiare strutture, colori e vecchi schemi, permettendo la creazione di nuovi spazi, di una nuova casa. Come potrebbe accettare ed abbandonarsi a questo, un uomo nel cui centro del cuore , oltre ad una grande urgenza, ad un richiamo, non germogli anche un amore cristallino per chi ha cercato e accettato come guida. Qualsiasi cosa senza amore ha le gambe corte. Anzi malate, perché anche con le gambe corte si va lontano!.

Amare colui o colei che camminando davanti a noi e con noi ci indica la strada della nostra trasformazione e come percorrerla, non è altro che amare se stessi.

Così per un maestro, amare con impeccabilità chi sta seguendo i suoi i, altro non è che amare se stesso. Anche un maestro ha due mani. Anche lui da e riceve. Anche lui deve porsi in modo impeccabile come richiesto all'allievo. Un maestro è tale solo quando è auto-consapevole di esserlo. Solo allora può ridere del ruolo che svolge e viverlo con amore e sobrietà, senza farne strumento per lucidarsi. Non va dimenticato che, come ci vuole amore nell’abbandonarsi ad una guida, nello spalancare porte e finestre della propria casa interiore, altrettanto coraggio e amore ci vuole nel chiuderle. Altrettanto ce ne vuole nel rifiutare quella speciale ospitalità che abbiamo offerto a chi era divenuto parte dell’intima tessitura della nostra vita.

Un Maestro è cosa grande, anche se prima o poi, se vero Maestro, deve per noi diventare trasparente, invisibile, dare possibilità al nostro Dio interiore di assurgere a tale ruolo. Noi siamo il vero maestro.

l’altro non è che una formidabile lente di ingrandimento posta tra noi e il mondo .Uno specchio impietoso che ci fa percepire : cosa e come siamo nella nostra intima realtà. Che ci spinge se necessario ad incontrare se stessi, a osare, a divenire coraggio, chiarezza, more e libertà. Siamo sempre e comunque noi a trasformarci, grazie alle lezioni ricevute. Gesù stesso era solito dire: “chi ha orecchie per intendere, intenda”. Un maestro, al di là di tutto, è sempre molto di più e molto meno di quello che pensiamo sia. Per me è una sorta di ombra lucente che mi riporta continuamente alle infinite potenzialità ed espressioni dell’universo, quello fuori e quello dentro me. Che mi permette con la sua presenza ed il suo insegnamento di annusare il profumo dell’infinito, farne esperienza, fino ad esserne intimamente parte. E’ la mano ruvida e morbida che mi insegna a sapere amare, ad essere amore. E’ il fabbro che mi insegna a forgiare la chiave per aprire la porta su altro ed incontrare la meraviglia dello spirito, dell’indicibile. Che mi sostiene e sempre mi ricorda che io sono la chiave. Si, un maestro ti guida verso la fine ed il fine della parola . Verso un territorio, dove non puoi più fare a meno di incontrarti ed incontrare l’infinito, perché costantemente ti ricorda che sei infinito, che lo spirito è il filo luminoso che ti ha tessuto, lasciandoti piena possibilità di smagliarti. Essendo anche questo, il termine –Maestro- è un termine che pesa. Terribilmente pesa. Una

piccola sfera che ha un’enorme massa, sposata per paradosso alla leggerezza di una farfalla. Come non farci i conti?. Sapevo che sarebbe stato importante incontrare nonno e parlargli, proprio per le caratteristiche che gli riconoscevo, nonostante tutto, qualcosa che identificai come: paura, insicurezza, mi teneva lontano. Durante quei giorni di mancato contatto, utilizzai varie volte il metodo del cono interiore con risultati sconcertanti. A volte le risposte prendevano una forma discorsiva così dettagliata e chiara, da permettermi di cogliere dei nodi, dei nessi che non avevo mai considerato. Altre volte invece, utilizzavano espressioni telegrafiche, ed altre silenzio assoluto, tranne una sorta di rumore di fondo che mi ricordava la voce del vento quando gioca tra le fronde degli alberi. arono quasi due mesi, ritmati dalla mia resistenza ad incontrarlo ed il suo non apparire. Divenne quasi una sorta di balletto. Ogni volta che vinto dalla curiosità di sapere e di incontrarlo, anche se sulla difensiva per il timore di poter non essere accettato, arrivavo alla sua porta, puntualmente nonno non c’era. E con la stessa puntualità, ogni volta che mi disponevo al viaggio, mettevo in atto mille resistenze e contrattempi perfettamente funzionali allo scopo, da non riuscire a praticarlo. Man mano che i giorni avano, iniziò a crescere in me paura di aver perso questo indefinibile maestro. Mi venne anche il pensiero di non averne più bisogno, ma lo scacciai come si fa con il buio quando si accende la luce. La strada è ancora lunga mi dissi, anche se ho buone gambe e ne ho percorsa un bel pezzo. Si, avevo bisogno ancora di nonno Ossa Sbiancate. Nell’attesa di incontrarlo di nuovo, anzi nella certezza, visto che quell’attesa mi aveva fatto entrare in una strana condizione di potere interiore che mi dava l’estrema convinzione che lo avrei incontrato di nuovo per qualcosa di estremamente importante, tornai a rivisitare alcune sue espressioni, frasi e pratiche compiute con me, ma soprattutto su di me.

-Un guerriero non ammazza mai il suo tempo. Non è un assassino. Lo vive come un alleato che gli permette di essere, sperimentarsi ed affinarsi. Di conseguenza non ha tempi morti, né di giorno, né di notte.

Un guerriero sa che la sua vita si sgrana tra il primo e l’ultimo respiro. Dal punto in cui si trova, l’ultimo respiro gli è ipoteticamente sempre AFFIANCO. Lo sa e vive questo lasso di tempo, ogni suo momento, con grande amore e rispetto. In piena serenità e consapevolezza.

Un guerriero fa affidamento solo sulla sua forza. Sul suo potere interiore e sull’amore che l’universo gli porta e manifesta. Per questo non può far altro che essere impeccabile.

Un guerriero non incolpa nessuno, ha perdonato e tolto la trave nel suo occhio, per questo può vedere.

Un guerriero, per condurre il suo portentoso lavoro di trasformazione ha bisogno di fiducia, di credere in ciò che crede, ma non accetta intermediari tra lui e lo spirito. Sa che questo incontro è sempre un fatto personale, che il suo essere nella luce, nella consapevolezza e libertà, non è conseguenza della Legge, né del rispetto di imposizioni teologiche e morali.

Un guerriero capovolge la vita come un calzino per perdere se stesso, restando di quel -se stesso-, costantemente PREDA e CACCIATORE, DISTRUTTORE e COSTRUTTORE.

Un guerriero sa di non avere nessun porto. Nessun rifugio, nessuna bandiera, nessun clan che lo alimenta e lo identifica. L’unica ancora per lui è l’affidamento all’inesprimibile mistero dello spirito. All’infinito che lo bracca, affinché sia la luce e l’amore che è.

Un guerriero è un uomo di pace che usa la spada per liberare se stesso da se stesso e incontrare il mondo con il suo esempio.

Oltre a questi dettati, in quei giorni tornai a rivisitare anche alcune pratiche

utilizzate da nonno sul sottoscritto. Pratiche-eventi che misteriosamente hanno avviato in me dei cambiamenti quantificabili nell’arco di pochi mesi.

In uno dei nostri incontri mentre dovevo guardarlo fisso nell’occhio sinistro, appoggiò con forza una canna cava sul mio ombelico ed iniziò a soffiare un’aria che percepii da prima tiepida, poi sempre più calda, tanto da diventare quasi fastidiosa. Mentre praticava questo strano soffiare, avevo l’impressione di gonfiarmi ed innalzarmi nell’aria leggerissimo. Poi all’improvviso, iniziai a roteare velocemente su me stesso. Un senso di nausea mi serrò all’altezza del plesso solare e lo stomaco mi arrivò in gola. Percepivo correnti d’aria elettriche muoversi attraverso me, a volte trasparenti, a volte con violetti e azzurri quasi metallici o con una consistenza opalina. Flash che si accendevano all’improvviso qua e là del mio nucleo energetico, come piccole esplosioni. Come altri interventi, anche questo fu praticato a distanza e nonostante tutto, tornato nel mio consueto stato ordinario continuai per ore, anche se in modo attenuato ad avere un fastidioso senso di nausea, una sorta di continuo mal di macchina.

Poi, come al solito; --adesso vai-, aggiungendo:

- Ora sei come un lago pulito da sporcizia e opacità. Un lago filtrato. Ora la tua energia è fluida, utilizzala bene-.

In effetti nonostante mi sentissi completamente shakerato, avevo la completa percezione di essere pulito, centrato, incrollabile.

Lo sturamento delle orecchie e il compattamento, furono altre attenzioni che mi riservò ridendo, come fosse un gioco che si pratica tra bambini. A volte tra un intervento e l’altro avano mesi, altre volte pochi giorni. In questo caso, dopo quattro giorni, durante un incontro iniziai a percepire una sorta di vibrazione

interiore. Notai che questo fatto strano mi prendeva spesso quando nonno si accingeva a lavorare su di me, anche a mia insaputa.

- Senti come sentono i cani-, mi disse una volta. Forse, comunque quella vibrazione interiore mi metteva a disagio e in allarme. Avevo ragione anche quella volta. Mentre parlava di fronte a me, gambe incrociate tutti e due con le ginocchia che si toccavano, le mie contro le sue; all’improvviso colpì violentemente, palmi delle mani aperte, le mie orecchie. Sentii un’incredibile pressione esplodere nella testa e getti d’aria uscirmi come fossero geyser. Anche quella volta portai per circa due giorni un senso di ottundimento e vuoto mentale misto a sonnolenza. In quella occasione nonno non spiegò e non aggiunse niente, se non il consueto”-adesso vai-.

Non mi ha mai rivelato la finalità di quell’intervento. Né di quando, prima di fronte, poi alle mie spalle, iniziò a menare enormi manate tutto intorno al mio nucleo senza mai toccarmi, come a compattare la mia energia in forma di cubo. Durante tutta quella pratica percepii dei movimenti d’aria che dall’esterno raggiungevano la mia parte centrale portando un formicolio nella zona dell'ombelico e del plesso solare. Ebbi netta la percezione che la mia energia avesse assunto la forma immaginaria di un cubo. Sensazione che comunque svanì presto, lasciandomi con una senso di forza e potere, di fiducia molto accentuato. ai in rivista questi ed altri fatti prima di riuscire ad incontrare di nuovo nonno Ossa Sbiancate. Avevo avuto modo in questo periodo d’attesa di ri-valutare, se mai ce ne fosse stato bisogno, quanto il suo insegnamento fosse stato importante e i suoi interventi efficaci.

Quando il Mondo allenta la morsa su di noi, all’alba, è il momento migliore per sognare. Valutazione confermata anche da Ossa Sbiancate, con il suo linguaggio spesso fiorito: -all’alba la gente dorme e le lenze dei loro pensieri sono senza vermi. E’ un buon momento per sognare-.

Devo dire che anche io preferisco l’alba, non fosse altro per una affinità elettiva

e metaforica. Fu all’alba che durante un viaggio incontrai di nuovo nonno. Era seduto in terra e mi accolse con un largo sorriso, come un ospite di riguardo che si sta aspettando.

Sono contento di essere di nuovo in questa casa gli dissi e mi guardai intorno cogliendo la familiarità del posto. Sorrise di nuovo senza parlare, facendo cenno di sedermi di fronte a lui.

- Ora sai cos’è avere un telefono!-, disse ridendo.

- Ricordati -, pronunciò con piglio severo, -in un telefono non esiste una cornetta più importante dell’altra. Una informazione è valida solo se è recepita, altrimenti vaga nell’aria, sempre fino a quando viene recepita. L’intuizione di quella tecnica, parlo del cono o della montagna cava-, continuò,

- di quello che ti ho presentato come un amico eccezionale, non è tua. Eppure allo stesso tempo è tua-.

Nonno, l’uomo, col senno del poi, ha sempre osannato chi inventa, chi crea, posizionandolo nella scala dei valori, nelle prime posizioni. Non pensi sia giusto-, stavo per domandargli. Ma senza farmi finire la domanda, rispose:

- Una bocca che parla cosa ne fa di un orecchio che non ascolta.

Per quanto paradossale possa sembrarti, è l’orecchio che ascolta a giustificare la bocca che parla. Come a sua volta sarà la bocca che parla a giustificare

l’orecchio che ascolta.

Cosa se ne fa il creatore di un’invenzione se non verrà mai utilizzata da nessuno?

Così vale per l’artista e per l’occhio dell’uomo che osserva e si ciba della sua opera-.

E’ vero, senza l’uomo che utilizza la sua genialità e le sue scoperte, Einstein, non sarebbe altro che un bizzarro perditempo che ama giocare con i numeri. E’ un bel concetto nonno e lo sento profondamente giusto.

-Non è un concetto-, riprese,

- né una costruzione teorica. Un uomo diviso, crea ovviamente un mondo di opposti. Ne ha bisogno. Mentre un uomo unito elimina le contrapposizioni. Per lui non vale più il metro di giudizio: o questo o quello, questo è bene, questo è male. Un uomo del genere vede la complessità e l’ago/filo che unisce tutte le sue parti , comprese le opposizioni. Sa che il sopra, è un concetto che non può prescindere dalla posizione del sotto e così via. Per lui vale sia questo, sia quello. Il mondo dell’Unità crea una addizione che è diversa dalla somma delle semplici parti. Il mondo degli opposti invece sottrae. Vedi quale differenza di ricchezza esiste tra chi tende all’unità e chi alla divisione-.

Si fermò un momento quasi per meglio scrutarmi in faccia e aggiunse:

- osserva bene, non è un costrutto teorico. Devi guardare con tutti e due gli

occhi per cogliere l’intero. La realtà è composta anche da profondità, che sarebbe impossibile raccogliere con un solo occhio. La realtà è un’onda vivente difficile da captare, fin quando non si è in grado di unificare la dualità.

Questo per dirti che non esiste una medaglia con una sola faccia, ma due differenti facce che, unite, formano un’unica medaglia-.

Poi, mi salutò dicendo:

-Ricordati, non chiedere mai del futuro quando interroghi il cono. -Sii sempre in tempo presente-.

NATURALEZZA E DISINVOLTURA

Capitolo Nono

Seduti in un vasto altopiano disseminato di bianchissimi sassi, piante grasse, sterpi, terraglia rossiccia e arbusti fioriti, nonno, cantando una dolcissima nenia della quale non ricordo né suono né ritmo, disse:

- proietta in alto la terra-.

Lo disse con forte delicatezza e fervore e aggiunse:

- la Terra non è nella Terra, ma nel cielo-. Poi iniziò a ridere con un suono grasso e provocatorio, come per dirmi: stupido, è proprio così. E gesticolando come un consumato attore prese a mimare la rotondità di una sfera sospesa nell’aria.

-La terra è nell’aria, è aria piena d’aria, presenza di vuoto e vuoto fatto presenza. La materia è spirito visibile, l’amore il gran fuoco che lo accende-. Poi mi guardò negli occhi come per cercare un appiglio al quale agganciare le sue parole e disse:

-non aver mai paura di amare. Non aver paura, perché quando i denti impietosi del tempo hanno rosicchiato a fondo una struttura, non possiamo far altro che abbandonarla Certo possiamo a volte ripararla se siamo ancora in tempo, eppure, nella maggior parte dei casi…ci si resta sepolti sotto. A volte un vento forte, quando bussa alla porta, scompagina il libro della nostra vita. Rompe le suppellettili, fa crollare quello che non regge più il peso del nuovo, del cambiamento, ma porta pulizia, feconda e genera nuova vita. Quella vita che aspettava di germinare sotto le zolle, con lo stesso identico diritto di esistere del vecchio che va disseccandosi per lasciare spazio al nuovo. Non aver mai paura di amare-,

rimarcò con tono profondo, come se stesse rivelandomi uno dei segreti dell’infinito, della vita, il primo dei SEGRETI.

Poi fece gli occhi freddi e dolci insieme. Assenti e lontani, come l’aquila che scruta e vede oltre il visibile e continuò .

- Prima di alzare gli occhi al cielo in richiesta d’aiuto, l’uomo: dal primo all’ultimo, da quello perso nelle caverne a quello perso nei grattacieli, non ha e non ha mai avuto bisogno di giustificare tale atto con una qualsiasi teoria . Sa che in alto c’è la leggerezza, la libertà. Nello sconfinato c’è qualcuno o qualcosa che può ascoltare. In basso c’è il limite del confine. L’opacità della materia, DEL CORPO che chiede aiuto e lo sguardo è frenato dal pavimento di terra . Non può andare oltre. Bene, se quell’uomo fosse stato nel vero, avrebbe , con lo stesso senso di fiducia e leggerezza, potuto stringere una pietra e parlare con lei. Ma l’uomo raramente è nel vero, raramente è consapevole, raramente esce da se stesso per perdersi e incontrarsi allo stesso tempo-. Mi guardò in silenzio e aggiunse:

- Al di là di questa osservazione, cosa puoi dedurne da questo istintivo riflesso umano? -

Io penso nonno, … dissi cercando di trovare un pensiero intelligente. Io penso, ebbi modo di dire, che di nuovo incalzava con la parola, guardandomi sottocchio, silenziosamente dicendomi:

-bene, trova un pensiero intelligente-.

Tirandomi su metaforicamente le mani della mia inesistente camicia, iniziai. E’ sorprendente constatare come l’uomo, abbia subito colto la relazione tra forma e contenuto. Perché si guarda proprio in alto per chiedere aiuto? Perché l’idea del cielo, dell’immensità, suggerisce all’uomo che qualcuno o qualcosa aleggia in quel vuoto e può ascoltarlo?

E’ proprio da un’ approccio di tipo analogico, di correlazione tra forma e contenuto che si sviluppano non solo scienze antiche quali la Fisionomica e la grafologia, ma anche scienze quali l’Omeopatia, dove la forma intesa anche come carattere dell’elemento indagato, è tenuta in primaria considerazione.

E’ nello scrigno più segreto dell’uomo, mi affrettai a dire. Oggi si direbbe nel suo dna, sapere senza conoscere che nell’infinito, c’è un mistero che lo chiama e lo aiuta. Un mistero che lo attira non solo quando è malato, ferito, distrutto, ma anche quando: domanda, officia, ringrazia, anche quando offre, quando è traboccante di gioia, quando richiede e nell’attesa si sente piccolo. Tutto questo si spiega con… M’interruppe con un sorriso.

-Semplicemente, la libertà per un’aquila è volare. Per un pesce nuotare. Per un uomo è correre, nuotare, andare oltre se stesso, oltre i propri limiti, ma soprattutto come il fumo, innalzarsi. Semplicemente, ogni parte parla del tutto e niente è casuale o gratuito. Semplicemente, ogni cosa o creatura, esprime se stessa attraverso la sua forma. Semplicemente una forma, non è altro che l’insieme perfetto di tutto ciò che compone quella presenza-evidenza. Ma come è vero che abbiamo percezione del mondo grazie alla forma, altrettanto vero è che sacralizzarla, cristallizzare la nostra attenzione solo sull'aspetto evidente e accettato del mondo, non porta altro che prigionia, alienazione e profonda solitudine -.

La forma deve essere formante e non formale.

La geometria è formante, veicola informazioni ed energie specifiche, così come lo è il suono,i numeri e a volte la parola Una forma che veicola solo informazioni: sociali, storiche scientifiche, umanistiche o psicologiche che siano, è limitata. Invece, se veicola anche energia, e per energia intendo: un flusso che ci aggancia e scuote dentro, che ci attiva e ci spinge ad un ampliamento di

coscienza e consapevolezza...allora è cibo, è nutriente, non è più solo forma, ma alimento formante.

Certo nonno, è per questo che Gesù ha detto: - lasciate che i morti seppelliscano i loro morti-. Ciò che è esterno a noi è essenzialmente corruttibile. E’ soggetto alle leggi del tempo e dello spazio. Tutto, tranne i tesori portati dallo spirito. Si, questo ha detto quel Dio che ci vuole responsabili e non accetta deleghe fatte a preti e sacerdoti, perché lui non ne fa e non ne ha fatte, perché non stringe nelle mani un’ascia e una caramella. Perché se dovesse giudicarci, lo farebbe più per quello che non facciamo, che per quello che facciamo. Perché da LUCE SUPREMA, avendo già perdonato, dal momento che lo sperimentarsi comporta per forza l’ERRORE e non la Colpa, lascia a noi stessi il compito di conoscerci, giudicarci e perdonarci. Il peccato e la colpa, in questo caso, non possono essere altro che nel rifiuto a sperimentarsi, a dimenticarsi.

Piccoli e umili. Si, farsi piccoli e umili. Perché niente esiste. Perché tutto è un’illusione. Perché tutto è un immenso vuoto/ pieno e solo quel misterioso soffio invisibile che chiamiamo SPIRITO, tutto permea e sostanzia. Quel fiato che turbina nei sani e negli storpi, nel più e nel meno, nella carne di clausura e in quella da strada, nei ricchi e nei poveri, nelle bocche riarse dalla fame e nelle pance tribolate dagli eccessi., nei bambini, vecchi, donne, uomini con Nome e Cognome e in quelli senza identità né diritti. L’umanità è un insieme di vittime, vittime di altre vittime, anche se profondamente, ognuno è vittima di se stesso. I carnefici non esistono, anche loro sono vittime di altre vittime, anche se la società ha il dovere di creare un’armoniosa convivenza e proteggere dalla violenza. Ma è solo lasciandoci avvicinare alla vita, senza divisione né morale, senza condizione, che noi incontriamo la creazione e poi il creatore.

Ossa Sbiancate mi ha sempre detto:

-Quello che chiami Dio, lo porti appresso ovunque. E’ il tuo centro. Devi solo ricordartelo. Chi ne vive il richiamo lo sa. Non potendo il suo pensiero essere

pensato, pesato e valutato nelle scuole come da millenni si usa, si lascia incontrare nella fucina dell’uomo che lo cerca, che lo chiama abbandonandosi nella bellezza della sua creazione. All’uomo che chiama nel proprio silenzio interiore, in quel tempio perfetto che siamo. risponde sempre-.

Perfetto ho detto. Si, perché l’uomo non è certo nato da un concerto a quattro mani. Non è stato creato per metà dal cosiddetto male e per metà dal cosiddetto bene. Il creatore ha tutta la responsabilità di averlo fatto così bene. Talmente ben fatto, da proclamarlo a sua- immagine e somiglianza. Allora anche lui ha un sesso!. Anche lui ha pulsioni erotiche, visto che la sua creazione è una danza di abbracci e abbandoni. E’ una copula continua e universale, dove: creature, stelle ed energie si attraggono e respingono senza sosta. Si generano instancabilmente. O forse quel o- a sua immagine e somiglianza-, altro non sta ad indicare che l’uomo è una scintilla divina. Pura luce e consapevolezza, pura energia, pura cellula divina. Una goccia di mare non è il mare, eppure è Mare.

-Tu cammini alla rovescio-, mi disse un giorno nonno.

-Cammini a testa in giù. Sciocco, così non potrai mai vedere i tuoi piedi toccare terra. Per più di quarantanni hai fatto le cose al contrario. Hai costruito senza mai vedere le tue fondazioni che d’altra parte non esistono. Se proprio vuoi vederne l’esistenza, che comunque c’è, sappi che sono figlie dell’errore. Sopra quelle fondazioni non devi costruire. Devi praticare una grande attenzione, tenerle in grande considerazione, questo si, senza utilizzarle come base di appoggio-. Poi mi guardò fisso e aspettò.

Evviva!, evviva!, se hai deciso di uccidermi questa volta ci stai riuscendo. Nonno, io, sono confuso, stavo per aggiungere, quando improvvisamente qualcosa che potrei definire un bagliore interno, si propagò velocemente ed ebbi l’estrema sicurezza di sapere cosa intendeva nonno con quelle parole. Anzi, eventi importanti della mia vita si snocciolarono davanti ai miei occhi carichi

della loro vera motivazione. Oggi posso dire che quella è stata una sorta di ricapitolazione indotta da nonno Ossa Sbiancate. Anche se per me l’importanza di quell’evento, è tutta nell’avere compreso la natura, i materiali, e la forma data alla mia costruzione: dalle fondamenta in su. Noi non siamo, eppure siamo. Siamo materia circondata da materia che si fonda sull’invisibile. Siamo una manifestazione carica di memoria e sui disegni di questa memoria spesso sconosciuta e disarmonica, sia essa universale, nella sua accezione storica di rete che informa, unisce e collega il tutto, sia essa personale: genetica, psicologica e relazionale, su questa memoria noi costruiamo. E’ questa memoria a formare quello che poi rapportandosi con il mondo, diventerà il ME, la mia personale immagine, le mille e tenaci sfoglie di cipolla che nascondono il centro, il diamante, il nostro Dio interiore. Il solo capace di dischiuderci la verità, il senso e l’infinito potere della vita nel suo aspetto duplice e unico di terra/ cielo. E una volta preso coscienza di questa anomalia, cosa resta all’uomo che si è conosciuto, se non spogliarsi, liberarsi del falso e di quell’immagine patetica di se ,con la quale tappezza il mondo.

Primo conosci te stesso. Secondo, liberati di quel te stesso, così da essere l’occhio che vede la realtà, oltre e più che la propria soggettiva verità. Oggi mi rendo conto, davvero conto, di quanto nonno ha alleggerito il peso della mia mente e resa agile la mia riflessione. Di o in o, da insegnamento a insegnamento, da pratica in pratica.

-Non puoi liberarti di te stesso, se non dopo essere diventato te stesso-. Nonno coglieva sempre il nocciolo delle cose con poche parole.

-Accetta tutto-, continua a ripetermi ancora , nonostante siano già ati ben cinque anni.

-Anche quello che è considerato BUONO, ciò che la consuetudine definisce come BENE, per te potrebbe essere dannoso, velenoso, se vissuto inconsapevolmente e contro la tua libertà. Impara a sentire quello che batte

profondamente nel tuo cuore ed abbi il coraggio di viverlo-. Nuovamente mi vengono in mente quelle parole : siate caldi o freddi, e nuovamente capisco che siamo tutti portatori: io, nonno, altri, voi. Tutti portatori di un’acqua che versata migliaia di anni fa, disseta ancora l’uomo, dandogli la possibilità di trasformarsi e germogliare non più come piantina annua e limitata, bensì come albero perenne. Un Dio di tutti. Un Dio con tutti, presente nelle nostre profondità come nelle nostre altezze. Un Dio che abbiamo costretto a dormire ora nell’emisfero destro, ora nel sinistro, in attesa di riunirli e fare dei singoli un solo letto matrimoniale. Un Dio che come regalo di nozze ci promette una trasmutazione, una vera rinascita e non minaccia nessun giudizio, nessuna condanna. Un Dio che continuamente ci chiede di essere Uno. Quel Uno che riunito gli opposti, ovunque, riporta a casa come dice nonno -il suo fratello lontano-. In questo capitolo apparentemente disorganico, voglio raccontare una storia organica, con tanto di inizio, svolgimento e fine. Una storia con un susseguirsi logico di tempo e spazio, dove gli alberi non sono altro che legno, i sassi, calcio e minerali e la vita abitata solo da presenze biologiche qualificabili e quantificabili Per anni, il mio rapporto con nonno era stato abbastanza assiduo da incontrarlo minimo una volta alla settimana. Ad un certo punto, inspiegabilmente iniziò a diradarsi, tanto da lasciare are addirittura mesi, senza sentire il bisogno di incontrarlo. Non capivo. Non ero stanco della sua presenza, né degli insegnamenti, tanto meno ospitavo in me il dubbio e la delusione. Il suo incontro fu per me un incredibile acceleratore ed ero in grado di valutare con consapevolezza i miei cambiamenti comportamentali e percettivi. Ho sempre nutrito un grande affetto e il mio grazie è sempre pronto per questa figura indecifrabile; per questo non capivo. Ero convinto che, ripensando e rileggendo gli appunti dei nostri ultimi incontri, avrei trovato validi elementi per ben comprendere. Fu proprio così. Dopo aver vissuto il contatto con L’Animale Tutelare, fatto la caccia all’Anima, essere entrato in contatto con alberi, piante, rocce ed elementi. Dopo essermi sperimentato per interi giorni nei boschi, senza cibo ed acqua, di giorno e di notte, abbandonandomi completamente alle forze ed alle energie che animano quei posti. Dopo aver lavorato su di me con la ruota della medicina, aver praticato la ricerca della visione sempre per quattro giorni senza cibo né acqua immobile in un cerchio e aver effettuato la ricapitolazione, con una frase sibillina nonno mi disse- E’ ora che alzi gli occhi in alto. C’è qualcosa che ti aspetta-. Questa frase, detta sempre sorridendo, fu il filo che legò gli ultimi tre incontri. Non mi aspettavo niente di preciso, anche se per la verità, quel dire e non dire, mi lasciava con una sotterranea inquietudine. Nonno Ossa-Sbiancate si è sempre manifestato in modo gentile. Affettuoso, comprensivo, paziente e generoso, anche se deciso e considerando gli strumenti che in questi anni mi ha elargito,

oserei dire anche fiducioso. Nonostante tutto, nelle caratteristiche del suo modo di insegnare, rientravano spesso qualità tipo: severità, intransigenza, freddo distacco che a volte sembrava cinismo, spietatezza e una grande ione per l’ironia ed il grottesco, per la farsa. Non mi immaginavo niente è vero, però l’affermazione che qualcosa mi aspettava lassù, qualsiasi cosa fosse, se non ansia, mi aveva messo addosso uno stato di apprensione. Iniziavo a capire che il silenzio che si era instaurato con nonno, il suo ritirarsi, era un fatto strategico per lasciare spazio e autonomia a questa nuova esperienza che chiedeva, mia insaputa di adempiersi. Le informazioni che nonno mi diede a riguardo di quello che chiamava: Mondo Superiore, Terra del Cielo, nei pochi momenti che me ne parlò furono alquanto stringate. -

Guarda la tua mano- mi disse.

- Pensi di conoscerla. Certo la sua vita si svolge nel palmo. Con esso può stringere, operare, qualsiasi cosa tu faccia puoi farla soltanto nella zona del palmo. Anche le dita si muovono e chiudono all’interno del palmo. Lì ci sono segni nei polpastrelli, che manifestano la sua identità. Può impugnare una spada o far scorrere un rosario, come accendere un fuoco o scrivere e disegnare. Tutto verso l’interno. Quella magnifica opera d’arte può trasformarsi in coppa e raccogliere, o capovolgersi e gettare.

Noi viviamo lì come esseri arcaici e tecnologici. Il terribile dominio che abbiamo e del quale abusiamo, è reso possibile dalla particolare conformazione e struttura di questo capolavoro di ingegneria. Dalle nostre dita e soprattutto dalla posizione del maestro della mano stessa: il pollice. Questa è la nostra base materiale. Tutti i giorni l’abbiamo sotto il dominio dei nostri occhi ed è ciò che consideriamo Mano-. Poi senza curarsi di me, continuò.

-Sotto il dominio dei nostri occhi cade anche il dorso della mano. Ma è come se per noi non avesse storia o non esistesse. E’ un altopiano a cui diamo valore estetico, tutto al più. E’ lì che devi andare- e aggiunse:

- non dimenticare che la mano è formata dal palmo e dal dorso. Il dorso, dal palmo e dal dorso e il palmo è formato: dal palmo e dal dorso-. Con questa ricca messe di informazioni mi accingevo verso una dimensione ed un’esperienza a me ignota. In quella occasione la fortuna mi è stata amica e vicina, tanto che durante l’ultimo incontro, prima del lungo silenzio nonno è stato prodigo di consigli e informazioni. Estese le parole come elastici, proiettili preziosi di un avaro caricatore e disse tutto d’un fiato.

- Nessuno ti farà del male.

Entra solo quando la ragione ti farà da tappeto e sarai leggero e vuoto come un soffio: pieno di niente. Non è terra di conquista, sii gentile ed umile, armato solo della tua inflessibile determinazione.

Chiedi se ne hai bisogno, ma essenzialmente ascolta e ringrazia-.

Seguì un lungo silenzio, al che capii: le istruzioni per l’uso erano tutte là. Un po sconcertato chiesi: nonno, io non ha mai esplorato questo luogo, Per me è ancora un non-luogo, come faccio a…M’interruppe come si fa con i bambini, con un mezzo sorriso e tanta pazienza, poi disse:

- Guidati con gli occhi. Quando esci e lanci allo spirito la sua determinazione ( intento ) di ritrovarti nel mondo superiore, guarda all’insù da sotto le palpebre. Guidati con lo sguardo e non chiedere altro. Se arriverai, saprai cosa fare.-

Preparato da queste istruzioni ricavate dagli appunti presi negli ultimi incontri, decisi, dopo aver decifrato il senso del silenzio con Ossa Sbiancate, di affrontare questa esperienza, che a detta di nonno mi stava chiamando. Decisi, ma non mi decidevo. Aspettavo qualcosa che avallasse la mia decisione, un segno che dicesse: bene., questo è il momento propizio, non puoi sbagliare. Fidati dell’infinito e abbandonati.

Decisi, ma non mi decidevo. Tutto sembrava rallentato. I miei pensieri giravano intorno a questo fiore come api ubriache di un nettare che ancora non avevano bevuto, ma non si decidevano a berlo. In me si era creata una situazione paradossale, ma non nasceva dalla paura. Poi inaspettatamente, nel giro di pochi giorni tutto si accelerò, portandomi a vivere il primo di una lunga serie di incontri con un essere eccezionale. Una notte mi svegliai da un sogno silenzioso. Il sogno era formato da una stanza vuota. Solo una stanza vuota senza nessuno dentro. Nel più totale silenzio, una tenue luce azzurrina illuminava un ambiente soffuso da un’evanescente ed inconsistente nebbiolina. Il sogno era fermo su quell’immagine ed i miei occhi sembravano osservarla da uno dei quattro muri che formavano la stanza stessa. Anzi, ero uno dei muri e osservavo l’interno di quello spazio vuoto. Mi svegliai di soprassalto, quando sentii una voce lontana provenire dal centro della stanza chiamare il mio nome. Dentro di me risuonava ancora quella voce, tanto che anche la mia stanza da letto sembrava abitata dal suo eco. Un sogno eccezionalmente vivo e vivido che mi colpì profondamente lasciandomi inquieto per tutta la notte, soprattutto dopo che chiusi gli occhi durante la fase di dormiveglia, sentii di nuovo quella voce chiamare con la stessa delicatezza il mio nome. Normalmente mi alzo presto la mattina e sempre di buon umore. Amo praticare i miei esercizi all’alba prima di iniziare la così detta giornata lavorativa e così fu anche in quel giorno incredibile. Durante gli esercizi, ebbi costante la sensazione di non essere solo. Di essere osservato, la percezione che qualcosa si muovesse intorno a me. Una energia leggera che a volte percepivo come una carezza d’aria. Non caricai di significato questa sensazione e svolte le consuete pratiche mattutine: lavarsi, vestirsi, colazione ecc…ecc…, scesi a studio per lavorare intorno ad una scultura. Mi colpì subito l’eccessiva luminosità dei colori intorno a me. Tutto era più vivido, i suoni arrivavano più puliti e decisi e il mio rapporto spazio-tempo sembrava alquanto sfasato rispetto al consueto. A secondo dei momenti, lo spazio dello studio sembrava, anche se leggermente, espandersi o restringersi ed il tempo dilatarsi o contrarsi. Sapevo di star vivendo in una diversa attenzione dove il mio stato

percettivo era amplificato, ma non capivo perché. Non avevo attivato nessun procedimento che giustificasse questa mia condizione, tanto meno ero consueto viverle spontaneamente con assidua ricorrenza. Presi atto di questa situazione e mi concentrai sul lavoro. Lavoro che comunque non riuscii a portare avanti, in quanto immaginavo quella scultura in modo sempre diverso. Come se nella mia immaginazione, si trasformasse, evidenziandosi continuamente in nuove possibilità. Una sorta di scultura in divenire, mai sazia della propria forma e identità. Tutto sembrava così meravigliosamente assurdo.

Dopo aver mangiato, salii di nuovo in casa e mi infilai nella vasca per un bagno caldo. Ne avevo proprio bisogno. Lavorando con il ferro, mi restava addosso l’odore acre della limatura e il fumo degli elettrodi. Un buon bagno mi puliva da quelle scorie marziane e decisamente rinfrescava la mia pelle, le narici e i miei occhi maltrattati spesso dalle scintille e dalla luce della saldatrice. Mi sdraiai nell’acqua, sprofondando completamente in quel meraviglioso liquido trasparente. E’ un elemento che amo molto e in questi casi, proprio perché riarso dall’energia fuoco ne ho estremo bisogno. Non diedi importanza allo scintillio che vedevo intorno alla finestra, attribuendolo alla stanchezza degli occhi, ad un effetto ottico causato appunto da tale condizione, anche se una cosa del genere non mi era mai capitata. Quando però il fenomeno, invece di attenuarsi si accentuò, assumendo anche una forma sferica brulicante di scintille, restai interdetto per non dire anche un po’ impaurito. Percepivo nell’aria una sorta di elettricità. Era come se l’aria fosse all’improvviso diventata frizzante, se fosse percorsa da correnti di energia che rilassavano e rinvigorivano allo stesso tempo il mio corpo, lasciando il compito di gestire l’allarme, la tensione più che la paura, alla sola mente. Mi stavo asciugando, quando in un batter d’occhio tutto svanì. Nonostante la scomparsa, quella visione mi lasciò stralunato e confuso. Andato a letto, la notte, cercai di addormentarmi, ma un misto d’euforia ed apprensione mi teneva sulla corda. ò del tempo mentre mi interrogavo sul significato di tale visione o fenomeno, pronto a cogliere qualsiasi segnale si imponesse alla mia attenzione, pronto a decifrare la più piccola indicazione. Poi calò il sipario. Ma quella volta fu un lento cadere, tanto che in quello stato di dormiveglia, ebbi modo di percepire nuovamente quella particolare condizione frizzante dell’aria, visualizzata anche come correnti fluide di energia che si muovevano concentriche e nello stesso tempo a spirale. Era come se tracciassero disegni armoniosi nell’aria della stanza. Stanza che per me, stava perdendo i connotati fisici di spazio delimitato entro quattro mura, divenendo sempre più

evanescente. In quello stato percettivo si impose alla mia attenzione nuovamente l’immagine di una sfera formata da punti luminosi scintillanti che troneggiava nel più assoluto vuoto. Da quel vuoto, una voce chiara ma lontana chiamava il mio nome. Nient’altro che il mio nome. Pa …o... lo, fin quando, finito il leggero eco che l’accompagnava, dopo un breve lasso di tempo, di nuovo ripeteva: Pa… o…lo. Mi svegliai e mi alzai in preda ad un disagio quantificabile che incredibilmente svanì nell’arco dei pochi secondi. Il tempo di arrivare dal letto al divano. Colsi l’anomalia di questa oscillazione emozionale e mentre pensavo al significato di questo fenomeno, di nuovo mi addormentai. Di nuovo la visione, il vuoto e quella voce che lo riempiva chiamandomi. La mattina mi svegliai calmo, fresco e perfettamente riposato. Non sapevo perché, ma capivo che l’Infinito, o forse solo me stesso, mi stava chiamando ed io, volontariamente, forse non aspettando altro, gli stavo andando incontro. Durante la giornata, i cosiddetti “ dati di realtà”, erano tornati ad essere i puntelli che definivano: vera o immaginaria, l’esperienza comune che chiamiamo vita. Unico elemento di disturbo, se così si può definire, era uno stato percettivo particolare che nasceva in me ogni volta che il termine “scintille” veniva pronunciato. Mai come in quella giornata fui bombardato da quella parola. Sembrava che la cosiddetta casualità si fosse data appuntamento in ogni luogo in cui ero presente. Ogni volta che da una apparente casuale conversazione quel termine colpiva il mio udito, entravo in una particolare attenzione. Ogni cosa intorno a me si faceva più vivida, più colorata e l’aria acquistava una lieve colorazione violetta, mentre io sapevo che l’infinito stava facendo in modo che non dimenticassi o sottovalutassi l’esperienza di quella visione. Forse quell’esperienza percettiva non era stata altro che un segnale, pensai. L’indicazione di qualcosa che mi sfuggiva e, visto che la notte scivolò via indisturbata secondo consuetudine, quella sorta di collasso percettivo doveva considerarsi concluso. Nient’altro che una specie di sogno ad occhi aperti. In effetti da quella notte tutto ritornò nei consueti binari. La normalità riprese possesso della mia vita, si fa per dire, perché tra i “ non fare”, le pratiche di attenzione ed altro, la mia non era e non è certo la normale erella di dati, esperienze ed eventi che tutti conoscono. Quando si supera una soglia, nella vita di un guerriero entra una particolare tipo di follia, molto diversa per qualità e quantità dalla usuale follia dell’uomo etichettato “comune”. Comunque, riappropriatomi di quella rassicurante danza delle ore che chiamiamo le nostra giornata, i miei dati percettivi non subirono più scossoni o picchi allucinatori. L’unico gravame che mi sentii costretto a sopportare, fu un senso di perso, una marcata nostalgia di indefinito, un eccessivo senso di mancanza che in certi momenti, frammisto ad una perforante malinconia acquistava le valenze di lacerazione. A questo male di essere, che a

volte in modo altalenante, manifestava un senso di vuoto e buonumore, addirittura di allegria, si accompagnavano spesso formicolii e intorpidimenti lungo la vertebrale e soprattutto nella mano e nello stinco sinistro. Formicolii che in certi momenti furono così presenti che oltre a misurarmi per precauzione la pressione in farmacia, mi indussero anche a fare una eggiata dal medico. Inutile dire che né la pressione, né la pulsazione cardiaca evidenziarono anomalie. Dopo una intera giornata ata in quello stato, la notte dormii malissimo, Fui tempestato da sogni confusi con una colorazione che ricordo perfettamente acida, quasi fosforescente. Come mi disse nonno prima del silenzio:

- c’è qualcosa che ti aspetta lassù-, anche se quel “ lassù” è un indicatore di spazio equivoco, perché ” lassù” è ovunque L’assurdo era che mi sentivo braccato non da un ipotetico appuntamento con non so chi e ma da me stesso. Iniziavo veramente a sentire come ineluttabile questo “indefinito qualcosa” e questa sorta di obbligo iniziava a darmi le vertigini.

Avevo voglia di aprire il sacco, di affrontare questa situazione, ma nello stesso tempo me ne tenevo lontano. Quella mattina, mentre aspettavo alla cassa di pagare il pane fresco comprato al forno, ridacchiando due signore anziane parlottavano di una coppia che si saziava a quanto pare, di litigi e schiaffoni .Ad un certo punto la frase fatidica” quando fa le scintille, però si caga addosso “.

Ci siamo, pensai.

E’ proprio l’ora di affrontare questa situazione. Mi stavo nascondendo dietro al mio dito e non riuscivo a capirlo. Forse, comunque era giunto il momento giusto, visto che anche dal tabaccaio dal quale mi recai per acquistare qualche penna a sfera, una signora con in mano un giocattolo stava dicendogli: non fa più le scintille!.

Uscii deciso di affrontare subito questo viaggio e mentre dal –pane e pastachiedeva del formaggio, un uomo, parlando di un caminetto, diceva all’altro: forse è il tipo di legna che fa tutte quelle scintille: Era troppo evidente. Qualcosa di importante mi stava aspettando e mi avviai decisamente verso casa. Arrivato a casa, chiusi porte, finestre e persiane, e seduto, gambe incrociate, mi coprii con una coperta per fare il massimo buio. Ovviamente staccai prima il telefono, appesi un piccolo cartello fuori alla porta d’entrata, pregando di non suonare e misi come sottofondo una musica Zero. Così ho chiamato questa musica o respiro vibratorio: un lungo ripetuto -Mi -greve, intrecciato con altri Mi ,posizionati su ottave superiori. Terminata questa fase preparatoria, il mio livello di eccitazione si era già notevolmente abbassato e finì con lo scomparire completamente dopo pochi cicli di respirazione. A questo punto amo sposare la respirazione al suono, emesso durante la fase di emissione dell’aria. Questo è il punto cruciale che permette l’entrata in quel particolare stato di trance leggera, necessaria per entrare in quello stato di abbandono e ricezione che amplia e dilata la nostra normale percezione. Ma c’è di più, emettendo il proprio suono di potere, lo spirito riconosce in quel suono il nostro intento di operare un’azione consapevole di allineamento ad esso. E’ il nostro segnalatore di posizione, il filo che segnala e manifesta all’infinito ed alle sue forze, all’Uno e alla moltitudine delle sue creature, dei suoi aiutanti, come direbbe un pellerossa, che siamo pronti a darci in pasto all’ignoto infinito: per amore , libertà e consapevolezza. Il suono di potere, è la sinfonia segreta e personale data a noi dallo Spirito. Dichiarato il mio intento, dopo il lancio dal cono interno, sono entrato letteralmente risucchiato in quella dimensione chiamata mondo-superiore. E’ stato come attraversare un tunnel a spirale con pareti che sfumavano sempre più verso colori luminosi e pastello, fino ad entrare attraverso una sorta di velo luminoso, quasi una porta membrana, in un vuoto ancor più luminoso. Vuoto che pian piano ha iniziato a manifestare se non proprio elementi riconoscibili, almeno movimenti di correnti bianche, luminose, quasi nuvole di plasma.

- Dichiara il tuo intento quando ci sei, affidati e chiedi di essere guidato. Abbandonati e sii un gesto d’amore-. Queste parole di nonno, sono apparse come un flash appena ho lanciato l’intento di essere guidato, di incontrare una guida.

- Ricordati: amare è facilissimo, basta non essere. Quando sarai lassù,

dimenticati. Cerca di essere quelle parole, quei significati, quegli insegnamenti e il potere meraviglioso e totale che nasce dal non essere e dal suo conseguente atto d’amore. Chi ti guiderà potrai sentirlo fin dentro le fibre della tua anima. In quel caso sii umile e coraggioso, lascia che si accomodi dentro di te Non lasciarlo solo parlare, ma bevi le sue parole. Se poi non accadrà niente insisti, insisti e continua ad insistere. Non è un esame. Non dipende solo da te. L’atto del ricevere comprende sempre una altra parte che dona. Per essere chiamati necessita una voce che chiami. La propria non è sufficiente-.

Entrato in quel mezzogiorno di luce e lanciato l’intento di voler incontrare una guida, aspettai . Niente segnava il tempo o un ritmo dentro di me. L’assenza di pensieri e immagini sembravano avermi annullato e in quella assenza percepii la bellezza del vuoto. Mi sentivo aria. Aria dissolta in un’atmosfera lattea e luminosa. Non so quando, non so come, ricordo solo che all’improvviso una piccola sfera scintillante iniziò a pulsare richiamando spirali di energia verso di se, come fosse una profonda inspirazione e poco dopo l’opposto, l'espirazione. Un pensiero, o forse qualcosa al di là del pensiero, uno stigma, una impronta, un marchio che non so definire s’impresse in me con una bellezza, con una delicata e perforante pressione da lasciarmi sgomento.

L’INFINITO STA’ RESPIRANDO!.

Ma non so chi restò sgomento, perché io non percepivo più di essere. In quella condizione capii, anzi sentii perfettamente cosa significasse essere la goccia e il mare, essere la stessa cosa, pur essendo cose diverse. Quella sfera di scintille si contraeva ed espandeva dandomi il senso perfetto della vita. Lo sentii come un immenso atto d’amore, al quale partecipai con una spontanea fusione che, dopo, per ore ed ore, il solo pensiero faceva sgorgare una commozione direi quasi cellulare tanto era lo struggimento. Dopo un tempo indecifrabile di quella danza scintillante, quando quelle correnti di energia iniziarono a dissolversi, davanti a me sembrò materializzarsi una figura bianca, alta, una tessitura di energia vibrante che anche se non potevo coglierne i lineamenti sapevo sorridente. Chiesi se fosse lui la guida che mi avrebbe sostenuto, istruito o non so cosa.

Non ricevetti indietro nessuna risposta udibile, ma dentro di me, come se una mano l’avesse scritta, vidi apparire un ”SI”.

Calmo, sereno, senza nessun moto interiore lo segui mentre sotto i suoi piedi vedevo materializzarsi: sassi, erba, sabbia, materia che pian piano formava una strada ed un paesaggio roccioso verso il quale si incamminava. Lo seguii fino ad arrivare, salendo alcuni scalini, in un terrazzo coperto da un pergolato fiorito con foglie larghe e tonde che mi ricordavano piante di kiwi.. Sedette al lato di un lungo tavolo blù decorato a mosaico con una unica cornice dorata che faceva da perimetro, un po più piccola della totale superficie del tavolo, dando a tutto l’ambiente un senso di leggerezza ed eleganza e mi fece cenno di sedere proprio lì davanti a lui che, pur non riuscendolo a vede in viso,sapevo e intuivo sorridente. Quando parlava o rispondeva alle mie domande, continuavo a visualizzare ed a sentire una voce dentro di me e le parole, le frasi mi apparivano scritte dentro come fossi un foglio bianco e pulito. In uno stato di perfetta lucidità mentale, di raziocinio, avrei avuto mille domande da porre, ma in quello stato di assenza, di abbandono, già quella sola presenza mi arricchiva e saziava. Ruppe il silenzio dicendomi: “Guarda la pergola. Oggi è la metafora del tuo stato. E ‘ in fiore”. Poi di nuovo il silenzio. Un silenzio calmo come un lago dove tutto sembrava dissolversi. Nessun appiglio: niente spazio, niente tempo, una sorta di rassicurante voragine dove…”il naufragar m’è dolce in questo mare”. Poi di nuovo quella voce mi suggerì: “alza gli occhi”. Alzai gli occhi verso la pergola e sentii nuovamente e nello stesso modo dirmi,”vedi cos’è il tempo. Un battito di ciglia e i frutti sono già maturi”. Adagiò le braccia sul tavolo con le mani rivolte verso l’alto e dai palmi delle mani brillavano due vortici come due galassie rotanti a spirale. Un riflesso in me li identificò come i chakra delle mani, ma immediatamente sentii risuonare dentro di me:

–ascolta-.

Se dovessi trovare un termine per identificare il mio stato in quel momento, ei ATTENZIONE. Si, totale attenzione a quello che appariva scritto e risuonava in me e a quelle galassie che ruotavano incredibilmente luminose nei

palmi di quella creatura di spirito. Totale ed incondizionata attenzione. Una attenzione che sconfinava nel rapimento, tanto il tutto era una fusione di estrema lucidità e totale assenza. Una presente dissolvenza, un essere non essere, ogni metafora o definizione è per intima natura di quello stato, mancante.

- Ascolta-, riprese la voce.

- Poni le mani sul tavolo come me, a palme aperte-. Girai le palme all’insù e subito sovrappose sulle mie le sue palme luminose che percepii caldissime, tanto che portai quella percezione per ore. A quel contatto, iniziai a vibrare. Il mio corpo iniziò a sobbalzare tanto vistosamente e forsennatamente, come percorso da una cascata di energia squassante, che le braccia, libere di muoversi, danzavano esageratamente in ritmi, gesti e movimenti ampi. .All’improvviso, come se una terribile pressione interna sbuffò dentro di me il suo fiato: le orecchie, la bocca, gli occhi, quasi diventarono puri orifizi dai quali usciva un fiotto di energia luminosa. Dai pori della pelle percepivo uscire energia, dal palmo delle mani e dalle piante dei piedi, dal corpo intero, avevo l'impressione che l'energia fluisse. Del canale della colonna ebbi l’immagine di una sorta di autostrada: energia che si muoveva e si intrecciava salendo e scendendo ai lati di una corsia luminosissima che sembrava addirittura immobile. Poi lentamente, tutto si trasformò. Quell’energia prese la forma di una pioggia luminosa, ricordando le scintille di un fuoco d’artificio che a caduta discende in terra. Dal movimento estremo nacque la quiete. In quello stato di quiete, la voce riprese a parlarmi.

- Ora vai avanti e non fermarti. Tocca, la vita ha bisogno di questo. Ogni creatura ne ha bisogno, un sasso come un bambino, un fuoco come l’oceano. Tutto ha bisogno del tocco dell’amore e del suo immenso potere. Tutto e non solo con le mani-.

Sentivo questo parlare. Sentivo istruzioni e parole discendere in me come neve, silenziose, senza essere in grado, io, di strutturarle in una sintassi logica e

consequenziale. Sapevo quello che mi si diceva, ma le parole sembravano galleggiare come puri segni autonomi, svincolati da ogni regola di costruzione grammaticale. Singoli palloncini che vagavano. Avrei potuto fare domande pensai, dopo. Avrei potuto chiarire alcuni nodi della mia vita, dubbi legati a quest’ultima esperienza, al significato polivalente e sibillino di –toccare-. Cosa significa per me oggi: -tocca, che la vita ha bisogno di questo-. Quando e come toccare. Cosa mi è stato dato?. Cosa ho ricevuto: un’ iniziazione.? Una investitura o cosa. Cosa avrei dovuto farne e soprattutto come?. Chi era quell’essere luminoso che mi sedeva davanti e operò tutto questo. In quei momenti tutte queste sacrosante domande e dubbi, non facevano letteralmente parte di me. Non riuscii a formulare altro che niente. Riacquistata la capacità di essere e rapportarmi normalmente con me stesso e con il mondo circostante, mi accompagnò un senso di sfasamento, di perdita di peso, unito alla classica sensazione di febbre. ati due giorni, tutte quelle domande bussavano al mio portone con insistenza e aggressività. Chiedevano di essere soddisfatte ed io non desideravo altro che assecondare questa urgenza. Il secondo giorno, nel cuore della notte ed incontrai di nuovo quella che sembrava dover diventare per me un’altra guida. Non saprei dire se in sogno, o in visione. Mi apparve lo stesso paesaggio di luce e ci sedemmo, o meglio mi invitò a sedere sotto lo stesso pergolato, allo stesso tavolo blù bordato di giallo oro. Alla formulazione delle mie domande non rispose. Mi invitò ad entrare nel silenzio mentre continuavo a parlare e ad esporre. Mi colse all’improvviso un moto interiore dell’assurdità che ci avvolge e ci spinge a cercare risposte negli altri, risposte che già abbiamo dentro, nelle profondità delle nostre catacombe. Dentro di me, fuori di me, nelle mie cellule, si creò una immagine che io osservavo dal di fuori e da dentro nello stesso tempo. L’immagine di una bocca parlante che non emetteva suoni. Una bocca muta che emetteva parole trasparenti e prive di suono. Ciò nonostante, al di là della cascata invisibile di questi oggetti verbali, dal profondo, da un budello che sentivo scendere fin negli abissi e nelle altezze dell’universo, nascevano risposte come improvvise bolle d’aria che salivano a galla. Bolle d’aria contenenti nel loro fragile involucro, risposte a dubbi e domande da me formulate.

- Ascolta- mi disse. - Un essere umano si accontenta spesso di non riuscire. Un camminatore dello spirito sa che accontentarsi è come chiedere scusa. E’ GIUSTIFICARSI . E’ RASSEGNARSI. E’ RICONCILIARSI con la propria incapacità o impossibilità a centrare l’obiettivo. Un camminatore dello spirito

non si accontenta,egli accetta consapevolmente quello che considera un limite e si sforza di superarlo, se lo ritiene necessario. Altrimenti accetta e si abbandona a quell'esperienza. Un camminatore dello spirito, semplicemente non ha obiettivi. Non ha finalità, ma solo azioni da svolgere in modo mirabile e disinteressato. Ricordati che accontentarsi non è equivalente di accettare. Poi, al mio silenzio ormai fecondato da tutte le risposte desiderate, si aggiunse una immagine e dentro di me, la sua voce scrisse e risuonò ancora.

- Non formulare obiettivi con quello che ti viene dato. Semplicemente rovescia la mano e fai cadere in terra , affinché germogli, quello che hai ricevuto-. Poi, davanti a me,si formò una sfera luminosa e vibrante di energia. Era un giovedì di febbraio per l’esattezza. Una sfera vibrante alta circa quanto un uomo, era davanti a me , a pochi metri di distanza, viva e luminosa.

- Ascolta attentamente -, risuonò in me con voce pacata e sicura. -- Fai esattamente quello che ti viene detto-, si raccomandò e mentre la sfera sembrava aumentare intensità, iniziò ad istruirmi.

- Quello che vedi non è da nessuna parte, eppure è ovunque e permea il mondo. Puoi chiamarla coscienza Cristica, consapevolezza dell’infinito, o semplicemente Amore. Puoi attingere alla sua fonte come ognuno può farlo, nello stesso momento e senza permessi o dichiarazioni di appartenenza. La luce è del mondo, non ha confini e solo la malattia degli uomini la imprigiona dentro mura e soffitti, convinti che appartenga solo a loro e che è sempre migliore della luce del vicino .E’ sufficiente abbattere queste fortezze, queste scatole craniche che asfissiano il vero pensiero e la luce continuerà a diffondersi ed a seminare luce. Questo è il compito della meditazione, di questa meditazione. Chiamala la Danza della Croce-. Poi, sotto la guida della voce, entrai in una delle esperienze più belle e forti della mia vita. Voglio narrarla in modo dettagliato, affinché ognuno possa sperimentarla nel tempo per quello che realmente è: una perla. Una perla donata. Una perla data al mondo come atto d’amore.

- Non meravigliarti se questo succede a te. Meravigliati invece per quello che non succede. Per il silenzio che l’uomo ha innestato non in se stesso, ma con se stesso e contro se stesso e per la stupida presunzione che lo assale e imprigiona quando fa assurgere a realtà solo quello che la sua usuale e condizionata percezione gli fa percepire tale-. Dopo questa sorta di considerazione, la voce della guida, sincronizzata dal gesto del suo braccio che indicava di guardare davanti a me, iniziò a istruirmi su cosa fare. Oltre la bellezza, quello che mi lasciò stupito di quella esperienza fu il trovarmi ad anticipare quasi i i o le descrizioni che mi venivano fatte, quasi già conoscessi o avessi praticato quella meditazione chissà per quanto tempo. In una sorta di estasi, anche se mi sembra una parola azzardata questa, visto che stati di percezione simili non ne avevo mai vissuti, quindi, impossibile un paragone; entrai a braccia distese come fossi una Tau in quella sfera vibrante di luce e iniziai a roteare in senso orario. Fu un richiamo, un rapimento che dopo una respirazione focalizzata a visualizzare un arcobaleno, un ponte di luce che si illuminava nel mio paesaggio interiore; mi portò a divenire quello che non potrei più definire: “io”, il piccolo uomo pensante, ma solo luce, solo luce nella luce.

- Respira e cogli l’arcobaleno che entra dalle tue narici come un canto di luce e armonia. Una promessa d’amore e gioia mantenuta già al solo pensarla.

Respira fino ad essere solo colore, poi luce bianca e vibrante. Respira, respira-. Poi mentre roteando venivo risucchiato e avvolto in quella sfera luminosa, ebbi netta la sensazione di srotolarmi, di sbucciarmi come un frutto che esplode nel suo profumo, nella sua polpa succosa e vitale una volta che il movimento lo ha liberato dalla prigione della sua buccia esterna. Dentro quella sfera luminosa continuai a roteare sempre più forte. Con un movimento rotatorio orario e le braccia aperte a formare una Tau, giravo su me stesso con ritmo crescente come un derviscio di pura energia. Tanta era la percezione della danza cerchio, che il movimento si impossessò anche del mio corpo fisico, facendolo sobbalzare con scossoni energici come un burattino mani e braccia all’aria. Continuai a roteare sempre più forte, con la netta percezione di essere dentro la sfera e nello stesso tempo al di fuori ad osservare il mio corpo energetico che ormai pura luce, roteava velocemente intorno al proprio asse. All’improvviso, dai piedi, l’energia iniziò a cambiare colore: dal luminoso bianco, virò verso il giallo, l’arancio e il

rosso. Divenne una energia di puro fuoco rosso divampante, mentre la voce, come un balsamo profumato che lenisce, riprese a dire: -non aver paura. Questo fuoco purifica. E’ la fiamma del cuore universale, il centro dell’amore perenne- e all’improvviso, come già fossero in agguato, mi sono venute in mente le parole del Battista:

-io vi battezzo in acqua, ma colui che verrà dopo di me vi battezzerà col fuoco-.

Poi sempre delicatamente, ma con decisione, la voce continuò ad istruirmi. Ricordo che quando disse:

-non aver paura, accoglila in te, è parte della tua carne-,

repentinamente, quel corpo di energia infuocato, il mio, che ruotava nella sfera, iniziò, sempre roteando a dirigersi verso di me, fino ad entrare nel mio corpo fisico e lì continuare il suo infuocato movimento. E’ vero, provai una strana sensazione di gioia e disagio nello stesso tempo, ma tutto svanì nel vortice di quella danza, mentre seduto, occhi chiusi, più che in balia della DANZA, vivevo l’incredibile esperienza di essere la DANZA stessa. Dentro di me, la voce gettava a piene mani la sua pioggia di petali profumati con parole ferme e rassicuranti.

- Ripeti- mi suggeriva.

-Io sono amore nell’amore. Sono libertà e potere dell’armonia. Sono perdono e Consapevolezza. Sono potenza e gioia, sono....

Sono il vuoto non vuoto

Il pieno non pieno

Lo spazio non spazio

il luogo non luogo

Un nucleo di energia consapevole

In un campo immenso di energia consapevole

e dentro di me questo miele si scioglieva diventando la mia parola, la fibra interna e profonda del mio corpo, del mio pensiero. Restai così per non so quanto tempo. Il mio corpo energetico, nella figurazione del Tau, roteando vorticosamente aveva dissolto ogni confine e un senso di non appartenenza, di leggerezza, di evanescenza aveva preso il mio posto. Continuavo a ripetere;

-Io sono amore, io sono ecc…ecc-,ma non era un semplice esercizio di pensiero positivo. Era un tessere quella parola nella fibra della mia carne. Un sentire vivere quella parola dentro, sentirla secernere il suo sangue, il suo nettare, più che un dover o volere diventare quella parola o quel pensiero. Quello che oggi so dire con certezza, è che nella coppa delle mani: colori, suoni, parole, qualsiasi linguaggio dell’uomo è terribilmente inadeguato ad esprimere quella esperienza nella sua completezza, che parlarne, è come ridurre la Terra a semplice ammasso di gas, minerali e fibre. Dopo questo infuocato danzare,

improvvisamente, la mia Tau, il mio corpo di energia, riprese l’aspetto iniziale di elemento di luce, una Tau di pura luce. Sempre roteando sul proprio asse, riacquistò il bianco luminoso che lo aveva caratterizzato all’inizio, continuando ancora, rientrando nella sfera iniziale fino a fermarsi lentamente. Percepivo, non so come, una forte luminosità fuoriuscire da quel centro che avrei dovuto essere io invadere ogni cosa intorno a me. Forse un fotone perso nell’universo si sente e percepisce così.

- Apri le mani e rivolgi il palmo all’insù-, riprese a dire la voce, mentre già percepivo la presenza di due piccole sfere che si scioglievano nella coppa delle mani.

-Ora fai salire l’energia di queste gocce lungo le braccia, fino a farla incontrare nella colonna vertebrale: la colonna della vita e resta così. In assoluto silenzio resta così: Esistente nell’Inesistenza. Ricordati -, disse infine e lì, in quelle parole percepii la venatura dell’ammonimento: - questa fase che potrai considerare iva, di silenzio e inattività, è importante quanto la prima fase di movimento-.

Rimasi così, esistente nell’inesistente. La voce aveva utilizzato la parola perfetta per esprimere quello stato di grazia: esistente nell’inesistenza. Quella parola incatenata nel suo duplice aspetto affermativo e negativo senza nessuna accezione morale, divenne per me una chiave semplice seppur paradossale, per accedere e puntualizzare aspetti del reale difficilmente decodificabili dal linguaggio comune. Il concetto di maya, dell’illusione del mondo reale, appare subito chiaro quando lo si definisce come uno stato –esistente nell’inesistenza-. Uno stato materico poggiato sul non-materico, che solo la nostra percezione rende tale. Chi comprende e fa esperienza di questi fenomeni, non ha bisogno del o e del conforto della cosiddetta scienza. Scienza per altro: quando scritta con la lettera maiuscola e fuori dai corridoi del potere mercantile e militare, capace di dare risposte al bisogno e all’anelito di conoscenza umana. E desiderio di evoluzione. Ma questo tipo di scienza può essere solo praticata e vissuta da chi ha uno sguardo ampio, orizzontale e verticale nello stesso tempo,

sulla vita dell’uomo e di ciò che lo circonda e incastona come un diamante.

Alla mia domanda sulle origini di tale meditazione e sulla sua intima natura interiore. Sul movimento energetico che avrebbe messo in moto e sulle finalità e conseguenze derivate dalla sua pratica, in uno dei successivi incontri col quel Maestro, mi è stato detto questo:

Insegnala. L’Universo si muove roteando. E’ la forza stessa dell’amore. E’ una perla di trasformazione, puro oro divino. E’ la poesia dell’universo, il dono, il canto dell’amore che trasforma, l’acqua sorgiva che disseta, il sorriso e la carezza che scongela.

Scioglie le prigioni e colma i fossi che separano. Ci fa sentire come rugiada fresca e cristallina, pronta a dissolversi alla gioia del sole.

Danzala, che è un mantello soave che brilla e disseta i più piccoli, che si rinnova con amore e leggerezza, sempre semplicemente dedita. Danzala, che sia compagna inseparabile. Offrila al mondo che la cerca.

MEDITAZIONE DELLA “ DANZA DELLA CROCE “.

Seduto/a, schiena dritta, mani a coppa una nell’altra appoggiate sulle gambe con le palme rivolte in su, visualizza o immagina una sfera luminosa posta alcuni metri davanti a te.

Sii consapevoli che la sfera vibrante di energia e vita, bianca e luminosa, è la coscienza Cristica presente in ogni OVUNQUE.

Rappresenta L’Amore, la consapevolezza, la Libertà. Questa croce, rappresenta il dono sublime e terribile della responsabilità, che per essere assunta consapevolmente deve saper leggere e vivere le esperienze portate sia dal braccio orizzontale, che da quello verticale di questo simbolo di vita. Purtroppo la responsabilità, quella vera, è raggiungibile solo attraverso la consapevolezza. Un uomo in stato di sonno non può assaporare il potere della responsabilità nei confronti di se stesso, per questo da millenni riecheggia quell’eco apparentemente perso nel deserto che continua a spingere le coscienze:

- Svegliatevi! Svegliatevi!-

Bene, dopo esserti seduto/a ed aver visualizzato o immaginato la sfera davanti a te, fai sette respiri profondi, lenti e silenziosi.

Durante la respirazione visualizza un arcobaleno colorato che entra durante la fase dell’inspirazione dalle narici e seguilo lungo la trachea e nei polmoni, dove vedrai e sentirai la sua luce colorata e vibrante, espandersi come in un paesaggio fresco e terso. Trattieni per quattro secondi il respiro, durante i quali vedrai il tuo

paesaggio interiore brillare e gioire di questo arcobaleno, poi espira lentamente seguendo il percorso dell’aria dai polmoni-paesaggio, alle narici. Trattieni ancora per quattro secondi il respiro focalizzando l’attenzione alla radice del naso, fra le sopracciglia e poi di nuovo l’intero ciclo per un totale di sette volte. Finita questa fase, mentre davanti visualizzi sempre la sfera o ne hai percezione, dopo una profonda inspirazione, visualizza o immagina o percepisci il tuo corpo di energia, una sorta di ologramma luminoso identico al fisico uscire da te e con una profonda espirazione, portalo a fermarsi proprio davanti a te.

Inspira di nuovo consapevolmente e profondamente e con una seconda profonda espirazione, il tuo corpo di energia, (visualizzato come copia di quello fisico, anche se formato di energia lucente), lancialo nella sfera con le braccia aperte come fosse una Tau ed inizia a roteare sempre più velocemente in senso orario intono al suo asse.

In questa fase, l’energia della sfera si travasa nel corpo di energia, facendogli piano piano assumere le sue caratteristiche, portandolo così ad allinearsi con se stesso e lo spirito che la abita. Porre attenzione all’energia che si travasa dalla sfera al corpo rotante, come figura bianchissima e luminosa in una sfera egualmente bianchissima e luminosa. Mentre il corpo di Energia danza sul proprio asse, roteando, ormai della stessa sostanza della sfera: visualizzare dal basso, dai propri piedi l’energia bianca che inizia a virare in giallo, arancio, fino al rosso fuoco e in tale stato continuare velocemente a roteare sempre sul proprio asse. Dopo aver roteato per un po, visualizzare il corpo di energia infuocato, uscito dalla sfera sempre roteando su se stesso compenetrarsi nel nostro corpo fisico. Lì, sempre infuocato, continua la sua danza. Siamo noi dentro di noi. Quel fuoco rappresenta il fuoco dello Spirito, elemento divampante e purificatore e in quello stato ripeti a voce o mentalmente:

Lo Spirito mi purifica totalmente. Lo Spirito purifica il mio corpo,….le mie emozioni…..i miei sentimenti….la mia mente…..i miei pensieri. Portare attenzione a questi aspetti di se stessi mentre si continua a roteare infuocati a braccia aperte dentro il proprio corpo. Dopo circa quindici minuti, anche se non

c’è un tempo definito, viene spontaneo virare dal rosso fuoco nuovamente verso il bianco-luminoso. Continuare così a roteare con il proprio corpo di energia bianca-abbagliante e le braccia aperte a formare una Tau, sempre intorno al proprio asse ripetendosi: sono consapevolezza, sono amore, sono luce nella luce sono libertà,

.Sono il vuoto non vuoto

Il pieno non pieno

Lo spazio non spazio

Il luogo non luogo

Un nucleo di energia consapevole

In un campo immenso di energia consapevole.

Continua così, fino a che, sempre roteando ti innalzi nell'infinito e l', nell'immensità esplodi come un fuoco d'artificio ricadendo il mille gocce di luce. A questo punto, aprire le mani con il palmo rivolto in su e percepire una goccia di energia che scende a depositarsi in ogni mano. Chiudere il palmo e visualizzare o percepire un fascio di energia che da ogni mano, sale lungo le rispettive braccia fino ad incontrarsi e diffondersi nella colonna vertebrale, irradiandola di energia brillante e vibrante.

Restare così. Immobili e senza rincorrere niente. Sazi e colmi di vuoto. UNA GOCCIA VIVA NELL’IMMENSITA’ DELL’OCEANO. Mentalmente ripetere:

sono il vuoto non vuoto

Il pieno non pieno

Lo spazio non spazio

Il luogo non luogo ecc....

Non dimenticare che la fase iva, quella di silenzio e inattività, è importante quanto quella attiva. Ricordati: la meditazione è preghiera. Ridare al mondo ciò che è del mondo, all’illusione quello che è dell’illusione per presentarsi nudo e abbandonato, piccolo al cospetto del mistero dello Spirito: è nella sua natura. La meditazione ti inserisce nella trama, nel tessuto dell’Infinito, con la grazia potente di un atto d’amore e quando la si vive questo non va mai dimenticato. Se vuoi parlare allo spirito, dimentica te stesso!.

Dimentica il tuo ego, la presunzione che da esso scaturisce, la tua importanza personale, quella forma psico-mentale nella quale ti pasci e identifichi. Non è rilassamento, anche se ti sentirai sereno e rilassato. Non è un induzione, un pensiero positivo, una suggestione che ha per scopo solo il raggiungimento di un tuo obiettivo specifico. Non è un forgiare i muscoli della propria spiritualità, come spesso si crede. Anche perché lo spirito non appartiene a nessuno e non ha nome né cognome. Non è suscettibile di miglioramento, Tanto meno di

deterioramento.

La meditazione è un bruciare, anche se all’inizio per pochi attimi, la propria carta di identità.

Il proprio aporto per rinunciare di essere e andare altrove, sapendo perfettamente che ogni luogo è Altrove e in quel preciso momento hai consapevolmente scelto di non essere in nessun posto, per dire allo spirito: ecco, senza di me ci sono. Ho sciolto la mia vela per non andare da nessuna parte, perché il vento, la vela il mare e il marinaio sono un’unica cosa, sono un unico essere. Se vuoi meditare, non riempirti di niente. Non portare obiettivi da raggiungere, né cambiali da far firmare allo spirito per i tuoi tornaconti: qualunque essi siano. Tu forse no, ma l’infinito e quel Dio che ti abita sanno chi sei e di cosa hai bisogno. Lascia che affiori. Abbandonati soltanto. Non avere le cosiddette idee chiare, anzi quando mediti non avere nessuna idea.

Sii come il respiro: Imprendibile, Impersonale, Inconsistente, Invisibile, eppure, Vivo e Reale. Quando mediti con la Danza della Croce, sii solo un fotone di luce che ruota danzando nell’immenso movimento del creato. Sii la danza che celebra se stessa e lo spirito che la sostanzia attraverso il movimento e l’assoluta quiete..

-Tutti i giorni-, mi esortò la guida. Tutti i giorni trova lo spazio per dedicare te stesso alla Danza della Croce, è puro oro zecchino!.

Questa meditazione, nella sua totalità è complessa, ma non complicata. Complessa, in quanto formata da più corpi o parti che si assommano una sull’altra, permettendo di intervenire sulla pulizia e potenziamento dei centri energetici e e sul riallineamento dei nostri vari corpi: fisico, eterico, astrale e mentale. Consente altresì un recupero delle energie disperse, una sorta di

ricapitolazione. In questo capitolo, è stata presentata solo la struttura portante di tutto l’edificio della Danza della Croce, permettendone così a tutti la pratica. Le restanti stanze, tanto per restare fedeli alla metafora, le parti riguardanti un lavoro più avanzato sulla propria struttura energetica, si aggiungono una dopo l’altra alla struttura portante della danza stessa, in modo guidato e mirato, quando se ne è una raggiunta la padronanza. Questa attività di costruzione che a prima vista può esigere una serrata concentrazione, una attivazione preponderante della nostra parte razionale, quindi inibire l’esperienza dell’abbandono, paradossalmente si attua quasi in modo naturale, spontaneo. In questa prima fase cosiddetta attiva, il pensiero non è altro che l’aereo che conduce l’energia là dove decidiamo e nel modo che decidiamo. Questo centrifugare l’energia per pulire, purificare, recuperare e potenziare, porta alla seconda fase: quella di abbandono. Questo avviene già in una condizione di evanescenza, di dissolvenza, pronti ad offrire se stessi senza se stessi.

TUTTO INFORMA TUTTO

Capitolo Decimo

Così in alto come in basso, tutto per la gloria di una cosa sola. Ma questo pensiero millenario, direbbero in molti, non è ato da una seria ricerca e riflessione moderna. Manca di metodo e nello stesso tempo, è sia troppo ferreo, che generico. Non contiene la storia, né rispetta l’uomo nelle sue potenzialità e capacità formanti. Non…non…non…. Ma a dispetto dei non, nel cuore del ventesimo secolo, sono sempre più numerosi coloro che concepiscono l’universo, la vita infinita, come una immensa capillare ragnatela di energia, di informazione, misteriosa forse, sfuggente ad una valutazione puramente analitica, ma paradossalmente consapevole. Partendo da questo assioma, diventa addirittura facile, comprendere Jung e il suo concetto di sincronismo. Né incredibile apparirebbe la teoria dei:campi morfogenetici di Skeldrake, tanto quanto l’inquietante comportamento delle particelle gemelle della fisica atomica. Gli esseri viventi, vibrano a livelli più sensibili come un corpo unico. Come un ricetrasmittente che cuce tutti e tutti avvicina. Per questo le culture -primarie-, in ogni parte del mondo hanno metodiche, rituali, visioni e pensieri sull’uomo e sul mondo incredibilmente omogenee. Certo, così in alto come in basso. In una piccolissima cellula c’è racchiuso l’intero essere umano. In un frammento di ologramma l’immagine completa e in un segno a volte, il senso profondo del nostro divenire, della nostra strada, di una esperienza da portare a compimento.

VALE PIU’ UN PARADOSSO CHE INQUIETA nonno, o UNA CERTEZZA CHE RASSICURA, chiesi una volta. La risposta mi arrivò come una frustata secca e precisa.

-Sappi che non puoi farti così piccolo, né così stupido-.

Mi squadrò con occhio impietoso e con lingua tagliente incalzò senza darmi possibilità di pensare.

-Resta unito mi disse. Non essere mente, corpo o anima. Ricordati della mano e del potere che acquista quando dita e palmo diventano una cosa sola. Tutto ciò che è serve. Unifica, non dividere. Non lasciare le ideologie, gli intellettualismi alla mente, tanto quanto i sentimentalismi al cuore e le pulsioni al corpo. Sii unito e senti che ne pensa tutto il tuo essere ogni qual volta una parte decide per se senza l’abbraccio della totalità. Non ti è permesso. Ogni lacerazione genera inquietudine e perdita di energia, genera confusione e cecità. Non ti è permesso-.

Poi, perdendo il suo sguardo nel mio, quasi con tenerezza , aggiunse:

-tu comunque impara a fluire anche nella confusione e nell’inquietudine…tutto serve tutto. Tutto, se ne sei consapevole serve l’unità. Non aver paura di aprire quando la vita bussa alla tua porta con la forza di un gigante. La vita si nutre di vita, sempre-.

Poi, come se non fosse abbastanza chiaro, aggiunse una immagine pittorica per meglio rendere l’idea.

-Siamo come ragni che filano e camminano la propria ragnatela con lo stesso unico filo. Miliardi di ragnatele con lo stesso filo di tutti. Una invisibile ragnatela di energia-.

Certo nonno, su questa invisibile ragnatela di energia, su queste fitte

interconnesse autostrade, tutto corre. Tutto corre e a volte viene misteriosamente captato da: uomini, animali, piante e come dice nonno , anche dalla materia apparentemente più inerte: rocce, cristalli, minerali. Sono numerosi gli esperimenti attuati e i riscontri evidenziati di tali fenomeni, che resta sempre più difficile non averne considerazione. Basti pensare alla macchina della verità e agli esperimenti fatti da Backster , ex agente della CIA con le piante. Alle cure a distanza praticate dalla Radionica. Alla Teleterapia del dott. Bhattacharyya e a quel meraviglioso fenomeno visibile nella famosa foto dei coniugi Kirlian, dove nella parte mancante della foglia fotografata, si vede una sottostante luminescenza, riproducente l’esatto disegno della parte mancante. In poche parole, la sua matrice energetica. Anche un disegno vive, un colore, un simbolo Gli esperimenti sulle onde forma di Chaumery e De Belizal lo hanno dimostrato. A inizio capitolo è stato nominato il biologo Rupert Sheldrake, che ha teorizzato l’ipotesi della causalità formativa. Egli sostiene che gli organismi, le cosiddette unità morfiche. Non sono strutturati solo dal loro DNA, ma anche da quelli che definisce –campi morfici-.Campi che formano, attraverso un processo di Risonanza, tutti gli organismi simili, siano essi vegetali, animali, umani, cristalli o atomi. Queste teorie evidenziano l’idea che nell’universo ci sia un pensiero ordinato e formante che, mantiene ogni singolo elemento uniforme alla sua specifica matrice. Un pensiero che fa si che una milza umana, abbia la stessa forma e sostanza per tutti , che un cane sia cane e si comporti da cane e che i cristalli di quarzo ialino abbiano la stessa struttura e le stesse caratteristiche in qualsiasi spazio/tempo. Un oceano in vibrazione, proprio così. Un oceano di vibrazioni. Un oceano di informazioni, dove i calzari mercuriali corrono da luogo a luogo alla velocità del pensiero.

Ma dove inizia questa rete di informazione nonno. Dove termina, se termina.

-Dove non c’è attenzione- mi rispose.

–Per lo meno per gli esseri umani. Dove non c’è amore.. Finisce lì. In quell’esatto posto creato dalla mancanza di attenzione e d’amore. Proprio in quel posto esatto- ribadì.

-Finisce lì, perché non essendone consapevole, questa immensa e piccola creatura che è l’uomo, la lascia fuori dalla sua esperienza. Perché non concependola, non se ne possono cogliere i nessi, i segni e le occasioni che trasporta-.

Poi avvicinandosi con fare furtivo, guardando a destra e a sinistra con occhi da felino in agguato, sussurrò:

- un cieco, non vede niente delle forme che lo circondano. Non perché niente esiste e stampò un sorriso divertito e carico di significato sul mio piccolo contenuto sorriso. La scienza dell’uomo va avanti. Quella scienza alla quale da tanto credito corre velocemente, però questa creatura continua a vivere con gli stessi modelli del ato. Da VALORE SOLO A QUELLO CHE OSSERVA e che pensa sia la realtà, parlando di ragione, di logica , senza sapere che quella sua amata logica, da un secolo è stata ribaltata da quegli stessi scienziati nominati giudici, dei e tutori.

-Tutto è intrecciato, niente è separato-,rimarcò con delicatezza sparandomi dentro un’ occhiata distratta e lontana.

-Tutto serve il tutto. Ricordati solo che il metro che usavi anni fa, può non essere più valido, non rispecchiare più il nuovo essere che oggi sei. Può non aver mai misurato le esperienze e le urgenze che pulsano e si manifestano ora-.

Mi soffiò in faccia come per distogliermi e svegliarmi, poi disse:

-anche se viene dal ato: il presente, non gli appartiene più. Tanto meno appartiene al futuro, anche se ne crea la probabile impalcatura. Lui è il crocevia, lo snodo essenziale sul quale si fonda la vita, lui è... il presente. Ogni informazione, anche se ha percorso anni luce, arriva sempre in tempo presente nel presente. Non credi-, disse con velata dolce ironia. Nella vita, nell’universo, ci sono leggi, strutture e finalità che conoscendole cambiano radicalmente il senso della nostra esistenza. Sapere che tutto informa tutto e tutto è intimamente collegato, ci posiziona nell’infinito misterioso e nell’universo in un certo modo. Abolisce la presunzione e le scale di valori da essa generate. E' essenziale per sentirsi tutto e parte del tutto. Tutto e parte nel tutto. Bene, bene, bene, bene, bene così. Le parole nonno, gli assiomi, le leggi, per quanto illuminanti, se non scendono a germogliare nel buio della nostra profondità, nei torrenti del sangue che irrigano la vita, se non diventano i nostri nuovi occhi, le mani, i nostri nuovi orecchi e profumi, a cosa servono?. Se non c’è un’urgenza che straripa, che ti agguanta alla sua invisibile lenza e ti trascina, a niente servono i milioni di manuali, formulari et procedimenti. C’è bisogno di esperienze vive. Di poesia che contamini col suo parlare misterioso la nostra anima e gli faccia riconoscere quella nostalgia lontana che porta odore di completezza e libertà. C'è bisogno di qualcuno che narrando dica: io lo sto facendo. Giorno dopo giorno, notte dopo notte, se senti profondamente che il mistero ti chiama con tutto il suo carico di promessa libertà e consapevolezza, PUOI FARLO.

La via dello spirito è QUELLA DELL’UNITA’, NON DELLO SCOLLAMENTO. E’ QUELLA DELL’ABBRACCIO, NON DELLA SOLITUDINE.

Ha una porta larga più dell’infinito stesso e stretta più della cruna di un ago. Per questo si deve divenire grandemente piccoli e minimamente immensi. Il nostro ego, la nostra forma, la nostra presunzione e importanza personale devono abdicare lasciando la regia e lo scettro allo spirito che respira nella nostra anima, nelle catacombe del cuore e nei muscoli che ci portano verso…..

La forza dello spirito non è mai didattica, mai ragionevole. Il respiro dello spirito

nella nostra vita non è mai ritmicamente e quantitativamente uguale. Ci innalza e ci abbatte ad altezze e profondità spesso vertiginose. Come una spugna, a volte ci gonfia d’acqua, a volte ci spreme, a volte ci disseta e a volte ci arde. Non siamo forse noi il territorio sul quale lo sperimentiamo? Non siamo forse noi, questo minuscolo chicco di grano che cerca di conoscere la forza che lo fa germogliare? Come può essere innocua, pacifica, indolore, questa forza che impone al seme che la ospita una trasformazione tale da renderlo irriconoscibile. Da alterarlo nella struttura e nella forma. Nella profondità della sua carne e del suo essere nel mondo. Come può essere rassicurante. Certo può fare paura, anche se il seme sa e non sa alla stesso tempo che la sua vera finalità è quella di divenire pianta. Così l’essere umano si giustifica solo nell’allinearsi allo spirito, alla consapevolezza, alla libertà e all’amore. Si compie come uomo solo fuori dall’egoismo, dall’auto-compiacimento e dall’auto-commiserazione. Solo fuori dal luogo-comune, dalle concezioni e convenzioni generalizzate, dalle morali vigenti quando non sono altro che catene, dalle gabbie di tutti i tipi e dalle proiezioni in cui si identifica e identifica. Si compie solo fuori dal……..

Quando la vita ci apre come una gustosa anguria per nutrirsi di noi e ci trova sfatti e marci……che delusione. Per noi e la vita stessa che ci ha piantati, annaffiati ed assolati come un ortaggio nell’orto del re.. che delusione..

Che delusione per chi ha piantato un seme, una ghianda ed ha visto nascere una striminzita ed impaurita pianticella. Una pianticella contorta e modellata nella forma dagli apparenti capricci del vento.

Chi ha orecchie per intendere intenda

Chi ha occhi per vedere veda

Chi ha mani per toccare tocchi

Per me, nonno: voglio ascoltare, vedere, toccare, sentire profumi e gustare cibi altri. Voglio che la ragnatela di energia sulla quale vivo come su di un’amaca di luce trasformi anche me in informazione consapevole, in fotone viaggiante nell’immensa rete dell’infinito. Un’ informazione che unisce le profondità abissali e le sublimi altezze e viaggi come una vela rossa segnalando la sua presenza nell’azzurro dell’oceano. Così come ogni creatura, come ogni forza operante nell’infinito, visibile o invisibile che sia.

Con chi parli albero se non ti rispondono.

Una sera mentre dialogavo con una quercia nel parco di Frascati, incurante dei sorrisi di alcuni ragazzi che eggiando, si erano girati ad osservare quello che forse per loro era il solito pazzariello di turno, ebbi una strana esperienza. Durante quel - non fare-, praticato con estrema convinzione, all’improvviso, come se i miei sensi avessero staccato i contatti col mondo, non percepii più alcun rumore. Tutto intorno sembrò scurirsi, come se fossero stati spenti i lampioni del parco e nello stesso tempo, l’albero sembrò perdere la sua connotazione di creatura vegetale per trasformarsi, pur mantenendo la stessa scorza esterna di legno, in un rugoso cilindro. Un cilindro dal quale entravano ed uscivano voci quasi sussurrate che, velocemente si disperdevano in tutte le direzioni svanendo velocemente in un inquietante e vibrante silenzio. Sapevo intuitivamente, che l’infinito stava parlandosi ed io lo stavo ascoltando. In quel preciso momento lo stavo ascoltando.

E’ stato come se in quel tubo, in quel cilindro vuoto nel quale l’albero si era trasformato, suoni lontani e delicati, voci e strani idiomi, fonemi e interferenze, si fossero date appuntamento per dirmi quanto vasto, o quanto sovrapposto fosse il cosmo. Quanta parola e suoni vi abitano, quante porte, in noi e grazie a noi, si aprono su questa insondabile realtà. ati alcuni mesi da questa inquietante, allucinata esperienza, forse causata da un calo improvviso di pressione sanguigna e barometrica; in un incontro con nonno, mi sentii dire:

- l’Infinito ti sta braccando -.

Cosa significa: mi sta braccando. Cosa devo aspettarmi nonno, cosa si vuole da me, domandai allarmato. Si perché a queste spinte, a queste richieste non ci si abitua mai. Non ci si trova mai corazzati una volta per tutte. Poi, l’idea che una forza immensa e misteriosa giochi con me come il gatto con il topo, mi faceva e mi fa venire il voltastomaco. A quelle parole:- l’Infinito ti sta braccando-, una mano mi strinse lo stomaco e un senso di nausea acida accorciò il mio respiro, tanto da sentirmi costretto ad aprire la bocca per immettere più aria. Lo stomaco mi salì in gola, ma non vomitai, solo qualche leggero conato mi diede il senso del disagio viscerale che provava il mio corpo a quell’idea.

Qual è il terrore che può vivere un bruco al quale si promette una trasformazione in farfalla della quale non sa niente. In fondo è la sua carne che si trasforma. La farfalla non esiste ancora. La farfalla è ancora un’ipotesi, un codice seminato nella profondità del bruco, un’esperienza mai verificata ancora, quindi inesistente come metro di valutazione. Il bruco sa solo di dover morire per trasmutarsi in…………

Poi nonno come di consueto, con tenerezza e impeccabile decisione, allentò quella morsa dicendomi:

- tu hai già costruito quello che sta succedendo. L’Infinito sta solo usando le sue mani per aiutarti a fare quello che le tue devono fare. Si, ti sta solo aiutando. Sta stringendo i tempi-. Poi sempre sorridendo, lanciò la stoccatine finale dicendo:

-sai, ha poco rispetto del tempo, per lui non esiste. Quando tocca, fa fare grandi salti. Non ricordi?....sei qui per questo- e si lasciò andare ad un grande e

luminoso sorriso. Volevo aggiungere qualcosa, mi sentivo come intrappolato da decisioni che non erano state prese coscientemente da me. Mi sentivo spinto oltre, in un modo che io non avevo deliberatamente scelto e con tempi che mi sembravano troppo accavallanti per la mia vita. Mi accorsi che forse stavo iniziando una difesa per auto-compatirmi, quando nonno, istantaneamente scompaginò questa situazione dicendomi:

-sii contento di avere un giardiniere che aiuti il seme che sei a diventare quello che dovrebbe.

Quello che è insito nel suo perfetto divenire….a qualunque costo. A qualunque costo-, ripeté guardandomi negli occhi come una retta di luce perforante e non aggiunse il fatidico –chiaro-? Si, perché tutto era diventato perfettamente chiaro.

L’Infinito mi ha fatto sentire tante voci risonanti insieme nello stesso punto. Perché, per dirmi cosa, per prepararmi a cosa?. Grazie a te nonno, ho incontrato altro-, ricevuto informazioni, pratiche e, ora , ora per me cosa si sta preparando?. Mi accarezzò con un semplice - non aver timore-. Poi aggiunse:

-la paura è utile quando spinge ad agire, non quando blocca. Non metterti nella condizione vuota di chi attende. La tua deve essere una attesa piena. Un cacciatore deve osservare con meticolosa attenzione la sua preda e, tu sei e sarai la tua preda. Non dovrai, non vorrai e non potrai avere tempi morti nei quali ivamente aspettare. La tua attesa deve chiamarsi: attenzione, determinazione, concentrazione e deconcentrazione finale, ascolta oltre la mente, senti! Lascia agli altri il compito di determinare e vivere la loro usuale follia. Tu rispetta la tua. Amala, rispettala e temila anche un poco, perché non puoi più tornare indietro. Ormai hai perso la strada del ritorno. Non la riconosci e non ti riconosci più nel camminarla. Ormai sei senza strada, sei un sogno di libertà che cerca LA REALIZZAZIONE. Questo è nell’ordine delle cose-.

Un sogno di libertà che cerca se stessa. Forse è così, ma non avere vie di scampo mi sembrava troppo. Il mio stato d’animo oscillava tra la soddisfazione e un marcato senso di impotenza e come sempre, nonno aveva ragione. Mi sentivo come uno scalatore maldestro che si inerpica sulla roccia a strapiombo e, non potendo fare altro che continuare, non ha altra possibilità che tentare di raggiungere la cima, sua unica via di scampo. Così mi sentivo. Una condizione spiacevole certo, ma non mi era nuova. Avendo fatto terra bruciata dietro di me, non riuscivo a percepire altro scopo valido che continuare il cammino intrapreso. O forse, oggi dico si, è l’unico camminare che vale la pena di praticare: tentare di essere liberi, consapevoli, essere l’occhio che testimonia il suo essere al mondo, essendo e non essendo il mondo. ESSERE L’ILLUSIONE CHE OSSERVA SE STESSA SAPENDO DI ESSERLO e per questo NON ESSERLO PIU’.

-Ricorda-, mi disse nonno non tanto tempo fa.

-l’uomo ha bisogno di identità. Qualunque essa sia E’ l’unico modo che conosce per eliminare l’inesistenza. Il gioco dell’ego consiste nel riconoscersi, nel nominarsi, nel considerarsi forma definita tra le forme, vertice della piramide. Il vuoto, il non essere, il non appartenere, danno a questa creatura il senso della morte ed è talmente piccola nella sua illusoria grandezza….che questo . proprio non lo sopporta-.

Si, l’infinito aveva suonato, o meglio sussurrato in quell’albero cavo, prendendo al laccio la mia attenzione, per darmi idea di quanto fosse sovrapposto e ordinatamente affollato l’universo.

Avevo l’impressione che questo impensabile respiro chiamato spirito, grazie a queste esperienze percettive, ai microshocks mentali che ne derivavano, alla confusione emozionale e fisica, mi spingesse quasi giocando all’angolo, dove

nonno, con chiarezza di parola e di fatti, finiva l’opera. Riuscivo a leggere le fasi del disegno, i tratti che di volta in volta convergevano in uno specifico evento, che significato portavano e cosa volessero da me; quale risposta e quale domanda, quale azione si aspettavano dalla mia vita e nella mia vita. Riuscivo a leggere nelle apparenti casualità, ma ancora mi sfuggiva il senso e la globale visione del disegno.

- Non preoccuparti - mi disse nonno durante uno dei nostri incontri.

- Non preoccuparti per ora. Avere la visione totale del proprio disegno nella vita, è un atto di perfetto vedere, pone l’essere nella condizione di pura consapevolezza e, è cosa veramente rara-.

Poi continuò: - pensi che un seme abbia consapevolezza di diventare albero, di generare rami, foglie, fiori e frutti e ospitare uccelli, insetti, funghi e dispensare ombra per la gioia degli accaldati. Ora metti da parte il seme, sostituiscilo con l’uomo e risponditi: chi conosce il disegno della propria profonda esistenza ?

Chi percorre ed attua nella sua vita le linee che lo compongono.

Quale uomo conosce ed accetta in armonia anche di camminare sopra linee che lo portano verso una zona scura del disegno. Verso una zona di caos e sofferenza, dove si aggrovigliano le certezze, si annullano le sicurezze e si scompagina il quadro che avevamo fatto della nostra vita. Gli addii, la malattia, i lutti, le separazioni, i crolli ed ogni sofferenza, sono compagni scomodi, è vero, ma spesso sono un pane che dobbiamo mangiare per approdare ad altro con una coscienza più ampia. Nella loro bisaccia nera, non ospitano solo nebbia e dolore, ma anche lezioni e insegnamenti, verifiche che noi inconsapevolmente abbiamo costruito con il nostro fare. Non dico che il dolore sia un necessario maestro, ma quando arriva, qualcosa porta anche lui-

Penso di non aver paura, risposi convinto.

- Bene-, sottolineò

- allora ringrazia e disponiti ad accogliere con il tuo operare ogni cambiamento. Disponiti a decifrare ogni segno, ogni informazione che ti arriva dall’infinito grazie alla vita e non evitare ne altezze, ne profondità. Tu sai di essere non essendo, come sai di non essere essendo. Per questo non meravigliarti mai di niente, mai di niente-.

Si, nel vangelo di Tommaso, Gesù dice:

Chi cerca non smetta di cercare

finché non trova

e quando troverà

resterà sconvolto

e, così sconvolto,

farà cose meravigliose

e regnerà sul tutto-.

Il cercare, questo cercare di allinearsi al filo d’oro dello spirito, spesso è generosamente sostenuto dall’infinito, grazie a mirati agguati che ci costringono ad uscire allo scoperto affrontando noi stessi e la vita che abbiamo tessuto fino a quel momento. Uno di questi agguati, come un soffio di bora beffardo, ha innescato situazioni tali nella mia vita, che è stata da me ridisegnata, arata così in profondità , da essere altro. Ho incontrato nonno prima dell’alba, come di consueto amo fare. Era luglio, la campana aveva appena suonato le quattro del mattino e l’aria, tessuta di silenzio e profumo di magnolia, aveva un umore sensuale e ascetico allo stesso tempo. Varcai la soglia e cercai nonno con tutto il mio intento, visto che non riuscivo ad incontrarlo e lo trovai all’interno di una locanda seduto con altre persone. Era la prima volta che lo incontravo in circostanze simili, seduto intorno ad un tavolo a parlare con altra gente. Sembrava essere una riunione di lavoro. Attratto da quella locanda, appena vi entrai, una donna sorridente mi venne incontro e mi portò da nonno. Era una sala rettangolare con il soffitto a volta. Un lungo tavolo in legno circondato di panche e un comò, sempre in legno scuro, erano gli unici elementi di arredamento presenti. Alle spalle di nonno, l’unica finestra che forniva luce, era protetta da una elegante struttura in ferro battuto. La stranezza che subito notai, fu che nonostante l’apparente poca luce penetrata dalla finestra, una diffusa luminosità quasi fosforescente permetteva una chiara visione dell’interno e dei personaggi che vi erano. A un capo della tavola sedeva nonno e dall’altra parte, un uomo sulla sessantina, con un piglio scrutatore e dichiaratamente sarcastico, elegante e ben curato. Alla sinistra di nonno, un uomo magro, alto e vestito di nero, mi riportava alla mente il personaggio allucinato di Mefisto nei fumetti di Tex Willer. Poi due donne: una alquanto giunonica, massiccia ed alta, di nome Merçedes, guaritrice dal viso penetrante e sicuro, una donna dal volere piantato nello sguardo e l’altra di nome Dolinda, allieva della prima, colma di una bellezza primaverile e felina. Sulle altre persone, tre o quattro, non mi soffermai, o forse la mia attenzione era pilotata in modo che non le notassi più del dovuto .La donna che mi introdusse nella sala, una volta entrato nella locanda, aveva in mano un vassoio con delle ciambelle o qualcosa del genere. Le posò sul tavolo

con delle brocche d’acqua ed una bottiglia dal liquido color ambra che io, istintivamente associai a del vino. Forse stanca, anche se aveva l’aria serena di chi ama lavorare, si sedette, appoggiò i gomiti al tavolo e sospirò. Nonno appariva in gran forma.. Aveva i capelli tirati indietro e ben pettinati, una camicia a scacchi e da tutto il suo essere emanava una senso di forza, di potere, nonostante l’inquietudine o la preoccupazione che scaturiva dal suo sguardo e aleggiava come una invisibile nebbia su tutti i presenti. Indubbiamente doveva essere stata una riunione importante. Ero arrivato quando quello che necessitava era già stato espresso e detto, non di meno, ero sicuro che stavano cercando soluzioni a qualcosa di incombente e minaccioso. Nonostante i sorrisi di quelle donne e qualche risata degli uomini, percepivo quella sottile corrente che segnala- preoccupazione. Espressi questo disagio e chiesi anche: dove sono? In quale dimensione ci stiamo incontrando? E’ la realtà usuale di tutti i giorni nella quale vivo e sono immerso, o è altro. A questa domanda, la donna col vassoio, mi rispose sorridendo. - Ci sono copie del tuo mondo-, disse con voce ferma, identiche o quasi.

Mi parlò di dimensioni che pur nella similitudine, hanno espresso diverse soluzioni.

- Esistono diversi Paolo-, mi disse ,

- ognuno con vita propria, come se una unica matrice, svilupe diverse possibilità, come se nell’universo, in altri spazio/tempo, questa matrice faccia esperienza di se, delle sue possibilità, in una sorta di molteplicità intimamente interconnessa, ma nello stesso tempo autonoma. Ognuna con la sua la sua libertà, ma segretamente e sottilmente interrelate-. Poi mi salutò dicendomi:torna quando vuoi-.

Si girò ed uscì da quella sala dirigendosi verso la locanda, dove c’era gente che stava mangiando. Frastornato e incredulo da quello che mi era stato detto e pensandolo una sorta di agguato alla mia struttura logica, mi rivolsi verso nonno

e verso gli altri per salutarli, quando all’improvviso, uno alla volta svanirono come una bolla di luce che si contrae in se. Per giorni la perplessità e lo scetticismo furono una mia seconda pelle. Il mio pensiero si era aggrovigliato intorno a questo nodo e non trovavo modo di eluderlo. Avevo imparato a fidarmi delle rivelazioni che mi venivano fatte e oggi, rinnegarle così, mi appariva stupido e vizioso. Però poteva benissimo trattarsi di un agguato per far valutare a me stesso fin dove arrivasse la mia capacità critica e intuitiva e dove invece, iniziava la pura e semplice pachidermica creduloneria. Mi diedi del tempo per valutare con attenzione e maggiori informazioni, soprattutto con quelle che potevano arrivare da nonno, prima di determinare ed accettare una tale visione dell’universo e dell’esistenza. A questo primo incontro, ne seguirono altri e alcune conferme sconcertanti, hanno messo la mia mente nella condizione di ricredersi e avere fiducia in questi enunciati che mi venivano comunicati. Cinque giorni dopo questo assurdo primo contatto con nonno e gli altri, sempre verso le quattro del mattino cercai di nuovo l’incontro con nonno o con Dolinda. Sentivo che l’aiutante, al di là del suo fascino felino, aveva qualcosa da comunicarmi, da darmi, qualcosa che mi riguardava e pur non avendo idea di cosa potesse essere, mi generava inquietudine sotterranea, una sorta di corrente che mi condizionava a vivere sul chi va là. Quel mattino, dopo un lungo peregrinare sullo specchio di un lago a volo radente, confuso da veli di nebbia e dall’apparizione di rare canoe di giunco, mi sono sentito dopo aver lanciato l’intento di trovarmi davanti a nonno, risucchiare verso il solito tunnel che, con un vortice a spirale ogni volta mi scodella dove il mio intento reclama.

Una fila di case vecchie sulla sinistra di una strada battuta segnavano un paese sperso tra le montagne e prati verdi. Sulla destra della strada, per tutta la lunghezza della fila di case, un serpentone di alberi alti e verdissimi le proteggeva dai venti e dava una sensazione di frescura in quel paese assolato e silenzioso . Oltre il paese, la strada moriva tra i prati di un piccolo altopiano e continuava solo come un modesto e dissestato sentiero di montagna. Seduto in quella radura, una sagoma alta di uomo si impose davanti a me, invitandomi a sedere ed a guardarmi le mani. Subito dopo, un gruppetto di persone: tra di loro Dolinda spiccava per grazia e bellezza. Si avvicinò sorridendo. Dolinda indossava un vestito di cotone color grigio azzurro che dalle spalle alte, cadeva sulle forme asciutte e perfette modellando il suo corpo. Anche lei mi disse di guardarmi le mani. Lo feci con difficoltà, perché perdevo continuamente la messa a fuoco mentre lei mi accarezzava le nocche, le dita e i polsi. Avevo netta

la percezione del massaggio, nonostante non riuscissi a mantenere su di esse un’attenzione costante. Fu un’esperienza stranissima, perché mentre percepivo la manipolazione del suo massaggio, nello stesso tempo era come se mi stessi osservando dal di fuori di me stesso. Una corrente leggera e frizzante, durante quella carezza, salì dalle mani su fino alla spina dorsale facendomi ricordare il fresco del limone e si interruppe solo quando Dolinda mi disse: restare prigionieri di un sentimento a queste distanze è pura follia. E’ un sentire strano il mio, le dissi con franchezza. E’ una partecipazione profonda, un’empatia che mi fa sentire parte di te e mi da la percezione che anche tu sia parte di me stesso. Non c’è attrazione sessuale, ma vivo il rapimento di chi è colto da una bellezza che canta di una lontana nostalgia, di un vissuto di meraviglia sedimentato e dimenticato tra le maglie del tempo.

Poi tanta era la percezione tattile che avevo del suo corpo, che fui spinto a toccare col mio indice destro il suo ombelico, sentendo il sorriso di entrambi misto ad una sottile attrazione. Un’attrazione astratta ribadii, senza connotati specifici, senza eccitazione.

- Comunque un’attrazione-, rimarcò sorridendo ed io sapevo che stava sorridendo per un motivo specifico che a me sfuggiva.

- Le pastoie, anche se il genere umano ci è abituato-, disse con piglio serio, non bisogna mai mettersele da soli.

- Non è impossibile che si possa imprigionare il proprio sentimento, la propria mente, insomma innamorarsi, anche a distanze siderali -. Poi ammonì dicendo:

- su chi cerca la libertà, la consapevolezza, questa condizione, avrebbe un effetto terribile. Comunque non riguarda noi-, si affrettò a dire sorridendo. E più

sorrideva, più avevo l’impressione che doveva succedere qualcosa. Qualcosa che mi riguardava da vicino, da molto vicino. Poi, dopo avermi detto alcune cose riguardo alla mia energia, mi disse con tono giocoso:

- trova le bombe inesplose che minano la tua vita, ce ne sono e potrebbero farti del male. Fa in modo che il tuo corpo non sia dilaniato da quell’energia, mi capisci-.

Sapevo a cosa si riferiva, poi si voltò e si allontanò con femminea-felina-grazia, gridando: -torna presto-.

Rimasto solo, m’incamminai verso la mia sinistra, dove il bagliore arancione di un sole infuocato faceva brillare la superficie di un lago sottostante come uno specchio riflettente. Tutto intorno era verde e arancio. L’aria ne era completamente invasa e satura. Era un’orgia di luce verde/arancio mai vista, tutto vibrava e rifletteva quei colori, tutto. Rientrai con l’intenzione di tornare prima possibile, anche per condividere e parlare con nonno che, ormai avevo capito, mi lasciava intenzionalmente con i suoi compagni.

DOVE vai FRATELLO.

In direzione della punta delle mie scarpe, non vedi ?....rispose gentile il pellegrino.

Ma lì non ci sono sentieri, ne chiese, né cattedrali e luoghi sacri. Lì c’è solo deserto, sostenne accorato il buon credente.

Lo so, rispose sempre sorridente il pellegrino.

Non c’è bisogno di strade e stazioni, sono già arrivato senza essere partito.

Vado solo a portarci i miei i, affinché lo spirito si compiaccia della cattedrale nomade che ha creato.

DIARIO DI BORDO

-Fai un diario di bordo- mi disse nonno una volta. Questo percorrere lo richiede, ti tornerà utile al momento giusto

Dal diario di bordo:

Quando preghi non chiedere. Fa che sia un atto di ringraziamento per tutti i colori che hai, compreso il nero.

Profondamente si è sempre vittime di altre vittime e, perdonare è anche un atto necessario per non dissanguarsi di energia. Per non riempirsi il petto della presunzione del giudice e restare preda del proprio ego….per imparare ad amare al di là di se stessi. Per fare in modo di non inchiodare e mantenere l'altro all'immagine che ne hai fatto...lascia a lui la possibilità di trasformarsi ...nel tempo.

10 Agosto.

Dolinda, durante un nostro incontro, con noncuranza di chi non vuol dare peso alle cose, mi ha ricordato qualcosa che a suo dire aveva già detto, ma che non ricordavo affatto. -Verrà chi ha bisogno di te- mi disse.

- Onora l’impegno di aiutarla a trovarsi. Questa creatura, è un guerriero che si sta cercando senza sapere di esserlo, è tutta in potenza. Mi è distante e vicina allo

stesso tempo. -

Fece un lungo silenzio, poi mi disse semplicemente:-non meravigliarti di niente, tanto meno della meraviglia stessa .Abbiamo sosia nell’universo, camminano la loro vita separati da noi, vivono su terre e dimensioni diverse eppure, sottilmente e paradossalmente per te ancora inspiegabilmente a noi interconnessi-.

Poi, prima di allontanarsi, con un sorriso di musica disse:

- Farlo non ti sarà difficile, aiuterà anche te-.

Sempre dal diario di bordo:

Un giorno, in una terra silenziosa di sabbia e sassi, un vecchio con uno straccio di tunica bianca, camminando, recitava questo canto-preghiera, a voce alta, quasi dovessero ascoltare i sassi, le sabbie ocra e rosse, gli azzurri del cielo ed ogni atomo vivente.

Quando ebbe finito, prima di dissolversi, quella immagine mi cercò con uno sguardo che non riuscivo a vedere e disse: - ora scrivi subito, voglio lasciarti questo canto. Innalzalo spesso, ti farà bene -.

Ripresi i contatti con la mia totalità e subito carta e penna. Portai alla mente l’immagine bizzarra di quel vecchio vestito con una bianca logora tunica, affollata di ciondoli, collane di legno e pietre, con alcune cravatte smaglianti al collo e una corda legata ai fianchi e… iniziai a scrivere. La penna si muoveva

forsennatamente sciolta, lasciando sulla carta, con la valutazione del poi, più che frasi compiute, lo stesso identico canto già ascoltato dalla bocca del vecchio.

Ti ringrazio origine di tutto

Per l’aiuto seminato nei miei occhi

Con il facile e il difficile

Con la gioia e il dolore, salute e malattia

vita e la morte

Per la voce che ricorda come respira in me

Il vuoto e il pieno, l’universo

Per le orecchie che mi sentono respirare come gli animali,

le piante, le pietre.

Per gli occhi che vedono e mi vedono

come il dito della mano insieme ad altre dita,

nella bellezza della creazione che è la tua immensa mano.

Ti ringrazio perché da te deriva il tutto, il cerchio,

e la sublime magnificenza dell’armonia.

Ti chiamo senza nome, senza immagine né limite.

Ti chiamo Spirito perché sei senza essere.

Padre, Madre, in te si origina il tutto,

in te si richiude il tutto.

Ti chiamo nella libertà, affinché la tua musica

scenda come nettare sulla mia bocca amara

arsa d’amore e verità.

Ti ringrazio benedetto,

fossi anche un pensiero,

avrei un impensabile, indomabile pensiero da pensare.

Aveva ragione nonno a sollecitarmi a scrivere. Un diario di bordo non è altro che memoria. Sismografo che traccia e raccoglie i grafici del nostro essere vivendo. Disegno memoria delle impronte fosforescenti lasciate dal nostro camminare. Per questo: filmato, evidenza dei cambiamenti da ieri ad oggi e aiuto per cogliersi in questo divenire che chiamiamo: la nostra storia.

SI, QUELLA STORIA CHE COSTA FATICA COSTRUIRLA e ALTRETTANTA NE COSTA IL DISFARSENE.

20 Agosto

Di nuovo un incontro con nonno e Dolinda in una baia bellissima, dove si apriva una grotta rialzata da terra, accessibile grazie ad una serie di gradini e utilizzata come ricovero. Era stata lavorata da mano umana, sia la volta del soffitto che le pareti intonacate e rese a piombo. Nonostante fosse semibuia e fresca era perfettamente e inaspettatamente asciutta. Una porta ed una finestra in legno

dipinto di verde, ne garantivano la vivibilità e il ricambio d’aria, grazie anche ad un’ apertura rettangolare stretta ma estesa in orizzontale, una sorta di finestra creata sul muro di fondo che non arrivando fino al soffitto, permetteva un continuo movimento d’aria. Senza meno quella grotta doveva essere molto più profonda e grande dello spazio utilizzato. Alcuni letti e poche suppellettili davano l’idea dell’abitabilità . Pensai al piacere di poter disporre di un o spazio così, nei momenti di piena immersione nella natura ed in me stesso, ma la voce di Dolinda richiamò la mia attenzione. Al di là delle informazioni, relative ad una guarigione che stavo praticando, l’accento, da parte sua, ritornò insistente sulla richiesta fattami ( e da me raccolta ), di aiutare chi: inconsapevolmente aveva bussato spinta dall’infinito, dal potere sotterrato che non sapeva di avere e dall’urgenza di andare oltre se stessa.

- E’ il mio sosia -, mi disse di nuovo.

- Una guerriera o un guerriero che non sa di esserlo e si sta cercando, brancola spesso nel buio. Sono preoccupata-, disse e aggiunse:

- E’ in un momento di oscurità, in ritardo per le sue forze e la sua fiducia e…in questi momenti-, riprese con tono convinto ma velato di apprensione

- si cammina sulla lama, al di sopra di baratri che non si vedono. Si, perché non se ne ha l’energia, la forza e la lucidità- . Poi disse:

- torna domani, dopo aver fatto ciò che devi e ricorda: il suono aggrega e disgrega, utilizzalo sempre consapevolmente-.

Restai sconcertato per la somiglianza tra queste due creature. Dolinda aveva

anticipato il vero. Allora pensai, come considerare l’universo, la vita e il suo profondo senso alla luce di questo fatto e delle rispettive rivelazioni ricevute. Ero frastornato. Navigai con la testa piena di questi pensieri per giorni e giorni, spesso accompagnato da un senso di assenza e leggera ansia, con un peso sul plesso solare, che a volte mi accorciava il respiro e mi dava il senso di quanto fosse assurdo questa ipotesi. Ipotesi che per me, nonostante la posizione nei confronti di nonno e la fiducia che l’ha sempre caratterizzata, non riuscivo proprio a integrare in me, a fare mia. Un sosia, non riuscivo proprio a capire cosa significasse. Quale peso e posizione potesse avere nell’intera economia del cosmo. Il pensiero che su questa bella e benedetta Terra vivessero esseri simili a me per forma, espressione e anche attitudini, era per me un pensiero naturale e del tutto logico. Ma qui il gioco era diverso. Mi si dava da intendere coma dato di fatto che nell'infinito, in diverse dimensioni vivessero vari individui considerati sosia di un'unica matrice, connessi in modo a me inspiegabile tra loro e perfettamente autonomi uno dall'altro. Non è facile integrare un pensiero del genere. Provate a immaginare di avere in tempi, spazi, addirittura in dimensioni diverse vari sosia che perfettamente autonomi si intrecciano a formare un unico essere e poi ditemi se vi viene o no il mal di testa. Comunque, dopo qualche giorno, questo stato di apprensione svanì come una bolla d’aria. Non so se in qualche modo strano avessi digerito l’idea del sosia, o al contrario, per difendermi dall’inaspettato prorompere di quella assurdità, l’avessi inconsciamente cestinata. Nell’uno né l’altro. Infatti dopo l’incontro successivo dei primi di settembre, questa fibrillazione interna tornò a manifestarsi con la stessa identica fastidiosa intensità. Il dieci di settembre, nuovo incontro con nonno e Merçedes. Sempre dentro la locanda, sempre nella solita spoglia e severa sala dove mi hanno fatto cenno di sedere e aspettare, mentre mi inchiodavano alla sedia con i loro sguardi bonari ma perforanti. Nonno, sorridente ma incurante del mio disagio, sembrava dirmi:

- sereno e animo forte, che ora si balla…-.

Si, ora si balla, risposi di riflesso e alquanto allarmato. Poi si aprì la porta ed entrò Dolinda con o sicuro e leggero allo stesso tempo, inondando la sala con la sua solita dolce-fierezza. Mi prese per mano e portandomi fuori dalla sala, mi disse:

- vieni -.

La locanda, al di là di noi, era completamente e desolatamente vuota. Ci siamo seduti di fronte, viso dirimpetto a viso appoggiando i gomiti su di un tavolo di legno scuro, aspettando di dire qualcosa, ma quel qualcosa sembrava non volesse uscire. Il mio interesse era ancorato sull’immagine di questa donna, che a tratti si affievoliva fino a lasciare si se tratti quasi trasparenti, una pura impressione, per poi riformarsi in una immagine evidente e ben ricostruita. In questa altalena di messa a fuoco e perdita di attenzione, in preda ad una sorta di sonnolenza invadente, le dissi: -mi succede questo…-.

- Questo - stava per tutto quello che andavo vivendo ed accadeva nella mia vita, dal giorno in cui il suo sosia era venuto a me.

- LA FOLLIA STA IMPERVERSANDO SU DI TE-, mi dissi ridendo e aggiunsi un beffardo -caro Paolo-!

Non riuscivo a vedere gli occhi di Dolinda, anche se ne percepivo: forma, colore e luminosità. Ma soprattutto percepivo il flusso di profonda tenerezza che emanavano nei miei confronti e sembrava volesse proteggermi e rassicurarmi. Poi, su per una scala in legno fatta di robusti assi, mi portò al piano superiore. Là erano situate una serie di comode camere. L’ultima a sinistra era molto luminosa ed aveva un delicato profumo di erbe e fiori. Mi indicò un letto su delle stuoie di paglia e mi invitò a toccarlo ed a sdraiarmi su di esso. Emanava un intenso profumo e in quella sinfonia riconobbi odori a me noti: camomilla, tiglio, alloro, elicriso, uniti a pastose essenze resinose. La guardai un po’ stupefatto, ma più che vederla ne percepii il viso sorridente che, con dolcezza disse:

-raccogli i fiori in luna crescente, con il tempo asciutto e il sole allo zenit. Falli asciugare al fresco e fanne un materasso per riposarci e dormire-. Poi, come se stesse dettando brani da trascrivere, con tono chiaro e cadenzato riprese dicendo:

-prendi questi fiori, si sposano bene tra di loro e li elencò: elicriso, camomilla, calendula, rosa rossa, biancospino, iflora, lavanda e papavero; uniscili a : salvia, agrimonia, achillea, artemisia, poco fiore d’assenzio e aggiungi: sandalo, mirra e incenso in grani frantumati. Ci si rigenera in un simile giardino.-, e aggiunse:

- i profumi vanno sempre dritti al cuore, anche quando si dorme-.

Seduta su quel letto di profumi, mi invitò, battendoci sopra con la mano, a fare altrettanto. Appena seduto su quel morbido ed odoroso prato, le lanciai a bruciapelo una domanda personale che mi stava particolarmente a cuore.

-Cambia modello- mi rispose immediatamente.

-Tu hai i tarocchi-, disse. Ed io non capendo se la sua fosse una domanda o un’asserzione, accennai di si con il capo.

- Bene-, riprese a dire.

-I tarocchi sono dei modelli. Sia quando lavori su di te, o quando ti fondi con gli altri, utilizza consapevolmente gli Arcani che vai affrontando. Ogni lama o carta è un insegnamento, uno sguardo su nuove possibilità ma soprattutto un modello.

Osservali bene, non hanno nulla di banale o di domestico.-,

rilevò con un tono colmo d’ammirazione .

- Entra tu per primo in quelle forze, nella potenza viva dei loro simboli e calati nell’universo di ognuno di loro, fino a diventare te stesso un perfetto Arcano. Dai ad essi la dignità del maestro, di un alleato, del libro e della spada, quando devono costruire ed eliminare ciò che dentro di noi va costruito o eliminato-.

Come è possibile entrare in un Arcano, fino a diventarlo, le chiesi con un velo d’ironia.

-Ormai dovresti sapere come si percorre una strada del genere-, mi rispose quasi beffarda. Poi senza attendere molto, suggerì:

-semplicemente: o dopo o-.

Quindi con tono volutamente didattico, elencò una serie di fasi per arrivare a…

- Bene, ti propongo di procedere così-,:

1) Studio approfondito di ogni singolo Arcano, simbologia e caratteristiche.

2) Riconoscimento del loro operare all’interno di noi stessi e della nostra vita.

3) Capacità di valutare quale particolare Arcano necessita in un preciso momento della propria vita.

4) Visualizzare l’Arcano con tutto il suo sistema simbolico/iconografico, all’interno di una bolla di energia, emanare il suo potere nell’immenso blù dell’universo .

5) Proiettarsi, anche con il sistema del Vulcano, dentro l’Arcano stesso, fondersi e fare esperienza del suo potere e delle sue caratteristiche .

Come vedi sai già tutto -, mi ricordò con aria giocosa .

Poi, mentre scendevamo le scale per tornare nella sala del gran consiglio, come la definì lei, mi disse sottovoce:

-chissà se stanno ancora parlando di te-.

In che senso, le chiesi un po’ allarmato. Cosa bolle in pentola, le chiesi. Per tutta risposta, Dolinda si limitò ad allargare le braccia dicendomi: - come vedi, io sono qui con te-.

Poi aggiunse, riferendosi al sosia:

-ci vuole continuità e silenzio. Tutto quello che accadrà l’hai già scritto e aggiunse alcuni consigli su come continuare e cosa fare-.

Appena tornati tutti e due nella sala, nonno, con la mano aperta, mi fece cenno di sedere sulla panca accanto a lui. Mi squadrò, come tutti d’altra parte, poi disse: Sii svelto. Lavora alacremente. Scrivi e non disperderti, ora questo è il tuo compito principale. Puoi fare tutto, ma scrivi e non fermarti.

Sii attento e non fermarti, ne abbiamo bisogno-.

Chi ne ha bisogno nonno, ribattei, allarmato per quella che consideravo una eccessiva responsabilità. Forse semplicemente non mi sentivo all’altezza di un simile compito e stavo cercando da lui una parola che mi desse forza coraggio e decisione.

Forse solo follia, o la mia mente stava tramando questo terribile inganno nonostante la mia serrata vigilanza.

-E’ bene non autoincensarsi- mi disse in faccia deciso, tanto da sentire tutta la durezza del suo sguardo: - quanto è male auto-compiangersi. Ora sei folle al punto giusto per forzare e trovarti al di là del confine, davanti agli uomini. Hai il compito di aprire brecce nelle trincee del buon senso, del ragionevole.

Fai parte di quel tipo di uomini, che si danno alla fiamma loro malgrado. Sei

abitato dal vento e sei imprendibile anche a te stesso……non opporti…, non opporti-, replicò con voce ferma, -ne ricaveresti solo malessere. Troppo per sostenerlo. Malessere, sta per MALE-ESSERE, essere-male, ESSERE RAPITO DALLA DISARMONIA, essere nella malattia, nella lacerazione di piedi che vedono le tracce, le impronte lasciate dal loro procedere e non le riconoscono come le loro. Vai sereno-, mi disse, sostenendomi con il timbro deciso e affettuoso della sua voce, quasi fosse un abbraccio:

- chi non capisce capirà-.

Dopo un attimo di silenzio riprese:

-In te, prima di te, era già forgiata una grande forza creativa-

Respirò lentamente, poi ancora,bucandomi gli occhi con lo sguardo:

-le arti sono solo l’asta della tua lancia. La punta, o la testa come mi piace chiamarla, puoi trovarla solo nell’allinearti allo spirito.

E’ il compito più duro. Non dimenticare mai che la libertà è sempre libertà da se stessi, da quello che si è stati e divenuti. Avrai bisogno di tanta forza, di un canto ed una urgenza interiore che non si affievolisca mai. Di credere contro tutto e riconoscere la tua strada in mezzo ad un groviglio di altre strade, l’incrocio giusto tra altri incroci. Per questo, avrai come bussola solo te stesso e le tracce spesso flebili che ti metterà davanti l’infinito per guidarti e dimostrarti che ti ama. Vai-.

Ma dove inizia la mia follia, la mia illusione e dove la chiarezza, dove la verità. Nonno…le chiesi accorato, se sono unite in un abbraccio così stretto, come individuare il momento in cui tutto diventa falso. Come fare a…., stavo continuando ad auto-commiserarmi, quando con noncuranza disse:

-segui i tuoi i, le tracce che lasci. Osserva e osservati, testimonia con l’occhio impietoso del cacciatore senza aggiungere altro e…saprai cosa succede. Spogliati di ogni arma, in questa guerra non ne hai bisogno. Le armi sono d’impaccio, servono a difendersi da se stessi. Sono i tentacoli armati dell’ego, di quella descrizione dittatoriale che egemonizza il mondo e lo struttura a sua IMMAGINE e SOMIGLIANZA-.

Ti seguo chiaramente, gli dissi, ma addosso ho una percezione forte di febbre.

-Non preoccuparti-, mi rinfrancò sorridendo.

- E’ solo l’effetto della tua energia allertata. Tutte le dimensioni sono collegate. Anche se divise e inaccessibili, tutto è interconnesso. Quello che succede in una, ha eco anche nelle altre. Diciamo che si crea un’atmosfera particolare in continuo movimento, anche se a livello sottile-.

Nonno, io….cercai di dire qualcosa, ma la bocca non emise suoni..

- E’ un momento importante per tutti. Lascia da parte i concetti di fallimento e di riuscita. Scrivi e non porti altro obiettivo che quello di essere impeccabile con quello che hai determinato: prima e al di là di te stesso, di quello che sei e di ciò

che pensi sia il tuo progetto-.

Non chiesi altro, ero lì per ascoltare e ascoltai,

-Tutto si può fare, ma ci sono compiti, la cui realizzazione comporta anche la nostra perfetta definizione e realizzazione. Chi non permette l’espandersi e il compimento delle forze che lo animano, la realizzazione del compito che lo abita, di quelle forze vive che lo determinano come essere umano unico….commette un assassinio contro se stesso.

Ricordati che prima di svuotare o ripulire un qualsiasi spazio, si deve prima sapere da cosa. Prima di liberarsi bisogna identificarsi-.

Certo, dissi tra me e me, sempre la stessa storia. Prima si costruisce, ci si struttura, si fa laboratorio con e nella vita, laboratorio di se stessi, poi si destruttura il divenuto, per eliminare quella descrizione nella quale ci si è identificati.

- Scrivi -, mi esortò nuovamente

-Non sei il solo-

e rimase a guardarmi fisso, quasi ostinato, mentre il mio corpo o quello che percepivo come tale era percorso da continui brividi di freddo dalla testa ai piedi. L’impressione era quella di avere la cosiddetta -pelle d’oca- unita ad una solitudine oceanica, straripante, una solitudine totale, come una nebbia presente

in ogni più piccola e remota parte del mio essere.

Non avevo mai provato niente di simile. Ero aria nell’aria, senza Est, Sud, senza Ovest né Nord, senza alto e senza basso, senza fondamenta, senza copertura, senza radici stabili, senza divenire né parole. Un lenzuolo al vento. L'impressione era proprio quella di essere un lenzuolo rosso non mosso, ma liberato al vento. Senso di febbre poi brividi di freddo, poi. Non so quanto rimasi così. All'improvviso quella solitudine originaria solida come il ghiaccio, si trasformò in vapore. Una sorta di nebbia che diradandosi lasciò in me solo un profondo vuoto. Avevo l’impressione che una macchina, avesse aspirato la mia storia e tutto quello che mi legava ad essa.

Mentre intorno a me tutto svaniva, una eco prolungava le ultime parole di quell’incontro, come onde d’acqua concentriche generate da una sasso: tutto informa tutto, tutto informa tutto, tutto informa tutto……..tutto…….

CAMBIARE MODELLO

Capitolo Undicesimo

Gli ARCANI della guarigione.

Potenzialmente gli esseri umani potrebbero fare esperienza del significato di tutti gli arcani maggiori, in quanto nell’arco della loro vita la varietà delle loro esperienze li porta a sperimentare, anche se spesso inconsapevolmente, tutte le forze e le caratteristiche espresse da queste ventidue perle di sapienza e saggezza. Di fatto le forze che operano nella vita, spesso rimangono sotto il livello della coscienza senza sapere cosa rappresentano, senza poterle utilizzare per la propria evoluzione e senza antidoto; proprio perché non se ne conosce la caratteristica. Ad esempio: chi sta vivendo una contrazione nella propria vita, desiderando più il contatto con se stesso che con la socialità e rallenta il o del camminare liberandosi dagli eccessi e dal superfluo. Chi sente l’urgenza di rivalutare e meglio ponderare le sue scelte, manifestando insolita prudenza, bisogno di austerità, silenzio e solitudine, forse sta vivendo la spinta dell’arcano nove, -l’Eremita-. Sapere questo, ci permette di valutare meglio le coordinate e la DIREZIONE da imporre alla nostra vita o a parte di essa, in un preciso spazio/tempo e soprattutto in assonanza e non in contrasto con le caratteristiche espresse da uno o più specifici arcani. Questo per dire che, all’interno della nostra vita, dal comportamento in generale: portamento, gesticolazione e comunicazione verbale, ecc… sarebbe propizio, come si dice, vestire interamente i panni dell’arcano in questione. I ventidue Arcani sono un grande affresco delle potenzialità dell’uomo, delle condizioni che affronta, delle sue caratteristiche e soprattutto una mappa da leggere e utilizzare per la propria evoluzione spirituale. Un indicatore insomma che, come detto prima punta il dito sulle forze operanti dentro e fuori l’essere, sulla strada da seguire e sulle strategie che mette in atto per vivere consapevolmente.

Sentirla parlare degli arcani, questa proiezione chiamata donna Merçedes da sempre l'idea di un parco assolato.

Un parco dove queste creature giocano e, ad una ad una. te le presenta con chiarezza e sapienza, quasi con gioia da innamorata. Ad uno ad uno, perdono quell’abito banale che gli è stato cucito addosso e da semplici figurine divinatorie assurgono a ruolo di simbolo, dove l’uomo si trova e si alza per andare oltre la sua ignoranza e il suo apparente limite.

- Puoi prenderli come una guida per raggiungere il tuo centro, il tuo inalterabile io al di là di te stesso-, disse durante uno dei nostri incontri.

- Metà e metà. Poni il Sole di fronte alla Luna e osserva. Testimoniati fino a vedere quale percorso è inscritto nel tuo essere: quello attivo dell’azione o quello ivo della contemplazione che ivo comunque non è. Anche un lasciarsi scegliere implica l’atto volitivo del lasciarsi andare-.

Ti capisco e non ti capisco gli risposi in quell’occasione.

- Metà e metà -, disse di nuovo.

-I primi undici di fronte ai restanti e osserva chi apre la serie-. Ho capito esclamai silenzioso. Il primo capofila è il Mago o Bagatto, mentre il secondo è l’Appeso. Il primo è attivo e crea, domina gli elementi, si trasforma forgiandosi con il fuoco, è l’impulso che feconda, mentre l’Appeso, ivo, si dissolve. Si annulla in atto devozionale , dimentico di se si scioglie in acqua per annullarsi nel grande mare.

-Tu hai già scelto, ma ricordati che numerose diramazioni trasversali connettono le due strade. Partono dallo stesso punto, cioè dall’uomo e viaggiano verso la stessa stazione tracciando rotte diverse, ambedue verso la libertà, la verità e la consapevolezza. Se tracci un asse simmetrico verticale al centro del tuo corpo, noterai che le due parti non sono uguali. Ognuna è diversa dall’altra, soprattutto nell’espressione del viso. Diverse si, ma nella stessa finalità. Vivere è leggersi nel vivere e da questa pedana, lanciarsi nella via che sentiamo a noi connaturata - attiva / iva, per connettersi ed allinearsi consapevolmente con lo spirito-.

Quale via stanno battendo i tuoi piedi fratello, quella di destra o quella di sinistra.

Perché vuoi saperlo.

Per sapere quale è la più difficile.

Semplice, rispose candidamente il primo uomo,

quella che non è la tua.

Donna Merçedes, oltre al suo sapere, all’acume e al grande spirito di distaccata osservazione, presenta spesso uno spiccato senso di giocosa ironia, cosa che per altro me la fa sentire molto vicina . Una sorta di feeling temperamentale. Mi è capitato a volte di non riuscire a capire se certe storie, certi modi di dire, certi aneddoti, nascessero da lei o se erano da me proiettati su di lei tanto li sentivo a me connaturati come linguaggio.

Ecco…..ecco…..ecco.

- Una volta un boia minacciò un condannato a morte per la sfacciataggine di essersi slegato mani e piedi e di fargli del male se non fosse tornato subito a posare la testa sul ceppo per essere decapitato. Bene, sai cosa successe-, ammiccò sorridente Merçedes.

-Successe che il condannato per paura di irritarlo e subire la punizione, invece di fuggire tornò a posare la sua inutile testa proprio dove gli era stato indicato-.

Sembrò trattenere il fiato, poi aggiunse sconfortata:

- Sapessi quanta gente vive così. Quanti rinunciano a se stessi. Quanti non sanno e non hanno forza di lottare per far sbocciare la loro divinità interiore-. Lo so le dissi. Forse hanno paura di uscire dai ranghi del consueto, o forse….

- Vedi quanta gente ha bisogno di fiducia e di cambiare modello-, continuò imperterrita come una mitragliatrice.

-L’infinito è terra di sorprese. Però c’è bisogno di una chiave per accederci, sai qual è ?-, domandò a bruciapelo.

L’Intento gli risposi.

-Bene-., disse rimarcando la parola

-Proprio l’Intento, affinalo e chiamalo sempre-.

Ma esiste un modo efficace per chiamarlo ed allinearsi al suo potere, le chiesi ingenuamente.

- Certo, c’è un sistema infallibile. Ascolta-, sussurrò quasi fosse un segreto da proteggere,chinandosi verso di me.

- Devi solo diventarlo. Tu devi essere la tecnica. Sii impeccabile e riunisciti. Affiancati allo spirito attimo dopo attimo e quando sarai UNO, sposterai davvero LA MONTAGNA. Comunque non impaurirti- e arrotolò il suono delle parole come si fa con i bambini.

- Questo modo di cambiare modello con gli arcani, è già efficace di per se. Insisti, devi padroneggiarlo facendo ogni cosa senza altri pensieri nella testa, in condizione di vuoto e di assenza-,

Sono tredici anni che lavoro su me stesso e con me stesso, le dissi in tono preoccupato, ma per chi inizia ora, come è possibile utilizzare questo metodo se implica la necessità di essere nel vuoto.

- Il connettersi con l’Arcano e il suo serbatoio di forze, già implica un travaso

che aggancia l’individuo alle caratteristiche dell’Arcano in questione. In questo caso-, chiarì donna Merçedes:

-l’amo, diventa l’attenzione del praticante. Attenzione che deve essere focalizzata sulla bolla di energia vivente nell’astratto, sul complesso simbolico della lama: segni, colori, paesaggio e sul raggio di luce che porta l’informazione dall’ARCANO nella BOLLA a quello riprodotto e VIVENTE DENTRO DI NOI-. Fece silenzio, poi pazientemente disse:

- è chiaro?-.

Certo, l’Arcano riprodotto e visualizzato in noi nei minimi dettagli, prende vita, dimensionalità, fino a diventare attivo, lasciandoci quasi per osmosi, percepire e trattenere il suo particolare potere.

Si, è chiaro risposi e aggiunsi: quanto tempo e quante volte va praticato questo esercizio. Senza esitare, soddisfò la mia richiesta con un telegrafico: - DA PLENILUNIO A PLENILUNIO-. Non aggiunse altro. Però- specificò:

-prima di scegliere quale Arcano utilizzare, è bene conoscerne le caratteristiche, le forze. Uno per uno, così da entrare in risonanza con le reali forze di cui in quel preciso momento abbiamo bisogno-.

Merçedes- le dissi, se si ha la capacità di essere un Intento fermo, di avere un’attenzione focalizzata e sostenuta tale da vivere in se le caratteristiche dell’arcano, in questo modo non si corre il rischio di snaturarsi?

Uno, nessuno, centomila-. veramente si potrebbe divenire ciò che si vuole vista la ricca gamma delle possibilità espresse dai ventidue Arcani.

-Vedi-, rispose con pazienza:

- è come utilizzare un’arnese e poi riporlo. Niente è per sempre. Ti faccio un esempio-, mi disse con espressione didattica.

Chi esprime o incarna le caratteristiche comportamentali e le urgenze dell’Arcano zero o ventidue, insomma del matto, difficilmente potrà rappresentare al meglio quelle dell’imperatore, del papa, o addirittura il rigore della giustizia. Quando si opera su se stessi per un lavoro di trasformazione-, aggiunse, - è bene avvicinarsi per fasi.- e mi portò un altro esempio.

-chi è preso nel caos, nel turbinio creativo delle ioni o nella tenaglia rappresentata dall’arcano XV, il Diavolo, dall'abbattimento e ristrutturazione di parti di se espresse dalla Torre o dal Matto, soprattutto se insieme, nonostante la loro forza creativa, avrà compito difficile a porre in evidenza le caratteristiche coronanti del Mondo, le armonie della stella o altro-. E continuò sempre con pazienza ad agganciare la mia attenzione al suo esprimere.

-Sarebbe più consono, più funzionale, più efficace, per arrivare al mondo, entrare in un arcano di collegamento tipo la Temperanza. Certo è solo un esempio, e come esempio non potrà mai essere onnicomprensivo di tutte le possibili varianti e sfaccettature……ecco, ecco- disse con l’espressione di chi ha trovato il bandolo della matassa.

-Proprio come un diamante. Una sfaccettatura è indiscutibilmente parte della

forma del diamante, ma non lo esprime nella sua piena visione. E’ chiaro?-.

E’ chiaro risposi. Va valutata la praticabilità delle forze che si richiamano.

-Non solo- ribadì, - non solo. Considera anche che un’azione del genere, difficilmente ottiene un effetto totale e permanente-.

Ascoltavo con attenzione quello che diceva, completamente partecipe con tutto me stesso, per questo deve aver colto nella mia espressione quel filo di disillusione quando le dissi: ma allora!

-Caro mio, non esistono scorciatoie facili-, disse allargando le braccia.

-Non esistono pillole magiche. La trasformazione del piombo in oro è una lotta con se stessi per andare oltre se stessi. La costanza, il lavoro, la disciplina interiore, arano la terra e la seminano, poi il tempo forse farà maturare i frutti -:

Tacevo e tra me pensavo, è tutto così semplice. Quando, forse per ampliarne il respiro e la portata disse:

-donna, la tua fede ti ha salvata. Vedi, anch’io parlo la tua lingua- aggiunse con un tono volutamente enigmatico.

Non “io ti ho salvata”, ma la tua fede che si è agganciata a me. Ti ha salvata il

tuo operare, il seguire e vivere la tua estrema convinzione con spontanea naturalezza. Come vedi tutto ritorna sempre a noi. Tutto è nelle nostre mani, anche se ci sono mani che possono al di la di noi-

. Poi mi guardò con sguardo duro, quasi per togliermi la malizia che stava impastando la mia lingua, con una domanda quasi stupida..

- Sta agli altri accettare o negare che la loro vita sia portata dove l’ altro vuole, costruita come l’altro vuole, vissuta come altri vogliono-.

Merçedes le dissi, nonno mi ha insegnato che la vita è una sorta di multiproprietà, tutti siamo collegati, quindi.

-Quindi- si apprestò a dire,

-ognuno è responsabile di quello che fa, che nega o accetta. Ognuno è responsabile di dove lo porta la sua specifica vita. Anche perché e tu lo sai-, si fermò un istante quasi per vedermi annuire,

- niente è casuale. E’ tutto un grande intreccio, inconsapevole spesso…mai casuale.

Non dimenticare mai di leggere nei segni del quotidiano. Interpreta gli eventi del quotidiano come elementi simbolici. Interpretali alla stregua di un sogno, un sogno. Questo aspetto è molto importante e va considerato sempre con estrema attenzione. Lo spirito parla anche attraverso questo. Lascia sassolini, per parlarti

della tua storia-.

Poi all’improvviso esclamò:

-ho l’impressione che stiamo andando fuori strada con questo discorso-. Capii subito che aveva lanciato una lenza per verificarmi attraverso una risposta. No le risposi subito. Tutto è collegato e l’essere responsabili di se, significa esserlo nello sbaglio e nella giusta attuazione. Significa che se siamo responsabili del nostro caos, dei nostri sbagli e del malessere che viviamo, così lo siamo anche del nostro cambiamento, del benessere che creiamo, in poche parole POSSIAMO!

Possiamo scendere e dimorare nella melma, come alzarci e camminare il cielo.

-Ecco l’essenza del cambiare modello- e con un sorriso mise tutto a posto. Poi cambiò discorso, o meglio parlò d’altro, senza che percepissi la minima frattura nella tessitura del discorso.

- Il principio divino è ovunque. Nel minerale, nella pianta, nel lupo, nell’uomo, nel fuoco, nell’aria, nell’acqua e nella terra. E’ nell’universo tutto e come tutto si trasforma nel perenne ciclo, ognuno con un tempo; anche l’uomo, per legge, cambia.. Un settennato rinnova le sue cellule tutte. Da bambino a vecchio, a le varie fasi: pubertà, adolescenza, gioventù, maturità vecchiaia fino alla morte….se arriva. Nessuno resta mai uguale a se stesso. Ma questo gioco di spinte ha poco conto, va da se. Essenziale è esserne consapevoli, perché è proprio nella consapevolezza del proprio divenire, nel riconoscersi nella storia che l’essere va formulando e formando che la sua voce prende sempre più la conformazione di un canto libero. Non rinunciare a te stesso. Sai cosa significa conosci te stesso- incalzò donna Merçedes.

-Se la finalità fosse quella usuale di conoscersi per come pensiamo, viviamo e ci comportiamo, potrebbe essere sufficiente uno Psicologo, uno Psichiatra, un Cartomante, che so , un Astrologo-

No, non potrebbe bastare, le dissi sicuro,

Non potrebbe bastare perché, conoscere se stesso, equivale si a ri-conoscere la luce e il buio, le forze con le quali siamo intessuti, ma soprattutto la divinità che abita in ognuno di noi. Significa ri-conoscersi in quel principio che dice che nell’universo tutto è sostanziato e abitato dallo spirito, tutto è casa di Dio e dalla pietra all’uomo, tutto ha la stessa dignità, lo stesso diritto a esistere.

Certo, tra una forma vivente e l’altra esistono immense differenze, diversità di scopo e forse anche di fine. Abbracciarsi come il felino la preda, è nell’ordine delle cose per l’animale. Essere nel cerchio della natura e nutrirsi di ciò che è disponibile come fa l’esquimese o l’aborigeno, anche questo è nell’ordine delle cose. Però poter scegliere, porta l’uomo al di là dell’ordine delle cose, lo libera dal condizionamento della necessità per fargli assumere la responsabilità della sua scelta.

Carne o vegetale

Sangue o clorofilla

Certo, tutto è vita e la vita si nutre di vita. Ma se a un vegetale rinasce un ramo tagliato, dal cespo di una insalata rinascono altre foglie ecc…e al contrario da

un animale, da un uomo, niente rinasce se lo tagliate a metà, forse qualcosa significa. Significa che più la vita si allontana da quella complessità biologica ed energetica raggiunta nell’uomo, più è deputata a sostenere il peso e la struttura di questa magnifica piramide. Piramide che in cima dovrebbe portare un Re, un essere consapevole e non un criminale, un cannibale che si nutre della vita dell’altro e sta riducendo la terra e i suoi sistemi a campi di sterminio.

Si, Si Si, CONOSCI TE STESSO e se un tuo occhio ti porta ad uccidere la vita per tuo egoistico potere, allora cavalo, come taglia la mano o la lingua, la tua, se uccide la Madre.

Conosci te stesso, significa: arriva nel centro, in quella cattedrale che chiamiamo cuore e siediti con il divino che l’abita .Riconoscilo e sentiti parte del tutto. Sentiti unito e non diviso, accogliente e non arroccato, umile e non altezzoso, forte e non pauroso, perché lo sforzo, lo sbaglio, la lacerazione che vivi, se si verifica nel cercare la strada , è veramente un sacrum facere, un sacrificio che porta a compiersi e ogni uomo che si compie è una luce in più nell’universo.

E’ il divino che attraverso tale compimento si manifesta.

Nella mia mente questi pensieri fluiscono limpidi, non sono cose nuove, Allora cos’è questa sorta di fibrillazione, di corrente interna che mi prende. Uno shakeraggio sembrava nascere dalle mie parole non dette là davanti a Merçedes. Come se le parole avessero massa e peso, le sentivo sprofondare in me e avevo l’impressione che nel mio profondo mettessero radici. Le vidi aprire la terra in cerca di ancoraggio e questo generava quella specie di terremoto che percepivo come fibrillazione.

- Ora, a differenza di quando le hai vissute con la mente e con le emozioni, le stai abbracciando e fecondando con la tua energia-, mi disse guardando con la

coda dell’occhio nonno Ossa Sbiancate ,seduto sempre a capo tavola.

- O meglio, è la tua energia, il tuo nucleo profondo che se ne sta cibando. La divinità che è in te ha aperto le porte e tu le sta ricevendo con tutti gli onori. Le riconosce e suona trombe che scuotono il tuo essere-.

-E’ una festa-, esultò donna Merçedes alzando le mani in aria,

- è una festa. Ora finalmente le parole tornano alla loro unità con tutto il tuo essere e in tutto il tuo essere. Non più divisione. Non più divisione. Il contenitore è il contenuto e il contenuto è fuso perfettamente con il contenitore. L'interno e l'esterno sono la stessa cosa-!

Mentre lei parlava, nonno mi guardava e sorrideva. Poi le linee che formavano la sua figura, con un’esplosione, iniziarono a danzare disperdendosi verso la periferia dell’immagine come risucchiate da una forza centrifuga. Mi vennero in mente i segni che tracciavo da bambino con un tizzone ardente contro la notte. Disegni di luce effimeri, evanescenti, astratti e senza corpo se non durante il loro farsi. Ne ero attratto, innamorato. Capii, la mia energia era esaurita o forse…

Capitava a volte che un incontro terminasse così. Più che un’esplosione poteva definirsi una scoppiettante dissolvenza, anche se normalmente era una percezione fantasmica, immaginativa, che segnalava il momento del ritorno. Non era la prima volta che tornavo con il canestro pieno a metà. Non mi era stato detto tutto e in attesa di trovarmi di nuovo con nonno e le due donne, presi appunti come di consueto. A volte dopo un incontro mi trovavo a scrivere spinto da una forza che sembrava dimorare fuori dalla mia stretta volontà. Senza pensare, ma con una chiarezza che mi lasciava stupito. Potrei definirla - scrittura automatica-, pratica conosciuta bene da poeti e scrittori surrealisti e da alcuni medium. Scrivevo e rileggevo. Scrivevo e rileggevo in continuo, perché per

quanto possa sembrare strano, c’erano sempre nuovi aspetti che balzavano fuori da quelle pagine . Non avevo né ansia né curiosità, eppure non vedevo l’ora di incontrare di nuovo quella gente e di avere nuove informazioni .La cosa doveva essere così evidente che, tutti e tre a contatto avvenuto iniziarono a ridere a crepapelle. Quella volta Nonno e donna Merçedes aprirono le danze con tono sonoro e quasi sguaiato, mentre Dolinda, anche se di cuore, rideva più delicatamente. Quasi per pudore o rispetto, teneva la mano davanti alla bocca ridendo con eleganza se così si può dire. Dopo un primo momento di fastidio, accettai il gioco e aspettai che finissero. A loro il mio stare sulle spine, quell’attesa di sapere, evidentemente doveva sembrare alquanto comica..

-Scusaci- si affrettò a dire Merçedes

- ma una tale espressione da bambino, fa tenerezza-.

Va bene così, ribattei subito.

-Certo che va bene- sottolineò e nuovamente esplosero in una grassa risata.

- Certo che va bene-

Poi sorrise e disse: -Le regole essenziali che dovrai rispettare sono:

1°. inquadrare bene quale arcano ti necessita

2°. di che tipo di forza hai bisogno

3°. dove potrebbe portarti quell’energia-

e poi con malcelata ironia continuò.

- Attento a quello che desideri-, potrebbe avverarsi dissi io togliendogli la frase di bocca.

- Esattamente-..

Poi con l’indice della mano destra puntato davanti alla mia faccia, riprese

-Studia bene gli arcani. Cogline i significati, sentiteli addosso, portali in meditazione nel vuoto perché, sono semplici ma complessi. Non complicati, complessi.-.

Conosco il significato di ogni lama le risposi un po’ titubante, quasi avessi esagerato nel mettere in evidenza una conoscenza non proprio all’altezza.

-Se li conosci è bene- mi rispose,

- ora però sentili dentro di te, addosso. Muoviti nella vita come se fossi quello

specifico arcano. Cosa farebbe? Come parlerebbe? Che strategia imposterebbe e cosa sentirebbe in quella specifica situazione quello specifico Arcano.-.

In più aggiunse maliziosamente soddisfatta, “questo è un meraviglioso esercizio per cambiare forma. Un raffinato non fare di alta classe che offre ottimi risultati”.

Non volendo tralasciare nessun dettaglio, le dissi: Merçedes, quanto tempo ci si deve immergere. Non ebbi modo di concludere. Mi bloccò subito dicendo:

“hai paura che ci voglia molto tempo eh!. Lo so, lo so, ma ti farò uno sconto. E' molto impegnativo farli da plenilunio e plenilunio, si, ti farò uno sconto. Pratica ogni Arcano per tre giorni consecutivi, giorno e notte. Se non lo avessi assimilato in questo tempo puoi arrivare a sette e infine a nove giorni, sempre giorno e notte. Sentiti e sii un grande attore nel palcoscenico della vita. Un attore che però dimentica di essere attore fino ad identificarsi con il personaggio che sta interpretando.

Fai questo con tutti e ventidue gli Arcani”.

Deve conoscere perfettamente questa fatica pensai, perché la sentivo sorridere preoccupata e divertita nello stesso tempo, come chi la sa lunga per il semplice fatto di avere già sperimentato. Tacque e con tutte e due le mani mimò il gesto di tendere un filo in verticale.. Proprio come se avesse tra le dita un sottile filo teso di una trentina di centimetri. Intendendo che quel gesto avesse significato in relazione a quella che stava dicendo, le chiesi: cosa vuoi dirmi Merçedes, non riesco a capire.

-Lo vedi questo filo. Certo che l’hai visto-sentenziò-.

Si, devo dire che lo vedo, con la fantasia intendo dire. Alzò la mano sinistra interrompendomi e disse:

- bene, è così che devi fare con gli arcani. Devi vedere, sentirne la forza, le caratteristiche, anche se questo complesso è evidenziato solo da segni, colori, numeri, lettere, forme e simboli, Anzi il tutto deve diventare un unico simbolo da far vivere dentro. Ricordati sempre del filo, tutto ti sembrerà più chiaro-.

Certo Merçedes, certo, le risposi contento e un po’ preoccupato mentre lei assestava bene il suo corpo seduto sulla panca. Per un attimo ebbi la percezione che tutto slittasse, come se le immagini si sovrapponessero e questo mi lasciò con un leggero senso di nausea che presto però svanì. E mentre decresceva quella sottile nausea, in senso contrario cresceva il suono delle parole della donna, anch’esse per pochi momenti slittate e riassorbite dalle immagini sfocate.

- Ricorda, c’è chi vede un campo di frumento nel palmo della mano se vi ha posto dei semi e chi no. Questa è la fantasia: vedere la possibilità di trasformazione, di connessione, di applicazione di quello che ancora non è. Qualcuno avrà visto e ancora vede solo un pugno di semi, altri una gialla distesa di spighe di grano, di mais, di pane, di vita. Questa qualità, questa forza, questo dono, l’essere umano lo vive troppo spesso inconsapevolmente. Questo non gli permette di osare, di oltre-are ed edificare il nuovo all’interno della sua vita, unica costruzione reale per la quale vale la pena di impegnarsi fino allo stremo. Fai questo con gli arcani- disse gentilmente.

- Praticare questo bel gioco, ti aiuterà a scoprire quante potenzialità contiene ogni cosa che fai o che neghi. Quante possibilità sono nascoste in un evento. La

scelta che facciamo non è certamente l’unica possibile, anche se, di solito è quella che pratichiamo spinti fa forze e impulsi di cui spesso, anzi quasi sempre non ne siamo consapevoli-.

Ricapitoliamo dissi. Se ho ben capito, ci si deve connettere, agganciare all’arcano con la modalità che hai descritto e in stato di meditazione collegare il modello presente nella bolla d’energia, con quello visualizzato dentro di noi, tramite un raggio o filo di luce che fa da fattorino. Quindi sentire le caratteristiche dell’arcano infondersi ed operare in noi, il tutto per l’intero arco della lunazione, da plenilunio a plenilunio.

Merçedes, le chiesi, è proprio necessario aspettare il giorno del plenilunio per iniziare.

- Con la luna non bisogna essere impazienti- rispose.

-Cambia così velocemente- e rise di cuore con grasse risate di scherno e divertimento.

In quell’occasione nonno era assente e con Merçedes c’era solo Dolinda silenziosamente assorta. Poi decisa continuò:

-Sappi che, durante le sue fasi la luna si contrae e si espande, si corona e si annulla, Ma andiamo per ordine-.

Mi guardò negli occhi, come per agganciare la mia attenzione alle sue parole.

- La luna piena è colma di vita, incinta di promesse, costruisce, accresce, è nella massima espansione, nella fase massima di inspirazione. Fa salire i liquidi, li spinge verso l’alto, verso il cielo e rappresenta la pienezza della madre.

HA CHIAREZZA TALE DA RISCHIARARE I SENTIERI NOTTURNI, anche con la sua luce incerta ed opalina, perché la sua è una luce fatta per il pozzo dell’anima. Per il dentro e non per la chiarezza esterna. La linfa delle piante in quei momenti è più chiara, più veloce. Questa luna non nasconde niente del suo potere. Non lascia spazio al fantasticare, ma solo alla fantasia del profondo. Illumina come un sole notturno.. Con questa luna è bene finire il ciclo del cambiare modello. Come è bene iniziare con il primo giorno della luna calante, cioè il giorno successivo al un plenilunio. Questo va fatto per ogni arcano.

Fece una pausa, poi in quel silenzio gentile, continuò consegnandomi quelle preziose informazioni.

-Come la Piena, accresce e corona, così la vuota, decresce ed elimina Prima di aggiungere del nuovo è spesso necessario eliminare ciò che ha perso di senso. Durante questa fase, le forze dell’arcano più che adempiere se stesse all’interno della persona, lottano con il già esistente per farsi riconoscere ed accettare come direttrici. Si presentano con la loro energia e cambiano il paesaggio interiore. La luna nuova o vuota, ha un’azione che si potrebbe definire catabolica, opposta a quella anabolica caratteristica della luna piena. La luna nuova, prepara l’humus allo sviluppo del nuovo modello. La linfa è più torbida nelle piante e scende in basso, tende ad eliminare. Per ora considera i giorni in cui è calante o crescente come scale in cui gli influssi e le caratteristiche decrescono e crescono a partire dalla luna piena -.

Allora se questo è il ciclo completo, ci vogliono ventotto giorni solo per un arcano? A questa mia domanda un po allarmata, rispose con serafica calma.

-Certo, questo è il normale ciclo, ma come ti ho detto si possono fare degli sconti. Inizia quando vuoi, ma inizia. Quando avrai la perfetta auto-disciplina, allora potrai affrontare questo lungo percorso in modo perfetto-.

La sentivo parlare ipnotizzato, tale era il richiamo di quelle parole che d’istinto le dissi: Merçedes, il tuo viso mi ricorda la luna piena, è bello e forte. Deve aver sorriso o detto qualcosa, perché una dolcezza morbida si diffuse in me e tutto iniziò a perdere i contorni facendomi sentire preda di una nostalgia talmente profonda, da risultare addirittura lancinante. Non era la prima volta che ospitavo in me quel tipo di sentire e quando succedeva, oltre a un senso vago di dimenticanza, una commozione tale mi scioglieva a volte fino alle lacrime, allora sapevo: l’infinito mi aveva toccato.

Una volta nonno mi disse a proposito:

-in certi momenti l’infinito ci semina dentro la sua impossibile bellezza e la sua insondabile distanza. Ci respira e ci colma, anche se il suo profumo lascia nella piana degli occhi una solitudine estrema, per fortuna sempre per pochi momenti-.

CAMBIARE MODELLO CON GLI ARCANI

Prima di descrivere questa modalità, è bene familiarizzare con ogni arcano nel suo duplice aspetto simbolico e comportamentale. A riguardo esiste una vasta letteratura e per voi sarà un piacere entrare in questo territorio, se già non ci siete dentro. Comunque buon divertimento e buon lavoro. Una volta fatta amicizia con gli arcani e scelto, si inizia il primo giorno di luna calante che corrisponde al giorno dopo il plenilunio. Anch'io come Merçedes dico; iniziate quando volete ma iniziate.

*Si tiene l’arcano nella mano sinistra e si focalizza su di lui l’attenzione.

*Ci si sintonizza, ovviamente stando seduti in terra o su di una sedia con la colonna vertebrale eretta ma non rigida e con il mento leggermente inclinato sul petto.

* Ora visualizzate o immaginate di avere dentro la vostra testa uno di quei vecchi interruttori con il manico in legno che attaccano e staccano la corrente.

Quelli da palcoscenico tanto per intenderci. Immaginate una mano che entra e abbassa il manico dell’interruttore staccando così la corrente. Può succedere che si possano sentire brividi lungo la schiena, non è niente, state tranquilli. Anzi è bene visualizzare o immaginare i muscoli come fossero elastici tesi che, al momento del distacco dell’interruttore si afflosciano e perdono resistenza. Tutti i vostri muscoli dalla testa ai piedi e ……rilassatevi.

* A questo punto praticate sette cicli di questa respirazione chiamata – arcobaleno-.

SI INSPIRA dal naso, visualizzando un colore alla vota che entra dalle narici: la prima respirazione rosso, la seconda arancione, poi giallo, verde, azzurro, indaco e viola lilla.

SI TRATTIENE, sentendo i colori espandersi nei polmoni, creando un paesaggio primaverile assolato.

SI ESPIRA aria come se fosse nebbia senza preoccuparsi se in questa fase la nebbia può apparire sporca, scura o altro; è solo scarto, e si a al colore successivo, continuando così per tutti e sette i respiri. . * Ora è il momento di visualizzare o immaginare al vostro interno, l’arcano con il suo paesaggio, le sue caratteristiche, le sue forze, simboli e colori compresi. Immaginatelo vivo in tre dimensioni. Dopo questa fase, visualizzate, o immaginate nell’universo, una bolla trasparente di energia al cui interno vive lo stesso arcano con le stesse caratteristiche, gli stessi colori, simboli e lo stesso paesaggio di quello che abbiamo dentro.

*Ora un raggio di luce, partito dalla bolla nell’universo, entra in noi e collega i due arcani che diventano luminosi, pur mantenendo gli stessi colori.

Durante questa fase l’attenzione va focalizzata sull’atto intenzionale di ricevere forze e caratteristiche dell’arcano e farle risuonare nella propria interiorità. Puoi parlare con l’arcano stesso e chiedere consiglio. Ricevere informazioni specifiche o generiche sull’uso che sarebbe opportuno fare delle sue caratteristiche e puoi avere immagini, come fosse un sognare.

Una volta effettuato questo travaso e sentite, oltre alle caratteristiche e forze in questione anche troneggiare l’immagine dell’arcano con tutto il suo ambiente in tre dimensioni, ripetere quattro volte l’Intento:-questa è la mia forma ora-. Non va dimenticato che vivere l’arcano per soli tre giorni è pratica tutt'altro che scontata, vista la difficoltà per la nostra mente a non essere se stessa per tre giorni consecutivi.

* Dopo di che, muovendo piano le dita dei piedi e delle mani, si riprende pieno possesso di se stessi.

E’ necessario durante la giornata, anche se per pochi secondi, visualizzare il raggio partire dalla bolla e connettersi con l’immagine dell’arcano posta dentro di noi.

Più si pratica questo contatto, migliore sarà il risultato.

A proposito di sconto, un buon esercizio per cambiare forma ed entrare in contatto con gli Arcani, è quello di praticarli tutti. Il tempo impiegato per ogni esercizio, come espresso da donna Merçedes, è l’intero arco della lunazione, per cogliere appieno tutto il potere di trasformazione. Però è possibile iniziare, grazie allo sconto, con una sequenza di tre giorni per ogni arcano, senza interruzioni. Semplicemente, uno dopo l’altro. In un taccuino, scrivete tutte le

volte che non siete riusciti ad assumere le caratteristiche dell’arcano in questione o avete dimenticato di farlo e fatene una mappa del vostro lavoro. Non prendetevela per la difficoltà, siate solo testimoni del vostro operare, ricordatevi del vostro intento e…buon divertimento..e non giudicatevi se non riuscite. Col tempo tutto si attua.

E’ una avventura nell’astratto che, come detto sopra, aiuta a rendere più fluida la propria forma. Ovviamente ricordate di entrare in pieno nelle caratteristiche dell'arcano nel quale vi state identificando: sia nel vestire, nel parlare, nei gesti, nei probabili pensieri e comportamenti che l'arcano stesso farebbe e metterebbe in atto nelle circostanze in cui vi trovate, ecc... ecc...

Non scoraggiatevi se non otterrete i risultati desiderati. Non scoraggiatevi mai. Il termometro della propria evoluzione non si muove con gli effetti speciali, con gli stati alterati o con l'ampliamento del proprio stato percettivo, si muove solo con una reale trasmutazione interiore. Quando il riferimento ultimo del nostro operare, del nostro essere, del nostro pensare non è lo stato, non sono le leggi, i tabù, le morali, le religioni e nessuna istituzione, ma lo Spirito in tutta la sua bellezza e immensità, allora siamo cambiati, allora ci siamo evoluti.

Per fare questo è necessaria una sola cosa, amare. Per amare è necessario essere liberi da se stessi e anche questa, come tutte le pratiche mira a raggiungere questo obiettivo.

Ma quanta auto-disciplina ci vuole, quanto è necessario desiderare, sentire dentro, quanta urgenza bisogna sentire in noi per raggiungere questo stato. E' semplice: fate un lungo respiro, poi trattenendo il fiato chiudete con i pollici le orecchie, con l' indice di ogni mano gli occhi, le narici del naso con ogni dito medio ed infine con l'anulare e il mignolo le labbra. Resistete finché potete e quando non ce la fate più, sentite quanto desiderate il respiro. Allora respirate, allora se sentirete l'urgenza di amare in questo modo, come lo sentite per il respirare, per voi si aprirà la via dell'unità, la via dello spirito , la via del

procedere più fecondo!

Ascolta:

questo non è un trattato, ma un insieme di fogli che narrano una strana esperienza e non può essere esaustivo di ogni argomento che affronta, anche perché non vuole necessariamente affrontare argomenti. Ma dal momento che si rivolge alla vita, al mondo, cerca di dare un minimo chiarimento, là dove è possibile. A esempio, su questa pratica che descriverò si potrebbe approfondire il concetto dei campi morfogenetici, per altro già accennati nel libro, ma il fatto che la scienza giustifichi e teorizzi flussi di energie come informazioni che interagiscono con la materia stessa, sia fisica che mentale non penso renda più vere tali esperienze apparentemente illogiche e improbabili.

- Hai due mani - mi disse Merçedes parlandomi della pratica di cambiare modello.

- Una utilizzala per l’arcano, l’altra può diventare il piedistallo, per utilizzare un’erba-.

Queste indicazioni di donna Merçedes, volutamente incomplete, mi hanno condotto, cosa poi confermata, a sperimentare questa semplice modalità. Prendetelo come fosse un coadiuvante nelle vostre pratiche di guarigione.

In una mano stringi, si, mi rivolgo a te che stai leggendo. In una mano stringi uno o meglio tutti i seguenti arcani: XVII la Stella, XVIIII il Sole e il XXI il Mondo e dall’altra un’erba o un qualsiasi rimedio naturale di cui però devi conoscerne la caratteristica e l’effetto. Con la stessa modalità della bolla di

energia dell’arcano, crea un collegamento con un’altra bolla dove vivono le informazioni e le caratteristiche del rimedio o erba che hai nell’altra mano e collega anch’essa con il relativo raggio dentro di te. Praticamente una triangolazione, tra te, l’arcano e il rimedio. Una triangolazione con un raggio di luce vibrante che unisce i tre punti. Resta così per un po’, gli occhi chiusi che guardano verso l'alto, il cuore colmo di gratitudine, nella consapevolezza di dosa stai curando e totalmente inondato da quelle informazioni che in forma di raggi collegano le bolle e giungono a te in forma di luce color oro zecchino, poi riprenditi. In natura tutto può trasformarsi in informazione per il nostro beneficio. Una volta nonno, davanti a un piccolo giallo fiore di campo disse;

-silenzio e osserva. Lo spirito ti sta parlando con un sorriso amoroso-.

LA VITA E’ UN CODICE SEGRETO DA DECIFRARE

VIVENDOLO

Caratteristiche degli Arcani.

Neanche a dirlo, queste poche righe, non hanno la pretesa di cogliere la complessità presente in ogni lama o arcano. Comunque, per quello che è il nostro scopo di cambiare modello, questa prima conoscenza è di per se già sufficiente. Non prenderemo in considerazione la polarità dell’arcano, cioè il suo lato positivo e negativo, in quanto lo utilizzeremo solo come nucleo di forze nella sua totalità, senza dividerle in positive e negative.

IL CODICE SEGRETO DELLA VITA SI DECIFRA VIVENDOLA

Arcano

I° Bagatto o Mago: Presenza di spirito – Capacità e spinta creativa in ogni settore – Abilità – Impulso – Spirito di iniziativa – Autonomia, Inizio, Entusiasmo giovanile.

Parola chiave: Iniziativa.

Suggerimento: Veste elegante o sportivo, disinibito, buona capacità dialettica, estroverso, intraprendente.

II° La Papessa: Potere della conoscenza – Pazienza – Riflessione – Capacità di svelare, scendere in profondità – Intuito, Ispirazione e Saggezza – Esplorazione dell’inconscio - Severità - Valore e Ricerca Spirituale - Silenzio - Pareri profondi e ponderati - Rigore.

Parola chiave: Svelare

Suggerimento: Sobria nel vestire, nel parlare, introversa ma non chiusa. Da l'impressione di essere irraggiungibile.

III° Imperatrice: Fecondità in senso ampio – Lucidità mentale e intelligenza – Sincerità – Vittoria – Creatività – Abbondanza - Sentimenti buoni e desiderio di vivere - Estroversione e naturale sensualità - Potere femminile.

Parola chiave: Feconda disponibilità- lungimiranza, Potere solare.

Suggerimento: Anche se con signorilità ama apparire. Elegante anche se non proprio sobria. Ama parlare ed essere al centro dell'attenzione.

IV° L’Imperatore: Costruttività – Decisionalità – Fiducia nelle proprie capacità – Energia e volontà salda – Ordine e Solidità – Autorità - Forza

Parola chiave: Determinazione

Suggerimento: Sicuro di se, deciso, sportivo o elegante, mai casual. Non ama chiedere, ego forte anche se generoso. Il classico uomo in blù.

V° Il Papa: Capacità di distinguere ciò che è bene da ciò che è male – Pienezza spirituale . Autorevolezza morale – Discernimento e presa di coscienza – Saggezza e rigore – Responsabilità - Comunicazione

Parola chiave: Saggezza- Adempimento Spirituale.- Fermezza d’animo.

VI° L’Innamorato: Sincerità – Capacità di scelta disinteressata – Purezza di sentimenti – Bellezza – empatia – Onestà - Integrazione e ricchezza dei vari aspetti della vita affettiva materiale e spirituale – Gioia e Unione.

Parola chiave: Integrazione in nome della Bellezza.

Suggerimento: Sportivo, spontaneo, gentile, amante del bello, tendente al narcisismo, mai volgare sia nei gesti che nel parlare.

VII° Il Carro: Azione – Energia - Avanzamento – Colui che va oltre i propri limiti – Pioniere – Conquista – Coraggio e Fermezza – Progresso ma anche ardore giovanile.

Parola chiave: Padronanza – Vittoria- Osare

Suggerimento: Atteggiamento sicuro e un po' avventato, a volte supponente e arrogante, giovanile, voce decisa, veste molto personalizzato ma non trasandato, a volte fragoroso .

VIII° La Giustizia: Equilibrio -Fermezza e disciplina interiore – Chiarezza nel valutare – Predominio della logica sul sentimento – Precisione – Metodo Ordine e Onestà – Capacità di decodificare

Parola chiave: Ordine – Discernimento.

Suggerimento: atteggiamento sicuro ma non altezzoso. Vestiario sobrio, linguaggio ponderato, capacità di ascolto e valutazioni ponderate.

VIIII° L’Eremita: Prudenza – Precisione – Grande capacità riflessiva e Meditativa – Austerità – Ricerca interiore – Spirito Meticoloso – Silenzio – Andare piano e valutare attentamente

Parola chiave: Ricerca- Prudenza- Conoscenza.

Suggerimento: Silenzioso e pensoso. Veste scuro, introverso, senza ironia ma non banale, tanto meno si offre alla vita mondana. Più che dare risposte sa generare domande.

X° la Ruota della Fortuna: Tempismo – Capacità di cambiamento – Sagacia – fine di un ciclo e-o- inizio di uno nuovo –Instabilità –Tutto è fluido -

Parola chiave: Alternanza - Fiducia nel cambiamento.

Suggerimento: Sportivo, fiducioso nel domani, come il carro ama rischiare. Non ha paura ad dei cambiamenti se necessario ed ha buona parlantina come il mago. E' fluido.

XI° La Forza: Determinazione – Energia – Volontà e Fermezza – Accettazione di se – capacità di resistenza alle intemperie della

vita- Pulsione ed impeto controllato – Istinto e Creatività

Parola chiave: Energia controllata- Coraggio.

Suggerimento: Temperamento deciso ed apionato. Ama il colore e mette ione in ogni cosa che fa. Mai volgare anche se impulsiva. Sa dominarsi e gestire. Ama essere in compagnia,

XII° L’Appeso: Aiuto disinteressato, dono di se – Sacrificio scelto – Arrendersi al flusso degli Eventi – Attesa Paziente – Pentimento – Auto riflessione – Sosta.

Parola chiave: Abnegazione- Altruismo

Suggerimento: Natura altruista, sa dare e donarsi senza doppi fini ed è disposto al sacrificio se necessario. Pacato e mite non è molto propenso all'azione e non ama apparire. Sente il peso dei problemi del mondo.

XIII° La Morte: Trasformazione – Rinnovamento – Fine di un ciclo – Liberazione e Rinascita – Evoluzione –Taglio – Eliminazione veloce.

Parola chiave: Trasformazione- Fine e rinascita.

Suggerimento: Silenzio! Vestite tutto nero o tutto bianco e praticate l'esercizio di immaginare tutto ciò che vedete o bianco o nero mentre vivete la vostra quotidianità.

XIIII° La Temperanza: Capacità di mediare – Armonia – Equilibrio – Adattabilità – Capacità di fondere la parte razionale e quella intuitiva – Serenità – Diplomazia e Prudenza – Facilità Comunicativa – Circolazione –Misura.

Parola chiave: Fluire – Connettere-Relazionare.

Suggerimento: Ama tinte pastello o delicatamente neutre. Per sua natura tende a smussare gli angoli di ogni situazione. E' amorevole e accogliente sa mettere a suo agio ogni persona. Non è conflittuale.

XV° Il Diavolo: ione – Energia creativa– Possesso – Richiamo disinibito alla Sessualità – Tentazione – Potere della componente egoica –Il pozzo delle Pulsioni inconsce.

Parola chiave: Dominio e costruzione sul proprio magma pulsionale. Energia.

Suggerimento: Può indossare tutto ciò che fa al suo scopo. E' Machiavellico e non si fa scrupoli, anche se non necessariamente ha indole cattiva. Sicuro di se, provocatore e provocante, è difficilmente disinteressato e sa colpire al momento opportuno senza scrupolo. Sa affascinare e lusingare.

XVI° La Torre: Improvviso e violento cambiamento – Crollo di smodate ambizioni – Spirito dirompente che travolge vecchie costruzioni – Utile rottura di rapporti – Esplosione ed apertura di ciò che è imprigionato – Crisi.

Parola chiave: Abbattere le proprie costruzioni, quando diventano un impedimento all’evoluzione.

Suggerimento: Picconatore, nel senso figurato del termine. Spirito polemico e battagliero, ama smantellare vecchie inutili strutture senza troppa delicatezza. Linguaggio secco e deciso, anche se sorridente.

XVII° Le Stelle: Armonia – Gioia – Naturalezza – Partecipazione disinibita – Speranza – Spirito Artistico – Fantasia – Intuizione – Integrazione viva con la natura- Bellezza – Capacità Espressive –Essere nel mondo e agire con armoniosa naturalezza

Parola chiave: Spontaneità- Fede come fiducia nell’Universo in evoluzione. Osmosi con la natura ed il mondo. Offrirsi.

Suggerimento: Natura fiduciosa e spontanea, ama il bello e la solidarietà tra gli esseri. Visione armoniosa della vita, anche se non banale, sa donare.

Non ha secondi fini, gentile e disponibile, sa proteggersi con la verità ed ama i colori.

XVIII° La Luna: Capacità di percezione e sottile intuizione – Istinto – Sesto senso e sviluppata fantasia – Capacità di indagine psichica – Potere del femminile ricettivo – Poesia –Acque, Mistero e Ambiguità.

Parola chiave: Ricettività-Intuito-Temperamento poetico e umorale.

Suggerimento: Natura incostante e dettata dalle urgenze del momento. Ama vestire in modo romantico e tende ad enfatizzare cose, stadi d'animo e situazioni. Il suo sguardo è spesso oltre ed anche il linguaggio è sottilmente inafferrabile, tra l'esserci e il non esserci.

.XVIIII° Il Sol : Ottimismo, Fiducia ed Equilibrio – Grande capacità di comunicazione con l’esterno – Personalità Espansiva e Generosa – Sicurezza nelle proprie possibilità – Forza di Attrazione – Archetipo paterno – Successo – Amore, elemento Protettivo.

Parola chiave: Forza e coesione delle proprie parti: fisiche, animiche e mentali.- Ottimismo - Capacità di nuove costruzioni

Suggerimento: Natura espansiva, solidale, sicura di se affettiva e protettiva. Veste indifferentemente ma con cura. Linguaggio chiaro, benevolo ma sicuro delle proprie argomentazioni, pensiero lucido e armonioso.

XX° Il Giudizio: Rigenerazione – Cambiamento Evolutivo – Ampliamento della propria visione – Evoluzione Spirituale – Resurrezione – Entusiasmo, capacità di cogliere il nuovo.

Parola chiave: Rigenerazione. Capacità di risorgere come la Fenice.

Suggerimento: Come vi comportate nei momenti di evoluzione e positivo cambiamento...siate riconoscenti e manifestate gratitudine per la vita.

XXI° Il Mondo: Consapevolezza – Completamento – Equilibrio fisico, emotivo e mentale – Chiarezza e Capacità Deduttiva – Riuscita in ogni Settore – Stato di Benessere – realizzazione completa

Parola chiave: Realizzazione –Comunione-

Suggerimento: Il sorriso è sempre sulla bocca del Mondo! L'abbraccio il suo biglietto da visita e il piacere di esserci si manifesta con un linguaggio gentile, sicuro e chiaro. Non è mai banale, ama vestire i colori ma con gusto elegante e la sua bandiera è la sincera amicizia.

O / XXII° Il Matto: Grande bisogno di autonomia e libertà .- Rottura di schemi Mentali – Capacità di improvvisazione – Originalità ed eccentricità – Spinta e Capacità di vivere oltre le norme in sintonia con le proprie urgenze. – Grande Energia.

Parola chiave: Libertà in nome del proprio compimento spirituale. Libertà da schemi e prigionie di ogni tipo.

Suggerimento: Non ha altre norme se non quelle che considera valide. E' un essere anarchico nel profondo senso filosofico del termine e percorre la sua intima strada. Il resto a voi....ognuno conosce se stesso.

IL CODICE SEGRETO DELLA VITA, SI DECIFRA VIVENDOSI CONSAPEVOLMENTE.

Ultimo consiglio: indossate gli arcani come fossero una seconda pelle. Sono caratteristiche seminate in voi, anche se spesso non le avete mai fatte germogliare. Ogni essere umano è molto più di quello che pensa di essere. E’ molto più di quello che: schemi, morali, luoghi comuni, norme, leggi e addestramenti esigono che questa creatura sia o diventi. Per questo nessun impulso, nessuna urgenza che nasce dalla nostra profondità va tagliata o rinnegata. Come potremmo altrimenti fare esperienza vera di noi stessi?. La libertà ha sempre fatto paura a istituzioni, siano esse: politiche, religiose, militari o economiche, ma soprattutto a se stessi.. Io non dimentico mai che quell’Io che discende dall’alto, quel soffio di Spirito che mi fa Spirito; si perché io non sono lo spirito ma lo Spirito è Me e sostanziandomi di se stesso mi ha seminato la qualità di essere unico e irripetibile come tutti. Questo non posso dimenticarlo.

Questo è un atto fideistico dice la logica.

Ma come dice il caro amico che eggia in me: hai bisogno della deduzione logico matematica che ti spieghi se sei o non sei in amore?

La senti dentro di te quella forza che si chiama amore. Amore per una donna, un cane una pianta, per uno straniero o per l’intero universo E’ necessario che qualcuno ti spieghi e avalli in tuo sentire? Da dove nasce la convinzione che sei in amore, che stai vivendo in te questa meraviglia, se non dal tuo semplice sentire. Tutto il resto è solo complicazione.

L’Amore lo si sente e scuote l’intera impalcatura del nostro essere, così è la Fede. Quella fede che non nasce dall’indottrinamento, ma da una profonda risonanza con lo Spirito stesso.

Come si fa amico a sentirla? Questo vorresti domandarmi?

Non posso risponderti altro che con un'altra domanda: se sei mai stato in amore, innamorato, cosa hai fatto per esserlo. Forse sei stato rapito!

Apriti alla vita senza preconcetti e paure, sono frutto della visione che ti sei fatto di te e della vita. Osserva con quanto amore la Natura tutta porta il suo carico di bellezza. Quale perfezione, che spesso l’uomo non sa cogliere, alimenta l’intero cosmo, da un semplice fiore alle galassie e dimmi quale caso può averle generate! Il Big-Bang certo, ma senza una causa prima, sarebbe stato possibile? Cosa è che è esploso? Te lo sei chiesto mai? Quei gas, quella danza di elettroni e via dicendo, da quale tasca sono saltati fuori. Che ingenuo direbbe uno scienziato; ma dal vuoto assoluto senza neppure una scarica elettrica niente si genera, niente si genera senza una volontà primaria. E poi, cos’è il Vuoto? Dove inizia e dove finisce? Chi può pensare -il Vuoto -. Il vuoto è l’inesistente?. Dal niente cosa può nascere?

Non sono sofismi, la chiamerei semplice riflessione.

Io Cammino, tu Cammini, egli Cammina.

Ognuno cammina con le proprie gambe. Ditemi allora perché pensate con la

testa degli altri? Non dico a te, ma a tutta quell’umanità che non sei te. A tutta quell'umanità che sono anche io, agli altri insomma,... sei contento? Nella scatola nera della tua mente c’è una luce, accendila. Osserva con attenzione cosa c’è dentro. In quella stanza segreta ogni cosa ti appartiene, è tutto tuo, quel tutto sei Tu! Guarda quanti semi ancora chiusi.

Datti la possibilità di farli germogliare. Falli vivere, così come per il seme della fede.…forse è già successo e ne hai paura, o forse succederà. Nessuno può dirti se sia saggezza o follia; né lo scettico né il credente: sia fatta la tua volontà!

Tornando ai Tarocchi e al cambiare forma con essi, provaci fratellino, non ti costa niente. Certo devi investire in quest’avventura una buona dose di volontà e voglia di giocare seriamente. Trasforma per un po’ la tua vita in teatro, vedrai come sarà divertente e stimolante. Questo non dovrebbe riuscire difficile a nessuno, perché in fondo anche se lo si nega: la vita di ognuno è un vero Teatro, famelico a dire il vero, visto che la preda siamo noi stessi, sempre e semplicemente sbranati da noi stessi.

Io, uomo

Sono lo scrigno che ospita l’infinito.

Gli Arcani tutti mi sono nelle vie del cuore

Nel sangue mi danzano le vesti e i loro segni

Ed io li porto a so come in sonno dentro me

Senza sentire il calpestio dei loro i e il respirare.

Come essere in sintonia con i tarocchi nel cambiare forma?

Ogni Archetipo è un universo. Consideriamolo una creatura, come fosse un uomo. E’ vestito, o quanto meno abbigliato, anche se con pochi accessori ad eccezione dell’arcano senza nome (la Morte), la Stella, i personaggi del Giudizio e tranne una cinta: il Diavolo. Ognuno di essi ha caratteristiche comportamentali: ogni arcano ha le sue e, dulcis in fundo, opera,no e fanno delle azioni.

Uniamo il tutto. A questo punto ognuno manifesterà una sua precisa IDENTITA’: proprio linguaggio, modo di essere ed apparire, propri sentimenti e pensieri.

Esempio: l’Eremita con la sua componente Saturnina, non ama abbigliamento sgargiante, originale o sportivo. Ama vestire sobrio, tinte scure o neutre, insomma non ama apparire. E’ portato a introiettare. Piuttosto che veloce e compulsivo, il suo tempo ha una valenza lenta e riflessiva. E’ più ritirato che espanso , parla poco e non si sbilancia. E’ saggio, sa dosare, sa dove mette i piedi e non si distoglie dalla sua ricerca, dalla sua evoluzione. Peccato che difetti di calore affettivo, ma….ahimè!.

Quindi nel momento di personificare questo arcano, piaccia o no, non si può fare altro che viverlo, essere l’arcano in tutti i suoi aspetti. A proposito, l’eremita non va in discoteca….magari legge un libro.

E’ ovvio che non è necessario andare in giro nudi personificando la Stella, come non è bene fare stragi quando si è l’Arcano senza Nome.

In questo caso, pensando all’arcano della Morte, domandiamoci cosa della nostra vita è calcificato, rigido morto insomma e andrebbe eliminato per fare spazio al nuovo. L’Arcano XIII elimina, taglia dalla pianta i rami secchi, è impietoso nel suo compito; sa che va fatto ed è impeccabile. In quei giorni scegliete cosa è possibile per voi eliminare …..e fatelo, compresi vestiti, oggetti, insomma oltre ad atteggiamenti e relazioni sclerotizzate, eliminate anche il vasellame inutile! Veste nero. Non è cattivo. Sa che la vita si nutre di vita e ciò che è morto va eliminato. Convivere con un cadavere, anche se è parte di noi, piano piano infetta anche le parti sane. Sa anche sorridere, però con quel sorriso beffardo che ci ricorda che non ci si può nascondere da se stessi: prima o poi…..A proposito, la Signora è sempre terribilmente- ESSENZIALE - .

Non è necessario dilungarsi su tutti gli Arcani; è sufficiente un po’ di studio, il piacere della scoperta e divertirsi a giocare con la propria vita, per il resto…..buon lavoro.

GLI ARCANI POSSONO INSEGNARCI QUALCOSA ?

Pensa intensamente di scegliere una carta che rappresenti l’aspetto che dovresti vivere nel momento, per essere in sintonia con la tua evoluzione. O più semplicemente una carta che ti dica cosa hai necessità di vivere . Mischia e disponi il mazzo con il disegno rivolto verso il tavolo, così non potrai riconoscerle.

La carta che esce ti sta dicendo e ricordando quale aspetto è necessario che tu viva e quali caratteristiche tu debba assumere. La figura dell’Imperatore, dice che devi apprendere, rafforzare o maturare aspetti relativi alla determinazione, all’incrollabile fiducia in te, alla capacità di costruire ed al concetto di autorità e forza.

Se il simile cura il simile, in un periodo di dubbi, confusione, dove si vive la difficoltà di leggere bene la realtà delle cose, noi stessi in primis, la Luna può ricordarci che la politica dello struzzo male si addice alla propria evoluzione e invece che fuggire l’incertezza e il disagio psichico-emozionale, è bene lasciarci scendere in noi ed accettare le voci e le contraddizioni che salgono dai sotterranei del nostro essere. Ci ricorda che essere aperti al linguaggio misterioso della poesia, dei sogni, dell’inconscio, in questa fase è propizio e necessario. Ci ricorda di affrontare anche la propria parte femminile, si sia uomini o donne. Allora è bene entrare in queste figure e viverle. Ci porteranno il loro carico di conoscenza viva.

Certo, siamo abituati alla massima chiarezza con la minima profondità. Si fa fatica a convincersi che forzando un po’ lo studio ed affinando l’intuizione, anche gli Arcani con la loro celata saggezza e forza hanno facoltà di parlare. Parlano, perché i simboli vivi parlano. Parlano i colori, i segni, i numeri, le lettere, elementi danzanti di cui siamo impastati e ci riconducono a noi, anche se

spesso per vie che non conosciamo o desideriamo. Anche gli Arcani, come tutto il pensiero analogico, è appunto un pensiero verticale che unisce, connettendo le varie dimensioni lungo il suo asse, vari aspetti dell’essere: da quello materiale, emozionale, mentale fino a ricongiungerci con quello spirituale. Unisce insomma il mondo della presenza materica con quello della presenza immateriale.

L’essere umano è fatto per camminare e non solo fisicamente. Come il camminare innesta cambiamenti di spazio e di tempo, così il nostro camminare interiore/esteriore, comporta cambiamenti nella struttura della nostra esistenza, proprio perché siamo noi il cambiamento. Cambiamo sempre anche se non vogliamo, non ce ne accorgiamo o addirittura lo rifiutiamo. L’uomo è destinato suo malgrado a cambiare e non solo biologicamente. Pensate quali cambiamenti nel suo universo psico-soma, l’uomo attua dalla nascita alla vecchiaia. Ma al di là dei cambiamenti genetici indipendenti dalla propria volontà: nascita, infanzia, adolescenza, maturità e vecchiaia, ogni cambiamento consapevole comporta necessariamente anche una piccola morte . Abbandoniamo la vecchia pelle e……

A proposito di questa atavica paura sceneggiata dallo spirito di conservazione, voglio raccontarvi un sogno.

E' APPARSA ALL'IMPROVVISO

E’ Apparsa all’improvviso, Vestita di candito Bianco. Una tonaca con cappuccio largo a cadere sul volto, tanto che non se ne distinguevano i tratti somatici. Alta, magra, con una falce impugnata e tenuta come uno stendardo, con un suono gentile e quasi delicato mi venne incontro dicendomi quasi meravigliata:- non mi riconosci? Sono la Morte. Sono l’aspetto nascosto, l’ombra seminante e angelica-.

Poi con nascosta sensualità lasciò cadere a terra l’ingombrante tonaca bianca ed apparve una donna bellissima. In tutta la sua nudità sembrava essere più Aphrotide che Thanatos.

-Io sono nera e bianca- continuò.

-Non sono solo la lama che taglia, ossuta e impietosa. Non sono solo l’urlo silenzioso dell’erba che cade al canto della falce. Non elimino soltanto l’inutile, il non germogliabile, il vecchio cristallizzato e incapace di nuova spinta. Sono anche la canzone del dopo mietitura, questo dovresti saperlo.

Il pensiero del nuovo che verrà con il suo carico di promesse.

E’ QUESTA L’EPIFANIA DELLA RINASCITA.

Il mio nero non sevizia, conduce solo a fine ciò che è finito, mentre il mio

bianco, è il sorso d’acqua fresca, il latte di mandorle che disseta dopo la traversata del deserto.

Tu non hai paura del mio nero e sei attratto dal mio bianco-, disse con tono asciutto ma delicato, senza sorridere.

-La cultura della paura vede solo l’aspetto lacerante, buio, del mio apparire. Io sono il nemico dell’uomo del possesso, ma nello stesso tempo sono: abbondanza, pulizia, separazione e leggerezza per chi sa capirmi e vedermi nel mio splendore. Per quell’uomo io sono ARATRO del terreno, pensiero e possibilità del nuovo raccolto.

Ciao uomo-, disse voltandosi dopo aver indossato nuovamente la sua veste per incamminarsi nella stessa direzione dalla quale era venuta. Mentre era di spalle, all’improvviso fu come vederla scindersi in due figure: una nera, l’altra bianca. Due figure all’interno di un nucleo che le avvolgeva, anch’esso luminoso,

Da lì, un’unica voce mi salutò allontanandosi,

- Io rispetto tutti, anche se il mio cuore non ha un metro uguale per tutti. Quando incontro chi mi ama e non ha paura di me,….La mia falce diventa gentile e dolce come un fiore.

PARLA E ACCAREZZA COME UN PETALO.

Grazie all'infinito

Allo spirito meraviglia che sostiene il tutto

Agli occhi che leggeranno queste parole

All'orecchio che ascolterà

Alle bocche che lo parleranno

Alla gioia di sentirsi parte di quegli occhi, quelle bocche, quelle orecchie che questo libro ha posizionato sulla mia strada.

Ogni essere umano dovrebbe benedire chi incontra sulla sua strada

Benedire, è un atto dovuto e di rispettoso amore per lo spirito che ci abita e sostanzia.

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Copertina Copyright IL CANTO DEL GALLO