Angela Giulietti
Una ione mondiale
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Indice dei contenuti
Prefazione, ovvero l'ingresso in campo Spagna 1982 Messico 1986 Italia 1990 Usa 1994 Francia 1998 Giappone-Corea 2002 Germania 2006 Sudafrica 2010 Brasile 2014 Piccola enciclopedia della World Cup
Prefazione, ovvero l'ingresso in campo
Mi sono innamorata dei mondiali di calcio nel 1982. Non ho mai avuto una squadra del cuore, e come potevo? Padre interista, mamma juventina, nonni rispettivamente tifosi di Fiorentina e Napoli, le squadre delle loro città, e zio romanista... dovevo essere io a scegliere? Non scelsi mai. La mia storia d'amore con la World Cup iniziò il giorno in cui Edmilson, Edy, il mio vicino di casa brasiliano, mi salutò mentre partiva per le vacanze dicendomi: "Questi mondiali saranno nostri" Io avevo solo 14 anni e rimasi zitta. Ops, non mi sono presentata, è vero... maleducata come un giocatore che aggredisce l'arbitro! Mi chiamo Veronica, e ripercorrerò con voi la storia dei mondiali di calcio, ben 32 anni di vita, un'eternità! Eppure, mi sembra ieri che mi preparavo al primo giorno di scuola superiore attaccando le figurine sull'album della Panini. Mi chiamo Veronica e nel 1982 avevo capelli ribelli e tempestosi come una curva che ondeggia al gol di una squadra. Salutai Edy che tornava in Brasile per le vacanze e avrei voluto rispondergli: "Guarda che vinceremo noi!" Invece non aprii bocca. Anche perchè non avevo molta fiducia nella nazionale italiana...
Spagna 1982
Il dito del presidente, il biscotto, lo sceicco incazzato e l'avventura di El Salvador.
Parlo di un tempo in cui molti televisori erano in bianco e nero. Il nostro, almeno, lo era. Buffon aveva 4 anni, Messi non era ancora nato e tutti cantavamo "Der kommissar" senza capire una parola. Il mondo era all'apice della guerra fredda. Tra le squadre presenti ai mondiali c'erano l'URSS e alcuni dei paesi "satellite", le cui rivoluzioni erano state soffocate, poco democraticamente. C'erano gli USA e il loro "vicino" El Salvador, dove Reagan era impegnato nel fare astuti giochetti per sostenere la giunta militare. C'erano Argenitna e Inghilterra, che stavano combattendo un conflitto per le isole Falkland: la Thatcher contro un'altra simpatica giunta militare che faceva sparire la gente come foglie aspirate in un giardino. Il paese organizzatore era uscito da una lunga dittatura da meno di un decennio. Insomma, si stava facendo la storia degli anni '80, quelli in cui Usa e Urss, per non affrontarsi in un suicidio nucleare, andavano a rompere i coglioni a stati più piccoli, imponendo leggi e ideologie. Per la prima volta nella storia dei mondiali, partecipavano 24 nazionali, ed erano rappresentati tutti i continenti. Nel primo girone si sfidavano Italia, Polonia, Perù e Camerun. In teoria per italiani e polacchi era facile are il turno. Ma gli azzurri partirono con un pareggio proprio contro la squadra di Boniek. E non contenti decisero bene di pareggiare anche le due partite successive. Così, mentre i connazionali di Papa Wojtyla facevano polpette del Perù, i ragazzi di Bearzot trovarono la qualificazione grazie a un pareggio col Camerun, che fu eliminato per un solo gol di differenza.
L'Africa non era decisamente fortunata. Nel secondo gruppo, una bella Algeria venne infatti sbattuta fuori da un "biscotto" tra Germania e Austria. Nell'ultima gara si sfidavano le due europee, con il Cile già spacciato. I tedeschi erano a due punti, gli austriaci a 4, l'Algeria a 4 avendo battuto senza fatica il Cile e avendo sconfitto la stessa Germania. Con una vittoria dei tedeschi per 1-0, in un incontro combattuto come una partita di scacchi tra 90enni, le due nazionali sistemarono le cose, a scapito degli africani. Dopo quell'esibizione scandalosa, fu stabilita la regola della contemporaneità per l'ultimo turno delle eliminatorie, che sarebbe stata applicata a partire da Messico '86. Il gruppo 3 aveva come favoritissima l'Argentina campione del mondo. Ma Maradona e compagni esordirono perdendo contro il Belgio, e a quel punto anche l'Ungheria parve loro un avversario di cui avere paura. Eh già, perché due giorni dopo rifilò un secco 10-1 a El Salvador, tuttora un record. La nazionale centroamericana sembrava lo specchio del paese: allo sbando, senza fiducia, confusa. Solo in seguito si venne a sapere tutta la storia, una storia fatta di scali multipli, di viaggi disagiati, di dirigenti che scelsero di portare solo 20 giocatori per far posto sull'aereo ad amici personali... El Salvador giunse in Spagna all'ultimo momento, totalmente impreparato. Gli furono rubati i palloni, che vennero poi prestati dagli ungheresi, sparirono alcune divise, insomma era il caos più totale. Dopo il 10-1 il ct del Belgio dichiarò che i salvadoregni erano "la vergogna della Fifa" e Maradona li avvertì che se avevano subito 10 gol dall'Ungheria l'Argentina gliene avrebbe segnati almeno 11. A quel punto, i giocatori si riunirono, decisero di prendere il comando del gruppo e di provare a giocarsi il mondiale comunque. Incassarono solo altri tre gol: due dall'Argentina e uno dal Belgio. Restarono a 0 punti, ma con la consapevolezza di aver dato il massimo. Mi ricordo ancora benissimo il portiere all'epoca 21 enne, di cui ero un po' innamorata: Guevara Mora, un bel ragazzo riccioluto, cui erano interessate molte squadre europee, ma che non varcò mai l'Atlantico. arono il turno il Belgio con 5 punti e l'Argentina con 4. Dopo qualche vano tentativo di invitarmi a mangiare una pizza, le mie amiche mi abbandonarono. Ogni sera me ne stavo lì, nella mia casa, in una Firenze calda e silenziosa, davanti alla tv, con una Coca Cola e un sacchetto di pop corn, a godermi le partite. Il "mostro" colpì mentre il Belgio batteva El Salvador e la Polonia faticava contro il Camerun. Uccise altri due ragazzi: Antonella e Paolo. Tutta la città era nel panico. Credo che mai Firenze abbia avuto così tanta paura,
nemmeno durante la guerra, perché non sapevi quando e dove sarebbe avvenuto l'agguato. Io di certo non correvo rischi, abbracciata al mio cuscino, ad assorbire voci e colori dalla Spagna. Ma era inquietante per tutti! Nel quarto gruppo c'erano Francia e Inghilterra, assieme a Cecoslovacchia e Kuwait. Gli inglesi vinsero tutte e tre le partite, portandosi a punteggio pieno. Dietro a loro, i si stentarono più di quanto fosse prevedibile, realizzando soltanto tre punti, con un pareggio nel match contro i cecoslovacchi e una vittoria . L'episodio più curioso si verificò proprio durante la seconda gara di Platini e compagni. I giocatori del Kuwait si fermarono di colpo avendo udito un fischio e attribuendolo all'arbitro. Così, il calciatore dei Blues Giresse segnò senza problemi, con la difesa avversaria praticamente immobile. A quel punto, scese dagli spalti il presidente della federazione del Kuwait, lo sceicco Fahad AlAhmed Al-Jaber Al-Sabah, che minacciò di ritirare la squadra se il gol fosse stato convalidato. Fu un divertente siparietto, e l'arbitro sovietico alla fine annullò il gol, ascoltando lo sceicco. Otto anni dopo, i carri armati iracheni invasero il piccolo emirato, e Fahad rimase ucciso. Non si sa bene se fu colpito durante una battaglia oppure cercando di fuggire, ma la sua storia finì così, tragicamente. Con la vittoria, ottenuta comunque per 4-1 sul Kuwait, la Francia ò il turno agevolmente, anche se per seconda . Ma tutti erano concordi nel sostenere che era l'Inghilterra la più forte del gruppo. Il quinto girone pareva decisamente abbordabile per i padroni di casa della Spagna. Le altre nazionali erano infatti Irlanda del Nord, Honduras e Jugoslavia. Invece, gli iberici faticarono molto, pareggiarono con l'Honduras, persero contro l'Irlanda del Nord, vinsero una sola partita e arono il turno per un gol segnato in più della Jugoslavia, mentre l'Honduras, a sorpresa, raccolse due punti. Per prima si qualificò la sorprendente Irlanda del Nord, la quale schierò il 17 enne Whiteside, a oggi il giocatore più giovane ad aver giocato la fase finale di un mondiale. Dopo le prime tre partite del Brasile, iniziai a pensare che forse Edy aveva ragione: avrebbero vinto la World Cup. La squadra di Telê Santana batté senza grossi problemi l'URSS e fece letteralmente polpette di Scozia e Nuova Zelanda. Era un gruppo che divertiva e si divertiva, ricco di talenti, molti dei quali militavano o avrebbero militato nel campionato italiano. Quando guardavi
giocare quel Brasile, era come se il pallone si fosse vestito di magia, decidendo di dare spettacolo assieme a coloro che lo toccavano coi piedi. Non facevano cross: disegnavano traiettorie celesti. Non correvano: volavano. Io restavo incantata davanti alla classe di Falcão, Socrates, Zico e tutti gli altri, che vinsero le tre gare del girone. Dietro ai meravigliosi verdeoro, l'URSS, dove giocava un giovane portiere di nome Dasaev che mi rubò subito il cuore, agguantò la qualificazione per una differenza reti migliore nei confronti della Scozia. La Nuova Zelanda perse tutti gli incontri e fu eliminata con 0 punti. Bene, e adesso si faceva sul serio. Tre continenti erano spariti (anche se Algeria e Camerun avrebbero meritato migliore sorte, in particolare i magrebini senza i giochetti in lingua tedesca forse sarebbero andati avanti!). Rimanevano 10 europee e 2 sudamericane. O meglio, secondo il mio punto di vista, il Brasile e altre 11! La più fortunata tra le squadre europee fu senza dubbio la Francia, che capitò in un girone assieme ad Austria e Irlanda del Nord, entrambe già appagate per i successi ottenuti nelle gare precedenti. Per Platini e compagni non fu difficile vincere le due partite, per 1-0 e 4-1, e prenotarsi per un posto tra le prime quattro del mondo. L'Inghilterra trovò sulla sua strada Spagna e Germania Ovest. Pareggiò con tutte e due, e uscì dal mondiale senza aver mai perso un incontro, in virtù del successo dei tedeschi sugli iberici per 2-1. Non appena la Spagna salutò la World Cup, tutti gli spagnoli decisero di tifare Italia. Guadagnammo svariate migliaia di ers in poche ore, e visto il cammino che ci aspettava non potevano che farci comodo! Il girone con URSS, Polonia e Belgio, vide questi ultimi come vittime predestinate. La battaglia era tutta tra gli uomini di Boniek e i rappresentanti del paese che da mesi aveva imposto la legge marziale a Varsavia. La posta in palio andava molto al di là dei 90 minuti. I polacchi ci tenevano a dimostrare ai sovietici che sapevano lottare, con ogni mezzo, anche su un campo da calcio. Avevano battuto il Belgio per 3 a 0, con una tripletta di Boniek, mentre l'URSS non era andata oltre un 1-0. Per quasi tutti i 90 minuti la Polonia fece barricate. Picchiò, fermò gli avversari, tenne duro. E il pareggio a reti inviolate le consentì di accedere alla semifinale al posto degli odiati "cugini" sovietici. E poi c'era il "girone di ferro", nel quale il Brasile pareva il favorito assoluto, con
una piccola speranza lasciata all'Argentina di Maradona. L'Italia? No, l'Italia partiva già sconfitta! La prima grande sorpresa fu proprio la vittoria degli uomini di Bearzot sull'Argentina. Segnarono Cabrini e Tardelli, ma il vero protagonista della gara fu Claudio Gentile. Il ct gli affidò la marcatura a uomo di Diego Armando Maradona, e il coriaceo difensore disputò la partita perfetta: duro, deciso, intelligente, non permise al Pibe de Oro di toccare palla. E forse lo lasciò assai amareggiato, perché pochi giorni dopo, contro il Brasile fu espulso, e l'Argentina perse per 3-1, realizzando un solo gol nel finale. Bene, l'Italia aveva fatto l'impresa. Mi rigiravo tra le mani il "Naranjito", il pupazzetto a forma di arancia mascotte dei mondiali (avevo puntato i piedi fino a che mio padre non me lo aveva comprato!), e mi ritenevo soddisfatta di quella squadra tanto criticata e circondata dalla sfiducia, che aveva mandato a casa i campioni del mondo in carica. Ma, ovviamente, contro il Brasile sarebbe stata un'altra storia. Quella era una nazionale che non sembrava nemmeno appartenere al nostro pianeta, ma a qualche galassia dove il pallone ballava la samba e faceva festa ogni volta che veniva toccato. Quel 5 luglio del 1982 capii quanto il calcio può essere matto. Paolo Rossi, invisibile fino a quel momento, si svegliò all'improvviso. Segnò dopo 5 minuti, e dopo altri 7 Sòcrates pareggiò. Pablito fece un altro gol e si arrivò all'intervallo con l'Italia in vantaggio. Nessuno di noi riusciva a crederci, ma la frase più pronunciata era: "Nel secondo tempo ci massacrano" Tuttavia, quel fondo di ottimismo, o di utopia, che aleggia in ogni essere umano, ci portava a pensare, senza dirlo: "E se poi ce la facciamo?" Al gol del pareggio di Falcão, si diffuse la paura che i verdeoro avrebbero dilagato, rispedendoci a casa. Ma fu una paura breve, perché Rossi segnò il terzo gol dopo appena 5 minuti. Da quel momento partì l'assedio. Al Brasile bastava un pareggio per are, ma l'Italia ormai aveva preso coraggio e si portò sul 4-2 con Antognoni. La rete fu annullata per un fuorigioco inesistente... peccato, il numero 10 viola avrebbe meritato di figurare tra i marcatori! I brasiliani non ci stavano a perdere, e si spinsero all'attacco. Zoff compì una specie di miracolo,
salvando sulla linea dopo un colpo di testa di Oscar, e quello forse fu l'episodio che fece capire a tutti che sì, era possibile. L'Italia poteva battere il Brasile! Seguirono momenti che sembravano lunghissimi, fino al fischio finale. Poi, ci guardammo in faccia e volevamo darci pizzicotti per assicurarci che non stessimo sognando. Paolo Rossi aveva stroncato la squadra più forte del mondo, dopo 4 partite in cui a malapena ci eravamo accorti che fosse in campo. L'Italia aveva disputato una gara perfetta, e adesso il pensiero di vincere il mondiale non era più solo una fantasia! Mandai subito una lettera a Edy, prendendolo un po' in giro per il fallimento del suo pronostico. A quanto dice lui, si innamorò di me nel momento esatto in cui aprì la busta e vide la mia caricatura di Zico che piangeva. Solo che io non la disegnai per fare colpo... io ero davvero felice, felicissima, e intenzionata a sfottere i tifosi della nazionale favorita, già sicuri di tornare a casa con la coppa. Erano rimaste in gioco quattro squadre europee. Tra le altre pretendenti al titolo, la Polonia era quella che mi stava più simpatica. Non avevamo storie di alleanze trasformatesi in contrapposizioni coi polacchi, non c'erano turisti polacchi con cui litigare, la Polonia apparteneva a un altro mondo. Mentre con tedeschi e si i motivi di scontro erano all'ordine del giorno. Purtroppo, noi dovevamo affrontare proprio la squadra di Boniek. Anzi, senza Boniek, vittima di un cartellino di troppo dopo la battaglia contro l'URSS. La Polonia era arrivata molto oltre le aspettative, e si fermò davanti allo scatenato Paolo Rossi, che segnò una doppietta e chiuse il discorso. E così, orgogliosi dei ragazzi di Bearzot, mangiammo qualcosa in fretta e poche ore dopo eravamo di nuovo piazzati davanti alla tv per sapere quale nazionale avremmo affrontato l'11 luglio. "I si credono di cucinare meglio di noi" Commentò lo zio. Mamma ribatté: "I tedeschi volevano inglobarci nel terzo Reich" "Sì ma i si pensano di aver inventato la moda" replicò la zia. Mio padre fece notare: "Quale popolo sano beve birra di mattina?" "No, antipatici come i parigini non ne esistono"
Chi disse questo? Non lo so, perché mi voltai e c'erano almeno tre persone che non conoscevo! Dopo mi spiegarono che erano colleghi di mio zio, che mi erano stati presentati con nome e cognome...ma io ero totalmente immersa in quella giornata di semifinali, e probabilmente non avevo udito nulla! Il discorso si concluse con la constatazione che, tutto sommato, Brigitte Bardot e Wim Wenders piacevano a tutti, e perciò entrambi i popoli avevano i loro lati positivi! La gara di Siviglia fu molto più combattuta di quella del pomeriggio. Segnarono i tedeschi e poco dopo i si pareggiarono. Nel secondo tempo, furono Platini e compagni a dominare, con la Germania alle corde. Ma poi successe il "fattaccio". Quello che cambiò tutto, anche in casa mia, e che ci vide schierati con i Bleus fino alla fine. Il portiere tedesco Schumacher uscì a valanga sul difensore Battiston, lanciato a rete, lo travolse e lo lasciò svenuto a terra, gravemente infortunato. Non contento di ciò, si mise a fare il buffone, provocando i tifosi si, senza nemmeno chiedere scusa. Battiston fu portato in ospedale d'urgenza, il ct Hidalgo fu costretto al secondo e ultimo cambio, e nonostante ciò la Francia segnò due gol nei supplementari. Sembrava fatta, e invece il ct tedesco Derwall effettuò due cambi e rimise tutto in discussione. Rummenigge entrò al 98esimo, e in 10 minuti segnò un gol e fece partire l'azione del terzo gol. Quello del pareggio. Quello che gettò i si nella disperazione. La lotteria dei rigori era pronta. I Bleus non ci stavano a perdere, e con le ultime forze realizzarono i primi tre tiri dal dischetto, mentre Stielike sbagliò per la Germania. Poi, Six e Bossis si fecero parare i rigori da Schumacher, sì, proprio lui, colui che se l'arbitro avesse avuto un po' di coraggio, per l'entrata assassina sarebbe stato espulso. Il gol di Platini non servì a nulla. In finale andava la Germania, cinica e fortunata ma assolutamente non bella. E quella sera ci sentivamo tutti un po' si, lasciate da parte le antipatie campaniliste. Iniziò il conto alla rovescia per la finale.Quella per il terzo posto venne giocata il 10 luglio, quando una Polonia entusiasta ebbe ragione di una Francia delusa., battendola per 3-2 con tre gol in 6 minuti. A quel punto, mancavano 24 ore alla partita più importante. Quello fu un giorno lunghissimo, in cui i minuti sembravano eterni, e poi, finalmente, le squadre scesero in campo. All'Italia fu fischiato un rigore, e molti in casa nostra andarono in terrazza per non guardare. Io restai attaccata allo schermo come se ci fosse una calamita, e quando vidi Cabrini sbagliare, un brutto pensiero mi attraversò la mente:
"Forse non è la serata fortunata" Gli azzurri avevano dovuto rinunciare ad Antognoni, Graziani era uscito dopo appena 8 minuti, e poi il rigore fallito... decisamente, le cose non stavano andando bene! Ma ci pensò sempre lui, Paolo Rossi. Nel secondo tempo si avventò su un pallone in area e colpì con forza e astuzia, rendendo impossibile la parata a quel buffone di Schumacher. Replicò Tardelli, dopo soli 12 minuti, con un tiro dal limite dell'area. Il suo urlo di gioia è impresso per sempre nella mente di chi ha visto quella partita, è diventato il simbolo di Spagna '82. Ma sapevamo che era meglio non dare mai per morti i tedeschi, vista la rimonta che avevano compiuto appena tre giorni prima. Così, l'ansia aumentava. Poi, scattò il contropiede italiano al minuto 81. Altobelli, che era entrato in sostituzione di Graziani, ricevette un pallone in area. Lo controllò, attese l'uscita di Schumacher e lo ridicolizzò, infilando la palla in rete con precisione. Era doppiamente felice: l'Italia stava sul 3-0 e quell'uomo indegno del portiere tedesco avrebbe pianto lacrime amare! Il nostro presidente della repubblica, Sandro Pertini, il più amato nella storia del paese, mosse il dito indice e dichiarò: "Non ci prendono più" Il gol di Breitner? E chi lo vide? Eravamo tutti pronti a festeggiare. Dopo pochi minuti l'arbitro brasiliano intercettò un pallone di Bergomi, lo prese e fischiò tre volte. Ecco, adesso era ufficiale: l'Italia era campione del mondo! I primo mondiali degli anni '80, i miei primi mondiali, quelli della guerra fredda, dei soldati che partivano per il Libano o per le Falkland, degli ultimi televisori in bianco e nero, dell'apertura a tutti i continenti, erano stati vinti dalla squadra in assoluto più lunatica, inesistente in un girone eliminatorio accessibile, stratosferica contro i più forti del mondo. Forse, questo era un segno che tutto il pianeta stava cambiando. Solo tre anni dopo, a capo dell'URSS sarebbe arrivato un giovane pieno di idee rivoluzionarie, che rispondeva al nome di Mikhail Gorbaciov.
Guevara Mora
Lo sceicco del Kuwait
Paolo Rossi contro il Brasile
L'urlo di Tardelli in finale
Sandro Pertini sull'aereo con Zoff, Causio e Bearzot
Naranjito
Messico 1986
Maradona è il re del calcio, ma io mi innamoro dei portieri.
La coppa del mondo era stata tolta alla Colombia per essere assegnata al Messico, che già aveva ospitato l'edizione del 1970. Pochi mesi prima dell'inizio dei mondiali il paese centroamericano fu scosso da una serie di terremoti, che rischiarono di far cambiare di nuovo idea alla FIFA. Ma ormai era tutto pronto, e di conseguenza, nonostante le vittime e i danni, si restò fermi sulla decisione presa nel 1983. Le squadre partecipanti erano sempre 24, ma fu abolito il "gironcino" pre semifinali. In ogni gruppo eliminatorio si sarebbero qualificate le prime due, più le quattro migliori terze in assoluto. Da quel momento, sarebbero iniziati gli ottavi di finale, con 16 nazionali a sfidarsi in otto incontri a eliminazione diretta. Molte regole erano cambiate, insomma. E anche io ero cambiata. Avevo 18 anni e da circa due ero fidanzata con Edy. Sì, proprio lui, il mio vicino di casa di madre italiana e padre brasiliano, quello che avevo preso in giro per lettera. Ci eravamo scoperti molto affini, dopo che entrambi avevamo avuto qualche flirt senza importanza. Lui era maggiore di me di 4 anni e aveva trovato lavoro come autista dell'Ataf, l'azienda urbana di trasporti. Non era il sogno della sua vita, per lui, che amava la campagna, la natura e l'aria aperta, ma avevamo in mente di sposarci molto presto e occorreva metter via un po' di soldi! Io? Beh, io avrei dovuto studiare, visto che presto avrei sostenuto gli esami di maturità magistrale... ma come facevo? C'erano i mondiali, molte partite sarebbero state trasmesse di notte, chi aveva la forza di alzarsi la mattina e mettersi sui libri? La World cup iniziò il 31 maggio. A inaugurare il torneo fu la nostra nazionale, nella quale tante cose erano cambiate. Non c'erano più Zoff e Gentile, Tardelli e Paolo Rossi erano in fase calante e furono portati da Bearzot come riserve. Che
la magia fosse finita lo si capì quando gli azzurri ottennero solo un pareggio contro la Bulgaria, mentre l'Argentina, due giorni dopo, fece a pezzi la Corea del Sud. Gli eroi erano stanchi, appagati, invecchiati, e le nuove leve non avevano sufficiente personalità per sostituirli. L'ultimo rimasto del trio della tripletta ai tedeschi, Altobelli, realizzò ben 4 gol in 3 partite, ma l'Italia battè solo la Corea, e giunse seconda a 4 punti dietro l'Argentina. La convincente Bulgaria guadagnò l'accesso agli ottavi come terza. Per noi, che avevamo vissuto le emozioni di quattro anni prima, era molto triste vedere i resti dei campioni del mondo arrancare, alla ricerca di non sapevano nemmeno loro cosa. Dopo aver fallito la qualificazione agli Europei, il gruppo che tanto ci aveva fatto sognare si sciolse definitivamente in Messico. E a quel punto, nessuno era ottimista sul cammino degli azzurri. Nel secondo girone sembrava esserci molto equilibrio. Tolto l'Iraq, nazionale fisica ma inesperta, se la giocavano Messico, Belgio e Paraguay. Ad allenare la squadra di casa era stato chiamato il serbo Bora Milutinović. Ricordatevi questo nome, perché sarà presente anche nei quattro mondiali seguenti, con nazionali di tre continenti diversi! Vincendo contro Belgio e Iraq e pareggiando col Paraguay, i messicani arrivarono primi. Dietro di loro, il Paraguay si qualificò con 4 punti e il Belgio fu ripescato come migliore terza. Di certo, nessuno si aspettava che la squadra allenata da Thys andasse molto avanti nel mondiale! Anche nel terzo gruppo c'era una nazionale predestinata al sacrificio: il Canada. Ora, qualcuno si ricorda del Canada? Onestamente, il calcio non era il suo sport! Uscì a zero punti, senza aver segnato nemmeno un gol. Dominarono il gruppo URSS e Francia, che pareggiarono tra loro e vinsero le gare contro Canada e Ungheria. La Francia aveva ancora molti giocatori reduci da Spagna '82, ma essi erano decisamente più motivati, e incazzati, dei nostri! L'URSS inflisse agli ungheresi un 6-0, e faceva paura. Io avevo ancora una cotta platonica per il portiere Dasaev... quella frangetta scura e quegli occhi da orientale mi mandavano fuori di testa! Non furono ripescati i magiari, fagocitati dallo strapotere franco-sovietico. Le due nazionali dal gol facile andarono avanti da sole. Nel gruppo D c'era molta curiosità attorno a Irlanda del Nord e Algeria, che tanto erano piaciute nel 1982. Eravamo tutti curiosi di vedere se avrebbero giocato uno scherzetto a Brasile e Spagna. Restammo delusi, perché erano molto peggiorate e finirono entrambe a un punto, collezionato nello scontro tra di loro. Vinse il girone il Brasile, che si era rinforzato in difesa, e che venne anche un po'
aiutato dall'arbitro nel match contro la Spagna, la quale si aggiudicò comunque il secondo posto. I verdeoro batterono tutte e tre le avversarie, mentre gli iberici vinsero 2-1 contro l'Irlanda del nord e 3-0 contro l'Algeria. Il gruppo E era soprannominato "Il gruppo della morte" dai messicani. Era formato infatti da Germania Ovest, Uruguay, Danimarca e Scozia. Si dava per scontato che i tedeschi sarebbero ati per primi, e le altre tre avrebbero lottato per un gol in più utile a superare il turno. Non andò proprio così. La Danimarca, potente ma anche elegante, batté la Scozia, umiliò l'Uruguay con un secco 6-1 ed ebbe la meglio anche sulla Germania. Giunse prima a punteggio pieno, davanti ai tedeschi a 3 punti, vittoriosi solo sulla Scozia e all'Uruguay a 2 punti, che le bastarono per essere ripescata. Della Scozia si persero subito le tracce; un solo punto, un solo gol e arrivederci! L'ultimo girone avrebbe dovuto essere un gioco a tre tra Inghilterra, Portogallo e Polonia, con il Marocco utile solo a definire chi avrebbe segnato più gol fra le altre. Ma già dalla prima giornata fu chiaro che c'erano in arrivo delle sorprese. Gli africani pareggiarono 0-0 contro la Polonia, terza in Spagna, e il Portogallo sconfisse l'Inghilterra. Boniek e compagni si rifecero con una vittoria sul Portogallo, mentre la rivelazione Marocco fermò anche gli inglesi sullo 0-0. A quel punto, prima delle due gare finali, tutte e quattro le nazionali erano ancora in gioco. Uno scatenato Lineker stracciò la Polonia con tre reti, e il Marocco ne rifilò altre tre ai lusitani, che segnarono solo all'88esimo e tornarono a casa. La classifica era davvero inattesa. Primo il Marocco a 4 punti, seconda l'Inghilterra a 3, terza la Polonia, sempre a 3 punti, naturalmente ripescata. Il 15 giugno, il giorno prima dell'esame scritto, iniziarono gli ottavi di finale. Dopo la vittoria del Messico sulla Bulgaria, mia madre mi esortò ad andare a letto. Ma io mi opposi: c'era Belgio-URSS alle 11 di sera! Le giurai che avrei fatto un tema perfetto, e alla fine la spuntai. Certo, avrei preferito una partita che fosse terminata nei 90 minuti, ma il destino decise diversamente. Dopo i tempi supplementari, un Belgio ben messo in difesa e cinico nell'applicare il fuorigioco, ebbe ragione di un'URSS spettacolare, e la sbattè fuori con un 4-3 finale, privandomi per sempre di Dasaev! Nell'Urss, però, si distinse Bjelanov, autore di una inutile tripletta. Mi andò molto meglio il giorno seguente, la vigilia del secondo esame scritto. Il Brasile si ricordò di essere il Brasile e mandò a casa la Polonia con un 4-0 secco. L'Argentina, poche ore dopo, superò l'Uruguay senza troppi problemi, in una
gara tutt'altro che bella, per 1-0, grazie a una rete di Pasculli. Terminato, non senza qualche incertezza, il compito di matematica, il 17 giugno ero puntuale davanti alla tv per vedermi Italia-Francia. E dopo un quarto d'ora, quando Platini segnò il gol dell'uno a zero, mi resi conto che era, davvero, finito il sogno. I transalpini ci batterono per 2-0, ma dominarono per quasi tutta la partita. Tornavamo a casa da sconfitti e senza nemmeno troppa gloria. Era l'ultima partita di Bearzot, e di tanti di coloro che quattro anni prima ci avevano fatto vivere un'emozione senza precedenti. Poche ore dopo, stavo mandando le mie maledizioni a Schumacher. Un po' perché avevo ancora in mente il suo atteggiamento beffardo in Spagna, un po' perché avrei voluto vedere una squadra africana accedere per la prima volta ai quarti di finale. Perciò, tifavo Marocco. E ci credetti, insieme ai giocatori, fino a 3 minuti dalla fine, quando una rete di Matthäus regalò la qualificazione ai tedeschi e spense le speranze dei magrebini. Nell'ultima giornata degli ottavi di finale, l'Inghilterra dello scatenato Lineker si sbarazzò del Paraguay con un netto 3-0. La sera, speravo in un successo della Danimarca sulla Spagna, perché avevo perso il Marocco e il gioco dei danesi mi piaceva. Ma pagarono l'inesperienza e furono massacrati dal contropiede degli iberici. Dopo essere andati in vantaggio, Laudrup e compagni subirono ben 5 gol, lasciando un mondiale più brutto e più lento, che avrebbero potuto davvero arricchire. Dopo 3 giorni di pausa, eravamo tutti pronti per la sfida delle sfide: FranciaBrasile, quarto di finale. Mi stavo innamorando di un altro portiere: Joel Bats. Avevo sentito la sua storia: 4 anni prima,quando aveva solo 25 anni, era stato colpito da un cancro ai testicoli, e come terapia di appoggio a quella medica si era messo a scrivere poesie, pubblicando due libri. Campione d'Europa nel 1984, era per me un esempio assai positivo. Naturalmente Edy mi ringhiava dietro le spalle: "Tu non puoi tifare per la Francia! Noi dobbiamo vincere il mondiale!" "Ma io non tifo Francia" Replicavo, sorniona "Io tifo solo Bats. Se ne sta lì nel mio cuore, assieme a Dasaev e a Guevara Mora" "A chi?"
"Il portiere di El Salvador del 1982!" "Ah beh allora... vista la fortuna che porti, benvenuto nel tuo cuore Joel Bats!" Quando iniziò la partita, decisi di stare al fianco del mio amore "reale" e tifai Brasile.La Seleção andò in vantaggio con Careca, ma subì il pareggio di Platini. Poi entrò Zico, che diede un pallone d'oro a Branco. Bats lo atterrò e l'arbitro fischiò il rigore... Ecco, in quel momento capii quanto amavo Edy, perché andai di corsa a prendergli una birra. Tornai appena in tempo per vedere Zico tirare, e il mio eroe Bats parare. Non dissi nulla, avevo intuito che non era il caso! Dopo i tempi supplementari, giunse il momento dei calci di rigore. Il Brasile mandò sul dischetto Sòcrates, e Bats parò. Ma io ormai soffrivo con Edy. Segnarono i tre si: Stopyra, Amoros e Bellone e i tre brasiliani:Alemão, Zico e Branco . Poi, Platini mandò fuori. Si riaccendevano le speranze brasiliane, ma Julio Cesar colpì il palo. Fernàndez non fallì, e promosse la Francia alle semifinali. Edy era come annichilito. Non ebbe nemmeno il coraggio di appellarsi al discutibile rigore realizzato da Bellone, che aveva colpito il palo e poi il portiere, finendo in rete. Riuscì solo a dire: "Eliminati di nuovo... senza aver mai perso sul campo" Non ebbe la forza di seguire Germania-Messico. E fece male, perchè fu una partita molto combattuta, anche se in 120 minuti non si vide un gol. I messicani crollarono ai calci di rigore, realizzandone soltanto uno e facendosi parare gli altri due dal"simpatico" Schumacher, mentre i tedeschi furono implacabili. E arrivò il giorno di Maradona. Nessuno, ovviamente, lo sapeva, che sarebbe stato il suo giorno. Ma fu la gara in cui l'asso argentino si confermò protagonista assoluto, in positivo e in negativo. La ferita aperta dal conflitto per le isole Falkland faceva ancora male, e quello tra Inghilterra e Argentina non era solo un incontro sportivo. Gli argentini avevano subito molte perdite, anche se in realtà quella guerra aveva contribuito a liberarli per sempre dalla dittatura dei militari. Scesero in campo con maggiore cattiveria degli inglesi e,come ho detto prima, con Maradona in più.
Il primo gol di Diego fu segnato di pugno, e incredibilmente convalidato dall'arbitro. "La mano di Dio", dirà poi lo stesso Maradona tra il serio e il faceto. Gli inglesi, increduli per la svista, persero la concentrazione, e il Pibe de Oro li castigò di nuovo dopo soli 4 minuti: prese una palla nella propria metà campo, dribblò mezza squadra avversaria, entrò in area e fulminò il portiere in uscita. Un capolavoro. E' il gol che ancora viene considerato il più bello del secolo. Gli inglesi accorciarono le distanze con il solito Lineker a 10 minuti dalla fine, videro un loro tiro salvato sulla linea, ma non ci fu nulla da fare. avano gli argentini, nell'unico quarto conclusosi nei tempi regolamentari. Eh sì, perché la sera toccò a Belgio-Spagna. Non era la gara più attesa, dopo le emozioni delle tre precedenti, e davamo tutti per scontato che la Spagna avrebbe avuto la meglio sui pratici ma noiosi belgi. E invece, dopo un 1-1, e dopo 30 minuti di supplementari, fu il portiere belga Pfaff a decidere la qualificazione, parando il rigore di Eloy, unico errore su dieci. Incredibilmente, il Belgio era tra le prime quattro del mondo! La Francia arrivò esausta alla semifinale contro la Germania, che la superò con due gol, di Brehme e Völler a inizio e a fine gara. Se ne andava anche il mio Bats, adesso sì che i mondiali perdevano significato! Italia liquidata in fretta, addio a Marocco, Danimarca, Brasile e Francia... restavano i soliti tedeschi, e una tra Argentina e... Belgio...eh già! Poche ore dopo, fece tutto Maradona, che proiettò i suoi in finale con due gol bellissimi. Se all'esame orale mi avessero interrogato su Maradona, lo avrei ato senza problemi. Invece studiavo poco, presa com'ero dalla World cup! Per Bats e gli altri ci fu la magra consolazione di battere il Belgio,dopo un pareggio per 2-2, nei tempi supplementari. E il 29 giugno, molto prima del solito, eravamo già arrivati alla finalissima. Non c'era la magia di quattro anni prima. Non fremevamo per l'attesa. Non c'erano le due squadre migliori in finale. La Germania era solida, essenziale, e l'Argentina aveva Maradona. Tutto qui. Furono i sudamericani a segnare il primo gol, con Brown, dopo 23 minuti. A inizio ripresa raddoppiarono con Valdano. I tedeschi reagirono. La storia della nazionale tedesca è una collezione infinita di rimonte, e anche quella volta arrivarono sul 2-2, con reti di Rummenigge e Völler. Fu a quel punto che il ct
Beckenbauer decise di attaccare, per sfruttare lo stato di confusione degli argentini. Maradona, fino ad allora guardato a vista, approfittò di quel briciolo di libertà in più. Servì con un tocco magico Burruchaga il quale, con la difesa tedesca in colpevole ritardo, non ebbe difficoltà a mettere dentro il pallone. Quello fu il risultato finale: Argentina 3 Germania 2. Il mio invece fu di 42/60, non male, considerato che avevo ato più tempo davanti alla tv che sui libri! In un mondo che stava cambiando radicalmente da come noi lo conoscevamo, con Gorbaciov che stava aprendo all'Occidente, nei primi anni di quella che sarebbe stata una vera e propria rivoluzione, specialmente in Europa, il mio pensiero era tutto a 4 anni dopo. La coppa del mondo si sarebbe giocata in Italia!
Gary Lineker
Platini in gol contro l'Italia
Joel Bats
Maradona segna il suo gol-capolavoro contro l'Inghilterra
Dasaev
Bora Milutinović
Italia 1990
Attraenti, magici, magnetici: accidenti ai rigori!
Prima ancora che negli occhi, il mondiale di Italia '90 ci entrò nelle orecchie, con il concerto dei tre tenori: Pavarotti, Carreras e Domingo, e con la canzone "Notti magiche", interpretata da Gianna Nannini e Edoardo Bennato. Tutto, nel nostro paese, era pronto per la grande avventura. La nazionale italiana aveva perso, pochi mesi prima, uno degli eroi del 1982: Gaetano Scirea, rimasto ucciso in un incidente d'auto. La sua scomparsa aveva rattristato tutti. Scirea, al di là del tifo, era un giocatore che tutti amavano. Poche settimane dopo, l'Europa era stata scossa dalla caduta del muro di Berlino dopo 28 anni: era il segno che ci aspettavano anni di cambiamenti. Anch'io, personalmente, ero in attesa del mio grande cambiamento. Solo tre mesi e sarebbe nato mio figlio. Io e Edy ci eravamo sposati l'anno prima e adesso abitavamo nel quartiere di Soffiano, in un grazioso bilocale che però, per mio marito, era sempre troppo distante dalla campagna! La partita inaugurale fu Argentina-Camerun, per il gruppo B. E il risultato sorprese tutti: i campioni del mondo in carica persero per 1-0, con gli africani in dieci e addirittura in nove nel finale. E ora toccava all'Italia. La speranza era di bissare il successo di 8 anni prima, essendo il paese organizzatore dei mondiali. Il gruppo di Vicini era piuttosto giovane, aveva disputato un ottimo europeo ed era formato da diversi giocatori del Milan, che in quel periodo andava alla grande. Ma stentò nella gara contro l'Austria, che fu risolta da Toto Schillaci, entrato da appena tre minuti. Il giorno seguente, mi recai allo stadio con Edy, mio padre e il mio pancione. Non potevo non assistere a una partita, visto che le avversarie dell'Italia si sarebbero sfidate a Firenze! Vidi una Cecoslovacchia in gran forma stracciare per 5-1 gli Stati Uniti, e quella sera stessa avevo scelto i miei beniamini: il nostro portiere Zenga e il
portiere americano. Si chiamava Tony Meola, ed era una roccia di 90 chili, ma con una faccia da bravo ragazzo che contrastava con quella furba e maliziosa del nostro estremo difensore. Pochi giorni dopo, i miei due portieri si incontrarono. La spuntò l'Italia, ma di misura e facendo parecchia fatica. La sera seguente ero allo stadio, dove vidi la Cecoslovacchia battere l'Austria. E ora, si poneva il dilemma.Il 19 giugno gli azzurri avrebbero affrontato i cecoslovacchi, nella gara che avrebbe deciso la classifica finale del gruppo. Contemporaneamente, a Firenze, sarebbero scesi in campo Usa e Austria. Cosa fare? Seguire l'Italia in tv o assistere a un'altra partita dal vivo? Alla fine scelsi lo stadio, e non appena tornai a casa mi vidi l'altro incontro, che avevo registrato. Segnò ancora Schillaci, oltre a Baggio, l'Italia vinse il girone, l'Austria sconfisse gli Stati Uniti ma lasciò il mondiale insieme a loro. Tony Meola portò il suo fisico robusto ma agile fuori dalla nostra penisola, con mio grande rammarico. Nel gruppo 2, dopo la sconfitta inattesa dell'Argentina, l'URSS del mio amore Dasaev fu battuta dalla Romania. E perse anche la partita seguente, contro Maradona e compagni, che riscattarono il pessimo inizio. Il sorpendente Camerun ebbe la meglio sulla Romania con una doppietta di Roger Milla, 38 anni, che festeggiò con un ballo intorno alla bandierina. La squadra africana andava a vele spiegate, e nonostante la pesante sconfitta contro l'URSS nell'ultimo incontro, si qualificò per prima nel girone, poiché argentini e rumeni non andarono oltre un 1-1. Dietro al Camerun c'era la Romania, con un gol segnato in più dei campioni del mondo, che giunsero soltanto terzi. Nel gruppo C, il Brasile di Careca vinse di misura le sue tre partite, battendo Svezia, Costarica e Scozia. Il portiere brasiliano era Taffarel, finalmente un buon giocatore, che si candidava a sostituire nel mio cuore gli eliminati Meola e Dasaev. La sorpresa del gruppo fu il Costarica, allenato da Bora Milutinović , che incredibilmente la spuntò sulle due squadre europee, mandandole a casa, la Scozia con due punti e la Svezia con zero. I "ticos", così vengono chiamati i calciatori del paese centroamericano, stupirono tutti, con la loro allegria e la loro incoscienza. Il Costarica è un paese pacifico, dove l'esercito è stato abolito nel 1949, e il cui presidente nel 1987 ha ricevuto il premio Nobel per la pace. I costaricensi sono tra i popoli più alfabetizzati del continente americano, e hanno un enorme rispetto per la natura e l'ecologia. Come era possibile non tifare per loro?
La Germania Ovest e la Jugoslavia, dopo quel mondiale avrebbero cambiato nome. I tedeschi si sarebbero riunificati con la Germania Est, mentre il paese balcanico avrebbe subito uno smembramento in tanti stati, venendo coinvolto nella guerra più sanguinosa d'Europa dal 1945. Ma per il momento, dovevano solo qualificarsi. Dopo che la Colombia ebbe sconfitto gli Emirati Arabi Uniti, i tedeschi travolsero la Jugoslavia per 4-1. Poi segnarono 5 reti agli arabi. Un gol al 93esimo del colombiano Rincon fece agguantare ai sudamericani il terzo posto e impedì alla Germania di concludere a punteggio pieno. Il team di Beckenbauer vinse comunque il girone davanti alla Jugoslavia a 4 punti, con i colombiani a 3 e gli Emirati senza punti e con 11 gol subiti. Il gruppo E appariva abbastanza equilibrato. L'Uruguay era una squadra molto attesa, ma non andò oltre uno 0-0 contro la Spagna, e poi fu sconfitta dal Belgio. Le "furie rosse" erano allenate da Luis Suàrez, leggenda dell'Inter. Vinsero le sfide con Belgio e Corea del Sud e arono il turno senza problemi. A 4 punti li seguiva il Belgio, mentre gli uruguayani riuscirono ad agguantare la qualificazione tra le migliori terze solo con un gol al 90esimo, nella gara della disperazione contro la Corea. L'Inghilterra di Bobby Robson era la grande favorita del girone F. L'eliminazione ai mondiali precedenti ad opera dell'Argentina bruciava ancora, inoltre, gli inglesi iniziavano a spazientirsi: quando la loro nazionale avrebbe regalato una soddisfazione? Ma le prime partite furono difficili: i "tre leoni" pareggiarono con l'Irlanda e l'Olanda, l'Egitto fermò le altre due europee, complicando loro la vita. Tutte le nazionali avevano pareggiato, e il girone lasciò i protagonisti col fiato sospeso fino all'ultimo turno, quando gli inglesi stentarono ma vinsero, e irlandesi e olandesi con un pareggio per 1-1 eliminarono gli egiziani. Ora, però si poneva un problema. Salva l'Inghilterra a 4 punti, le altre due erano appaiate. Stesso punteggio, stessi gol fatti e subiti, pareggio nello scontro diretto. Per la prima volta nella storia della coppa del mondo si arrivò al sorteggio. La spuntarono gli irlandesi, che arono come seconda, mentre l'Olanda ebbe un posto di diritto tra le migliori terze. Il primo ottavo di finale vide il favoloso Camerun vittorioso sulla Colombia per 2-1. Finalmente una squadra africana sarebbe arrivata ai quarti! La sera, la Cecoslovacchia eliminò con un pesante 4-1 il Costarica di Bora, della pace, delle foreste e dell'allegria, soddisfatto comunque per aver superato il primo turno. Eravamo giunti al giorno X per Edy: l'incontro tra Brasile e Argentina. Lui ci
credeva, e ci credevano anche tutti i brasiliani in giro per Torino o a casa davanti alla tv. Dopo il 1982 e il 1986, adesso non avrebbero potuto fallire. E invece, un gol di Caniggia a dieci minuti dalla fine spense tutte le speranze, fece piangere mio marito e mi privò di Taffarel. In seguito, Maradona avrebbe confessato di aver "drogato" il brasiliano Branco con un sedativo. Ma cosa cambiava? Il Brasile era fuori, ancora una delusione, ancora tutto da rifare! Chi drogava e chi sputava! Durante Olanda-Germania ci fu una rissa tra Rijkaard e Völler , che furono entrambi espulsi. E il giocatore del Milan pensò bene di salutare l'avversario con uno sputo. Vinse la Germania per 2-1, in quella partita vergognosa, dove calciatori famosissimi si resero protagonisti di uno show tanto riprovevole. La fortuna sorrideva all'Irlanda. Averla spuntata nel sorteggio l'aveva portata ad affrontare la Romania invece che la Germania. E non solo: dopo uno 0-0, in una gara che non finiva mai, tutta ata a bloccare le iniziative di Hagi e compagni, gli irlandesi raggiunsero la qualificazione all'ultimo rigore, grazie al portiere Bonner che parò il tiro dal dischetto del giovane Timofte. Adesso, gli uomini di Charlton, ci facevano un po' paura, perché erano fortunati e coriacei. Ma ovviamente, prima c'era da pensare all'Uruguay... Tra un incontro e l'altro non ci fu molto tempo. Mangiammo in fretta e poi eravamo pronti a tifare per gli azzurri. Il primo tempo fu piuttosto difficile, ma nella ripresa fu il solito Schillaci a portarci in vantaggio, e Serena chiuse il discorso a 7 minuti dalla fine. Le partite del 26 giugno furono molto emozionanti. Nel pomeriggio la Jugoslavia sconfisse la Spagna 2-1 ai supplementari. La sera, anche InghilterraBelgio necessitò dei 30 minuti in più. E a pochi secondi dai calci di rigore Platt indovinò una mezza rovesciata, mandando avanti gli inglesi. Eravamo rimasti in otto. Sei squadre europee, una sudamericana e un'africana. In un pomeriggio afoso e umido, discussi con Edy per poter andare allo stadio. Avevamo già acquistato i biglietti, perché era probabile che sarebbe toccato al Brasile giocare a Firenze. Invece c'era Argentina-Jugoslavia, e lui provò a dirmi: "Il mio collega ce li comprerebbe anche subito" "Non se ne parla" Ribattei io "Voglio vedere giocare Maradona con la nazionale. Voglio assistere a un quarto di finale dei mondiali"
Nonostante il pancione e il caldo, quel 30 giugno ero presente. Edy, accanto a me, sbuffava. Quando la Jugoslavia rimase in 10 uomini per l'espulsione di Sabanadzovic, pensai che per l'Argentina sarebbe stato facile are il turno. Non fu così. Uno 0-0 con occasioni da entrambe le parti, i supplementari e infine i calci di rigore. Sbagliarono proprio le due stelle: Maradona e Stojković, assieme a Brnović e Troglio, mentre segnarono Prosinečki, Savićević, Serrizuela e Burruchaga. Poi, Dezotti realizzò il suo, Goicoechea parò il tiro di Hadžibegić,e l'Argentina volò in semifinale. Si era fatto tardi. Arrivammo a casa, facemmo una doccia veloce e mangiammo un paio di panini davanti alla tv, mentre Italia e Irlanda scendevano in campo. Non fu una partita facile. Gli avversari erano messi bene in campo, Come sempre, segnò Schillaci, ma difendere l'1-0 non si rivelò affatto una eggiata. Gli azzurri fecero molta fatica a respingere gli attacchi degli irlandesi. Avevamo una bella squadra, con Baggio che stava sbocciando, tuttavia finimmo quell'incontro stanchi e provati. Così come il giorno prima avevo assistito, dal vivo, all'ultima partita della storia per la Jugoslavia, allo stesso modo vidi in tv la fine della Cecoslovacchia, che fu eliminata dalla Germania grazie a un gol su rigore. Si sarebbe divisa in Repubblica Ceca e Slovacchia, seguendo il cambiamento che da qualche anno interessava tutta l'Europa orientale. Ho sempre avuto molta simpatia per l'Inghilterra, per il suo cinema, la musica, la moda...ma la sera del primo luglio la tradii. Aveva di fronte il Camerun e sperai davvero che ci potesse essere una squadra africana tra le prime quattro del mondo. A 25 minuti dalla fine, il Camerun stava vincendo, avendo segnato con Kundé e Ekéké dopo il gol di Platt. Ma all'83esimo Lineker su rigore pareggiò. Si andò ai supplementari e il campione inglese, realizzando un altro rigore, spense per sempre le speranze di Milla e compagni. Così, eravamo ancora noi e i tedeschi, come nel 1982, gli argentini e i tedeschi come nel 1986, gl inglesi, finalmente protagonisti. Ce l'avremmo fatta? Era il mondiale in casa, avevamo l'obbligo non scritto di arrivare alla finale. Davanti c'era l'Argentina di Maradona, che fece appello a Napoli, città nella quale era prevista la partita, affinché i suoi abitanti tifassero per i biancocelesti.
La città si spaccò, ma non si divise a metà, perché la maggior parte dei presenti sostenne l'Italia. I napoletani erano pronti a seguire il loro "pibe" con ione in qualunque partita, ma non in questa. Nonostante la scelta di Vicini di tenere Baggio in panchina, l'incontro per gli azzurri iniziò piuttosto bene. Un gol di Schillaci, di rapina, al 17°, fece ben sperare tutti i tifosi. Ma nel secondo tempo Maradona e gli altri si svegliarono. Riuscirono a pareggiare con un colpo di testa di Caniggia, su uscita sbagliata del "mio" Zenga, e presero coraggio. Baggio entrò subito dopo, ma forse, ormai era troppo tardi. Nei supplementari l'Argentina rimase in 10 per l'espulsione di Giusti, ma resistette, e ci trascinò ai rigori. I rigori si vivono con tutta l'intensità che è caratteristica degli eventi che durano pochi minuti... Baresi, il grande Baresi, tirò forte e realizzò Serrizuela non fallì Baggio, l'astro nascente, tirò con precisione e fece 3-2 Burruchaga spiazzò Zenga De Agostini segnò il terzo rigore italiano Olarticoechea gli rispose per l'Argentina Donadoni si fece parare il tiro, e in quel momento il tempo si fermò. Tutto era immobile, tranne Maradona, che si avvicinò al dischetto... aveva sbagliato contro la Jugoslavia, ma con un tiro angolato e delicato realizzò quel rigore importante. E adesso, tutti gli occhi erano su Serena... Goicoechea, il portiere che aveva sostituito l'infortunato Pumpido durante la partita con l'URSS, e che aveva disputato un mondiale stupefacente, si accartocciò e parò. Il tempo riprese a scorrere, e ci fece realizzare che l'Italia non avrebbe vinto il mondiale, non questo mondiale, quello organizzato in casa. Era davvero dura da mandare giù. I calci di rigore sono bastardi. Affascinanti, intensi, adrenalinici ma bastardi. Un attimo prima sai che puoi alzare la coppa del mondo e un attimo dopo sei in terra che piangi, e fai piangere tutto un paese.
Ma dovevamo prenderne atto. La finale sarebbe stata la stessa dell'86, oppure un interessante incontro tra Inghilterra e Argentina a quattro anni dalla "mano di Dio". Siccome di rigori non ne avevamo avuti abbastanza, anche l'altra semifinale ci regalò questa emozione. Germania e Inghilterra si affrontavano a Torino. C'era tanta storia, dietro quella partita... la storia del secolo che stava finendo. Due guerre, una dittatura, la sconfitta tedesca che aveva diviso il paese in due, tra Nato e Patto di Varsavia, e poi la riunificazione, tutto questo mentre a Londra si faceva la moda e la storia della musica moderna. Segnò Brehme, pareggiò Lineker, e chi altri? E lentamente, dopo 30 minuti di agonia, si arrivò ai tiri dagli undici metri. I primi sette furono tutti realizzati, poi per gli inglesi sbagliò Pearce, Thon segnò per i tedeschi e fallì anche Waddle. La Germania era in finale. Si ripeteva l'accoppiata del 1986. Fuori noi, fuori gli inglesi, i fantastici camerunensi, il Costarica, il Brasile deluso... restavano ancora l'Argentina di Maradona e la solida Germania. E mentre dicevo questo, Edy mi guardò, quasi scandalizzato: "Italia e Inghilterra non sono fuori. Giocheranno per il terzo posto" Ora, il terzo posto è un traguardo appetibile se sei arrivato in semifinale quando non te lo aspettavi, come successe alla Polonia nel 1982 e al Belgio nel 1986. Ma per due nazionali che avevano perso per un rigore, e che puntavano a portarsi a casa la coppa, quella partita davvero non aveva senso! Tanti italiani e tanti inglesi non guardarono la finale per il terzo posto. Io sì, perché era comunque una partita dei mondiali! Vincemmo 2-1, con reti di Baggio e Schillaci, che divenne capocannoniere: una misera consolazione. Si può dire che quell'incontro servì per riconciliare i tifosi dei due paesi a 5 anni dalla strage dell'Heysel. Sia in campo che sugli spalti ci furono fair play e correttezza, e tutto finì in un grande abbraccio collettivo. Decisi di tenere per la Germania alle 19,30, mezz'ora prima del fischio d'inizio. E lo feci unicamente per amore del cambiamento: l'Argentina aveva vinto 4 anni prima. Ma dire che "tifavo" era un po' esagerato. Mentre seguivo le fasi della finale, mi immaginavo Baggio in campo, e sospiravo sull'occasione perduta. Ancora, dopo tanti anni, mi chiedo se furono più cafoni coloro che fischiarono
l'inno argentino o Maradona che li chiamò "figli di puttana". E' una bella lotta, direi! Ma fin dall'inizio fu chiaro che, lasciata da parte l'atavica antipatia verso i tedeschi, a causa delle dichiarazioni del "pibe de oro" a Roma il pubblico sosteneva la squadra di Beckenbauer. Forse fu la finale più brutta che abbia mai visto. Gli argentini erano nervosi, restarono in nove e i tedeschi ne approfittarono. Vinsero su calcio di rigore, realizzato da Brehme a sei minuti dalla fine, come se di tiri dal dischetto non ne avessimo già visti abbastanza. Periodicamente, la Germania vince un mondiale. Non è mai la nazionale più forte, ma con tenacia arriva fino in fondo e riesce a farcela. E' un po' come la compagna di classe che non brilla, ma che con pazienza e impegno viene promossa regolarmente, lasciando indietro ragazze più dotate, che hanno una pagella dove ci sono dei 9 e dei 4. Io stavo per diventare mamma, e il mondo si dissolveva. Echi di conflitti arrivavano da molti paesi, anche in Europa. Neanche un mese dopo l'Iraq avrebbe invaso il Kuwait, scatenando la prima guerra internazionale dagli anni '40. In Jugoslavia c'era fermento, la Russia cadeva a pezzi, alcuni stati africani erano teatro di guerre civili, ci si affannava ad aggiornare i libri di storia e di geografia, e non si riusciva a tenere il o. Anche in Italia avevamo le nostre guerre, ma nel 1990 Falcone e Borsellino stavano lottando contro la mafia. Tutto sarebbe cambiato in pochi anni, prima dei mondiali negli Stati Uniti. Intanto, nell'estate del 1990, i bambini sulla spiaggia giocavano ai calci di rigore.
Zenga
L'esultanza di Schillaci
Tony Meola
La nazionale del Costarica
La rissa tra Rijkaard e Völler
Taffarel
Usa 1994
L'utimo volo della farfalla
Avevo un figlio: Rodrigo, di quasi 4 anni. Il nome lo avevamo scelto perché suonava bene, sia in italiano che in portoghese. Io per Rodrigo inventavo tante favole. Ce n'era una, che a lui piaceva tantissimo, che parlava di una farfalla gialla, la quale voleva stare nel gruppo assieme alle api. Solo che per le api era troppo esile, e finirono per accettarla soltanto quando la farfalla prese i piccoli di ape sulle ali, e li portò a conoscere il mondo. Pensai a quella farfalla il 2 luglio. Alle api e agli insetticidi cattivi che avevano fermato il suo volo. Ma intanto, il 17 giugno, si apriva la World Cup organizzata dagli Usa, che volevano promuovere il calcio, "soccer" per loro, nel paese. Anche se avevo iniziato a lavorare in un bar, facevo orario 8-16, perciò sarei tornata a casa in tempo per potermi vedere tutte le partite. Sì, anche quelle in notturna... mi sarei bevuta qualche caffè in più! Mia nonna era appena morta, avevamo ereditato una casa grande e spaziosa a Poggio a Caiano, e stavamo pensando di trasferirci, perché Edy amava la campagna toscana e il suo sogno era andarsene dalla città. Dovevamo inziare i lavori, ma io fui perentoria: "Fino al 18 luglio io non sono disponibile. Ci sono i mondiali!" Bora Milutinović allenava i padroni di casa. Essi erano inseriti in un gruppo piuttosto equlibrato, con Romania, Colombia e Svizzera. Pareggiarono la prima gara contro gli elvetici, e si notò che da Italia '90 avevano fatto grandi i avanti. Tony Meola inoltre era sempre più figo, e visto che Zenga e Dasaev non erano più in nazionale, si candidò a diventare il mio beniamino, in compagnia di Taffarel e di...una nuova scoperta, che avrei visto giocare due giorni dopo. Restai sveglia la notte per vedere Colombia-Romania, che si concluse con la vittoria della squadra di Hagi, e il giorno dopo a stento stavo in piedi. Ma non potevo
perdermi le partite, e finii per abituarmi a quei ritmi pazzeschi: si trattava solo di un mese, e avevo 26 anni. Potevo farcela! La Svizzera batté la Romania, e gli Usa ebbero la meglio sulla Colombia. Il primo gol fu un'autorete del difensore Escobar, un giovane magro ed elegante che pareva essere capitato per caso in quella nazionale di uomini muscolosi e aggressivi. Ci sarebbe stato modo di non dimenticare più il suo nome, purtroppo. La nazionale colombiana vinse l'ultima partita contro la Svizzera, ma in un girone tanto equilibrato finì per arrivare quarta, dietro a Romania, Svizzera e Stati Uniti, che si qualificarono tra le migliori terze. Anche il gruppo 2 pareva molto interessante.Svezia, Russia e Camerun erano pronte a darsi battaglia, dando per scontato che il Brasile sarebbe arrivato primo. Di notte, i camerunensi pareggiarono con la Svezia, e il giorno seguente il Brasile liquidò la Russia con un 2-0. Era proprio la Russia, non più URSS, che si era dissolta in tante repubbliche. Era una delle tante novità di quei mondiali, assieme ai nomi dei giocatori sulle maglie e ai 3 punti assegnati per le vittorie. Non ebbe molta fortuna, la Russia esordiente. Perse infatti anche contro la Svezia, e il Camerun venne sconfitto dal Brasile per 3-0. Ma all'ultima partita, contro gli africani, i russi si svegliarono. Erano ormai eliminati, ma provvedettero a trascinare con loro anche il Camerun, con grande sollievo di noi italiani (poi spiegherò il motivo), che non ci vergognavamo affatto di dover tifare Russia per andare avanti! In quella partita ci furono due record. il russo Salenko segnò ben 5 gol, e nessuno fino ad oggi è riuscito ad eguagliarlo in un mondiale. Roger Milla, realizzando il gol dell'1-6 per gli africani a 42 anni, divenne il giocatore più anziano a segnare nella fase finale della World Cup. Entrambi questi record sono ancora imbattuti, e le due nazionali salutarono gli Stati Uniti dando spettacolo. Brasile e Svezia pareggiarono l'ultima partita e arono agevolmente agli ottavi, Il terzo girone si presentava piuttosto agevole per Germania e Spagna. I tedeschi riunificati batterono la Bolivia, mentre gli iberici si complicarono la vita pareggiando con la Corea del Sud. Seguirono due pareggi, tra le due europee e tra le altre, infine la Spagna agguantò la qualificazione sconfiggendo la Bolivia. La Germania si addormentò sul 3-0 contro i coreani, rischiando una clamorosa rimonta, ma la spuntò per 3-2. Tutto come previsto: arono le squadre di Vogst e Clemente. Nel gruppo D, in teoria per l'Argentina vice campione del mondo non avrebbero
dovuto esserci problemi. E infatti all'esordio strapazzò la Grecia con 4 gol. Poche ore dopo le rispose la Nigeria, che batté 3-0 la Bulgaria. Gli africani giocavano un calcio atletico e muscoloso, e parevano non risentire del caldo. Maradona e compagni fecero molta fatica ad avere ragione della Nigeria nell'incontro successivo, mentre la Grecia, vera Cenerentola, subiva altri 4 gol dalla bulgaria di Stoičkov. Poi, il mondo crollò addosso alla nazionale di Basile: Maradona fu trovato positivo all'efedrina al controllo antidoping. Essendo recidivo, in quanto già squalificato tre anni prima a causa della cocaina, la sospensione per lui fu immediata. Senza il suo capitano, l'Argentina perse contro la Bulgaria, arrivando alla pari proprio dei bulgari, ma in svantaggio nello scontro diretto, e ottenendo così solo il terzo posto utile al ripescaggio. Vinse il girone la Nigeria, a sorpresa. Ed ecco che il sogno africano ricominciava! L'Italia era inserita in un un girone non impossibile, con Messico, Norvegia e Irlanda. Il nuovo allenatore era Arrigo Sacchi, che col Milan aveva ottenuto molti successi. Ma l'avventura degli azzurri iniziò nel modo peggiore: furono sconfitti dagli irlandesi 1-0, lo stesso risultato con il quale il giorno successivo la Norvegia batté il Messico. La sfida coi norvegesi era perciò vitale. Ma dopo 21 minuti il portiere Pagliuca fu espulso, per aver toccato la palla con le mani fuori area. Sacchi tolse Baggio e inserì l'estremo difensore Marchegiani. Gli azzurri la spuntarono con un gol dell'altro Baggio: Dino, a 20 minuti dalla fine. Il Messico sconfisse l'Irlanda e ora tutte le squadre erano appaiate a 3 punti. Nell'ultima giornata, quella decisiva, gli uomini di Sacchi non andarono oltre un 1-1 contro i messicani, mentre l'altra gara terminò 0-0- Erano tutti con le calcolatrici alla mano, perché la situazione non era semplice: 4 squadre con lo stesso punteggio! Il primo posto spettò al Messico, che aveva segnato un gol in più delle altre. La Norvegia, con un solo gol realizzato, arrivò ultima. Irlanda e Italia avevano gli stessi gol segnati e subiti, ma gli azzurri avevano perso lo scontro diretto e perciò ottennero il terzo posto, che non garantiva la qualificazione. Il Camerun, in caso di risultato positivo contro la Russia, aveva una possibilità di soffiarci il posto. Per fortuna degli azzurri, come si è visto, salì in cattedra Salenko, che non riuscì a portare avanti i russi ma diede una bella spinta ai ragazzi di Sacchi! L'ultimo gruppo era molto interessante. Si sfidavano infatti due nazionali vicine di casa: Olanda (o Paesi Bassi) e Belgio, e due paesi musulmani: Marocco e Arabia Saudita. Io, ovviamente, tifavo per le due nazionali più deboli, giusto per vedere africani e asiatici proseguire nel cammino mondiale! Ma furono belgi e olandesi a battere rispettivamente il Marocco e l'Arabia Saudita, di misura, nella prima partita. In porta, per gli arabi, c'era un giovanotto di 22 anni, lungo e
secco, ma con un bellissimo viso dagli zigomi alti e dagli occhi allungati, leggermente strabici, cosa questa che mi ha sempre fatto impazzire (anche Edy ha lo strabismo di Venere!). Oltre che carino, Al Deayea, questo il suo nome, era anche forte nel suo ruolo. Così, avevo trovato il sostituto di Zenga e Dassaev! Nell'incontro del 25 giugno gli arabi sconfissero il Marocco, e il Belgio batté l'Olanda. Ora, Arabia Saudita e Olanda erano appaiate, e salutato con rammarico il Marocco ci apprestammo a seguire le ultime gare del girone. Un calciatore arabo di nome Al-Owairan percorse 70 metri di campo, scartò una serie di difensori belgi e infilò Preud'homme in uscita, regalando la vittoria storica alla sua nazionale. Non solo l'Arabia Saudita ò il turno, ma lo fece senza ripescaggi, dietro all'Olanda che aveva battuto il Marocco e davanti al Belgio sconfitto nello scontro diretto. La prima serata degli ottavi di finale non fu particolarmente interessante. La Germania superò il Belgio per 3-2, mentre la Spagna inflisse un secco 3-0 alla Svizzera. Quella fu la notte in cui la farfalla smise di volare. Andrés Escobar, il difensore che con un autogol aveva condannato la Colombia, era tornato in patria. Era un bravo ragazzo, di buona famiglia, fidanzato con la bella Pamela che faceva la dentista. In un qualunque altro paese del mondo, avrebbe subito due o tre cori di scherno, e poi avrebbe ripreso la sua vita, sposandosi, avendo dei figli, cercando altre soddisfazioni nel calcio. Ma Andrés era colombiano. La farfalla gialla nel gruppo di api era nata in un luogo dove con fax di minaccia veniva imposto all'allenatore chi fare scendere in campo. In Colombia si rapivano bambini per finanziare il narcotraffico, era toccato anche al figlio di un calciatore. In Colombia, i due cartelli principali della droga si davano battaglia. Alla droga erano legati anche il giro di prostituzione e quello delle scommesse. Con il suo autogol, Andrés aveva danneggiato gli affari di qualcuno che contava molto. Quella notte, il giocatore uscì da un locale e trovò una mitraglietta che lo freddò con 6 colpi. L'assassino fu arrestato: si farà soltanto pochi anni di carcere. I movente non venne mai dichiarato ufficialmente, ma tutti sapevano. Andrés aveva pagato con la vita quel maledetto autogol. Aveva 27 anni, il ragazzo esile e delicato che sembrava essere capitato per caso in quel gruppo di atleti robusti e solidi. Aveva 27 anni e una famiglia, una
ragazza che amava, una casa, dei sogni, delle speranze. Andrés Escobar era solo nato nel posto sbagliato, in un paese in mano ai "cattivi", che non sapevano nulla di calcio ma che imponevano le loro leggi anche nello sport. Quando i tg del giorno dopo diedero la notizia, tutti stentavamo a crederci. Era una di quelle tragedie, come l'Heysel, delle quali fai fatica a renderti conto. Il mondiale andava avanti, era giusto così, i cartelli della droga non potevano fermare le 16 squadre che volevano provare a vincere. Ma su quella World Cup restò un mazzo di fiori virtuale, di quelli belli e profumati, adatti al volo leggero ed elegante di una farfalla gialla. Con la morte nel cuore, mi apprestai a seguire le partite del 3 luglio. La mia Arabia Saudita venne sconfitta per 3-1 dalla Svezia, e Al Deayea tornò a casa. Sorprendentemente, la Romania di Hagi eliminò l'Argentina orfana di Maradona, battendola per 3-2. Il giorno seguente, l'Olanda liquidò gli irlandesi con un secco 2-0. Ma non era quella la partita che tutti gli americani aspettavano. La data era il 4 luglio, il giorno dell'Indipendenza. Il paese era in festa, e il corollario di quella grande festa era a Palo Alto, allo Stanford Stadium, dove la nazionale degli USA avrebbe affrontato il Brasile. Era un'impresa quasi impossibile, ma a Milutinović piacevano le sfide. E in ogni caso, la gente cantava e ballava in preda all'allegria, già soddisfatta di essere arrivata fino a lì. E la squadra americana fece soffrire non poco la Seleção . Edy mugugnava e sbuffava, e più ci si avvicinava ai supplementari più diventava nervoso. Non avrebbe mai metabolizzato una sconfitta contro gli Stati Uniti! Io mi guardavo Meola e tacevo, e infine, al 72esimo, ci pensò Bebeto a salvare le coronarie di milioni di brasiliani. Gli americani continuavano a fare festa: erano neofiti del "soccer", pieni di entusiasmo, gioiosi... la loro allegria mi fece bene. Ci voleva, ci voleva davvero, dopo la tragedia accaduta in Colombia. L'Italia doveva giocare contro la Nigeria. Gli africani, che non avevano nulla da perdere, scesero in campo più tranquilli, e al 26° trovarono il vantaggio con Amunike. Gli azzurri reagirono, ma faticavano. Sacchi inserì Zola, per sfruttare la sua fantasia, ma non fu una scelta fortunata, infatti il giocatore fu espulso dopo appena 12 minuti. In 10 uomini, con la Nigeria che si difendeva ordinatamente, l'impresa iniziò a sembrare impossibile. Fino a che Baggio non inventò un tiro preciso, a meno di due minuti dal 90esimo, e portò l'Italia ai
supplementari. I nigeriani accusarono il colpo e si disunirono. Gli azzurri presero ad attaccare anche in dieci, e verso la fine del primo tempo supplementare l'arbitro ci concesse un rigore. Andò Baggio sul dischetto. Portiere da una parte, palla dall'altra e fu 2-1. Con grande fatica, si arrivò al 120°, e al fischio finale anche noi a casa eravamo sudati e stanchi morti! Quando iniziò Messico-Bulgaria, avevamo ancora negli occhi le prodezze di Baggio. Le due squadre segnarono entrambe a inizio gara, poi resistettero fino ai rigori. Il Messico ne fallì 4 su 5 e consentì ai bulgari di Stoičkov di proseguire il cammino nella World Cup. Le squadre rimaste, a quel punto, erano otto: sette europee e il Brasile. Mancavano tante grandi protagoniste cui eravamo abituati: l'Argentina che era stata eliminata, Francia e Inghilterra che non si erano nemmeno qualificate alla fase finale.. c'erano al loro posto alcune nuove realtà dell'Est come Romania e Bulgaria. Gli azzurri di Sacchi dovevano affrontare la Spagna, la quale aveva goduto di tre giorni in più di riposo, oltre ad aver giocato un ottavo poco impegnativo contro la Svizzera. L'Italia,invece, era stanca, dopo la battaglia coi nigeriani., ma andò in vantaggio con Baggio due, ovvero Dino. Gli iberici pareggiarono grazie a un autogol di Benarrivo, ebbero molte altre occasioni, ma poi ci pensò l'uomo dei miracoli: Baggio Roberto, a sfruttare un'azione in velocità, agganciare il pallone, entrare in area, e battere Zubizarreta nonostante una posizione del corpo piuttosto angolata. Era un campione, un campione vero, che in qualunque momento poteva cambiare la partita. L'Italia tenne duro. A onor del vero, avrebbe meritato che le venisse fischiato un rigore contro, quando Tassotti colpì nell'area azzurra Luis Enrique. Da regolamento era espulsione e penalty, ma l'arbitro non vide nulla. Così, con un aiutino, mai bellissimi ma combattivi, e soprattutto con un giocatore che avrebbe potuto ripetere le prodezze di Maradona nel 1986, approdammo in semifinale. Olanda-Brasile fu il quarto più bello di Usa '94. I verdeoro andarono in vantaggio con Romàrio e raddoppiarono con Bebeto, ma furono raggiunti dai gol di Bergkamp e Winter. Edy iniziò a imprecare, ma a meno di dieci minuti dalla fine Branco su punizione fissò il risultato sul 3-2. Il 10 luglio terminò l'avventura mondiale della Germania, che dopo essere andata in vantaggio con un rigore realizzato da Matthäus, subì i gol di Stoičkov e
Lečkov, e venne eliminata dalla Bulgaria. Era dal 1978 che i tedeschi non mancavano una finale. Per decretare l'ultima finalista furono necessari i calci di rigore. Dopo 90 minuti combattuti, con un gol di Brolin e uno di Răducioiu, lo stesso giocatore rumeno segnò di nuovo nei supplementari, ma gli svedesi pareggiarono con Andersson. Era il momento dei rigori. Per la Romania segnarono Răducioiu, Hagi e Lupescu, mentre Mild mandò alto per la Svezia, nella quale non sbagliarono Larsson e Andresson. Petrescu si fece parare il tiro, Brolin segnò, così come Dumitrescu, Nilsson e Ingesson. Il portiere svedese Ravelli parò su Belodedici, e mandò la Svezia in finale. Il quadro delle prime quattro del mondo era quantomeno bizzarro. Se Italia e Brasile non costituivano novità, per quanto i verdeoro non raggiungevano le semifinali dal 1978, Svezia e Bulgaria erano decisamente due sorprese. Il 13 luglio, a New York, fu ancora Baggio il trascinatore dell'Italia. Segnò due reti in 5 minuti alla Bulgaria, che poi accorciò le distanze con un rigore realizzato da Stoičkov. Gli azzurri si difesero con ordine, fino al 90esimo, e poi scoppiò la gioia: dopo 12 anni eravamo di nuovo in finale! Contro la Svezia, il Brasile soffrì, ma agguantò l'accesso alla finale con un gol di Romàrio a dieci minuti dalla fine. Io e Edy ci guardammo, un po' divertiti e un po' perplessi: toccava a noi, alla nostra famiglia, scontrarsi per la vittoria della coppa del mondo. Con un sorriso appena accennato, Rodrigo scosse la testa e disse: "Io tengo per chi vince!" Ci guardammo Svezia-Bulgaria senza troppo entusiasmo. Ma per le due nazionali ottenere il terzo posto era comunque importante, e gli svedesi iniziarono subito in modo aggressivo.In soli 45 minuti segnarono 4 gol, sconfiggendo nettamente una buona Bulgaria. E adesso, eravamo pronti per la madre di tutte le partite! Franco Baresi, che era stato operato di menisco dopo essersi infortunato contro la Norvegia, tornò a disposizione di Sacchi. Anche Baggio non era al meglio, a causa di un dolore alla coscia. L'Italia, tuttavia, sapeva di potercela fare. Come 12 anni prima, eravamo partiti male, malissimo, ci aveva qualificati Salenko, e poi eravamo cresciuti nelle sfide più difficili. Baggio sarebbe stato il nostro
Paolo Rossi? E il Rose Bowl di Pasadena si sarebbe trasformato in una piccola Italia gioiosa come era successo al Bernabeu? Fu una partita fiacca, con poche occasioni, anche per via del caldo. Al termine dei 90 minuti le due squadre erano sullo 0-0 e si resero necessari i supplementari. Successe poco anche lì... maledetti rigori, c'eravamo di nuovo! Non mi voltai verso Edy, neanche ci parlavamo. Eravamo ognuno chiuso nel suo piccolo guscio, consapevoli che la gioia dell'uno sarebbe stata la delusione dell'altro. Ci amavamo troppo per parlare, tossire, muoverci, sospirare... Baresi sbagliò il primo rigore, tirando alto. Ma Pagliuca rimediò respingendo su Marcio Santos Albertini infilò Taffarel di precisione Romario tirò senza sbagliare Evani realizzò con un gran sinistro Brancò portò il Brasile sul 2-2 Taffarel parò su Massaro, e mi gettò nello sconforto. Ora, toccava a Dunga... che tirò forte e rasoterra, per il 3-2 Andò Baggio sul dischetto. Baggio che ci aveva trascinati letteralmente fino a lì. Chissà cosa gli ava per la testa, mentre avvertiva su di sé tutta quella pressione. Prese la rincorsa, e tirò di destro. Alto. Sì, alto. Il pallone superò la traversa e finì tra le braccia di qualcuno del pubblico. Il Brasile aveva vinto il mondiale, l'Italia aveva fallito con il suo uomo migliore. "Puoi andare dai tuoi a festeggiare" Dissi a Edy. lui scosse la testa: "Ma no, non è necessario" "Oh sì che lo è" Ribattei io "Perché se avesse vinto l'Italia io avrei chiamato i miei amici e saremmo andati per strada a fare i cortei. Perciò, vai e goditi la vittoria, l'hai aspettata così tanto!"
Lui uscì, e io rimasi come inebetita davanti alla tv. Le lacrime di Baggio e Baresi mi spezzavano il cuore: avevano fatto di tutto per esserci e non era bastato... in quel momento credo che fossero a pezzi. Ma poi, li guardai meglio. Erano due ragazzi di 34 e 27 anni, con ancora tutta la vita davanti. Con un fazzoletto immaginario asciugai i loro visi, e promisi loro che avrebbero avuto tanti altri giorni felici. Chi non avrebbe più potuto piangere, né gioire, nè sorridere, era quel giovane che avevano trucidato davanti a un locale di Medellin. Andrés Escobar dalle movenze eleganti e il fisico sottile, la bella farfalla gialla che qualcuno aveva ucciso per un autogol.
L'incredibile tifo degli americani
Al Deayea
L'esultanza di Baggio
La squadra della Nigeria
Salenko scatenato
Andrés Escobar
Francia 1998
Cambia il mondo, cambio io
Avete presente quando si parla di "svolta"? Non è sempre un o facile, e nel nostro caso aveva significato mollare tutto e gettarci in un'avventura dagli esiti incerti. Ma lo avevamo fatto. Avevamo destinato tre delle stanze della casa a Poggio a Caiano a Bed and Breakfast, tenendoci solo una matrimoniale un po' stretta e una cameretta per Rodrigo. Cucina in comune con gli ospiti, giardino aperto a tutti, e tanto entusiasmo. Era quello, adesso, il lavoro mio e di Edy, da soli 4 mesi. Quando iniziarono i mondiali in Francia avevamo ospiti una coppia americana e un ragazzo olandese che studiava arte: Wim, il nostro primo cliente, da 8 settimane ormai uno di famiglia. La novità di quella World Cup era il numero delle squadre: ben 32. Addio ripescaggi delle terze, da ora in poi ci sarebbero stati otto gironi, con due qualificate. Inoltre, vennero resi possibili tre cambi a partita. E poi ci fu qualche "genio" che pensò bene, in un momento di noia, di inventare il "Golden gol", ovvero la "morte istantanea". In caso di supplementari si sarebbe qualificata la squadra che avesse segnato per prima. Non ho mai capito perché fossero tutti tanto entusiasti di questa novità. Babbo mi parlava sempre di Italia-Germania del 1970... con il Golden gol quella partita non sarebbe stata così combattuta. Ma ormai, andava accettata questa "simpatica" novità! Ricky Martin cantava la canzone che accompagnava l'evento, nella versione inglese e in quella spagnola. "La copa de la vida" era carina, orecchiabile, immediata, e nessuno se la dimenticò mai. Inaugurò il mondiale il Brasile campione in carica, nel quale tutti aspettavano il "fenomeno" Ronaldo (tranne me, che vedevo solo Taffarel!). I verdeoro batterono di misura la Scozia, mentre Marocco e Norvegia pareggiarono. Nell'incontro seguente Ronaldo e compagni sconfissero gli africani, poche ore
dopo l'1-1 tra le due europee. A questo punto, c'erano i norvegesi a 2 punti, Scozia e Marocco a un punto e il Brasile era già qualificato. Con l'aiuto dell'arbitro e un impegno non totale dei brasiliani, la Norvegia vinse contro i campioni. Fu perciò inutile il 3-0 dei marocchini con la Scozia. Mi dispiacque molto, perché la squadra africana era ben preparata atleticamente e giocava un buon calcio, invece andarono avanti i noiosissimi biondoni fortunati! Ed ecco l'Italia, a 4 anni dal rigore sbagliato da Baggio, a 2 anni dalla pessima figura a Euro '96, con la conseguente cacciata di Arrigo Sacchi. Il nuovo c.t. era Cesare Maldini, che aveva scelto di puntare di nuovo su Baggio, ormai 31 enne. A Bordeaux, gli azzurri affrontarono il Cile della coppia Salas-Zamorano. Non fu una partita facile. Dopo il vantaggio con Vieri, la nazionale italiana si fece rimontare e superare da una doppietta di Salas. Ma a 5 minuti dalla fine ottenne un calcio di rigore. Andò Baggio, sul dischetto. Tutto il paese trattenne il fiato. Ci tornarono in mente quei momenti di paura e di delusione, il rigore calciato alto, la fine delle speranze... Baggio, però, realizzò, e fissò il risultato sul 2-2. Anche in questo si vede un campione! La sera, Camerun e Austria si fermarono a vicenda sull'1-1. Gli austriaci, poi, pareggiarono anche l'incontro con il Cile, mentre gli uomini di Maldini batterono gli africani con un pesante 3-0. L'ultima gara degli azzurri era decisiva. Il c.t. mise in campo Del Piero al posto di Baggio. I giornalisti scrissero più prima della partita che dopo, perché le "rivalità" li mandavano in un brodo di giuggiole! Vieri segnò la rete del vantaggio, che mantenemmo fino all'89esimo, quando Baggio, entrato da un quarto d'ora, raddoppiò. Fu inutile il gol degli austriaci, segnato su rigore. Con 7 punti, eravamo primi del girone. Dietro agli azzurri, arrivò il Cile, che pareggiò per la terza volta e ò il turno con soli 3 punti. Nel girone C c'erano i padroni di casa della Francia, assenti nelle ultime due edizioni della coppa del mondo. Avevano fame e si vedeva, infatti sconfissero per 3-0 il Sudafrica, per 4-0 l'Arabia Saudita (povero Al Deayea !) e attesero la Danimarca già certi della qualificazione. A dirla tutta, sarebbe stato meglio se Zidane, grande campione ma "testa calda" non avesse camminato su un giocatore arabo a vittoria acquisita, beccandosi una squalifica di due giornate! Ma Zizou, lo vedremo in seguito, ogni tanto era solito perdere il lume della ragione!
Nell'ultimo incontro, i Bleus batterono per 2-1 la Danimarca, che ò comunque il turno per seconda a 4 punti,mentre Sudafrica e Arabia Saudita, con 2 punti e 1 punto, salutarono la World Cup. Il gruppo D era decisamente equilibrato. Era infatti formato da Spagna, Paraguay, Bulgaria e Nigeria. Bora Milutinović allenava gli africani, che puntavano, come i bulgari, a confermare la buona impressione data a Usa '94. Dopo il pareggio a reti inviolate tra Paraguay e Bulgaria, i nigeriani affrontarono la Spagna con grinta e voglia di vincere, e molto più ordinati tatticamente rispetto a 4 anni prima. Due volte andarono in svantaggio, due volte recuperarono, e poi fissarono il risultato sul 3-2. Sei giorni dopo, sconfissero la Bulgaria, e la Spagna si lasciò fermare dal Paraguay. I fenomenali uomini di Bora erano primi del girone, e mantennero il primato nonostante la sconfitta contro il Paraguay, che agguantò il secondo posto. A poco servì, alla Spagna, dominare la Bulgaria per 6-1, se non a salutare i suoi tifosi con un minimo di onore, avendo totalizzato solo 4 punti in 3 partite. Io, nel frattempo, avevo adocchiato Chilavert, il portiere del Paraguay: un omone alto e grosso davvero "macho"! Mentre assistevamo a Corea del Sud-Messico, che sarebbe finita 3-1 per i centroamericani, Wim si avvicinò e osservò: "Ci vuole una svolta, La nazionale olandese non può essere sempre come quella donna bellissima, che tutti amano ma che nessuno si sposa mai!" E infatti, contro il Belgio non fu nemmeno bellissima. Un deludente 0-0 e la disperazione di Wim, che si aspettava decisamente di più! Il pareggio,una settimana dopo, tra Belgio e Messico, favorì gli olandesi, che trovarono la motivazione e umiliarono la Corea del Sud con un secco 5-0. E quei 5 gol servirono eccome! Perché la sfida contro il Messico si concluse 2-2. Il Belgio fu fermato dai coreani e restò a 3 punti. Olanda e Messico si trovavano pari, e a decidere la prima del girone fu la differenza reti. Con l'Olanda prima, Wim poté concedersi il lusso di farsi un weekend al mare. Il gruppo F era formato da Stati Uniti, Germania, Jugoslavia e Iran. Un bel quadretto, niente da dire! Approfondiamo? Gli Usa erano intervenuti nel secondo conflitto mondiale contro la Germania, misurandosi in scaramucce con l'Urss per circa 40 anni dentro Berlino, e poi trovando un accordo che aveva
consentito di riunificare la città. Alla fine degli anni '70 aveva vissuto una crisi con l'Iran, aiutando militarmente l'Iraq quando i due paesi erano entrati in guerra, ma ando anche armi agli ayatollah, sotto banco. Nel corso di quegli anni '90 la Nato, con gli Usa in testa, teneva d'occhio la Jugoslavia, che era già priva di alcuni dei paesi che la costituivano in origine. La Bosnia era stato un teatro di battaglia, e adesso Clinton stava ponendo la sua attenzione sul Kossovo, territorio a maggioranza musulmana dentro la Serbia di Milosevic. Il calcio era davvero un mondo a sé. Da sempre, gli Stati Uniti venivano considerati arroganti, guerrafondai e presuntuosi, ma la nazionale di calcio degli Usa era vista con simpatia, forse perché ancora inesperta e formata da giovani entusiasti e sportivi! Nella prima gara, la Jugoslavia battè di misura l'Iran ,e la Germania rifilò un 2-0 agli americani. Il 21 giugno slavi e tedeschi si divisero la posta in palio. Un'altra rimonta della Germania, da 2-0 a 2-2. Poche ore dopo, si svolse lo storico incontro tra Usa e Iran, che non avevano relazioni diplomatiche da circa 20 anni. Il disgelo partì dal campo, dove i giocatori si abbracciarono, imitati dal pubblico, pronto a gioire e divertirsi anche se in palio c'era la qualificazione. Vinsero gli iraniani, ma vinse anche il calcio, capace di unire due popoli in guerra da decenni. Nell'ultimo turno del girone, le due nazionali europee ebbero la meglio, qualificandosi entrambe con 7 punti. I tedeschi vinsero il girone per una migliore differenza reti. Iran e Usa tornarono a casa, chi a Est e chi a Ovest, soddisfatti per aver dato "una chance alla pace". E i miei ospiti americani si convertirono al "Brasilismo", decidendo di sostenere Edy (lui li viziava con dolci squisiti, che io non ero in grado di preparare!). Il gruppo G era un coacervo di usanze, tradizioni, popoli e storie. C'era l'Inghilterra di Beckham, la Tunisia, meta delle vacanze di molti italiani, la Colombia con le sue vicende poco ortodosse e la Romania, forse il più forte e continuo tra i paesi dell'Est per quanto riguardava il calcio. Le due nazionali europee vinsero le loro prime gare, ma poi gli inglesi si fecero battere dai romeni, mentre la Colombia conquistava i 3 punti a spese della Tunisia. Per gli uomini di Hoddle era necessario vincere l'ultima partita, contro i colombiani. Ce la fecero, ma arrivarono soltanto secondi, dietro la Romania, che con un pareggio salì a 7 punti.
Nel girone H in teoria non c'era storia. E infatti non ci fu. Argentina e Croazia sconfissero entrambe Giappone e Giamaica, per poi scontrarsi per il primo posto, che andò ai sudamericani grazie a una vittoria di misura. I giamaicani, allegri, gioiosi e pieni di entusiasmo, festeggiarono il 2-1 sul Giappone, che non li qualificava ma li riempiva di orgoglio. E così, eravamo arrivati al momento della verità. L'Italia si trovò davanti la Norvegia, e faticò non poco a batterla, ma con un gol di Vieri dopo 18 minuti e un miracolo di Pagliuca, ebbe ragione dei biondoni e prenotò il quarto di finale, probabilmente contro i "cugini" si. Per vedere Brasile-Cile ci trasferimmo tutti al "Rincão Gaucho", un locale nei pressi di Prato. Portammo con noi Wim e gli americani-brasilianizzati. Mangiammo churrascos, in un clima di grande allegria, e assistemmo alla vittoria della squadra di Zagallo, che batté il Cile con due doppiette di Ronaldo e Cesar Sampaio, ando il turno con un secco 4-1. Fu una bella serata, di musica e di festa, durante la quale Edy si sbilanciò: "Siamo i più forti, questo mondiale sarà nostro!" Il giorno dopo, mi misi davanti alla tv per tifare per il Paraguay di Chilavert contro i si. E fino al minuto 113, pensai davvero che i sudamericani avrebbero potuto ottenere una vittoria storica. Fino a che, per l'appunto, non arrivò il Golden gol di Laurent Blanc, che segnò con l'istinto di un attaccante lui, difensore da sempre, e mi privò dell'esperienza di vedere Chilavert battere uno dei rigori (era un rigorista fortissimo!). La sera, per la Danimarca, fu più agevole avere la meglio sulla Nigeria. Vinse per 4-1, lasciando agli africani solo il gol della bandiera. Il 29 giugno, la Germania faticò più del previsto a battere il Messico, ma con due gol nell'ultimo quarto d'ora si prenotò per il turno successivo. Ancora più dura fu per l'Olanda, contro la Jugoslavia. Davids segnò quando già si stavano preparando i supplementari, nei minuti di recupero. Wim per poco non svenne per l'emozione! Nessuna delle gare era arrivata ai rigori, iniziavo a preoccuparmi! Non fu Romania-Croazia, che venne risolta da Šuker su rigore, con i croati ai quarti al loro primo mondiale. Fu, ovviamente, la partita delle partite: ArgentinaInghilterra!
Segnarono per primi i sudamericani, con Batistuta su rigore. Gli inglesi pareggiarono con un altro rigore, realizzato da Shearer. Dopo 6 minuti, il 18enne Michael Owen, prese palla sulla tre quarti, partì veloce, dribblò due difensori e giunto al limite dell'area fece partire un tiro forte e preciso, che si insaccò, mandando in delirio i tifosi. Poi, Zanetti pareggiò su punizione. Beckham venne espulso, l'Inghilterra restò in 10 e non accadde nulla fino al minuto 120. Rieccoci, eravamo di nuovo a quei maledetti rigori! Segnarono Berti e Shearer, poi Seaman parò su Crespo e Roa su Ince. Per gli argentini relizzarono Veron e Gallardo, per gli inglesi Merson e Owen. Ayala non fallì, e quando toccò a Batty il portiere argentino intuì e respinse. Ancora una volta, per l'Inghilterra si concludeva l'avventura. Nei tre giorni che trascorsero tra la fine degli ottavi e l'inizio dei quarti, mi immaginai un'Italia-Francia che veniva decisa da Baggio con un Golden gol, riscattando così il rigore di Pasadena. Poi, il 3 luglio arrivò, e per tutto il primo tempo i "cugini" giocarono meglio di noi. Con l'ingresso di Baggio, creammo qualche occasione, ma né noi né Zidane e compagni riuscimmo a segnare. Ci aspettavano 30 minuti, forse meno, forse 1, o mezzo, perché col Golden gol nulla era più certo... A sfiorare il Golden gol fu proprio Baggio ma, al contrario delle mie fantasie, la palla non entrò. Senza grandi emozioni ci si avviò ai rigori. I rigori, ancora loro! Eravamo tutti in silenzio, mentre le squadre decidevano chi avrebbe tirato, e poi...ecco, si partiva! Zidane spiazzò Pagliuca Andò Baggio, e trattenemmo il respiro. Ma stavolta non sbagliò e infilò Barthez di precisione Pagliuca intuì e parò su Lizarazu Barthez respinse il tiro di Albertini Trezeguet non sbagliò Costacurta portò l'Italia sul 2-2
Henry tirò dalla parte di Pagliuca, che però non ci arrivò Vieri realizzò il penultimo rigore Blanc, con freddezza, segnò il 4-3 Di Biagio si portò sul dischetto, per l'ultimo penalty. Mentre prendeva la rincorsa, i fantasmi del 1994 ci riempivano la testa... guardai con un occhio solo, e vidi la palla che, come al rallentatore, colpiva la traversa. Era finita, di nuovo, ai calci di rigore. Solo che stavolta ci fermavamo prima delle semifinali. Peggio che nel '90, peggio che nel '94. Mi chiesi se avremmo mai vinto una partita ai rigori... e chissà perché vidi are Zidane...lo avrei capito 8 anni dopo! "Ho bisogno di una bottiglia intera di Guaranà" Mormorai a Edy, che mi accontentò, e poi prese posto accanto a me, perché mancava poco più di un'ora e mezza alla partita del Brasile. Mi risparmiai la frase "Beati voi che giocate contro la Danimarca", e feci bene, perché dopo appena 2 minuti Jørgensen portò i danesi in vantaggio. Il Brasile pareggiò dopo 9 minuti con Bebeto e trovò il gol del vantaggio grazie a Rivaldo. Ma non era ancora finita. Infatti Brian Laudrup pareggiò all'inizio della ripresa, poi fu ancora Rivaldo, con un sinistro da fuori area, a fissare il risultato sul 3-2. Dopo quella giornata intensa, sia io che Edy ci sentivamo esausti. Ma lui, almeno, aveva ottenuto la semifinale! Il pomeriggio del 4 luglio scesero in campo Olanda e Argentina. Segnarono entrambe a inizio gara, con Kluivert e Lòpez. Poi, quando si prospettavano i supplementari, Bergkamp controllò un pallone lanciato da Frank de Boer, dribblò Ayala e infilò Roa con una precisione chirurgica. Mancavano pochi minuti alla fine e quel gol tagliò le gambe agli argentini: la terza semifinalista era l'Olanda. Poche ore più tardi, la Germania affrontò la Croazia, al suo esordio in coppa del mondo. I tedeschi restarono in 10 dopo 40 minuti, e nella ripresa i croati dilagarono, segnando con Jarni, Vlaović e Šuker. Era un risultato storico, per gli ex jugoslavi, la vera sorpresa del torneo! Tre squadre europee e una sudamericana stavano quindi per giocarsi la vittoria. Erano date favorite Francia e Brasile, poco più indietro l'Olanda e infine la Croazia del goleador Šuker .
Il 7 luglio, Edy e Wim si guardavano con sospetto, ma poi decisero di vedersi insieme la semifinale tra Brasile e Olanda. Il primo tempo fu abbastanza deludente, ma subito a inizio ripresa Ronaldo sfruttò un assist di Rivaldo, e segnò il gol dell'1-0. Il pareggio olandese arrivò a una manciata di minuti dalla fine, grazie a un colpo di testa di Kluivert. E poi, col terrore del Golden gol, i supplementari furono poveri di occasioni. Rigori, ancora! Wim si sedette per terra, Edy sul bracciolo del divano, Prese il pallone Ronaldo, e realizzò. Dopo di lui, segnarono Frank de Boer, Rivaldo, Bergkamp e Emerson. Taffarel respinse il tiro di Cocu, Dunga non sbagliò... e ora le speranze di Wim e le paure di Edy erano tutte concentrate su Ronald de Boer. L'olandese calciò verso sinistra, Taffarel si buttò a destra e toccò il pallone, mandando i verdeoro in finale. Edy non riuscì a trattenere un urlo, io consolai il nostro ospite: "Vi è andata comunque meglio che a noi..." Dopo una doccia, preparammo dei panini per noi e per gli altri, pronti a scoprire chi avrebbe affrontato il Brasile in finale. La gara tra Francia e Croazia si risolse tutta nel giro di 20 minuti circa. Segnò il solito Šuker, poi salì in cattedra il difensore Thuram, che con una doppietta portò i transalpini in finale. Lilian Thuram era uno di quei calciatori, sempre più rari, che sanno essere obiettivi. Dopo aver segnato le due reti che valevano la finale, osservò che in difesa la sua partita era stata piena di errori. Un uomo onesto e saggio, con quella sua aria intellettuale che lo faceva sembrare uno studente! Okay, okay... io però mi innamoro sempre e solo dei portieri! Nella squadra croata, sconfitta ma comunque soddisfatta, giocava anche Goran Vlaović . Era un ragazzo di appena 26 anni, che meno di 3 anni prima, quando giocava nel Padova, aveva rischiato di morire. Lo avevano operato di urgenza per una ipertensione benigna al cervello, che avrebbe potuto causargli un ictus oppure un'emorragia cerebrale, dagli effetti imprevedibili. Era bello vederlo lì, ai mondiali, con la maglia del suo paese, dopo la guerra e dopo la malattia. La Croazia aveva già vinto, in ogni caso, come era successo per Iran e Stati Uniti. E naturalmente, vinse anche sul campo, contro un'Olanda demotivata, ancora una volta arrivata a un o dal trionfo e ancora una volta delusa. Finì 2-1 per la Croazia, con reti di Prosinečki, Šuker e Zenden.
Il 12 luglio, Edy era di nuovo pronto con la sua bandiera a festeggiare. Avevamo tirato dalla nostra parte anche Wim, ed eravamo un bel gruppo in attesa della finale. Poi, iniziò a circolare la voce che Ronaldo non sarebbe sceso in campo, per un non meglio precisato "malessere". Dunque, un malessere può significare: Una gravidanza (e non era questo il caso) Un infortunio inaspettato Un collasso nervoso Una reazione allergica Un virus Un calo di pressione Un'indigestione Un colpo di calore Un attacco di panico Un'emicrania Una gastrite ...e decine di altre patologie. Di cosa soffriva precisamente? Non si è mai saputo se avesse avuto un attacco d'ansia o una reazione ai farmaci assunti, fatto sta che era stato colpito da una crisi simile a quelle epilettiche, con tanto di bava alla bocca e lingua in gola che rischiava di soffocarlo. Ma tutto ciò, il 12 luglio, ancora non era stato divulgato. E contrariamente a quanto dicevano i giornalisti poche ore prima, Ronaldo scese in campo. Appunto. Scese in campo. Perché dire che "giocò" sarebbe un po' eccessivo. Era assente, evanescente, toccava la palla ma non ragionava, era come perso in qualcosa di troppo brutto e spaventoso. L'Argentina, senza Maradona, non avrebbe vinto un mondiale. l'Italia, senza Baggio, non sarebbe arrivata fino in fondo a Usa '94. La Seleção, senza Ronaldo, perse fiducia, grinta e motivazioni. Zagallo le provò tutte, la Francia giocò per un quarto di partita in 10 per
l'espulsione di Desailly, i verdeoro schierarono tutti gli attaccanti a disposizione, ma nulla servì allo scopo. Vinsero i Bleus, con una doppietta di Zidane e un gol di Petit. Edy era annichilito. Aveva messo in conto di perdere, ma non così. Aveva pensato a una gara combattuta, in bilico, piena di rovesciamenti di fronte, non certo a una resa incondizionata. Parigi si riempì di bandiere e di canti, a casa nostra scese il silenzio. Ecco quanto era strano il calcio: vai avanti con il Golden gol di un difensore, con una traversa ai rigori, con una doppietta di un altro difensore, e poi nell'ultimo incontro ti trasformi, diventi fortissimo e domini il mondo. La Francia aveva fatto tesoro di ogni errore, sfruttato tutti i colpi di fortuna e aveva vinto. Per noi italiani non sarebbe finita qui: due anni dopo i si ci avrebbero portato via un Europeo con un Golden gol. Ma quella sarebbe stata una storia del nuovo millennio. Quello vecchio stava finendo con il ricordo di Di Biagio in lacrime, dei croati esultanti, dei due fratelli de Boer che non sarei mai riuscita a distinguere e del galletto se, il portachiavi della mascotte della World Cup che l'anno prima i miei mi avevano portato da Parigi, Lo rigiravo tra le mani e pensavo tra me e me: "Arriverà il giorno che ti dovrò consolare io!"
Owen esulta dopo il gol all'Argentina.
Chilavert
Ronaldo
Di Biagio dopo il rigore sbagliato
Zidane festeggia
La mascotte
Giappone-Corea 2002
Corea, Correa, Rea!
Il Bed and Breakfast "Il gufetto" stava andando a gonfie vele. Allora, come mai me ne stavo sulle scale con aria scocciata, alla fine di maggio del 2002? Non era a causa di Rodrigo: è vero, a scuola aveva dei problemi, ma risolveva tutto, come me, con ottimi voti in italiano. Non era per l'11 settembre. Avevo già pianto, ero già stata male, dovevamo andare avanti. Non era per via dell'antipatico gruppo di clienti, per fortuna erano partiti. Io ero seccata perché i mondiali si sarebbero svolti in Corea e Giappone! Questo significava vedere le partite di mattina, appena sveglia, con la vista ancora appannata e i riflessi in fase di assestamento. Ma vuoi mettere con le notti del Messico e degli Usa? Se fosse dipeso da me, a Est della Russia avrei messo un muro calcistico! L'organizzazione congiunta, inoltre, faceva sì che fossero ben tre le squadre qualificate di diritto alla fase finale: la vincitrice e le due ospitanti. Ovvero, Corea del Sud e Giappone. Povero calcio! Quello che non sapevo ancora era fino a che punto si sarebbe spinta la Corea del Sud per poter arrivare tra le prime quattro al mondo. Se l'Italia avesse avuto tanto aiuto dagli arbitri quando aveva organizzato il mondiale, non ci sarebbe stata storia. Ma forse anche per gli Stati Uniti nel 1994! Francia-Senegal all'ora di pranzo aprì la World Cup 2002. Edy, che è tanto democratico, sosteneva che tutti i continenti avevano il diritto di ospitare i mondiali. Io ribattevo che okay, andava bene, bastava che giocassero alle 4 di
notte locali, cioè le 20 italiane, cioè pomeriggio in Sudamerica! Insomma, a me le partite di mattina non andavano giù! Prima partita, prima sorpresa. I campioni del mondo si fecero infatti battere dal Senegal, con un gol di Bouba Diop. La mattina dopo (sì, era mattina e avevo già visto Irlanda-Camerun alle 8!), la Danimarca sconfisse l'Uruguay. Il pareggio nella seconda giornata tra danesi e africani complicò assai il cammino dei Bleus, che dovevano per forza battere l'Uruguay. Peccato che Henry pensò bene di entrare col piede a martello dopo 30 minuti, venendo espulso e lasciando la Francia in 10, con Zidane assente per infortunio. Finì 0-0. E nell'ultima partita ci fu il tracollo. La Danimarca batté la Francia 2-0, mandandola a casa, con un punto in 3 incontri e neanche un gol segnato. Era il risultato peggiore di una squadra campione del mondo in tutta la storia della World Cup. Dietro ai danesi ò il divertente Senegal, che pareggiò per 3-3 contro l'Uruguay e chiuse il girone a 5 punti. Il gruppo B iniziò alle 9 di mattina con un bel cappuccino e Paraguay-Sudafrica. Chilavert era squalificato nella prima partita, e i sudamericani, allenati da Cesare Maldini, si fecero rimontare due gol dagli avversari, pareggiando per 2-2. Poche ore dopo scesero in campo le altre due nazionali del girone: la Spagna e l'esordiente Slovenia. E per me fu colpo di fulmine non appena vidi tra i pali della squadra di Camacho un ragazzo dal viso pulito e dolce che si chiamava Iker Casillas! Guardai più lui che la partita, che peraltro non fu combattutissima. Gli iberici vinsero per 3-1 senza troppa fatica. Era forte, quella Spagna, lo dimostrò anche contro il Paraguay, vicendo con lo stesso punteggio. Il Sudafrica sconfisse la Slovenia, la vera squadra materasso del gruppo, poi però perse l'ultima gara, contro la Spagna di Raul, Casillas e Puyol, che faceva davvero impressione. Il Paraguay batté per 3-1 la Slovenia e si qualificò per un gol in più segnato, a spese di un bel Sudafrica. E poi c'era il girone C, con Brasile, Turchia, Costarica e Cina. Cina? Eh sì, proprio Cina. E indovinate chi allenava i cinesi, che avevano ottenuto la qualificazione storica? Ovviamente Bora Milutinović , l'uomo delle sfide impossibili, colui che se ne andava in giro per il mondo, accumulando un bagaglio di esperienze infinito, e insegnando il calcio dove era meno conosciuto. I favoriti erano Brasile e Turchia, ma la gara tra loro fu macchiata da due errori: un rigore assegnato alla Seleção per un fallo avvenuto fuori area e una simulazione di Rivaldo, non sanzionata dall'arbitro, che in seguito sarebbe stata
punita con una multa. Nemmeno Edy era contento, nonostante la risicata vittoria per 2-1, e si preoccupava per una squadra che inizialmente non appariva in grande forma. "Ricordati l'Italia in Spagna" Gli dissi io, per tirarlo su. Il Costarica battè la Cina, che divenne poi la vittima sacrificale del risveglio dei brasiliani. Vinsero con un netto 4-0, con reti di Roberto Carlos, Rivaldo, Ronaldinho e Ronaldo. Il Costarica fermò sull'1-1 la Turchia, mettendo in serio dubbio la sua qualificazione. Nell'ultima giornata, il Brasile si scatenò contro i "ticos" travolgendoli per 5-2, Ronaldo segnò una doppietta dimostrando di aver ritrovato la forma, e la Turchia batté la Cina per 3-0, ipotecando il aggio del turno per la migliore differenza reti nei confronti del Costarica. Nel girone D si rivedevano Polonia e Portogallo, assenti da tempo, insieme agli Usa e alla Corea del Sud, testa di serie (so che fa ridere, ma era il paese ospitante!). I coreani batterono i polacchi, e iniziarono a sentirsi i più forti del mondo. Il giorno seguente gli Stati Uniti sconfissero il Portogallo, rischiando però una rimonta sul 3-0. Finì 3-2, lasciando gli americani primi in compagnia della Corea (guardate che ancora la parte assurda deve arrivare!). Il tempo di spegnere la sveglia e il 10 giugno assistetti al pareggio tra coreani e americani. Poche ore dopo il Portogallo rifilò un secco 4-0 alla Polonia. A questo punto, i lusitani erano a 3 punti, gli Usa a 4 , la Corea a 4. Le ultime due gare si sarebbero svolte in contemporanea, ragion per cui i coreani non avrebbero potuto sapere il risultato degli americani in anticipo. Dovevano, perciò, battere il Portogallo. E lo batterono, grazie anche al neo acquisto: l'arbitro argentino Sanchez, che ignorò i ripetuti falli degli asiatici (che erano quasi tutti Hwan, o Sun, o Jung), ed espulse frettolosamente due portoghesi. Così, i coreani presero fiducia e realizzarono il gol che, anche per via della sconfitta degli Usa, li proiettò al primo posto nel girone. A quel punto, qualcuno iniziò a sussurrare all'orecchio di Trapattoni, c.t. dell'Italia: "Occhio alla Corea, cercate di arrivare primi, giocherete contro gli americani!" Perché già dalla prima fase tante, troppe cose non tornavano... Come dicevo sopra, mi vidi Irlanda-Camerun 1-1 la mattina alle 8. All'ora di pranzo mi fu servita Germania-Arabia Saudita, e non fui solo io a mangiare. I
tedeschi fecero letteralmente polpette degli arabi, e il mio povero Al Deayea subì ben 8 gol! Le due nazionali europee pareggiarono poi per 1-1, mentre il Camerun sconfisse gli arabi di misura. Iniziai a sperare in un aggio del turno per gli africani, che però vennero sconfitti dai tedeschi, mentre l'Irlanda la spuntava sull'Arabia Saudita. E nulla da fare nemmeno stavolta, per il leoni del Camerun! Il girone in assoluto più equilibrato era quello formato da Argentina, Inghilterra, Svezia e Nigeria. I sudamericani iniziarono battendo la Nigeria con un gol di Batistuta. Svezia e Inghilterra pareggiarono per 1-1. Gli africani persero anche il secondo incontro contro la Svezia, e poche ore dopo l'Inghilterra si prese una rivincita che attendeva da anni. Bechkam, protagonista negativo in Francia, segnò il rigore che consentì ai britannici di sconfiggere l'Argentina. La quale, poi, non andò oltre un 1-1 con la Svezia, che si qualificò al primo posto, seguita dall'Inghilterra che si fece fermare sullo 0-0 dalla Nigeria e fini dietro agli scandinavi per due gol segnati in meno. L'Italia partì col piede giusto, battendo l'Ecuador nella gara inaugurale del gruppo G, svoltasi in piena pausa pranzo. In mattinata, il Messico aveva sconfitto la Croazia, rivelazione in Francia. Pareva tutto semplice per gli uomini di Trapattoni, che invece andarono a complicarsi la vita perdendo contro la Croazia. Il giorno dopo il Messico ebbe la meglio sull'Ecuador, si portò a 6 punti e ottenne la qualificazione. Per essere certi di are, gli azzurri dovevano battere il Messico. Dovevano? Poi non dovettero più, perché l'Ecuador segnò contro la Croazia, regalando agli azzurri il aggio del turno, tanto che gli uomini del Trap si accontentarono di non forzare, di rispondere con Del Piero al vantaggio messicano, e di tenersi forze e uomini per gli ottavi. Chissà cosa sarebbe successo, se gli azzurri avessero cercato la vittoria con tutta la grinta che possedevano, lottando su ogni pallone e magari arrivando a vincere col Messico? Ecco: squadre appaiate a 6 punti, Italia vincitrice nello scontro diretto, prima del gruppo, abbinata agli Stati Uniti! Anche l'altro paese organizzatore, il Giappone, ci teneva ad andare avanti. Ma pensò bene di farlo preparandosi per quattro anni, dopo la magra figura del 1998. Forse era meno efficace come metodo, rispetto ai giochetti dei colleghi coreani, ma di certo dava molta più soddisfazione! I nipponici fermarono il Belgio sul 2-2. La Russia batté la Tunisia e andò in testa al girone. Ma quattro giorni dopo, inaspettatamente, il Giappone riuscì a
sconfiggere i russi. Il pareggio tra Tunisia e Belgio rese il girone molto interessante. C'era il Giappone a 4 punti, seguito dalla Russia a 3, con il Belgio a 2 punti e la Tunisia a 1. Fu l'ultima giornata a decidere la classifica. I giapponesi la spuntarono per 2-0 sullaTunisia, il Belgio batté la Russia e conquistò il secondo posto. Incredibilmente, il Giappone arrivò primo, scatenando l'entusiasmo di tutto il paese. Gli ottavi di finale tra un cappuccino e un piatto di pasta si avvicinavano. La regola del Golden gol gravava ancora, pesante e fastidiosa, sul torneo, nonostante da più parti fossero giunti inviti a eliminarla. Per fortuna, quelli sarebbero stati gli ultimi mondiali in cui si sarebbe vista! La mattina del 15 giugno mi venne servita direttamente a letto la partita Germania-Paraguay. Era il primo degli scontri a eliminazione diretta, e furono evitati i supplementari con eventuale Golden gol grazie a una rete di Neuville a pochi minuti dalla fine, che qualificò i tedeschi. Bye bye Chilavert! Poche ore dopo, l'Inghilterra stracciò la Danimarca in un solo tempo, con tre gol, segnati da Ferdinand, Owen ed Heskey. La squadra inglese era fortissima: Beckahm, notevolmente migliorato, stava diventando un leader. E nel gruppo c'erano talenti come Owen, Fowler, Ashley Cole, Scholes... poteva andare davvero molto lontano! Il Golden gol arrivò durante Svezia-Senegal. Lo segnò Camara per gli africani, dopo aver realizzato anche il gol del pareggio che aveva portato le squadre ai supplementari. I senegalesi, come era successo al Camerun nel '90, accedettero ai quarti, confermando che l'Africa si stava evolvendo calcisticamente. L'incontro seguente era Spagna-Irlanda, e finalmente rividi Casillas. Gli iberici andarono in vantaggio con Morientes, ma allo scadere un penalty fischiato all'Eire riportò la situazione in equilibrio. Non successe più nulla, così si arrivò ai calci di rigore. Segnarono Hierro, Keane e Baraja. Poi, Casillas respinse il tiro di Holland. Juanfran e Valeron mandarono a lato, ma Casillas si ripeté contro Connolly e Kilbane. Per gli irlandesi segnò Finnan, ma segnò anche Mendieta, mandando la Spagna in finale. Ora, se non ci fosse stato Casillas, cosa sarebbe successo? Ne aveva parati tre, ma i suoi compagni ne avevano falliti ben due, e senza nemmeno centrare lo
specchio della porta! Gli Stati Uniti, in crescita oramai da tempo, si sbarazzarono del Messico con un 2-0. Il Brasile faticò non poco contro un Belgio ben messo in difesa e pronto al contropiede, ma alla fine Ronaldo e Rivaldo, nell' ultima mezz'ora, fecero la differenza e i verdeoro arono il turno. La mattina del 18 giugno mi alzai con una sensazione di ansia sportiva. Non è come l'ansia normale, è specifica, e cresce guardando la tv. Come buongiorno ci fu servito Giappone-Turchia. I turchi, con un gol realizzato a inizio gara, sconfissero i nipponici. E l'ansia cresceva: fuori il Giappone, ora gli occhi sarebbero stati puntati tutti sulla Corea. Mi ripetei che avremmo dovuto cercare di vincere contro il Messico, per evitare i coreani. Ma poi, mi imposi di essere razionale: l'Italia era più forte, doveva farcela! Gli azzurri andarono in vantaggio con Vieri. L'ansia iniziò a scemare, ma più il match andava avanti più capivo che c'era qualcosa di strano. Ogni fallo dei coreani veniva, sistematicamente, ignorato. Non avevamo Nesta e Cannavaro, ci azzopparono Zambrotta, tentarono di ucciderci Maldini... la difesa italiana era in affanno, e ne approfittò Seol-Ki-Hyeon (giuro, ho dovuto fare copia-incolla!), che a tempo quasi scaduto pareggiò, con un colpo di testa. Lo show dell'arbitro Moreno, a quel punto, raggiunse il suo apice. Espulse Totti, annullò un gol regolare a Tommasi... ci mancava solo che gli venissero gli occhi a mandorla e si mangiasse un doberman per diventare cittadino coreano! E quando Ahn realizzò il Golden gol che ci cacciò dal mondiale e promosse i coreani, di certo fece fatica a non esultare col resto della squadra. Anche il Brasile aveva avuto qualche aiutino. E a quanto pare Argentina e Inghilterra avevano brigato non poco per aggiudicarsi i mondiali giocati in casa. Ma qui si parlava della Corea. Della Corea! Ovvero, di una nazionale che mai sarebbe arrivata fra le prime quattro del mondo per meriti sportivi. A quel punto, guardare i coreani giocare era come starsene in banca per assistere a una rapina, ben consapevoli che riuscirà e che nessuno farà nulla per evitarla. Ecco perché ci tenevo tanto che gli azzurri provassero a vincere il girone per affrontare gli Stati Uniti! La prima gara dei quarti di finale fu Brasile-Inghilterra. Con occhi ancora
assonnati, movimenti incerti e sbadigli ripetuti, io e Edy ci mettemmo davanti alla tv. Uno dei nostri ospiti, un simpatico canadese, ci mormorò: "Forza Brasile" Guardandoci quasi con tenerezza. perché due adulti che facevano colazione attaccati a uno schermo televisivo doveva sembrargli alquanto anacronistico! Andarono in vantaggio gli inglesi, con Owen. Il Brasile pareggiò con un gol di Rivaldo. Infine, Ronaldinho tirò un calcio di punizione sul quale Seaman si fece trovare impreparato, e gli inglesi, nonostante gli sforzi, non riuscirono a riequilibrare l'incontro. Il giorno seguente, la Germania sconfisse gli Stati Uniti non senza difficoltà, vincendo grazie a un gol di Ballack. Ma la gara che tutti stavamo aspettando era Spagna-Corea. Per Casillas, e non solo! Dopo le lamentele riguardo alla scarsa preparazione di arbitri e assistenti, ci si aspettava che a dirigere la gara sarebbe stata chiamata una terna di alto profilo. Invece, ecco l'arbitro egiziano e i segnalinee di Trinidad e Tobago e dell'Uganda! Segnò Baraja, ma il gol, regolarissimo, fu annullato. Lo 0-0 condusse le squadre ai supplementari. Morientes realizzò il Golden gol, ma anche quello venne annullato. Più volte i giocatori spagnoli lanciati a rete furono fermati per fuorigioco inesistenti. A quanto pare, la Corea voleva arrivare ai rigori, non potendo vincere sul campo. Forse si erano entusiasamti vedendo gli errori dal dischetto degli iberici sei giorni prima, e pensarono di potercela fare. Dagli undici metri segnarono Hwang Sun-Hong, Park Ji-Sung, Seol Ki-Hyeon, Ahn Jung-Hwan e Hong Myung-Bo (copia-incolla a razzo!) per la Corea, Hierro, Baraja e Xavi per la Spagna. Sbagliò Joaquin, anche perché il portiere coreano andò di diversi i avanti, chiudendogli lo specchio scorrettamente. Ma era inutile protestare. Hong Myung-Bo tirò l'ultimo penalty, e dopo esplose la gioia del popolo coreano. Erano felici come un ladruncolo che sfila un portafogli sull'autobus e trova una carta da 500 euro! Non contava come erano arrivati fin lì, ma che ci fossero. Appagati di trovarsi tra le prime quattro del mondo (è bene scriverlo ogni tanto, perché le generazioni future alla frase "La Corea era tra le finaliste nel 2002", potrebbero scoppiare a ridere rumorosamente), i "simpatici" ometti dagli occhi a
mandorla decisero che poteva bastare così. Non avrebbero più rubato, mezza Europa del Sud bastava come vittima! L'ultimo quarto, tra Turchia e Senegal fu deciso dal Golden gol del turco Mansiz, che eliminò gli africani, arrivati fino a lì con il massimo impegno, facendosi onore, giocando a calcio (non è così scontato!) e divertendosi. Erano rimaste due squadre europee, una sudamericana e una asiatica (ops!). Germania e Brasile, a quel punto, erano le grandi favorite. Ma si temeva il gioco fisico della Turchia, e si temevano gli amichetti dei coreani sparsi qua e là per gli stadi e i centri del potere calcistico. Ma, come detto, gli asiatici erano soddisfatti per aver raggiunto la semifinale. Così, iniziarono a giocare davvero a calcio contro la Germania. Il loro gioco era questo: uno prendeva la palla, che lo seguissero o no correva verso l'area veloce (erano solo veloci) e provava a tirare, senza dettare il aggio, far salire i compagni, provare una sponda...troppo difficile! Quando ad attaccare erano i tedeschi, loro stavano tutti indietro e spazzar via. Complimenti, bella squadra da semifinale! Vinse la Germania con un gol di Ballack, e prenotò la quarta finale in 6 mondiali. Ora toccava al Brasile. E i verdeoro faticarono non poco contro una Turchia imprevedibile, coriacea e combattiva. La spuntarono solo grazie a un gran gol di Ronaldo, ormai recuperato dopo Francia '98 e sempre più leader assoluto del gruppo. Anche se mi mancava Taffarel, ero pronta a sostenere la nazionale di Edy nella terza finale consecutiva. In Turchia dovette essere arrivata la voce che la Corea aveva smesso di rubare, perché l'allenatore Güneş lasciò parecchi titolari in panchina, sicuro di vincere comunque. E dopo 11 secondi Hakan Şükür gli diede ragione, segnando il gol più veloce della storia dei mondiali. I coreani trovarono la rete del pareggio, ma poi i turchi dilagarono con Ilhan Mansiz, lo stesso del Goden gol al Senegal, che realizzò una doppietta. Nei minuti di recupero la Corea segnò il gol della bandiera, con i turchi praticamente già a fare il giro del campo per celebrare il terzo posto. In Portogallo, in Spagna e in Italia milioni di persone, davanti alla tv, salutarono la nazionale coreana con un dito alzato. In tre lingue diverse, ma sempre lo stesso dito!
Brasile e Germania non si erano mai incontrate in un mondiale. Quella fu la prima volta, e direttamente nella gara più importante. Edy, felicissimo perché ai tedeschi sarebbe mancato Ballack, si muoveva sulla poltrona, accaldato (erano le 13!), e sbuffava. Sbuffò fino al 67°, quando Ronaldo riprese una goffa respinta di Kahn e insaccò, per l'1-0. Il "fenomeno" poi si ripeté 12 minuti dopo, con un destro dal limite dell'area. Era fatta. Il Brasile era campione del mondo per la quinta volta! Edy uscì a festeggiare assieme a Rodrigo, che ne approfittò per chiedere un gelato gigante. Per me, ricominciava il lavoro al B&B, perché eravamo in attesa di una coppia di scozzesi. La giornata era ancora molto lunga, calda, assolata, non c'era tempo per guastarsi appieno la premiazione. Sospirando, mi consolai ricordando a me stessa che la prossima World Cup si sarebbe svolta in Germania. Partite trasmesse di sera, niente più Svezia-Senegal col primo caffé della giornata!
La Corea quarta in classifica (eh già)...
Byron Moreno, arbitro di Corea del sud- Italia, l'uomo in più dei coreani
Bouba Diop segna alla Francia
Casillas
La sorprendente Turchia
I festeggiamenti del Brasile
Germania 2006
Il sottile gusto della rivincita
Quanto ero invecchiata, dal gol di Altobelli, dall'urlo di Tardelli e dal dito di Pertini? Erano ati ben 24 anni, e adesso Rodrigo stava tornando in bicicletta assieme a Carol, la sua fidanzatina. Carol aveva soggiornato da noi coi genitori l'anno prima, i due ragazzi si erano piaciuti e adesso stavano ufficialmente insieme. Lei veniva da Londra, era molto carina, e adorava fare i dolci, che sono sempre stati il mio punto debole. Per amore suo, e di mio figlio, quell'anno le bandiere appese fuori erano tre: Italia, Brasile e Inghilterra. La gita in bicicletta terminò circa mezz'ora prima dell'inizio dei mondiali. Da quell'edizione, la squadra campione del mondo non sarebbe più stata qualificata di diritto. Inoltre, era stato tolto il Golden gol, con mio grande piacere! Battibeccavamo di continuo, facendoci vanto delle nostre nazionali. "Kakà, Emerson, Ronaldo, Robinho, Ronaldinho" Annunciava Edy, con tono solenne. Carol ribatteva: "Gerrard, Lampard, Joe Cole, Beckham, Terry, Rooney" E io aggiungevo: "Buffon, Cannavaro, Del Piero, Totti, Pirlo, Nesta" Eravamo tutti convinti di avere il gruppo migliore, come se le altre squadre non esistessero. In più, avevamo ospiti due ucraini, che si sarebbero trattenuti fino al primo di luglio: Marko e Yelena. Con l'innocenza tipica di chi affronta un mondiale per la prima volta, possedevano l'entusiasmo e l'energia per sostenere che sarebbero arrivati molto lontano.
Noi tutti li guardavamo con simpatia. Ma dentro eravamo "cattivi". L'Italia doveva vincere perchè era uscita dagli ultimi due mondiali ai rigori e per il Golden gol, dopo aver mancato il trofeo nel '94. L'Inghilterra doveva vincere perché...basta, gli inglesi non ne potevano più di promesse mancate, mete fallite a un o dall'arrivo, partite fantastiche seguite da altre orrende! E il Brasile doveva vincere perché sarebbe stato l'ultimo mondiale di una generazione, quella che si stava formando negli Usa, che aveva sfiorato il titolo in Francia e poi lo aveva conquistato in Giappone. Perciò, per tutte le altre non c'era posto. La Germania padrona di casa era inserita nel gruppo A con Costarica, Polonia e Ecuador. Nella gara inaugurale, i tedeschi sconfissero i "ticos" per 4-2 e poche ore dopo l'Ecuador batté la Polonia. Gli uomini di Klinsmann ebbero poi la meglio sui polacchi nella seconda partita e si qualificarono con un turno d'anticipo alla fase successiva. L'Ecuador vinse con il Costarica, e, nonostante la sconfitta nell'ultima giornata contro i tedeschi ò il turno per seconda. Terza arrivò la Polonia, mai più protagonista di un mondiale dopo i fasti del 1982. Il 10 giugno, aspettavamo tutti con ansia l'esordio dell'Inghilterra di Eriksson. Era un'ottima formazione, con due terzini forti come Neville e Ashley Cole, un centrocampo solido ma anche fantasioso, con Gerrard, Lampard e Beckham, Terry in difesa a dare sicurezza, Joe Cole a inventare sulla fascia e Wayne Rooney, 20enne eppure già esperto, a cercare di segnare, assieme a Crouch e a Owen, ex stella del football prematuramente fermata da troppi infortuni. A Londra, i tifosi dicevano: "E' stavolta, o mai più" Beckham aveva 30 anni, Lampard 28, decisamente era questo, solo questo, davvero questo il mondiale da non sbagliare. E l'avventura iniziò con la vittoria sul Paraguay. Poche ore dopo, la Svezia fu fermata sullo 0-0 da Trinidad e Tobago. Gli inglesi giocarono contro i caraibici la seconda gara, faticarono un po' ma riuscirono a batterli con gol di Crouch e Gerrard. La vittoria degli svedesi sul Paraguay lasciò comunque gli uomini di Eriksson primi in classifica. La gara contro la Svezia sarebbe stata solo una formalità, tanto per mantenere il primato. Entrambe le squadre erano qualificate, tuttavia non ci fu nessun "biscotto", anzi, fu una partita vera. E fu la migliore partita giocata dagli inglesi, con un gol capolavoro di Joe Cole, uno di testa di Gerrard e tanto bel gioco. Il 2-2 soddisfò tutti, ma Carol, che era una perfezionista, osservò:
"Un po' strano, che sia venuto fuori il bel calcio quando il risultato non contava" "Prenditi il primo posto e festeggia" La esortai io. Nel girone, il Paraguay giunse terzo, Trinidad e Tobago ultimo, ma con la soddisfazione di aver conquistato un punto. Quello che veniva chiamato "il girone della morte" comprendeva Argentina, Olanda, Costa d'Avorio e Serbia-Montenegro, ovvero la riedizione della Jugoslavia. Il 10 giugno, l'Argentina batté la Costa d'Avorio di misura, il giorno seguente l'Olanda superò la Serbia-Montenegro con un gol di Robben. Poi, ci fu la partita che impressionò tutto il mondo. La squadra allenata da Peckerman rifilò un 6-0 agli ex jugoslavi, e quando, per sfizio, andammo a leggere la lista degli attaccanti sudamericani, restammo di stucco: Crespo, Saviola, Palacio, Tevez, Milito, Messi. Sei tra i più forti del mondo giocavano per l'Argentina. E lì iniziammo ad avere paura! Poche ore più tardi, l'Olanda batté la Costa d'Avorio, con reti di Van Persie e van Nistelrooy, qualificandosi a sua volta. Lo scontro diretto per il primato si concluse 0-0, favorendo l'Argentina che aveva segnato più gol. Drogba e compagni si tolsero l soddisfazione di sconfiggere la Serbia-Montenegro per 3-2 prima di salutare un mondiale che avrebbe dovuto vederli tra i protagonisti. Nel gruppo D, pareva tutto semplice per Portogallo e Messico. E infatti le due nazionali favorite sconfissero Angola e Iran. La partita tra l'Angola, colonia portoghese fino al 1975, e il Portogallo, fu ricca di significato, anche perchè gli africani erano al loro primo mondiale. Ma sul campo, la storia era già scritta. L'Angola fece comunque due punti, nelle due partite seguenti. I portoghesi batterono Iran e Messico e arrivarono primi nel girone, a punteggio pieno. Dietro di loro si qualificarono i messicani, con soli 4 punti. L'Italia era inserita in un gruppo non facile, con Usa, Ghana e Repubblica Ceca. Carol, che conoceva bene il Chelsea, mi fece notare: "Tu ti innamorerai del portiere ceco" E infatti, non appena vidi gli occhi chiari e il sorriso delicato di Čech, lo inserii tra i miei favoriti. La Repubblica Ceca vinse contro gli Usa, e poche ore dopo gli
azzurri di Lippi sconfissero il Ghana, con reti di Pirlo e Iaquinta. La particolarità della squadra italiana era la rotazione continua dei titolari. Salvo alcuni irremovibili, come Buffon e Cannavaro, gli altri erano considerati tutti in lotta per una maglia. Dall'inizio alla fine della World Cup, in avanti giocarono Totti, Toni, Gilardino, Iaquinta, Del Piero e Inzaghi, sostenuti da un centrocampo solido e da una difesa quasi imbattibile. Il Ghana batté poi la Repubblica Ceca, e l'Italia fu fermata dagli Usa in una partita nervosa, con tre espulsi, che ci fece salire a 4 punti, ma con l'obbligo di guardarci le spalle. La vittoria contro i cechi nell'ultima gara, 2-0 con reti di Materazzi e Inzaghi, ci consentì di arrivare primi nel girone e di evitare il Brasile (e di evitare a me un conflitto familiare!). Dietro gli azzurri si piazzò il Ghana, che sconfisse gli Stati Uniti e portò un po' d'Africa negli ottavi di finale. Il Brasile non iniziò il suo mondiale nel modo migliore. Fece infatti molta fatica a battere la Croazia. Ci pensò Kakà, con uno splendido tiro a scendere da fuori area, a dare i tre punti alla squadra allenata da Parreira, dopo che la sorprendente Australia aveva sconfitto il Giappone. E fu proprio il Giappone a fermare i croati sullo 0-0, mettendo in discussione la loro qualificazione. Il Brasile affrontò l'Australia, battendola per 2-0 e ipotecando il aggio del turno. C'era lotta, dietro ai verdeoro: la Croazia era a un punto, l'Australia a 3. Nello scontro diretto pareggiarono 2-2 e per gli australiani fu festa grande: dal 1974 non si qualificavano a una fase finale. Evidentemente, la Germania portava loro fortuna. E ora, addirittura avevano superato il primo turno! Contemporaneamente, il Brasile sconfisse il Giappone per 4-1 e vinse il gruppo a punteggio pieno. Ed eccoci al girone G. E riecco i coreani. Come ci eravamo lasciati? Male, molto male... con Totti espulso, il rigore di Joaquin rubato dal portiere, sospetti, giochetti, lacchezzi... e come ci si ritrovava? Ma ovviamente a tifare per il Togo! Che purtroppo perse. Ma, novità delle novità, in Germania la Corea non rubava! Francia e Svizzera pareggiarono per 1-1. I si mostrarono tutti i loro limiti, fisici e tecnici. L'allenatore, Domenech, schierava la squadra secondo l'oroscopo, perciò Trezeguet, forse il miglior attaccante dell'epoca, languiva in panchina. La "stella" avrebbe dovuto essere Ribery, che però non pareva all'altezza delle aspettative. Dopo un pareggio con i coreani, seguito da una vittoria della Svizzera sul Togo, per i transalpini si rese necessario sconfiggere gli africani con almeno due gol di scarto. Ci riuscirono, a malapena, tuttavia arrivarono secondi,
dietro la Svizzera che batté la Corea. La Spagna era sempre più forte, e Casillas sempre più carino. In Germania, la nazionale allenata da Aragonés portò il meglio del meglio. Giocatori del calibro di Fabregas, Villa, Sergio Ramos, Raul, Iniesta, Xavi, Puyol... era decisamente una rosa tra le più forti del mondo. E non fece troppa fatica ad avere ragione delle avversarie: 4-0 all'Ucraina, 3-1 alla Tunisia, 1-0 all'Arabia Saudita quando ormai il girone era vinto. Al Deayea non era più titolare nella nazionale araba, con mio grande dispiacere! Dietro agli spagnoli si classificò l'Ucraina di Shevcenko, che sconfisse arabi e tunisini, i quali pareggiarono tra di loro, raccogliendo un punticino a testa. Era il momento di una nuova generazione di giocatori, i quali non potevano più limitarsi ad essere forti fisicamente, o bravi tecnicamente, o fantasiosi, o dotati di una buona visione di gioco, ma dovevano unire tutti questi elementi per essere considerati completi. Erano i ragazzi degli anni '80. Rooney, Messi, Ibrahimović, Milito, Van Persie, Iniesta, Cristiano Ronaldo, Kakà, Villa... curiosamente, Italia e Francia erano tra le poche nazionali la cui spina dorsale era costituita da una maggioranza di giocatori nati prima del 1980! Gli ottavi di finale iniziarono senza l'incubo del Golden gol, e tutti eravamo più felici. Nella prima gara, La Germania impiegò 12 minuti a battere la Svezia, con una doppietta di Podolski. Poche ore più tardi, l'Argentina andò in svantaggio contro il Messico, ma pareggiò quasi subito, e con una rete di Maxi Rodriguez nei supplementari evitò l'agonia dei calci di rigore. Contro l'Ecuador, l'Inghilterra faticò più del previsto, con grande disappunto di Carol. Ci pensò Beckham su punizione a risolvere una gara difficile. Lui era sempre lì, a correre, a picchiare, a recuperare palloni, nonostante fosse una "star" che si sarebbe potuta permettere di giocare solo di raffinatezza. La sera stessa, si svolse quella che è ata alla cronaca come "la battaglia di Norimberga". Portogallo e Olanda erano due serie pretendenti al titolo, e la tensione si fece sentire fin dall'inizio della gara. Furono i lusitani a segnare, con Maniche. Ma più che il gol e il risultato, ci si ricorda delle risse e dei falli continui e sistematici. Crisitano Ronaldo fu toccato duro e costretto a uscire, e nel secondo tempo la partita si trasformò in un incontro di wrestling. Costinha era stato appena espulso, e il Portogallo era in dieci uomini, ma la parità fu
ristabilita quando anche Boulharouz fu cacciato dall'arbitro Ivanov. In seguito toccò a Deco e a van Bronckhorst, senza contare gli ammoniti. Per i lusitani: Ricardo, Nuno Valente, Maniche, Figo e Petit. Per gli "orange": Van Bommel, Sneijder e Van der Vaart. Gli allenatori Scolari e Van Basten andarono vicini allo scontro fisico, e quando la partita terminò il nervosismo era ancora nell'aria. I lusitani erano sì qualificati, ma con Cristiano Ronaldo infortunato e Deco e Costinha che avrebbero saltato l'incontro dei quarti per squalifica. L'Olanda tornava a casa. Bella, come diceva Wim, ma inconcludente. E in questo caso rea di essersi fatta trascinare nella rissa dai portoghesi che stavano vincendo. L'Italia scese in campo il 26 giugno contro l'Australia. Quello che doveva essere un incontro non difficile, si rivelò irto di insidie, anche perché l'arbitro Medina Cantalejo espulse Materazzi all'inizio del secondo tempo, per un fallo non grave. In dieci, per gli azzurri l'incontro fu tutto in salita. A tempo praticamente scaduto, ci stavamo preparando ai supplementari, quando Grosso entrò in area, un difensore lo contrastò e l'arbitro fischiò il rigore. Onestamente, non era rigore, ed è sempre sbagliato commettere due errori pensando di farne una cosa giusta, per riequilibrare. Ma Totti andò sul dischetto e segnò, e ci portò ai quarti. Non eravamo la squadra più bella, del resto non lo eravamo stati nel 1982, non lo era la Germania nel '90 e l'Argentina per anni aveva puntato solo su Maradona, perciò... inutile stare a guardare gli episodi, andavamo avanti! Dopo le emozioni provate nel pomeriggio, Svizzera-Ucraina non era esattamente un appuntamento imperdibile. Ma c'erano Yelena e Marko, e fu osservando loro che trovai lo spunto di interesse. Dopo uno 0-0 che si ostinava a non sbloccarsi, le due squadre andarono ai rigori. E qui, nonostante l'errore di Schevcenko, l'Ucraina vinse per manifesta superiorità. Gli svizzeri, infatti, fallirono tre rigori su tre. Salutavano il mondiale senza aver mai subito gol in partita, ma a dire il vero senza aver lasciato nemmeno un gran ricordo! Il giorno dopo toccò al Brasile, che senza troppa sofferenza sconfisse il Ghana per 3-0. Poche ore dopo, scesero in campo Francia e Spagna. La Francia dava sempre l'idea di essere vecchia e stanca, la Spagna invece sprizzava energia e giocava un bel calcio. Andò in vantaggio con un rigore, realizzato da Villa. A quel punto, Zidane suonò la carica ai suoi, che si svegliarono e pareggiarono con Ribery dopo 13 minuti. I si erano più motivati, più cattivi, e a 7 minuti dalla fine trovarono il gol del vantaggio con Vieira. Nonostante l'arrembaggio un po' confuso ma volenteroso degli iberici, furono ancora i Bleus ad andare in gol, con Zidane, sempre lui, che scattò sul filo del fuorigioco e segnò il 3-1.
Le otto migliori del mondo erano pronte a darsi battaglia. Tra esse c'era il Portogallo, che dal 1966 non aveva più ato il primo turno, e l'Ucraina, nuova realtà del calcio, al suo primo mondiale e, come ripetevano Yelena e Marko: "Strabiliante" Ma ad aprire le danze fu una partita che ben conoscevamo, ovvero quella tra Germania e Argentina. I sudamericani arono in vantaggio con Ayala, ma a dieci minuti dalla fine Klose pareggiò, portando le squadre ai supplementari. Poi, senza accorgercene, arrivammo ai rigori. E fu qui che il sangue freddo dei tedeschi mostrò tutta la sua efficacia. I giocatori di Klinsmann realizzarono 4 rigori su 4, mentre l'Argentina sbagliò con Ayala e Cambiasso. Dopo 12 anni, la Germania era adesso di nuovo tra le prime quattro del mondo. Gli azzurri avevano il quarto di finale più agevole, contro l'Ucraina. Solo che, come sempre, temevo che si riuscissero a complicare la vita. Ma Zambrotta segnò con un gran sinistro da lontano, e tutto apparve più facile. Dopo un paio di miracoli di Buffon, Toni saltò in area e colpì la palla di testa per il 2-0. A venti minuti dalla fine, la premiata ditta Zambrotta-Toni confezionò anche il gol che chiuse la partita: assist dello juventino dopo un'azione personale, e tocco del viola, puntuale in area e implacabile. E anche noi, dopo 12 anni, ci riaffacciavamo tra le "big", con buona pace dei miei ospiti ucraini! Inghilterra-Portogallo si presentava come un match interessante. Due ragazzi del 1985, uno nato nell'isola di Madera, l'altro nei sobborghi di Liverpool, compagni di squadra nel Manchester United, stavano per affrontarsi in una gara fondamentale per le loro carriere. Cristiano Ronaldo era bello come il sole, prepotente, dispettoso, all'epoca molto individualista. Wayne Rooney era pallido, con tratti somatici duri, non bello, sempre un po' incazzato e dominato dall'istinto. Il portoghese era un playboy, Wayne aveva conosciuto la moglie a scuola. Vederli giocare insieme era uno spettacolo dificile da dimenticare, ma quel pomeriggio entrambi pensavano solo a vincere. Rooney aveva subito un brutto infortunio prima della World Cup. Si era fratturato un piede, ma poi aveva recuperato giusto in tempo. Ronaldo aveva ancora sulla coscia i segni dei tacchetti di Boulharouz, non era al meglio, ma non si sarebbe perso quella partita per nulla al mondo. L'incontro iniziò e, a dispetto dei tanti campioni schierati, si mostrò subito piuttosto brutto. Gli inglesi spinsero un po' di più, ma senza impensierire troppo
gli avversari. Il primo tempo si concluse sullo 0-0. Nella ripresa, la squadra di Eriksson perse Beckham, ma andò vicina al vantaggio. Poi, al 17esimo, ecco la svolta. Rooney cadde a terra assieme al portoghese Carvalho e nel rialzarsi lo colpì all'inguine. L'arbitro accorse, e fu subito raggiunto da Cristiano Ronaldo, che invocò a gran voce il cartellino rosso. Rooney venne espulso, l'Inghilterra restò in dieci e una telecamera, con notevole tempismo, colse il campione portoghese nel momento in cui strizzava l'occhio alla panchina, come a dire: "Sapevo che era una testa calda, bastava provocarlo un po' " Nonostante l'uomo in più, i portoghesi non riuscirono a segnare. Si andò ai supplementari, dove successe poco o nulla, e infine ai rigori. Segnò Simão, poi Lampard si fece parare il tiro da Ricardo. Carol soffocò un urlo, assumendo un'espressione talmente concentrata da apparire terrorizzata. Gli inglesi ritrovarono le speranze quando Viana colpì il palo e Heargraves realizzò. Sbagliò anche Petit, e sul volto di Carol apparve un timido sorriso, che però si spense quando il portiere portoghese parò il rigore di Gerrard. Postiga segnò, segnò anche Carragher ma l'arbitro fece ripetere il tiro. Al secondo tentativo il giocatore, nervoso, sparò sul portiere. E ora, toccava a Cristiano Ronaldo, che si avvicinò al dischetto accompagnato da una serie di insulti indirizzategli da Carol. Ma il ragazzo di Madera non fallì, e portò la sua nazionale in semifinale. Rodrigo fu molto carino, con la sua fidanzata. Le asciugò le lacrime e le porse una Coca Cola fresca. Ma lei, in un misto di italiano sconnesso, inglese singhiozzato e chissà quali altri idiomi, continuava a ripetere: "Quello non deve mai più tornare in Inghilterra! E' un bastardo!" Forse non aveva tutti i torti. Ma il calcio non è fatto solo di belle giocate, schemi applicati rigidamente e azioni ben strutturate. A volte è anche quel pizzico di malizia che ti spinge a rivolgere la grinta dell'avversario contro se stesso. E' sangue freddo, cinismo e un occhiolino alla panchina. Come avrei scoperto otto giorni dopo, ogni tanto la provocazione può portare a dei risultati. Se la vittima è abbastanza ingenua e rabbiosa da caderci. Yelena e Marko partirono dopo quella gara, cantando e ballando come se avessero vinto i mondiali, perché erano arrivati fino ai quarti. E noi ci preparammo a vedere Brasile-Francia. La Seleção era favorita, ma fin dai primissimi minuti di gioco apparve chiaro
che Zidane era in gran forma. A 34 anni, dopo un mondiale disastroso nel 2002, il campione se aveva fame. Aveva voglia di vincere e trascinò una squadra con tanti limiti, poco gioco e un allenatore mediocre, fino a confezionare un pallone d'oro per Henry, lasciato solo dai difensori brasiliani. Zidane si accorse della distrazione della difesa e gli mise sul piede un assist perfetto, che era pronto per essere finalizzato. 1-0 per i transalpini, con Edy che imprecava e sbuffava. Quella sera, Zizou diede lezione di calcio e c'era già chi parlava di Pallone d'oro. Per la delusione dei suoi tifosi, il Brasile era uscito dai mondiali quasi senza lottare, e la seconda delle nostre bandiere venne richiusa. Ancora una volta, come era accaduto nel 1982, inelle finali avrebbero giocato 4 squadre europee. E tre erano le stesse che si erano rese protagoniste in Spagna. L'Italia affrontò la Germania il 4 luglio. Se, da un lato, avevamo una tradizione favorevole contro i tedeschi, dall'altro il fatto che fossero padroni di casa ci intimoriva un po'. Per 90 minuti, ci furono occasioni da entrambe le parti. Buffon e Cannavaro ci davano sicurezza, ma davanti sprecavamo troppo. Si andò ai supplementari. Gli azzurri colpirono due volte i pali della porta, Buffon salvò ancora il risultato, e quando mancavano pochi minuti alla fine, ero già pronta all'ennesima lotteria dei rigori. Poi, Pirlo pescò Grosso, che colpì di precisione e ci portò in vantaggio. Non esultai troppo: conoscevo i tedeschi, e per la prima volta nella mia vita desiderai riavere il Golden gol, così, tanto per sentirmi tranquilla! Ma dopo pcohi secondi, Cannavaro uscì dalla difesa con il pallone, lo servì a Totti che lo diede a Gilardino, il quale si avvicinò all'area, vide arrivare Del Piero, libero a sinistra e gli lasciò la palla. Del Piero non sbagliò. Realizzò il 2-0 e chiuse il discorso con i tedeschi. Dopo 12 anni, gli azzurri avrebbero giocato di nuovo la finale! Ero felice e incredula, per la serie di coincidenze fortunate che ci avevano portato fino a lì. Edy mi chiese se avrei preferito incontrare la Francia o il Portogallo, e io risposi: "Con i si abbiamo una storia. Siamo rivali, ci conosciamo bene, e dobbiamo ancora vendicarci per Messico '86, per i mondiali del '98, per Euro 2000... però, non so se ce la faranno...se noi siamo stati fortunati, loro hanno avuto molto più che fortuna!" "E un Zidane da paura" Aggiunse lui, trovandomi d'accordo.
La semifinale iniziò con un Portogallo aggressivo, ma al 33° minuto Henry si tuffò in area, e l'arbitro fischiò il rigore. Dal dischetto, Zidane fu implacabile. Tirò con una tale precisione che il pallone entrò, nonostante Ricardo avesse intuito la direzione. Dopo, non ci furono più gol. Una Francia brutta e prevedibile, ma trascinata da un 34enne al suo ultimo mondiale, sarebbe stata la nostra avversaria. L'8 luglio si disputò la finale per il terzo posto. Pensavo avrebbe vinto il Portogallo, poiché i tedeschi erano rimasti delusi dalla semifinale. Ma vollero, comunque, lasciare un buon ricordo, e giocarono una partita vera. Vinsero 3-1, lasciando ai lusitani solo il gol della bandiera a due minuti dalla fine. E infine, arrivò il giorno più atteso. Nella mia mente, avevo una serie di immagini delle sfide tra Italia e Francia, che rimossi accuratamente, preparandomi a quel nuovo match. Era il momento della verità. Mi piazzai davanti alla tv, con Edy accanto a me, e Rodrigo e Carol in terra su due cuscini. E dopo 7 minuti, la partita si mise male. Malouda imitò Henry, si tuffò in area e ci fu fischiato un rigore contro. Zidane tirò, e io seguii la palla, che se ne andava sulla traversa, per poi entrare in porta. Zizou aveva fatto il "cucchiaio" e a quel punto iniziai a temere che fosse lui, ad avere in mano le sorti dell'incontro. Il vantaggio se, però, durò solo 12 minuti, perché su un calcio d'angolo Materazzi andò in cielo, colpì di testa e segnò il gol dell'1-1. Fino alla fine, perdurò un sostanziale equilibrio. Nei supplementari, le squadre iniziarono ad essere stanche. Buffon salvò il risultato su Zidane, che continuava ad essere il nostro incubo. Finì il primo tempo e, all'inizio del secondo supplementare, ci fu la svolta. Zidane colpì Materazzi a gioco fermo, con una testata. L'espulsione fu inevitabile, con grande sollievo di tutti gli italiani. Nessuno, sul momento, sapeva cosa Materazzi avesse detto al se per scatenare una reazione tanto violenta e stupida, ma un vero campione incassa e non reagisce. Zizou aveva perso la testa, privando i suoi del suo apporto quando i rigori si stavano avvicinando. Così come aveva fatto Cristiano Ronaldo con Rooney, il nostro difensore aveva puntato sul carattere instabile dell'avversario. In seguito,si seppe che la frase di Materazzi verteva intorno alla sorella di Zidane. Uno dei tanti epiteti che si scambiano i giocatori in campo, o che fanno parte dei cori dei tifosi. Ma in quel momento, mentre lo marcava stretto, quelle parole avevano sortito un effetto devastante!
Ed eccoci ai rigori, come nel 1998. O come nella finale del 1994 contro il Brasile. La tensione saliva, e cercai di respirare meglio che potevo. Ma non era facile... Pirlo realizzò il primo penalty Wiltord non fallì Materazzi... poteva sbagliare Materazzi, autore del pareggio e artefice dell'espulsione di Zidane? Barthez intuì, ma la palla entrò, con forza e precisione Trezeguet colpì la traversa, ma questa volta il pallone non varcò la linea... eravamo in vantaggio! De Rossi realizzò Abidal spiazzò Buffon Del Piero portò l'Italia sul 5-4 Sagnol pareggiò i conti Mancava l'ultimo rigore. Andò sul dischetto Grosso, prese la rincorsa...e... La palla entrò! Eravamo campioni del mondo! Non riuscivo a crederci. Erano anni che attendevamo di prenderci una rivincita sulla Francia, e ce l'avevamo fatta nella gara più importante! La ragazzina di 14 anni che esultava per Paolo Rossi tornò a farsi viva dentro di me, ed esplosi in un grido liberatorio. Fuori, stava iniziando la festa. Ci unimmo tutti, anche il brasiliano deluso e l'inglesina depressa. Ero felice. La felicità che si prova vincendo un mondiale può essere effimera, superficiale, ma è fantastica, e ti fa scorrere l'adrenalina nelle vene. E' qualcosa che per qualche ora fa sparire i problemi , gli episodi negativi, le mille piccole cose noiose della vita, e ti fa sentire in paradiso. In quel momento, amavo ogni giocatore italiano. Buffon, che ci aveva salvati con le sue parate. Cannavaro, il miglior difensore del mondo, che poi avrebbe vinto il Pallone d'oro. Grosso, protagonista dei momenti più fortunati. Toni, Totti, del Piero e tutti gli altri che avevano segnato. Gattuso e Zambrotta, veri lottatori. Ma c'era una faccia che, più delle altre, accompagnava il mio canto di vittoria. Era quella di Marco
Materazzi, il vero uomo in più nella finale. Materazzi che era salito fino alle nuvole per schiacciare in rete quel pallone, e che poi era ridisceso a terra, con la sua esperienza, perché aveva capito che senza Zidane sarebbe stata tutta un'altra cosa.
Cannavaro con la Coppa
La "battaglia di Norimberga"
Rooney viene espulso
Cristiano Ronaldo
Petr Čech
Il gol di Materazzi in finale
Sudafrica 2010
Tra favole e sorprese
Lei aveva 33 anni, lui soltanto 23. Lei era una cantante famosa in tutto il mondo, una bella donna, minuta, con occhi scuri dolcissimi e una gran massa di riccioli biondi. Lui era molto più alto di lei, aveva gli occhi azzurri e pareva maggiore della sua età. Si conobbero durante la registrazione dell'inno ufficiale dei mondiali, quel "Waka Waka" che ancora risuona nelle nostre teste. E fu colpo di fulmine. Shakira, colombiana e star della musica e Gerard Piqué, difensore della nazionale spagnola, capirono nel momento stesso in cui si guardarono che non avrebbero mai potuto fare a meno l'uno dell'altra. Questa è la favola che ha accompagnato i mondiali del 2010, i primi organizzati da un paese africano. La mia favola personale continuava, a 42 anni, come moglie, mamma di un giovanotto innamorato e proprietaria di un'azienda che mi dava tante soddisfazioni. Poi, però, iniziava la World Cup e mi trasformavo, eleggendo il divano a mia residenza, tradendolo solo, nelle sere più calde, con la sdraio di vimini in giardino. L'11 giugno il mondiale ebbe inizio. Si affrontarono i padroni del casa del Sudafrica e il Messico, e pareggiarono per 1-1. Anche Francia e Uruguay, la sera, si fermarono reciprocamente sul pareggio. La nazionale se era arrivata al capolinea. Zidane e Thuram non c'erano più e Domenech, forte del secondo posto in Germania, continuò a dare segnali di squilibrio, arrivando ad allontanare del gruppo Anelka, e causando l'ammutinamento del resto della squadra. In realtà, i Bleus in Sudafrica non avrebbero proprio dovuto esserci, poiché avevano vinto lo spareggio contro l'Irlanda grazie a un gol irregolare, viziato da un fuorigioco e da un doppio tocco di mano di Henry, che poi aveva servito Gallas, autore del gol decisivo. E in effetti, fecero vedere che non erano pronti. Persero la seconda partita col Messico, dopo che l'Uruguay aveva travolto il Sudafrica per 3-0. Infine, furono sconfitti anche dai padroni di casa. L'Uruguay
batté i messicani e vinse il girone. Sudafrica e Messico finirono entrambi a 4 punti, ma a causa del numero di gol subiti il paese ospitante fu eliminato. La Francia era ultima, con un solo punto e un solo gol segnato. Curiosa l'altalena tra un mondiale e l'altro: 1998 vincitrice, 2002 fuori senza appello, 2006 seconda, 2010 disastrosa! Nel gruppo B, l'attesa era per l'Argentina degli attaccanti più forti del mondo. Ma, dopo che la Corea del sud aveva battuto la Grecia, la squadra allenata da Maradona (rieccolo!), sconfisse la Nigeria soltanto per 1-0, con un gol di Heinze, che era un difensore. I sudamericani si svegliarono comunque 5 giorni dopo, travolgendo la Corea per 4-1, con una tripletta di Higuain, un altro dei ragazzi degli anni '80, fortissimo fisicamente e tecnicamente. Sorprendentemente, la Nigeria si fece battere dalla Grecia. Dietro all'Argentina adesso il gioco si faceva duro. C'erano infatti la Corea a 4 punti e la Grecia a 3, e all'ultima giornata, gli uomini di Maradona superarono i greci per 2-0, mentre le altre due nazionali pareggiarono. Così, a are il turno furono i coreani. L'Inghilterra, allenata da Capello, era alla fine di un'epoca. I suoi migliori giocatori erano intorno ai 30 anni, non si era qualificata per gli Europei del 2008 e Beckham, infortunatosi qualche mese prima, era partito con la squadra ma non sarebbe sceso in campo. Contro gli Stati Uniti, all'esordio, gli inglesi pareggiarono per 1-1: al gol di Gerrard rispose Dempsey dopo 36 minuti. Nell'altra gara, la Slovenia battè l'Algeria. Poi americani e sloveni si fermarono sul 2-2, ma l'Inghilterra non ne approfittò, e non andò oltre uno 0-0 contro l'Algeria. Si sarebbe risolto tutto all'ultima giornata. E la spuntarono inglesi e americani, con due vittorie per 1-0. Ma in virtù del numero di gol realizzati furono gli Stati Uniti a vincere il girone. Per Capello ci fu il secondo posto; però, per come si erano messe le cose non si poteva lamentare. La Germania era la grande favorita del gruppo D. Un gruppo non facile, con Serbia, Australia e Ghana a giocarsi un posto e a cercare di dare fastidio ai tedeschi. I ghanesi riuscirono a sconfiggere i serbi con un rigore negli ultimi minuti di gara, mentre la Germania massacrò l'Australia con un netto 4-0, gol di Podolski, Klose, Müller e Cacau. Sembrava fatta per la nazionale di Löw, ma nella seconda partita perse inaspettatamente contro la Serbia. Il pareggio tra Ghana e Australia modificò la classifica: Ghana a 4 punti, Germania e Serbia a 3. Ai tedeschi servì un gol di Özil per battere di misura il Ghana e arrivare a 6 punti. L'Australia sconfisse la Serbia e raggiunse gli africani, i quali, però, avevano una migliore differenza reti, che li fece accedere agli ottavi.
Una delle squadre che tutti aspettavano con curiosità era l'Olanda di van Marwijk. C'erano tante giocatori di talento in quella nazionale, e che fosse in forma lo confermò fin dall'inizio. Sconfisse la Danimarca per 2-0 e andò in testa al gruppo assieme al Giappone che batté, a sorpresa, il Camerun. Poi gli olandesi vinsero di misura sui nipponici, mentre la nazionale di Eto'o soccombeva anche alla Danimarca. La lotta, dietro agli Orange, era tutta tra Giappone e Danimarca. La spuntarono i giapponesi, che con un 3-1 dimostrarono al mondo di essere cresciuti. L'Olanda liquidò il Camerun con Van Persie e Huntelaar, negando ai "leoni" anche un'uscita onorevole dalla World Cup disputata nel loro continente. Il girone dell'Italia non appariva proibitivo. C'erano infatti Nuova Zelanda, Paraguay e Slovenia. Tuttavia, si capì subito che qualcosa, anzi, molto non funzionava come avrebbe dovuto. Parecchi dei campioni del 2006 erano ormai vecchi: Cannavaro e Zambrotta faticavano a reggere il peso di una squadra spenta, sterile, senza idee. Buffon si infortunò nella prima gara, contro il Paraguay, e lasciò il posto a Marchetti. Il nuovo "gioiello" avrebbe dovuto essere tal Montolivo. E questo dava l'idea di quante chance potevamo avere! Questo giovanotto, all'epoca 25 enne, è da sempre stato una promessa. Prometti, prometti... ma poi non ha mai mantenuto! Gli azzurri riuscirono a pareggiare il gol di Alcaraz grazie a De Rossi.. "E per fortuna, anche Nuova Zelanda-Slovenia è finita 1-1 !" Osservò Edy. Io scossi la testa: "Per fortuna? Ma va...se dobbiamo temere nazionali come quelle tanto vale che ce ne andiamo a casa!" Cinque giorni dopo, il Paraguay ebbe la meglio sulla Slovenia. Per gli azzurri era fondamentale battere la Nuova Zelanda. Ma la partita si mise subito male, perché dopo 7 minuti gli avversari andarono in vantaggio con Smeltz. Servì un rigore, realizzato da Iaquinta, per pareggiare. Poi, l'Italia continuò col suo gioco confuso e prevedibile, e rischiò anche di subire il 2-1. La qualificazione adesso era a rischio, e l'ultima partita avrebbe deciso chi andava agli ottavi. Davanti, l'Italia si trovò la Slovacchia, uno stato più giovane dei giocatori in campo. In teoria, non avremmo dovuto avere paura. Ma in pratica, l'energia e l'agonismo degli avversari ci resero timorosi e disordinati fin dalle prime battute di gioco. Iaquinta si vide annullare, giustamente, un gol, che aveva segnato dopo il fischio arbitrale per un suo fallo. E trascorsi pochi minuti Vittek ci colpì,
segnando la rete dell'1-0. Il primo tempo finì con questo punteggio. Nella ripresa Lippi effettuò alcuni cambi, tra i quali l'ingresso di Pirlo al posto di un deludente Montolivo. Gli azzurri ci provavano, ma, dopo un salvataggio di Skrtel sulla linea, arrivò il 2-0, ancora con Vittek. A quel punto, la squadra di Lippi si buttò in avanti, e segnò con Di Natale a dieci minuti dalla fine. Il tempo per raggiungere il pareggio, volendo, c'era. Ma c'era anche quello per il terzo gol degli slovacchi, che arrivò all'89esimo, grazie a un inserimento in area di Kopunek, che superò Marchetti con un pallonetto. Così, la rete di Quagliarella, a tempo scaduto, non cambiò le cose. L'Italia era fuori dai mondiali, eliminata al primo turno, come non accadeva dal 1974, e per di più in un girone sulla carta agevole. Il Paraguay si accontentò di un pareggio contro la Nuova Zelanda e ò per primo, seguito dalla sorprendente Slovacchia di Hamsik (ecco, fino a quel giorno Hamsik era l'unico giocatore slovacco di cui si conosceva il nome. Fino a quel giorno...). Così, le due finaliste di Berlino, fecero le valigie e tornarono a casa con la coda tra le gambe, umiliate e distrutte. Il Brasile esordì nel gruppo G battendo di misura la Corea del Nord, dopo il pareggio tra Costa d'Avorio e Portogallo. Poi segnò 3 reti agli africani, ai quali concesse solo il gol dellla bandiera con Drogba. Il 21 giugno, uno scatenato Portogallo travolse la Corea per 7-0. La sfida tra la Seleção e i lusitani terminò 0-0, utile a entrambi per are il turno, mentre io non avevo occhi che per il portiere brasiliano: Jùlio César: un ragazzone robusto con un bellissimo sorriso. La Costa d'Avorio ottenne la sua unica e inutile vittoria a spese della Corea del nord. Decisamente, il mondiale in terra africana non stava andando benissimo per le nazionali di quel continente! Il Brasile arrivò primo a 7 punti, davanti ai portoghesi con 5. Nell'ultimo gruppo erano inserite Spagna, Cile, Honduras e Svizzera. I cileni vinsero il primo incontro contro i centroamericani, ma la vera sorpresa fu la sconfitta della Spagna, che contro la Svizzera non riuscì a rimediare al gol subito da Fernandes. Casillas era sempre più bello, in ogni caso. Ormai aveva quasi 30 anni ed era uno dei leader del gruppo, oltre che capitano. Il Cile si confermò squadra di ottimo livello, battendo anche la Svizzera. Poche ore dopo, la Spagna sconfisse l'Honduras con una doppietta di Villa, rimettendosi in corsa. Ma la situazione era complessa: il Cile era a 6 punti, gli elvetici a 3 come gli spagnoli, perciò occorreva battere i cileni. Non fu facile, ma alla fine la Spagna vinse per 2-1, mentre Svizzera e Honduras pareggiarono. La nazionale allenata da Del
Bosque arrivò prima, per un gol in più segnato rispetto al Cile, che era comunque contento della qualificazione. Quegli ottavi mostrarono un tabellone inedito. Erano infatti soltanto 6 le squadre europee che avevano superato il turno, assieme a 7 nazionali del continente americano, due asiatiche e una africana. La prima giornata di questi ottavi originali vide l'Uruguay sconfiggere la Corea del sud e il Ghana spuntarla sugli Stati Uniti, portando ancora alto l'onore dell'Africa come unica nazionale rimasta in gioco. Poi, il 27 giugno, ci concentrammo tutti su Inghilterra-Germania. Carol non aveva molta fiducia negli uomini di Capello. E il gol di Klose dopo 20 minuti sembrò darle ragione. Podolski raddoppiò al 32esimo, e a quel punto la gara sembrava già decisa. Ma poi, Upson accorciò le distanze, e Lampard pareggiò, con un tiro da lontano. Un momento...pareggiò? Sì, pareggiò, perché la palla sbatté sulla traversa ed entrò nettamente in porta. Se ne accorsero tutti tranne l'arbitro Larriondo e il guardalinee Espinosa. Carol schizzò in piedi: "Ma come hanno fatto a non vederlo? Quello era gol!" Beh, non si sa come, ma non lo avevano visto. Nel secondo tempo fu ancora Lampard a rendersi protagonista, colpendo una traversa. Poi Muller realizzò il gol del 3-1 e quello del 4-1 nel giro di 3 minuti. L'Inghilterra era fuori. E due. Restava solo il Brasile. La sera, l'Argentina superò il Messico in 52 minuti, con una doppietta di Tevez e un gol di Higuain. Ai centroamericani fu concessa solo la rete della bandiera, segnata da Hernàndez. Una Slovacchia entusiasta fece faticare l'Olanda, che alla fine la spuntò per 2-1, lasciando comunque che Vittek, con un rigore, salutasse il suo pubblico, già felice per il risultato raggiunto. Il Brasile disputò una gara ordinata contro il Cile, e senza fare troppa fatica lo batté per 3-0. L'allenatore era Carlos Dunga, uno che da calciatore aveva sempre preferito la sostanza alla forma. Così, quel Brasile non era fantasioso e un po' ingenuo come quello del 1982, né fisico e veloce come quello del 1994, né moderno e poco attento come quello visto in Germania. Era solido, razionale, affidabile. Dunga aveva lasciato a casa due talenti del calibro di Adriano e
Ronaldinho, ottimi giocatori ma troppo evanescenti in campo, e soprattutto un po' troppo "allegri" fuori dal campo, e presentava una difesa di ferro con Jùlio César, Maicon, Juan, Lùcio, Dani Alves e Thiago Silva. Non fece molta fatica a battere il Cile, e al termine della gara Edy aveva un'espressione estasiata: "Forse questa è la volta buona!" Il Paraguay che tanto ci aveva spaventati non andò oltre lo 0-0 contro il Giappone. Si resero necessari supplementari e rigori, nei quali i sudamericani furono implacabili, segnando 5 rigori su 5, con Barreto, Barrios, Riveros, Valdez e Cardoso. I giapponesi realizzarono con Endo, Hasebe e Honda, ma fallirono con Komano, e lasciarono il mondiale. L'ultima partita degli ottavi era Spagna-Portogallo. Gli spagnoli giocarono meglio dei loro vicini di casa, vinsero con un gol di Villa, ma avrebbero potuto dilagare. Avevano vinto gli Europei 2 anni prima e apparivano in una forma smagliante. Erano rimaste otto squadre, quattro di loro sarebbero andate avanti. La prima sfida che si giocò nei quarti fu Brasile-Olanda. Edy girò per casa come uno zombie fino al momento del fischio d'inizio. Poi si sedette, pronto ad incitare quella bella e solida squadra, in grado di vincere la World Cup. E gli uomini di Dunga segnarono dopo appena 10 minuti, con Robinho. Mantennero il vantaggio per tutto il primo tempo, grazie anche a una difesa solida, in grado di fermare Van Persie e Kuyt e di non abboccare alle finte di Robben. O meglio, alla finta, perché è sempre quella: palla sul destro, movimento a rientrare e tiro di sinistro. Poi, successe l'imprevedibile. Felipe Melo contrastò Jùlio César in uscita su un cross di Sneijder e sfiorò il pallone quel tanto che bastava per farlo entrare in rete. Alla prima, vera occasione in 53 minuti, l'Olanda ò in vantaggio. I brasiliani accusarono il colpo, Melo più degli altri, tanto che un quarto d'ora più tardi si fece anticipare di testa, ancora da Sneijder, un "ometto" di appena 1 metro e 70, e gli consentì di segnare la rete del vantaggio. Sembrava che il giocatore brasiliano non potesse fare di peggio, e invece ci riuscì: dopo 5 minuti calpestò Robben. L'arbitro lo espulse e il Brasile restò in dieci uomini, contro un'Olanda che, dopo lo spavento iniziale, adesso era galvanizzata. Gli uomini di Dunga attaccarono disperatamente, ma fu Jùlio César a impedire a Sneijder la
tripletta. Terminò 2-1, con un intero popolo in lacrime, e mio marito accasciato su un tappeto sul quale aveva in precedenza rovesciato una birra. Se n'era andata anche la nostra terza squadra, non avrei più visto Jùlio César e consolare Edy era un compito tutt'altro che semplice! L'incontro della sera era Uruguay-Ghana, e si prospettava piuttosto equilibrato. Lo fu anche nella realtà, perché dopo i gol di Muntari e Forlàn non successe più nulla e si arrivò ai calci di rigore. Avevo una leggera simpatia per i ghanesi, più che altro perché mi avrebbe fatto piacere vedere una nazionale africana tra le prime quattro del mondo. Ma Forlàn, Victorino, Scotti e Abreu realizzarono dal dischetto per la "Celeste", con il solo errore di Pereira. Per il Ghana segnarono Gyan e Appiah e fallirono Mensah e Adiyiah. L'ultima squadra africana salutò così la World Cup, con la consolazione di aver ben figurato e di aver perso sul campo solo contro la Germania. La Germania. Non la Slovacchia o il Sudafrica! E il 3 luglio toccava, appunto, ai tedeschi. Io, intanto, stavo aspettando il pupazzetto di Zakumi, la mascotte dei mondiali, che avevo ordinato on line. Era in ritardo peggio di Felipe Melo su Sneijder! Una partita inedita, mai vista... Germania-Argentina! Maradona, di certo, di ricordi ne aveva, belli e brutti! Era stato un grande giocatore, ma come allenatore puntava troppo sulle individualità e poco sul gruppo. La coriacea Germania di Löw, ben messa in campo e assai opportunista, segnò subito con Müller, e nella ripresa dilagò con la doppietta di Klose e il gol di Friedrich. Le due nazionali più blasonate del Sudamerica se n'erano andate. E poche ore dopo se ne andò anche il Paraguay, che resistette alla Spagna fino all'83°, per poi subire il gol di Villa che mandò in semifinale i ragazzi di Del Bosque. Tra le prime quattro del mondo figuravano dunque l'Olanda, che non arrivava in finale dal 1978, l'Uruguay, che dopo aver vinto due World Cup in tempi lontani, si era fermato al quarto posto del 1970, e soprattutto la Spagna, che non era mai arrivata, fino a quel momento, alle semifinali. Un gruppo inaspettato, in cui la parte del leone la faceva la Germania, presente tra le prime quattro in maniera piuttosto regolare. "Così, per amore della novità, vorrei che vincesse una delle altre tre" Confessai a
Edy, che rispose: "Invece, ho paura che la spunteranno di nuovo i tedeschi" Il 6 luglio scesero in campo Uruguay e Olanda. Come era accaduto dall'inizio del torneo, ad accompagnare i giocatori c'erano le vuvuzelas, le trombette caratteristiche del Sudafrica che producevano un suono acuto e invadente. Ma oramai ci avevamo fatto l'abitudine, e nel frattempo mi era arrivato il pupazzo di Zakumi, che trovò posto tra le braccia di Carol, sulla poltroncina di bambù. Segnò van Bronkhorst al 18esimo, e Forlàn pareggiò alla fine del primo tempo. Gli uruguayani tenevano botta, non avvertendo la pressione che invece gravava sui colleghi europei, dopo le delusioni del '74 e del '78. Poi, nel giro di 3 minuti arrivarono i gol di Sneijder e Robben, l'Olanda prese fiducia e consentì agli avversari solo un gol, a tempo quasi scaduto, realizzato da Pereira. Adesso, avevamo la certezza che per la prima volta nella storia una nazionale europea avrebbe vinto un mondiale fuori dall'Europa. E quando iniziò SpagnaGermania, capimmo tutti che gli spagnoli avevano la seria intenzione di guadagnarsi la finale. Giocavano bene, proponevano, attaccavano, anche se erano poco concreti sotto porta. La Germania appariva lenta e macchinosa, ma sapevamo bene com'erano i tedeschi: capaci di non giocare per 90 minuti e poi tirare fuori il jolly. Che invece pescò Puyol, il difensore 32enne del Barcellona, pronto a infilarsi in area su un corner e a colpire di testa con forza e precisione, scaraventando la palla in rete. Era il gol che mandava gli spagnoli a Johannesburg, a giocarsi la loro prima finale della storia. I giocatori festeggiarono, e così la gente sugli spalti. I tedeschi, delusi, si prepararono a giocarsi il terzo posto contro la sorpresa Uruguay, ben consci che avrebbero avuto altre occasioni. Loro, bene o male, c'erano sempre. Il 10 luglio, il giorno prima della finale, telefonai a Wim, che era entusiasta, e che mi disse: "Visto? Finalmente quella bella donna se l'è presa qualcuno! Tiferai per noi, vero?" Non mi andava di mentirgli, e in realtà non mi sarei disperata se avessero vinto gli "orange". ma avrei tenuto per Casillas, che ormai era il mio amore da 8 anni, e per le furie rosse.
"Olanda" decise invece Edy "Anche se ci ha fatti fuori, Amsterdam è la città più ecologista d'Europa" "Però io a Barcellona mi sono divertito troppo" Replicò Rodrigo "E poi, come posso non tenere per il paese di Garcia Lorca?" "I miei hanno fatto il viaggio di nozze in Olanda" Ribattè Carol "Forza Van Persie!" E così, eravamo divisi: io e mio figlio a tifare Spagna e Edy e Carol con l'Olanda. Sarebbe stata una finale davvero interessante! Ma prima, c'era da determinare la terza e la quarta in classifica. E fu la Germania a spuntarla aull'Uruguay. I tedeschi andarono in vantaggio con Müller, ma Cavani pareggiò e nel secondo tempo Forlàn portò in vantaggio i sudamericani. La Germania rispose con Jansen, e poi, a otto minuti dalla fine, Khedira fissò il risultato sul 3-2. Okay, le prima tre del mondo erano europee! La finale Spagna-Olanda era inedita, e per questo ancora più interessante. Ma per 90 minuti nessuna delle due riuscì a segnare un gol. Gli spagnoli attaccavano, gli olandesi picchiavano e ripartivano in contropiede. La gara era bloccata e si giunse ai supplementari. Subito, la Spagna apparve in migliori condizioni fisiche rispetto agli avversari, L'arbitro continuava ad ammonire, a fine partita sul suo taccuino aveva scritti i seguenti nomi: Van Persie, Puyol, Van Bommel, Sergio Ramos, De Jong, Van Bronckhorst, Capdevila, Robben, Van der Wiel, Mathijsen e Xavi. Più Heitinga, che venne espulso durante i supplementari. In dieci contro undici, per l'Olanda fu tutto più difficile, e Iniesta, a 8 minuti dai calci di rigore, spense per sempre le loro speranze. Era il gol che valeva un mondiale. Il primo mondiale per la Spagna. Gi spagnoli impazzirono di gioia. Uno di loro, in particolare, aveva un motivo in più per gioire. Gerard Piqué, difensore 23enne, aveva conquistato la bella Shakira, colei che per un mese ci aveva deliziati con la sua voce e il "Waka Waka". Belli come il sole, romantici, ricchi e famosi, i due fecero sognare gli apionati di musica e i tifosi di calcio. E' un unione che a oggi, 2015, ancora regge ed è stata allietata dalla nascita di due bambini. Il mondiale in Sudafrica non si era rivelato fortunato, per noi italiani. Ma mi era piaciuto, vuoi per l'ambientazione esotica, vuoi per l'inatteso gruppo delle finaliste, vuoi perché provavo simpatia per entrambi i paesi che avevano giocato
la finale. A questo proposito, anche il mio beniamino Casillas aveva una bella fidanzata: la giornalista Sara Carbonero. Il bacio tra di loro, in mondovisione, fu tenerissimo e pieno di promesse. E per la prima volta nella storia, nessuno odiò la nazionale che vinse due europei e un mondiale in 4 anni. Era impossibile non amare gli spagnoli!
Vittek, castigatore degli azzurri
Piqué e Shakira
Domenech
Jùlio César
La Spagna campione del mondo
Zakumi
Brasile 2014
La caduta degli Dei
Edy me lo annunciò quasi tre mesi prima dell'inizio dei mondiali: "Se il Brasile va in finale, io volo a Rio a vederla. Mio zio ha preso un biglietto anche per me" Come dargli torto? Le ultime due World Cup erano state dure... solleticai anche l'idea di un match Italia-Brasile in finale, ma come avrei potuto lasciare Rodrigo a occuparsi da solo del B&B? "Ci penseremo se succederà" Decisi. Intanto, gli anni erano ati, e mio figlio era iscritto a economia e commercio e dava una mano al "Gufetto". Carol, che viveva con noi, aveva trovato lavoro come segretaria in uno studio medico. I due ragazzi avevano in mente di sposarsi nella primavera del 2015, quando Rodrigo si sarebbe laureato. Oviamente, ci attendevano grandi novità anche in campo calcistico. Infatti, in Brasile si sarebbero avuti per la prima volta lo spray evanescente per fissare la posizione delle barriere e i sensori che avrebbero avvisato l'arbitro in caso la palla avesse varcato la linea di porta. Beh, dopo la clamorosa svista sul gol di Lampard nel 2010 mi pareva il minimo! Stavolta avevo agito per tempo. Un amico di Edy era venuto a soggiornare da noi per Natale, e gli avevo chiesto espressamente il portachiavi di Fuleco, l'armadillo mascotte della World Cup. Così, quando mi sistemai davanti alla tv per il match di apertura, potevo gingillarmi con il mio nuovo amico! Inaugurava i mondiali la partita Brasile-Croazia, con Edy in stato di grande agitazione fino dalla mattina. Furono i croati a are in vantaggio, grazie a un
autogol di Marcelo. Poi, si accese Neymar. La stella del Barcellona, ispiratissima, come del resto Oscar, realizzò un gol capolavoro e poi segnò su rigore, a dire il vero, un po' generoso. Chiuse i conti Oscar, altro protagonista. Ma la squadra di Scolari pareva troppo bloccata, incapace di costruire gioco, tutta incentrata sulle individualità, che peraltro, salvo rare eccezioni, non erano neanche granché: Il Messico batté il Camerun di misura, facendo un o avanti per la lotta al secondo posto. La sfida tra i messicani e i brasiliani fu ricca di occasioni, tutte fallite. Terminò 0-0, e i tifosi dei verdeoro iniziarono a storcere il naso: tolti Neymar, Oscar, Jùlio César, Thiago Silva e Dani Alves, il gruppo non appariva all'altezza di vincere un mondiale. Il centrocampo era lento e prevedibile, l'attacco non aveva idee... e intanto la Croazia si disfò del Camerun con un 4-0 e adesso era lì, a un solo punto dalla coppia Brasile-Messico. Per fortuna dei brasiliani, per qualificarsi sarebbe bastato battere il Camerun già eliminato. E lo fecero, con un super Neymar che realizzò una doppietta prima e dopo il gol degli africani, spianando la strada ai compagni, che segnarono altri 2 gol nella ripresa. Il Messico battè per 3-1 la Croazia, agganciando il Brasile, che giunse comunque primo grazie a una migliore differenza reti. La Spagna campione del mondo e due volte campione d'Europa era inserita nel gruppo B assieme a Olanda, Australia e Cile. Ma già dalla prima gara contro gli "orange" si capì che qualcosa non funzionava più. Al gol di Alonso su rigore (dubbio!),rispose Van Persie, tuffandosi come un angelo su un cross, con un movimento plastico, e realizzando una rete spettacolare. Nella ripresa, ci fu il crollo. Robben e De Vrij, in soli 11 minuti, fecero il 3-1. La Spagna sparì dal campo, e ci fu ancora il tempo per Robben e Van Persie per la doppietta, quest'ultimo sfruttando un grossolano errore del "mio" Casillas. Risultato finale: 5-1, una vera batosta per i campioni in carica! Il Cile non ebbe problemi a superare l'Australia, ed era pronto a sfidare gli uomini di Del Bosque, che stavano cercando una rivincita. Rivincita che non ci fu. I cileni regolarono gli spagnoli con un 2-0 già nel primo tempo, il portiere Bravo respinse i pochi palloni pericolosi di Villa e compagni, e incredibilmente alla fine il verdetto fu spietato: Spagna fuori dai mondiali. L'Olanda sconfisse l'Australia con i soliti Robben e Van Persie, cui si aggiunse Depay per il 3-1 finale, e l'ultima partita sarebbe servita solo a decidere il primo in classifica. L'estremo moto di orgoglio della Spagna mandò a casa l'Australia con un netto 3-0, che servì a poco, perché tutti gli occhi erano puntati su Olanda-Cile. Gli olandesi la spuntarono nel finale, ando il turno a punteggio pieno. E Wim mi inviò un messaggio su Whatsapp:
"Dai, forse stavolta ci siamo!" Nel girone C si scontravano quattro nazioni e quattro culture. L'unica squadra europea era la Grecia, che iniziò male, subendo tre gol dalla Colombia. Nell'altro incontro la Costa d'Avorio di Gervinho e Drogba sconfisse il Giappone. Poi, i colombiani batterono gli africani e raggiunsero la qualificazione matematica, mentre Giappone e Grecia si fermavano reciprocamente.sullo 0-0. A quel punto, la Costa d'Avorio era a 3 punti, le altre due squadre a 1, e l'ultima giornata sarebbe stata decisiva. La Colombia non si fermò e diede 4 gol al Giappone, eliminandolo. Grecia-Costa d'Avorio era sull'1-1, risultato che avrebbe qualificato gli ivoriani, ma a tempo praticamente scaduto l'arbitro fischiò un rigore per i greci. Tirò Samaras, segnò e fece terminare l'avventura della squadra di Drogba. Colombia prima a 9 punti, Grecia seconda a 4. L'Italia era inserita in un girone con Inghilterra, Uruguay e Costarica. I discorsi dei tifosi vertevano tutti sul fatto che probabilmente chi avesse segnato più gol al Costarica sarebbe ata, tra le tre grandi, nel caso di parità di punti. La lotta sarebbe stata tutta tra europei e sudamericani. Ecco, il calcio proprio non è una scienza esatta! Infatti, i "ticos" sconfissero l'Uruguay che era andato in vantaggio, per 3-1. E ora? Ora non erano più in tre a lottare, ma in quattro! La situazione si complicava... Ma nella gara di mezzanotte l'Italia ebbe ragione degli inglesi. In appena 15 minuti segnò Marchisio, pareggiò Sturridge, Balotelli fissò il 2-1. La fiducia nel gruppo di Prandelli crebbe così tra noi spettatori in attesa di ridimensionare il Costarica e giocarci la qualificazione. Cinque giorni dopo, una doppietta di Suarez stese l'Inghilterra, tra un'infinità di polemiche e le lacrime di Carol. Il giorno seguente, l'umiltà del Costarica ebbe la meglio sul palleggio sterile degli azzurri. Incredibilmente, fummo sconfitti per 1-0. Non tutto era perduto. Italiani e inglesi si misero a fare due conti. Il Costarica era a 4 punti, l'Uruguay e l'Italia a 3, a 0 gli uomini di Hodgson. Se gli azzurri avessero battuto l'Uruguay e gli inglesi i centroamericani, c'era ancora possibilità per entrambe. All'Italia addirittura sarebbe bastato un pareggio, e con una vittoria forse la classifica del gruppo sarebbe cambiata. Noi e gli inglesi non ci rassegnavamo, dovevamo andare avanti! I conti, però, servono poco se nessuna delle due vince l'ultima partita. Contro un Uruguay determinato, un'Italia confusa e sprecona perse Marchisio per
espulsione nel secondo tempo, poi poco a poco mollarono tutti, tranne Buffon, che continuò a salvare il risultato. Fino al minuto 81, quando Godin staccò su un calcio d'angolo e mandò la palla in rete. Quel gol ci cacciava fuori dai mondiali, per la seconda volta consecutiva. Ma l'Uruguay aveva meritato, perché era sceso in campo con grinta e cattiveria (anche troppa: Suarez aveva tentato di mangiarsi Chiellini!). Identica sorte toccò agli inglesi, che furono fermati dal Costarica sullo 0-0. Incredibilmente, la nazionale che doveva servire da vittima sacrificale per stabilire la classifica delle tre "grandi" vinse il girone, e andò agli ottavi assieme all'Uruguay. Io e Carol ce ne stavamo in giardino, immobili, fissando il vuoto. E lei osservò: "Da quanto giochiamo male ho la nausea" "Già..." Io buttai lontano un sassolino "Ora ci resta solo il Brasile!" La Francia, reduce dalla delusione del 2010, aveva cambiato molto. L'allenatore adesso era Deschamps, e in campo c'erano giocatori giovani e motivati, tramontata la generazione di Zidane. Dopo che la Svizzera aveva battuto l'Ecuador, i Bleus sconfissero nettamente l'Honduras per 3-0, con una doppietta di Benzema e un'autorete. Pochi giorni dopo, i si calarono la cinquina contro gli elvetici. Tre gol nel primo tempo, due nel secondo. Giroud, Matouidi, Valbuena, Benzema, Sissoko. L'Ecuador batté di misura l'Honduras e superò la Svizzera. Poi, però, fu fermato dalla Francia già qualificata sullo 0-0. Gli Svizzeri regolarono i centroamericani con una tripletta di Shaqiri e raggiunsero il secondo posto. Quanta storia contemporanea c'era nel giorne F ! L'Argentina, che per anni era stata governata dai militari (ancora ci sono centinaia di persone scomparse e mai ritrovate), doveva vedersela contro la Nigeria, un paese tormentato da conflitti interni, omicidi di massa, persecuzioni delle minoranze e vari attentati sul territorio. Con loro c'era anche l'Iran, lo stato nemico dell'Occidente per antonomasia, temutissimo per le sue ambizioni nucleari. Completava il gruppo la Bosnia-Erzegovina, debuttante assoluta nel calcio ma non solo, la nazione che era stata teatro di un conflitto sanguinoso appena 20 anni prima, e che era nata sulle macerie della guerra civile. Tanto interessanti storicamente tutte e quattro le squadre, ma sul campo appariva abbastanza ovvio che Argentina e Nigeria erano nettamente superiori alle altre due.
E invece, Messi e compagni faticarono contro la Bosnia, vincendo solo 2-1. E gli africani furono fermati sullo 0-0 dall'Iran. Un caso? Direi proprio di no, perché alla seconda giornata l'Argentina trovò il gol del suo gioiello Messi nei minuti di recupero, ottenendo un risicato 1-0 ai danni dell'Iran, e la Nigeria fece fatica contro i bosniaci, accontentandosi anch'essa di una sola rete. L'Argentina, nonostante le difficoltà, era già a 6 punti. Ma se la Nigeria avesse perso contro i sudamericani e contemporaneamente l'Iran avesse battuto la Bosnia, gli africani avrebbero rischiato un'eliminazione clamorosa. Quella tra Argentina e Nigeria fu una bella partita. Segnò Messi, pareggiò Musa dopo un minuto. La "pulce" si ripeté nel finale del primo tempo, ma ancora Musa rispose a inizio ripresa. Il pari durò tre minuti, perché Rojo realizzò la rete decisiva e per gli africani arrivò la sconfitta. Per fortuna loro, l'Iran perse contro la Bosnia, qualificandoli agli ottavi come secondi, dietro a un'Argentina pimpante e fantasiosa davanti, ma con evidenti limiti difensivi. Un girone cha appariva piuttosto equilibrato era quello che comprendeva Germania, Portogallo, Stati Uniti e Ghana. Nel primo incontro, una tripletta di Müller e un gol di Hummels consentirono ai tedeschi di sconfiggere Cristiano Ronaldo e compagni. Un risultato che fece scalpore. Intanto, gli Usa la spuntarono sul Ghana. Gli africani fermarono poi i tedeschi sul 2-2, in una gara combattuta. I lusitani faticarono contro gli Stati Uniti, trovando il pareggio a tempo praticamente scaduto. Alla squadra di CR7 non restava che sperare in una vittoria tedesca molto netta contro gli americani, ma provando a battere il Ghana con parecchi gol di scarto. La Germania prese qualificazione e primo posto con un 1-0 realizzato da Müller . Il Portogallo vinse, ma di misura, e si ritrovò appaiato agli Usa, però con -3 di differenza reti contro lo 0 degli statunitensi. Così, seguì Italia, Spagna e Inghilterra nel triste ritorno sul vecchio continente. Nel gruppo H, il Belgio iniziò battendo l'Algeria, mentre Russia e Corea del sud pareggiarono 1-1. Poi, i belgi sconfissero anche la Russia, guadagnandosi il aggio del turno. Gli algerini ebbero la meglio sui coreani, e legittimarono l'accesso agli ottavi con una vittoria sulla Russia. Il Belgio superò la Corea di misura e vinse il girone a punteggio pieno. Di nuovo, come in Sudafrica, le squadre europee promosse erano soltanto 6. C'erano 8 nazionali tra nord, sud e centro America, e due africane.
Gli ottavi si aprirono con Brasile-Cile, in teoria una gara non impossibile per gli uomini di Scolari. Ma al gol di David Luiz rispose Sanchéz, e nonostante gli attacchi dei verdeoro si andò ai supplementari. Che non bastarono, anzi, a rischiare fu proprio il Brasile, all'ultimo minuto, quando Pinilla colpì la traversa. Ed eccoci ai rigori. Edy era paralizzato, e non riusciva ad emettere un suono. La sola idea di uscire agli ottavi, nel mondiale giocato in casa, lo terrorizzava. David Luiz andò per primo e realizzò. Poi Jùlio César parò su Pinilla, e Edy fece un respiro un po' più forte. Subito dopo, però, Willian mandò a lato. Mio marito seguì Sànchez che si avvicinava al dischetto stringendo il bracciolo della poltrona. Jùlio César ripeté la parata precedente, su una palla centrale. Marcelo spiazzò Bravo e fece 3-1. Segnò anche Arànguiz, e poco dopo Hulk si fece respingere il tiro. Dìaz portò il Cile sul 3-3 quando mancava un solo rigore a testa per finire la serie, prima di andare ad oltranza. Neymar, con incredibile sangue freddo, realizzò di precisione. Jara, invece, colpì il palo e mandò ai quarti il Brasile. Era stata molto più dura del previsto, e Edy non riusciva ad alzarsi dalla poltrona, felice com'era per lo scampato pericolo, ma anche un po' perplesso sul gioco della sua squadra. Nell'altra sfida tra sudamericane, la Colombia sconfisse l'Uruguay con una doppietta di James Rodrìguez. Edy iniziava a temere i colombiani, che avevano segnato 9 gol nella fase eliminatoria e che si erano sbarazzati della "Celeste" senza soffrire eccessivamente. Per l'Olanda, non fu semplice battere il Messico. Si trovò in svantaggio dopo 3 minuti dall'inizio della ripresa, agguantò il pareggio a due minuti dalla fine e in piena fase di recupero ottenne un rigore, che tirò Huntelaar, realizzando e regalando i quarti alla sua nazionale. Le grandi squadre europee, comunque, mostravano tanti limiti! La Grecia, che era arrivata ai quarti grazie a un rigore a tempo scaduto, ottenne un altro rigore a tempo scaduto, che pareggiò la rete del Costarica, realizzata con Ruiz al 52esimo. I supplementari non servirono a decretare un vincitore, così si arrivò ai rigori. Qui, i centroamericani furono perfetti, realizzando 5 penalties su 5. Il greco Gekas sbagliò il suo e la squadra ellenica tornò a casa, assieme a tutte le altre nazionali del sud Europa. A tenere alto l'onore del vecchio continente ci pensarono, il giorno seguente,
Francia e Germania. La prima sconfisse per 2-0 la Nigeria, la seconda la spuntò sull'Algeria con 2 gol nel finale dei tempi supplementari, rendendo inutile la rete della bandiera di Djoabou a pochi secondi dal fischio dell'arbitro. I magrebini uscirono con tutti gli onori, avendo disputato una grande partita, impegnando i tedeschi e non smettendo mai di lottare. Decisamente, avevano fatto meglio di Italia, Spagna, Portogallo e Inghilterra! L'Argentina stentava, ma andava avanti, sempre con vittorie risicate e ottenute a fatica, come fu qualla contro la Svizzera. 0-0 nei 90 minuti, supplementari e al 118° il gol di Di Maria che significava quarti di finale. Anche in Belgio-Usa furono necessari 30 minuti in più, per sbloccare il risultato. I belgi segnarono due gol in 12 minuti, e per gli americani non bastò la rete di Green. Nel primo quarto, una Germania cinica liquidò la Francia con un gol di Hummels a inizio gara. Ci sarebbero stati, ancora, i tedeschi, nel bene e nel male sempre presenti. Quando iniziò Brasile-Colombia, eravamo tutti molto preoccupati. Ma la squadra di Scolari partì forte, trovando il vantaggio con Thiago Silva, e mantenne un atteggiamento aggressivo e concentrato fino al raddoppio, con David Luiz su punizione. I colombiani fecero fatica a creare gioco, ma ottennero un rigore a dieci minuti dalla fine. Rodrìguez lo realizzò, e i fantasmi tornarono a materializzarsi. La Seleção resisteva poi, nel finale di partita, Zuniga franò addosso a Neymar, colpendolo alla schiena. Il gioco continuò, ma dopo pochi istanti l'arbitro fu richiamato, e corse a sincerarsi delle condizioni del giocatore. Non era il solito infortunio di gioco. Neymar urlava e piangeva, toccandosi il punto colpito. Fu portato fuori in tutta velocità, verso l'ospedale. La diagnosi sarebbe stata impietosa: vertebra rotta, mondiale finito. Forse, da quel momento la fiducia dei giocatori brasiliani si affievolì. Senza il loro uomo migliore, come avrebbero potuto tenere testa a Germania, Olanda e Argentina? C'erano poche idee, la squadra la reggevano portiere e difensori, Oscar da solo non avrebbe potuto sobbarcarsi tutto il peso di gol, assist, azioni, cambi di gioco e verticalizzazioni. E da quella sera, dalle lacrime di Neymar, il Brasile scomparve. Ovviamente, noi non sapevamo ancora che sarebbe scomparso, tuttavia Edy non rispose alla mail dello zio che gli dava indicazioni per trovarsi allo stadio il 13
luglio. Non voleva proprio pensarci! L'Argentina possedeva, forse, l'attacco più forte del mondo. Ma vinse sempre di misura. Contro il Belgio fu Higuain, a colpire a mezza altezza con un destro al volo, segnando la rete decisiva. Eravamo ancora in attesa delle goleade, che non arrivarono mai. La sera, toccava a Olanda e Costarica. I pronostici erano tutti per Van Persie e compagni, ma...ricordate? Quando Italia, Uruguay e Inghilterra volevano sfidarsi a chi massacrava meglio i "ticos"? Era bene non sottovalutare gli avversari! E infatti, il Costarica, con un portiere in gran forma, un'ottima organizzazione difensiva e un atteggiamento concentrato, portò gli olandesi ai supplementari e poi ai rigori. Van Gaal, un altro che fa sempre parlare di sé, tolse il portiere titolare Cillessen, e lo sostituì con Krul, specialista sui tiri dagli undici metri. Gli olandesi furono implacabili. Segnarono tutti: Van Persie, Robben, Sneijder e Kuyt. Krul parò su Ruiz e Umaña, e la squadra più divertente del mondiale fu eliminata. La mattina del' 8 luglio, Carol venne in giardino mentre stavo chiacchierando con un'ospite danese, e mi prese da parte: "Devo dirtelo, l'ho appena saputo: sono incinta" "Oh, Dio..." Non me lo aspettavo "Dio, sarò nonna...una nonna che guarda i mondiali!" "Sarai una nonna giovanissima" Osservò lei "Lo dirò a Rodrigo a pranzo, a dirlo a Edy ci pensi tu?" "Ma certo" Promisi "Appena finita la partita gliene parlerò. Così, se è andata bene sarà gioia doppia, se è andata male si consolerà" Ancora non sapevo quanto poteva andar male una semifinale! Mancavano Neymar, infortunato, e Thiago Silva, squalificato. Ma il tifoso non si mette mai a vedere una partita pensando: "Abbiamo già perso"
E non lo fece nemmeno mio marito. Neanche quando ammise che la difesa verdeoro era distratta, il centrocampo prevedibile e l'attacco inesistente. Non perse le speranze nemmeno dopo il gol di Müller. Ma quando, nel giro di 3 minuti arrivarono la rete di Klose e la doppietta di Kroos, rimase attonito: "Oh cazzo...stiamo davvero perdendo 4-0?" "5-0" Lo corressi io, seguendo Khedira che trafiggeva il "mio" Jùlio César. A quel punto, Edy nascose la testa tra le mani: non era possibile. Il Brasile giocava in casa, ed era sotto di 5 gol quando il primo tempo non era ancora finito! Nella ripresa, la squadra di Scolari provò a reagire, ma senza successo. Schürrle rilevò Klose, e decise di partecipare alla festa. Nel giro di 10 minuti realizzò due gol, portando i tedeschi sul 7-0. La gente sugli spalti era sconvolta, sotto shock. Chiunque aveva messo in conto l'eventualità di perdere la semifinale contro i tedeschi, magari ai supplementari, o ai rigori, o per un errore in più o in meno. Ma quello, quello era un risultato che andava oltre ogni immaginazione. Il Brasile avrebbe dovuto vincere il mondiale in casa, invece era allo sbando, in balia di una Germania che a un certo punto smise anche di premere, tenendo le forze per la finale. Oscar segnò al 90esimo, e rimase a testa bassa, sentendosi quasi in colpa. Non era mai successo. Mai una semifinale si era conclusa con un risultato così pesante. Mai il Brasile aveva subito 7 reti. Mai una nazionale che ospitava i mondiali aveva subito un ivo tanto evidente. E tutto il paese era distrutto, sconcertato, disperato. Quello era il momento giusto per avvicinarmi a Edy, che stava parlando con Fuleco, porgergli una birra e dirgli: "Diventeremo nonni. Carol aspetta un bambino" Lo capì a scoppio ritardato, un po' come i giocatori della sua squadra. Poi, alzò il viso e trovò la forza di sorridere: "Che bella notizia! Ma lui la laurea la prende lo stesso, vero?" La disfatta non lo aveva cambiato. Era sempre Edy babbo, severo ed esigente. Che naturalmente non andò a Rio, ma restò a casa, organizzando per la finale
una grigliata in giardino. Il giorno dopo, si affrontavano Olanda e Argentina. Il tifo di Edy era per gli orange, mentre io ero indecisa. Da un lato adoravo Amsterdam, dall'altro avrei voluto vedere Messi in finale. Non fu una bella partita, con squadre bloccate e poche occasioni. I supplementari non bastarono. Ci si avvicinava ai rigori e tutti pensavamo che Van Gaal avrebbe inserito di nuovo Krul. Sbagliavamo, perché il "genio" tolse Van Persie, uno dei migliori rigoristi, come terzo cambio, e l'uomo dei rigori non entrò. Romero parò il primo tiro, di Vlaar. Messi non sbagliò. Robben realizzò l'1-1. Garay riportò in vantaggio l'Argentina. Sneijder si fece deviare la palla da Romero. Agüero segnò con un tiro preciso. Kuijt spiazzò Romero. Maxi Rodrìguez fu freddo ed efficace. La sfera entrò, l'Argentina era in finale! Avevate mai sentito parlare di Germania-Argentina? Ormai era diventato un classico come le repliche di film visti e rivisti in agosto. Brasile-Olanda poteva, in teoria, essere interessante, come rivincita del 2010... ma a quale brasiliano, a quel punto, importava arrivare terzo o quarto dopo la disfatta di Belo Horizonte? Contava solo per chi era allo stadio, quella partita. Per chi aspettava una prova di orgoglio, per poter almeno in parte perdonare ai giocatori la figuraccia di 4 giorni prima. C'era perfino Neymar, uscito dall'ospedale solo per andare in panchina a incitare i compagni. E si può dire che se fosse entrato, anche con le stampelle, avrebbe fatto meglio di molti degli altri. Dopo 3 minuti fu fischiato un rigore all'Olanda e Van Persie non lo sbagliò ( e forse a Van Gaal venne in mente che aveva fatto una cazzata a toglierlo in semifinale). La reazione brasiliana non ci fu. Al 17esimo Blind raddoppiò e ancora non si notò alcun tentativo di gioco. Oscar si sbatteva, da solo, nel vano tentativo di creare occasioni, che il gruppo di calciatori per caso là davanti si guardava bene dallo sfruttare. E infine arrivò la rete di Wijnaldum allo scadere, che fissò il punteggio sul 3-0, aggiungendo altri gol ai 7 subiti in semifinale dai verdeoro. Chi avrebbe vinto l'ennesima finale tra Argentina e Germania? C'era tanta storia, dietro a quel match, l'intera storia del calcio moderno. Ma non fu un bel match. I sudamericani si divorarono diverse occasioni, Messi non riuscì a fare la differenza come Maradona nell'86, e nell'intervallo eravamo più annoiati che incuriositi. Sabella tolse Lavezzi, uno dei più fantasiosi, per inserire Agüero.
Cambiò poco, o meglio, sarebbe potuto cambiare, se Rizzoli, unico italiano in finale, avesse espulso Neuer. Il portiere tedesco uscì su Higuain in piena area di rigore, travolgendolo con violenza. L'impatto ricordò quello di Schumacher su Battiston nel 1982, ma per fortuna di Higuain le conseguenze non furono così gravi. Rizzoli decise bene di non espellere Neuer e di non fischiare il rigore, e la gara proseguì verso i supplementari. Stanche e nervose, le due squadre giocarono poco, tra falli, errori e poca lucidità. I rigori sembravano inevitabili, quando, a 7 minuti dalla fine, De Michelis si lasciò scappare Götze, che aveva sostituito Klose prima dei supplementari. Il giocatore controllò la palla di petto, la fece scendere sul sinistro e infilò Romero di precisione. Quello era il gol che regalò alla Germania la coppa del mondo. I giocatori tedeschi esultarono con l'energia di uno che si è appena alzato e non ha ancora bevuto il caffè. Pensarono più a sfottere gli argentini che a godersi la vittoria, che non costituiva certo una novità. Rimpiansi un po' le immagini festose della Spagna di quattro anni prima, ma che ci volete fare? La Germania era così. Arrivava in silenzio, si sistemava, ragionava, agiva e colpiva. Non era come l'Italia rumorosa, come la Francia sfarzosa, come l'Argentina scatenata, il Brasile entusiasta, la Spagna adrenalinica. Era l'unica europea del nord ad aver vinto i mondiali e, come una madre severa, teneva a bada quel gruppetto di figli vivaci e senza freni. Io avevo iniziato la mia avventura con la World Cup da ragazzina ingenua e un po' solitaria. La proseguivo da donna, che aveva un figlio che era più vecchio di Neymar, e che presto lo avrebbe visto diventare padre. Una donna seria, organizzata, che gestiva la propria azienda in maniera puntigliosa e razionale. Ma che ogni quattro anni, per un mese, ritornava ad avere 14 anni, ad agitarsi davanti alla tv e a perdersi negli occhi dei portieri.
La gioia del Costarica, promosso ai quarti
Neymar
Tifosi brasiliani tristi dopo i 7 gol subiti dalla Germania
Krul, il para rigori
Gotze esulta dopo il gol all'Argentina
Fuleco
Piccola enciclopedia della World Cup
A Al Deayea- Classe '72, portiere della nazionale saudita per ben 5 mondiali, anche se l'ultimo da riserva, è stato uno dei miei grandi amori, con quegli zigomi altissimi e quegli occhi allungati. Qualche chiletto in più e sarebbe stato un gran figo! Altobelli- Alessandro, colui che col terzo gol ai tedeschi ci ha fatto vincere i mondiali nel 1982. Unico a salvarsi nel tracollo del 1986, per me resterà tutta la vita quello che ha fregato Schumacher, in quella azione che durò pochi secondi ma che per noi sembrò non finire mai. Argentina- Prima era il paese dei colonnelli, poi è stato il paese di Maradona e ora è il paese del Papa. Ha vinto i mondiali nel 1986, raggiungendo la finale nel 1990 e nel 2014. E' la nazione da cui vengono moltissimi degli attaccanti più forti degli ultimi anni.
B Baggio Roberto- Per un decennio è stato l'essenza stessa del calcio. Nel 1994 ci ha trascinati letteralmente in finale, per poi sbagliare il rigore decisivo. Non si è mai atteggiato a "divo", lavorando sempre con impegno. Ricordiamo tutti il penalty di Pasadena che supera la traversa, ma non con rabbia, con un amore infinito, per il giocatore più dotato che la nazionale abbia mai avuto. Baresi Franco- Il discorso si ripete. Baresi a 34 anni in Usa si ruppe il menisco, si operò, tornò in campo a tempo di record per la finale, e poi fallì dal dischetto. Un vero leader, sfortunato. Battaglia di Norimberga- Quando si pensa a Olanda-Portogallo del 2006 non ci viene in mente una sola azione di gioco, ma unicamente falli, cattiverie e
nervosismo. Questa partita va ricordata perchè non si ripeta mai più. Bats- Joël. Portiere della Francia in Messico, sopravvissuto a un cancro e in seguito divenuto poeta, è da anni tra gli organizzatori di "Foot-concert", un'iniziativa che raccoglie fondi per curare la malattia di Huntington. Oggi è un signore di mezza età, ma ha sempre i riccioli scompigliati, che col tempo sono diventati grigi. Bearzot- Enzo. L'uomo che nessuno di noi potrà dimenticare. Morto nel 2010, ci portò alla vittoria nel 1982, facendo ricredere tutti gli scettici. Schivo, riservato, sempre con la pipa in bocca, sapeva come infondere fiducia ai giocatori, tanto che resuscitò Paolo Rossi! Beckenbauer- Franz. Unico difensore ad aver conquistato due volte il "Pallone d'oro", ha vinto il mondiale 1990 alla guida della Germania. E' attualmente presidente onorario del Bayern Monaco. Beckham- David. E' una star nel Regno Unito. Bello, ricco, famoso, sposato con una ex Spice girl, ha disputato tre mondiali. Avrebbe potuto stare fermo, farsi servire e giocare solo palla al piede, invece pressava, correva e non si vergognava di commettere falli, anche duri. Chi non lo ha mai visto giocare gli dà del "fighetto", beh, lui è tutt'altro. E' stato ed è un uomo con solidi principi, e in campo non ha mai tirato indietro la gamba. Bilardo- Carlos. Ha vinto il mondiale 1986, è arrivato in finale nel 1990, e tutto ciò solo perché aveva Maradona. Seguì il "Pibe" come suo assistente sulla panchina della nazionale nel 2010, poi, quando Diego fu esonerato, lo tradì, e dopo avergli giurato che sarebbe andato via anche lui dallo staff, restò col nuovo c.t. Batista (che fece anche peggio di Maradona e fu mandato via). Uomo che si trova in questa enciclopedia per puro caso! Biscotto-Accordo poco sportivo tra due squadre per "non farsi male". Fu scandaloso quello del 1982 tra Germania e Austria, quando le due nazionali si affrontarono nell'ultima sfida del girone eliminatorio. L'Algeria aveva già battuto il Cile e sognava di are il turno. Non fu possibile, perchè l'Austria lasciò vincere i tedeschi per 1-0, risultato che le qualificava entrambe. Da notare che poi la Germania arrivò in finale, e che fu protagonista della controversa semifinale contro la Francia...la storia di Spagna '82 sarebbe potuta essere molto diversa!
Brasile- Campione del mondo nel 1994 e nel 2002, vice campione nel 1998, ha giocato decisamente meglio nel 1982 e nel 2010. L'inno brasiliano è il più bello del mondo, e quando viene cantato in tutto lo stadio mette i brividi. La Seleção ha per tradizione i giocatori più forti con la palla la piede, perché i brasiliani.iniziano a giocare a calcio prima che a camminare! Buffon- Gianluigi. per ovvi motivi detto "Gigi"! E' ancora uno dei pochissimi portieri al mondo capaci di "stregare" gli attaccanti. Buona parte della World Cup vinta nel 2006 è sua. Ha il solo, grande difetto, di mettersi con donne famose invece che rimorchiare aspiranti gieffine o veline nei "privée" come fanno molti altri, per questo la stampa lo prende di mira.
C Cannavaro- Fabio, vedi Buffon. Un'altra grossa fetta della coppa del 2006 è sua. E' stato perfetto in Germania, con classe ma anche con cattiveria quando serviva. Quell'anno vinse il "Pallone d'oro" e tanta gente storse il naso. Chi doveva vincerlo? Henry, che senza Zidane combinava poco o nulla? Zidane stesso, con magari una bella testata anche al trofeo? Ronaldinho, che invece che concentrarsi sul mondiale scappava dal ritiro per fare sesso (e giocare ai videogames, che è ancora più grave!), e che fu uno dei colpevoli della eliminazione? No, la lotta era solo tra il portiere e il difensore azzurri! Via, dai, avevamo vinto, e senza dubbio avevamo vinto con la difesa! Casillas- Iker. Classe 1981, protagonista di 4 mondiali, di cui uno vinto, in Sudafrica, nel 2014 è stato preso di mira per alcuni suoi errori (come se il resto della squadra avesse giocato un bel calcio!). Ma questo è il triste destino dei portieri, ed è uno dei motivi per cui mi piacciono! Čech - Petr. Portiere della nazionale ceca ai mondiali 2006. Di solito non impazzisco per i biondi, ma per lui feci un'eccezione: troppo carino! Corea del sud- Ne vogliamo parlare? Si organizzò i mondiali in casa, si adoperò per arrivare in semifinale, elargendo chissà quanti soldi e favori per eliminare nell'ordine Portogallo, Italia e Spagna, così facendo falsò un intero mondiale. Infatti, a distanza di anni, nei paesi eliminati ci si ricorda meglio i nomi degli arbitri che quelli dei giocatori asiatici. Per forza, sono stati quelli davvero determinanti!
Costarica- Forse, se non fosse stato per la World Cup, non avremmo mai scoperto questo paese,dove tutti vivono in armonia e nel rispetto della natura (se andate in Costarica e vedete uno che getta una cartaccia in terra, probabilmente è italiano). La squadra centroamericana ha partecipato al suo primo mondiale nel 1990, poi nel 2002 e nel 2006 non ha superato il girone eliminatorio. Nel 2014 ha vinto il gruppo delle tre allegre nazionali che volevano giocarci contro a occhi chiusi, ha battuto la Grecia agli ottavi ed è usicta ai quarti ai rigori contro l'Olanda che sarebbe arrivata terza. Che belli i "ticos", e quanta allegria hanno portato! Cristiano Ronaldo- Nel 2006 era un bel ragazzo pieno di sé, supponente ed egoista, con piedi buoni ma poca propensione al sacrificio. Mourino, al Real, lo ha trasformato e adesso CR7 lotta, picchia e torna indietro. Purtroppo, gioca nella nazionale portoghese, che pare sempre lì lì per fare il grande o ma si ferma sul più bello. Perciò, non vincerà mai un mondiale.
D Dasaev- Rinat. Giocò tre mondiali con l'URSS: 1982, 1986 e 1990. Era un bellissimo ragazzo e anche un ottimo portiere. Ma ebbe una vita tragica. Da sempre musulmano, dovette tenere nascosta la sua religione durante il periodo comunista. Nel 1988, dopo il trasferimento al Siviglia, iniziò a bere, ebbe un incidente, si ritirò dal calcio tre anni dopo e tornò in Russia. Finì in rianimazione per un altro incidente, e la moglie lo lasciò, portandosi via le figlie. Dasaev aprì un negozio, che però fallì. La Pravda lo rintracciò in seguito, scoprendo che viveva in povertà. Un amico lo riportò nel calcio, come allenatore dei portieri. Lui poco a poco si riprese, sposò una ragazza spagnola da cui ebbe tre figli, aprì una scuola calcio e oggi fa parte del comitato organizzatore dei mondiali 2018. Ha soltanto 58 anni, ma i segni del ato da alcolista sono ben visibili su quello che un tempo era un bel viso. E' gonfio, appesantito, sciupato. Si è rovinato con le proprie mani, ma è riuscito a rialzarsi appena in tempo. Del Bosque-Vicente. Di nobili origini, è infatti un marchese, non è mai stato un allenatore molto considerato. E zitto zitto è riuscito a vincere i mondiali 2010 e due anni dopo gli europei. Sempre in silenzio, discreto come si conviene a un uomo di sangue blu!
E Escobar- Andrés. La sua è la pagina più brutta della storia dei mondiali. Oggi sarebe vicino ai 50 anni, magari sarebbe sposato, con figli che stanno diventando grandi, e ricorderebbe l'autogol del 1994 con un sorriso un po' imbarazzato. Invece, non è arrivato a compiere 28 anni, perché era nato nel posto sbagliato.
F Felipe Melo- Ovvero: la sintesi di cosa non si dovrebbe fare in un quarto di finale dei mondiali. Nell'ordine: spostare il tuo portiere e mandare la palla in rete, farsi superare di testa da un piccoletto, lasciare la squadra in 10 perché decidi di pulirti le scarpe su un avversario. In Brasile-Olanda del 2010 ha fatto tutto ciò in appena 20 minuti. E bravo! Francia- Paese da sempre rivale dell'Italia dove, per onestà, bisogna ammettere che infrastrutture e servizi funzionano alla grande. Forse la nazionale più matta tra le grandi del mondiale. Ecco il suo percorso dal 1982 al 2014: quarta, terza, non presente, non presente, campione, eliminata al primo turno, seconda, eliminata al primo turno, arrivata ai quarti di finale. Un po' di zig zag, che dite?
G Gentile- Claudio. E' stato lui ad annullare Maradona nel 1982, e poi si è ripetutto con Zico. Se Gentile non si fosse occupato di impedire il gioco agli avversari, gli azzurri non avrebbero mai sconfitto Argentina e Brasile. Sugli scudi sono andati altri, ma noi che lo abbiamo visto giocare non dimenticheremo mai la sua grinta e il suo impegno. Germania- Sempre presente dal 1982, vincitrice due volte, medaglia d'argento tre volte, solo in due occasioni non ha disputato una finale: nel 1994 e nel 1998, arrivando comunque a un o. Non è odiata, non è amata, ma si sa tutti che è lì e tutti la temiamo. E', appunto, la compagna di classe silenziosa che non brilla ma che ti dà del filo da torcere.
Guevara Mora- Luis. Era il portiere della nazionale di El Salvador, conosciuto per i suo riflessi e anche per la sue dichiarazioni "forti" nelle interviste. In Spagna nel 1982 era un bel ragazzo di 21 anni, dai capelli ricci. Ora è un signore un po' stempiato, ma con lo sguardo ancora profondo e brillante come quando era un ragazzino, e beccò 10 gol dall'Ungheria rimanendo, comunque, il miglior giocatore del suo paese.
I Italia- La nostra nazionale, che per due volte in 32 anni ci ha fatto gioire: nel 1982 e nel 2006. In mezzo ci sono stati momenti difficili, come quando è stata eliminata ai rigori nel 1990 e nel 1998, o quando, sempre ai rigori, ha perso una finale nel 1994. Fatta fuori dalla Corea e dall'arbitro Moreno nel 2002, ha stentato, ed è un eufemismo, nelle ultime due edizioni dei mondiali, venendo eliminata al primo turno.Non resta che auspicare un pronto risveglio!
J Jacquet- Aimé. Tanto per darvi un'idea di quanto viene tenuto in considerazione, se su google digitate "jacquet", prima di arrivare a lui trovate due ditte che producono acciaio e metallo e come immagini una serie di modelli in frac. In pochissimi si ricordano che nel 1998 ha vinto un mondiale come c.t. della Francia. Che sia perché è arrivato in finale ando con un Golden gol, un errore di Di Biagio, una doppietta di un difensore e poi è successo che Ronaldo era uno zombie e Zidane in forma strepitosa? Jùlio César- Classe 1979, uno dei portieri che ho più amato. Uso il ato perché non è più in nazionale, e non so se il Brasile troverà mai un sostituto alla sua altezza. Viso simpatico, bel fisico, una moglie attraente e deliziosa, Julione non ha avuto molta fortuna con la Seleção: un mondiale rovinato da Felipe Melo e un altro terminato con 10 gol subiti tra semifinale e finalina. L'immagine di lui che non scorderò mai è quella in cui, nel 2010, rientra in Brasile, e scoppia a piangere tra le braccia della mamma. Emotivo, adorabile, fortissimo "acchiappasogni".
K Kuwait- Ha partecipato a un solo mondiale, quello del 1982. Ma si è fatta ricordare, per il simpatico siparietto dello sceicco Fahad Al-Ahmed Al-Jaber AlSabah durante la gara contro la Francia. Ogni tanto ci ho ripensato, immaginando uno dei nostri uomini politici che scendeva in campo nel 2002 e contestava l'arbitro Moreno!
L Lippi- Marcello. A lui dobbiamo il mondiale vinto in Germania, ma anche la prematura eliminazione nel 2010 contro Nuova Zelanda, Uruguay e Slovacchia. Personaggio controverso, non ha mai brillato per simpatia. E non ha mai avuto feeling con Roberto Baggio. Löw- Joachim. L'unica cosa che gli si può rimproverare è quella pettinatura tipo caschetto, che richiama gli anni ' 70 e che non è proprio adatta alla sua età. Per il resto, in due mondiali da c.t. della Germania ha conquistato un primo e un terzo posto. E' un perfezionista, che si applica con costanza e dedizione e all'occorrenza cambia modulo e uomini. Altro personaggio silenzioso, ma vincente.
M Maradona- Diego Armando. Ha soltanto 55 anni, ma se si guarda la sua vita si crede che sia molto più vecchio. Bambino prodigio appena maggiorenne, un mondiale concluso con un rosso, uno vinto, uno da finalista e l'ultimo terminato anzitempo per doping. Cinque figli riconosciuti e un paio di altri probabilmente suoi, una ex moglie, una compagna, un nipote, varie amanti in vari paesi. Tossicodipendente per più di 20 anni, ex alcolista, amante del sigaro, spesso ricoverato per seri problemi di salute. Processato per tentato omicidio e per omissione di soccorso, in causa con l'agenzia delle entrate italiana e sospettato di evasione fiscale. Ma anche capace di portare lo scudetto a Napoli, per ben due volte in quattro anni. Capace di segnare gol impossibili con la palla attaccata al piede, e di dare spettacolo da solo. Maradona, e soltanto Maradona, è riuscito a essere il più forte del mondo senza mai seguire le regole. Dopo di lui, a fregiarsi
dell'epiteto "genio e sregolatezza" ci hanno provato in tanti, tra cui Ronaldinho, Adriano, Balotelli, Mutu, Cassano, Vieri, Ibrahimovic... ma non erano Maradona, e non se lo potevano permettere. Mascotte- Il mio primo amore, a 14 anni, fu Naranjito, una simpatica arancia sorridente che tengo ancora in cucina, a ricordo dei mondiali del 1982. Poi, per anni mi disinteressai delle mascotte. Fino a che mia madre non si imbatté in una cartoleria parigina nel portachiavi ufficiale di Francia '98, e decise di comprarlo per me: il galletto blu dalla cresta rossa. Nel 2010 cambiai l'arredamento delle stanze del B&B, e ne progettai una a tema "Africa". Perciò ordinai il leopardo Zakumi, che arrivò con molta calma! Infine, l'amico brasiliano di Edy mi portò Fuleco, l'armadillo dagli occhi verdi. In Russia, intanto, è già partita la campagna per scegliere la mascotte ufficiale per la World cup 2018! Materazzi- Marco. La sua non è stata una carriera-lampo. Ha esordito in nazionale a 27 anni e ha vinto i mondiali a 33 anni, Champions League e mondiale per club a 37. Adesso, è allenatore-giocatore in India, perché quello che conta, per "Matrix", è giocare a calcio. Non ha mai disputato una partita senza dare tutto se stesso, arrivando spesso al fallo e allo scontro duro. E quando capì, nella finale di Berlino, che Zidane era nervoso e che sarebbe bastato poco per scatenare una sua reazione, non ci pensò su. Scorretto? Oppure furbo. Quella sera segnò, realizzò il suo rigore e portò l'Italia sul tetto del mondo. Meola- Tony. Il portiere americano che giocava anche a football e a baseball, e che mi piaceva tanto per la sua aria da bambino. E' stato il primo giocatore degli USA a diventare famoso, grazie alla sua prestazione a Italia '90. Era molto eclettico, infatti suonava anche la batteria e ha recitato in una commedia Off Broadway. Adesso è un signore di mezza età, ma non ha perso quell'espressione da sano ragazzo americano che lo aveva reso famoso. Milutinović - Bora. Messico, Costarica, Usa, Nigeria, Cina, Honduras, Giamaica, Iraq. Queste le nazionali allenate dallo "zingaro" del calcio, senza contare le squadre di club in Italia, Stati Uniti, Messico, Qatar, Argentina e Cina. E' un vero giramondo, sempre alla ricerca di nuove sfide. E ancora oggi, a 70 anni ati, non si è fermato. Bora esplora, studia, vive, allena, apprende, da quasi 40 anni con la stessa curiosità.
N Neymar- La prima volta che lo vedi, ti sembra bassissimo e magrissimo. Poi tocca la palla e, come per magia, cresce. E' un talento puro, Non è forte solo palla al piede, ma ha una visione di gioco eccezionale, tira con entrambi i piedi, segna di testa, può giocare sia laterale che centrale. Quando la Seleção si doterà di attaccanti decenti, allora vedremo Neymar esprimersi al massimo.
O Olanda- Come dice Wim, una bella donna che nessuno si piglia. Gioca da sempre un bel calcio, ma non vince mai un mondiale. Ha mancato l'ultima finale per due rigori sbagliati, esattamente come successe in Francia. Quanta pazienza avranno ancora gli olandesi? Owen- Michael. E' stato uno degli attaccanti inglesi più forti di tutti i tempi. A poco più di 18 anni, in Francia, segnò contro l'Argentina uno dei gol più belli della storia dei mondiali. Partecipò anche all'edizione 2002 e a quella 2006, infortunandosi seriamente nella gara contro la Svezia, e non fu presente ai mondiali in Sudafrica. Senza i problemi fisici, la storia di questo ragazzo sarebbe stata molto diversa, perchè era davvero dotato e aveva un fiuto del gol impressionante. Si è ritirato a soli 33 anni e mezzo, e per il calcio è stata una grande perdita.
P Parreira- Come Milutinović, ha allenato ben 5 nazionali diverse in 6 mondiali: due volte il Brasile, una delle quali, in USA, da vincitore. E poi Kuwait, Emirati Arabi Uniti, Arabia Saudita e Sudafrica. Nel 2010 allenava, appunto, i padroni di casa, e alla fine della gara vittoriosa contro la Francia Domenech si rifiutò di stringergli la mano. Che dite? Se ne sarà fatto una ragione o avrà continuato a pensare al c.t. delle cartomanti, mentre veniva chiamato dalla Seleção come coordinatore, frattanto che dell'ometto coi capelli da pecora si perdevano le tracce? Pertini- E' stato il presidente della Repubblica più amato della storia.
Indimenticabile il suo gesto nella finale del 1982, e poi le foto della partita a carte con Bearzot e i giocatori sull'aereo della nazionale. Prima e dopo di lui nessun uomo politico è stato più così popolare. Piqué- Gerard. E' colui che ci ha regalato una favola, quando tutti ne avevamo bisogno. Non se ne poteva più di vedere giocatori mediamente bravi (a volte scarsi) in compagnia di ragazzette con tanto seno, tante labbra e poco cervello, che si attaccavano al ricco e famoso come alternativa al "Grande fratello" (a volte come appiglio post Grande Fratello) o al provino da veline. Perché Shakira canta, suona e balla, è carina ma non è maggiorata e allo stadio si presenta spesso in tuta e senza trucco. Perché lui è bello ma non è un attaccante o un fantasista. Perché ci sono dieci anni di differenza ma non si vedono. Perché Milan e Sasha, i figli, sono graziosissimi. Perché quella favola ha il ritmo e il sapore dell'Africa e di una canzone che non è mai tramontata.
Q Quarantadue- L'età che aveva Roger Milla quando segnò il suo ultimo gol in nazionale. Dopo, giocò ancora per due anni, infine divenne ambasciatore del calcio africano nel mondo. E' stato il primo giocatore africano a ottenere le copertine dei giornali sportivi, in un'epoca, gli anni '80, in cui si credeva che il calcio si giocasse solo in due continenti.
R Ronaldo-Triste. Sono triste per lui, perché, dopo lo strano malessere di Francia '98, nel 2002 dimostrò di essere un vero campione. Ma si è perso per strada, e si è ritirato a 35 anni. Per non avere figli illegittimi e concepiti con donne incontrate per caso, cosa fa il "fenomeno"? Indossa un profilattico? No, si sottopone a una vasectomia, che per quanto semplice è un intervento chirurgico. Per dimagrire, pensate che vada in palestra o controlli le calorie? Macché, partecipa a un reality della tv brasiliana così tutto il paese può vedere che perde peso. Per questo sono triste. Rooney- Wayne. Se nel 2006 non fosse stato espulso, chissà come sarebbe finita! Vi immaginate una finale Italia-Inghilterra? Wayne ha esordito in nazionale a 17
anni, e ha segnato il suo primo gol ai mondiali a 28 e mezzo, in Brasile. Con il Manchseter United va fortissmo, ma non ha feeling con la nazionale. Avrà un'altra occasione in Russia. L'ultima. Rossi- Paolo. E' l'eroe dei mondiali del 1982. Per tutto il girone eliminatorio si nascose, poi uscì contro il Brasile e il resto è storia. Non ebbe una carriera brillantissima, dopo il mondiale, e a 31 anni lasciò il calcio. ma a noi tifosi bastarono quei 6 gol per fare in modo che un nome tanto comune venisse associato, per sempre, a un momento di pura estasi.
S Salenko- Oleg. Lo metto perché dobbiamo essergli grati. Con i 5 gol al Camerun nel 1994 mandò avanti l'Italia, che poi arrivò fino alla finale. E' stato molto più utile lui di tanti giocatori che, in seguito, hanno indossato la maglia azzurra! Schillaci- Salvatore, Totò. Fu la sorpresa di Italia '90, partito come riserva e poi determinante, tanto che quell'anno vinse la classifica cannonieri dei mondiali e arrivò secondo nel Pallone d'oro. Poi, la sua carriera proseguì tra alti e bassi. A soli 33 anni si ritirò, vagò qua e là tra reality, fiction e perfino una parentesi in politica. Ma gestisce anche un centro sportivo per i ragazzi di Palermo, ed è questo che ci riporta alla mente il Totò delle "Notti magiche" più che vederlo in programmi che con il calcio c'entrano poco o nulla. Schumacher- Harald. Per me che amo i portieri, è strano ammetterlo, ma l'ho detestato non tanto per l'uscita avventata durante la semifinale del mondiale in Spagna. Ci poteva stare, magari un po' meno violenta ma nel calcio capita. Quello che mi diede fastidio fu l'atteggiamento irriverente che ebbe verso Battiston e verso i tifosi si. Però, devo dirgli grazie, perchè dopo quella partita tutto il mondo si mise a tifare Italia, contro di lui in finale! Scolari- Luiz Felipe. Ovvero, quando è meglio lasciare un buon ricordo. Dopo il mondiale vinto alla guida della Seleção, nel 2002, si fece tentare dalla nuova proposta della federazione brasiliana, e tornò ad allenare la nazionale. Una squadra di poco spessore tecnico e scarsa preparazione psicologica, tanto che, non appena ai mondiali 2014 restò senza Neymar, nella partita in cui mancava anche Thiago Silva, ne beccò 7 dalle Germania, infrangendo tutta una serie di record negativi.
Slovacchia- Lo stato slovacco rinacque, dopo più di 40 anni di unificazione con la Repubblica Ceca, nel 1993. Aveva perciò 17 anni, poco più che un adolescente, quando ci sbatté fuori dalla World Cup del 2010 senza nemmeno soffrire troppo. Vittek, che giocava nel Lille e che in seguito non si spinse mai oltre il campionato del suo paese e quello turco, ci umiliò, lasciandoci con l'amaro in bocca dopo la vittoria di quattro anni prima. Spagna- Fino agli anni '90 la Spagna era "quella nazionale in cui giocano calciatori che vincono con le squadre di club e basta". Poi iniziò il risveglio, che culminò, nel quadriennio 2008-2012 con la vittoria di un mondiale e due europei. E poi, in Brasile, si sgonfiò di nuovo. Del Bosque, però è rimasto, segno che la fiducia c'è ancora. Anche perchè fare peggio che nel 2014 sembra un po' difficile...
T Taffarel- Clàudio. Un bel giorno il Brasile scese in campo e scoprì di avere un portiere forte. Una piacevole novità per la Seleção! Nei tre mondiali giocati ha fatto la differenza, ottenendo un titolo nel 1994 e un secondo posto nel 1998. Anche se non era il mio tipo fisicamente, mi piaceva molto, perchè sembrava etereo, distaccato, distratto, e invece aveva dei riflessi portentosi. All'età di 38 anni, dopo essere rimasto senza squadra, fu chiamato dall'Empoli. Ma un guasto alla macchina mentre si recava in Toscana gli servì da illuminazione. Taffarel, uomo molto religioso, lo interpretò come un segno. Chiese scusa all'Empoli e non si presentò mai, chiudendo con il calcio giocato. Oggi allena i portieri della nazionale brasiliana, un ruolo che per decenni era stato trascurato, perché nel Brasile tutti volevano giocare coi piedi, e che grazie a lui aveva acquistato popolarità.
U USA- Hanno organizzato un mondiale pieno di eventi collaterali, in grande, perché negli States tutto è più grande. Hanno portato allo stadio gente che un mese prima a malapena capiva la differenza tra rigore e punizione, e la gente si è divertita, si è fatta coinvolgere, ha seguito con ione l'ottavo di finale tra americani e brasiliani. E da quel giorno il "soccer" non è stato più "lo sport che
fanno gli sfigati che non riescono a sfondare nel football".
V Van Gaal- Louis (il nome per intero è improponibile!). Allenatore assai presuntuoso, che però dal 1997 non vince nulla a livello internazionale. L'occasione l'ha avuta in Brasile, alla guida dell'Olanda. Prima dei rigori contro il Costarica, dopo una gara tutt'altro che bella, tirò fuori dal cappello il coniglio Krul, portiere in seconda che entrò solo per raggiungere la semifinale. E ci riuscì. I tifosi, felici, non trovarono da obiettare sul fatto che la nazionale non fosse all'altezza di quella del 2010. Contro l'Argentina si resero di nuovo necessari i rigori, e allora lui cosa fece? Reinserì Krul? Macché, sostituì Van Persie, forse il migliore dei rigoristi, esaurendo così i cambi. Gli argentini tirarono un sospiro di sollievo, e ringraziarono in silenzio.
Z Zenga- Walter. Portiere fortissimo, che ha disputato però un solo mondiale, quello del 1990. Nel 1992, quando aveva soltanto 32 anni, Sacchi lo escluse dalla rosa. In un'epoca in cui i calciatori mettevano insieme tre-quattro parole e non di più (anche ora, ma rimediano con le faccine di Whatsapp), Zenga conduceva un programma in tv. E' sempre stato molto spigliato,estroverso, egocentrico e ogni tanto anche un po' sbruffone, ma lo adoravo per questo. Zenga ha una moglie, due ex mogli, 5 figli, fa l'allenatore, ha ormai 55 anni, ma quegli occhietti furbi e quel sorrisino mai troppo convinto sono gli stessi di quando portava il caschetto e difendeva la porta azzurra. Zidane- Zinédine. Ha giocato 3 mondiali, mettendosi in mostra fin dalle prime partite per la sua capacità di trascinare la squadra. Benissimo nel 1998, quando con la sua doppietta diede i mondiali ai Bleus. Malisismo nel 2002, assente per infortunio nelle prime due partite e recuperato a forza, inutilmente, nella terza. Bene, ancora, nel 2006, in una nazionale non eccellente ma portata in finale contro tutto e contro tutti. Benissimo fino al momento in cui stese Materazzi, vanificando il lavoro che egli stesso aveva fatto per un mese, privando la Francia di un uomo e del migliore dei rigoristi e chiudendo la carriera con un "bye bye" al Pallone d'oro e il ricordo indelebile della sua testata.